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=='''DescrizioneBiografia'''==
 
Presta, unico figlio di Lazaro Presta e Caterina Gaggiulla, fu istruito dai sacerdoti Don Nicola Pirelli e Don Quintino Mastroleo. A sedici anni si trasferì a Napoli per studiare medicina, lì si dedicò anche agli studi di matematica e astronomia. Grazie alle sue doti di letterato e poeta iniziò subito a frequentare luoghi colti e raffinati e fu aggregato all’accademia Rossanese. Nel 1741 dopo aver conseguito la laurea in medicina a Napoli il padre lo fece tornare a Gallipoli a svolgere la sua professione. Divenne il più stimato medico della provincia ed esercitò in tutto il Salento. In seguito si interessò a migliorare i due settori più importanti della produzione agricola salentina di quel tempo: la tabacchicoltura, di cui cercò di migliorare le tecniche di piantagione, e l’olivicoltura su cui concentrò gli studi. Egli offrì un importante contributo al dibattito sull’olivicoltura che si svolse nel diciottesimo secolo in Terra d’Otranto. I suoi studi sono testimoniati nelle sue tre importanti opere: “''Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie''” (1786); “''Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell’antico frantoio trovato a Stabia''” (1788); “''Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio''” (1794). Il 18 agosto 1797 morì a Gallipoli e fu sepolto nella Cattedrale.
 
==='''Generalità.Metodologia''' ===
Il melone galia è una cucurbitacea annuale le cui varietà appartengono alla tipologia dei meloni retati con polpa bianca. Si ritiene che la pianta del melone sia originaria del Sud Africa (Transvaal) nelle regioni calde e secche, fino a 450 metri di altezza. Probabilmente furono gli Egizi a farlo giungere in Italia dove si diffuse rapidamente durante l’Impero Romano. Le cultivar di melone attualmente presenti sul mercato sono distinte in quattro tipologie: piel de sapo o spagnolo, inodorus, galia e retati con polpa arancione.
 
Per migliorare la produzione agricola nel Salento, Presta non si limitò all’analisi delle condizioni agricole del territorio ma indagò sulle cause storiche che le avevano determinate e cercò di trovare delle soluzioni. Egli si dedicò allo studio "degli ulivi, interrogandone non men gli Autori che il gran libro della Natura e la infallibil Maestra della verità, la sperienza". Presta seguiva gli insegnamenti di Antonio Genovesi il quale considerava fondamentale che gli intellettuali s’interessassero a risolvere i problemi concreti della società, che non si fermassero a commentare il degrado nel Meridione, ma che avrebbero dovuto ricercare le cause di tale degrado e rimuoverle. Genovesi affermava che l’intellettuale, proprio per il ruolo che ricopriva, doveva avvertire il peso di una “missione” da compiere. Presta avvertiva proprio il senso di questa responsabilità proclamata dal Genovesi.
 
==='''CaratteriPresta botanici.illuminista'''===
Il fusto principale, strisciante, si ramifica e, grazie ai viticci, può diventare rampicante se fornito di sostegni. Le foglie sono ruvide al tatto, arrotondate, divise in lobi. Le radici sono fascicolate e profonde ma poco estese in superficie. Pianta monoica con fiori maschili, femminili e talvolta pure ermafroditi sulla stessa pianta. Il frutto è un peponide di notevoli dimensioni che nelle varietà del tipo galia fa registrare un peso oscillante mediamente tra 1,2 e 1,6 kg. costituito da un epicarpo (buccia) il quale, nelle cv. tipo galia, ha un colore di fondo a maturazione di raccolta variabile tra il giallo, il giallo-verde e l’arancio. L’epicarpo è saldato a un mesocarpo carnoso che costituisce la parte edule (polpa). Nel melone galia la polpa è bianca. All’interno del mesocarpo si forma una cavità riempita da una massa spugnosa e flaccida piena di numerosi semi. I semi dal peso variabile tra i 20 e i 70 mg sono bianchi, allungati e appuntiti a un’estremità.
 
Giovanni Presta fu influenzato dal pensiero illuminista. Il suo lavoro si basava sullo studio, sull’esperienza e sulla verifica delle scoperte. La ragione era alla base del suo pensiero. Presta nelle sue opere rileva che la “perfezione” dell’olio fu persa a causa dell’ignoranza e delle “barbarie”. Secondo l’autore le tecniche utilizzate dagli antichi per estrarre l'olio Onfacino che "traevano di ulive acerbe, olio in vero pregiatissimo più di ogni altro" si persero a causa delle piccole quantità di olio che si ricavavano dalle olive acerbe. Pertanto molti lo adulterarono mescolando le olive verdi con le olive mature e con teneri germogli per produrne in gran quantità. Con l'avvento del periodo illuministico però, secondo l'autore, vi fu la riscoperta dell’olio di ottima qualità.
=='''Esigenze climatiche.'''==
Il melone è particolarmente esigente dal punto di vista ambientale esige, infatti, alte temperature e richiede terreni profondi, fertili e perfettamente drenati perché teme i ristagni idrici. Il seme germina a temperature minime di 14 °C ma le temperature ottimali di germinazione sono comprese tra 25 e 30 °C. Al di sotto di 12 °C la pianta interrompe la crescita che invece procede in maniera ottimale quando le temperature risultano di 18-20 °C la notte e 25-30 °C il giorno. L’assorbimento dell’acqua e la crescita delle piante sono condizionate dalla temperatura del suolo, considerata ottimale quando si aggira intorno ai 15-20 °C. La fioritura e l’allegagione sono ostacolate da una eccessiva umidità relativa, riscontrabile più facilmente in serra, meno in pieno campo. L’eccesso di umidità, peraltro, favorisce gli attacchi di Botrytis. Le cv più vigorose e tardive tollerano meglio le temperature relativamente basse (15 °C) rispetto alle cv più deboli e precoci.
 
==='''Avvicendamento.Lettere a Marco Lastri'''===
Il melone richiede tempi di avvicendamento molto lunghi, pertanto, non può tornare su un terreno prima che siano passati diversi anni. Ciò consente di contenere gli attacchi di patogeni del terreno (fusariosi, verticillosi, nematodi) capaci di danneggiare in maniera decisamente significativa la produzione.
 
Presta inviò tra marzo e giugno del 1783 quattro lettere a Marco Lastri, figura importante nella stagione illuministica. Queste lettere, custodite nella biblioteca Moreniana di Firenze, sono rimaste inedite sino al 2001 quando vennero commentate dal Prof. Fabio D’Astore dell’Università di Lecce in una sua pubblicazione,“Dall’oblio alla Storia”. Esse sono la prova dell'attività di ricerca sugli ulivi iniziata dal Presta e dimostrano il suo impegno in questo lavoro. Il Presta, scrive D’Astore chiese all’illustre amico di inviargli i tre tipi di ulivi coltivati in Toscana, “l’infrantoio, il coraggiuolo ed il moraiuolo, con tronco grosso come un manico di vanga, piantati in vasi di terracotta”. Oltre agli alberi di ulivo che sono coltivati in Toscana chiese, anche, “un picciol ma esatto modello in legno sì della macina solcata alla fiorentina che di tutta la macchina o strumento col quale usa costì d’infragner le ulive”. E continuò “Io devo alla vostra savia lezione la prima notizia, che costì si usa la macina solcata e non liscia; terminate dunque anche voi d’istruirmene con un modelluccio in legno”. L’autore riteneva importante e decisivo il parere dell’amico per la prosecuzione dell’opera. Egli decise di creare un progetto sull’ammodernamento e sull’incremento delle colture agricole. Tale progetto è documentato nella sua terza opera: “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio”. Le lettere scritte a Marco Lastri sono prova fondamentale per ripercorrere le fasi del progetto di Giovanni Presta.
==='''Impianto e coltivazione.'''===
La semina o il trapianto si effettuano in fine inverno inizio primavera con temperatura di 14-15 °C. Oggi comunque gli impianti sia in pieno campo che in serra si effettuano quasi esclusivamente mediante il trapianto di piantine prodotte in vivaio e commercializzate in contenitori alveolati da 40 fori pronte per essere trapiantate attraverso i fori aperti sul film plastico della pacciamatura. L’impianto si effettua generalmente con file distanti 2-2,5 m e piante distanziate sulla fila di 0,8- 1 m con una densità di 0,4-0,5 piante a mq. Nella coltura in serra la fittezza è maggiore e può raggiungere valori di 1,5-2 piante a mq se la pianta si alleva in verticale mediante fili o reti che consentono di sfruttare al meglio gli spazi della serra. Il sistema di coltivazione più diffuso in questi ultimi anni è quello che prevede la pacciamatura con film plastico in polietilene nero, oltre alla realizzazione di piccoli tunnel con film plastico in polietilene trasparente, i quali ricoprono ogni fila di piante (semi-forzatura). L’obiettivo principale della semi-forzatura è quello di anticipare di 20-30 giorni l’impianto e di 10-20 giorni la maturazione dei frutti. Notevole importanza riveste anche la coltivazione in serra (forzatura).
 
=='''Memoria su i saggi diversi di olio'''==
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Giovanni Presta dedicò la sua prima opera all’imperatrice [[Caterina II di Russia]], dalla quale “per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola ricevè in segno di gradimento duecento Zecchini effettivi di Olanda, ed un medaglione di oro col busto dell’Augusta Imperatrice da una parte, e la statua equestre di Pietro il Grande dall’altra”.
==='''Esigenze idriche e nutritive.'''===
La concimazione del melone deve rispettare il rapporto nutritivo ottimale, 1 : 0,4 : 1,3 stabilito in base alle asportazioni, di azoto fosforo e potassio rispettivamente. È consigliata la distribuzione di 800-1000 qli/ha di letame ben maturo in autunno e di 80-100 kg/ha di azoto, 150-200 kg/ha di anidride fosforica e 200-250 kg/ha di potassio da solfato all’impianto. In copertura si inizia la distribuzione di concimi azotati e potassici a partire dall’inizio della fioritura frazionandoli prima del termine dell’ingrossamento dei frutti, considerando quantitativi complessivi di 100 kg/ha di potassio e 80 kg/ha di azoto. All’impianto sono utilizzati concimi granulari che vengono interrati con le ultime operazioni di sistemazione della superficie del terreno, mentre in copertura sono utilizzati concimi in polvere solubile o in formulazione liquida che vengono distribuiti attraverso l’impianto di irrigazione (fertirrigazione). Facendo riferimento alle esigenze idriche è bene sottolineare che in piena aria gli interventi irrigui determinano un aumento della produzione commerciabile del melone, anche se aumentano le quantità scartate. In serra, invece, è bene programmare con cura gli interventi irrigui, perché gli eccessi di acqua provocano lussureggiamento, scarsa allegagione e difficoltà nella maturazione dei frutti. E’ consigliabile distanziare molto i turni irrigui e magari distribuire più acqua, evitando comunque i ristagni idrici. Da un punto di vista qualitativo i migliori risultati si ottengono interrompendo l’irrigazione al termine dell’ingrossamento dei frutti. Il metodo irriguo che meglio risponde alle esigenze della coltura è quello a goccia con l’impianto di irrigazione (ala gocciolante) sistemato sotto la pacciamatura.
 
==='''Produzione e raccolta.Dedica'''===
Lo sviluppo dei frutti avviene a seguito della fecondazione dell’ovulo contenuto nell’ovario ad opera degli spermatofiti trasportati con il polline per l’attività degli insetti pronubi, api in particolare. Si possono ottenere anche frutti partenocarpici ricorrendo a trattamenti ormonici nella fase dell’antesi (fioritura).
La raccolta inizia normalmente 90-110 giorni dopo il trapianto e prosegue scalarmente per 15-20 giorni. Il melone galia va raccolto ad uno stadio di sviluppo ben preciso perché un anticipo compromette la qualità (almeno 10% di contenuto zuccherino), mentre, un ritardo compromette la serbevolezza. Segni evidenti della maturazione sono il distacco del peduncolo dal frutto in molte varietà retate, la comparsa di screpolature concentriche intorno al peduncolo e non ultima la scomparsa della peluria intorno al peduncolo. Nella coltura semi-forzata la produzione si aggira intorno ai 300-400 q/ha e può raggiungere i 500 q/ha in quella forzata in serra, in particolare con l’allevamento verticale. Grande importanza, ai fini del ricavo, riveste la precocità.
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Napoli e datata 25 aprile 1786. Presta in questa lettera scrive che la sua opera sarà accompagnata da alcuni campioni di olio. L'autore prega, anche, l’imperatrice di diffondere questo suo scritto in modo da riuscire a far riacquistare al suo territorio la notorietà per la produzione dell’olio.
 
==='''Contenuto'''===
 
Lo scritto inizia con una descrizione dell’ulivo: “l’Ulivo è un Albero di statura ordinariamente mezzana, ma che tal ora sa pareggiare anche la Quercia. Fa gran ceppaia, e gran tronco, che di sovente è nodoso e bitorzoluto: Getta assai rami, e fronzuti molto; e conserva ei sempre la sua verdura. Il suo legno è fitto, pesante, odoroso, di gran durata, e di bel marezzo”. L’abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato la perdita del successo dell’olio salentino. L'autore teneva in considerazione i metodi usati in passato cercando di migliorarli e di aggiungere le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese la divisione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell’oliva:
==='''Destinazione.'''===
* “onphachinon o oleum acerbum” di olive del tutto acerbe;
Il melone galia, come tutti i meloni retati, è destinato al consumo fresco, immediato, pertanto non si presta a lunghe conservazioni. Tuttavia a temperature di 2-5 °C e con umidità relativa del 90-95% le varietà tipo galia oggi più presenti sul mercato hanno una conservabilità che oscilla dagli 8 ai 12 giorni.
* “oleum viride” di olive semiacerbe;
* “oleum maturum” di olive già nere;
* “oleum cibarium” di olive ormai rovinate.
La specie di Ulivo, il modo in cui le olive erano raccolte e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di utilizzare per cercare di migliorare la produzione dell’olio. Le specie di ulivi locali usate per estrarre l’olio erano:
* “la Cellina”, cui si dava il vanto per la bontà di olio;
* “la Pasola”;
* “l’oliva di Spagna”, che presentava le olive più grosse in quelle zone;
* “la Corniola”;
* “l’uliva dolce".
Tutti i tipi di olio che egli aveva prodotto grazie all’uso delle sue tecniche e di quelle degli antichi, erano stati inviati da Giovanni Presta all’ imperatrice Caterina II. Alla fine del libro, l’autore analizza anche la “ragia” degli alberi di ulivo ottenuta senza alcun tipo d’incisione o di tecnica in quanto usciva da sola dai rami dell’albero. Presta dice che la “ragia” non apparteneva a tutti gli alberi ma negli ulivi era molto presente. Egli subito dichiara che le notizie sulla “ragia” erano state prese dal marchese Giuseppe Palmieri, economista leccese tra le figure più rappresentative del settecento napoletano ma attivo anche nel Salento.
 
=='''Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio'''==
 
Presta con la sua prima opera riuscì a raggiungere un gran successo, per questo decise di iniziare un nuovo progetto molto più ampio. Questo suo secondo lavoro lo dedicò a Ferdinando IV, re delle due Sicilie.
 
==='''Dedica'''===
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Gallipoli e datata 4 settembre 1788. Insieme a questa lettera Presta inviò al sovrano sessantadue campioni di olio, pregandolo di dare il suo parere e di decidere quali tra questi erano i più gradevoli solo dopo aver letto la sua opera. Presta affermava, anche, che con l’approvazione del re si sarebbe concentrato sulla sua terza opera che avrebbe dedicato, nuovamente, a Ferdinando IV: “Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio”.
=='''Controllo delle erbe infestanti.'''==
Il controllo delle erbe infestanti è di tipo meccanico. Si effettuano fresature tra le file sino a quando lo sviluppo della coltura lo consente, dopo di che la fitta vegetazione delle piante ostacola la crescita delle infestanti. Sulla fila, invece, la crescita delle infestanti è ostacolata dal film di polietilene nero della pacciamatura.
 
==='''Prima parte'''===
 
Presta iniziò il lavoro con un riferimento al passato “la perfezione dell’Olio fu cosa in vero di non leggiera importanza appo degli Antichi”. Presta affermava che in passato vi era un grande consumo di olio finalizzato all’uso che l’uomo ne faceva sul proprio corpo ed era normale che non tutto l’olio fosse di ottima qualità. Dopo la caduta dell’impero romano si andò puntando solo sulla quantità di olio prodotta e fu perso qualsiasi tipo di interesse legato alla sua qualità. In seguito a questa prefazione, nella prima parte dell’opera Presta distingueva i vari tipi di olio secondo il grado di maturazione delle olive. La più comune tra queste era “l’Ogliara” dai latini chiamata “Salentina”. I primi quattro campioni di olio contenevano quello ricavato dalle olive acerbe:
* primo campione: olive raccolte nella prima metà di settembre;
* secondo campione: olive raccolte nella seconda metà di settembre;
* terzo campione: olive raccolte nella prima metà di ottobre;
* quarto campione: olive raccolte nella seconda metà di ottobre.
Questo olio era chiamato “Onfacino” ed era di colore verdegiallo e poco fluido ma l’autore trovò il modo per schiarire il suo colore. Il quinto e il sesto campione contenevano l'olio ricavato dalle olive semiacerbe che in passato era chiamato “strictivum oleum, oleum ad unguenta, oleum viride”:
* quinto campione: olive raccolte nella prima metà di novembre;
* sesto campione: olive raccolte nella seconda metà di novembre;
Presta definì questo olio “Semionfacino”. Il settimo e l'ottavo campione contenevano anch'essi olio “Onfacino” ricavato da olive ancora acerbe nonostante fossero raccolte a dicembre. Questo perché le olive appartenevano ad alberi differenti da quelle dei primi quattro campioni. Nei mesi a seguire le olive erano ormai mature e l’olio che si produceva era di scarsa qualità e probabilmente era proprio l’olio che in passato era dato agli schiavi, quello delle olive nere detto “Cibarium Oleum”. I campioni numero XV, XVI e XVII contenevano l’olio appartenente all’ “Ogliara” raccolta però a differente maturazione:
* il primo era di olive verdi e verdi biancastre, cioè di “Onfacino”;
* il secondo era di ulive rossonerastre, meno saporito del precedente;
* il terzo era di olive nere.
Il XVIII campione conteneva l’olio vergine da sempre considerato quello più prezioso.
 
==='''Seconda parte'''===
 
Nella seconda parte del libro l’autore analizzava la differenza dei tipi di olio dovuta alle varie specie di olive. Egli aveva riconosciuto quarantotto varietà di olive e precisava che, sicuramente, molte gli erano oscure. Per analizzare tutte queste varietà egli si fece mandare alcune specie di olive della Spagna, della Campania, di Genova, di Firenze per controllare almeno la quantità di olio che riuscivano a produrre e non la qualità. Dell’oliva di grandi dimensioni detta “Orchita ed Orchemora” che in Salento era chiamata, semplicemente, “oliva grossa” o “oliva di Spagna” vi erano sette specie ma Presta ne riuscì ad analizzare solo tre:
* ovale con polpa “soda”;
* ovale con polpa “soda” ma più dolce della precedente;
* la terza oliva grossa “fatta a pendente” era dolcissima.
Un altro tipo di oliva era la “Mennella” di polpa tenerissima. Poi c'è “l’Usciana”, “l’Algiana”, l’oliva che i tarantini chiamavano “uliva dolce”, sempre per i tarantini la “Cerasola” simile alla “Mennella”, nel fiasco numero X “l’uliva Spagnola” di polpa soda e nel successivo la “Barisana” o “Varisana”. La “Pasola” che era nei quattro campioni di seguito, si distingueva in:
* “Pasola” ovale dolce;
* “Pasola” ovale amara;
* “Pasola” rotonda dolce;
* “Pasola” rotonda amara.
Nei campioni successivi abbiamo l’olio delle olive dette:
* “Corniola” o “Cornolara”;
* “Cellina”;
* “Termetone” chiamata dall’autore “Ulivastrona” che è una pianta che cresce spontaneamente con olive di polpa molto “soda”;
* “Palmierina”, così chiamata perché era di un albero dell’uliveto di Giuseppe Palmieri;
* “uliva Cilieggia” dal sapore delicatissimo, la cui forma è simile ad una ciliegia;
* “uliva a grappolo” di polpa “soda”;
* un’oliva molto comune che cambia nome in base al posto in cui si trova, viene detta “Cellina” o “Morella” o “uliva di Lecce” o “uliva di Nardò”;
* “Tardiccia”, la quale appartiene alla specia “contra humorem pugnaces”;
* “Ulivetta”, proviene da una pianta che nasce spontaneamente.
La specie preferita in passato era “l’Ogliara”, detta anche “Salentina”, che si poteva trovare nel fiasco numero XXIX. Presta di tutte queste specie di olive fece una descrizione accurata, precisando che la qualità dell’olio dipende dal tipo di oliva scelta e dal suo grado di maturazione mentre non è importante la presenza o meno del nocciolo come spiegherà nella terza parte dell’opera.
 
==='''Difesa antiparassitaria.Terza parte'''===
Tutti i meloni retati, compreso il galia , ma anche le altre tipologie di melone sono attaccati da agenti di danno e agenti di malattia che interessano l’apparato radicale, il colletto e la parte aerea della pianta. Per i danni e le malattie della radice e del colletto causati principalmente da Nematodi, Elateridi, Fusarium, Verticillum, Pythium, Rhizoctonia, Phytophtora si rende necessaria una preventiva disinfezione del terreno con prodotti specifici registrati per la coltura ed anche l’utilizzo di piante innestate, prodotte da vivai specializzati, che risultano resistenti a Fusarium oxysporum f. sp. melonis, temibile fungo della sottodivisione Deuteromycotina che si insedia sui fasci vascolari ostacolando o addirittura impedendo la risalita della linfa grezza con gravissimi danni alle coltivazioni colpite. Tra gli insetti risultano particolarmente dannosi l’afide delle cucurbitacee (Aphis gossipii) e la moschina bianca (Trialeurodes vaporariorum), mentre tra gli acari il ragnetto rosso comune (Tetranycus urticae). Per questi ultimi agenti di danno che attaccano la parte aerea della pianta, foglie e giovani germogli, è necessario intervenire con la lotta guidata utilizzando insetticidi e acaricidi specifici regolarmente registrati per la coltura, avendo cura di rispettare scrupolosamente i tempi di carenza indicati sull’etichetta degli agrofarmaci adoperati.
 
In quest’ultima parte Presta iniziò precisando, appunto, che mentre in passato tutti credevano che il nocciolo dell’oliva rovinasse il sapore dell’olio in realtà la sua presenza era indifferente. L’autore continua raffigurando le macchine utilizzate per la spremitura delle olive. Dai Greci era stato inventato il “Frantoio”, ritrovato negli scavi di Stabia. Per farlo funzionare c’era bisogno della spinta di braccia umane, quindi in passato erano gli schiavi a essere usati per macinare le olive. La vasca in cui avveniva questo lavoro con il “frantoio” non era molto ampia e doveva essere svuotata e poi riempita diverse volte, quindi questo lavoro richiedeva molto tempo. Nel periodo illuministico la macchina utilizzata per spremere le olive era la “Macina verticale”, ma sia con il “frantoio” sia con “la macina”, si notò che dal nocciolo non usciva olio, quindi tutto quello che si produceva apparteneva comunque alla polpa dell’oliva. In passato per capire se la presenza del nocciolo potesse rovinare il sapore dell'olio furono spremute sia le olive con il nocciolo sia quelle senza, ricavandone un olio dal sapore differente. Gli Antichi pensavano che il sapore diverso fosse dovuto alla presenza del nocciolo, Presta invece individuava nel grado di maturazione delle olive raccolte la causa di tale differenza.
 
=='''Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio'''==
 
“Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio” è l’opera più importante di Giovanni Presta sia per la ricchezza dei riferimenti letterari, sia per la lingua, sia per la descrizione delle sue esperienze. L’autore pubblicò questo libro nel 1794, anche se finì di scriverlo due anni prima.
=='''Aree di coltivazione del melone. '''==
La Cina è il principale produttore di melone a livello mondiale, con una superficie coltivata di circa 1.118.000 t, segue la Turchia con 110.000 t. L’Italia con una produzione complessiva di circa 23.000 t si colloca al 9° posto precedendo di poco l’Egitto (dati FAO del 1998).
 
==='''Lingua'''===
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Presta rispetto ai suoi colleghi usa un linguaggio molto più elaborato, un lessico selezionato e con precisi intendimenti stilistici. Fa uso di espressioni letterarie, di termini dotti, di parole toscane ma anche di termini dialettali accompagnati dalla spiegazione e dal loro significato. La complessità della materia richiede massima attenzione dal punto di vista linguistico.
==='''La produzione in Europa.'''===
Negli anni 2000 con l’Ue a 27 (1° gennaio 2007) la produzione del melone, a livello europeo, si avvicina ormai a 4 milioni di tonnellate. Nel 2008, infatti, la produzione europea si è posizionata su 3.939.000 tonnellate. Il principale paese produttore è la Turchia (paese non facente parte dell’Ue a 27) che detiene il 44% dell’offerta europea, seguita dalla Spagna con il 27%. L’Italia con il 16-17% del totale europeo si trova al terzo posto dei paesi principali produttori in Europa. Seguono la Francia con il 7% e la Grecia con il 4%.
 
==='''La produzione in Italia.Dedica'''===
La principale regione produttrice, in Italia, è la Sicilia dove nel 2008 risulta concentrato il 41% della superficie nazionale dedicata alla produzione di meloni. Seguono la Puglia e la Lombardia con l’8-9% ciascuna, quindi, l’Emilia Romagna e il Veneto con il 7% ciascuna.
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Gallipoli nel 1793. Come aveva promesso nell'opera "''Memoria intorno a sessantadue saggi diversi di olio''", l’autore dedicò anche questo lavoro a Ferdinando IV, re delle Due Sicilie. Nella lettera dedicatoria Presta affermò di riuscire a produrre dell’olio che sarebbe riuscito a far tornare prestigio al territorio per la sua alta qualità e scrisse al re che qui avrebbe descritto le tecniche di produzione dell’olio. In quest’opera egli affrontò gli argomenti che aveva presentato nelle famose lettere a Marco Lastri.
 
==='''Prefazione'''===
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Presta all'inizio dell'opera dimostrò subito il suo carattere illuministico, poichè basava ancora una volta il suo lavoro sullo studio e sugli esperimenti. All'epoca l'olio prodotto nel Salento era considerato tra i migliori, tanto che l’olio salentino era tra i più rinomati come quelli di Provenza e di Lucca. La sua qualità dipendeva anche dall’efficacia del frantoio salentino. Presta analizzando i frantoi delle altre zone notò i loro difetti e non riuscì a trovare un frantoio migliore della “macina verticale” usata nel Salento. A suo dire, quello fiorentino era difettoso in quanto solcato, mentre quello Genovese e quello Provenzale erano di taglio strettissimo.
 
==='''Dell'ulivo'''===
 
Il tema scelto nella prima parte dell’opera è l’olivo. Presta aprì il trattato con un’accurata descrizione di questa pianta, dicendo che per quanto riguarda la sua utilità sicuramente tra tutte l’olivo era il migliore: “di quanti mai vi son’alberi finor noti sopra la terra, se si ha riguardo all’utilità, che ciascun arreca, si può dire senza fallo, che l’Ulivo è il migliore tra tutti, l’Ulivo è il primo tra tutti, l’Ulivo è il Re”. In questa prima parte c’era un riferimento ai tempi antichi dove si confermava la sua tesi, infatti i Greci consideravano l’ulivo una pianta “divina”. L’ulivo, diceva Presta, era una delle piante che vivevano più a lungo, sicuramente alcuni secoli, e riporta diverse tesi sulla sua propagazione:
==='''Mercato.'''===
* la “propaggine”, tecnica approvata da Catone consisteva nel ricoprire con terreno un ramo ancora attaccato alla pianta madre lasciando scoperta la parte apicale del ramo. Presta diceva di non aver mai utilizzato questo metodo in quanto vi erano mezzi molto più facili ed economici.
I meloni italiani sono principalmente destinati al mercato interno, le esportazioni, pertanto, sono molto contenute e si aggirano intorno alle 17.000 t. Quota pari al 2-3% della produzione italiana. Nel 2008 però si è registrato un aumento delle quantità destinate ai mercati esteri che si sono attestate sulle 20.000 tonnellate. Più significativa è la quantità di prodotto estero in entrata ogni anno nel nostro paese. Quantità che negli ultimi quattro anni, dal 2005 al 2008 ha superato le 30.000 tonnellate.
* la “talea”, metodo molto usato, “facilissimo veramente, e di poca spesa” consisteva nel tagliare una piccola porzione di ramo per farla radicare;
* i “piantoni”, preferiti dai Romani, erano rami emessi dalla pianta nella zona del colletto o delle radici. Di questi si sceglievano quelli provvisti di radici pronti per essere piantati;
* i “Curmoni”, voce che deriva dal greco, erano olivastri adulti tagliati all'altezza delle branche più grosse e innestati sul posto. Dopo 2-3 anni si estirpavano e si trapiantavano;
* gli “uovoli” (ovoli), già accennati da Lucio Giunio Moderato Columella e usati dai calabresi con il nome di “topparelle”, sono protuberanze (iperplasie) alla base dell'olivo asportate e piantate;
* “gli ulivastrelli o nati spontaneamente, o fatti nascer dal seme, e innestati”, considerato da Presta il metodo migliore.
Dei metodi di propagazione dell’olivo elencati dal Presta, due sono quelli oggi utilizzati dai vivaisti:
* la talea (autoradicazione di talee semilegnose);
* l’innesto (propagazione per seme e successivo innesto).
Presta continuava analizzando il comportamento dei contadini e riportando le cause dei danni che l’ulivo poteva subire:
* “la seccagione pel freddo”, considerato il più grande nemico dell’olivo;
* “il mal della Brusca”, che colpiva solo gli ulivi “Ogliaroli” tipici del Salento;
* “i Gozzi, o Gobbe dai Greci appellate Gongri, da noi Testuggini”, che nascono sul tronco dell’albero;
* “la Ragia”, che esce o da qualche ramo o da qualche forellino;
* “il Musco”, presente sul tronco e sui rami dell’albero.
Le malattie dell’ulivo possono, anche, essere causate da numerosissimi insetti ma l’autore ne riporta solo alcuni esempi:
* le “Cantarelle”, che si trovano anche sulle Querce ma prendono soprattutto di mira l’olivo di cui rovinano le foglie e i fiori;
* il “Verme roditore”, che nasce nel midollo dei rami e lo logora;
* il morbo “Araneum o Bombacella” , che impedisce l’apertura dei fiori;
* il “kermes”, piccolo insetto che nasce sulla parte inferiore della foglia e in seguito si attacca al ramo dell’ulivo, rendendo la pianta molto debole;
* il “bruco minatore” .
 
==='''Dell'ulive'''===
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Nella seconda parte l’autore riporta un elenco dei vari tipi di olive scoperti nel Salento: “così da anno in anno in questi nostri uliveti osservando mi è riuscito di rinvenircene non meno di cinquanta sorte diverse, e le anderò qui ad una ad una or dicendo, e parlerò poi di molte delle medesime, alloracchè di preciso esaminerò quali siano le ulive fornite di maggior quantità di olio, e quali il versar più delicato, e più fine, il chè è stato uno dei più importanti miei scopi.
Le varietà di olive illustrate vengono descritte per peso lunghezza e colore, ma anche per quantità e qualità di olio prodotto:
* l’oliva grossa ovale detta “uliva grossa” o “uliva di Spagna”, chiamata dai Greci e dai Latini “Orcas, Orchis, Orchitis”. La sua polpa è “soda”e produce un olio molto delicato.
* L’oliva chiamata dai tarantini la “Mennella”e dal resto dei salentini “minna o minnedda”. Essa produce poco olio.
* La “piccola Mennella” presenta una varietà molto più piccola che l’autore chiama “piccolla mennella”, che ha un sapore quasi dolce.
* L’oliva “Cerasola” di Tricase, la quale matura è di colore rossastro ed ha un forma a pendente. Essa scarseggia di olio.
* L’oliva chiamata da Presta “uliva albicocca” in quanto è composta da due metà formate a cucchiaio come un’albicocca. Questa oliva non è adatta per produrre olio in quanto sarebbe di scarsa qualità.
* “L’uliva Baresana”, così chiamata perché giunse la prima volta da Bari. E’ molto nera, tenerissima e piena di polpa. Produce molto olio come “l’ogliarola”.
* La “Pasola”, anticamente “Pausia, Posia, e Posea”. Si divide in tonda dolce, tonda amara, ovale dolce e ovale amara.
* La “”Cornolara, o Corniola” che si divide in maggiore minore e piccola “Cornolara”. Scarseggia di olio però il suo olio mantiene un buon sapore per molti anni.
* L’oliva “Manna”, piccola e di sapore molto dolce, molto simile per il colore e la figura all’oliva “Ogliarola”.
* L’oliva detta “Cellina legittima”, “di un nero vivissimo, e lustro, quandocchè sia perfettamente matura”. Quest’ultima, conosciuta anche con altri nomi, Morella, Saracena, Scuranese, Cellina di Nardò ecc. , insieme all’Ogliarola è la varietà più coltivata oggi nel Salento.
Presta riporta anche altre varietà di olive e tra queste le tre olive di origine toscana, affermando che “l’infrantoia” è la migliore razza di ulivo.
 
==='''ConsumiDella inmaniera aumento.di cavar l'olio'''===
Nell’ultimo triennio non si registrano particolari variazioni relativamente ai consumi di melone per aree geografiche. Nel 2008 i maggiori consumi si registrano nelle zone del Sud Italia e delle Isole con il 36% del totale, segue il Nord-ovest con il 27%, il Centro con il 19% e il Nord-est con il 18%.
 
[[Immagine:Macina11.jpg|thumb|250px|right|Frantoio a macina verticale liscia]]
 
La terza parte illustra i metodi utilizzati per ricavare l’olio. Scrive il Presta, “la prima maniera dunque di cavar l’olio, par, che sia stata quella di spremere con le mani le ulive schiacciate, a un di presso, come tra noi costumano i contadini, o pur di cavarlo co’ piedi, siccome è di uso non che nel Regno di Marocco, ma in molti Paesi di questo medesimo Regno”. Sembra che in questo modo l’olio sia stato scoperto e il primo uso fu quello di spalmarlo sulla pelle e di usarlo come condimento per i cibi. In seguito venne molto utilizzato per illuminare le strade accendendo le fiaccole. I Greci, invece, utilizzavano il “Trapetum”, ritenendo che la tecnica sopra descritta fosse una grande perdita di tempo. Secondo il Presta il Trapetum dei Greci era il frantoio che nel 1780 fu ritrovato negli scavi di Stabia. Il frantoio si diceva riducesse in polvere anche il nocciolo e questo poteva rovinare il sapore dell’olio, in realtà questo non era vero. Il frantoio usato a Firenze era, però, molto difettoso rispetto agli altri paesi che usavano la più efficace macina verticale non solcata: “Tolta Firenze, gli altri noti olearii Paesi si vagliono di un Frantojo a macine verticale non solcata, ma liscia, o piuttosto col dosso un po’ scabro, acciochè le ulive, e i noccioli non sdrucciolino, e non isfuggano di sotto la macine, ma rimangano bene stacciati”. Dice il Presta che “quando la sollecitudine del lavoro, che di esso si vanta, fosse anche vera”, diversi sono i motivi per cui la macina verticale si fa preferire al frantoio. Dopo aver parlato del frantoio antico l’autore si sofferma sul torchio o strettoio “a’ tempi di Plinio inventatosi”, utilizzato per la spremitura della pasta dalla quale si ottiene l’olio. Nel capitolo IV della terza parte egli descrive la struttura e l’uso del torchio, soffermandosi in particolare sulla forza necessaria per azionare il torchio a due viti e il torchio a una vite, concludendo “che fia sempre meglio adoprar l’argano nel torchio a una vite, che al torchio a due, e del torchio a una vite, io dalla ragione, e dalla sperienza ammaestrato mi avvalgo”. Si può tranquillamente affermare, senza paura di essere smentiti che per migliorare la produzione dell’olio è fondamentale l’azione dell’uomo. E’ questo il motivo per cui Presta descrive le macchine e gli strumenti utilizzati per estrarre l’olio in maniera molto accurata. La terza parte è sicuramente la più importante perché ricca di “Avvertimenti intorno al Fattojo, intorno agli ordigni oleari, e intorno alle ulive per fabbricarne dell’olio fine”. Presta, con le sue opere, voleva spronare il lettore ad utilizzare i suoi metodi per dare un contributo allo sviluppo socio-economico del suo territorio.
=='''Varietà.'''==
Tra le cultivar di melone del tipo Galia maggiormente apprezzate dal mercato negli anni passati è sicuramente da menzionare il Galan Hybrid dell’Asgrow.</br>
I cultivar di melone a polpa bianca (tipo galia) immesse sul mercato negli ultimi tre anni, invece sono: Seminis (Monsanto) - Cyro, Seminis (Monsanto) - Medallon e United Genetics Italia – Flavorite.
==='''Galan Hybrid:'''===
Ibrido tipo Galia a frutto rotondeggiante, con retatura leggera ed uniforme su un’epidermide di colore verde intenso che vira al giallo dorato a piena maturazione. Polpa molto spessa, di colore verde-biancastro, soda, zuccherina, caratteristicamente aromatica. Ibrido adatto per esportazione e mercato interno con un investimento di 10.000 pp/ha. Adatto per colture protette e di pieno campo.
 
==='''Seminis (Monsanto) – CyroBibliografia'''===
 
*''Giovanni Presta Opere'', Volume I, a cura di H.A. Cavallera. Edizioni del Grifo, Lecce 1988.
Melone dal ciclo vegetativo precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma rotondeggiante con retatura sottile su un’epidermide di colore giallo-verde a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1,4-1,6 kg e una conservabilità di 8-12 giorni.
*''Giovanni Presta Opere'', Volume II, a cura di H.A. Cavallera. Edizioni del Grifo, Lecce 1989.
*''Dall'oblio alla storia: manoscritti di salentini tra sette e ottocento'', di F. D'Astore, 2001.
 
==='''Seminis (Monsanto) – Medallon'''===
 
Melone dal ciclo vegetativo molto precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma rotondeggiante con retatura sottile su un’epidermide di colore giallo-verde a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1,3-1,5 kg e una conservabilità di 8-12 giorni
 
==='''United Genetics Italia – Flavorite'''===
 
 
Melone dal ciclo vegetativo precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma ovale con retatura media su un’epidermide di colore arancio a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1-1,5 kg e una conservabilità di 7 giorni
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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