Camillo Benso, conte di Cavour e Pineville (Kentucky): differenze tra le pagine

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{{S|centri abitati del Kentucky}}
{{nota disambigua2|"Cavour" e "Conte di Cavour" reindirizzano qui. Se stai cercando altri significati, vedi [[Cavour (disambigua)]].}}
{{Divisione amministrativa
{{-}}
|Nome = Pineville
{{Bio
|Nome ufficiale = {{en}} Pineville, Kentucky
|Nome = Camillo Paolo Filippo Giulio
|Panorama = Pineville, KY spring.jpg
|Cognome = Benso
|Didascalia =
|PostCognomeVirgola = '''nobile dei Marchesi di [[Cavour (Italia)|Cavour]], di [[Isolabella]] e di [[Leri Cavour|Leri]]''', noto semplicemente come '''Conte di Cavour''' o '''Cavour'''
|Bandiera =
|ForzaOrdinamento = Cavour, Camillo Benso
|SessoStemma = M
|Stato = USA
|LuogoNascita = Torino
|Grado amministrativo = 3
|GiornoMeseNascita = 10 agosto
|Tipo = ''[[Comuni degli Stati Uniti d'America|city]]''
|AnnoNascita = 1810
|Divisione amm grado 1 = Kentucky
|LuogoMorte = Torino
|Divisione amm grado 2 = Bell
|GiornoMeseMorte = 6 giugno
|Voce divisione amm grado 2 = Contea di Bell (Kentucky)
|AnnoMorte = 1861
|Amministratore locale =
|Attività = politico
|Partito =
|Epoca = 1800
|Data elezione =
|Nazionalità = italiano
|Data istituzione =
|Superficie = 4.5
|Acque interne = 0.3
|Note superficie =
|Abitanti = 1732
|Note abitanti =
|Aggiornamento abitanti = 2010
|Divisioni confinanti =
|Targa =
|Nome abitanti =
|Patrono =
|Festivo =
|Fuso orario = -6
|Mappa = KYMap-doton-Pineville.PNG
|Didascalia mappa = Localizzazione in Kentucky
}}
'''Pineville''' è un comune degli [[Stati Uniti d'America]], situato nello Stato del [[Kentucky]], nella [[Contea di Bell (Kentucky)|contea di Bell]], della quale è il capoluogo.
{{Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
|nome = Camillo Benso, conte di Cavour
|immagine = Francesco Hayez 041.jpg
|Dimensione= 250px
|Luogo nascita= [[Torino]]
|Data nascita= [[10 agosto]] [[1810]]
|Luogo morte= Torino
|Data morte= [[6 giugno]] [[1861]]
|Titolo = Diploma d'accademia militare
|Professione = Politico, Giornalista
|Partito = [[Destra storica]]
|Coalizione =
|Incarico = [[marzo]] [[1861]] - [[giugno]] [[1861]]
|Predecessore = sé stesso come [[Presidente del consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]] del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]
|Successore = [[Bettino Ricasoli]]
}}
Fu ministro del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] dal [[1850]] al [[1852]], Capo del governo dal 1852 al [[1859]] e dal [[1860]] al [[1861]]. Lo stesso anno, con la proclamazione del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d’Italia]], divenne il primo [[Presidente del consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]] del nuovo Stato e con tale carica morì.
 
Fu protagonista del [[Risorgimento]] come sostenitore delle idee [[Liberalismo|liberali]], del progresso civile ed economico, dell’[[anticlericalismo]], dei movimenti nazionali e dell’espansionismo del Regno di Sardegna ai danni dell’[[Impero austriaco|Austria]] e dello [[Stato Pontificio]].
 
Contrastò apertamente le idee repubblicane di [[Giuseppe Mazzini]] e spesso si trovò in contrasto con [[Giuseppe Garibaldi]] della cui azione temeva il potenziale rivoluzionario. In politica estera coltivò con abilità l’amicizia con la Francia grazie alla quale ottenne l’espansione territoriale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] in Italia settentrionale e in [[Toscana]].
 
Benché non avesse un disegno di unità nazionale preordinato riuscì con successo a gestire gli eventi che portarono alla formazione del Regno d’Italia.
== La famiglia e la giovinezza (fino al 1843) ==
{{Vedi anche|Cavour (famiglia)|Camillo Benso, conte di Cavour (i viaggi di formazione)}}
[[File:COA family fr Cavour (Savoy).svg|thumb|float|120px|left|Stemma dei Cavour. Camillo avrebbe ereditato il titolo di [[marchese]] dal fratello maggiore, che invece morì dopo di lui.]]
[[File:Torino-PalazzoBensoDiCavour.jpg|thumb|float|right|120px|Il [[Palazzo Benso di Cavour|palazzo]] a [[Torino]] dove nacque Cavour, oggi.]]
[[File:Torino-TargaCasaCavour.jpg|thumb|float|right|120px|Targa sulla facciata di [[Palazzo Benso di Cavour|Palazzo Cavour]], a [[Torino]].]]
Camillo nacque il [[10 agosto]] [[1810]] nella [[Storia_di_Torino#Torino_francese|Torino]] [[Primo Impero francese|napoleonica]].
Suo padre, il nobile piemontese [[Cavour (famiglia)#Michele Benso di Cavour|Michele Benso di Cavour]], era collaboratore e amico del governatore Principe [[Camillo Filippo Ludovico Borghese|Camillo Borghese]] che fu padrino di battesimo del piccolo Benso al quale trasmise il nome. La madre di Camillo, invece, Adele de Sellon (1780-1850), apparteneva ad una ricca famiglia di [[Ginevra]], originaria della [[Primo Impero francese|Francia]], che aveva raggiunto un'ottima posizione nella borghesia cittadina.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 3-4.</ref>
 
[[Aristocrazia|Aristocratico]],<ref>Il titolo di Conte attribuito al Cavour era un "titolo di cortesia", all'uso francese. Questo sistema concedeva al primogenito il titolo immediatamente inferiore a quello del titolare capofamiglia, al secondogenito quello ancora inferiore e così via a scalare. In questo caso, quando morì il padre di Camillo (il marchese Michele) al suo primo figlio (Gustavo) andò il titolo di marchese ed al suo secondogenito (Camillo) quello di conte di [[Albugnano]], uno dei numerosi titoli dei marchesi di Cavour. Alla morte del fratello Gustavo, Camillo avrebbe ereditato il titolo di marchese. Morì invece prima di Gustavo. {{cita web|url=http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=6&t=11546|titolo= Forum "I Nostri Avi"|accesso=13 agosto 2010}}</ref> Cavour in gioventù frequentò il 5º corso della Regia [[Accademia Militare]] di [[Torino]] (conclusosi nel [[1825]]) e nell'inverno [[1826]]-[[1827|27]], grazie ai corsi della [[Scuola di Applicazione|Scuola di Applicazione del Corpo Reale del Genio]] di [[Torino]], diventò [[ufficiale militare|ufficiale]] del [[Arma del genio|Genio]].<ref>Al termine del suo tirocinio militare presentò una memoria dal titolo ''Esposizione compita dell'origine, teoria, pratica, ed effetti del tiro di rimbalzo tanto su terra che sull'acqua''. Cfr. ''Dalle Regie scuole teoriche e pratiche di Artiglieria e Fortificazione alla Scola d'applicazione di Artiglieria e Genio'', Scuola di applicazione delle armi di Artiglieria e Genio, Torino, 1939.</ref>
 
Il giovane si dedicò ben presto, per interessi personali e per educazione familiare, alla causa del progresso europeo. Fra i suoi ispiratori fu il filosofo inglese [[Jeremy Bentham]] alle cui dottrine si accostò per la prima volta nel [[1829]]. In quell’anno lesse il suo ''Traité de législation civile et pénale'', in cui si enunciava il principio politico «Misura del giusto e dell’ingiusto è soltanto la massima felicità del maggior numero». L'altro concetto di Bentham secondo cui ogni problema poteva ricondursi a fatti misurabili, forniva poi al realismo di Cavour una base teorica utile alla sua inclinazione all’analisi matematica.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 32.</ref>
 
Trasferito nel [[1830]] a [[Genova]], l'ufficiale Camillo Benso ebbe modo di conoscere la marchesa [[Nina Giustiniani|Anna Giustiniani Schiaffino]], con la quale avvierà una importante amicizia intrattenendo con lei un lungo rapporto epistolare.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 25-26.</ref>
 
All'età di ventidue anni Cavour venne nominato [[sindaco]] di [[Grinzane Cavour|Grinzane]], dove la famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale carica fino al [[1848]].<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 26.</ref> Dal dicembre [[1834]] prese a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come Francia e [[Regno Unito|Gran Bretagna]].
 
Accompagnato dall’amico [[Pietro De Rossi di Santarosa|Pietro di Santarosa]] (1805-1850) Cavour nel febbraio del [[1835]] raggiunse infatti [[Parigi]], dove si fermò per quasi due mesi e mezzo. In questo periodo visitò istituzioni pubbliche di ogni genere e frequentò gli ambienti politici del [[Monarchia di Luglio|regime]]. Partito dalla [[Parigi|capitale francese]], il [[14 maggio]] 1835 arrivò a [[Londra]] dove si interessò di questioni sociali.
 
Durante questo periodo il giovane conte sviluppò quella propensione conservatrice che lo accompagnerà per tutta la vita, ma al tempo stesso sentì fortemente crescere l’interesse e l’entusiasmo per il progresso dell’industria, per l’[[economia politica]] e per il [[libero scambio]].
Di nuovo a Parigi, fra il [[1837]] e il [[1840]] frequentò assiduamente la [[Sorbona]] e incontrò, oltre a vari intellettuali, gli esponenti della monarchia di [[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo]] della quale conservava una viva ammirazione.
 
== Da proprietario terriero a deputato (1843-1850) ==
[[File:FURNE FILS & H- TOURNIER - PARIS - Camillo Benso conte di Cavour.jpg|140px|left|thumb|Ritratto giovanile di Cavour]]
Fra il ritorno dai viaggi all’estero nel giugno del [[1843]] e l’ingresso al governo nell’ottobre del [[1850]], Cavour si dedicò ad una nutrita serie di iniziative nel campo dell’agricoltura, dell’industria, della finanza e della politica.
 
=== Gli affari in agricoltura e nell'industria ===
Importante possidente terriero, Cavour, contribuì già nel maggio [[1842]] alla costituzione dell’''Associazione agraria'' che si proponeva di promuovere le migliori tecniche e politiche agrarie, per mezzo anche di una ''Gazzetta'' che fin dall’agosto [[1843]] pubblicava un articolo del conte.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 102-103.</ref>
 
Cavour, impegnatissimo nell’attività di gestione soprattutto della sua tenuta di [[Leri Cavour|Leri]], nell’autunno 1843, grazie alle consulenze di Giacinto Corio <ref>Giacinto Corio nacque il 31 maggio 1796 a [[Crescentino]] da una famiglia originaria di [[Casalborgone]] trasferitasi a fine secolo. Visse lungamente a Livorno Vercellese, attuale [[Livorno Ferraris]], prima di stabilirsi a [[Leri Cavour|Leri]] per la gestione della locale tenuta in società con Cavour. Morì, probabilmente proprio a Leri, il 22 marzo 1870. Cfr. Alfonso Bogge, ''Lettere di Giacinto Corio a Camillo Cavour'', Fondazione Camillo Cavour, Santena, 1980.</ref> iniziò un’attività di miglioramenti nei settori dell’[[allevamento]] del bestiame, dei [[concimi]] e delle [[macchine agricole]]. In sette anni (dal 1843 al [[1850]]) la produzione del conte di [[riso (alimento)|riso]], [[frumento]] e [[latte]] crebbe sensibilmente, quella di [[mais]] addirittura risultò triplicata.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 112, 114- 115, 118.</ref>
 
Ad integrare le innovazioni della produzione agricola, Camillo Benso intraprese anche delle iniziative di carattere industriale con risultati più o meno buoni. Fra le iniziative più importanti, la partecipazione alla costituzione della ''Società anonima dei molini anglo-americani di Collegno'' nel 1850, di cui il conte divenne successivamente il maggiore azionista e che ebbe dopo l’[[unità d'Italia]] una posizione di primo piano nel Paese.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 118-121.</ref>
Le estese relazioni d’affari a [[Torino]], [[Chivasso]] e [[Genova]] e soprattutto l’amicizia dei banchieri De La Rüe, consentirono inoltre a Cavour di operare da una posizione privilegiata rispetto agli altri agricoltori e di cogliere importanti opportunità di guadagno. Nell’anno 1847, ad esempio, realizzò introiti assai cospicui approfittando del pessimo raccolto di [[cereali]] in tutta Europa che diede luogo ad un aumento della richiesta spingendo i prezzi a livelli inconsueti.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 121.</ref>
 
=== Lo sviluppo delle idee politiche ===
[[File:Dinegro-inaugurazione ferrovia 1854.jpg|280px|right|thumb|L’inaugurazione della linea [[Ferrovia Torino-Genova|ferroviaria Torino-Genova]] nel [[1854]]. Cavour attribuì alle [[Ferrovia|ferrovie]] un’importanza decisiva nello sviluppo del progresso civile e del movimento nazionale.]]
Oltre ad i suoi interventi sulla ''Gazzetta'' della ''Associazione agraria'', Cavour in quegli anni si dedicò alla scrittura di alcuni saggi sui progressi dell’industrializzazione e del libero scambio in [[Regno Unito|Gran Bretagna]], e sugli effetti che ne sarebbero derivati sull’economia e sulla società italiana.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 131.</ref>
 
Principalmente Cavour esaltava le [[Ferrovia|ferrovie]] come strumento di progresso civile al quale, piuttosto che alle sommosse, era affidata la causa nazionale. Egli a tale proposito mise in rilievo l’importanza che avrebbero avuto due linee ferroviarie: una Torino-Venezia e una Torino-Ancona.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 137.</ref>
 
Senza alcun bisogno di una [[rivoluzione]], il progresso della [[Cristianesimo|civiltà cristiana]] e lo [[Illuminismo|sviluppo dei lumi]] sarebbero sfociati, secondo il conte, in una crisi politica di cui l’Italia era chiamata a profittarne.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 139.</ref>
 
Camillo Benso aveva infatti fede nel progresso che era soprattutto intellettuale e morale, poiché risorsa della dignità e della capacità creativa dell’uomo. A tale convinzione si accompagnava l’altra che la libertà economica è causa di interesse generale, destinata a favorire tutte le [[classi sociali]]. Sullo sfondo di questi due principi emergeva il valore della nazionalità:<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 140-141.</ref>
 
{{quote|La storia di tutti i tempi prova che nessun popolo può raggiungere un alto grado di intelligenza e di moralità senza che il sentimento della sua nazionalità sia fortemente sviluppato: in un popolo che non può essere fiero della sua nazionalità il sentimento della dignità personale esisterà solo eccezionalmente in alcuni individui privilegiati. Le classi numerose che occupano le posizioni più umili della sfera sociale hanno bisogno di sentirsi grandi dal punto di vista nazionale per acquistare la coscienza della propria dignità|Cavour, ''Chemins de fer'', 1846, da Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 137, 141}}
 
=== A favore dello Statuto e della guerra del 1848 ===
{{Vedi anche|Statuto albertino|Prima guerra di indipendenza italiana }}
[[File:Battaglia di Pastrengo.jpg|280px|right|thumb|Nel 1848 Cavour sostenne la necessità di dichiarare guerra all’[[Impero austriaco|Austria]] come soluzione al pericolo rivoluzionario che minacciava il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]]. Nel dipinto, la [[Battaglia di Pastrengo]].]]
Nel [[1847]] Cavour fece la sua comparsa ufficiale sulla scena politica come fondatore, assieme al cattolico liberale [[Cesare Balbo]], del periodico ''Risorgimento'', di cui assunse la direzione. Il giornale, costituitosi grazie ad un ammorbidimento della censura di Re [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], si schierò più apertamente di tutti gli altri, nel gennaio del [[1848]], a favore di una [[costituzione]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 149-150.</ref>
 
La presa di posizione, che era anche di Cavour, si rimarcò con la caduta in Francia (24 febbraio 1848) della cosiddetta [[Monarchia di luglio]], con la quale crollava il riferimento politico del conte in Europa.
 
In questa atmosfera, il [[4 marzo]] 1848, Carlo Alberto promulgò lo [[Statuto albertino]]. Questa “[[costituzione]] breve” deluse gran parte dell’opinione pubblica liberale, ma non Cavour che annunciò una importante [[legge elettorale]] per la quale era stata nominata una commissione, presieduta da Cesare Balbo, e della quale anche lui faceva parte. Tale legge con qualche adeguamento rimase in vigore fino alla [[Legge elettorale italiana del 1882|riforma elettorale]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d’Italia]] del [[1882]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 157-158.</ref>
 
Con la repubblica in [[Seconda Repubblica francese|Francia]], la rivoluzione a [[Vienna]] e [[Berlino]], l’insurrezione a [[Milano]] e il sollevamento del patriottismo in [[Piemonte]] e [[Liguria]], Cavour, temendo che il regime costituzionale potesse diventare vittima dei rivoluzionari, si pose in testa al movimento interventista incitando il [[Carlo Alberto di Savoia|re]] ad entrare in guerra contro l’[[Impero austriaco|Austria]] e ricompattare l’opinione pubblica .<ref> Cavour in un famoso articolo scrisse: «L’ora suprema per la monarchia sarda è suonata, l’ora delle forti deliberazioni, l’ora dalla quale dipendono i fati degli imperii, le sorti dei popoli».</ref><ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 159.</ref>
 
Il [[23 marzo]] [[1848]], Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria. Dopo i successi iniziali, l’andamento del conflitto mutò e la vecchia aristocrazia militare del regno fu esposta a dure critiche. Alle prime sconfitte piemontesi Cavour chiese che si risalisse ai colpevoli che avevano tradito le prove di valore dei semplici soldati. La deprecata condotta della guerra spinse allora alla convinzione che il Piemonte non sarebbe stato al sicuro fino a quando i poteri dello Stato non fossero stati controllati da uomini di [[Liberalismo|fede liberale]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 160-162.</ref><ref>La guerra colpì Cavour anche personalmente, poiché nella [[Battaglia di Goito]] il figlio del fratello Gustavo, il marchese Augusto di Cavour, rimase ucciso a soli ventun anni. Il colpo fu molto duro per il conte, che per il nipote nutriva un affetto paterno. Prova ne fu che conservò la sua divisa insanguinata per tutta la vita. Cfr. Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 67.</ref>
 
=== Deputato al Parlamento Subalpino ===
[[File:Mayer, Léopold Ernest (1817-ca. 1865) & Pierson, Pierre Louis (1822-1913) - Camillo Benso di Cavour (+1861).jpg|180px|left|thumb|Cavour intorno al 1850]]
Il [[27 aprile]] [[1848]] ci furono le prime elezioni del nuovo regime costituzionale. Cavour, forte della sua attività di giornalista politico, si candidò alla Camera dei Deputati del Parlamento e fu eletto nelle elezioni suppletive del [[26 giugno]]. Fece il suo ingresso alla Camera ([[Palazzo Carignano]]) prendendo posto nei banchi di destra, il [[30 giugno]] 1848.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 162-163.</ref>
Fedele agli interessi piemontesi, che egli vedeva minacciati dalle forze [[Radicalismo|radicali]] genovesi e lombarde, Cavour fu oppositore sia dell'[[governo|esecutivo]] di [[Cesare Balbo]], sia di quello successivo del milanese Gabrio Casati (1798-1863). Dopo la sconfitta di [[Battaglia di Custoza (1848)|Custoza]], tuttavia, si pronunciò nettamente a favore della concessione dei pieni poteri al governo, richiesti per gestire al meglio la grave situazione. I fatti però precipitarono, con l’abbandono di [[Milano]] agli austriaci e con l’[[Armistizio di Salasco]] del [[9 agosto]] 1848.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 165-166.</ref>
 
Al termine di questa prima fase della guerra, il governo di [[Cesare Alfieri di Sostegno|Cesare di Sostegno]] e il successivo di [[Ettore Perrone di San Martino|Ettore di San Martino]] imboccarono la strada della moderazione e della diplomazia, appoggiati con estrema forza da Cavour che criticò aspramente [[Vincenzo Gioberti|Gioberti]], ancora risoluto a combattere l’[[Impero austriaco|Austria]]. Nel suo primo grande discorso parlamentare, Camillo Benso, il [[20 ottobre]] 1848 si pronunciò per il rinvio delle ostilità, confidando nella mediazione della [[Regno Unito|Gran Bretagna]], gelosa della nascente potenza germanica e quindi favorevole alla causa italiana. La linea moderata del governo passò, ma il debole esecutivo, su un argomento minore, rassegnò le dimissioni il [[3 dicembre]] 1848.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 167-168.</ref>
Nell’impossibilità di formare una diversa compagine ministeriale, Re [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], diede l’incarico a Gioberti, il cui governo (insediatosi il [[15 dicembre]] 1848) Cavour considerò di “pura sinistra”. A discapito del conte arrivarono anche le elezioni del [[22 maggio]] [[1849]], al cui [[ballottaggio]] fu sconfitto. Lo schieramento politico della maggioranza era tuttavia troppo eterogeneo per affrontare la difficile situazione del Paese, sospeso ancora fra pace e guerra, e il Presidente del Consiglio Gioberti dovette dimettersi il [[21 febbraio]] 1849.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 171-172.</ref>
Cambiando radicalmente politica di fronte alla crisi rivoluzionaria di cui ravvisava ancora il pericolo, Cavour si pronunciò per una ripresa delle ostilità contro l’Austria. La [[Battaglia di Novara (1849)|sconfitta di Novara]] ([[23 marzo]] 1849) dovette precipitarlo nuovamente nello sconforto.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 172-173.</ref>
 
=== Capo della maggioranza anticlericale ===
{{Vedi anche|Leggi Siccardi}}
[[File:Vittorio Emanuele II ritratto.jpg|thumb|float|right|160px|Il Re di [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Sardegna]] [[Vittorio Emanuele II]], di cui Cavour condivise le prime iniziative politiche.]]
[[File:Francesco Hayez 048.jpg|thumb|float|right|160px|[[Massimo d'Azeglio]] fu [[Presidente del consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]] del ministro Cavour.<ref>Ritratto di [[Francesco Hayez]] del 1860.</ref>]]
La grave sconfitta piemontese portò, il [[23 marzo]] [[1849]], all’[[abdicazione]] di [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] a favore del figlio [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]]. Costui, aperto avversario della politica del padre di alleanze con la sinistra, sostituì al governo dei democratici (che chiedevano la guerra a oltranza) un esecutivo presieduto dal generale [[Claudio Gabriele de Launay|Gabriele de Launay]], salutato con favore da Cavour. Tale governo [[Sacco di Genova|riprese il controllo di Genova]], insorta contro la [[monarchia]], e fu sostituito da quello di [[Massimo d'Azeglio]] del quale Camillo Benso accettò la visione del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] come roccaforte della libertà italiana.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 174-176.</ref>
 
Le elezioni del [[15 luglio]] 1849 portarono, tuttavia, ad una nuova, benché debole, maggioranza dei democratici. Cavour fu rieletto, ma D’Azeglio convinse Vittorio Emanuele II a sciogliere la Camera dei Deputati e il [[20 novembre]] 1849 il re emanò il [[Proclama di Moncalieri]], con cui invitava il suo popolo ad eleggere candidati più moderati che non fossero a favore di una nuova guerra. Il [[9 dicembre]] fu rieletta l’assemblea che, finalmente, espresse un voto schiacciante a favore della pace. Fra gli eletti figurava di nuovo Cavour che, nel collegio di [[Torino]] I, ottenne 307 voti contro i 98 dell’avversario.<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 69.</ref><ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 175-176, 179.</ref>
In quel periodo Camillo Benso si mise in evidenza anche per le sue doti di abile operatore finanziario. Egli ebbe infatti una parte di primo piano nella fusione della Banca di Genova e della nascente Banca di Torino nella [[Banca Nazionale degli Stati Sardi]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 177-178.</ref>
 
Dopo il successo elettorale del dicembre [[1849]] Cavour divenne una delle figure dominanti dell’ambiente politico piemontese e gli venne riconosciuta la funzione di guida della maggioranza moderata che si era costituita.
 
Forte di questa posizione sostenne che era arrivato il tempo delle riforme, favorite dallo [[Statuto albertino]] che aveva creato reali prospettive di progresso. Si sarebbe potuto innanzi tutto staccare il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] dal fronte [[Cattolicesimo|cattolico]]-[[Reazione (politica)|reazionario]] che trionfava nel resto d’Italia.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 186.</ref>
 
A tale scopo il primo passo fu la promulgazione delle cosiddette [[Leggi Siccardi]] ([[9 aprile]] e [[5 giugno]] [[1850]]) che abolirono vari privilegi del [[clero]] in [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] e con le quali si aprì una fase di scontri con la [[Santa Sede]], con episodi gravi sia da parte di [[Massimo d'Azeglio|D’Azeglio]] sia da parte di [[Papa Pio IX]]. Fra questi ultimi ci fu il rifiuto di impartire l'[[estrema unzione]] all’amico di Cavour, Pietro di Santarosa, morto il [[5 agosto]] 1850. Con tutti i mezzi Cavour si scagliò contro il clero, ottenendo l’espulsione da [[Torino]] dell’[[Ordine dei Servi di Maria]], nel quale militava il sacerdote che si era rifiutato di impartire i sacramenti, e influenzando, probabilmente, anche la decisione di arresto dell’[[arcivescovo]] di Torino [[Luigi Fransoni]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 186-187.</ref>
 
== Ministro del Regno di Sardegna (1850-1852) ==
Con la morte dell’amico Santarosa, che ricopriva la carica di Ministro dell’Agricoltura e del commercio, Cavour, forte della parte di primo piano assunta in quei giorni nella battaglia anticlericale e della sua riconosciuta competenza tecnica, fu designato subito come naturale successore del ministro scomparso.
 
Convinto da alcuni deputati, il Presidente del Consiglio [[Massimo d'Azeglio|D’Azeglio]] e successivamente [[Vittorio Emanuele II]] (incoraggiato dal generale [[Alfonso La Marmora|La Marmora]]), accettarono a capo del Ministero dell’Agricoltura e del commercio Cavour, che prestò giuramento l’[[11 ottobre]] [[1850]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 188-189.</ref>
 
=== Ministro dell’Agricoltura e del commercio ===
[[File:SardiniePiemont.jpg|thumb|float|left|240px|Carta in inglese del [[Regno di Sardegna (1720-1861)]]]]
Fra i primi incarichi affrontati da Camillo Benso ci fu il rinnovo del trattato commerciale con la [[Seconda Repubblica francese|Francia]], improntato all’insegna del [[libero scambio|libero commercio]].<ref>Furono accordati a Parigi riduzioni sui dazi per l’importazione in Piemonte di vini e articoli di moda; ottenendo in cambio il mantenimento dei vantaggi per l’esportazione in Francia del bestiame sardo, del riso e della frutta fresca.</ref> L’accordo, che non fu particolarmente vantaggioso per il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]], dovette essere sostenuto da motivazioni politiche per essere approvato, benché Cavour ribadisse che ogni riduzione [[Dogana|doganale]] fosse di per sé un beneficio.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 191.</ref>
 
Affrontata la materia dei trattati di commercio, il conte diede anche l’avvio ai negoziati con il [[Belgio]] e la [[Regno Unito|Gran Bretagna]]. Con entrambi i Paesi ottenne e concesse estese facilitazioni doganali. I due trattati, conclusi il [[24 gennaio]] e il [[27 febbraio]] [[1851]] rispettivamente, furono il primo atto di vero liberismo commerciale compiuto da Cavour.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 192.</ref>
 
Questi due accordi, per i quali il conte ottenne un largo successo parlamentare, aprirono la strada ad una riforma generale dei [[dazi]] la cui legge fu promulgata il [[14 luglio]] 1851. Intanto nuovi trattati commerciali erano stati firmati, fra marzo e giugno, con la [[Regno di Grecia|Grecia]], le [[Città anseatica|città anseatiche]], l’[[Unione doganale tedesca]], la [[Svizzera]] e i [[Paesi Bassi]]. Con 114 voti favorevoli e 23 contrari, la Camera approvò perfino un trattato analogo con l’[[Impero austriaco|Austria]], concludendo quella prima fase della politica doganale di Cavour che realizzava per il Piemonte il passaggio dal [[protezionismo]] al [[libero scambio]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 193-194.</ref>
 
Nello stesso periodo a Cavour fu affidato anche l’incarico di Ministro della Marina e, come in situazioni analoghe, egli si distinse per le sue idee innovative aprendo un contrasto con gli ufficiali superiori, più che altro reazionari, che si opponevano finanche all’introduzione della [[Nave a vapore|navigazione a vapore]]. D’altro canto la truppa era molto indisciplinata e l’intenzione di Cavour sarebbe stata quella di far diventare la [[Marina del Regno di Sardegna|Marina sarda]] un corpo di professionisti come [[Real Marina del Regno delle Due Sicilie|quella del Regno delle Due Sicilie]].<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 70.</ref>
 
=== Ministro delle Finanze ===
[[File:James de Rothschild.jpg|thumb|float|right|160px|Il banchiere francese James de Rothschild (1792-1868). Cavour nel 1851 disimpegnò il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] dalla sua stretta creditizia.]]
[[File:Rattazzi by Disderi.jpg|thumb|float|right|160px|[[Urbano Rattazzi]], alleato di Cavour nel [[Connubio]].]]
Intanto, già dal [[19 aprile]] [[1851]], Cavour aveva sostituito Giovanni Nigra (1798-1865) al [[Ministero delle Finanze]], conservando tutti gli altri incarichi ministeriali. Il conte, durante la delicata fase del dibattito parlamentare per l’approvazione dei trattati commerciali con [[Regno Unito|Gran Bretagna]] e [[Belgio]], aveva annunciato di lasciare il governo se non si fosse abbandonata l’abitudine di affidare ad un deputato (in questo caso Nigra) l’incarico delle Finanze. C’erano stati per questo gravi dissensi fra [[Massimo d'Azeglio|D’Azeglio]] e Cavour che, alla fine, aveva ottenuto il ministero.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 195-196.</ref>
 
D’altronde il governo di [[Torino]] aveva disperato bisogno di liquidi, principalmente per pagare le indennità imposte dagli austriaci dopo la [[Prima guerra di indipendenza]] e Cavour, per la sua abilità e i suoi contatti sembrava l’uomo giusto per gestire la delicata situazione. Il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] era già fortemente indebitato con i [[Rothschild]] dalla cui dipendenza il conte voleva sottrarre il Paese e, dopo alcuni tentativi falliti con la ''Bank of Baring'', Cavour ottenne un importante prestito dalla più piccola ''Bank of Hambro''.<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, pp. 71-72.</ref>
 
Assieme a questo del prestito (3,6 milioni di sterline), Camillo Benso ottenne vari altri risultati. Riuscì a chiarire e sintetizzare la situazione effettiva del [[Bilancio dello Stato|bilancio statale]] che, per quanto precaria, apparve migliore rispetto a quanto si pensasse; fece approvare su tutti gli enti morali [[Laico|laici]] ed [[Clero|ecclesiastici]] un’unica [[imposta]] del 4% del [[reddito]] annuo; ottenne l’imposta delle [[Successione (diritto)|successioni]]; dispose per l’aumento di capitale della [[Banca Nazionale degli Stati Sardi]] aumentandone l’obbligo delle anticipazioni allo Stato e avviò la collaborazione tra finanza pubblica e iniziativa privata.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 197, 201-202.</ref>
A tale riguardo accolse, nell’agosto 1851, le proposte di aziende britanniche per la realizzazione delle linee ferroviarie [[Torino]]-[[Susa (Italia)|Susa]] e Torino-[[Novara]], i cui progetti divennero legge il [[14 giugno]] e l’[[11 luglio]] [[1852]] rispettivamente. Concesse all’armatore [[Raffaele Rubattino]] la linea di navigazione sovvenzionata fra [[Genova]] e la [[Sardegna]], e a gruppi genovesi l’esercizio di [[Miniera|miniere]] e [[Salina|saline]] in Sardegna. Fino a promuovere grandi progetti come l’istituzione a Genova della Compagnia Transatlantica o come la fondazione della società [[Ansaldo]], futura fabbrica di [[locomotive a vapore]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 202-203.</ref>
 
=== L’alleanza con il Centrosinistra ===
{{Vedi anche|Connubio}}
Spinto ormai dal desiderio di raggiungere la carica di capo del governo e insofferente per la politica di [[Massimo D'Azeglio|D'Azeglio]] di alleanza con la destra clericale, Cavour all'inizio del [[1852]] prese l'iniziativa di stringere un'intesa, il cosiddetto "connubio", con il Centrosinistra di [[Urbano Rattazzi]]. Costui, con i voti convergenti dei deputati guidati da Cavour e di quelli del Centrosinistra, ottenne, l'[[11 maggio]] 1852, la presidenza della Camera del Parlamento Subalpino.
 
Il Presidente del Consiglio D'Azeglio, contrario come [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]] alla manovra politica di Cavour, diede le dimissioni, ottenendo puntualmente il reincarico dal re. Il governo che ne scaturì il [[21 maggio]] 1852, assai debole, non vedeva più tra i suoi ministri Cavour, che D'Azeglio aveva sostituito con [[Luigi Cibrario]].
 
In preparazione della ripresa della lotta politica, Cavour partì per un viaggio in Europa. Tornato a [[Torino]], il [[4 novembre]] dello stesso 1852, appoggiato dagli uomini del "connubio" che rappresentavano ormai il liberalismo più moderno del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]], forte di un ampio consenso, diveniva per la prima volta [[Presidente del consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]].
 
== In Gran Bretagna e Francia (1852) ==
In attesa di nuovi sviluppi politici, Cavour partì da [[Torino]] il [[26 giugno]] [[1852]] per un altro periodo di esperienze all’estero. L’[[8 giugno]] era a [[Londra]], dove si interessò ai più recenti progressi dell’[[industria]], prendendo contatti con uomini d’affari, agricoltori e industriali, e visitando impianti e [[Arsenale|arsenali]]. Rimase nella [[Londra|capitale britannica]] fino al [[5 agosto]] <ref>Da Londra effettuò escursioni a [[Oxford]], [[Woolwich]] e [[Portsmouth]].</ref> e partì poi per un viaggio nel [[Galles]], nell’[[Inghilterra]] settentrionale, di cui visitò i distretti [[Manifattura|manifatturieri]], e in [[Scozia]].<ref>Nel viaggio toccò [[Manchester]], [[Liverpool]], [[Sheffield]], [[Hull]], [[Edimburgo]], [[Glasgow]] e le ''[[Highlands]]''.</ref> A Londra o nelle loro residenze di campagna ebbe vari incontri con esponenti politici britannici. Vide il Ministro degli Esteri [[James Harris, III conte di Malmesbury|Malmesbury]], [[Henry John Temple, III visconte Palmerston|Palmerston]], [[George Villiers, IV conte di Clarendon|Clarendon]], [[Benjamin Disraeli|Disraeli]], [[Richard Cobden|Cobden]], [[Henry Petty-Fitzmaurice, III marchese di Lansdowne|Lansdowne]] e [[William Ewart Gladstone|Gladstone]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 223.</ref>
 
Ancora affascinato dalla grandezza imperiale della [[Regno Unito|Gran Bretagna]], Cavour partì per [[Parigi]] dove giunse il [[29 agosto]] 1852. In Francia, [[Napoleone III di Francia|Luigi Napoleone]] era presidente della [[Seconda Repubblica francese|Seconda Repubblica]], alla quale darà poi fine proclamandosi (2 dicembre 1852) imperatore.
 
L’attenzione di Cavour, raggiunto a Parigi dall’alleato [[Urbano Rattazzi|Rattazzi]], si concentrò sulla nuova classe dirigente francese, con la quale prese contatti. Entrambi si recarono dal nuovo Ministro degli Esteri [[Édouard Drouyn de Lhuys|Drouyn de Lhuys]] e il [[5 settembre]] pranzarono con il principe presidente [[Napoleone III di Francia|Luigi Napoleone]] traendone già buone impressioni e grandi auspici per il futuro dell’Italia.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 224-225.</ref>
 
Il conte ripartì per [[Torino]], giungendovi il [[16 ottobre]] 1852, dopo un’assenza di oltre tre mesi.
== Il primo governo Cavour (1852-1855) ==
{{Vedi anche|Governo Cavour I (Regno di Sardegna)}}
{{Carica pubblica
|nome = Camillo Benso, conte di Cavour
|immagine = Camillo benso Conte di Cavour iii.jpg
|carica = 9º Presidente del Consiglio del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]
|mandatoinizio = [[4 novembre]] [[1852]]
|mandatofine = [[19 luglio]] [[1859]]
|predecessore = [[Massimo d'Azeglio]]
|successore = [[Alfonso Ferrero La Marmora]]
|carica2 = 11º Presidente del Consiglio del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]
|mandatoinizio2 = [[21 gennaio]] [[1860]]
|mandatofine2 = [[23 marzo]] [[1861]]
|predecessore2 = [[Alfonso Ferrero La Marmora]]
|successore2 = sé stesso come [[Presidente del consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d’Italia]]
|partito = [[Connubio]], poi Unione Liberale
|firma = Camillo Benso, conte di Cavour Signature.svg
}}
 
Dopo pochi giorni dal ritorno di Cavour a [[Torino]], il [[22 ottobre]] [[1852]], [[Massimo D'Azeglio|D'Azeglio]], a capo di un debole esecutivo che aveva scelto di continuare una politica [[Anticlericalismo|anticlericale]], diede le dimissioni.
 
[[Vittorio Emanuele II]] chiese a Cavour di formare un nuovo governo, a condizione che il conte negoziasse con lo [[Stato Pontificio]] le questioni rimaste aperte, prima fra tutte quella dell’introduzione in [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] del matrimonio civile. Cavour rispose che non avrebbe potuto cedere di fronte al papa e indicò in [[Cesare Balbo]] il successore di D’Azeglio. Balbo non trovò l’accordo con l’esponente di destra [[Ottavio Thaon di Revel|Revel]] e il re fu costretto a tornare da Cavour. Costui accettò allora di formare il nuovo governo il [[2 novembre]] 1852, promettendo di far seguire alla legge del matrimonio civile il suo normale decorso parlamentare (senza porre cioè la fiducia).
 
Costituito due giorni dopo il suo primo governo, Cavour si adoperò con passione a favore del matrimonio civile che però fu respinto al [[Senato Subalpino|Senato]] costringendo il conte a rinunciarvi.
 
Intanto il movimento [[Repubblicanesimo|repubblicano]] che faceva capo a [[Giuseppe Mazzini]] non smetteva di preoccupare Cavour: il [[6 febbraio]] [[1853]] una sommossa scoppiò contro gli austriaci a [[Milano]] e il conte, temendo l’allargarsi del fenomeno al Piemonte, fece arrestare diversi mazziniani (fra cui [[Francesco Crispi]]). Tale decisione gli attirò l’ostilità della Sinistra, specie quando gli austriaci lo ringraziarono per gli arresti.<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 81.</ref>
 
Quando però, il [[13 febbraio]], il governo di [[Vienna]] stabilì la confisca delle proprietà dei rifugiati lombardi in Piemonte, Cavour protestò energicamente richiamando l’ambasciatore sardo.
 
=== Le riforme della finanza e del codice penale ===
Obiettivo principale del primo governo Cavour fu la restaurazione finanziaria del Paese. Per tentare di raggiungere il pareggio il conte prese varie iniziative: innanzi tutto fu costretto a ricorrere nuovamente ai banchieri [[Rothschild]] poi, richiamandosi al sistema francese, sostituì alla dichiarazione dei redditi l’accertamento giudiziario, fece massicci interventi nel settore delle concessioni demaniali e dei servizi pubblici, e riprese la politica dello sviluppo degli istituti di credito.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 233, 235-236, 238.</ref>
 
Il governo effettuò grandi investimenti nel settore delle [[ferrovie]], proprio quando, grazie alla riforma doganale, le esportazioni stavano avendo un aumento considerevole. Nonostante ciò ci furono notevoli resistenze ad introdurre nuove [[Imposta|imposte]] fondiarie e, in generale, nuove tasse che colpissero il ceto di cui era composto il Parlamento.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 240, 244-245, 252.</ref>
 
Cavour, in effetti, non riuscì mai a realizzare le condizioni politiche che gli consentissero una base finanziaria adeguata alle sue iniziative.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 245.</ref>
 
Il [[19 dicembre]] [[1853]], si parlò di “quasi restaurate finanze”, benché la situazione fosse più seria di quanto annunciato, anche per la crisi internazionale che precedette la [[Guerra di Crimea]]. Cavour di conseguenza si accordò ancora con i Rothschild per un prestito, ma riuscì anche a collocare presso il pubblico dei risparmiatori, con un netto successo politico e finanziario, una buona parte del debito contratto.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 248-249.</ref>
 
Il consenso, in effetti, era abbastanza alto. Le elezioni dell’[[8 dicembre]] 1853 erano state particolarmente favorevoli a Cavour: furono eletti 130 candidati del “[[connubio]]”, 52 della sinistra e 22 della destra. Nonostante ciò, per replicare all’elezione di importanti politici avversari <ref>[[Lorenzo Valerio|Valerio]], [[Angelo Brofferio|Brofferio]], [[Lorenzo Pareto|Pareto]] a sinistra e [[Clemente Solaro della Margarita| Solaro della Margarita]] a destra.</ref> il conte sviluppò un’offensiva politica sull’ordinamento giudiziario che la crisi economica non gli permetteva di concentrare altrove. Fu deciso, anche per recuperare parte della Sinistra, di riprendere la politica anticlericale.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 259.</ref>
 
A tale riguardo il Ministro della Giustizia [[Urbano Rattazzi]], all’apertura della [[V Legislatura del Regno di Sardegna|V legislatura]] presentò una proposta di legge sulla modifica del codice penale. il nucleo della proposta consisteva in nuove pene previste per i sacerdoti che, abusando del loro ministero, avessero censurato le leggi e le istituzioni dello Stato. La norma fu approvata alla Camera a larga maggioranza (raccogliendo molti voti a Sinistra) e, con maggiore difficoltà, anche al [[Senato Subalpino|Senato]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 259-260.</ref>
 
Furono successivamente adottate modifiche anche al codice di procedura penale e fu ultimato il percorso per l’approvazione del codice di procedura civile.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 261.</ref>
 
=== L'intervento nella Guerra di Crimea ===
{{Vedi anche|Guerra di Crimea}}
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|thumb|float|left|280px|Cavour accolse l’invito di Gran Bretagna e Francia a partecipare alla [[Guerra di Crimea]]. Il corpo di spedizione piemontese si distinse nella [[Battaglia della Cernaia]] (nel dipinto), consentendo di porre la Questione italiana a livello europeo.]]
Nel [[1853]] si sviluppò una crisi europea scaturita da una disputa religiosa fra l’[[Impero ottomano]], già in declino, e la [[Impero russo|Russia]] che aspirava alla protezione dei cristiani fra le popolazioni turche dei [[Penisola balcanica|Balcani]]. Queste aspirazioni provocarono l’ostilità del governo inglese che sospettava che la Russia volesse conquistare [[Costantinopoli]] e interrompere la via terrestre per l’[[India britannica]]. La [[Secondo Impero francese|Francia]] a sua volta, desiderosa di interrompere il suo isolamento, si schierò con la [[Regno Unito|Gran Bretagna]].
 
Il [[1º novembre]] 1853 la Russia dichiarò guerra all’Impero ottomano e il [[28 marzo]] [[1854]] la Gran Bretagna e la Francia dichiararono [[Guerra di Crimea|guerra]] alla Russia. La questione, per le opportunità politiche che potevano presentarsi, cominciò ad interessare Cavour. Costui, nell’aprile 1854, rispose alle richieste dell’ambasciatore inglese, Sir James Hudson, affermando che il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] sarebbe intervenuto nella guerra se anche l’Austria avesse attaccato la Russia, di modo da non esporre il [[Piemonte]] all’esercito [[Asburgo|asburgico]].<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, pp. 94-96.</ref>
 
La soddisfazione degli inglesi fu evidente, ma per tutta l’estate del 1854 l’Austria rimase neutrale. Infine, il [[29 novembre]] 1854, il Ministro degli Esteri britannico [[George Villiers, IV conte di Clarendon|Clarendon]] scrisse ad Hudson chiedendogli di fare di tutto per assicurarsi un corpo di spedizione piemontese. Un incitamento superfluo, poiché Cavour era già arrivato alla conclusione che le richieste inglesi e quelle francesi, queste ultime fatte all’inizio della crisi a [[Vittorio Emanuele II]], dovevano essere soddisfatte. Decise pertanto di optare per l’intervento sollevando le perplessità del Ministro della Guerra [[Alfonso La Marmora|La Marmora]] e del Ministro degli Esteri [[Giuseppe Dabormida]] (1799-1869) che si dimise.<ref>Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, pp. 85, 99, 100.</ref>
 
Assumendo anche la carica di Ministro degli Esteri, il conte, il [[26 gennaio]] [[1855]], firmò l’adesione finale del Regno di Sardegna al trattato anglo-francese. Il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] avrebbe fornito 15.000 uomini e le potenze alleate avrebbero garantito l’integrità del Regno di Sardegna da un eventuale attacco austriaco. Il [[4 marzo]] 1855 Cavour dichiarò guerra alla Russia <ref>Cavour per l'apertura delle ostilità colse il pretesto che la Russia durante la Prima guerra di indipendenza aveva rotto le relazioni con il Regno di Sardegna (al tempo la Russia intratteneva rapporti migliori con l’Austria) e che lo Zar Nicola I aveva rifiutato, nel 1849, di riconoscere l’ascesa al trono di Vittorio Emanuele II. Cfr. Hearder, ''Cavour'', Bari, 2000, p. 102.</ref> e il [[25 aprile]] il contingente piemontese salpò da [[La Spezia]] per la [[Crimea]] dove arrivò ai primi di maggio. Il Piemonte avrebbe raccolto i benefici della spedizione con la [[Seconda guerra di indipendenza]], quattro anni dopo.
 
=== La legge sui conventi: la Crisi Calabiana ===
{{Vedi anche|Crisi Calabiana}}
[[File:Popepiusix.jpg|thumb|right|150px|[[Papa Pio IX]], che scomunicò Cavour dopo l'approvazione della Legge sui conventi.<ref>Ritratto di [[George Peter Alexander Healy]]</ref>]]
Con l’intento di avvicinarsi alla Sinistra e ostacolare la Destra conservatrice che andava guadagnando terreno a causa della crisi economica, il governo Cavour, il [[28 novembre]] [[1854]] presentò alla Camera la Legge sui conventi. La norma, nell’ottica del [[liberalismo]] [[Anticlericalismo|anticlericale]], prevedeva la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati. Durante il dibattito parlamentare vennero attaccati, anche da Cavour, soprattutto gli [[ordini mendicanti]] come nocivi alla moralità del Paese e contrari alla moderna etica del lavoro.
 
La forte maggioranza alla Camera del conte dovette affrontare l'opposizione del [[clero]], del [[Vittorio Emanuele II|re]] e soprattutto del [[Senato Subalpino|Senato]] che in prima istanza bocciò la legge. Cavour allora si dimise ([[27 aprile]] 1855) aprendo una crisi costituzionale chiamata [[crisi Calabiana]] dal nome del [[diocesi di Casale Monferrato|vescovo di Casale]] [[Luigi Nazari di Calabiana|Luigi di Calabiana]], senatore e avversario del progetto di legge.
 
== Il secondo governo Cavour (1855-1859) ==
{{Vedi anche|Governo Cavour II (Regno di Sardegna)}}
 
=== La legge sui conventi: l’approvazione ===
{{Vedi anche|Crisi Calabiana}}
Dopo qualche giorno dalle dimissioni, vista l’impossibilità a formare un nuovo esecutivo, il [[4 maggio]] [[1855]], Cavour fu reintegrato dal [[Vittorio Emanuele II|re]] nella carica di Presidente del Consiglio. Al termine di giorni di discussioni nei quali Cavour ribadì «la società attuale ha per base economica il lavoro»,<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 300.</ref> la legge fu approvata con un emendamento che lasciava i religiosi nei conventi fino all'estinzione naturale delle loro comunità. A seguito dell'approvazione della Legge sui conventi, il [[26 luglio]] 1855 [[Papa Pio IX]] emanò la [[scomunica]] contro coloro che avevano proposto, approvato e ratificato il provvedimento, Cavour e [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]] compresi.
 
=== Al Congresso di Parigi e la politica estera successiva ===
{{Vedi anche|Congresso di Parigi}}
[[File:Edouard Dubufe Congrès de Paris.jpg |thumb|float|left|300px|Il [[Congresso di Parigi]]. Il primo delegato a sinistra è Cavour, il terzo [[Karl Ferdinand von Buol-Schauenstein|Buol]]. Fra i personaggi al di qua del tavolo il terzo seduto è [[George Villiers, IV conte di Clarendon|Clarendon]].<ref> Dipinto di [[Édouard Louis Dubufe]].</ref>]]
La [[Guerra di Crimea]], vittoriosa per gli alleati, ebbe fine nel [[1856]] con il [[Congresso di Parigi]] al quale partecipò anche l'[[Impero austriaco|Austria]].
 
Cavour non ottenne compensi territoriali per la partecipazione al conflitto, ma una seduta fu dedicata espressamente a discutere il problema italiano. In questa occasione, l’[[8 aprile]], il Ministro degli Esteri britannico [[George Villiers, IV conte di Clarendon|Clarendon]] attaccò pesantemente la politica illiberale sia dello [[Stato Pontificio]], sia del [[Regno delle due Sicilie]], sollevando le proteste del ministro austriaco [[Karl Ferdinand von Buol-Schauenstein|Buol]].
 
Ben più moderato, lo stesso giorno, fu il successivo intervento di Cavour, incentrato sulla denuncia della permanenza delle truppe austriache nella [[Legazione delle Romagne|Romagna pontificia]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 327.</ref>
 
Fatto sta che per la prima volta la questione italiana venne considerata a livello europeo come una situazione che richiedeva modifiche a fronte di legittime rimostranze della popolazione.
 
Fra [[Regno Unito|Gran Bretagna]], [[Secondo Impero francese|Francia]] e Piemonte i rapporti risultavano ottimi. Tornato a [[Torino]], per l’esito ottenuto a [[Congresso di Parigi|Parigi]], Cavour, il [[29 aprile]] 1856, ottenne la più alta onorificenza concessa da [[Casa Savoia]]: il [[Ordine Supremo della Santissima Annunziata|Collare dell’Annunziata]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 337.</ref> Quello stesso [[Congresso di Parigi|Congresso]], tuttavia, avrebbe portato il conte a prendere importanti decisioni, tali da dover fare una scelta: con la Francia o con la Gran Bretagna.
 
Si aprì, infatti, a seguito delle [[Congresso di Parigi|decisioni di Parigi]], la questione dei due [[Principati danubiani]]. La [[Principato di Moldavia|Moldavia]] e la [[Principato di Valacchia|Valacchia]] secondo Gran Bretagna, [[Impero austriaco|Austria]] e [[Impero ottomano|Turchia]] avrebbero dovuto rimanere divise e sotto il controllo ottomano. Per Francia, [[Prussia]] e [[Impero russo|Russia]], invece, si sarebbero dovute unire (nella futura [[Regno di Romania|Romania]]) e costituirsi come Stato indipendente. Quest’ultimo particolare richiamò l’attenzione di Cavour e il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] si schierò per l’unificazione.<ref>Il Piemonte, assieme alla Francia, chiese anche l’annullamento delle elezioni tenutesi in Moldavia nel luglio [[1857]] che, con risultati definiti inattendibili, avevano avuto un esito sfavorevole all’unione dei due principati.</ref><ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 347-348.</ref>
 
La reazione della Gran Bretagna contro la posizione assunta dal Piemonte fu molto aspra. Ma Cavour aveva già deciso: fra il dinamismo della politica francese e il conservatorismo di quella britannica, il conte aveva scelto la Francia.
 
D’altra parte l’Austria andava sempre più isolandosi <ref>L'Austria con la [[Guerra di Crimea]] aveva perso l’amicizia della Russia, vedeva allontanarsi la Prussia, alla ricerca di maggiore autonomia mentre la tiepida amicizia della Gran Bretagna non poteva bilanciare la situazione che, ovviamente, favoriva Cavour.</ref><ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 347-348.</ref>
e a consolidare il fenomeno contribuì un episodio che il conte seppe sfruttare. Il [[10 febbraio]] 1857 il governo di [[Vienna]] accusò la stampa piemontese di fomentare la rivolta contro l’Austria e il governo Cavour di correità. Il conte respinse ogni accusa e il [[22 marzo]] Buol richiamò il suo [[ambasciatore]], seguito il giorno dopo da un’analoga misura del Piemonte. Accadde così che l’Austria elevò una questione di stampa a motivo della rottura delle relazioni con il piccolo Regno di Sardegna, esponendosi ai giudizi negativi di tutta la diplomazia europea, compresa quella inglese, mentre in Italia si animavano maggiormente le simpatie per il Piemonte.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 352-354.</ref>
 
=== Il miglioramento dell’economia e il calo dei consensi ===
[[File:Lama, Domenico (1823-1890) - Giuseppe Mazzini.jpg|thumb|float|right|160px|[[Giuseppe Mazzini]], di cui Cavour combatteva le idee [[Repubblicanesimo|repubblicane]].]]
 
A partire dal [[1855]] si registrò, d’altronde, un miglioramento delle condizioni economiche del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]], grazie al buon raccolto [[Cereali|cerealicolo]] e alla riduzione del [[deficit]] della [[bilancia commerciale]]. Incoraggiato da questi risultati, Cavour rilanciò la politica ferroviaria dando il via, tra l’altro, nel [[1857]] ai lavori del [[Traforo ferroviario del Frejus|traforo del Fréjus]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 360, 361, 362.</ref>
 
Il [[16 luglio]] 1857 venne dichiarata anticipatamente la chiusura della [[V Legislatura del Regno di Sardegna|V Legislatura]], in una situazione che, nonostante il miglioramento dell’economia, si presentava sfavorevole a Cavour. Si era diffuso, infatti, un malcontento generato dall’accresciuto carico fiscale, dai sacrifici fatti per la [[Guerra di Crimea]] e dalla mobilitazione antigovernativa del mondo cattolico. Il risultato fu che alle elezioni del [[15 novembre]] 1857 il centro liberale di Cavour conquistò 90 seggi (rispetto ai 130 della precedente legislatura), la destra 75 (rispetto ai 22) e la sinistra 21 (rispetto ai 52).<br />
Il successo [[Clericalismo|clericale]] superò le più pessimistiche previsioni di area governativa. Cavour decise di rimanere al suo posto e la stampa liberale si scagliò contro la destra denunciando pressioni improprie del [[clero]] sugli elettori. Ci fu una verifica parlamentare e per alcuni seggi assegnati vennero ripetute le elezioni, che invertirono la tendenza: il centro liberale passò a 105 seggi e la destra a 60.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 366-368, 370.</ref>
 
Lo scossone politico provocò comunque il sacrificio di [[Urbano Rattazzi|Rattazzi]], in precedenza passato agli Interni. Costui, soprattutto, era inviso alla [[Secondo Impero francese|Francia]] per non essere riuscito ad arrestare [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]], giudicato pericoloso per la vita [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. Rattazzi il [[13 gennaio]] [[1858]] si dimise e Cavour assunse l’''[[interim]]'' dell’Interno.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 355, 371.</ref>
 
=== La strategia contro l'Austria e l'annessione della Lombardia ===
{{Vedi anche|Accordi di Plombières|Alleanza sardo-francese|Seconda guerra di indipendenza italiana|Armistizio di Villafranca}}
[[File:Alfred Dedreux - Portrait équestre de Napoléon III.jpg|thumb|float|left|160px|L’Imperatore [[Napoleone III di Francia]] (nel dipinto <ref>Ritratto del 1858 di Alfred de Dreux (1810-1860)</ref>) e Cavour fomentarono l'[[Impero austriaco|Austria]] riuscendo a far scoppiare la [[Seconda guerra di indipendenza|guerra]] nel 1859.]]
Suscitata l'attenzione delle potenze con il [[Congresso di Parigi]] sulla questione italiana, per affrontarla era necessario l'appoggio della [[Secondo Impero francese|Francia]] di [[Napoleone III di Francia| Napoleone III]], conservatore all'interno, ma sostenitore di una politica estera di grandezza.
Dopo una lunga serie di trattative, funestate dall’attentato di [[Felice Orsini]] a Napoleone III, si arrivò finalmente, nel luglio [[1858]], agli [[Accordi di Plombières|accordi segreti di Plombières]] fra Cavour e [[Napoleone III di Francia|l'imperatore francese]] ai danni dell'[[Impero austriaco]].
 
Tale intesa verbale prevedeva che, dopo una guerra che si auspicava vittoriosa contro l'Austria, la penisola italiana sarebbe stata divisa in quattro stati principali legati in una [[Confederazione]] presieduta dal papa: il Regno dell’Alta Italia sotto la guida di [[Vittorio Emanuele II d'Italia|Vittorio Emanuele]], il Regno dell’Italia centrale, lo Stato Pontificio limitato a Roma e al territorio circostante e il [[Regno delle Due Sicilie]]. Firenze e Napoli, avvenimenti locali permettendo, sarebbero passate nella sfera d’influenza francese.<ref>AA.VV, ''Storia delle relazioni internazionali'', Monduzzi, Bologna, 2004, pp. 45-46.</ref>
 
Gli accordi di Plombières furono ratificati l'anno successivo dall'[[Alleanza sardo-francese]], secondo la quale in caso di attacco militare provocato da Vienna, la Francia sarebbe intervenuta in difesa del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] con il compito di liberare dal dominio austriaco il [[Lombardo-Veneto]] per cederlo al Piemonte. In compenso la Francia avrebbe ricevuto i territori di [[Nizza]] e della [[Ducato di Savoia|Savoia]], quest'ultima culla della dinastia [[Casa Savoia|sabauda]] e, come tale, cara a Vittorio Emanuele II.
 
Dopo la firma dell'alleanza, Cavour escogitò una serie di provocazioni militari al confine con l’Austria che, allarmata, gli lanciò un ''[[ultimatum]]'' chiedendogli di smobilitare l’esercito. Il conte rifiutò e l'Austria aprì le ostilità contro il Piemonte il [[26 aprile]] [[1859]], facendo scattare le condizioni dell'[[Alleanza sardo-francese]].
 
Tuttavia i movimenti minacciosi dell’[[esercito prussiano]] convinsero Napoleone III, quasi con un atto unilaterale, a firmare un [[armistizio]] con l'Austria a [[Armistizio di Villafranca|Villafranca]] l'[[11 luglio]] 1859, poi ratificato dalla [[Pace di Zurigo]], stipulata l'[[11 novembre]]. Le clausole del trattato prevedevano che a Vittorio Emanuele II sarebbe andata la sola [[Lombardia]] e che per il resto tutto sarebbe tornato come prima.
 
Cavour, deluso e amareggiato dalle condizioni dell'armistizio, dopo accese discussioni con Napoleone III e Vittorio Emanuele, decise di dare le dimissioni da Presidente del Consiglio, provocando la caduta del governo da lui guidato il 12 luglio 1859.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 431-432.</ref>
 
== Il terzo governo Cavour (1860-1861) ==
{{Vedi anche|Governo Cavour III (Regno di Sardegna)}}
=== Nizza e Savoia per Modena, Parma, Romagna e Toscana ===
[[File:Unification of Italy 1815-1870.jpg|thumb|float|right|160px|Una carta inglese dell’Italia con le date dell'[[Unità d'Italia|unificazione]]]]
Già durante la [[Seconda guerra di indipendenza italiana|guerra]] i governi e le forze dei piccoli Stati italiani dell’Italia centro-settentrionale e della [[Legazione delle Romagne|Romagna pontificia]] abbandonarono i loro posti e dovunque si installarono autorità provvisorie filo-sabaude.
 
Dopo la [[Pace di Zurigo]], però, si giunse ad una fase di stallo, poiché i governi provvisori si rifiutavano di restituire il potere ai vecchi regnanti, né il governo di [[Alfonso Ferrero La Marmora|La Marmora]] aveva il coraggio di proclamare le annessioni dei territori al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]. Il [[22 dicembre]] [[1859]] [[Vittorio Emanuele II]] si rassegnò, così, a richiamare Cavour che nel frattempo aveva ispirato la creazione del partito di Unione Liberale.<br />
Il conte, rientrato alla presidenza del Consiglio dei Ministri il [[21 gennaio]] [[1860]], si trovò in breve di fronte ad una proposta francese di soluzione della questione dei territori liberati: annessione al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] dei ducati di [[Ducato di Parma e Piacenza|Parma]] e [[Ducato di Modena e Reggio|Modena]], controllo [[Casa Savoia|sabaudo]] della Romagna pontificia, regno separato in [[Granducato di Toscana|Toscana]] sotto la guida di un esponente di [[Casa Savoia]] e cessione di [[Provincia di Nizza (1859)|Nizza]] e [[Contea di Savoia|Savoia]] alla [[Secondo Impero francese|Francia]].<br />
In caso di rifiuto della proposta il Piemonte avrebbe dovuto affrontare da solo la situazione di fronte all’[[Impero austriaco|Austria]], “a suo rischio e pericolo”.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 450.</ref>
 
Rispetto agli accordi dell’[[alleanza sardo-francese]] questa proposta di soluzione sostituiva per il Piemonte l’annessione del [[Veneto]] che non si era potuto liberare dall’occupazione austriaca.
 
Stabilita, di fatto, l’annessione di Parma, Modena e Romagna, Cavour, forte dell’appoggio della [[Regno Unito|Gran Bretagna]], sfidò la Francia sulla Toscana, organizzando delle votazioni locali sull’alternativa fra l’unione al Piemonte e la formazione di un nuovo Stato. Il ''[[referendum]]'' si tenne l’[[11 marzo|11]] e il [[12 marzo]] 1860, con risultati che legittimarono l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 450-451.</ref>
 
Il governo francese reagì con grande irritazione sollecitando la cessione della Savoia e di Nizza che avvenne con la firma del relativo trattato il [[24 marzo]] 1860. In cambio di queste due province il Regno di Sardegna si trasformò in una nazione assai più omogenea del vecchio Piemonte, acquisendo oltre alla [[Lombardia]], anche l’attuale [[Emilia-Romagna]] e la [[Toscana]].
 
=== Di fronte all'Impresa dei Mille ===
{{Vedi anche|Spedizione dei Mille}}
[[File:Tuminello, Lodovico (1824-1907) - Cavour.jpg|thumb|float|left|180px|Cavour diffidò dell'[[Impresa dei Mille]] che considerava foriera di rivoluzione e dannosa per i rapporti con la Francia.]]
Cavour era al corrente che la Sinistra non aveva abbandonato l’idea di una spedizione in Italia meridionale e che [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], circondato da personaggi repubblicani e rivoluzionari, era in contatto a tale scopo con [[Vittorio Emanuele II]]. Il conte considerava rischiosa l’iniziativa alla quale si sarebbe decisamente opposto, ma il suo prestigio era stato scosso dalla cessione di [[Provincia di Nizza (1859)|Nizza]] e [[Contea di Savoia|Savoia]] e non si sentiva abbastanza forte.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 457-458.</ref>
 
Cavour riuscì, comunque, attraverso [[Giuseppe La Farina]] a seguire le fasi preparatorie dell’[[Impresa dei Mille]], la cui partenza da [[Quarto dei Mille|Quarto]] fu meticolosamente sorvegliata dalle autorità piemontesi. Ad alcune voci sulle intenzioni di Garibaldi di sbarcare nello [[Stato Pontificio]], il conte, preoccupatissimo per la eventuale reazione della [[Secondo Impero francese|Francia]], alleata del papa, dispose il [[10 maggio]] [[1860]] l’invio di una nave da guerra nelle acque della [[Toscana]] “per arrestarvi Garibaldi”.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 459-460.</ref>
 
Il [[Giuseppe Garibaldi|generale]] invece aveva puntato a Sud e dopo il suo sbarco a [[Marsala]] ([[11 maggio]] 1860) Cavour inviò in [[Sicilia]] La Farina allo scopo di mantenere i contatti con Garibaldi e controllare, per quanto si poteva, la situazione.<br />
In campo internazionale, intanto, le potenze straniere, intuendo la complicità del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] nell’impresa, protestarono con il governo di [[Torino]] che potette affrontare con una certa tranquillità la situazione data la grave crisi finanziaria dell’[[Impero austriaco|Austria]] in cui era ripresa anche la rivoluzione ungherese.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 460, 462-463.</ref>
 
[[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], d’altra parte, si attivò subito nel ruolo di mediatore e, per la pace, propose a Cavour la separazione della Sicilia dal [[Regno delle due Sicilie|regno]], la promulgazione della [[costituzione]] a [[Napoli]] e a [[Palermo]] e l’alleanza fra Regno di Sardegna e [[Regno delle due Sicilie]].<br />
Immediatamente il regime borbonico si adeguò alla proposta francese instaurando un governo liberale e proclamando la costituzione. Tale situazione mise in grave difficoltà Cavour per il quale l’alleanza era irrealizzabile. Nello stesso tempo non poteva scontentare Francia e [[Regno Unito|Gran Bretagna]] che premevano almeno per una tregua.<br />
Il governo piemontese decise allora che il [[Vittorio Emanuele II|re]] avrebbe mandato una lettera a Garibaldi intimandolo di non attraversare lo [[Stretto di Messina]]. Il [[22 luglio]] 1860 Vittorio Emanuele inviò la lettera voluta da Cavour, facendola però seguire da un messaggio personale nel quale smentiva la lettera ufficiale.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 464-465.</ref>
 
=== Garibaldi a Napoli ===
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel 1060721.JPG|thumb|float|right|260px|L’arrivo di [[Giuseppe Garibaldi]] a Napoli (7 settembre 1860). Evento che Cavour tentò di prevenire organizzando una sommossa filopiemontese che fallì.]]
 
Il [[6 agosto]] [[1860]] Cavour informò i delegati del [[Regno delle due Sicilie]] del rifiuto di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] di concedere la tregua dichiarando esauriti i mezzi di conciliazione e rinviando ad un futuro incerto i negoziati per l’alleanza.
 
Negli stessi giorni il conte, nel timore di far precipitare i rapporti con la [[Secondo Impero francese|Francia]], sventò una spedizione militare di [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]] che dalla [[Toscana]] doveva muovere contro lo [[Stato Pontificio]]. A seguito di questi avvenimenti Cavour si dispose a fare tutti i suoi sforzi per impedire che il movimento per l’unità d’Italia diventasse rivoluzionario. In questa ottica cercò, inutilmente, di prevenire il [[Giuseppe Garibaldi|generale]] a [[Napoli]] organizzando una spedizione clandestina di armi per una rivolta filopiemontese, che non ci fu. Viceversa Garibaldi entrò trionfalmente nella [[Napoli|capitale borbonica]] il [[7 settembre]] [[1860]] fugando, per l’amicizia che serbava al re, i timori di Cavour.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 468-469.</ref>
 
=== L’annessione di Marche, Umbria e Regno delle due Sicilie ===
Fallito il progetto di un successo moderato a [[Napoli]] il conte, con l’obiettivo di ridare a [[Casa Savoia]] una parte attiva nel movimento nazionale, decise l’invasione delle [[Legazione delle Marche|Marche]] e dell’[[Legazione dell'Umbria|Umbria]] pontificie. Ciò avrebbe anche impedito l’avanzata di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] su [[Roma]] e uno scontro fatale con la [[Secondo Impero francese|Francia]]. Bisognava però preparare [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] agli avvenimenti e convincerlo che l’invasione piemontese dello [[Stato Pontificio]] fosse il male minore. Per la delicata missione il conte scelse [[Luigi Carlo Farini|Farini]] e [[Enrico Cialdini|Cialdini]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 470.</ref>
 
Il timore di un attacco austriaco al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]], tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour inviò un ultimatum allo Stato Pontificio intimandogli di licenziare i militari stranieri, seguito, l’[[11 settembre]] [[1860]], dalla violazione dei confini. La Francia reagì duramente in difesa del Papa, ma senza effetti pratici. Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché il generale aveva proclamato il [[10 settembre|10]] che avrebbe consegnato al re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto il plauso di [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, pp. 472-474, 476.</ref>
 
La vittoria nella [[Battaglia di Castelfidardo]] e il conferimento al governo di un prestito di 150 milioni per le spese militari e il trionfo dell’indipendenza italiana, ridiedero però forza e fiducia a Cavour, mentre Garibaldi, pur vittorioso nella [[Battaglia del Volturno]], esauriva la sua spinta verso Roma.
 
A questo punto, il “prodittatore” [[Giorgio Pallavicino Trivulzio]], venendo incontro ai desideri del conte, indisse a Napoli il [[plebiscito]] per l’annessione immediata al Regno sabaudo, seguito a Palermo dal suo omologo [[Antonio Mordini]]. Le votazioni si tennero il [[21 ottobre]] 1860, sancendo l’unione del [[Regno delle due Sicilie]] a quello di [[Vittorio Emanuele II]].
 
All’inizio dello stesso mese di ottobre Cavour si era così espresso:
{{quote|Non sarà l’ultimo titolo di gloria per l’Italia d’aver saputo costituirsi a nazione senza sacrificare la libertà all’indipendenza, senza passare per le mani dittatoriali d’un [[Oliver Cromwell|Cromwell]], ma svincolandosi dall’assolutismo monarchico senza cadere nel dispotismo rivoluzionario […]. Ritornare […] alle dittature rivoluzionarie d’uno o più, sarebbe uccidere sul nascere la libertà legale che vogliamo inseparabile dalla indipendenza della nazione|Cavour, 2 ottobre 1860, da Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 489.}}
Il [[4 novembre|4]] e il [[5 novembre]] 1860 anche in Umbria e nelle Marche si votava e si decideva per l’unione all’Italia.
=== I rapporti fra Stato e Chiesa ===
Fermati i disegni di Garibaldi su Roma, a Cavour restava ora il problema di decidere su cosa fare di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio (approssimativamente il Lazio attuale), tenendo conto che un attacco a Roma sarebbe stato fatale per le relazioni con la Francia.
 
Il progetto del conte, avviato dal novembre 1860 e perseguito fino alla sua morte, fu quello di proporre al papa la rinuncia al [[potere temporale]] in cambio della rinuncia da parte dello Stato al corrispettivo, il [[Giurisdizionalismo]]. Si sarebbe perciò adottato il principio di “Libera Chiesa in libero Stato”, ma le trattative naufragarono sulla fondamentale intransigenza di Pio IX.
 
== Il governo Cavour del Regno d’Italia (1861) ==
{{Vedi anche|Governo Cavour}}
[[File:Camillo Benso, conte di Cavour, 1861.jpg|thumb|float|right|180px|Cavour nel 1861]]
Dal 27 gennaio al 3 febbraio [[1861]] si tennero le elezioni per il primo [[Parlamento italiano]] unitario. Oltre 300 dei 443 seggi della nuova Camera andarono alla maggioranza governativa. L’opposizione ne conquistò un centinaio, ma fra loro non comparivano rappresentanti della Destra poiché i [[Clericalismo|clericali]] avevano aderito all’invito di non eleggere e di non farsi eleggere in un Parlamento che aveva leso i diritti del pontefice.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 508.</ref>
Il [[18 febbraio]] venne inaugurata la nuova sessione nella quale sedettero per la prima volta rappresentanti piemontesi, lombardi, siciliani, toscani, emiliani e napoletani insieme. Il [[17 marzo]] il Parlamento proclamò il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]] suo re.
 
Cavour, il [[22 marzo]] veniva confermato alla guida del governo, dopo che il re aveva dovuto rinunciare a Ricasoli. Il conte, che tenne per se anche gli Esteri e la Marina, il [[25 marzo|25]] affermò in parlamento che [[Roma]] sarebbe dovuta diventare capitale d’Italia.
 
=== Lo scontro con Garibaldi ===
L’episodio più tumultuoso della vita politica di Cavour, se si esclude l’incidente con [[Vittorio Emanuele II|Vittorio Emanuele]] dopo l’[[Armistizio di Villafranca]], fu il suo scontro con [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] dell’aprile [[1861]].
 
Oggetto del contendere, l’esercito di volontari garibaldini del Sud del quale Cavour volle evitare il trasferimento al Nord nel timore che sarebbe divenuto preda dei [[Radicalismo|radicali]]. Per cui, il [[16 gennaio]] 1861, fu decretato lo scioglimento dell’Esercito meridionale a [[Napoli]] e, nonostante le vibrate proteste del suo comandante [[Giuseppe Sirtori]], Cavour fu irremovibile.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 518.</ref>
 
In difesa del suo esercito, Garibaldi, il [[18 aprile]] 1861, pronunciò un memorabile discorso alla Camera accusando «la fredda e nemica mano di questo Ministero [Cavour]» di aver voluto provocare una «guerra fratricida». Il conte reagì con violenza chiedendo, invano, al presidente della Camera [[Urbano Rattazzi|Rattazzi]] di richiamare all’ordine il generale. La seduta fu sospesa e [[Nino Bixio]] tentò nei giorni successivi una riconciliazione che non si compì mai del tutto.<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 518.</ref>
=== Gli ultimi giorni ===
Il [[29 maggio]] Cavour ebbe un malore, attribuito dal suo medico curante ad una delle crisi malariche che lo colpivano periodicamente da quando -in gioventù- aveva contratto la [[malaria]] nelle [[Risaia|risaie]] di famiglia del [[vercellese]]. In questa occasione tutte le cure praticate non ebbero effetto, tanto che il paziente chiese di vedere un sacerdote [[Ordine francescano|francescano]] suo amico, padre Giacomo da Poirino. Costui, dopo un lungo colloquio, gli impartì l'[[Riconciliazione|assoluzione]], nonostante la [[scomunica]] gravasse su Cavour, e gli somministrò [[comunione]] ed [[estrema unzione]], poiché il conte disse di voler «morire da buon cristiano». Per questo atto, padre Giacomo fu deposto da parroco.
 
Il [[6 giugno]] [[1861]], a meno di tre mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia, Cavour moriva a [[Torino]] nel [[Palazzo Benso di Cavour|palazzo di famiglia]]. La sua fine suscitò immenso cordoglio, anche perché del tutto inattesa, ed ai funerali vi fu straordinaria partecipazione.
 
Secondo l'amico Michelangelo Castelli le ultime parole del conte furono: "L'Italia è fatta - tutto è salvo", così come le intese al capezzale [[Luigi Carlo Farini]].<ref>Romeo, ''Vita di Cavour'', Bari, 2004, p. 525.</ref>
 
A Cavour succedette come presidente del Consiglio [[Bettino Ricasoli]].
 
== In memoria di Cavour ==
{|{{Prettytable|align=right}}
|+ '''Monumenti a Cavour'''
|-
|[[File: Cavour-Vercelli.JPG|50px]] || [[Vercelli]]
|-
|[[File:5308 - Roma - Stefano Galletti (1833-1905) - Monumento a Cavour (1895) - Foto Giovanni Dall'Orto, 28-March-2008.jpg|50px]] || [[Roma]]
|-
| [[File:Tabacchi-cavour.jpg|50 px]] || [[Milano]].
|-
| [[File: C.Cavour.TO.JPG|50 px]] || [[Torino]]
|-
| [[File: Livorno Monumento Cavour.jpg |50 px]] || [[Livorno]]
|-
| [[File:Novara-Cavour-DSCF0950.JPG |50 px]] || [[Novara]]
|-
| [[File:Augusto rivalta, statua di cavour, 1870 02.JPG|50 px]] || [[Firenze]]
|}
 
Cavour è stato ricordato in molti modi. Due città italiane hanno aggiunto il suo nome a quello originario: [[Grinzane Cavour]], di cui Camillo Benso fu sindaco, e [[Sogliano Cavour]] per celebrare la ritrovata unità nazionale. Gli sono state dedicate numerose vie e piazze e numerose statue. Nel 2010 è stata coniata una moneta da 2 euro commemorativa che lo raffigura.
La tomba di Cavour si trova a [[Santena]] posta nella cripta sotto la cappella di famiglia e dichiarata monumento nazionale nel 1911.
 
La [[nave da battaglia]] [[Conte di Cavour (nave da battaglia)|Conte di Cavour]] e la portaerei [[Cavour (550)|Cavour]] (CVH-550) sono state così battezzate in suo onore.
 
A Cavour è dedicato un tipo di caramella di liquirizia aromatizzata alla violetta: le cosiddette ''sénateurs'' <ref>{{cita web|url=http://www.pastiglieleone.it/prodotti.php?tipo=1&id=65|titolo=Pastiglie Leone|accesso=10-09-2010}}</ref>
 
== Controversie ==
===Politica interna===
Benché elogiata da numerosi studiosi, la figura di Cavour è stata altrettanto oggetto di varie critiche da parte di altri storici. Nel [[1853]], anno in cui si ebbe una grande crisi [[cereali]]cola nella [[Italia|penisola]], Cavour, conosciuto come grande proprietario di [[Mulino|mulini]] (principale azionista della "Società anonima dei Mulini angloamericani"
di [[Collegno]]), anziché proibire il commercio del grano all'estero instaurando una politica [[autarchia|autarchica]], ne avrebbe concesso l'esportazione, realizzando ingenti guadagni a fini personali e privando l'elargizione dei pochi raccolti al popolo piemontese.<ref>Marco Della Luna, ''Basta con questa Italia'', Bologna, 2008, p. 175.</ref> Tutto ciò avrebbe scaturito la rabbia della classe popolare, che si radunò per protestare sotto la sua villa.<ref name =delboca>[[Lorenzo Del Boca]], ''Indietro Savoia!'', Milano, 2003, p. 136.</ref> Cavour diede l'ordine di disperderla con le forze armate ed avvennero arresti e episodi di violenza ai danni dei manifestanti.<ref name =delboca/>
 
Le testate giornalistiche "L'imparziale" e "La voce della libertà" furono accusate di aver istigato il popolo a rivoltarsi e furono trascinate in tribunale ma gli imputati furono assolti.<ref name =delboca/> [[Angelo Brofferio]], noto rivale politico di Cavour, mosse pesanti critiche sulla sua attività politica, dicendo: «Sotto il suo governo ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, i telegrafisti e gli speculatori sulla pubblica sostanza, mentre geme, soffre, e piange l’universalità dei cittadini sotto il peso delle tasse e delle imposte».<ref name =delboca/> Brofferio inoltre definì «un atto barbaro» l'aggressione delle forze dell'ordine ai danni dei contestatori.<ref name =delboca/>
 
===Il conflitto con Mazzini===
[[Giuseppe Mazzini]], che non godeva di un'ottima armonia con Cavour, ebbe diversi scontri con il conte piemontese. Mazzini fu uno strenuo oppositore della [[guerra di Crimea]], che costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo, e rivolse un appello ai militari che partirono per il conflitto:
{{quote|Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l’ossa vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo, col dolore dell’anima, “deportati”.|Giuseppe Mazzini<ref>"Volantino pubblicato su "[[Italia del popolo]]”, [[25 Febbraio]] [[1855]]</ref>}}
 
Quando nel [[1858]], [[Napoleone III]] scampò all'attentato teso da [[Felice Orsini]] e [[Giovanni Andrea Pieri]], il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo avrebbe definito "il capo di un'orda di fanatici assassini")<ref name= lastampa>{{cita news|url=http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/242302/|pubblicazione=lastampa.it|autore=[[Giancarlo De Cataldo]]|titolo=Chi ha paura di Mazzini?|accesso=17 settembre 2010}}</ref>, poiché i due attentatori militarono in passato nel suo [[Partito d'Azione]]. Cavour, rammendando all'Imperatore francese i pericoli di un movimento rivoluzionario in Italia, lo spronò ad affrettare i tempi di un'alleanza franco-piemontese, che fu concretizzata in seguito con gli [[accordi di Plombières]].
 
Secondo lo storico [[Denis Mack Smith]], inoltre, Cavour aveva avuto contatti con Felice Orsini che ricevette dal conte anche alcuni finanziamenti.<ref name= lastampa/> Mazzini, d'altronde, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose in seguito un attacco nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale "[[Italia del popolo]]":
{{quote|Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci separa. Noi rappresentiamo l’Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi desideriamo soprattutto l’unità nazionale, voi l’ingrandimento territoriale|Giuseppe Mazzini<ref name=Cappa>Alberto Cappa, ''Cavour'', G. Laterza & figli, 1932, p. 249.</ref>}}
 
===Risorgimento===
{{vedi anche|Revisionismo storiografico sul Risorgimento italiano}}
Anche il suo ruolo durante il [[Risorgimento]] ha suscitato varie dispute. Per i controstorici risorgimentali, Cavour non era interessato ad unire l'Italia ma solamente ad allargare i confini del regno dei Savoia (anche lo stesso Mazzini fu di questo parere).<ref name=Cappa/> Il primo ministro piemontese, già noto per le sue simpatie nei confronti del modello politico-economico inglese, avrebbe cercato l'appoggio del primo ministro britannico [[Henry John Temple, III visconte Palmerston|Palmerston]] per occupare il [[Regno delle Due Sicilie]], spinto dalla recessione economica del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Piemonte]] a causa, principalmente, delle guerre espansionistiche fino a quel momento sostenute, ove il Regno di Sardegna accumulò un debito di circa 135 milioni di lire.<ref>Lorenzo Del Boca, ''Indietro Savoia!'', Milano, 2003, p. 59</ref>
 
Da ciò ne avrebbe tratto interesse anche il governo inglese, interessato ad impossessarsi dello [[zolfo]] di [[Sicilia]], di proprietà del [[Regno delle Due Sicilie|Regno borbonico]] dal [[1816]].<ref>{{cita web|url=http://www.ilportaledelsud.org/alianello.htm|titolo= Carlo Alianello:La conquista del Sud|accesso=25 giugno 2010}}</ref> Si sostiene che nel [[1856]], quattro anni prima della [[Spedizione dei Mille]], Cavour e il [[George Villiers, IV conte di Clarendon|conte di Clarendon]] ebbero contatti per architettare rivolte antiborboniche nelle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]].<ref>Aldo Servidio, ''L'imbroglio nazionale'', Napoli, 2000, p. 36.</ref>
 
Il primo ministro subì anche critiche di manipolazione mediatica tramite le testate giornalistiche. Cavour avrebbe finanziato l’[[agenzia Stefani]] e molti giornali, imponendo spesso loro cosa scrivere. Questa pratica fu ampiamente sfruttata soprattutto in epoca risorgimentale, come propaganda antiborbonica. Cavour si congratulò con [[Guglielmo Stefani]], proprietario dell'omonima agenzia, e gli scrisse su una lettera: «La ringrazio dell’offerta dei suoi utili servizi, dei quali sappia che io tengo conto e memoria».<ref>Gigi Di Fiore, ''Controstoria dell'unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento'', Milano, 2007, p. 63.</ref>
 
Anche il meridionalista [[Nicola Zitara]] rivolse aspre accuse alla politica economica attuata dal ministro piemontese, sostenendo di aver portato il debito pubblico a livelli molto elevati a seguito dell'[[unità d'Italia]] e che il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] se la cavò riversando i suoi debiti sul resto dell'Italia appena annessa.<ref>{{cita web|url=http://www.morronedelsannio.com/sud/quarta.htm#c11p15t|titolo= Il Sud e l'unità d'Italia: il Sistema bancario ed il Bilancio iniziale del neo stato italiano|accesso=25 giugno 2010}}</ref>
 
== Onorificenze ==
{{Onorificenze
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|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
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{{Onorificenze
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{{Onorificenze
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}}
{{Onorificenze
|immagine=CivicaRoma.png
|nome_onorificenza=Medaglia d'Argento ai Benemeriti della Liberazione di Roma 1849-1870 (postuma)
|collegamento_onorificenza= Medaglia ai Benemeriti della Liberazione di Roma 1849-1870
|motivazione=
|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Legion Honneur GC ribbon.svg
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)
|collegamento_onorificenza=Legion d'Onore
|motivazione=
|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=1000diMarsala.png
|nome_onorificenza=Cavaliere di I classe dell'Ordine di Medjidié (Impero Ottomano)
|collegamento_onorificenza=Ordine di Medjidié
|motivazione=
|luogo=
}}
 
== Note ==
{{references|2}}
 
== Bibliografia ==
* Harry Hearder, ''Cavour'', 1994 (Ediz. Ital. ''Cavour. Un europeo piemontese'', Laterza, Bari, 2000 ISBN 88-420-5803-3).
* [[Denis Mack Smith]], ''Cavour. Il grande tessitore dell'unità d'Italia'', Bompiani, 2001.
* [[Rosario Romeo]], ''Vita di Cavour'', Laterza, Bari, 2004 ISBN 88-420-7491-8.
* Camillo Benso conte di Cavour, (a cura della Commissione Nazionale per la pubblicazione dei carteggi del Conte di Cavour), Epistolario, 18 volumi, Olschki, Firenze, 1970-2008 (varie edizioni di alcuni volumi).
* Camilla Salvago Raggi, ''Donna di passione. Un amore giovanile di Cavour'', Viennepierre, Milano, 2007.
* Marco Della Luna, ''Basta con questa Italia. Secessione, rivoluzione o emigrazione?'', Arianna, Bologna, 2008 ISBN 88-87307-59-8.
* [[Lorenzo Del Boca]], ''Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento'', Piemme, Milano, 2003 ISBN 88-384-7040-5.
* Aldo Servidio, ''L'imbroglio nazionale: unità e unificazione dell'Italia (1860-2000)'', Guida, Napoli, 2000 ISBN 88-7188-489-2.
* [[Gigi Di Fiore]], ''Controstoria dell'Unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento '', Rizzoli, Milano, 2007 ISBN 88-17-01846-5.
* Annabella Cabiati, ''Cavour. Fece l'Italia, visse con ragione, amò con passione'', Edizioni Anordest, Treviso, 2010 ISBN 978-88-96742-03-7.
 
== Documentari televisivi ==
* [[Nelo Risi]], ''Patria mia. Camillo Benso di Cavour'', Rai, 1961 (successivamente trasmesso da [[Rai Storia]] il 10 agosto 2010).
 
== Voci correlate ==
* [[Presidenti del Consiglio del Regno di Sardegna]]
* [[Camillo Benso, conte di Cavour (i viaggi di formazione)]]
* [[Connubio]]
* [[Governo Cavour I (Regno di Sardegna)]]
* [[Crisi Calabiana]]
* [[Governo Cavour II (Regno di Sardegna)]]
* [[Congresso di Parigi]]
* [[Accordi di Plombières]]
* [[Alleanza sardo-francese]]
* [[Armistizio di Villafranca]]
* [[Governo Cavour III (Regno di Sardegna)]]
* [[Governo Cavour]]
*''[[Vita di Cavour]]'', [[sceneggiato televisivo]] di [[Piero Schivazappa]] su [[sceneggiatura]] di [[Giorgio Prosperi]] ([[1967]])
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Camillo Benso Conte di Cavour|q}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://kentucky.gov/Pages/home.aspx|Sito web ufficiale dello Stato del Kentucky|lingua=en}}
* [http://www.fondazionecavour.it Fondazione Cavour di Santena]
* [http://www.camillocavour.com Associazione degli amici della Fondazione Cavour]
 
 
{{Presidente del Consiglio Regno di Sardegna
|periodo = [[novembre]] [[1852]] - [[maggio]] [[1855]]
|precedente = [[Massimo D'Azeglio]]
|successivo = ''sé stesso''
|periodo2 = [[maggio]] [[1855]] - [[luglio]] [[1859]]
|precedente2 = ''sé stesso''
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|precedente3 = [[Alfonso La Marmora|Alfonso Ferrero La Marmora]]
|successivo3 = ''sé stesso come Presidente del Consiglio del Regno d’Italia''
}}
 
{{Presidente del Consiglio Regno d'Italia
|periodo = [[marzo]] [[1861]] - [[giugno]] [[1861]]
|precedente = ''sé stesso come Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna''
|successivo = [[Bettino Ricasoli]]
}}
 
{{Box successione|carica=[[Elenco dei Ministri degli Esteri del Regno d'Italia|Ministro degli Esteri]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = [[23 marzo]] [[1861]] - [[6 giugno]] [[1861]]
|precedente = nessuno
|successivo = [[Bettino Ricasoli]]
}}
 
{{Portale|biografie|politica|storia}}
 
{{Controllo di autorità}}
[[Categoria:Personalità legate a Grinzane Cavour]]
{{Portale|Stati Uniti d'America}}
[[Categoria:Personalità del Risorgimento]]
[[Categoria:Presidenti del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia]]
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[[Categoria:Camillo Benso, conte di Cavour| ]]
 
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[[ar:كافور]]
[[bs:Camillo Benso di Cavour]]
[[ca:Camillo Benso di Cavour]]
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[[en:Camillo Benso, conte di Cavour]]
[[eo:Camillo Benso di Cavour]]
[[es:Camillo Benso, conde de Cavour]]
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[[fi:Camillo Cavour]]
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[[gl:Camillo Benso]]
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[[nn:Camillo Benso di Cavour]]
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[[pt:Conde de Cavour]]
[[ro:Camillo Benso Conte de Cavour]]
[[ru:Бензо, Камилло, граф ди Кавур]]
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[[scn:Camillu Bensu Cunti di Cavour]]
[[sk:Camillo Benso, gróf di Cavour]]
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[[tr:Camillo Benso, Cavour Kontu]]
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[[zh:卡米洛·奔索,加富爾伯爵]]