Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox e Imaginary: differenze tra le pagine

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{{F|brani musicali|aprile 2019|}}
{{Nota disambigua|altri significati del termine|[[Piccolomini (disambigua)]]}}
{{S|storia di famiglia}}
{{Infobox
|NomeTemplate = Piccolomini
|StileTabella =
|TitoloInt = <span style="color:#FFFFFF">Piccolomini</span>
|StileTitoloInt = background:#b22222;
 
{{Album
|Immagine = {{Doppia immagine|center|Coa_fam_ITA_piccolomini.jpg|120|Coa_fam_ITA_piccolomini_3.jpg|120|}}{{cassetto
|titolo = Imaginary
|larghezza = 100%
|artista = Evanescence
|colore = #ffffe0
|tipo album = singolo
|coloresfondo =
|giornomese = 7 giugno
|allineamento = sinistra
|anno = 2004
|titolo=<small>'''Blasonatura'''</small>
|postdata =
|testo = <small>D'argento, alla croce d'azzurro, caricata di cinque lune montanti d'oro.</small><br /> <small>D'argento, alla croce d'azzurro, caricata di cinque lune montanti d'oro; col capo d'oro al'aquila spiegata di nero, coronata dell campo</small>
|etichetta = [[Sony Music]]
<code>
|produttore =
</code>
|durata = 4:17
|genere = Gothic metal
|album di provenienza = [[Fallen (album Evanescence)|Fallen]]
|registrato = 2002
|numero di dischi = 1
|numero di tracce = 1
|note =
|copertina =
|info copertina = Singolo promozionale degli [[Evanescence]]
|numero dischi d'oro =
|numero dischi di platino =
}}
'''''Imaginary''''' è una canzone dell'album [[Fallen (Evanescence)|Fallen]] della band [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Evanescence]], che è stata poi pubblicata come singolo promozionale in Spagna nel [[2004]].
|StileImmagine =
|Didascalia = ''Et Deo et hominibus''
 
== Descrizione ==
La canzone è stata scritta da [[Amy Lee]] e [[Ben Moody]].
Questa è una delle prime canzoni che gli Evanescence scrissero per la band. La prima versione della canzone risale al 1998, quando venne pubblicata nel [[Evanescence EP|primo EP]] della band. In quel tempo Ben ad Amy avevano soltanto 17 anni. Da quella pubblicazione in poi sono state create altre cinque versioni in studio (alcune mai pubblicate) per arrivare sino a quella conosciuta dai più, ossia quella pubblicata in [[Fallen (Evanescence)|Fallen]].
 
La canzone può essere interpretata come la scoperta di un posto bucolico che permette di evadere dal mondo reale e dai problemi ad esso connessi. Nella traccia si possono individuare dei riferimenti alla vecchia camera da letto della cantante, vista come un rifugio dai dolori della vita<ref name="evref">[http://evanescencereference.info/wiki/index.php?title=Imaginary/it Imaginary/it - The Evanescence Reference<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150406010936/http://evanescencereference.info/wiki/index.php?title=Imaginary%2Fit |data=6 aprile 2015 }}</ref>.
 
{{citazione|Non dire che ho perso il contatto con la realtà / Con questo caos dilagante: la tua realtà / So bene cosa giace oltre il mio rifugio per dormire / Nell'incubo ho costruito il mio mondo per evadere|Imaginary, [[Fallen (album Evanescence)|Fallen]] - [[Evanescence]]|Don't say I'm out of touch / With this rampant chaos, your reality / I know well what lies beyond my sleeping refuge / The nightmare I built my own world to escape|lingua=en}}
 
== Il singolo ==
|StileDidascalia =
Si è più volte pensato che ''Imaginary'' sarebbe diventato il quarto singolo dell'album ''Fallen'', ma infine si decise di pubblicare'' [[Everybody's Fool]]''. ''Imaginary'' è stata poi pubblicata come singolo radio promozionale in Spagna nel 2004. Il singolo contiene una sola traccia<ref name=evref/>.
|StileGruppo = background:#fffff0;
|StileNome = background:#fffff0;
|StileValore =
|Gruppo3 =
|Nome3 = Ornamenti:
|Valore3 = Lambrecchini azzurri e neri
|Gruppo4 =
|Nome4 = Luoghi:
|Valore4 = Repubblica di Siena, Stato Pontificio, Regno di Napoli
|Gruppo5 =
|Nome5 = Titoli:
|Valore5 = Patrizi di Siena, Conti Palatini, Duchi di Amalfi
|Gruppo6 =
|Nome6 = Capostipite:
|Valore6 = Piccolomo
|Gruppo7 =
|Nome7 = Rami:
|Valore7 = Ramo di Rustichino</br>Ramo di Bartolomeo</br>Ramo di Ugo
 
* '''Imaginary Spain Promo Single'''
|Ultima = Testo ultima riga
{{Tracce
|StileUltima = background:#ddf;
|Titolo1 = Imaginary
|Durata1 = 4:17
|Note1 = Album version
}}
 
== Note ==
Antica famiglia di Siena.
<references />
 
{{Evanescence}}
==Storia della famiglia==
{{Portale|Musica}}
 
Questa [[famiglia]] ha origini molto antiche. Come afferma il Malavolti, è plausibile che i Piccolomini siano di origine franca o germanica, alla stregua di molte altre antiche famiglie senesi del tempo. Così, come sembrerebbe emergere da un atto di [[Compravendita (diritto italiano)|compravendita]] del [[1098]], ove un Martino di Piccolomo dichiarava di vivere insieme alla moglie Rozza sotto la legge [[longobarda]]<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti - Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana 1928-1936 (Ristampa Anastatica Forni Editore Bologna -1981) Vol. V, pag. 325</ref>.
 
'''Le origini leggendarie'''
[[File:Lars Porsena.jpg|thumb|150px|left|Re Porsenna. Secondo Caio Vibenna, chiese l'intervento di Bacco di Piccolomo contro i Romani]]
[[File:Horatius Cocles.jpg|thumb|170px|Orazio Coclite, antenato leggendario dei Piccolomini, in una incisione di Hendrick Goltzius]]
 
Intorno alla metà del [[XV secolo]] cominciarono a fiorire scritti sulla origine mitica della famiglia. Il [[poeta]] fiorentino, Leonardo Dati, alla [[Cortigiano|corte]] di [[Pio II]], tradusse, dal latino, un libretto di Caio Vibenna, in cui compariva un Bacco di Piccolomo, signore del castello di Montone, chiamato dal [[Re|re]] [[Porsenna]] a soccorrere, [[Tarquinio il Superbo]] scacciato da Roma. ''"... andò in aiuto a quel re contra i romani con dugento homini a piedi e cinquanta a cavallo, [inalberando] la sua insegna di color bianco con croce azura adentro meze lune d'oro come è oggi l'arme di questa famiglia..."''<ref name=Mucciarelli0>Roberta Mucciarelli , L'archivio Piccolomini:Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenza fantastiche e architetture nobilitanti - (edito in “Bullettino Senese di Storia Patria”, CIV, 1997, pp. 357-376), (pagg. 1 e 2 del doc. rtf)[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref> <ref name=Malavolti>O. Malavolti, Dell’historia di Siena, Venezia, 1599, [rist. anastatica Bologna, 1968] III, parte prima, p. 23</ref>. Il [[papa]] Piccolomini, lungi dal farsi tentare da queste suggestioni mitiche, era comunque convinto, che la sua famiglia affondasse le sue radici nell' [[Roma antica|antica Roma]], per il frequente ricorrere dei nomi [[Silvio (mitologia)|Silvio]], [[Enea]] o [[Ascanio]]<ref name=Mucciarelli1>Roberta Mucciarelli, op. cit.. pg. 2 doc. rtf [http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref> Altri scritti, conservati negli [[Atto giuridico|atti]] della [[consorteria]] Piccolomini e custoditi nell'[[Archivio di Stato di Siena]], evocano un'ascendenza dai re di [[Albalonga]]<ref name=Mucciarelli2>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 10 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>, con un' improbabile salto indietro nel tempo di oltre duemila anni. È comunque certo che tutta la [[Storiografia|memorialistica]] genealogica concorda nell'attribuire a questa famiglia un'[[origine]] oltremodo [[antico|antica]].
 
Nel [[XVII secolo]] due fratelli Piccolomini, del ramo di Modanella si accingevano a fare un grande [[Albero genealogico|albero genealogico]] della famiglia. Per suggellare con una [[Certificato|certificazione legale]] la loro antica [[Genealogia|genealogia]] diedero incarico ad un [[notaio]], Alessandro Rocchigiani, di mettere ordine nelle varie [[Fonte testuale|fonti]] che dissertavano sull'origine della famiglia. Evidentemente il [[fascino]] del [[mito]], misto alla riverenza dovuta agli illustri [[Committente|committenti]], invece di eliminare le componenti leggendarie finì per aumentarle. [[Orazio Coclite]], fu indicato, dallo zelante notaio, come nuovo capostipite, ''certo'', della famiglia. Indubbiamente certe coincidenze destano stupore. Infatti, nella [[colonna]] che ornava il [[Campidoglio]], risaltava scolpita, nello [[scudo]] dell'antico romano, la sua [[Stemma|impresa]], identica a quella della famiglia senese<ref name=Mucciarelli2bis>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 6 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>. Una volta agganciata ad Orazio, la [[stirpe]] dei Piccolomini aveva, nell'antica Roma il nome di Parenzi e da qui, poi un suo componente, scelse come nuova [[residenza]] la [[Colonia romana|colonia Senese]]. Dove abbandonò il suo nome , Chiaramontese, per mutarlo in Piccholuomo.<ref name=Mucciarelli3>Roberta Mucciarelli, op. cit. pagg. 1 - 7 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.
 
'''La Storia'''
 
In tempi più recenti, il riferimento più antico ai Piccolomini, emerge quando [[Siena]] non era ancora eretta a [[Repubblica]]. L'[[imperatore]] [[Enrico III il Nero|Arrigo II]]<ref name=Arrigo>Arrigo II detto il terzo - Noto come Enrico III il Nero - Sebastiano Fantoni Castrucci, Istoria della Citta' d'Avignone, e del contado Venesino, stati della sede apostolica nella Gallia,... scritta dal P. M. Sebastiano Fantoni Castrucci...All' illustriss. & eccellentiss. signore il signor D. Maffeo Barberini... Tomo primo [-Tomo secondo] - Gio: Giacomo Hertz, Venezia 1678 [http://books.google.it/books?id=YsA0yjOTEcEC&pg=RA1-PA38&lpg=RA1-PA38&dq=arrigo+II+1050&source=bl&ots=9HuuBGJM_7&sig=q0mfsc4l5GHOV03adYRio3-wbbU&hl=it&sa=X&ei=BtMXU5OgH8nTsgbFmoHQDA&ved=0CE8Q6AEwBQ#v=snippet&q=arrigo%20II&f=false Fonte]</ref>, nominò Salamone Piccolomini, suo [[procuratore]] e [[governatore]] del [[territorio]] senese, nel [[1055]] e secondo quanto asserisce il Bisdomini, lui e suo fratello Matteo costruirono due [[torre|torri cittadine]], di cui, una, sulla [[strada]] che conduceva a [[Roma]]<ref name=Mucciarelli2bis>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 6 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.</br> In quel tempo il loro stemma non era ancora ben definito, e spesso nella croce azzurra apparivano più mezzelune delle cinque comunemente conosciute.[[File:Don Gregorio, Monaco degli Umiliati (Camerlengo) - Tavoletta di Biccherna del 1324.jpg|thumb|210px|left|Tavoletta di Biccherna del 1324. <small>È presente un antico stemma Piccolomini con sei lune</small><ref name=Biccherna> Si scorgono nella croce blu, sei mezze lune d'oro, anziché cinque. Numero omologato dal XV secolo in poi</ref>]]
Sono ricordati come appartenenti ai ''Grandi di Siena'' e furono fra i primi ad essere ascritti al monte dei ''Gentiluomini''.
Rustichino di Orlando e Guglielmo di Piccholuomo parteciparono al governo della città come "[[Console (storia medievale)|Consoli]]" della giovane Repubblica nel [[1160]] e nel [[1170]]. Rainerio di Montonio e Rustichino di Piccolomo nel [[1178]] e [[1228]]<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 325</ref>.
 
Già da tempi antichissimi possedevano il [[castello]] di Val di Montone che sorgeva su uno dei tre [[colle|colli]] a ridosso dei quali si sarebbe poi sviluppato il [[Agglomerazione|tessuto urbanistico]] della Siena [[medioevale]]. Nel [[1220]], Engelberto d'Ugo Piccolomini ricevette il [[feudo]] di Montertari in [[Val d'Orcia]] dall'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] come premio per i servizi resi<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 325</ref>.
 
La famiglia acquisì [[Palazzo|palazzi]] e torri a Siena e vari [[castello|castelli]] nel territorio della [[Repubblica di Siena|Repubblica]]. Alcuni fra le più antiche di queste proprietà, come Montone e [[Castiglione d'Orcia|Castiglione]], furono venduti a Siena, nel [[1321]].
 
I Piccolomini ottennero grandi ricchezze tramite il [[commercio]] e stabilirono uffici contabili a [[Genova]], [[Venezia]], [[Aquileia]], [[Trieste]] e in varie [[città]] di [[Francia]], [[Inghilterra]], [[Germania]] ed [[Austria]].[[File:Ufficio contabile medievale per prestiti e finanziamenti.jpg|thumb|360px|Ufficio contabile e mercantile nel Medio Evo]]
 
Sostenitori della causa [[Guelfa]], allorché la parte [[Ghibellina]], nel [[1260]] con la [[Battaglia di Montaperti]] trionfò in [[Toscana]], furono costretti, come tanti altri, a prendere la via dell'[[esilio]] e le loro [[casa|case]] e possedimenti vennero devastati e distrutti. Rientrarono in [[patria]] con l'aiuto francese, ma furono nuovamente scacciati durante il breve regno di [[Corradino]]. Dopo le battaglie di [[Battaglia di Tagliacozzo|Tagliacozzo]] (1268) e [[Battaglia di Colle|Colle val'Elsa]](1269), nelle quali gli [[Svevi]] e la parte ghibellina furono definitivamente sconfitti da [[Carlo I d'Angiò]], i Piccolomini tornarono trionfalmente a Siena e perseguirono con determinazione gli appartenenti alla fazione ghibellina<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.
 
Queste continue lotte fratricide, indebolirono sensibilmente, l'influenza commerciale della Repubblica, a tutto vantaggio dei rivali fiorentini, che forti della [[vittoria]] guelfa andarono ad occupare i più importanti nodi commerciali, prima detenuti dai senesi. In questo contesto, i Piccolomini, più lungimiranti di altri si ritirarono dal [[commercio]], evitando la lunga catena di [[fallimento|fallimenti]] che coinvolse altre potenti famiglie senesi. Mentre risolsero di dedicarsi al consolidamento delle loro ricchezze e del loro [[dominio]] terriero, seppure con discrezione e riservatezza, rimasero ai vertici dello stato e parteciparono attivamente al [[governo]] della repubblica, essendo il loro [[prestigio]] rimasto inalterato<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.
 
Attraverso i vari rami della famiglia, estesero, nel corso degli anni successivi, le loro [[signoria]]signorie ad [[Alma]], [[Castiglioncello]], Amorosa, [[Roccalbegna]], Torre a Castello, [[Porrona]], [[Triana]], [[Castiglione d'Orcia]], Ripa d'Orcia, [[Batignano]], [[Celle]], [[Castiglion della Pescaia]], [[Radicofani]], la citata Montertari, [[Sticciano]], Modanella, [[Montemarciano]], Camporsevoli, l'[[Isola del Giglio]], Castiglion del Bosco, [[Capestrano]], [[Celano]], [[Amalfi]], Nacod in [[Boemia]], [[Valle]] nel [[Regno di Napoli]].
 
Inoltre possedevano [[Pienza|Corsignano]], chiamato poi [[Pienza]], la fortezza di Castiglion Baroti, Bibbiano Cacciaconti e Bibbiano Guilleschi, Castelnuovo Berzi e vasti territori a [[Montalcino]], [[Rosia]], Radi, Arbiola, [[Asciano]], Abbadia Ardenga, [[Montefollonico]], [[Rapolano]], Poggio S. Cecilia, Montichiello, [[Bettolle]], Vergelle ed altri luoghi minori<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.</br>
 
</br>'''Discendenza di Piccolomo'''</br>
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|titolo=Discendenza di Piccolomo
|testo =
<code>
</code>
[[File:Piccolomini. Genealogia essenziale - ramo di Bartolomeo.jpg|thumb|700px|center|Linee del ramo di Bartolomeo]]
}}
 
La [[discendenza]] di Piccolomo, tramite i due [[figlio|figli]], Bartolomeo e Rustichino, fin dalle [[origine|origini]] si divise in due grandi [[ramificazione|ramificazioni]], all'interno delle quali si svilupparono le diverse linee genealogiche. È noto anche un [[terzo]] figlio, Ugo, che ebbe discendenza. Tale linea, però non è stata illustrata da nessun [[genealogista]], probabilmente perché estinta in tempi remoti.[[File:Le torri di Siena in un antico dipinto Biccherna (particolare).jpg|thumb|left|350px|Le torri di Siena in un antico dipinto]]
 
Nel [[Basso Medioevo|basso Medioevo]] esistevano diversi [[Istituto giuridico|istituti giuridici]] a protezione dell'integrità dei beni familiari, come i [[Fedecommesso|fedecomissi]], la [[primogenitura]] e le [[Commenda|commende]]. La costituzione della ''Consorteria Piccolomini'', rimasta sempre in vigore e voluta da uno dei discendenti di Bartolomeo, il papa [[Pio II]], rafforzò ulteriormente l'unione politica e patrimoniale della famiglia.
 
La ''consorteria'', prevedeva infatti, là dove un ramo dovesse terminare con un componente femminile, l'aggregazione o [[adozione]] dell'eventuale [[consorte]] nella famiglia Piccolomini con l' obbligo di sostituire o aggiungere il [[cognome]] e sostituire o inquartare lo [[stemma]].[[File:Albero genealogico marsciano ughelli.jpg|thumb|300px| Un'esempio di albero genealogico della stessa epoca]] Oppure era prevista l'[[matrimonio|unione matrimoniale]] con un componente di altra linea genealogica. In entrambi i casi dovevano essere assunti tutti gli obblighi e i benefici conseguenti all'ingresso nella consorteria, con trasferimento del [[patrimonio]], dei [[Nobiltà|titoli nobiliari]] e dei predicati. Nell'albero genealogico del [[1688]]<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>, era posta una puntuale distinzione, tra ''Piccolomini estranei'', ovvero adottati, e ''Piccolomini aggregati''. La distinzione non era solo formale. Gli aggregati, infatti, potevano partecipare alle [[Assemblea|assemblee]] consortili, con gli stessi privilegi e attribuzioni dei ''Piccolomini originari''. Inoltre all'epoca le linee genealogiche erano numerosissime, per cui venne fatta una distinzione che, in pratica, divideva la famiglia in tre [[categoria|categorie]]<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.</br>
</br>I ''Piccolomini originari'', che erano: Piccolomini Alamanni, Guglielmini,Turchi, Montoni, Chiaramontesi, Ugoni, Rustichini, Modanelli o di Modanella, Spinellesi o della Triana, Salmoneschi, Mandoli, i Carli ed i Clementini.</br>
I ''Piccolomini aggregati'', che erano: Piccolomini Todeschini, Piccolomini d'Aragona e di Castiglia.</br>
I ''Piccolomini estranei'', che erano: Pieri o di Sticciano, Del Testa, Ammannati, Loli, Patrizi, Miraballi, Spannocchi, Cesarei, Bandini, Lucentini, Siverii<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.
 
Tale sofisticata [[struttura]], rende, talvolta, disagevole la lettura della genealogia di questa famiglia. Per questo motivo vengono esposte le linee genealogiche storicamente più significative e quelle superstiti.
 
=== ''Ramo di Bartolomeo'' ===
Guglielmo di Bartolomeo detto Cencio attraverso il figlio, altro Guglielmo, detto Guglielmino, diede origine al ra-</br>mo di '''Pio II''' a cui si aggiunsero quelli delle sorelle, detti '''delle ''Papesse'''''. Il fratello di Guglielmino, Bartolomeo, attraverso i suoi due figli, Conte e Salomone, diede origine ad altre due importanti linee, denominate rispettivamente '''di Modanella''' e dei '''Salamoneschi'''
 
==== Piccolomini di Modanella ====
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|titolo=Genealogia essenziale - Piccolomini di Modanella
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[[File:Genealogia essenziale - Piccolomini di Modanella.jpg|thumb|900px|Genealogia essenziale - Piccolomini di Modanella]]
}}
 
Questo ramo fu originato da Conte di Guglielmo. Dopo le sanguinose guerre fratricide del [[XII secolo]], Conte insieme al padre fu tra quelli, che giurarono la [[pace]] definitiva tra Guelfi e Ghibbelini. Conte ricevette in [[eredità]] dal [[padre]] il castello di Modanella. Località dalla quale prese il nome questa linea. Probabilmente questa proprietà, che fu edificata dai Cacciaconti, giunse alla famiglia per effetto del matrimonio avvenuto tra Bonizella Cacciaconti ed un certo Taddeo Piccolomini.[[File:Fortezza di Modanella - Siena.png|thumb|350px|Right|Fortezza di Modanella - Siena (Castello della famiglia Piccolomini)]]
 
I personaggi notabili furono diversi. Se ne ricordano brevemente solo alcuni.</br>
* Andrea di Francesco nel [[1347]], fu [[Biccherna|Camerlengo di Biccherna]].
* Andrea di Mino (XIV secolo) detto ''Ciscranna'', fu poeta di discreta fama<ref name=Crescimbeni> Gio. Mario de Crescimbeni, Commentari di Gio. Mario de Crescimbeni, intorno alla sua istoria della volgar poesia - Vol. II Parte II, pag. 100 - A. De Rossi 1702 - Firenze (?)[http://books.google.it/books?id=a3fT5VfqcEoC&pg=PA99&lpg=PA99&dq=ciscranna+Piccolomini&source=bl&ots=Ob5qZ2xNKA&sig=zx0eXpkpnQoTOqPQexNO8wUBQ_0&hl=it&sa=X&ei=ul_ZUuHsKMqT4ASy74GIAg&ved=0CDUQ6AEwAw#v=onepage&q=ciscranna%20Piccolomini&f=false Fonte]</ref> e ricordato in numerose pubblicazioni, tra cui il Crescimbeni.
* Andrea di Niccolò nel [[1423]] fu [[ambasciatore]] presso la corte Papale.
* Fausta discendente di Niccolò di Andrea (XVI Secolo), fu un personaggio particolarmente originale ed inconsueto per l'[[epoca]]. Durante il terribile [[assedio]] della città di Siena, fu una delle tre [[Nobildonna|nobildonne]] senesi che ebbe il comando di una truppa tutta femminile come ricorda Biagio di Monluch nei suoi commentari <ref name=AlessandroSozzini>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555. Firenze, 1842 pag. 279 [https://play.google.com/books/reader?id=ccwFAAAAQAAJ&printsec=frontcover&output=reader&authuser=0&hl=it&pg=GBS.PA279 Fonte]</ref>. Si distinse particolarmente nella difesa del [[Convento]] di [[Santa Chiara]]. Portava come impresa una [[croce]] bianca e come [[motto]] ''pur che non la butto''.<ref name=spreti>Vittorio Spreti - Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana 1928-1936 (Ristampa Anastatica Forni Editore Bologna -1981) Vol. pag. 331</ref>
* Scipione di Bernardino (XVI Secolo). Dopo la caduta di Siena, andò in esilio in Francia ed al seguito di [[Carlo IX]], combatté contro gli [[Ugonotti]], trovando la [[morte]] nella [[Battaglia di Moncontour]] ([[3]] [[ottobre]] [[1569]]).
* Francesco di Francesco, ''[[Capitano del Popolo]]'', nel [[1652]], insieme al [[fratello]] Giulio, [[letterato]], in seguito al riordino delle antiche carte familiari, redasse un dettagliato [[albero genealogico]], che per mano dei [[maestro|maestri]] [[incisore|incisori]] Antonio Ruggeri e Giorgio Vidman, divenne una vera e propria [[opera d'arte]]<ref name=RobertaMucciarelli> Roberta Mucciarelli, L'Archivio Piccolomini. Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenze fantastiche e architetture nobilitanti - Bullettino Senese di Storia Patria Siena, 1997, pp. 357-376[http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:http://www.storia.unisi.it/uploads/media/mucciarelli_piccolomini.rtf Fonte]</ref>
[[File:Stemma Piccolomini Conti del Sacro Romano Impero.png|45px]] '''Liduino - Conte del Sacro Romano Impero ([[1648]])'''
* Liduino di Francesco ([[1615]] - [[1681]]). Fu preposto della [[Cattedrale di San Vigilio|Cattedrale di Trento]], curò il [[restauro]] di varie strutture, tra cui il Palazzo della Prepositura, che aveva accolto molti prelati illustri, durante il ''Concilio'', ed in precedenza, lo stesso Enea Silvio, poi Pio II.[[File:Rudolph Bernt Motiv aus Trient 1891.jpg|thumb|250px|left|La cattedrale di San Vigilio, Duomo di Trento, in un dipinto d'epoca]] Personaggio colto e raffinato, viene ricordato come proprietario della raccolta d’arte <ref name=Ester> Biblioteca Comunale di Trento , ESTeR (editori e Stampatori di trento e Rovereto)- Trapp Carlo Costantino [http://www.esterbib.it/vediautore.php?ID=547&NM=310 Fonte]</ref> più prestigiosa mai sorta in territorio trentino<ref name=LuisaBortolotti>Luisa Bortolotti, Arte pittorica in Trentino - Luisa Bortolotti - Provincia autonoma di Trento - 2009. Pag.12 [http://www.vivoscuola.it/us/luisa.bortolotti/Quadri_fiorifrutti2.pdf Fonte]</ref>,parte della quale è conservata nella [[Pinacoteca di Siena]]. Fu il procuratore dei vari [[Vescovo|vescovi]] che si succedettero nel [[Principato Vescovile di Trento]]. Dotato di una perizia diplomatica non comune, fu ago della bilancia nelle frequenti controversie che avvenivano tra i potenti signori feudali del territorio. Territorio che fra l'altro stava molto a cuore dell'imperatore [[Ferdinando III d'Asburgo]]. Tali uffici e i molti altri svolti, durante il suo lungo mandato, gli valsero, nel [[1648], la nomina a [[conte]] del [[Sacro Romano Impero|S.R.I.]], titolo che fu esteso ai suoi fratelli e a tutti i componenti maschi della famiglia.</br>Fu anche il procuratore del [[cardinale]] Ernesto Adalberto d’Harrach, il quale durante il suo breve mandato fu quasi sempre impegnato in altre sedi. Per questo motivo Liduino ebbe un ruolo importante<ref name=Ester> Biblioteca Comunale di Trento , ESTeR (editori e Stampatori di trento e Rovereto)- Harrach Ernesto Adalberto[http://www.esterbib.it/vediautore.php?ID=425&NM=3439 Fonte]</ref> ed esclusivo nell'organizzare l'accoglienza ed il successivo viaggio verso[[ Vienna]], della [[Margherita Teresa d'Asburgo|Principessa Margherita]], figlia di [[Filippo IV di Spagna]], e promessa sposa dell'imperatore [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]]. Circostanza questa che gli permise di acquisire visibilità nei confronti della futura [[Imperatrice]].</br>Viene ricordato con un busto marmoreo, lo stemma gentilizio e diverse [[epigrafe|epigrafi]], inseriti sulla facciata del Palazzo della Prepositura. Il suo [[sarcofago]] è custodito nella [[cattedrale]].
* Antonio, nipote(ex frate) di Liduino e figlio di Francesco, anch'egli prelato, seguì lo zio, nel Principato Vescovile di Trento, dove presidiò. il territorio, curando il restaurò di diversi luoghi. In particolare fu a capo dell'antico priorato di Sant'Egidio o di Ospedaletto, di cui curò il profondo restauro, così lontano dalla sua patria senese<ref name=AntonioCanonico>ISSUU - La Valsugana Orientale[[http://issuu.com/ecovalsugana/docs/la_valsugana_orientale_ii_i/72 - Fonte]]</ref>.[[File:I pochi resti dell'affresco dell'Annunciazione e lo stemma Piccolomini sulle canonica di Sant'Egidio ad Ospedaletto nel Principato Vescovile di Trento (1709).jpg|thumb|300px|Stemma Piccolomini sulla canonica di Sant'Egidio e i pochi resti di un affresco dell'Annunciazione. Ospedaletto]]
* Enea, nipote (ex frate) di Liduino e figlio di Francesco ( seconda metà [[XVII secolo]] ), si trasferì a Vienna ove ricoprì la carica di ''Cavaliere delle Chiavi d'Oro'' e Ciambellano dell'imperatore.
* Francesco Maria di Niccolò fu l'ultimo vescovo di [[Pienza]], allorché [[Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza|questa diocesi]] nel [[1772]] fu unita a quella di [[Chiusi]].
* Enea Silvio di Niccolò ([[XVII Secolo]]), al servizio dell'imperatore, divenne [[Generale]] Imperiale. Morì in battaglia in[[ Transilvania]].
I Piccolomini di Modanella si estinsero con due femmine entrambe con il nome di Caterina.
* Caterina di Antonio si unì in matrimonio con il [[barone]] Giuseppe Spannocchi nel [[1774]], che entrò a far parte della ''consorteria'', con [[partizione]] dello stemma gentilizio, l'acquisizione del titolo comitale e l'anteposizione al proprio del cognome Piccolomini. I Piccolomini Spannocchi si estinsero nel [[XIX secolo]].
* Caterina di Muzio si unì in matrimonio con Flavio Naldi, nella seconda metà dell'ottocento. Il padre di Flavio era un Piccolomini Salamoneschi, ma dopo aver rinunciato al cognome, assunse quello di Barbara Naldi, sua moglie, inquartandone anche lo stemma. Ciò al fine di adempiere alle disposizioni testamentarie dello zio di Barbara, Mattias, che in questo modo gli consentiva di succedere nella ''primogenitura'', acquisendo il patrimonio di famiglia.<ref name=spreti>Vittorio Spreti. Op. cit. Vol. VII pag. 336</ref>. Flavio, sposando Caterina, ottenne il rientrò nella consorteria, e aggiunse a quello dei Naldi, il cognome Piccolomini [https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox#Il_fedecommesso_Bandini_e_la_successione_Piccolomini_Naldi_Bandini Vedi]
 
==== Ramo di Pio II e delle ''Papesse'' ====
 
Questa linea, come abbiamo osservato, discende direttamente da Bartolomeo, tramite Gugliemino di altro Guglielmo detto Ciencio. Dotata di grandi mezzi, finanziò la Repubblica in diverse occasione, divenendone largamente creditrice. In particolare durante i [[Conflitto|conflitti]] sostenuti nei confronti dei Conti[[ Aldobrandeschi]] di [[contea di Santa Fiora|Santa Fiora]], Siena dovette dare in pegno alcune località strategiche come [[Castiglion d'Orcia]] nel [[1315]]<ref name=Terreditoscana> Terre di Toscana - Storia e cultura [http://www.terre-di-toscana.com/index.php/storia-e-cultura-castiglione/ Fonte] </ref> e successivamente per saldare un debito di 17.450 fiorini d'oro dovette vendere il [[Borgo]] e la [[Rocca]] e Pietra d'Albegna (successivamente chiamata [[Roccalbegna]]) nel [[1318]]<ref name=MarcelloGuazzerotti>Evidenze di edilizia civile medievale in Roccalbegna pag. 4 in Academia.edu[https://www.academia.edu/4218698/Roccalbegna Fonte]</ref><ref name=Pecci>G. A. Pecci "Lo stato di Siena antico e Moderno (1758)" a cura di M. De Gregorio, in "Castelnuovo e Podesteria", Siena 1992.</ref>. Attore di queste transazione fu Meuccio di Guglielmino<ref name=MarcelloGuazzerotti>Evidenze di edilizia civile medievale in Roccalbegna pag. 4 in Academia.edu[https://www.academia.edu/4218698/Roccalbegna Fonte]</ref>, che non avendo mire di dominio su questi territori, di buon grado ne consentì il riacquisto da parte del [[Comune]]. Rispettivamente nel [[1321]] e nel [[1324]].
Insieme al fratello Corrado a cavallo del[[XIII secolo| XIII]] e [[XIV secolo]], si impegnarono a consolidare il loro [[patrimonio]] fondiario e [[immobiliare]], nella zona di[[ Corsignano]]. Da Corrado dopo tre generazioni troviamo Silvio che nel [[1405]] sposa Vittoria Forteguerri. Da questo matrimonio nacque Enea Silvio, divenuto poi Papa Pio II.
 
[[File:Stemma Piccolomini con tiara e ornamento papali.png|105px]] '''[[Pio II]] 210º [[papa]] della [[Chiesa]] [[Cattolico|cattolica]] ([[1459]] - [[1464]])''' [[File:Papa Pio II . Enea Silvio Piccolomini.jpg|55px]]
 
* Enea Silvio (Corsignano 1405 - Ancona 1464). Fu il maggiore di 18 fratelli, iniziato agli studi di [[giurisprudenza]] per volere del [[padre]], fin da giovanissimo fu attratto dagli studi [[umanistica|umanistici]] e dal ridondante fascino di [[Filelfo]] e di altri umanisti del tempo.[[File:Pinturicchio, libreria piccolomini 05.jpg|thumb|210px|left|Enea Silvio Piccolomini parte per il Concilio di Basilea]][[File:Callisto III eleva Enea Silvio Piccolomini a Cardinale.jpg|thumb|30|Right|Callisto 0III eleva Enea Silvio Piccolomini a Cardinale]] Spiccata fu la sua [[cultura]] nelle [[Letteratura|lettere]] [[latino|latine]] e [[classico|classiche]. Compositore di [poesia|poesie]] in [[Lingua latina|latino]] e in [[Lingua volgare|volgare**<ref name= EnciclopediaItaliana0>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 310 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949[http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>.<br>Come [[laico]], sin dall'[[età]] giovanile, divenne [[segretario]] di diversi alti [[Prelato|prelati]]. Nella disputa scaturita durante il [[Concilio di Basilea|concilio di Basilea]], tra numerosi padri conciliari ed il papa [[Martino V]] prima, ed il suo successore [[Eugenio IV]], dopo, si schierò, apertamente, contro quest'ultimo<ref name=Treccani.it1bis> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii_(Enciclopedia_dei_Papi)// Fonte]</ref>. Tenne nel [[1439]] la cura esterna del [[conclave]] che elesse l'[[antipapa]] [[Felice V]] (al secolo [[Amedeo VIII di Savoia]]), di cui divenne segretario. Al servizio di [[Bartolomeo Visconti]], [[Vescovo]] di [[Novara]], tentò lo stesso anno, di favorire l'arresto di [[Eugenio IV|papa Eugenio]], che era [[esule]] a [[Firenze]], ma scoperto, prese la via dell'[[esilio]]<ref name=Treccani.it1bis> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii_(Enciclopedia_dei_Papi)// Fonte]</ref>.</br> Al seguito del [[cardinale]] [[Niccolò Albergati]], si rifugiò i [[Borgogna]] e per conto dello stesso, si recò in [[Scozia]], per poi tornare a [[Basilea]], dove, come scrittore e resocontista del concilio, continuò la sua [[lotta]] antipapale. In questo periodo ottenne, per le sue capacità, importante visibilità, ribadita dalla pubblicazione di un un Libellus <ref name=Libellus> Libellus dialogorum de generalis concilii auctoritate et gestis Basileensium.</ref>, in cui difese con ardore e determinazione ([[1440]]), l'[[autorità]] e la supremazia del concilio nei confronti del papa. </br>Nel [[1442]] accadde un episodio importante nella sua vita: inviato alla [[Dieta (storia)|dieta]] di [[Francoforte]], fu onorato con la [[corona]] di [[poeta]], dall'[[imperatore]] [[Federico III d'Asburgo|Federico III]], che, soprattutto, lo assunse come segretario della [[Cancelliere|cancelleria]] imperiale. Negli uffici di corte, iniziò un nuovo percorso, che mutò profondamente il suo atteggiamento sulla questione conciliare. Questo nuovo corso lo portò a preferire allo scontro diretto, la via [[diplomazia|diplomatica]] e della composizione<ref name= EnciclopediaItaliana0>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 310 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949[http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>. Fu inviato nel [[1445]] [[ambasciatore]] a [[Roma]], dove ritrattò con convinzione tutte le [[teoria|teorie]] sostenute in passato, ottenendo l'[[assoluzione]] ed il perdono di Eugenio IV<ref name= EnciclopediaItaliana0bis>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Op. cit., pag. 310 [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>. L'anno successivo, nel marzo del [[1446]], decise di abbandonare la vita laica e preso da autentico fervore religioso, fu ordinato [[diacono]], poi [[prete]] per andare, come canonico, nel duomo di Trento. </br> Nel [[1453]], grazie ai numerosi servigi diplomatici resi, ottenne dall'imperatore Federico, il [[titolo]] di [[conte palatino]], esteso a tutti i componenti maschi della famiglia, nonché il privilegio di aggiungere nello stemma [[gentilizio]] il [[Capo (araldica)|capo]] dell'impero<ref name=Spreti3bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pagg. 325, 326</ref>.</br>Nella sua attività di pontefice, non dimenticò mai la sua famiglia, che volle mantenere potente ed unita, istituendo l'accennata ''Consorteria''. Non nascose mai il suo atteggiamento [[nepotismo|nepotistico]]<ref name= EnciclopediaItaliana0bis>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Op. cit., pag. 310 [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>, combinando prima il matrimonio del nipote Antonio con una figlia naturale di Re [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante d'Aragona]], dando poi la [[Porpora cardinalizia|porpora cardinalizia]] al [[nipote]] Francesco (futuro papa [[Pio III]]), distribuendo feudi agli altri figli della sorella Laudomia, sposa di Nanni Todeschini Piccolomini. Per citare solo gli esempi più eclatanti.</br> Va inoltre ricordato il suo amore per l'[[arte]]. A Siena fece costruire le [[Logge del Papa|logge dette del papa]], il grande [[Palazzo delle Papesse]]e diede inizio alla costruzione del [[Palazzo Piccolomini (Siena)|palazzo Piccolomini]]. Trasformò, sotto la guida del [[Rossellino]] la sua nativa Corsignano, in quello che sarebbe diventato un [[gioiello]] del fiorente [[rinascimento]] italiano: Pienza<ref name=Spreti3bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 326</ref>. {{vedi anche|Papa Pio II}}
 
Dalle due sorelle di Pio II, che, per effetto dei vincoli consortili, portarono, ai rispettivi mariti, il cognome Piccolomini, nacquero due ramificazioni importanti, volgarmente dette delle Papesse, qualificazione onorifica, assegnata alle sorelle<ref name=Rendina> Claudio Rendina, Le papesse - Newton Compton Editori -2011 [http://books.google.it/books?id=cj_AqQwsOj8C&pg=PT69&lpg=PT69&dq=enea+silvio+piccolomini+delle+papesse&source=bl&ots=_IUHDzwcjR&sig=fWjEtWOCnWEf_SSA4RoWXiptHZI&hl=it&sa=X&ei=svbXUvjMD8HC7AbOzYCACQ&ved=0CJEBEOgBMAk#v=onepage&q=enea%20silvio%20piccolomini%20delle%20papesse&f=false Fonte]</ref>, dallo stesso pontefice. Il predicato ''delle Papesse'', in effetti non fu mai ufficialmente usato, anche se i senesi, solevano attribuirlo ai signori di Sticciano, discendenti di Caterina<Ref name=CaterinaCostanza> Occorre precisare che il nome Caterina da alcuni è indicato come una attribuzione errata. Il nome esatto sembrerebbe Costanza, ma al fine di non generare confusione, si preferisce continuare, sulle indicazioni dello Spreti e di [[Ludwig von Pastor]] nella sua ''Storia dei Papi'', ad usare il nome Caterina</ref><ref name=Rendina> Claudio Rendina, Le papesse - Newton Compton Editori -2011 [http://books.google.it/books?id=cj_AqQwsOj8C&pg=PT69&lpg=PT69&dq=enea+silvio+piccolomini+delle+papesse&source=bl&ots=_IUHDzwcjR&sig=fWjEtWOCnWEf_SSA4RoWXiptHZI&hl=it&sa=X&ei=svbXUvjMD8HC7AbOzYCACQ&ved=0CJEBEOgBMAk#v=onepage&q=enea%20silvio%20piccolomini%20delle%20papesse&f=false Fonte]</ref><ref name=Papessa>Libro d'oro della nobiltà mediterranea della società genealogica Italiana edito on line</ref>, che avevano assunto come dimora, il palazzo dedicato alle due sorelle del papa.
 
===== Piccolomini Todeschini =====
 
Questa linea discende da Laudomia e Nanni Todeschini di Sarteano, che fu adottato nella famiglia da Pio II, con assunzione dello stemma piccolomineo ad esclusione del proprio. Quest'ultimo divenne nel 1460 ''Governatore dell'Umbria'' per conto della chiesa<ref name=Spreti4> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 327</ref>. Ebbe oltre Pio III altri tre figli, che generano altrettanti rami.
 
======[[File:Stemma Piccolomini con tiara e ornamento papali.png|105px]] Pio III 215º papa della Chiesa cattolica (1503)[[File:Papa Pio III - Francesco Todestichini Piccolomini.jpg|53px]] ======
 
* Francesco (Siena o Sarteano 1439 – Roma 1503). La sua [[educazione]], fin dai primi anni, fu curata con particolare attenzione dallo zio materno. Questi, nei suoi viaggi in europa, portò con se il nipote, appena adolescente, che già a quattordici anni cominciò a frequentare l'[[università]] di [[Vienna]]. [[File:Pinturicchio, Incoronazione di Pio III.JPG|thumb|320px|Incoronazione di Pio III]]</Br> Continuò i suoi studi, umanistici e giuridici, a [[Ferrara]] e a [[Roma]], con insegnati di prim'ordine, come Giacomo Tolomei e Andrea Benzi, per poi conseguire il [[dottorato]] a [[Perugia]]<ref name=Treccani.it> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Subito dopo l'ascesa dello zio al [[soglio pontificio]], a soli ventitré anni, nel [[1460]], quando già era amministratore della [[Arcidiocesi|diocesi arcivescovile]] di [[Siena]], fu nominato [[Cardinale]] e, caso assai inconsueto, non essendo stato ordinato [[sacerdote]], intraprese la sua [[carriera]] ecclesiastica come diacono<ref name= EnciclopediaItaliana>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 313 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949 </ref>. Successivamente ebbe l'[[investitura]] di numerose [[prepositura|prepositure]] e [[diacono|diaconati]], in [[Italia]] e all'estero, con la successiva nomina a [[legato pontificio]] nella [[Marca (circoscrizione)]] di [[Ancona]]<ref name= EnciclopediaItaliana2>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref>. In realtà in questi anni risiedette quasi sempre a[[Roma]], dove aveva un [[palazzo]], di recente acquisizione, che divenne una sede sontuosa dotata di una ricchissima [[biblioteca]] e ornata di diverse [[opere d'arte], in particolare da una ricchissima collezione di [[statue]] antiche<ref name=Treccani.it2> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Nel[[1464]], quando lo zio lasciò Roma, per preparare la [[crociata]] contro i [[Turchi]], fu nominato [[vicario]] generale "in temporalibus", in un primo tempo di Roma e successivamente di tutto lo [[Stato Pontificio]]<ref name=Treccani.it3> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Tutte queste prerogative facevano intravedere una minuziosa preparazione ad una probabile [[successione]] di Francesco allo zio, sul soglio pontificio.</br>L'improvvisa e prematura morte di Pio II colsero, il cardinale ed il partito ''piesco'', di sorpresa. La politica nepotistica e la [[simonia]], sempre praticate dallo zio, avevano creato non pochi malumori nella [[curia]]. Di fatto, dopo l'[[elezione]] del nuovo[[ pontefice]], fu allontanato dal [[potere]] e relegato nella sua città natale<ref name=Treccani.it4> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>.[[File:Siena.Piccolomini.pano01.jpg|thumb|390px|left|Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, voluta da Pio III - Un affresco]]<br>La sua fama di uomo probo, la sua cultura giuridica ed ecclesiastica, la sua fine diplomazia gli consentirono di tornare gradualmente in gioco, guadagnandogli una posizione da [[protagonista]] nella composizione degli [[Scisma|scismi]] religiosi che scuotevano l'[[Europa]] centrale. La sua buona conoscenza della lingua e delle problematiche tedesche, svolsero un ruolo di primo piano nel conseguimento di indiscutibili successi. Dopo la morte di Pio II, nei quaranta anni che seguirono, salirono sul trono di [[Pietro]] quattro pontefici e ad ogni conclave il nome del cardinale senese fu sempre tra i papabili. Si seppe destreggiare tra le numerose insidie che scuotevano le fazioni capitoline, appoggiate da una parte dagli [[Spagnoli]] e dall'altra dai [[Francesi]]. Fu inviso a questi ultimi e da sempre simpatizzante dei [[Sovrano|sovrani]] spagnoli e della [[dinastia]] aragonese del [[Regno di Napoli|regno di Napoli]]. In considerazione della sua comprovata [[rettitudine]], nel [[1503]], nonostante le divergenze e dopo un periodo di gravi turbolenze fu eletto papa con il nome di [[Pio III]. Le sue precarie condizione di salute, favorirono la sua nomina, in previsione di un pontificato di transizione<ref name=Treccani.it5> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>.</br>Visse in fama di uomo mite e di [[pietà]], ricordato per la sua onestà di vita e per amore dell'arte, scevro da tentazioni nepotistiche e simonia<ref name= EnciclopediaItaliana3>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref>. Nei suoi ultimi anni diede inizio alla costruzione della [[Libreria Piccolomini]], affrescata dal [[Pinturicchio]]<ref name=Spreti5> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 327</ref>, dove avrebbe conservato oltre gli importanti [[Codice|codici]] ereditati dallo zio, la sua importante biblioteca a cui si aggiunsero altre acquisite in seguito. Grazie al suo intervento, la [[Cattedrale di Siena]] fu arricchita di dodici statue commissionate a [[Michelangelo]]<ref name= EnciclopediaItaliana4>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref> e impreziosita dall'[[Altare Piccolomini]], commissionato ad [[Andrea Bregno]]. Frutto del suo mecenatismo furono altre opere commissionate a [[Siena]] , [[Pienza]] e Roma.{{vedi anche|Papa Pio III}}
 
====== Ramo di Antonio - Piccolomini d'Aragona ======
 
 
[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|60px]] '''Duchi di Amalfi, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Marchese.jpg|45px]] Marchesi di Deliceto e Capestrano, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Conte.jpg|45px]] Conti di Celano e Gagliano, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Barone.jpg|45px]] Baroni di Balsorano, Pescina, Scafati e Carapelle'''
 
{{cassetto
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|allineamento = destra
|titolo='''Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona'''
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona.jpg|thumb|530px|Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona]]
}}
* Antonio (Sarteano 1437 - Napoli 1493). Dopo i primi anni dedicati agli studi a [[Sarteano]], si rivolse al mestiere delle armi, come molti altri componenti della sua famiglia. Sotto la guida dello zio Pio II, curò gli interessi della chiesa, nella ancora fragile [[monarchia]] aragonese di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I (Ferrante) d'Aragona]].[[File:Decorazione murale stemma gentilizio Piccolomini d'Aragona.jpg|thumb|180px|Wall Mural coat of arms Piccolomini d'Aragona]][[File:La città medievale di Amalfi nel XVII secolo.jpg|thumb|300px|left|La città medievale di Amalfi nel XVII secolo. Sullo sfondo la [[torre]] di avvistamento Piccolomini d'Aragona]]Quest'ultimo, figlio naturale del defunto [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso V]], fu favorito dal papa, che sancì il suo diritto successorio nella monarchia [[partenope|partenopea]], ai danni del [[pretendente]] [[angioini|angioino]] [[Giovanni di Lorena]]. In questa situazione di instabilità politica e nella necessità di consolidare l'[[alleanza]] con il [[papato]], fu deciso il matrimonio tra Antonio e Maria figlia naturale del re aragonese<ref name=TreccaniFerdinandoI>Dizionario Biografico degli Italiani - FERDINANDO I (Ferrante) d'Aragona, re di Napoli - Volume 46 (1996)
[http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-i-d-aragona-re-di-napoli_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Circostanza che aprì alla famiglia senese, nuovi [[orizzonte|orizzonti]] nel [[sud]] della [[penisola]]. Il [[primogenito]] di Laudomia, ottene così la [[nomina]] a [[Ducato di Amalfi|Duca d'Amalfi e poté aggiungere al suo, il cognome degli Aragona ed inquartare il proprio stemma con le insegne reali<ref name=Spreti6> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Nello stesso anno, il [[1458]], fu nominato anche Gran [[Giustiziere (funzionario)|Giustiziere]] del Regno di Napoli e la famiglia fu aggregata al [[Patrizio (titolo)|patriziato]] napoletano nel ''Seggio di Nilo'', uno dei [[Sedili di Napoli]]<ref name=NobiliNapoletani>Nobili Napoletani,Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. Famiglia Piccolomini - I Sedili di Napoli[http://www.nobili-napoletani.it/sedili_di_Napoli.htm - Fonte]</ref>. Le aspettative non furono deluse e il Piccolomini, con le sue [[Milizia (soldatesca)|milizie]], ebbe un ruolo determinante nell'acquisizione, alla monarchia, di [[Castellammare di Stabia]] e [[Scafati]]. Il [[18]] [[agosto]] del [[1462]] sotto il comando di [[Alessandro Sforza]], ed alla guida di 2000 [[fante|fanti]] e 26 squadre di [[Cavallo|cavalli]], prende parte alla battaglia di Troia.<ref name=Famaleonis> Eugenio Larosa, Biografia del Condottiero Roberto Sanseverino - Associazione Culturale Famaleonis [http://www.famaleonis.com/robertodasanseverino-2.asp - Fonte]</ref><ref name=NobiliNapoletani2>Nobili Napoletani, Op. cit., Le principali battaglie svoltesi nel Mezzogiorno d'Italia[http://www.nobili-napoletani.it/Battaglie.htm#Troia-1462 - Fonte]</ref>. Il rivale angioino di Ferrante I venne definitivamente sconfitto, insieme ai feudatari ribelli del regno. Fu così dato al movimento anti aragonese, la cosiddetta [[Congiura dei Baroni]], un colpo di grazia dal quale non riuscirà, più a risollevarsi<ref name=TreccaniFerdinandoI>Dizionario Biografico degli Italiani - FERDINANDO I (Ferrante) d'Aragona, re di Napoli - Volume 46 (1996)
[http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-i-d-aragona-re-di-napoli_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.</br> Dopo la vittoria di Troia, beneficiò della distribuzione di numerosi feudi che il Ferrante assegnò ai difensori della sua causa. Nel [[1463]] ottenne il titolo di [[marchese]] di [[Capestrano]] e di [[Deliceto]], il titolo di [[conte]] di [[Celano]] e [[Gagliano]], il titolo di [[barone]] di [[Balsorano]], [[Pescina]] e [[Carapelle]]; nel [[1465]] infine divenne barone di [[Scafati]]<ref name=NobiliNapoletani3>Nobili Napoletani, Op. cit. - Famiglia Piccolomini[http://www.nobili-napoletani.it/Piccolomini.htm - Fonte]</ref>.<br>Contemporaneamente a questi avvenimenti nel [[1462]], nelle continue controversie che interessavano i territori [[Marche|marchigiani]], il [[Malatesta]] perse definitivamente la [[Signoria]] di Senigallia ad opera di [[Guido di Montefeltro]], che la restituì allo [[Stato della Chiesa]]. L'allora [[pontefice]] Pio II la diede in dominio, insieme alla signoria di Moldavio al nipote Antonio<ref name=TreccaniSigallia>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXXI pag. 380 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1936[http://www.treccani.it/enciclopedia/senigallia_(Enciclopedia-Italiana)/ - Fonte]</ref>.</br>Nel [[1474]], però, in tali feudi subentrò [[Giovanni della Rovere]], nipote di [[Sisto IV]], che nei vari giochi nepotistici, risultò vincitore<ref name=Treccani.it5> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>.Gli interessi del Piccolomini ormai gravitavano nel regno di Napoli, dove le cariche politiche, l'[[amministrazione]] degli innumerevoli feudi, che fra l'altro, portavano ritorni economici di non poco interesse, lo assorbivano completamente. Durante i vent'anni di pace che seguirono, fece costruire i castelli di [[Balsorano]], [[Celano]] e [[Ortucchio]] e restaurare diversi altri di sua proprietà che, poi, distribuì tra i suoi discendenti.<br> Va sottolineato che la figura di Antonio ha una dimensione esemplare. Unico in tutta la sua famiglia dimostrò grande sensibilità nei confronti dello [[Attività manifatturiera|sviluppo manifatturiero]] amalfitano. In virtù della sua cultura operosa, ereditata nel territorio senese, ed anche alla politica inaugurata da [[Alfonso il Magnanimo]], importò da diversi luoghi delle penisola [[Corporazioni delle arti e mestieri|maestri]] in grado da dare impulso alla costruzione di diversi opifici. Primo fra tutti fu quello per la lavorazione della [[lana]] "all'usanza di Siena e Firenze", nonché diverse [[Gualchiera|gualchiere]] e [[tintoria|tintorie]] nel territorio amalfitano: a [[Scala]], [[Pontone]], [[Ravello]], Strani e [[Maiori]]. Rilanciò ed implementò gli [[Centro siderurgico|stabilimenti siderurgici]] [[Storia economica dell'età preindustriale|preindustriali]], le [[Ferriera|ferriere]], già presenti ad Amalfi<ref name=IlariaPuglia>Ilaria Puglia, I Piccolomini d’Aragona duchi di Amalfi (1461-1610) . Storia di un
patrimonio nobiliare, Napoli, Editoriale Scientifica, 2005, pp. 262 Accademia degli Intronati - Recensione di Barbara Gelli [http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>.
 
Antonio ebbe diversi figli di cui:
[[File:Castello Piccolomini di Balsorano (Alba).jpg|thumb|300px|Castello Piccolomini di Balsorano]]
 
* Francesco. Fu [[Vescovo]] di [[Bisignano]] dal [[1498]] fini alla sua morte nel [[1530]]. Di fatto, fino al [[1518]], in assenza dei [[Sanseverino]], signori del territorio, gestì il principato in autonomia, con saggezza e lungimiranza. Viene ricordato tra le altre cose, per la difficile mediazione tra gli abitanti del luogo ed i [[Immigrazione|flussi migratori]] dei cristiani [[Albania|albanesi]] in fuga dall'occupazione [[musulmano|musulmana]]<ref name=arbitalia> Italo Costante Fortino, Insediamenti albanesi nella valle del Crati - Università di Napoli L’Orientale [http://www.arbitalia.it/cultura/interventi/2011/fortino_sarro_insediamenti_albanesi_valle_crati.pdf - Fonte]</ref>.
 
* Alfonso I (c. [[1462]] - † [[1503]]). Condusse una [[vita]], all'[[ombra]] della grandezza dl padre non riuscendo mai ad esprimere la sua [[personalità]], compare spesso negli eventi legati alla vita di corte e nelle [[cerimonia|cerimonie]] più importanti, come il matrimonio di [[Eleonora d'Aragona]] con [[Lionello d'Este]] o l'[[incoronazione]] di [[Federico I di Napoli|Federico I re di Napoli]], a testimonianza di come la famiglia fosse considerata nei più alti [[rango|ranghi]] della [[nomenclatura]] aragonese. Subito dopo la morte del padre, nella disastrosa [[conquista]] di [[Napoli]], da parte di [[Carlo VIII]], che cercò di contrastare, militando nelle fila dell'esercito aragonese, si vide togliere il ducato di Amalfi<ref name=Spreti7>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329 </ref> e la gran parte dei feudi caduti sotto il controllo [[transalpino]. Feudi che comunque riebbe, subito dopo la ritirata delle truppe [[Francese|francesi]] nel [[1495]]. Morì giovane nel [[1503]], seguito a poca distanza dalla moglie [[Giovanna d'Aragona]], non riuscendo a trasmettere, ai suoi figli l'educazione e quella tradizione familiare, che avrebbe voluto.
 
* Giambattista ( c. [[1464]] - † [[1530]]). Secondogenito di Antonio, divenne Marchese di Deliceto acquisendone il feudo, con a capo lo storico castello. Ebbe in moglie Costanza [[Caracciolo]], appartenente ad una delle più illustri famiglie di Napoli. Personaggio storicamente non importante, si dedicò essenzialmente alla gestione delle sue proprietà.[[File:CastelloNormannoDeliceto.jpg|thumb|220px|left|Castello di Deliceto]] Di indole mite e religiosa, volle ristrutturare e dotare, di cospicue rendite, la cappella di [[Deliceto|Santa Maria dell'Olmitello]], nei pressi del castello, dove la tradizione narra il ritrovamento, dopo l'apparizione della madonna, di una statuetta [[ligneo|lignea]] tra i rami di un [[olmo]]. Statuetta che anche in età moderna si conserva all'interno della [[chiesa]]<ref name=deliceto> Pro loco Deliceto, Cappella M. SS. Dell’Olmitello (Sec.XI),[http://www.prolocodeliceto.it/zeroweb/?page_id=272 - Fonte]</ref>. Inoltre donò un vasto terreno per la costruzione da parte dell'ordine dei frati francescani del convento e chiesa di Sant'Antonio da dove l'occhio spazia su un vastissimo territorio, dal Tavoliere delle Puglie e dal Gargano fino alle alture della Basilicata<ref name=deliceto2> Portale istituzionale del comune di Deliceto
[http://www.comune.deliceto.fg.it/Default.aspx?frame=CittaTerritorio%5CMonumenti%5CSantAntonio.ascx],</ref>.
 
* Alfonso II ([[1500]] ca. - † Nisida [[1563]]). Figlio di Alfonso I. Con l'uscita di scena degli Aragona, cominciò un lento, quanto inarrestabile declino della famiglia, nella gestione del potere. L'avvento degli [[Spagnoli|spagnoli]], non comportò tuttavia, un'inversione di tendenza nei rapporti con i sovrani.[[File:Stampa dell'isola di Nisida.jpg|thumb|300px|Stampa dell'isola di Nisida (1700) con il castello di Alfonso Piccolomini]] La tradizionale [[fedeltà]] dei Piccolomini alla casa degli [[Asburgo]], vide confermare i rapporti di stima e fiducia da parte di [[Carlo V]], che era subentrato al posto dello sconfitto [[Federico I di Napoli|Federico I]]. Divenne generale imperiale e Giustiziere del regno<ref name=Spreti6>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Elesse a sua abitazione, la grande torre sulla sommità dell'isola di [[Nisida]], già nel feudo dei Duchi di Amalfi, che trasformò in [[palazzo]], dove tenne feste, ricordate per il grande sfarzo e grande profusione di denari<ref name=Ischia>Domenico Antonio Parrino, Di Napoli il seno Cratero Parte II, pag. 167 - Nella nuova stampa del Parrino à Strada Toledo - Napoli 1700 , all'Insegna del Salvatore[http://digitale.bnnonline.it/documenti/bnn_testi/parrino2.pdf - Fonte]</ref>. Non riuscì a dimenticare le sue origini senesi e in quel periodo ([[1528]]) in cui la repubblica era agitata da gravi scontri tra le diverse [[fazione|fazioni]], non seppe rinunciare all'offerta ricevuta, grazie alla sua riconosciuta autorevolezza, di divenire ''Capitano del Popolo'', ''[[super partes]]'' a Siena<ref name=Spreti8>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329 </ref>.</br>Questa posizione gli creò non pochi problemi, in quanto la repubblica toscana, sempre di più, contesa, nei giochi di potere della politica europea, per assicurare la propria sopravvivenza, tenne sempre più le parti della [[Regno di Francia|monarchia francese]]. In questa tentazione venne coinvolto anche l'irreprensibile Duca di Amalfi, che perse i favori di Carlo V, il quale lo costrinse a lasciare la Repubblica, esautorandolo, anche degli incarichi ricoperti nel [[Regno di Napoli]]. Si ritirò a Nisida dove condusse una vita ritirata, estraniandosi progressivamente, dalla vita sociale ed anche da quella familiare, abbandonando, di fatto, a se stessi la moglie [[Costanza d'Avalos]] e i suoi figli di cui Iñigo e Giovanni continuarono la discendenza<ref name=AlfonsoII>Dizionario Biografico degli Italiani - AVALOS, Costanza d', duchessa d'Amalfi - Volume 4 (1962) [http://www.treccani.it/enciclopedia/avalos-costanza-d-duchessa-d-amalfi_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>.
 
* Iñigo ([[1523 † Roma [[1566]]). Le notizie su questo componente della famiglia non sono numerose. Divenne Duca di Amalfi per rinuncia del fratello Giovanni alla primogenitura. Sposò una Piccolomini, ultima rampolla del ramo di Andrea, Silvia e ultima signora del [[Isola del Giglio|Giglio]] e di [[Castiglion della Pescaia]]. La vita di Iñigo fu segnata da un infausto episodio che lo vide accusato dell'[[assassinio]] di un uomo nel reame di Napoli e lo vide costretto a rifugiarsi, esule, nello [[Stato Pontificio]]. Nel corso della sua permanenza a [[Roma]], fu costretto a vendere a [[Cosimo II de' Medici|Cosimo dei Medici]], il feudo toscano portatogli dalla moglie. È sepolto nella [[Basilica di Santa Maria del Popolo|chiesa di Santa Maria del Popolo]], dove la sua lastra tombale fu ricavata da una cornice delle [[Terme di Agrippa]]<ref name=Inigo>Rodolfo Lanciani, La distruzione dell’antica Roma - 1971 Pag. 8 [http://www.sintesilibriuniversitari.com/app/download/5020239262/Rodolfo+Lanciani.doc?t=1311352730 - Fonte]</ref>.
 
La società napoletana stava mutando. Alle lotte tra baroni che si contendevano feudi e territori, in quello, che era stato ormai il tramonto del medioevo, subentrava un periodo di stabilità sociale ed economica, obiettivo questo coincidente con gli interessi della snuova monarchia spagnola.[[File:Riproduzione abito rinascimentale.jpeg|thumb|170px|left|Playing dress renaissance]][[File:La Corte Napoletana nel XVI Secolo.jpg|thumb|700px|La Corte Napoletana dei Viceré nel XVI Secolo]] Alcuni fenomeni nuovi, come la forte e fino ad allora sconosciuta[[inflazione| spinta inflazionistica]], che interessò parte del [[XVI secolo|XVI]] e del [[XVII secolo]], unita alla formazione di una classe operosa ed industriosa quale la [[borghesia]], mostrarono l'inadeguatezza di una [[Aristocrazia|classe aristocratica]], ingessata. Inadeguatezza dalla quale neanche i Piccolomini d'Aragona riuscirono ad essere immuni. L'[[governo|amministrazione]] del nuovo regno, seppur fortemente accentrata a Napoli, lasciava tuttavia gli antichi diritti feudali, quasi inalterati. In questa fase di forti cambiamenti, i Piccolomini, non riuscirono a gestire il proprio patrimonio, composto da [[Opificio|opifici]], [[miniera|miniere]] e [[Latifondo|tenute fondiarie]]. Inoltre subentrò la consuetudine di dare in [[affitto]] le proprietà per non essere costretti ad effettuare controlli amministrativi, che in realtà non erano in grado di fare<ref name=IlariaPuglia>Ilaria Puglia, op.cit. e Accademia degli Intronati - Recensione di Barbara Gelli [http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>. Così i Duchi di Amalfi si allontanarono sempre più dalle loro realtà produttive, parte delle quali, non potevano essere vendute, in quanto legate da vincoli giuridici alla famiglia. Nel contempo la corte spagnola, introdusse i fasti di un eleganza e di una grandezza fino ad allora sconosciuti nell'aristocrazia napoletana, trasformando la partecipazione alla vita di corte in una necessità quasi imprescindibile e strettamente connessa alla propria [[Status sociale|posizione sociale]]<ref name=IlariaPuglia2>Ilaria Puglia, Op, cit.[http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>. Un elegante ed esclusivo abito cinquecentesco arrivava a costare quanto la [[rendita]] annuale di un fondo agricolo. Tutto questo, insieme alle cospicue [[donazione|donazione]] e atti di munificenza e prodigalità, strettamente legati al proprio [[rango]], portarono ad un aumento vertiginoso delle spese di rappresentanza, con la necessità pressante e continua di nuova [[liquidità]]. Ben presto, nonostante la cessione diffusa delle [[Mastrodattia|mastrodattie]]<ref name=mastrodattia>Aurelio Musi, Mezzogiorno spagnolo: la via napoletana allo stato moderno. Pagg. 87, 104 - Guida Ed. - Napoli 1991.[http://books.google.it/books?id=0lQNywLIWwAC&pg=PA35&lpg=PA35&dq=mezzogiorno+spagnolo&source=bl&ots=vBAK_-R7u4&sig=DDH4vVv1_eEmLRmSRgYY2QdFVbM&hl=it&sa=X&ei=QEMAU9SLNsa07Qbu2YHQDA&ved=0CFEQ6AEwAw#v=onepage&q=piccolomini&f=false - Fonte] </ref> e dei diritti feudali in genere, i soli affitti non furono più sufficienti. Le ingenti spese profuse da Alfonso II da una parte e i suo figlio Iñigo dall'altra, portarono ad una stagione di indebitamento, di cui gli affittuari divennero, i principali finanziatori, con progressivo sgretolamento del patrimonio familiare. L'ultima erede del ramo primogenito, Costanza, si ritrovò, nel corso della sua vita, in condizioni economiche notevolmente diminuite<ref name=IlariaPuglia4>Ilaria Puglia, Op, cit.[http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref> ed enormemente distanti da quelle fondate dal bisnonno Antonio, primo Duca di Amalfi.
 
 
* Costanza ([[1553]] - † [[1610]] Napoli) e Alessandro ([[1555]] - † [[1617]]). Nel [[1566]], alla morte del padre Iñigo, il patrimonio dell'ultima nata della linea primogenita, rimaneva comunque formidabile. Per tamponare le posizioni debitorie più urgenti, fu venduta alla zio Giovanni, il fratello del padre, l'isola di Nisida con il castello di famiglia. Inoltre sempre allo zio donò diversi e numerosi feudi, tra cui il castello di Ortucchio, quello di Pescina e quello di Balsorano<ref name=Chavarria>Elisa Novi Chavarria, Monache e gentildonne: un labile confine : poteri politici e identità religiose nei monasteri napoletani. Secoli XVI - XVII, pagg. 106 - 108 - Franco Angeli srl - Milano - 2004 [http://books.google.it/books?id=prot6H8w5eUC&pg=PA215&lpg=PA215&dq=costanza+piccolomini+d'aragona+teatini&source=bl&ots=KISOSdVbUu&sig=CLr2oQMHS4T2raIeh8HvRA3BVXg&hl=it&sa=X&ei=WkEAU7nREMeshQe_9YFg&ved=0CEQQ6AEwBA#v=onepage&q=costanza%20piccolomini%20d'aragona%20teatini&f=false -Fonte]</ref>, anche se alcune fonti parlano di vendita. Quando ancora era in possesso di un larghissimo patrimonio, per volontà della famiglia legata a quella politica di [[endogamia]], tipica, della ''consorteria'' Piccolomini, fu costretta, non ancora ventenne, a sposare, nel [[1572]], il cugino Alessandro l'ultimo discendente dei marchesi di Deliceto, linea secondogenita del bisnonno Antonio. fondatore della [[Dinastia|casata]]. Non fu questo un matrimonio fortunato. Alessandro infatti, conosciuto come VII Duca d'Amalfi, non ebbe buona fama, dopo aver dilapidato tutto il suo cospicuo patrimonio, si diede a pratiche magiche e sortilegi, tanto da subire un [[Processo (diritto)|processo]] per [[Stregoneria|bestemmie ereticali]] da parte del Santo Officio. Aveva sofferto 12 anni di [[carcere]] a [[Castel dell'Ovo]], condanna inflittagli dalla giustizia vicereale del [[Enrique de Guzmán|Conte d'Olivares]], a cui se ne dovevano aggiungere altri 10 nel [[Forte spagnolo|Castello dell'Aquila]]<ref name=Campanella>Luigi Amabile, Fra Tommaso Campanella : la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia. Volume secondo, narrazione, parte seconda pag. 266. 267 - Napoli - Cav. Antonio Morano Editore - Napoli 1888 [https://archive.org/stream/fratommasocampa04amabgoog#page/n706/mode/1up - Fonte]</ref>.
[[File:Napoli, Castel dell'Ovo, 1841.jpg|thumb|330px|left|Castel dell'Ovo, Luogo di detenzione di Alessandro Piccolomini - Ultimo Marchese di Deliceto]][[File:NapoliSantaMariaDellaSapienza.jpg|thumb|225px|Left|Santa Maria alla Sapienza, nel cui monastero entrò Costanza Piccolomini d'Aragona, VI Duchessa d'Amalfi]]
In quegli anni la povera Costanza fu costretta a vendere, gran parte di quello che rimaneva dei suoi averi: il [[Castello Piccolomini (Capestrano)|Castello di Capestrano]] e la sua signoria andò al [[Cosimo II de' Medici|Granduca di Toscana]], la contea di [[Celano]] fu venduta ai [[Peretti]], la famiglia del papa[[ Sisto V]]<ref name=Spreti8>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Nel [[1600]] il marito Alessandro, con l'[[abiura]] ottenne da [[Clemente VII]] la [[Grazia (diritto)|grazia]] che accompagnata a quella ottenuta dal nuovo [[viceré]], [[Fernando Ruiz de Castro|Conte di Lemos]], gli ridonò la libertà, con l'obbligo di condurre una vita militare, che, iniziò al servizio della Repubblica Veneta e durò per molti anni a seguire<ref name=Campanella2>Luigi Amabile op, cit., Volume secondo, narrazione, parte seconda pag. 266. 267[https://archive.org/stream/fratommasocampa04amabgoog#page/n706/mode/1up - Fonte]</ref>. Costanza ottenne con potestà pontificia, l'[[Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio|annullamento della sua unione]], mettendo in piazza le miserie di un matrimonio fallito, ufficialmente non consumato e costellato di tradimenti, [[adulterio]] e umiliazioni. Si tolse il marito di torno a dure condizioni: dovette cedergli il Ducato di Amalfi e concedergli un vitalizio di 2400 ducati.<ref name=Chavarria2>Elisa Novi Chavarria, Op. cit. pagg. 106 - 108
[http://books.google.it/books?id=prot6H8w5eUC&pg=PA215&lpg=PA215&dq=costanza+piccolomini+d'aragona+teatini&source=bl&ots=KISOSdVbUu&sig=CLr2oQMHS4T2raIeh8HvRA3BVXg&hl=it&sa=X&ei=WkEAU7nREMeshQe_9YFg&ved=0CEQQ6AEwBA#v=onepage&q=costanza%20piccolomini%20d'aragona%20teatini&f=false -Fonte]</ref>. Nel [[1596]], divenne [[monaca]] dell'[[Monache clarisse|Ordine delle Clarisse]] nel monastero di [[Chiesa di Santa Maria della Sapienza|Santa Maria della Sapienza]]. Negli ultimi atti della sua vita mondana, fece molte donazioni di notevole entità ad [[Opera pia|opere pie]] situate sia a Napoli che a Siena. Inoltre donò il palazzo romano che era stato di Pio III, con all'interno gli inestimabili arredi, all'[[Chierici regolari teatini|Ordine dei Teatini]]<ref name= EnciclopediaItaliana5>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXXIII pag. 353 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 pag.353 (1937)[http://www.treccani.it/enciclopedia/teatini_(Enciclopedia_Italiana)/ - Fonte]</ref>, che adempirono alla volontà della duchessa di erigere una chiesa adiacente al palazzo dedicata a [[Andrea apostolo|Sant'Andrea]], santo protettore di Amalfi. Chiesa che poi fu chiamata [[Basilica di Sant'Andrea della Valle|Sant'Andrea della Valle]]<ref name=Santandrea>Basilica
Sant'Andrea della Valle-Padri Teatini-[http://www.sant-andrea-roma.it/jmla15/italiano/storia-della-costruzione - Fonte]</ref>. Costanza morì nel [[1610], seguita nel [[1617]] dal ex marito Alessandro, ultimo marchese di Deliceto ed ultimo duca napoletano di Amalfi. Il ducato, infatti, benché, fortemente impoverito, fu donato dal re di Spagna, [[Filippo III di Spagna|Filippo III]], al principe [[Ottavio Piccolomini]], della linea dei signori di Sticciano<ref name=Spreti9> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>.
 
 
[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Principe.jpg|60px]] '''''Principi di Valle di Casale, Nachod e Maida''''' [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Grande di Spagna.jpg|75px]] '''''[[Grandezza di Spagna|Grandi di Spagna]] '''''[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|60px]] '''''Duchi di Laconia''''' [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Marchese.jpg|47px]] '''''Marchesi di Montesoro'''''
 
Dopo le turbolenze che hanno caratterizzato la fine dei due rami principali della famiglia e cioè i Duchi di Amalfi e i Marchesi di Deliceto, terminati con Costanza e Alessandro, i Piccolomini d'Aragona continuarono la loro permanenza nel reame di Napoli, con la linea di Giovanni, fratello di Iñigo, che abbiamo visto in precedenza. Portavano con sé il titolo ed il feudo della [[baronia]] di [[Scafati]] e la signoria di [[Boscoreale]], nonché le vaste proprietà pervenute dalla duchessa Costanza, che però vennero in parte vendute da Alfonso figlio di Giovanni. La famiglia continuò a ricoprire un ruolo di primo piano nell'aristocrazia napoletana, continuando una politica di intese matrimoniali che li vedeva uniti con le principali famiglie del regno, come i [[Caracciolo]] , i [[Carafa]], i [[Pignatelli]], i [[D'Avalos (famiglia)|d’Avalos d’Aquino d’Aragona]], i [[Ruffo di Calabria]] e altre. Giovanni, figlio di Alfonso, si sposò con Gerolama [[Loffredo]] uno dei nomi più illustri dell'epoca. La linea continuò con un altro Alfonso che rinnovò il peso e la visibilità della famiglia.
 
* Alfonso ([[1630]] ca. - † [[1694]]). Ottenne da Filippo III, re di Spagna e di Napoli, il titolo di Principe di Valle di Casale, grande signoria che dalle pendici del Vesuvio si estendeva nel territorio di Pompei. Inoltre sposò Eleonora Loffredo, che portò in casa Piccolomini, Il principato di [[Maida]], feudo in [[Calabria]], il Marchesato di Montesoro, feudo in Sicilia ed il ducato di [[Laconia]]. Si occupò essenzialmente dell'amministrazione delle sue proprietà, ricostituendo l'equilibrio economico perduto.
 
* Francesco ([[1654]] - † [[1686]] [[Budapest|Buda]] - [[Ungheria]]). Primogenito di Alfonso, fu generale Imperiale di [[Leopoldo I d'Asburgo]]. Partecipò a diverse battaglie contro i [[Ottomani|turchi]]: dalla presa di [[Philipsburg]] alla [[Battaglia di Vienna|difesa di Vienna]]. Trovò la morte in battaglia, nell']]Assedio di Buda (1686)|assedio di Buda]]<ref name=Spreti9bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.[[File:Reprise Buda 1686.jpg|thumb|300px| L'assedio di Buda, dove morì Francesco Piccolomini d'Aragona]][[File:History of Náchod 14 - Náchod from the west.jpg|thumb|300px|left|Castello di Nachod - Residenza dei Pompeo Piccolomini d'Aragona]]
 
* Giuseppe (1656 ca. - † 1733). Secondogenito di Alfonso, sposò Anna [[Colonna (famiglia)|Colonna]]. Ben introdotto nella corte vicereale di Napoli, ben presto entrò nella considerazione della monarchia spagnola. Impegnato nella professione militare, divenne [[Maestro di campo]] del re di spagna, comandante del ''[[Tercio]]'' di Napoli. Le sue indiscusse capacità ed il valore dimostrato nelle campagne militari gli fecero ottenere numerosi riconoscimenti e [[Filippo V di Spagna|Filippo V]], nel [[1711]], introdusse la famiglia tra i [[Grandezza di Spagna|Grandi di Spagna]]<ref name=Spreti10> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.
 
* Pompeo ([[1694]] - † [[1765]] [[Nachod]] - [[Boemia]]).Figlio di Giuseppe, all'estinzione della linea dei Signori di Sticciano, fu depositario<ref name=Spreti10> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref> di un vasto patrimonio, accumulato per secoli ed ingrandito da quel grande personaggio che fu [[Ottavio Piccolomini]]. Aggiunse ai suoi numerosi titoli e feudi, quelli toscani dei Piccolomini detti delle Papesse. Divenne [[Principe del Sacro Romano Impero|principe del Sacro Romano Impero]] ed ereditò la prestigiosa signoria del principato di [[Nachod]], con il maestoso palazzo, assimilabile, più ad una [[reggia]] che non ad una residenza privata. Lasciò definitivamente Napoli, per ritirarsi in [[Boemia]] dove morì.</br> Con suo figlio Giuseppe, questa grande casata napoletana si estinse, in grandiosa opulenza, e tutti i titoli e signorie, passarono alla linea dei Piccolomini Salamoneschi, che da allora in poi ([[1807]]), subentrarono nei loro diritti, assumendone il cognome<ref name=Spreti11> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.</br> In questo modo ebbe storicamente fine la dinastia napoletana dei Piccolomini d'Aragona, iniziata da Antonio Todeschini Piccolomini. Tuttavia, bisogna annotare come, nel sud della penisola, sia ancora presente la sua prosapia, in virtù dei molti figli naturali, legati alla sua discendenza.
 
====== Ramo di Giacomo - Piccolomini di Castiglia e d'Aragona ======
 
[[File:Arme Piccolomini di Castiglia e d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|60px]] '''Duchi di Montemarciano''' e '''Signori di Camporsevoli'''
 
Questo ramo beneficiò, nel nome di Giacomo, del dono da parte dello zio Pio II, del Ducato di [[Montemarciano]] nelle [[Marche]] e della signoria di Camporsevoli nei pressi di [[Chiusi]]<ref name=Spreti12> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. L'avvento sul [[Soglio (trono)|soglio pontificio]] di [[Sisto IV]], dei [[Della Rovere|della Rovere]], rese quantomai problematica la gestione, da parte dei Piccolomini, del feudo di Montemarciano.
 
[[File:Arme Piccolomini di Castiglia e d'Aragona con corona di Conte.jpg|45px]] '''Giacomo - Conte del Sacro Romano Impero ([[1458]])'''
* Giacomo ([[1441]] - † [[1507]]). Con [[decreto]] imperiale di Federico III nel [[1458]] fu nominato conte del S.R.I. Successivamente, nel [[1478]] ebbe la facoltà di aggiungere dei cognomi di [[Castiglia]] e d’[[Aragona]] da Re [[Enrico IV di Castiglia]]. In precedenza, nel [[1472]], cercò di riprendere, con un colpo di mano e l'aiuto di fuoriusciti, la signoria di [[Senigallia]]<ref name=AvventuraMarche>Avventura Marche, Il castello di Monterado [http://www.avventuramarche.it/dettaglio_scheda.asp?id_scheda=382 - Fonte]</ref> , dalla quale, il fratello Antonio Piccolomini d'Aragona, che n'era il legittimo signore, fu scacciato subito dopo la morte di papa Pio II<ref name=Cittàfutura>.Senigallia, citta futura, Senigallia porto franco e signoria [http://www.lacittafutura.info/2012/senigallia-porto-franco-e-signoria/ - Fonte]</ref>. In queste contese, intervenne infine papa Sisto IV, concedendo il feudo rivendicato, al nipote diciassettenne, Giovanni della Rovere, contro il volere dell'allora cardinale Francesco Piccolomini (poi Pio III)<ref name=Treccani.it6> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Giacomo, riuscì, a stento ad evitare la condanna a morte inflittagli dal pontefice. A torto o a ragione, a differenza del fratello Antonio, preso dai suoi copiosi interessi nel regno di Napoli, questo ramo della famiglia, si sentì defraudato e non sopì mai il desiderio di riconquistare quella signoria, senza la quale, in effetti, Montemarciano si trovava ad essere una [[roccaforte]] isolata in territorio ostile.</br> A questo Giacomo, inoltre, si deve l'ultimazione dell'austero e grandioso [[Palazzo Piccolomini (Siena)|Palazzo Piccolomini]] di Siena<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
* Antonio Maria ([[1490]] - † ?). Alla Morte del cugino cardinale Giovanni, entrò in conflitto, anche lui, con lo Stato della Chiesa, occupando i territori di [[giurisdizione]] del prelato.[[File:824SienaPalPiccolomini.JPG|thumb|200px| Palazzo Piccolomini, voluto da Giacomo duca di Montemarciano e suo fratello Andrea, a Siena]] Si rinnovò un'aspra contesa ed alla fine papa Paolo III ne ingiunse ed ottenne la restituzione. Suo figlio Scipione morto nel [[1608]], fondò il Priorato di Pisa nell'[[Ordine di Santo Stefano]]. Fu l'ultimo signore di Camporsevoli<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
* Alfonso ( 1550 - † Firenze 1591). Figlio di Giacomo e nipote di Antonio Maria fu l'ultimo duca di Montemarciano. È passato alla storia come famigerato bandito.
[[File:Marco Sciarra and Tasso.jpg|thumb|250px|left|La foresta della Faiola - Luogo dell'ultima [[schermaglia]] di Alfonso Todeschini Piccolomini]]Sembra che l'abbandono della tranquilla e onorata vita nella repubblica di Siena sia stato originato da un'omicidio avvenuto ai danni di un componente della famiglia [[Baglioni]], di Perugia. In un primo periodo si limitò, dalla sua signoria, a dare asilo ad avventurieri del territorio di Senigallia e della [[Romagna]], nella [[rocca]] di Montermarciano<ref name=AnconaIllustrata>Antonio Leoni, Agostino Peruzzi, Ancona illustrata, colle risposte ai sigg. Peruzzi [on his Dissertazioni anconitane] Pighetti etc., e il compendio delle memorie storiche d'Ancona, pag. 299 - Tip. Baluzzi - Ancona - 1833 [http://books.google.it/books?id=65MPAAAAQAAJ&pg=PA299&lpg=PA299&dq=rocca+piccolomini+montemarciano&source=bl&ots=wodzSkodef&sig=8k_45kjzg-C0uaqkwtcsju9RLT0&hl=it&sa=X&ei=Nej8UsCjBNLe7AbO4ICYAQ&ved=0CFAQ6AEwBA#v=onepage&q=rocca%20piccolomini%20montemarciano&f=false - Fonte]</ref>. Dopo una serie di alterne vicende, durate fino al [[1579]], dovette desistere, per l'intervento massiccio di forze militari inviate da [[Gregorio XIII]]. I suoi beni furono confiscati ed i familiari arrestati. Solo con l'intervento di [[Francesco I de' Medici]], [[Granduca di Toscana]], ottenne, nel [[1584]], il perdono papale ed il reintegro nel suo stato<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Per un certo periodo, militò al servizio della [[Repubblica di Venezia]], nella guerra contro gli [[Uscocchi]]. La sua indole turbolenta, però porto a dei contrasti insanabili con quella Repubblica<ref name=IstoriaciviledelregnodiNapoli>Pietro Giannone, Istoria civile del regno di Napoli: tomo 7. La polizia del regno sotto Austriaci. Pag. 306. Italia - 1821[http://books.google.it/books?id=Y44KAAAAIAAJ&pg=PA306&dq=alfonso+piccolomini&hl=it&sa=X&ei=OB0GU4OuM9LwhQfdjIHgDA&ved=0CGcQ6AEwCQ#v=onepage&q=alfonso%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Essendo uomo d'armi, non sapendo resistere, probabilmente anche spinto da promesse politiche ricevute da francesi e spagnoli, si mise a capo del malcontento che agitava le campagne dei territori laziali e senesi a causa della grande [[carestia]] del [[1590]]. Formò un [[esercito], composto per lo più di contadini mal addestrati, ma stretto tra papalini e medicei, fu facilmente sbaragliato. Riuscì a sfuggire all'arresto e continuò nelle sue scorribande, unendosi al bandito Marco Sciarra e con lui continuò ad imperversare, infestando un territorio che andava dalla Marche fino alle e pendici del[[ Vesuvio]]. La mossa sbagliata del Piccolomini si consumò nella [[Marco Sciarra|foresta della Faiola]], poco distante da Roma e sulla strada per [[Napoli]], dove era giunto in soccorso dell'alleato [[Marco Sciarra|Sciarra]], che in questo frangente riuscì a salvarsi. Non fu così per il Piccolomini, che ebbe il suo manipolo decimato. Braccato e in fuga, fu al fine catturato in una casa di coloni a [[Forlì]]. Di lì fu condotto a [[Firenze]], dove il [[2]] [[gennaio]] [[1591]], fu giustiziato.<br> Il ducato di Montemarciano passò agli [[Sfondrati]], famiglia dell'allora [[Papa Gregorio XIV]]<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
====== Ramo di Andrea ''Signori del Giglio e Castiglione della Pescaia'' ======
 
* Andrea ([[1445]] ca. - † [[1505]]). Ebbe un'indole diversa dai due fratelli. Non fu uomo d'armi ed è probabile avesse un'inclinazione per lettere<ref name=Tizio>Manuela Doni Garfagnini, Il teatro della storia fra rappresentazione e realtà: storiografia e trattatistica fra Quattrocento e Seicento. Pag. 63 - Ed. di Storia e Letteratura, 2002 - 387 pagine - Roma [http://books.google.it/books?id=_sLJV_5KphQC&pg=PA63&lpg=PA63&dq=andrea+Piccolomini&source=bl&ots=fdNBddo5Ca&sig=lpsBBOGjfdHIyPDtn1Gn-3_lXXA&hl=it&sa=X&ei=UPMHU9rPF_DX7AbviIDQDQ&ved=0CC0Q6AEwADgU#v=onepage&q=andrea%20Piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Insieme al fratello Giacomo volle e costruì il Palazzo Piccolomini nella sua città, diventato nel [[XIX secolo]], sede del [[Archivio di Stato di Siena]]. Lo zio papa Pio II ottenne per lui, da parte del re di Napoli, Ferrante d'Aragona, la signoria del[[Isola del Giglio|Giglio]] e di [[Castiglion della Pescaia]], con il titolo di marchese di quelle terre<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.[[File:Andrea Piccolomini, Agnese Farnese e Montanina nell'affresco del Pinturicchio.jpg|thumb|300px|Andrea Todeschini Piccolomini e Agnese Farnese con la figlia Montanina nell'affresco del Pinturicchio]] Dal re [[Ferdinando II di Aragona|Ferdinando di Spagna]] fu fatto Cavaliere dell'[[Ordine di Santiago|Ordine di San Jago]]<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Nel[[1460]] sposò Agnese [[Farnese]], che sarebbe divenuta poi, cugina del papa [[Paolo III]]<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. La sua discendenza, poteva vantare, con ogni [[probabilità]], la più alta [[concentrazione]] di [[Ereditarietà genetica|caratteri ereditari]] legati a pontefici.</br> Andrea dovette affrontare uno dei periodi più difficili della Repubblica. Ascritto al [[Monte dei Gentiluomini]], come il resto della famiglia, si trovò ad affrontare lo strapotere dei [[Monte dei Gentiluomini|Noveschi]], che avevano a capo [[Pandolfo Petrucci]], il quale aspirava a diventare, come poi fu, Signore di Siena. Andrea ebbe con lui profondi contrasti ed al fine, fu costretto ad abbandonare Siena, per ritirarsi nella sua signoria. Da Agnese ebbe diversi figli, di cui Vittoria, contro il volere dei genitori, che però ormai erano morti, fu fatta sposare a forza da Pandolfo Petrucci a suo figlio [[Borghese Petrucci|Borghese]]<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>, per sanzionare l'alleanza dei Noveschi con i Gentiluomini, e favorirne così la successione nella signoria. Andrea tra l'altro fu, nella famiglia, uno dei finanziatori, degli affreschi del Pinturicchio nella Libreria Piccolomini<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. L'artista ci ha tramandato, nell'affresco raffigurante ''Enea Silvio, vescovo di Siena, presenta [[Eleonora d'Aragona]] all'[[Federico III d'Asburgo|imperatore Federico III]]'', la sua immagine, che si scorge alle spalle della consorte Agnese,con il [[corpetto]] a righe bianche e nere<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref> e, probabilmente, della figlia maggiore Montanina, nelle vesti di damigella.
 
*[[Giovanni Piccolomini|Giovanni]] (Siena [[1475]] – † Siena [[1537]]). Nominato Cardinale da Papa [[Leone X]], fu arcivescovo di Siena. Durante il [[Sacco di Roma (1527)|Sacco di Roma]], nel [[1527]], fu umiliato dai ''[[lanzichenecchi]]'' di [[Carlo V]], che lo portarono in giro per la città, legato sul dorso di un [[mulo]]. Il suo palazzo fu completamente saccheggiato<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Quello che nelle aspirazioni della famiglia doveva essere il terzo papa Piccolomini, si ritirò ed ebbe incarichi minori.
{{vedi anche|Giovanni Piccolomini}}
 
* Pier Francesco ([[1478]] - † [[1525]]). Non si hanno molte notizie di questo componente della famiglia. Prese a differenza del padre, le parti dei Petrucci e fu grande amico e sostenitore del [[cognato]] Borghese. Nel [[1513]] fu capitano del Popolo a Siena. Con lui il ramo si estinse e la figlia Silvia portò in dote la signoria di Castiglion della Pescaia ad Inigo Piccolomini d'Aragona.
 
* Montanina (Siena [[1476]] - † ?). Alla fine degli anni novanta del [[XVI secolo]], Sposò Sallustio Bandini, appartenente ad una delle più illustri famiglie di Siena.
 
====== Ramo di Montanina - Bandini Piccolomini ======
 
Il ramo di Montanina, diede alla luce due uomini illustri, che rivestirono un luogo di primo piano, negli ultimi anni della storia della Repubblica di Siena e aggiunsero insieme alla loro discendenza, il cognome dei Piccolomini, entrando così nella consorteria.<ref name=BandiniPiccolomini> Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Ceramelli Papiani, Famiglia BANDINI (fasc. 5058), nelle note.</ref>
 
* Mario ([[1500]] - † Montalcino [[1558]]). Era il [[primogenito]] di Montanina Todeschini Piccolomini e Sallustio Bandini, signore di [[Castiglioncello]] ed originario di [[Massa Marittima|Massa di Maremma]], dove la famiglia possedeva vasti territori fondiari e doveva la propria [[ricchezza]] allo sfruttamento delle [[miniera|miniere]] di [[argento]] e di [[rame]] della zona<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.<br>Duranre la [[giovinezza]] dovette assistere impotente alla [[tirannia]] della famiglia di [[Pandolfo Petrucci]] giunto al potere, dopo le lunghe ed estenuanti lotte intestine di Siena. Combattute, essenzialmente, tra popolari, di parte [[Guelfi e ghibellini|ghibellina]] ed i Noveschi, di parte [[Guelfi e ghibellini|guelfa]][[File:La vittoria di Camollia del 1527, gennaio-dicembre di Cini Giovanni di Lorenzo.jpg|thumb|250px|La vittoria di Porta Camollia - 1527]][[File:La presa di potere di Pandolfo Petrucci a Siena.jpg|thumb|215px|left|Pandolfo Petrucci entra a Siena - 1487]]. Circostanza che accrebbe, nel Bandini, l'ansia di libertà, radicata sia nei sentimenti familiari che nella gioventù senese in genere. Entrato nel supremo magistrato in età giovanile, come d'altra parte, era d'uso tra gli aristocratici del tempo, a differenza degli altri, partecipò attivamente alla vita politica della Repubblica. Nel [[1524]], già [[cancelliere]] di [[Balìa]], partecipò in prima linea, alla violenta [[insurrezione]] che, scacciò Fabio, il mediocre erede di Pandolfo, estromettendo, così, dalla Repubblica, sia i Petrucci, che i Noveschi<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. [[Episodio]] che, insieme ad altri cruenti, svoltisi, nei mesi successivi, ai danni delle forze guelfe, gli valse la personale [[ostilità]] di [[Clemente VII]], che organizzò contro i senesi, un [[esercito]] insieme ai Fiorentini ed ai fuoriusciti Noveschi. Gli alleati, molto superiori di numero, dopo aver occupato le [[fortificazione|fortificazioni]] costiere della Repubblica, [[Talamone]] e [[Orbetello]], minacciavano ormai Siena, ma inaspettatamente, la guerra si risolse ai danni, della Repubblica di Firenze, che subì una grave sconfitta alla porta di Camollia <ref name=AlessandroSozziniCamullia>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555. Firenze, 1842 pag. 20 [http://books.google.it/books/reader?id=ccwFAAAAQAAJ&hl=it&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PA20 Fonte]</ref>. Il Bandini, che ormai aveva sempre un maggior peso, nel presidio delle libertà cittadine, partecipò anche in questa occasione in modo determinante, al comando di una compagnia di armati Lucignanesi<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>, come capitano di cavalleria<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.</br> In questo periodo, Mario e la sua famiglia raggiunsero il massimo prestigio. Nel [[1526]] [[Carlo V]] lo nominò Cavaliere Aurato, gratificandolo anche con il titolo di [[Conte Palatino]].</br>. Successivamente, la repubblica gli permise di acquisire il feudo della [[Marsiliana d'Albegna|Marsiliana]] [[Confisca|confiscato]] ai figli ribelli del Petrucci<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.<br>Il Bandini, divenuto uno degli uomini più potenti di Siena, dopo questi anni di successi, fu costretto a seguire le alterne vicende del [[declino]] della Repubblica. L'alleanza con gli Imperiali si rilevò un fallimento. Il Bandini con rammarico dovette assistere al rientro e reintegro dei Noveschi. Inoltre in sostituzione del deposto Petrucci si avvicendarono, inviati del Imperatore, ora in veste di [[Agente|agenti]], ora di [[consigliere|consiglieri]] o in alternativa come ''Capitani generali delle armi'', personaggi che altro non erano, che una sorta di [[viceré]] di Carlo V. Ultimo di questa serie fu [[Diego Hurtado de Mendoza y Pacheco|Don Diego Hurtado de Mendoza]] con il suo duro e repressivo governo<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Il Bandini, continuò a ricoprire incarichi militari e politici importanti, sia a Siena che all'estero. In patria, si impegnò per il ripristino della [[legalità]] e la [[sottomissione]] dei [[Vassallo|vassalli]] ribelli, dopo i guasti causati dalla guerra contro i Fiorentini. All'estero, si adoperò, come [[diplomatico]], presso il [[Regno di Napoli]], la corte di Carlo V, il [[Ducato di Milano]] e lo [[Stato Pontificio]]. Il suo [[entusiasmo]], però, non era, più, quello giovanile di un tempo. Progressivamente si ritirò a vita privata curando gli interessi economici della famiglia.</br> Dopo la [[Amerighi|Cacciata degli Spagnoli]], quando, nel [[1553]], una nuova guerra minacciava la libertà della patria, sollecitato dal fratello [[Arcivescovo]], tornò attivamente nella vita politica e militare<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Fu del magistrato degli [[Guerra degli Otto Santi|Otto della guerra]] e fu l'ultimo [[Capitano del Popolo]] della [[Repubblica di Siena]]. Nel giorno della sconfitta, denso di significato politico, quanto eroico, fu il gesto, di portare con se in esilio, il sigillo pubblico, simbolo del potere della Repubblica<ref name=D'Addario> D'Addario, Il Problema Senese nella Storia Italiana della prima metà del cinquecento (La guerra di Siena),Firenze-Empoli 1958(pag.386)</ref>. Dichiarato ribelle dal governo mediceo, dal [[1555]] fino al giorno della sua morte, fu al governo e alla difesa della [[Repubblica di Siena Ritirata in Montalcino]]. I suoi beni furono confiscati<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref> e solo dopo la [[Pace di Cateau-Cambrésis]] del [[1559]], furono restituiti alla famiglia.<br>* Germanico ([[1532]] - † [[1569]]) di Mario divenne Cavaliere [[Ordine dello Speron d'oro]] e Conte del [[Palazzo del Laterano|Sacro Palazzo Lateranense]]. Nel [[1560]] divenne Vescovo di [[Corinto]]<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.<br> * Sallustio ([[1544]] - † [[1570]]) di Mario. come il fratello fu Cavaliere Ordine dello Speron d'oro e Conte del Sacro Palazzo Lateranense. Inoltre fu gentiluomo del Granduca [[Cosimo I de' Medici]]. Morì senza lasciare discendenza<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.
 
* Francesco (Siena [[1505]] - † Roma [[1588]]). Fratello minore di Mario, ebbe una buona educazione letteraria, ma non completò un vero e proprio ''curriculum'' accademico. Nel [[1525]] concorse nella fondazione dell'[[Accademia degli Intronati]] a Siena, assumendo lo [[pseudonimo]] di ''Scaltrito''. Fin dall'età di tredici anni, fu preso sotto la protezione dello zio cardinale [[Giovanni Piccolomini|Giovanni ]], che gli diede la facoltà di aggiungere il cognome Piccolomini, che Francesco accettò, per sé e la sua famiglia. Essendo molto forte l'attaccamento alle sue tradizioni familiari, non volle rinunciare allo stemma di famiglia. Il cardinale, gli diede allora la possibilità di inquartarlo con quello piccolomineo.<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref></br>Fu molto combattuto tra la scelta di una vita laica, per la quale si sentiva maggiormente portato, e una vita clericale, alla quale lo zio voleva introdurlo. Nel [[1529]], dopo le nefaste turbolenze del Sacco di Roma, il cardinale decise di ridurre la sua presenza, e, mediante resignazione, passò la propria arcidiocesi di Siena al nipote, ordinandolo frettolosamente sacerdote. Francesco, ancora una volta non sicuro delle sue scelte, accettò la consacrazione episcopale, solo dieci anni dopo, nel [[1538]], dopo aver ricevuto il pieno possesso della diocesi, alla morte dello zio cardinale. Non rinunciò, in questo periodo alla attività politica tesa a preservare la libertà della Repubblica, sempre più precaria negli equilibri internazionali dell'epoca.<br> Pur essendo stato ambasciatore presso Carlo V, progressivamente entrò in contrasto con gli interessi imperiali. Tale ritrosia fu manifestamente confermata quando l'imperatore, che nel [[1546]] non volle riceverlo nella sua missione a favore di Siena. Tali rapporti irrimediabilmente incrinati, gli costarono, nel concistoro del [[1551]], la porpora cardinalizia<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>.[[File:Council of Trent.JPG|thumb|300px|left|Il Concilio di Trento 1545 - 1564]][[File:Carl Blechen 007.jpg|thumb|200px|Il Parco di Villa d'Este, [[Carl Blechen]]]]</br>Messo da parte ogni indugio, partecipò attivamente alle guerre contro gli spagnoli, promosse dai maggiorenti della Repubblica, partecipando ''[[manu militari]]'' al sostegno dell causa senese<ref name=Sozzini>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena: dai 20 Luglio 1550 ai 28 Giugno 1555. - Pag.298 -Gio.Pietro Vieusseux, 1842 - Firenze [http://books.google.it/books?id=mvI4AQAAMAAJ&pg=PA173&lpg=PA173&dq=DIARIO+DELLE+COSE+AVVENUTE+IN+SIENA&source=bl&ots=eon0JynOx1&sig=uUxdp07TFO4CmWwHBfsorBheP38&hl=it&sa=X&ei=guAIU8q7BeWs7QbT74GIDA&ved=0CEYQ6AEwAw#v=onepage&q=DIARIO%20DELLE%20COSE%20AVVENUTE%20IN%20SIENA&f=false - Fonte]</ref>.<br>La convinta partecipazione alla vita politica della Repubblica lo portò ad occuparsi solo marginalmente della sua arcidiocesi e della vita clericale. Ciò nonostante, sollecitato dal cardinale [[Cervini]], senese e futuro papa [[Marcello II]], partecipò al [[Concilio di Trento]], ma più di una volta se ne assentò per curare gli interessi in patria, perdendo una chiara occasione di rilancio nella vita ecclesiastica, offertagli dal futuro pontefice. A guerra ormai finita, difese la ''Repubblica di Siena ritirata in Montalcino'' insieme ai suoi compagni di lotta ed alleati più vicini. Con la morte del fratello Mario, si allontanò definitivamente dalla patria perduta, tornandovi solo saltuariamente.<br>Successivamente si trasferì a Roma dove visse per quasi trent'anni. Inizialmente per un lungo periodo fu ospite dei Cardinali [[Este|d'Este]], [[Ippolito d'Este|Ippolito]] e [[Luigi d'Este|Luigi]], stabilendo la sua residenza in [[Villa d'Este (Tivoli)|Villa d'Este]]. Ormai ben introdotto nell'ambiente della società romana, si fece costruire un [[palazzo]] a [[Tivoli]], con un ampio [[Giardino formale|''giardino all'italiana'']] ed un monumentale [[portale]] attribuito a [[Sebastiano Serlio]]<ref name=Pierattini>Camillo Pierattini, Tivoli dall'Accademia degli Agevoli alla Società Tiburtina passando per gli Arcadi Sibillini (sec.XVI-XX) - Articolo on line su Società Tiburtina di Storia ed Arte [http://www.tibur.eu/la_storia_della_societa.html - Fonte]</ref>. Ottenne il governatorato di Roma, assumendo diversi incarichi nella [[Curia romana]] e nello stato della chiesa.</br>Nel [[1575]], ormai rassegnato e provato dagli eventi, volle riconciliarsi con i Medici, incoronando [[Giovanna d'Austria]], [[Consorti dei sovrani della Toscana|Granduchessa di Toscana]]. Negli anni che seguirono, con nomina da parte del pontefice [[Paolo IV]] e coadiuvato dai nipoti Ascanio e Alessandro Piccolomini, tenne una serie ininterrotta di sinodi diocesani, per l'applicazione dei decreti conciliari, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel [[1588]]. Dal punto di vista bibliografico, non lasciò però una visibile traccia del suo operato. Dal punto di vista culturale, però, non mancò di lasciare il suo erudito ricordo. Fondò, nel 1571, sul modello della sua vecchia [[Accademia degli Intronati|accademia senese]], l'[[Accademia degli Agevoli]], che ben presto divenne palestra di idee, di studi e di sapere. Tuttora sopravvive, sebbene ne sia mutato il nome.<ref name=AccademiadegliAgevoli>Camillo Pierattini, Tivoli dall'Accademia degli Agevoli alla Società Tiburtina passando per gli Arcadi Sibillini (sec.XVI-XX). Ed. Domenico Piolato 1708 - Tivoli[http://www.tibur.eu/files/pierattini_accademia_.pdf - Fonte]</ref><br> Ottenne la sepoltura nella Basilica di [[Basilica di San Pietro|San Pietro]], vicino alla tomba dei due papi Piccolomini</br>
 
======Il [[fedecommesso]] Bandini e la [[successione]] Piccolomini Naldi Bandini======
 
Nel [[1570]], i due figli [[maschio|maschi]] del fratello Mario, erano ormai morti senza lasciare discendenza e tutto il cospicuo [[patrimonio]] della famiglia si concentrò nelle mani di Francesco<ref name=Spreti15>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>. Le figlie superstiti Berenice e Montanina, erano entrambe sposate con prole.[[File:Arme famiglia Bandini - Siena.jpg|thumb|115px|left|Arme dei Bandini]][[File:Miniatura arme della famiglia Bandini Piccolomini inquartato Siena.jpg|thumb|120px|Arme dei Bandini Piccolomini]] L'epilogo più logico sarebbe stato di farle entrare, con le loro famiglie, nella consorteria Piccolomini, come auspicato dallo zio, ma l'arcivescovo, prese una decisione, che comunque era già maturata qualche anno prima.</br>La nipote Montanina era, a suo tempo, rimasta vedova del suo primo marito Cerbone [[Bourbon del Monte Santa Maria]] , per cui il prelato aveva deciso il suo ingresso in [[convento]], onde poter disporre dell'intero patrimonio a favore dell'altra figlia del fratello, Berenice. In questo modo Montanina doveva rinunciare oltre alla sua parte di [[eredità]], anche alla sua vita mondana. Soluzione questa che non la vide completamente d'accordo. [[Amore|Infatuatasi]] di un amico e alleato della [[famiglia]], il Cav. [[Amerighi|Amerigo Amerighi]], nel [[1562]], decise di sposarlo segretamente, in [[Status sociale|condizioni]] burrascose e disdicevoli per l'Arcivescovo e l'ambiente aristocratico, al quale entrambi gli sposi appartenevano. Tale evento fu contrastato, in tutti i modi, da Francesco, che vedeva compromessi i suoi piani per la [[successione]]. Minacciò [[sanzione|sanzioni]] severe e dispose l'[[Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio|annullamento del matrimonio]]. Ne nacque una controversia, che divenne pubblica, con l'intervento del governatore di Siena che ne informò il Granduca<ref name=Montanina>Carlo Carnesecchi, La nipote dell'arcivescovo - 1895, in Miscellanea storica senese (A cura della cassa mutua assistenza del personale del Monte Paschi di Siena). Lalli Editore, Siena - 2004. Vol. II, pp.170-174 (ristampa)[http://books.google.it/books?ei=prkeUabHAYaE4gTm04HADQ&hl=it&id=7-8iAQAAIAAJ&dq=carlo+carnesecchi+la+nipote+dell%27arcivescovo&q=amerighi+#search_anchor . Fonte][http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5a/Amerigo_e_Montanina_-_La_nipote_dell%27_arcivescovo_-_Carlo_Carnesecchi%2C_1895.jpg . Trascrizione fonte]</ref>. Alla fine vinsero le [[Argomentazione|ragioni]] di Montanina, ma i rapporti con lo zio furono definitivamente compromessi. Liquidò la nipote con la [[dote]] principesca di oltre seimila fiorini<ref name=Bichi>Galgano Bichi - Serie Manoscritti della biblioteca dell'Archivio di Stato di Siena ("Famiglie Nobili Esistenti" - Matrimoni)[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4d/Archivio_di_Stato_di_Siena_%27Matrimonio_Amerigo_Amerighi_e_Montanina_Bandin%27.jpg - Fonte]</ref>. Importo che, riferito alle dame del suo rango, era notevolmente superiore all'uso corrente del tempo<ref name=Dote>Rosalia Tornabene, Dote, matrimonio e vita coniugale a Viterbo, nel XV Secolo. Rivista 2000 1-2. Pag. 8 - Biblioteca di Viterbo [http://www.bibliotecaviterbo.it/rivista/2000_1-2/Tornabene.pdf - Fonte]</ref>. Rimase, tuttavia, fermo nelle sue decisioni. Quindi, al fine di preservare la continuità del nome, uscì dalla consorteria Piccolomini e adottò nella famiglia Fedro, figlio di Agostino [[Bardi (famiglia)|Bardi]] e della nipote Berenice, costituendo un fedecommesso, in cui fare confluire tutto il patrimonio Bandini, con l'obbligo di sostituire il cognome e lo stemma<ref name=Spreti15>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pagg. 270, 271</ref>. Al fine di evitare, qualsiasi [[Principio del contraddittorio|contraddittorio legale]], allegò, nel [[testamento]], la [[Copia conforme all'originale|copia autentica]] di tutte le [[Bolla pontificia|bolle]], con le quali, l'arcivescovo aveva avuto dal papa facoltà di testare<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>. Tale scrupolosa stesura era motivata dal fatto che, la nipote esclusa, con l'istituzione del fedecommesso, si trovava ad essere l'ultima della famiglia a portare il cognome e lo stemma Piccolomini. Per questo motivo poteva introdurre il nuovo coniuge nella consorteria. Circostanza, questa, che avrebbe potuto inficiare la validità del fedecommesso e smembrare il patrimonio della famiglia Bandini.
 
Tutto ciò non avvenne, ma tuttavia, due secoli dopo, le aspettative dell'Arcivescovo andarono deluse.
 
Nel [[1777]] l'ultimo Bandini del ramo primogenito di Berenice, l'arcidiacono Giuseppe, moriva, riaprendo la successione nel fedecommesso<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. L'Arcivescovo aveva indicato, come beneficiario alternativo, la famiglia Piccolomini. La consorteria scelse, un discendente della linea secondogenita dei Salamoneschi, Fabio, che in virtù del matrimonio del nonno Niccolò con Barbara Naldi, aveva assunto il cognome Naldi Piccolomini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 332.</ref>. Per adempiere alla volontà del testatore, avrebbe dovuto abbandonare la consorteria, il cognome e lo stemma Naldi Piccolomini, per assumere quello dei Bandini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. In caso di mancato adempimento delle clausole fedecommissorie, il patrimonio, avrebbe avuto un'altra destinazione, non ultima la [[Mensa vescovile|Mensa Arcivescovile di Siena]]. Flavio, non essendo la sua famiglia dotata di grandi beni di fortuna, decise a favore della successione, assicurandosi, il patrimonio, così, come deciso dalla assemblea consortile. Tuttavia, con l'abolizione dell'istituto fidecommissorio, avvenuta alla fine del [[XVIII secolo]] i discendenti di Flavio, non avendo più [[Vincolo|vincoli]], che potessero mettere in pericolo i beni ereditati, ottennero dalla consulta la possibilità di assumere nuovamente il cognome e lo stemma Piccolomini a danno di quello Bandini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. Il nuovo assetto che ne scaturì, fu una nuova linea familiare che ebbe il cognome Piccolomini Naldi Bandini, che tuttavia non fu omologata dalla consorteria, che non ne legittimò il reintegro, pur essendo questi membri della famiglia, da considerarsi come ''originari''.<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>.
 
===== Piccolomini Pieri Signori di Sticciano detti delle Papesse =====
 
Questa linea discende da Caterina, altrimenti chiamata , secondo alcune fonti, Costanza, che sposata con Bartolomeo Guglielmi, diede alla luce un unica figlia di nome Antonia. Quest'ultima andò in sposa a Bartolomeo Pieri, signore di Sticciano, che, anch'egli, come il Guglielmi, entrò nella consorteria Piccolomini, assumendo lo stemma piccolomineo, ad esclusione del proprio<ref name=Spreti17>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>. Da questa coppia, nacque Enea e da questi Silvio, che assunse anche il cognome d'Aragona. Nacque poi Enea Silvio.[[File:Alessandro Piccolomini.jpg|thumb|118px|<small>Alessandro Piccolomini</small>]]
 
* Enea Silvio ( [[1515]] ca. - † [[Montalcino]] [[1555]]). Conosciuto con il [[predicato]] della Papesse<ref name=Papesse>Alessandra Contini e Paola Volpini, Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia spagnola” (1536-1648). Pag. 196 - n. 6 - Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli Archivi - Industrie Grafiche Pacini Editore – Ospedaletto (Pisa)- 2007 -Per conto di Edifir-Edizioni Firenze[http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/fileadmin/template/allegati_media/libri/ambasciatori/AMBASCIATORI_TOMO_I.pdf]</ref>, fu un personaggio, carismatico, di grande rettitudine morale. Ebbe un ruolo determinante quanto sfortunato nella difesa delle libertà repubblicane. Fu [[ambasciatore]] presso [[Enrico II di Francia|Enrico II]], e tenne le parti degli [[Amerighi]] nella congiura contro gli Spagnoli. Dopo la prima effimera vittoria, contro le milizie di [[Carlo V]] nel [[1552]], il popolo per acclamazione lo voleva nuovo signore di Siena. Enea per amore di quelle libertà repubblicane, per le quali appunto si era sempre battuto, rifiutò e continuò a combattere, in modo risoluto, la guerra contro gli invasori spagnoli, fino alla fine. Alla caduta di Siena, non volle arrendersi e, con gli altri irriducibili difensori della patria, si ritirò a [[Montalcino]], dove continuò a combattere nel territorio, ancora libero, della repubblica. Morì, in una delle tante battaglie, nel tentativo di ripristinare la Repubblica.
 
* Alessandro ([[1508]] - † [[1578]]) Insigne personaggio, fratello di Enea Silvio, accademico intronato, fu [[professore]] di [[filosofia]] e [[astronomo]], nonché coadiutore dell'Arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini. Divenne Vescovo di [[Patrasso]], anche se non si occupò effettivamente della diocesi greca. In [[età]] giovanile si dedicò al [[teatro]] comico. Ha lasciato diverse [[opera|opere]] sia in campo filosofico che letterario. Diversi sono i suoi [[trattato|trattati]] di astronomia.{{vedi anche|Alessandro Piccolomini}}
 
* Silvio ([[1543]] - † [[1612]]). Figlio di Enea Silvio, scelse la vita militare, prestando inizialmente servizio nelle milizie di [[Enrico III di Francia]], Successivamente, nelle [[Guerra degli ottant'anni|guerre delle Fiandre]] sotto il comando di [[Alessandro Farnese]], dopo essersi fatto notare, per il suo valore e capacità di comando, ottenne il grado di [[capitano]]. [[File:Bernardino Poccetti, La conquista di Bona, Firenze, Palazzo Pitti, Sala di Bona.jpg|thumb|350px|left|Silvio (sulla destra) ed il figlio Enea (porta bandiera) alla "Presa di Bona", contro i turchi in Algeria]]Nel [[1587]] si trasferisce a [[Firenze]] ed entra nella [[Medici|corte medicea]] venendo ascritto al [[Nobiltà fiorentina|patriziato fiorentino]]. Ebbe parte determinate nell'insegnamento di tutte le arti cavalleresche del [[Ferdinando I de' Medici|Granduca Ferdinando I dei Medici]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Nel [[1588]] all'ordine di [[Francesco Morosini]] prese parte all'assedio di [[Eubea|Negroponte]], nel quale le forze veneziane, tuttavia, non riuscirono a prevalere<ref name=Spreti18>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>. Nel [[1592]] entra nel [[Ordine di Santo Stefano papa e martire|Ordine di Santo Stefano]] dove nel [[1592]], lui ed il figlio Enea diventano cavalieri di Giustizia. Silvio poi divenne nel [[1619]], [[Priore]] della sede di Pisa. Contestualmente fu nominato anche [[Connestabile|Gran Contestabile]] dell'ordine cavalleresco<ref name=OrdineSantoStefano>Gino Guarnieri, L'ordine di Santo Stefano, nella sua organizzazione interna. Elenchi di cavalieri appartenuti all ordine con riferimenti cronologici, di patria, di titolo, di vestizione d' Abito: 1562-1859. Giardini Ed. - Pisa - Ristampa Anastatica - CLD, Pisa - 2012. Pag. 167</ref>. Nel [[1594]] ha inizio la sua lotta contro la [[pirateria]] Musulmano|moresca]] e come [[luogotenente]] partecipa alla difesa dell'[[Arcipelago Toscano|arcipelago toscano]]. Il suo impegno nei confronti dei [[Ottomani|turchi]] ebbe successo, nella spedizione in [[Transilvania]], dove, come capitano delle lance imperiali di [[Rodolfo II d'Asburgo|Rodolfo II]]<ref name=Spreti18>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>, fu mandato, nel [[1595]], in soccorso del principe [Zsigmond Báthory|[Sigismondo Bàthory]]. Campagna conclusasi con ]]Valacchia|la vittoria di Giurgiu, in Valacchia]] nell'ottobre [[1595]].</br> La sua impresa più memorabile fu comunque quella di [[Annaba]], in [[Algeria]], conosciuta come [[La presa di Bona]]<ref name=SilvioPiccolomini>Silvio Piccolomini, Relazione del viaggio: e della presa della città di Bona in Barberia; fatta per commessione del sereniss. gran dvca di Tosc0ana in nome del sereniss. prencipe suo primogenito, dalle galere della religione di santo Stefanos, il di 16. di settembre, 1607, sotto il comando di Siluis Piccolomini, pag. 1 - Roma Ed. Lepido - 1607 [[http://books.google.it/books?id=nlFFAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false - Fonte]]</ref>. Il [[30]] [[Agosto]] [[1606]] prese il largo dal [[porto]] di [[Livorno]] un'imponente [[flotta]], composta di sei [[galee]] dell'Ordine di Santo Stefano, tre del Granducato di Toscana, oltre due [[Galeone|galeoni]] e tre [[Bastimento|bastimento]] (bertoni) con le insegne della [[Consorti dei sovrani della Toscana|Granduchessa]] [[Cristina di Lorena]]. [[Ammiraglio]] della flotta fu [[Jacopo Inghirami]], mentre i duemila uomini imbarcati erano agli ordini del Piccolomini, come comandante delle forze di terra. Sotto il suo comando erano anche duecento cavalieri dell'ordine, capitanati da [[Fabrizio Colloredo]]<ref name=Treccani12> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Colloredo Francesco - Volume 27 (1982) [http://www.treccani.it/enciclopedia/fabrizio-colloredo_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. La battaglia si svolse il 15 settembre. A [[sbarco]] avvenuto, le truppe si disposero intorno alle [[Mura (architettura)|mura]], dopo l'ordine di attacco, le due [[Mura (architettura)|cinte murarie]], esterna ed interna, furono prese, con l'appoggio dell'[[artiglieria]] della flotta<ref name=Inghirami>Mario Battistini , Affreschi esistenti in Firenze raffiguranti imprese di un Volterrano e dipinti, i principali, da un pittore Volterrano. Estratto dai N. 27 e 28 del “Corazziere” di Volterra, 1890 ca. (Archivio Iacopo E. Inghirami)[[http://www.inghirami.it/Articoli_storici/Affreschi_esistenti_in_Firenze.pdf - Fonte]]</ref>. Le porte furono fatte saltare con delle ]]Mina terrestre|mine]]. Nel breve termine di sei ore i seimila moreschi furono battuti e la città fu messa al [[Saccheggio|sacco]].[[File:Il Palazzo Piccomini delle Papesse (disegno).jpg|thumb|250px|Il Palazzo delle Papesse in un disegno di Le Corbusier]] Fu una delle più memorabile imprese dell'Ordine di Santo Stefano e del Gran Ducato di Toscana. In memoria di questa battaglia fu eretto il [[Monumento dei Quattro mori]] a[[ Livorno]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Silvio morì a Firenze nel [[1612]]. Fu uno dei rari Piccolomini che si trasferì a Firenze. Ebbe in sposa Violante, figlia del Patrizio fiorentino Ottavio [[Gerini]], da cui, poi prese il nome il celebre figlio [[Ottavio Piccolomini]].
 
* Ascanio I ([[1548]] - † [[1597]]) Fratello di Silvio, fu [[giurista]] e [[poeta]]. Già Arcivescovo di [[Rodi]] divenne, nel [[1588]], [[V]] Arcivescovo di Siena, succedendo allo zio Francesco Bandini Piccolomini, di cui fu coadiutore in quella serie di sinodi, indetti per la corretta applicazione dei [[Concilio di Trento|decreti conciliari di Trento]]. La sua rigida [[ortodossia], non mancò di provocare forti tensioni col [[clero]] e col [[governo]] mediceo<ref name=Arcidiocesi>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena - Fonte]</ref>. In gioventù scrisse diversi sonetti, di cui si ha ricordo in un libello stampato dal Bonetto nel 1594: ''Rime del Monsignor Ascanio Piccolomini''. A lui si deve il restauro del [[Palazzo delle Papesse]], la cui facciata fino al tetto fu deturpata da un [[incendio]] nel [[1523]]<ref name=Mengozi>N. Mengozzi, Ascanio Piccolomini, V Arcivesvo di Siena. Pag. 81. Ed. Sordomuti L.Lazzeri - Siena - 1912 [[https://archive.org/stream/ascaniopiccolomi00meng#page/n83/mode/2up/search/incendio - Fonte]]</ref>.
 
* Ascanio II (Firenze [[1628]] - † Roma [[1671]]) Era persona di larghe vedute e di cultura. Nacque a Firenze, dove il padre Silvio, era insegnate d'armi del Giovane Granduca [[Ferdinando I de' Medici|Ferdinando I]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Nella corte conobbe [[Galileo Galilei]], che lì esercitava la [[disciplina]] della [[matematica]]<ref name=MuseoGalileo>Museo Galileo - Istituto e museo di Storia e Scienza - Itinerari scientifici in Toscana - Biografia Ascanio Piccolomini[http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/biografia/AscanioPiccolomini.html - Fonte]</ref>. Nel [[1622]] intraprese la carriera ecclesiastica e entrò nella corte del cardinale [[Francesco Barberini]], divenendo suo segretario, durante la [[nunziatura apostolica]] a [[Parigi]]. Nel [[1628]] divenne il [[X]] Arcivescovo di Siena. Il suo [[mandato]] durò quarantrè anni, fino al [[1671]]<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>. [[File:Galileo-sustermans.jpg|thumb|px125|left|Galileo Galilei]]Nel periodo in cui fu papa il senese [[Papa Alessandro VII|Fabio Chigi, con il nome di Alessandro VII]], curò, su commissione del pontefice, la [realizzazione di importanti opere artistiche e [[Architettura|architettoniche]]. Con l'intervento del [[Gian Lorenzo Bernini|Bernini]], fu edificata, in [[cattedrale]] , la cappella intitolata all'[[Immacolata Concezione|Immacolata Concezione]]. Inoltre l'Arcivescovo assicurò una serie di interventi, rendendo possibile, l'attuale sistemazione della [[Piazza del Duomo (Siena)|Piazza del Duomo]] e del [[Palazzo Arcivescovile (Siena)|Palazzo Arcivescovile]]. Al fine di ottenere una maggiore visibilità ed un maggiore effetto [[Scenografia|scenografico]], l'edificio della Cattedrale venne isolato, con la demolizione degli edifici adiacenti, che ospitavano appunto il palazzo Arcivescovile. Palazzo che Ascanio fece ricostruire nelle immediate vicinanze<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>.<br> L'episodio forse più significativo che segnò l'attività di questo Piccolomini, fu il suo rapporto con il Galilei. Quando lo scienziato, venne condannato al [[carcere]] nel [[1633]], vista la stima e l'antica amicizia, che a lui lo legavano e contro le decisioni del [[Santo Uffizio]], si adoperò, presso il [[Ferdinando I de' Medici|Granduca Ferdinando]], per ottenere dal pontefice, il suo trasferimento a Siena<ref name=MuseoGalileo>Museo Galileo - Istituto e museo di Storia e Scienza - Itinerari scientifici in Toscana - Biografia Ascanio Piccolomini[http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/biografia/AscanioPiccolomini.html - Fonte]</ref>. Dopo l'esito positivo di questo suo intervento e sotto la sua responsabilità, lo accolse nel palazzo di famiglia, detto delle Papesse. Galileo fu sempre riconoscente nei confronti dell'Arcivescovo e ne conservò grata [[Memoria (psicologia)|memoria]]. Confidava all'amico [[Elia Diodati]], che grazie alla serenità restituitagli dalla premurosa amicizia del prelato riuscì a comporre "... un trattato di un argomento nuovo, in materia di meccaniche, pieno di molte specolazioni curiose ed utili”. Alludeva ai ”[[Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze]]" che sarebbe stato [[Pubblicazione scientifica|pubblicato]] a [[Leida]] nel [[1638]]<ref name=Astrofilitrentini>Associazione Astrofili Trentini c/o Museo Tridentino di Scienze Naturali, Lettere di Galileo Galilei [http://www.astrofilitrentini.it/mat/testi/galileo/22.html - Fonte]</ref> .</br>Da ricordare, qui, per inciso, ciò che accadde in una tranquilla serata di quella Siena del [[XVII secolo|'600]]. Ascanio donò una memorabile serata ad una [[Congregazione|congrega]] di [[Erudito|eruditi]], [[docente|docenti]] ed allievi. Invitati a palazzo, assistettero ad un'inaspettata [[lezione]] di [[astronomia]] tenuta dal Galileo. Con il suo nuovo ''[[Cannocchiale|Occhiale]]'' diede l’[[emozione]] di un incontro ravvicinato con [[Luna]] e [[Stella|le stelle]] alla sua colta quanto sbalordita piccola [[platea]]. Episodio che a lungo fu oggetto di [[dibattito|dibattiti]] e [[Relazione (filosofia)|relazioni]] nelle [[Accademia|accademie]] e [[Salotto letterario|salotti]] della città<ref name=Galileo>Luigi Oliveto,Galileo Galilei e la luna vista da Siena. Lo scienziato agli arresti domiciliari dopo la condanna del Sant’Uffizio - Toscana Libri.it - Il portale della cultura toscana [http://www.toscanalibri.it/dettagli_galleria.php?ID=2294 - Fonte]</ref>.</br>L'Arcivescovo fu richiamato a Roma nel [[1671]], dove nello stesso anno morì.
[[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Principe del S.R.I., Feldmaresciallo dell'Impero, e Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro.png|83px]] '''Ottavio Piccolomini, [[Principe del Sacro Romano Impero|Principe del S.R.I.]], [[Principe]] di [[Nachod]], [[Feldmarescialli del Sacro Romano Impero|Feldmaresciallo dell'Impero]], e [[Ordine del Toson d'oro|Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro]], [[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Grande di Spagna.png|75px]] [[Grandezza di Spagna|Grande di Spagna]], [[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Duca di Amalfi.png|65px]] [[Ducato di Amalfi|Duca di Amalfi]]'''<ref name=stemma>Stemma castello di Nachod[[https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castle_of_N%C3%A1chod_in_2009_61.JPG]]</ref>
* Ottavio ([[Pisa]] [[1600]] - † [[Vienna]] [[1656]])<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. [[File:HGM Pieter Snayers Detail Piccolomini.jpg|thumb|320px|Ottavio Piccolomini - Battaglia di Nördlingen]]Ammirato, dai successi militari del padre Silvio e dei suoi [[Genealogia|maggiori]], volle intraprendere, già da [[Adolescenza|adolescente]], il mestiere delle armi. Inizialmente, più per [[censo]] che per meriti militari, divenne [[Sovrano militare ordine di Malta|Cavaliere dell'ordine di Malta]] e Priore di Pisa dell'Ordine di Santo Stefano.<ref name=Cavaliredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330. L'informazione che lo vede Priore di Pisa nell'Ordine di Santo Stefano, deve essere verificata, in quanto non viene riportata nell'elenco dei cavalieri di cui alla nota 84.</ref> Non ancora ventenne, nelle armate spagnole, che esercitavano in Italia, si distinse nelle battaglie di [[Asti]], [[Vercelli]] e [[Mantova]]. <ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> Nel [[1620]], fu inviato dal Granduca di Toscana, come capitano di una compagnia di cavalli, in Transilvania, per partecipare, al comando del conte [[Karel Bonaventura Buquoy|Charles Bucquoy]], alla [[Battaglia della Montagna Bianca|battaglia della Montagna Bianca]]<ref name=Treccani13> Treccani, Enciclopedia Italiana on Line - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/ - Fonte]</ref>. Dopo un breve periodo passato sotto gli Spagnoli, nel [[1627]], tornò al servizio degli imperiali, come [[colonnello]] della [[Guardia del corpo|guardia personale]] di [[Albrecht von Wallenstein]] , duca di Friedland, con il quale però non riuscì mai ad avere buoni rapporti. Tuttavia il Wallestein continuò a servirsene, per le sue entrature [[Diplomazia|diplomatiche]], visto che il vescovo Ascanio, suo fratello, era stato segretario del [[Nunzio Apostolico]] a Parigi, cardinale Francesco Barberini<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>.</br>Dopo diversi mesi di assenza, in cui continuò, in Italia, la sua attività militare contro i [[Francesi]] in [[Monferrato]], venne richiamato dall'[[Ferdinando III d'Asburgo|Imperatore Ferdinando III]], quando [[Gustavo II Adolfo di Svezia|Gustavo Adolfo di Svezia]] invase la [[Germania]]. Nel [[1632]], durante le alterne fasi della [[Battaglia di Lützen]], alla testa dei [[corazzieri]] imperiali, ebbe una parte determinante nella distruzione dei due più importanti [[Reggimento|reggimenti svedesi]], composti quasi esclusivamente da [[veterano|veterani]]<ref name=Mattei>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Mattei (Mattei Orsini), Giuseppe - Volume 72 (2008)[http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-mattei_(Dizionario-Biografico)/- Fonte]</ref><ref name=Lutzen> Battle of Lützen (1632)[https://en.wikipedia.org/wiki/Battle_of_L%C3%BCtzen_(1632)]</ref>. Tuttavia la battaglia era incerta ed il Wallenstein, quando arrivarono al fianco degli imperiali, le forze di [[fanteria]] di [[Gottfried Heinrich, conte di Pappenheim|Pappenheim]], contro l'opinione di molti suoi [[Ufficiale|ufficiali]] superiori, decise di abbandonare la battaglia, ritirando il suo esercito in [[Boemia]]. Nella battaglia morì il re svedese Gustavo Adolfo, ed il Piccolomini, riportò all'imperatore, il collare di pelliccia che indossava al momento della morte<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. Dopo questo importante [[evento]] fu nominato [[Comandante generale|Comandante Generale]] della [[cavalleria]] imperiale. Al tempo stesso, la mancata vittoria nella Battaglia di Lutzen, fece cadere la fiducia che l'imperatore aveva il Wallenstein, ed anzi tale episodio fu considerato come un atto di [[tradimento]]. Ottavio fu mandato a destituirlo<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. Ma, nelle fasi dell'arresto, nel castello di [[Cheb]], dove si era rifugiato, il Wallenstein fu [[assassinio|assassinato]], da alcuni suoi stessi ufficiali.[[File: Nachod 1740.jpg|thumb|335px|left|Castello di Nachod, donato da Federico III a Ottavio Piccolomini]] Così fu eliminato un grande rivale, ostile al Piccolomini, che, tuttavia, non riuscì ad ottenere il grado di maresciallo di campo, desiderato, che invece andò al generale [[Heinrich Holk]] .</br>La riconoscenza dell'Imperatore, comunque, si concretizzò nella grossa ricompensa in denaro di 100.000 fiorini e la prestigiosa signoria di Nachod<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>, già residenza del Wallenstein. Nel [[1634]] alla testa della cavalleria spagnola, nella [[Battaglia di Nördlingen (1634)|Battaglia di Nördlingen]], svolse un ruolo decisivo, per l'esito finale della battaglia, respingendo ben quindici [[Carica (guerra)|cariche]] della cavalleria svedese, per poi, nel [[contrattacco]] degli imperiali, inseguire gli svedesi in fuga, facendo molti prigionieri, tra cui il generale [[Gustav Horn]], uno dei due comandanti in capo dell'esercito svedese.</br>Non era assolutamente soddisfatto della sua [[Ufficiale (forze armate)|carriera militare]], ma continuò nelle sue azioni, ottenendo diversi successi. Con un piccolo esercito occupò il [[Belgio]]. Divenuto comandante in capo delle forze militari nelle Friande, difese [[Ratisbona]] dagli attacchi francesi, ottenendo poi a [[Thionville]] una grande vittoria nel [[1639]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> . Dopo queste affermazioni, il re di Spagna lo fece [[Grandezza di Spagna|''grande'' di Spagna]] e lo chiamò anche alla successione del Ducato di Amalfi, rimasto vacante, dopo l'estinzione del ramo primogenito dei Piccolomini d'Aragona<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. A Vienna, la nomina a Feldmaresciallo dell'Impero tardava a venire. Il Piccolomini ottenne solamente la nomina a luogotenente dell'arciduca [[Leopoldo Guglielmo d'Austria]] che affiancò nella seconda e sfortunata [[Battaglia di Breitenfeld|Battaglia di Breitenfeld (1642)]]. Dopo questa cocente sconfitta passò per qualche anno al servizio della [[Spagna]], dove il sovrano lo insignì del cavalierato del [[Toson d'oro|Ordine del Toson d'oro]]<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. La nuova minaccia portata all'Impero, dagli [[Svedesi]], uniti ai Francesi, dopo i rovesci subiti alla [[Zusmarshausen|Battaglia di Zusmarshausen]], indusse l'imperatore a richiamare Ottavio Piccolomini, che finalmente ottenne la carica, tanto agognata, di Feldmaresciallo e comandante generale nell'esercito imperiale<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> . Risollevò le sorti del conflitto e sotto il suo comando ebbe termine la [[Guerra dei trent'anni]]. Fu nominato [[Commissario]] Imperiale e curò gli interessi degli [[Casa d'Asburgo|Asburgo]], nel Congresso di Norimberga, che portò poi alla [[Pace di Vestfalia|pace di Vestfalia]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. Federico III, per riconoscenza di tutti i servizi resi, lo nominò [[Principe del Sacro Romano Impero]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. Nel [[1656]], a Vienna, per una malaugurata caduta da cavallo, Ottavio Piccolomini morì senza lasciare figli legittimi. Tutti i suoi titoli, possedimenti ed il castello di Nachod, passarono a Francesco, figlio del fratello Enea.{{vedi anche|Ottavio Piccolomini}}
 
* Ottavio Enea ([[1698]] - † [[1757]]). Francesco di Ottavio, ebbe diversi figli di cui solo Lorenzo lasciò seguito. L'ultimo nato fu Ottavio Enea, che, come il prozio, intraprese la carriera militare. Divenne generale delle truppe imperiali e [[governatore]] della [[Moravia]]. Morì nel [[1757]], lasciando eredi il cugini , Pompeo e Giuseppe, napoletani ed ultimi Piccolomini d'Aragona, ai quali, andarono, per il breve periodo di una [[generazione]], tutti i titoli e possedimenti, accumulati dalla linea della ''Papessa'' Caterina, compreso il ducato di Amalfi. Come si è visto in precedenza, con l'estinzione anche di questa linea, che fu della ''Papessa'' Laudomia, tutti i possedimenti, i titoli e la storia del ramo papale passarono nella linea dei Salamoneschi<ref name=Cavalieredisantostefanopriore2> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>.
 
==== Piccolomini Salamoneschi ====
 
È questa indubbiamente una di quelle ramificazioni, che ha dato alla famiglia diversi personaggi illustri, tra [[Capitano di ventura|capitani di ventura]], notabili e uomini di [[Chiesa cattolica|chiesa]].
 
Gli uomini d'arme di questa linea si sono espressi specialmente nel XIV secolo, quando il potere e la stabilità della repubblica, non si erano ancora consolidati. Tre figli di Salomone Spinello, Pietro e Tommaso furono [[condottiero|condottieri]] dotati di grande [[carisma]]ra la [[Popolo|popolazione]]. Dotati di cospicui mezzi, ebbero con le loro [[milizia|milizie]], un [[Ruolo (sociologia)|ruolo]] di primaria importanza nei territori della [[Toscana]] meridionale, tanto da essere temuti, per le loro iniziative personali, non sempre in linea con le direttive della Repubblica.
[[File:Perugia-Towers Benedetto-Bonfigli.jpg|thumb|295px|Perugia difesa da Nanni Piccolomini nel 1412]]
 
* Tommaso, detto ''Prete Grasso'' dopo alcune iniziative non gradite, fu [[Esilio|bandito]] da Siena e come [[Soldato di ventura|soldato di ventura]], passò al soldo di [[Fra' Moriale]], condottiero francese, di dubbia [[fama]][[File:Fiorino 1340.jpg|75px|left]], che era di passaggio in Toscana. Effettuò numerose scorrerie, pretendendo consistenti riscatti per la liberazione dei territori occupati. Questa sua attività gli fruttò 13.000 fiorini che la Repubblica fu costretta a pagargli<ref name=Spreti2bis>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 335</ref>.
 
* Spinello, nel [[1363]], si impadronì, insieme ai fratelli, del castello di [[Batignano]], di notevole importanza strategica, e lo restituì a Siena, solo dietro pagamento della considerevole somma di denaro di 6.400 fiorini<ref name=RerumItalicorumScriptores> Ludovico Antonio Muratori, Rerum Italicarum scriptores (Tomo XV pag.179,180) [http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone%20tommaso%20spinello%20pietro&f=false Fonte]</ref>. Durante questa controversia Spinello, fu imprigionato e rinchiuso a [[Castiglioncello]], da dove però riuscì a fuggire<ref name=RerumItalicorumScriptores3>Ludovico Antonio Muratori, Op. Cit, (pag. 209,210)[http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone&f=false Fonte]</ref>.
 
* Pietro di Salamone (prima metà del[[ XIV secolo]]). Dopo le prime scorribande giovanili insieme ai fratelli, fu sempre presente nelle numerose campagne militari che Siena teneva per la conquista di nuovi territori. Nel [[1376]] per conto della repubblica riconquistò il [[port]]o e la [[fortezza]] di [[Talamone]] e altri territori contesi al [[papato]] <ref name=Armi>La cooperazione al cuore del Mediterraneo [http://www.ecista.com/San_Rabano/analisi_storica_4.html]</ref><ref name=RerumItalicorumScriptores2 >Ludovico Antonio Muratori, Rerum Italicarum scriptores (Tomo XV pag.253,254)[http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone&f=false Fonte]</ref>. Come commissario della repubblica stipulò l'[[alleanza]] con [[Firenze]], [[Perugia]], [[Arezzo]] e [[Carlo IV di Lussemburgo]] in chiave anti-[[Visconti|Viscontea]] (Lega di Siena [[1351]]), a difesa di [[Bologna]]. Successivamente in difesa di questa città si mosse con le truppe senesi alleate del papa [[Urbano V]]. In tarda età di dedicò all'attività di [[governo]],(Provveditore di Biccherna [[1381]]) e affinò la sua abilità [[diplomazia|diplomatica]], stipulando numerosi [[Trattato internazionale|trattati]] con i signori [[Feudatario|feudali]] del tormentato territorio senese.
I figli di Spinello continuarono la tradizione militare della famiglia. Uno dei due, Niccolò, seguì le vicende belliche nel territorio senese, inizialmente affiancato dal fratello Nanni.
* Nanni di Spinello (Giovanni)<ref name=Armi3>Il dizionario anagrafico dei condottieri di ventura[http://www.condottieridiventura.it/index.php/lettera-s/2308-nanni-di-spinello Fonte]</ref>, Capitano di ventura, ebbe una personalità variegata e turbolenta. Bandito dalla Repubblica, si unì ad [[Angelo Tartaglia]], altro condottiero italiano. Con questi occupò [[Radicofani]], per poi venderlo ai Senesi.[[File:Triana, castello 01.JPG|thumb|235px|left|Veduta del castello di Triana]] Nel [[1412]] si pose a difesa dei territori di [[Perugia]] insieme a Ceccolino Michelotti e riuscì a battere [[Braccio da Montone]], che difendeva gli interessi papali. Rimarrà, per qualche anno a difesa di questa [[signoria]] al comando di 150 lancieri. Si cimentò nuovamente contro Braccio da Montone, questa volta contro Perugia e a fianco di [[Giacomo Attendolo|Muzio Attendolo Sforza]], entrambi al servizio di[[Ladislao I di Napoli| Ladislao re di Napoli]]. Sempre nel [[1417]] passò [[senatore]] a [[Roma]]<ref name=Stemma>[http://museicapitolini.net/object.xql?urn=urn:collectio:0001:foto:d:02241 Stemma Marmoreo Musei Capitolini]</ref> e successivamente, sempre affiancando Attendolo Sforza, si mise al servizio di [[Martino V]]. Ancora una volta affronta Braccio da Montone nella battaglia di [[Montefiascone]] ([[1419]]), nella quale però questa volta viene sconfitto. Durante tutte queste vicende belliche ed i continui rivolgimenti di fronte, grazie all'intervento del [[re]] di [[Napoli]], venne riammesso a Siena, con il ripristino del suo status di [[cittadino]] della repubblica.[[File:Franziskus Piccolomini S.J..jpg|thumb|120px|right|<small>Francesco Piccolomini, 8° Generale dei Gesuiti</small>]] Nel [[1421]], insieme ad altri condottieri italiani, passò al servizio degli [[Angiò]]. A [[Cosenza]], al comando di [[Francesco Sforza]], combatté una lunga campagna contro le truppe di [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso d'Aragona]]. </br>Nei brevi periodi di pace, decise di mettere a frutto i larghi guadagni ottenuti nelle numerose campagne militari, acquistando insieme al fratello Niccolò il [[Castello di Triana]]<ref name=Spreti2>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 335</ref>, che con i territori di pertinenza rappresentava un importante marca di confine rispetto ai domini del papato.
 
* Salamone, nipote di Nanni e figlio del fratello Niccolò ottenne dalla repubblica l'esenzione dei tributi, e la costituzione della '''Signoria della Triana''', per il ramo primogenito, che assunse il nome di Piccolomini della Triana e si perpetuò per altre sei generazioni, fino alla metà del[[ XVII secolo]]. Durante questo periodo altri uomini diedero lustro a questa nuova linea della famiglia. Tra questi, personaggio di rilievo è un padre [[gesuita]].
* Francesco, di Lelio di Girolamo nato nel 1582. Figura da sottolineare per la sua rettitudine morale e la sua grande devozione religiosa. Divenne gesuita all'età di 18 anni e successivamente [[professore]] di [[filosofia]] e [[teologia]] nel [[Collegio Romano]]. Dopo aver retto diverse provincie del'ordine, divenne nel [[1649]] [[Preposito generale della Compagnia di Gesù]]<ref name=FrancescoPiccolominiGesuita> La pagina biografica (latino e italiano) sul gesuita Generale Francesco Piccolomini, con l'immagine [http://archive.is/af4X9 Fonte]</ref>.
La discendenza più antica dei Signori della Triana, continuò fino a quando l'ultima nata, Agnese, sempre in rispetto del patto consortile si sposò, (intorno al [[1640]]) con il cugino ''cadetto'' Spinello, appartenente all'originario ramo dei Piccolomini Salamoneschi. Nel [[1895]] anche questa linea si estinse con Niccolò, che lasciò erede dei suoi beni, che comprendevano anche il [[Palazzo Piccolomini|Palazzo di Pienza]], il lontano cugino Silvio dei Carli Piccolomini, che trasferì così la signoria della Triana nell'altro grande ramo della famiglia scaturito da Rustichino.
 
 
 
 
 
www.storia.unisi.it/uploads/media/mucciarelli_piccolomini.rtf‎
 
 
 
Alessandro I Piccolomini (1535-1554)
Senese, fratello del predecessore Girolamo e già Vescovo di Pienza, alla morte di questi divenne Vescovo anche di Montalcino, riunendo le due Diocesi momentaneamente separate. Partecipò al Concilio di Trento. Nel 1554 rinunciò al governo delle Diocesi e morì nel 1563.[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-montalcino]
 
=== ''Ramo di Rustichino'' ===
==== Piccolomini Carli ====
==== Piccolomini Clementini ====
==== Piccolomini Mandoli ====
 
==Membri illustri==
Molti membri della famiglia furono ecclesiastici, generali e statisti.
Due di loro divennero papi:
 
* [[Papa Pio II|Enea Silvio Piccolomini]], divenuto [[papa]] con il nome di Pio II;
* [[Papa Pio III|Francesco Todeschini Piccolomini]], divenuto papa con il nome di Pio III.
 
Fra gli altri membri importanti:
 
* [[Alessandro Piccolomini]], astronomo, scrittore, filosofo, e drammaturgo.
* [[Alfonso Piccolomini]], governatore di Siena dal [[1528]] al [[1530]] e dal [[1531]] al [[1541]].
* [[Ambrogio Maria Piccolomini]], [[arcivescovo]] di [[Arcidiocesi di Otranto|Otranto]].
* [[Antonio Todeschini Piccolomini]], nobile che ha fatto costruire il [[Castello Piccolomini (Celano)|castello di Celano]].
* [[Antonio Piccolomini]], nobile (barone) che ha fatto costruire il [[Castello Piccolomini (Balsorano)|castello di Balsorano]].
* [[Celio Piccolomini]], ([[Siena]], [[1609]] – Siena, [[1681]]) [[cardinale]] italiano.
* Francesco Piccolomini, (Siena, [[1523]] - Siena, [[1607]]) filosofo aristotelico
* [[Francesco Piccolomini]], (Siena, [[1582]] - [[Roma]], [[1651]]) divenne Generale dell'Ordine dei [[Gesuiti]].
* [[Giacomo Piccolomini]], (Siena, [[1795]] – Siena, [[1861]]) cardinale e arcivescovo di [[Arcidiocesi di Siena|Siena]].
* [[Gioacchino Piccolomini]], frate dei [[Servi di Maria]] e [[beato]] (memoria il [[3 febbraio]]).
* [[Giovanni Piccolomini]], (Siena, [[1475]] – Siena, [[1537]]) cardinale e arcivescovo di [[Arcidiocesi di Siena|Siena]].
* [[Marietta Piccolomini]], (Siena, [[15 marzo]] [[1834]] - Siena, [[23 dicembre]] [[1899]]) soprano.
* [[Niccolò Piccolomini]], (Siena, ... – Siena, [[1467]]) arcivescovo di [[Arcidiocesi di Benevento|Benevento]].
* [[Ottavio Piccolomini]], ([[Pisa]], [[1600]] - [[Vienna]], [[1656]]) condottiero della cavalleria imperiale durante la [[Guerra dei trent'anni]], duca di [[Amalfi]].
 
 
==Note==
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== Altri progetti ==
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== Matrimoni della famiglia ==
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|titolo='''Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona'''
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