Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox e Beretta Holding: differenze tra le pagine

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{{Azienda
{{Nota disambigua|altri significati del termine|[[Piccolomini (disambigua)]]}}
|nome = Beretta Holding
{{S|storia di famiglia}}
|logo =
{{Infobox
|forma societaria = Società per azioni
|NomeTemplate = Piccolomini
|data fondazione = 1995
|StileTabella =
|forza cat anno =
|TitoloInt = <span style="color:#FFFFFF">Piccolomini</span>
|luogo fondazione = [[Gardone Val Trompia]]
|StileTitoloInt = background:#b22222;
|fondatori =
 
|data chiusura =
|Immagine = {{Doppia immagine|center|Coa_fam_ITA_piccolomini.jpg|120|Coa_fam_ITA_piccolomini_3.jpg|120|}}{{cassetto
|causa chiusura =
|larghezza = 100%
|colorenazione = #ffffe0ITA
|sede = [[Gardone Val Trompia]]
|coloresfondo =
|gruppo =
|allineamento = sinistra
|filiali =
|titolo=<small>'''Blasonatura'''</small>
|persone chiave =
|testo = <small>D'argento, alla croce d'azzurro, caricata di cinque lune montanti d'oro.</small><br /> <small>D'argento, alla croce d'azzurro, caricata di cinque lune montanti d'oro; col capo d'oro al'aquila spiegata di nero, coronata dell campo</small>
* Pietro Gussalli Beretta<br /><small>Presidente e Consigliere Delegato</small>
<code>
* Franco Gussalli Beretta<br /><small> Vice Presidente e Consigliere Delegato</small> <ref>http://www.berettaholding.com/it/corporate-governance</ref>
</code>
|settore = manifatturiero, tessile
|prodotti = [[Armi da fuoco]]<br />Ottiche<br />Abbigliamento
|fatturato = 660 milioni [[Euro|€]]<ref name="risultati2015">{{cita web|url=http://www.berettaholding.com/it/financial-highlights|titolo=Financial Highlights|accesso=13 febbraio 2017}}</ref>
|anno fatturato = 2015
|utile netto = 47,3 milioni [[Euro|€]]
|anno utile netto = 2015
|dipendenti = 2941
|anno dipendenti = 2015
|note =
}}
|StileImmagine =
|Didascalia = ''Et Deo et hominibus''
 
'''Beretta Holding S.p.A.''' è una [[holding]] italiana, nato nel 1995, che produce [[armi da fuoco]] leggere, abbigliamento e accessori, ottica e puntatori laser.
 
==Storia==
Nato ad opera della [[Fabbrica d'Armi Pietro Beretta]], detiene partecipazioni dirette o indirette nelle 26 aziende operative che oggi ne fanno parte ed è leader nel settore delle armi portatili leggere, dedicate all’attività sportiva e venatoria e alla difesa personale <ref>http://www.beretta.com/it/world-of-beretta/holding/</ref>.
 
Il Gruppo, attraverso le due acquisizioni delle aziende Burris e Steiner, è anche entrato nel settore delle ottiche e in quello dei binocoli. Nel corso del 2012 si è poi completata l’acquisizione della Laser Devices (ora Steiner eOptics), azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di puntatori laser e torce tattiche mentre nel 2015 sono entrate a far parte del gruppo altre due aziende, la STS e la Diffraction (ora ''Steiner eOptics''), specializzata nella produzione di sofisticati visori notturni e particolari segnalatori detti beacon.<ref>http://berettaholding.com/it/group-profile</ref>
 
==Marchi e aziende==
|StileDidascalia =
*[[Fabbrica d'Armi Pietro Beretta]] S.p.A.
|StileGruppo = background:#fffff0;
*[[Benelli Armi]] S.p.A.
|StileNome = background:#fffff0;
*[[Aldo Uberti]] S.p.A.
|StileValore =
*Meccanica Del Sarca S.p.A.
|Gruppo3 =
*[[Franchi Armi]]
|Nome2 = Cimiero:
*[[Sako]]
|Valore2 = L'aquila spiegata di nero coronata d'oro
*Steiner-Optik
|Nome3 = Ornamenti:
*Steiner eOptics
|Valore3 = Lambrecchini azzurri e neri
*Tikka
|Gruppo4 =
*Beretta Usa Corp.
|Nome4 = Luoghi:
*[[Stoeger Industries]]
|Valore4 = Repubblica di Siena, Stato Pontificio, Regno di Napoli, Granducato di Toscana, Regno delle due Sicilie, Boemia.
*Burris Optics
|Gruppo5 =
*Beretta Defense Technologies (BDT)
|Nome5 = Titoli:
|Valore5 = Patrizi di Siena, Conti del Sacro Romano Impero,Conti Palatini.</br> Già: Grandi di Spagna, Principi del Sacro Romano Impero e di Nachod, Duchi di Amalfi, Marchesi di Deliceto e Capestrano, Conti di Celano e Gagliano, Baroni di Balsorano, Pescina, Scafati e Carapelle, Principi di Valle di Casale e di Maida, Duchi di Laconia, Marchesi di Montesoro, Duchi di Montemarciano. Signori di numerosi feudi italiani ed esteri.
|Gruppo6 =
|Nome6 = Capostipite:
|Valore6 = Piccolomo di Montone
|Gruppo7 =
|Nome7 = Rami:
|Valore7 = Ramo di Bartolomeo</br>Ramo di Rustichino
 
|Ultima =
|StileUltima = background:#ddf;
}}
 
Antica famiglia di Siena.
 
==Storia della famiglia==
 
Questa [[famiglia]] ha origini molto antiche. Come afferma il Malavolti, è plausibile che i Piccolomini siano di origine franca o germanica, alla stregua di molte altre antiche famiglie senesi del tempo. Così, come sembrerebbe emergere da un atto di [[Compravendita (diritto italiano)|compravendita]] del [[1098]], ove un Martino di Piccolomo dichiarava di vivere insieme alla moglie Rozza sotto la legge [[longobarda]]<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti - Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana 1928-1936 (Ristampa Anastatica Forni Editore Bologna -1981) Vol. V, pag. 325</ref>.
 
'''Le origini leggendarie'''
[[File:Lars Porsena.jpg|thumb|150px|left|Re Porsenna. Secondo Caio Vibenna, chiese l'intervento di Bacco di Piccolomo contro i Romani]]
[[File:Horatius Cocles.jpg|thumb|170px|Orazio Coclite, antenato leggendario dei Piccolomini, in una incisione di Hendrick Goltzius]]
 
Intorno alla metà del [[XV secolo]] cominciarono a fiorire scritti sulla origine mitica della famiglia. Il [[poeta]] fiorentino, Leonardo Dati, alla [[Cortigiano|corte]] di [[Pio II]], tradusse, dal latino, un libretto di Caio Vibenna, in cui compariva un Bacco di Piccolomo, signore del castello di Montone, chiamato dal [[Re|re]] [[Porsenna]] a soccorrere, [[Tarquinio il Superbo]] scacciato da Roma. ''"... andò in aiuto a quel re contra i romani con dugento homini a piedi e cinquanta a cavallo, [inalberando] la sua insegna di color bianco con croce azura adentro meze lune d'oro come è oggi l'arme di questa famiglia..."''<ref name=Mucciarelli0>Roberta Mucciarelli , L'archivio Piccolomini:Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenza fantastiche e architetture nobilitanti - (edito in “Bullettino Senese di Storia Patria”, CIV, 1997, pp. 357-376), (pagg. 1 e 2 del doc. rtf)[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref> <ref name=Malavolti>O. Malavolti, Dell’historia di Siena, Venezia, 1599, [rist. anastatica Bologna, 1968] III, parte prima, p. 23</ref>. Il [[papa]] Piccolomini, lungi dal farsi tentare da queste suggestioni mitiche, era comunque convinto, che la sua famiglia affondasse le radici nell' [[Roma antica|antica Roma]], per il frequente ricorrere dei nomi [[Silvio (mitologia)|Silvio]], [[Enea]] o [[Ascanio]]<ref name=Mucciarelli1>Roberta Mucciarelli, op. cit.. pg. 2 doc. rtf [http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref> Altri scritti, conservati negli [[Atto giuridico|atti]] della [[consorteria]] Piccolomini e custoditi nell'[[Archivio di Stato di Siena]], evocano un'ascendenza dai re di [[Albalonga]]<ref name=Mucciarelli2>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 10 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>, con un' improbabile salto indietro nel tempo di oltre duemila anni. È comunque certo che tutta la [[Storiografia|memorialistica]] genealogica concorda nell'attribuire a questa famiglia un'[[origine]] sicuramente remota.
 
Nel [[XVII secolo]] due fratelli Piccolomini, del ramo di Modanella si accingevano a fare un grande [[Albero genealogico|albero genealogico]] della famiglia. Per suggellare con una [[Certificato|certificazione legale]] la loro antica [[Genealogia|genealogia]] diedero incarico ad un [[notaio]], Alessandro Rocchigiani, di mettere ordine nelle varie [[Fonte testuale|fonti]] che dissertavano sull'origine della famiglia. Evidentemente il [[fascino]] del [[mito]], misto alla riverenza dovuta agli illustri [[Committente|committenti]], invece di eliminare le componenti leggendarie finì per aumentarle. [[Orazio Coclite]], fu indicato, dallo zelante notaio, come nuovo capostipite, ''certo'', della famiglia. Indubbiamente alcune coincidenze destano stupore. Infatti, nella [[colonna]] che ornava il [[Campidoglio]], risaltava scolpita, nello [[scudo]] dell'antico romano, la sua [[Stemma|impresa]], identica a quella della famiglia senese<ref name=Mucciarelli2bis>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 6 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>. Una volta agganciata ad Orazio, la [[stirpe]] dei Piccolomini aveva, nell'antica Roma il nome di Parenzi e da qui, poi un suo componente, scelse come nuova [[residenza]] la [[Colonia romana|colonia Senese]]. Dove abbandonò il suo nome , Chiaramontese, per mutarlo in Piccholuomo.<ref name=Mucciarelli3>Roberta Mucciarelli, op. cit. pagg. 1 - 7 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.
 
'''La Storia'''
 
In tempi più recenti, il riferimento più antico ai Piccolomini, emerge quando [[Siena]] non era ancora eretta a [[Repubblica]]. L'[[imperatore]] [[Enrico III il Nero|Arrigo II]]<ref name=Arrigo>Arrigo II detto il terzo - Noto come Enrico III il Nero - Sebastiano Fantoni Castrucci, Istoria della Citta' d'Avignone, e del contado Venesino - Gio: Giacomo Hertz, Venezia 1678 [http://books.google.it/books?id=YsA0yjOTEcEC&pg=RA1-PA38&lpg=RA1-PA38&dq=arrigo+II+1050&source=bl&ots=9HuuBGJM_7&sig=q0mfsc4l5GHOV03adYRio3-wbbU&hl=it&sa=X&ei=BtMXU5OgH8nTsgbFmoHQDA&ved=0CE8Q6AEwBQ#v=snippet&q=arrigo%20II&f=false Fonte]</ref>, nominò Salamone Piccolomini, suo [[procuratore]] e [[governatore]] del [[territorio]] senese, nel [[1055]] e secondo quanto asserisce il Bisdomini, lui e suo fratello Matteo costruirono due [[torre|torri cittadine]], di cui, una, sulla [[strada]] che conduceva a [[Roma]]<ref name=Mucciarelli2bis>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 6 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.</br> In quel tempo il loro stemma non era ancora ben definito, e spesso nella croce azzurra apparivano più mezzelune delle cinque comunemente conosciute.[[File:Don Gregorio, Monaco degli Umiliati (Camerlengo) - Tavoletta di Biccherna del 1324.jpg|thumb|210px|left|Tavoletta di Biccherna del 1324. </br>È presente un antico stemma Piccolomini con sei lune crescenti<ref name=Biccherna> Si scorgono nella croce blu, sei mezze lune d'oro, anziché cinque. Numero omologato dal XV secolo in poi</ref>]]
Sono ricordati come appartenenti ai ''Grandi di Siena'' e furono fra i primi ad essere ascritti al monte dei ''Gentiluomini''.
Rustichino di Orlando e Guglielmo di Piccholuomo parteciparono al governo della città come "[[Console (storia medievale)|Consoli]]" della giovane Repubblica nel [[1160]] e nel [[1170]]. Rainerio di Montonio e Rustichino di Piccolomo nel [[1178]] e [[1228]]<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 325</ref>.
 
Già da tempi molto remoti possedevano il [[castello]] di Val di Montone che sorgeva su uno dei tre [[colle|colli]] a ridosso dei quali si sarebbe poi sviluppato il [[Agglomerazione|tessuto urbanistico]] della Siena [[medioevale]]. Nel [[1220]], Engelberto o Inghilberto d'Ugo Piccolomini ricevette il [[feudo]] di Montertari in [[Val d'Orcia]] dall'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] come premio per i servizi resi<ref name=Spreti0>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 325</ref>.
 
La famiglia acquisì [[Palazzo|palazzi]] e torri a Siena e vari [[castello|castelli]] nel territorio della [[Repubblica di Siena|Repubblica]]. Alcuni fra le più antiche di queste proprietà, come Montone e [[Castiglione d'Orcia|Castiglione]], furono venduti a Siena, nel [[1321]].
 
I Piccolomini ottennero grandi ricchezze tramite il [[commercio]] e stabilirono uffici contabili a [[Genova]], [[Venezia]], [[Aquileia]], [[Trieste]] e in varie [[città]] di [[Francia]], [[Inghilterra]], [[Germania]] ed [[Austria]].[[File:Ufficio contabile medievale per prestiti e finanziamenti.jpg|thumb|360px|Ufficio contabile e mercantile nel Medio Evo]]
 
Sostenitori della causa [[Guelfa]], allorché la parte [[Ghibellina]], nel [[1260]] con la [[Battaglia di Montaperti]] trionfò in [[Toscana]], furono costretti, come tanti altri, a prendere la via dell'[[esilio]] e le loro [[casa|case]] e possedimenti vennero devastati e distrutti. Rientrarono in [[patria]] con l'aiuto francese, ma furono nuovamente scacciati durante il breve regno di [[Corradino]]. Dopo le battaglie di [[Battaglia di Tagliacozzo|Tagliacozzo]] ([[1268]]) e [[Battaglia di Colle|Colle val'Elsa]] ([[1269]]), nelle quali gli [[Svevi]] e la parte ghibellina furono definitivamente sconfitti da [[Carlo I d'Angiò]], i Piccolomini tornarono trionfalmente a Siena e perseguirono con determinazione gli appartenenti alla fazione ghibellina<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.
 
Queste continue lotte tra diverse fazioni, indebolirono sensibilmente, l'influenza commerciale della Repubblica, a tutto vantaggio dei rivali fiorentini, che forti della [[vittoria]] guelfa andarono ad occupare i più importanti nodi commerciali, prima detenuti dai senesi. In questo contesto, i Piccolomini, più lungimiranti di altri si ritirarono dal [[commercio]], evitando la lunga catena di [[fallimento|fallimenti]] che coinvolse altre potenti famiglie senesi. </br>Mentre continuavano a dedicarsi al consolidamento delle loro ricchezze e del loro [[dominio]] terriero, seppure con discrezione e riservatezza, rimasero ai vertici dello stato e parteciparono attivamente al [[governo]] della repubblica, essendo il loro [[prestigio]] rimasto inalterato<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.
 
Attraverso i vari rami della famiglia, estesero, nel corso degli anni successivi, le loro [[signoria|signorie]] ad [[Alma]], [[Castiglioncello]], Amorosa, [[Roccalbegna]], Torre a Castello, [[Porrona]], [[Triana]], [[Castiglione d'Orcia]], Ripa d'Orcia, [[Batignano]], [[Celle]], [[Castiglion della Pescaia]], [[Radicofani]], la citata Montertari, [[Sticciano]], Modanella, [[Montemarciano]], Camporsevoli, l'[[Isola del Giglio]], Castiglion del Bosco, [[Capestrano]], [[Celano]], [[Amalfi]], Nacod in [[Boemia]], [[Valle]] nel [[Regno di Napoli]].
 
Inoltre possedevano [[Pienza|Corsignano]], chiamato poi [[Pienza]], la fortezza di Castiglion Baroti, Bibbiano Cacciaconti e Bibbiano Guilleschi, Castelnuovo Berzi e vasti territori a [[Montalcino]], [[Rosia]], Radi, Arbiola, [[Asciano]], Abbadia Ardenga, [[Montefollonico]], [[Rapolano]], Poggio S. Cecilia, Montichiello, [[Bettolle]], Vergelle ed altri luoghi minori<ref name=Spreti0bis>Vittorio Spreti Op. cit. Vol. V, pag. 326</ref>.</br>
 
</br>'''Discendenza di Piccolomo'''</br>
 
{{cassetto
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|allineamento = centro
|titolo=Discendenza di Piccolomo
|testo =
<code>
</code>
[[File:Piccolomini - Discendenza di Piccolomo di Montone.jpg|thumb|900px|center|Discendenza di Piccolomo di Montone<ref name=LisiniAmmirati>A. Lisini, A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena. - Enrico Torrini editore - Siena 1900. Tav. I[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/03/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%281%29_%28_I_%29.jpg - Fonte]</ref>]]
}}
 
</br>La [[discendenza]] di Piccolomo, tramite i numerosi [[figlio|figli]], fin dalle [[origine|origini]] si divise in due grandi [[ramificazione|ramificazioni]]. Quelle di Bartolomeo e Rustichino, all'interno delle quali si svilupparono diverse linee genealogiche. Anche un altro figlio, Ugo, ebbe numerosa discendenza. Tale linea, però non è stata illustrata da nessun [[genealogista]], probabilmente perché estinta in tempi remoti, durante il [[XIV secolo]].[[File:Le torri di Siena in un antico dipinto Biccherna (particolare).jpg|thumb|left|350px|Le torri di Siena in un antico dipinto]]
 
Nel [[Basso Medioevo|basso Medioevo]] esistevano diversi [[Istituto giuridico|istituti giuridici]] a protezione dell'integrità dei beni familiari, come i [[Fedecommesso|fedecomissi]], la [[primogenitura]] e le [[Commenda|commende]]. La costituzione della ''Consorteria Piccolomini'', rimasta in vigore fino al [[1821]] e voluta da uno dei discendenti di Rustichino, il papa [[Pio II]], rafforzò ulteriormente l'unione politica e patrimoniale della famiglia.
 
La ''consorteria'', prevedeva infatti,che, ove un ramo dovesse terminare con un componente femminile, l'eventuale [[consorte]] fosse aggregato o [[adozione|adottato]] nella famiglia Piccolomini, con l' obbligo di sostituire o aggiungere il [[cognome]] e sostituire o inquartare lo [[stemma]].[[File:Albero genealogico marsciano ughelli.jpg|thumb|300px| Un'esempio di albero genealogico della stessa epoca]] Oppure era prevista l'[[matrimonio|unione matrimoniale]] con un componente di altra linea genealogica. In entrambi i casi dovevano essere assunti tutti gli obblighi e i benefici conseguenti all'ingresso nella consorteria, con trasferimento del [[patrimonio]], dei [[Nobiltà|titoli nobiliari]] e dei predicati. Nell'albero genealogico del [[1688]]<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>, era posta una puntuale distinzione, tra ''Piccolomini estranei'', ovvero adottati, e ''Piccolomini aggregati''. La distinzione non era solo formale. Gli aggregati, infatti, potevano partecipare alle [[Assemblea|assemblee]] consortili, con gli stessi privilegi e attribuzioni dei ''Piccolomini originari''. Inoltre all'epoca le linee genealogiche erano numerosissime, per cui venne fatta una distinzione che, in pratica, divideva la famiglia in tre [[categoria|categorie]]<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.</br>
</br>I ''Piccolomini originari'', che erano: Piccolomini Alamanni, Guglielmini,Turchi, Montoni, Chiaramontesi, Ugoni, Rustichini, Modanelli o di Modanella, Spinellesi o della Triana, Salmoneschi, Mandoli, i Carli.</br>
I ''Piccolomini aggregati'', che erano: Piccolomini Todeschini, Piccolomini d'Aragona e di Castiglia.</br>
I ''Piccolomini estranei'', che erano: Pieri o di Sticciano, Del Testa, Ammannati, Loli, Patrizi, Miraballi, Spannocchi, Cesarei, Bandini, Lucentini, Siverii<ref name=Mucciarelli4>Roberta Mucciarelli, op. cit. pag. 5 doc. rtf[http://www.storia.unisi.it/index.php?id=307%E2%80%8E - Fonte]</ref>.
 
Tale sofisticata [[struttura]], rende, talvolta, disagevole la lettura della genealogia di questa famiglia. Per questo motivo vengono esposte le linee genealogiche storicamente più significative e quelle superstiti.
 
=== ''Ramo di Ugo'' ===
 
Come accennato, non si hanno molto notizie di questa linea genealogica. La discendenza di Ugo va comunque ricordata per alcuni importanti personaggi, ad essa riconducibili.
* Bonicella Cacciaconti Piccolomini (1230 ca. - † 1300 ca.). [[Beato|Beata]] e originaria di [[Trequanda]], come ricordato in una pergamena dell'[[Complesso museale di Santa Maria della Scala|Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena]], andò in sposa a Ildobrandino di Ugo. Va ricordata, oltre che per le sue celebrate virtù, anche perché, con ogni probabilità, grazie a lei, la fortezza di Modanella, già dei Cacciaconti entrò nell'orbita della famiglia Piccolomini.
* Matteo (1290 ca. - † 1341). Discendente di Ugo, tramite Toma di Alamanno, viene ricordato, insieme al cugino Meuccio, come acquirente del borgo fortificato di [[Castiglione d'Orcia|Castiglion d'Orcia]], che poi fu rivenduto a Siena nel [[1321]]<ref name=LisiniAmmirati>A. Lisini, A. Liberati,Op. cit. Tav. I</ref>.
Questa linea si estinse nella seconda metà del [[XIV secolo]].
 
=== ''Ramo di Bartolomeo'' ===
 
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|allineamento = centro
|titolo=Discendenza di Bartolomeo
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<code>
</code>
[[File:Piccolomini. Genealogia essenziale - ramo di Bartolomeo.jpg|thumb|700px|center|Discendenza di Bartolomeo]]
}}
 
</br>Guglielmo di Bartolomeo detto Cencio attraverso due dei suoi figli, Conte e Salomone, diede origine ad altrettante importanti linee, denominate rispettivamente '''di Modanella''' e dei '''Salamoneschi'''. Guglielmo ebbe anche un altro figlio, detto Guglielmino, che ebbe una breve discendenza, dotata, però, di grandi mezzi. Finanziò la Repubblica in diverse occasione, divenendone largamente creditrice. In particolare durante i [[Conflitto|conflitti]] sostenuti nei confronti dei Conti[[ Aldobrandeschi]] di [[contea di Santa Fiora|Santa Fiora]], Siena dovette dare in pegno alcune località strategiche come [[Castiglion d'Orcia]] nel [[1315]]<ref name=Terreditoscana> Terre di Toscana - Storia e cultura [http://www.terre-di-toscana.com/index.php/storia-e-cultura-castiglione/ Fonte] </ref> e successivamente per saldare un debito di 17.450 fiorini d'oro dovette vendere il [[Borgo]] e la [[Rocca]] e Pietra d'Albegna (successivamente chiamata [[Roccalbegna]]) nel [[1318]]<ref name=MarcelloGuazzerotti>Evidenze di edilizia civile medievale in Roccalbegna pag. 4 in Academia.edu[https://www.academia.edu/4218698/Roccalbegna Fonte]</ref><ref name=Pecci>G. A. Pecci "Lo stato di Siena antico e Moderno (1758)" a cura di M. De Gregorio, in "Castelnuovo e Podesteria", Siena 1992.</ref>. Attore di queste transazione fu Meuccio di Guglielmino<ref name=MarcelloGuazzerotti>Evidenze di edilizia civile medievale in Roccalbegna pag. 4 in Academia.edu[https://www.academia.edu/4218698/Roccalbegna Fonte]</ref>, che non avendo mire di dominio su questi territori, di buon grado ne consentì il riacquisto da parte del [[Comune]], rispettivamente, nel [[1321]] e nel [[1324]].<br>Guglielmino con i suoi figli, a cavallo del[[XIII secolo| XIII]] e [[XIV secolo]], si impegnarono a consolidare il loro [[patrimonio]] fondiario e [[immobiliare]], nella zona di[[ Corsignano]].
 
==== Piccolomini di Modanella ====
 
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|titolo= Piccolomini di Modanella - Genealogia in sintesi
|testo =
<code>
</code>
[[File:Genealogia essenziale - Piccolomini di Modanella.jpg|thumb|900px|center|Genealogia essenziale - Piccolomini di Modanella<ref name=LisiniAmmirati3>A. Lisini, A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena. - Enrico Torrini editore - Siena 1900. Tav. V[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f2/Genealogia_Piccolomini_Tavola_%285%29_%28V%29.jpg - Fonte]</ref>]]
}}
</br>Questo ramo fu originato da Conte di Guglielmo. Dopo le sanguinose guerre intercorse tra le fazioni della Repubblica durante il [[XII secolo]], Conte insieme al padre fu tra quelli, che giurarono la [[pace]] definitiva tra Guelfi e Ghibbelini. Conte ricevette in [[eredità]] il castello di Modanella. Località dalla quale prese il nome questa linea.[[File:Fortezza di Modanella - Siena.png|thumb|350px|Right|Fortezza di Modanella - Siena (Castello della famiglia Piccolomini)]]
 
I personaggi notabili furono diversi. Se ne ricordano brevemente solo alcuni.</br>
* Andrea ([[1320]] ca. - † ?) di Francesco. Nel [[1347]] fu [[Biccherna|Camerlengo di Biccherna]].
* Antonio (Siena [[1425]] ca. - Siena † [[1459]]). [[Congregazione camaldolese|Monaco dei Camaldolesi]], fu il 1° [[Arcivescovo]] di Siena.
* Andrea ([[1400]] ca. - † ?) di Mino, detto ''Ciscranna'', fu poeta di discreta fama<ref name=Crescimbeni> Gio. Mario de Crescimbeni, Commentari di Gio. Mario de Crescimbeni, intorno alla sua istoria della volgar poesia - Vol. II Parte II, pag. 100 - A. De Rossi 1702 - Firenze (?)[http://books.google.it/books?id=a3fT5VfqcEoC&pg=PA99&lpg=PA99&dq=ciscranna+Piccolomini&source=bl&ots=Ob5qZ2xNKA&sig=zx0eXpkpnQoTOqPQexNO8wUBQ_0&hl=it&sa=X&ei=ul_ZUuHsKMqT4ASy74GIAg&ved=0CDUQ6AEwAw#v=onepage&q=ciscranna%20Piccolomini&f=false Fonte]</ref> e ricordato in numerose pubblicazioni, tra cui il Crescimbeni.
* Andrea ([[1395]] ca. - † ?) di Niccolò nel [[1423]] fu [[ambasciatore]] presso la corte Papale.
* Fausta ([[1525]] ca. - † ?) discendente di Niccolò di Andrea, fu un personaggio particolarmente originale ed inconsueto per l'[[epoca]]. Durante il Lungo [[assedio]] della città di Siena, fu una delle tre [[Nobildonna|nobildonne]] senesi che ebbe il comando di una truppa tutta femminile come ricorda Biagio di Monluch nei suoi commentari <ref name=AlessandroSozzini>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555. Firenze, 1842 pag. 279 [https://play.google.com/books/reader?id=ccwFAAAAQAAJ&printsec=frontcover&output=reader&authuser=0&hl=it&pg=GBS.PA279 Fonte]</ref>. Si distinse particolarmente nella difesa del [[Convento]] di [[Santa Chiara]]. Portava come impresa una [[croce]] bianca e come [[motto]] ''pur che non la butto''.<ref name=spreti>Vittorio Spreti - Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana 1928-1936 (Ristampa Anastatica Forni Editore Bologna -1981) Vol. pag. 331</ref>
* Scipione ([[1515]] ca. - † ?) di Bernardino (XVI Secolo). Dopo la caduta di Siena, andò in esilio in Francia ed al seguito di [[Carlo IX]], combatté contro gli [[Ugonotti]], trovando la [[morte]] nella [[Battaglia di Moncontour]] ([[3]] [[ottobre]] [[1569]]).
* Francesco ([[1570]] ca. - † ?) di Giulio. Morì giovane lasciando vedova la moglie Onorata Vieri, che divenne prima dama di corte a Vienna, al seguito della principessa [[Claudia de' Medici]] che andò in sposa all'Arciduca [[Leopoldo V d'Austria]]. La Vieri rimase presso la corte asburgica per ventotto anni, ove rivestì un ruolo influente e di prestigio. Richiamò presso di se i figli Liduino e Giulio, che passarono parte della loro giovinezza a [[Vienna]], acquisendo benefici e riconoscimenti da parte dell'Imperatore [[Ferdinando III d'Asburgo]]<ref name=LisiniAmmirati2>A. Lisini, A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena. Pagg. 61-62 - Enrico Torrini editore - Siena 1900.[https://archive.org/stream/genealogiadeipi00lisigoog#page/n71/mode/2up - Fonte]</ref>.
* Francesco ([[1606]] ca. - † ?) di Francesco, ''[[Capitano del Popolo]]'', nel [[1652]], insieme al [[fratello]] Giulio, [[letterato]], in seguito al riordino delle antiche carte familiari, redasse un dettagliato [[albero genealogico]], che per mano dei [[maestro|maestri]] [[incisore|incisori]] Antonio Ruggeri e Giorgio Vidman, divenne una vera e propria [[opera d'arte]]<ref name=RobertaMucciarelli> Roberta Mucciarelli, L'Archivio Piccolomini. Alle origini di una famiglia magnatizia: discendenze fantastiche e architetture nobilitanti - Bullettino Senese di Storia Patria Siena, 1997, pp. 357-376[http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:http://www.storia.unisi.it/uploads/media/mucciarelli_piccolomini.rtf Fonte]</ref>
[[File:Stemma Piccolomini Conti del Sacro Romano Impero.png|45px]] '''Liduino - Conte del Sacro Romano Impero ([[1648]])'''
* Liduino ( n. [[1615]] - † [[1681]]) di Francesco. Fu preposto della [[Cattedrale di San Vigilio|Cattedrale di Trento]], curò il [[restauro]] di varie strutture, tra cui il Palazzo della Prepositura, che aveva accolto molti prelati illustri, durante il ''Concilio'', ed in precedenza, anche lui come preposto, lo stesso Enea Silvio, poi Pio II.[[File:Rudolph Bernt Motiv aus Trient 1891.jpg|thumb|250px|left|La cattedrale di San Vigilio, Duomo di Trento, in un dipinto d'epoca]] Personaggio colto e raffinato, viene ricordato come proprietario della raccolta d’arte <ref name=Ester> Biblioteca Comunale di Trento , ESTeR (editori e Stampatori di trento e Rovereto)- Trapp Carlo Costantino [http://www.esterbib.it/vediautore.php?ID=547&NM=310 Fonte]</ref> più prestigiosa mai sorta in territorio trentino<ref name=LuisaBortolotti>Luisa Bortolotti, Arte pittorica in Trentino - Luisa Bortolotti - Provincia autonoma di Trento - 2009. Pag.12 [http://www.vivoscuola.it/us/luisa.bortolotti/Quadri_fiorifrutti2.pdf Fonte]</ref>,parte della quale è conservata nella [[Pinacoteca di Siena]]. Fu il procuratore dei vari [[Vescovo|vescovi]] che si succedettero nel [[Principato Vescovile di Trento]]. Dotato di una perizia diplomatica non comune, fu ago della bilancia nelle frequenti controversie che avvenivano tra i potenti signori feudali del territorio. Territorio che fra l'altro stava molto a cuore dell'imperatore [[Ferdinando III d'Asburgo]]. Tali uffici e i molti altri svolti, durante il suo lungo mandato, gli valsero, nel [[1648]], la nomina a [[conte]] del [[Sacro Romano Impero|S.R.I.]], titolo che fu esteso ai suoi fratelli e a tutti i componenti maschi della famiglia.</br>Fu anche il procuratore del [[cardinale]] Ernesto Adalberto d’Harrach, il quale durante il suo breve mandato fu quasi sempre impegnato in altre sedi. Per questo motivo Liduino ebbe un ruolo importante<ref name=Ester> Biblioteca Comunale di Trento , ESTeR (editori e Stampatori di trento e Rovereto)- Harrach Ernesto Adalberto[http://www.esterbib.it/vediautore.php?ID=425&NM=3439 Fonte]</ref> ed esclusivo nell'organizzare l'accoglienza ed il successivo viaggio verso[[ Vienna]], della [[Margherita Teresa d'Asburgo|Principessa Margherita]], figlia di [[Filippo IV di Spagna]], e promessa sposa dell'imperatore [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]]. Circostanza questa che gli permise di acquisire visibilità nei confronti della futura [[Imperatrice]].</br>Viene ricordato con un busto marmoreo, lo stemma gentilizio e diverse [[epigrafe|epigrafi]], inseriti sulla facciata del Palazzo della Prepositura. Il suo [[sarcofago]] è custodito nella [[cattedrale]].
* Antonio ([[1667]] ca. - † ?), nipote (ex frate) di Liduino e figlio di Francesco, anch'egli prelato, fu preposto della [[Cattedrale di San Cataldo|Cattedrale di Taranto]]. Seguì lo zio, nel Principato Vescovile di Trento, dove presidiò. il territorio, occupandosi del risanamento di diversi luoghi. In particolare fu a capo dell'antico priorato di Sant'Egidio o di Ospedaletto, di cui curò il profondo restauro, così lontano dalla sua patria senese<ref name=AntonioCanonico>ISSUU - La Valsugana Orientale[[http://issuu.com/ecovalsugana/docs/la_valsugana_orientale_ii_i/72 - Fonte]]</ref>.[[File:I pochi resti dell'affresco dell'Annunciazione e lo stemma Piccolomini sulle canonica di Sant'Egidio ad Ospedaletto nel Principato Vescovile di Trento (1709).jpg|thumb|300px|Stemma Piccolomini sulla canonica di Sant'Egidio e i pochi resti di un affresco dell'Annunciazione. Ospedaletto]]
* Enea ([[1643]] - † [[1689]]), nipote (ex frate) di Liduino e figlio di Francesco. Stabilitosi a Vienna in giovane età divenne militare di professione e nel contempo uomo di fiducia dell'Imperatore, ricoprendo la carica di ''Cavaliere delle Chiavi d'Oro'' e Ciambellano. Ebbe un ruolo importante nella [[Battaglia di Mohács (1687)|Battaglia di Mohács]] del [[1687]], ove, come tenente generale e al comando di alcuni reggimenti, riuscì al impedire l'accerchiamento dell'ala sinistra dell'esercito imperiale, da parte della potente cavalleria turca [[Spahi]]. Successivamente nella campagna dei Balcani, contro gli Ottomani, guidò un esercito che si spinse fino in Macedonia. Alcune fonti, gli attribuiscono l'incendio che distrusse [[Skopje]], nel [[1689]], che egli avrebbe ordinato per contrastare l'epidemia di colera, esplosa nel capoluogo macedone.</br> Mentre conduceva le trattative per ripristinare l'autorità del patriarca Arsenije III Čarnojević, fu colpito dalla malattia ed in breve tempo morì<ref name=RiccardoOdorizzi>Riccardo Odorizzi, L'evoluzione della lingua serba e bulgara nel XVIII secolo: un'analisi contrastiva. Pag. 13. Università Ca' Foscari di Venezia - Facoltà di lingue e letterature straniere - Tesi di Laurea - Università Cà Foscari di Venezia. Venezia 2010.</ref>.
* Francesco Maria ([[1695]] - † ?) di Niccolò fu l'ultimo vescovo di [[Pienza]], allorché [[Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza|questa diocesi]] nel [[1772]] fu unita a quella di [[Chiusi]].
* Enea ([[1703]] - † ?) di Niccolò, al servizio dell'imperatore, divenne [[Generale]] Imperiale. Morì in battaglia in[[ Transilvania]].
I Piccolomini di Modanella si estinsero con due femmine entrambe con il nome di Caterina.
* Caterina ([[1750]] - † ?) di Antonio si unì in matrimonio con il [[barone]] Giuseppe Spannocchi nel [[1774]], che entrò a far parte della ''consorteria'', con [[partizione]] dello stemma gentilizio, l'acquisizione del titolo comitale e l'anteposizione al proprio del cognome Piccolomini. I Piccolomini Spannocchi si estinsero nel [[XIX secolo]].
* Caterina ([[1760]] - † [[1803]]) di Muzio si unì in matrimonio con Flavio Naldi, nella seconda metà dell'ottocento. Il nonno di Flavio era un Piccolomini Salamoneschi, ma rinunciò al cognome, assumendo quello di Barbara Naldi, sua moglie, inquartandone anche lo stemma. Ciò al fine di adempiere alle disposizioni testamentarie dello zio di Barbara, monsignor Mattias. In questo modo potè succedere nella eredità legata alla ''primogenitura'' di questa famiglia, acquisendone il patrimonio.<ref name=spreti>Vittorio Spreti. Op. cit. Vol. VII pag. 336</ref>. Due generazioni dopo, Flavio, sposando Caterina di Modanella, ottenne il rientrò nella consorteria, e aggiunse a quello dei Naldi, il cognome Piccolomini [https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox#Il_fedecommesso_Bandini_e_la_successione_Piccolomini_Naldi_Bandini Vedi]
 
==== Piccolomini Salamoneschi ====
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|titolo= Piccolomini Salamoneschi - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini Salamoneschi poi d'Aragona.jpg|thumb|1000px|center|Genealogia essenziale Piccolomini Salamoneschi poi d'Aragona<ref name=LisiniAmmirati4>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. III[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/91/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%283%29_%28_III_%29.jpg - Fonte]</ref><ref name=LisiniAmmirati5>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. IV[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ab/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%284%29_%28_IV_%29.jpg - Fonte]</ref>, con le diramazioni dei Piccolomini della Triana e dei Piccolomini Naldi Bandini]]
}}
 
</br>È questa una delle ramificazioni, che ha dato alla famiglia diversi personaggi illustri, tra [[Capitano di ventura|capitani di ventura]], notabili e uomini di [[Chiesa cattolica|chiesa]].
 
Gli uomini d'arme di questa linea si sono espressi specialmente nel [[XIV secolo]], quando il potere e la stabilità della Repubblica, non si erano ancora consolidati. Tre figli di Salomone Spinello, Pietro e Tommaso furono [[condottiero|condottieri]] dotati di grande [[carisma]] tra la [[Popolo|popolazione]]. Dotati di cospicui mezzi, ebbero con le loro [[milizia|milizie]], un [[Ruolo (sociologia)|ruolo]] di primaria importanza nei territori della [[Toscana]] meridionale, tanto da essere temuti, per le loro iniziative personali, non sempre in linea con le direttive delle autorità centrali.
[[File:Perugia-Towers Benedetto-Bonfigli.jpg|thumb|295px|Perugia. Nel 1412 affidata alla difesa da Nanni Piccolomini]]
 
* Tommaso ([[1316]] ca. - † ?). Detto ''Prete Grasso'' <ref name=lisini> A. Lisini, A. Liberati, Op. cit., pag. 46 - [https://archive.org/stream/genealogiadeipi00lisigoog#page/n55/mode/2up - Fonte]</ref>, dopo alcune iniziative non gradite, fu [[Esilio|bandito]] da Siena e come [[Soldato di ventura|soldato di ventura]], passò al soldo di [[Fra' Moriale]], condottiero francese, di dubbia [[fama]],[[File:Fiorino 1340.jpg|75px|left]] che era di passaggio in Toscana. Effettuò numerose scorrerie, pretendendo consistenti riscatti per la liberazione dei territori occupati. Questa sua attività gli fruttò 13.000 fiorini, che la Repubblica fu costretta a pagargli<ref name=Spreti2bis>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 335</ref>.
 
* Spinello ([[1310]] ca. - † ?). Nel [[1363]], si impadronì, insieme ai fratelli, Pietro e Tommaso, del castello di [[Batignano]], di notevole importanza strategica, e lo restituì a Siena, solo dietro pagamento della considerevole somma di denaro di 6.400 fiorini<ref name=RerumItalicorumScriptores> Ludovico Antonio Muratori, Rerum Italicarum scriptores (Tomo XV pag.179,180) [http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone%20tommaso%20spinello%20pietro&f=false Fonte]</ref>. Durante questa controversia Spinello, fu imprigionato e rinchiuso a [[Castiglioncello]], da dove però riuscì a fuggire<ref name=RerumItalicorumScriptores3>Ludovico Antonio Muratori, Op. Cit, (pag. 209,210)[http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone&f=false Fonte]</ref>.
 
* Pietro di Salamone ([[1317]] ca. - ?). Dopo le prime scorribande giovanili insieme ai fratelli, fu sempre presente nelle numerose campagne militari che Siena teneva per la conquista di nuovi territori. Nel [[1376]] per conto della Repubblica riconquistò il [[porto]] e la [[fortezza]] di [[Talamone]] e altri territori contesi al [[papato]] <ref name=Armi>La cooperazione al cuore del Mediterraneo [http://www.ecista.com/San_Rabano/analisi_storica_4.html]</ref><ref name=RerumItalicorumScriptores2 >Ludovico Antonio Muratori, Rerum Italicarum scriptores (Tomo XV pag.253,254)[http://books.google.it/books?id=KiNvWYEUzKAC&pg=PT44&lpg=PT44&dq=pietro+di+salomone+piccolomini&source=bl&ots=IxtglOsgX4&sig=M-i40kP8_EcZax3oo6nIJzpihgU&hl=it&sa=X&ei=rrbeUte7IKrA7AbS3YDIDA&ved=0CDoQ6AEwAg#v=onepage&q=salamone&f=false Fonte]</ref>. Come commissario della repubblica stipulò l'[[alleanza]] con [[Firenze]], [[Perugia]], [[Arezzo]] e [[Carlo IV di Lussemburgo]] in chiave anti-[[Visconti|Viscontea]] (Lega di Siena [[1351]]), a difesa di [[Bologna]]. Successivamente in difesa di questa città si mosse con le truppe senesi alleate del papa [[Urbano V]]. In tarda età di dedicò all'attività di [[governo]], ([[Biccherna|Provveditore di Biccherna]] [[1381]]) e affinò la sua abilità [[diplomazia|diplomatica]], stipulando numerosi [[Trattato internazionale|trattati]] con i signori [[Feudatario|feudali]] del tormentato territorio senese.
I figli di Spinello continuarono la tradizione militare della famiglia. Uno dei due, Niccolò, seguì le vicende belliche nel territorio senese, inizialmente affiancato dal fratello Nanni.
* Nanni di Spinello<ref name=Armi3>Il dizionario anagrafico dei condottieri di ventura[http://www.condottieridiventura.it/index.php/lettera-s/2308-nanni-di-spinello Fonte]</ref> (Al battesimo, Giovanni) ([[1370]] ca. - † [[1425]]), Capitano di ventura, ebbe una personalità variegata e turbolenta. Bandito dalla Repubblica, si unì ad [[Angelo Tartaglia]], altro condottiero italiano. Con questi occupò [[Radicofani]], per poi venderlo ai Senesi.[[File:Triana, castello 01.JPG|thumb|235px|left|Veduta del castello di Triana]] Nel [[1412]] si pose a difesa dei territori di [[Perugia]] insieme a Ceccolino Michelotti e riuscì a battere [[Braccio da Montone]], che difendeva gli interessi papali. Rimarrà, per qualche anno a difesa di questa [[signoria]] al comando di 150 lancieri. Si cimentò nuovamente contro Braccio da Montone, questa volta contro Perugia e a fianco di [[Giacomo Attendolo|Muzio Attendolo Sforza]], entrambi al servizio di[[Ladislao I di Napoli| Ladislao re di Napoli]]. Sempre nel [[1417]] passò [[senatore]] a [[Roma]]<ref name=Stemma>[http://museicapitolini.net/object.xql?urn=urn:collectio:0001:foto:d:02241 Stemma Marmoreo Musei Capitolini]</ref> e successivamente, sempre affiancando Attendolo Sforza, si mise al servizio di [[Martino V]]. Ancora una volta affronta Braccio da Montone nella battaglia di [[Montefiascone]] ([[1419]]), nella quale però questa volta viene sconfitto. Durante tutte queste vicende belliche ed i continui rivolgimenti di fronte, grazie all'intervento del [[re]] di [[Napoli]], venne riammesso a Siena, con il ripristino del suo status di [[cittadino]] della repubblica.
Nel [[1421]], insieme ad altri condottieri italiani, passò al servizio degli [[Angiò]]. A [[Cosenza]], al comando di [[Francesco Sforza]], combatté una lunga campagna contro le truppe di [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso d'Aragona]]. </br>Nei brevi periodi di pace, decise di mettere a frutto i larghi guadagni ottenuti nelle numerose campagne militari, acquistando insieme al fratello Niccolò il [[Castello di Triana]]<ref name=Spreti2>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 335</ref>, che con i territori di pertinenza rappresentava un importante marca di confine rispetto ai domini del papato.
* Salamone ([[1385]] ca. - † ?), figlio di Niccolò e nipote di Nanni, ottenne dalla Repubblica l'esenzione dei tributi, e la costituzione della '''Signoria della Triana''', che prese la fisionomia di un vero e proprio dominio feudale.
* Spinello ([[1380]] ca. - † ?), fratello di Salomone, diede origine ad una linea che si perpetuò fino al XVII secolo. I suoi discendenti furono impegnati prevalentemente nella vita economica, culturale e politica di Siena, ma non produssero personaggi di particolare rilievo storico. Di questi è da evidenziare un prelato, vissuto i tempi dei due pontefici della famiglia: Aldello.</br>
# Aldello ([[1450]] ca. - † [[1510]]). Vescovo di [[Sovana]] dal [[1492]] al [[1510]]<ref name=carafa>Biagio Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, Parte 3, pag. 1589 - A. Bulison, Napoli 1691[http://books.google.it/books?id=c1UxAQAAMAAJ&pg=PA589&lpg=PA589&dq=aldello+vescovo+di+Sovana&source=bl&ots=gIDCJ8m895&sig=-DA8EiUxWl6U_lZokllztp9kOe4&hl=it&sa=X&ei=azQsU4ubH4-U7QaulIDgAQ&ved=0CGIQ6AEwBg#v=onepage&q=aldello%20vescovo%20di%20Sovana&f=false - Fonte]</ref>, fu particolarmente vicino al cugino Francesco Piccolomini Todeschini, [[Papa Pio III|papa Pio III]], che nei suoi pochi giorni di pontificato, lo chiamo subito presso i [[Palazzo Apostolico|Palazzi Vaticani]]<ref name=Treccani.it> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref> e gli fece dono della commenda del [[monastero]] di Santa Maria di Monte Oliveto, in [[Lombardia]]<ref name=Aldello>M. Ansani, Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del ducato di Milano (1458-1472). I “libri annatarum” di Pio II e Paolo I. pagg. 140-141, Milano, 1994, Materiali di storia ecclesiastica lombarda, secoli XIV-XVI[http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500657/ - Fonte]</ref>. L'investitura di questa [[Abbazia]] (da non confondere con l'[[Abbazia di Monte Oliveto Maggiore]] di Asciano), con la morte dell'ultimo titolare era stata concessa, nel [[1459]], da Pio II, al nipote Francesco, quando era agli inizi della sua carriera ecclesiastica. Da quasi cinquant'anni, il monastero aveva perso le sue funzioni ed era solo fonte di reddito. Aldello decise di ripristinare la natura religiosa dell'abbazia. Reintrodusse i monaci [[Ordine cistercense|cistercensi]], cedendo loro il monastero, la chiesa e i beni posseduti nelle numerose pievi di pertinenza<ref name=Aldello2>M. Acquistapace, Dissertazione istorica intorno a S. Agrippino vescovo di Como ed a S. Domenica vergine, in «Periodico della Società storica comense», 13, 1900-1901, pp. 175-212; 221-252, Trascrizione di manoscritto della seconda metà del XVIII secolo.[http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500657/ - Fonte]</ref>, riservando per se, la possibilità di abitarci in caso di necessità. La donazione ed il ripristino del monastero, nelle sue funzioni religiose, fu approvato e sancito nel [[1504]] da [[Papa Giulio III|papa Giulio III]]<ref name=Aldello3>G. Rovelli, Storia di Como descritta dal cittadino Giuseppe Rovelli comasco e divisa in tre parti, Milano-Como, 1798-1808.[http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500657/ - Fonte]</ref>. Aldello continuò la sua attività nella diocesi di Sovana, fino alla sua morte avvenuta nel 1510.
{{Doppia immagine|right|Stemma di Francesco Piccolomini della Triana - 8° Papa nero ( 8° Preposito generale della Compagnia di Gesù ).jpg|125|Franziskus Piccolomini S.J..jpg|126|Francesco Piccolomini della Triana, VIII Preposito generale della compagnia di Gesù}}
* Niccolò ([[1470]] ca. - † ?). Questo componente della famiglia ebbe due figli, uno dei quali,<br>
# Girolamo([[1510]] ca. - † ?), si distaccò creando una nuova linea, che prese il cognome di '''''Piccolomini della Triana''''', l'altro,</br>
# Spinello ([[1510]] ca. - † ?), continuò la linea dei Salamoneschi per altre quattro generazioni, allorché uno dei suoi discendenti, altro Niccolò, creò la linea dei '''''Piccolomini Naldi Bandini'''''. Dopo sette generazioni, sempre partendo da Spinello, con Giulio Cesare, i Piccolomini Salamoneschi, per effetto dell'eredità d'Aragona, cambiarono, definitivamente il cognome, in '''''Piccolomini d'Aragona'''''.
 
=====Piccolomini della Triana=====
 
Questo ramo, scaturito dalla linea dei Piccolomini Salamoneschi, utilizzò, nello stemma, il capo dell'impero con l'aquila bicipite, anzichè quella tradizionale ad una testa, usata dal resto della famiglia. Si perpetuò per altre sei generazioni, fino alla metà del[[ XVII secolo]]. Periodo, durante il quale, diversi personaggi diedero lustro alla famiglia, tra i quali, di rilievo è stato un padre [[gesuita]], Francesco: teologo, filosofo e insigne prelato.
* Francesco, di Lelio di Girolamo nasce nel 1582. Figura da sottolineare per la sua rettitudine morale e la sua grande devozione religiosa. Divenne gesuita all'età di 18 anni e successivamente [[professore]] di [[filosofia]] e [[teologia]] nel [[Collegio Romano]]. Dopo aver retto diverse provincie del'ordine, divenne nel [[1649]] [[Preposito generale della Compagnia di Gesù]]<ref name=FrancescoPiccolominiGesuita> La pagina biografica (latino e italiano) sul gesuita Generale Francesco Piccolomini, con l'immagine [http://archive.is/af4X9 Fonte]</ref>.
La linea dei Signori della Triana, si sarebbe estinta, se l'ultima nata, Agnese, sempre in ossequio del patto consortile, non si fosse sposata, (nel [[1640]] ca.) con il cugino ''ultragenito'' Spinello appartenente all'originario ramo dei Piccolomini Salamoneschi. Nel [[1895]], però, anche questa linea si estinse con Nicolò, che lasciò erede dei suoi beni, che comprendevano anche il [[Palazzo Piccolomini|Palazzo di Pienza]], il lontano cugino Silvio dei Carli Piccolomini, che portò così la signoria e il predicato della Triana nell'altro grande ramo della famiglia, generato da Rustichino.
 
=====Piccolomini Naldi Bandini=====
 
* Niccolò ([[1675]] ca. - † ?).Da questi inizio la linea Naldi, poi Piccolomini Naldi ed in seguito ''Piccolomini Naldi Bandini''[https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox#Il_fedecommesso_Bandini_e_la_successione_Piccolomini_Naldi_Bandini - Vedi].
 
=====Piccolomini d'Aragona (già Piccolomini Salamoneschi)=====
 
Dopo il distacco dei Piccolomini della Triana e dei Piccolomini Naldi Bandini, il ramo dei Piccolomini Salamoneschi continuò, ma mutò il cognome per effetto dell'eredità dei Piccolomini d'Aragona.
 
* Giulio Cesare([[1750]] ca. - † ?) ereditò, nel 1807, dai lontani cugini napoletani Piccolomini d'Aragona, il cognome d'Aragona, il ducato d'Amalfi, i principati di Nachod e di Valle e la baronia di Scafati.
 
* Giacomo (Siena [[1795]] - † Siena [[1861]]) Trascorse la sua [[infanzia]] a Siena, dove ebbe la sua prima educazione scolastica. Ordinato [[sacerdote]], divenne [[Primicerio]] della Cattedrale di Siena<ref name=Spreti101>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 336</ref>. Successivamente si recò a Roma, dove prese [[dimora]] nel Palazzo Altieri Spinola, a [[Campitelli|piazza Campitelli]]<ref name=Romasegreta>Roma Segreta.it, Piazza Campitelli [[http://www.romasegreta.it/campitelli/piazza-campitelli.html - Fonte]]</ref>[[File:Cardinale Giacomo Piccolomini (1795 - 1861).jpg|thumb|115px|left|Giacomo Piccolomini]][[File:Pionono3.jpg|thumb|136px|Pio IX]]. Frequentò nel [[1816]]<ref name=PONTIFICAL ECCLESIASTICAL ACADEMY> The Roman Curia, Pontifical Ecclesiastical Academy - Lista ex-alunni[[http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_academies/acdeccles/documents/1800-1849.htm -Fonte]]</ref> l'[[Pontificia accademia ecclesiastica| Accademia Pontificia]], dove ultimò la sua formazione ecclesiastica.<br>Fu elevato al rango cardinalizio da [[Papa Gregorio XVI]], nel 1845. Durante la sede vacante dell'anno successivo, partecipò al tormentato conclave<ref name=conclave0>Cipolletta Eugenio, Memorie politiche sui conclavi da Pio VII a Pio IX, compilate su documenti diplomatici segreti -Milano - Legros e Marazzani 1863</ref>. che elesse il nuovo [[Papa Pio IX]]<ref name=conclave> Calfornia State University Northridge, Sede vacante 1846[[http://www.csun.edu/~hcfll004/SV1846.html]]</ref>.</br>Dopo due anni nel [[1848]], durante i tumulti che portarono alla proclamazione della repubblica Romana, fuggì insieme al pontefice, condividendone l'esilio<ref name=Spreti101>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 336</ref>. Fu sempre a fianco del papa, e continuò ad accompagnarlo, quando il [[4]] [[Settembre]] [[1849]], a bordo del vapore ''Tancredi'', lasciò la fortezza di [[Gaeta]], suo primo luogo di [[confino]]<ref name=Acton>Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Milano, 1936, pag. 329</ref>.</br>Nella [[Reggia di Portici]], fece parte della ristretta corte Pontificia, costì ritirata e costituita dai cardinali [[Tommaso Riario Sforza]], Camerlengo, [[Giacomo Antonelli]], Segretario di Stato e [[Fabio Maria Asquini]] [[Corte pontificia|dignitario pontificio]]<ref name=Ascione>Ascione Beniamino,Epigrafi che ricordano il soggiorno di Pio IX a Portici e La proclamazione del dogma dell'immacolata Concezione - Istituto di Studi Atellani Arpino (Caserta)[http://www.iststudiatell.org/rsc/art_3o%5Cepigrafi_soggiorno_pio_ix.htm#1 -Fonte]</ref>.</br>Il [[12]] [[Aprile]] [[1850]], alla [[restaurazione]] dello Stato Pontificio, rientrò con il Papa a Roma, dove ebbe incarichi di Curia. Negli ultimi anni tornò a Siena dove morì nel [[1861]].
</br>Nel corso del [[XX secolo]], questa linea dei Piccolomini, si è estinta nel [[1985]], con il conte Alberto che dal matrimonio con Elda Ciacci non ebbe discendenza maschile.
</br>
</br>
 
=== ''Ramo di Rustichino'' ===
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|titolo= Piccolomini Ramo di Rustichino - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini ramo di Rustichino.jpg|thumb|890px|center|Genealogia essenziale Piccolomini ramo di Rustichino<ref name=LisiniAmmirati30>A. Lisini, A. Liberati, Op- cit.. Tav. II[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/71/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%282%29_%28_II_%29.jpg]</ref>]]
}}
 
</br>Il ramo di Rustichino, a differenza di quello di Bartolomeo, si distingue per aver prodotto diverse ramificazioni, ricche di grandi personaggi che hanno reso illustre il nome dei Piccolomini, al di fuori della patria senese, Oltre i noti pontefici, si annoverano prelati di alto rango, uomini d'arme al servizio dell'Impero e del Papato, oltre uomini di scienze, di lettere e d'arte.
Tra i figli di Rustichino, che fu Console nella nascente Repubblica nel 1228, troviamo Ranieri.
* Ranieri ([[1180]] ca. - † ?), compare nel 1207 come Camerlengo del Comune di Siena. Nel [[1213]] partecipò all'atto di pacificazione tra la Repubblica e i conti dell'Ardenghesca<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref>, dai quali, in seguito, la famiglia avrebbe acquisito diverse proprietà, tra cui il castello di Sticciano, che era stato il centro del piccolo, ma potente regno maremmano di quei feudatari<ref name=Ardendeschi>Ardengheschi e Pannocchieschi[http://www.pensaallasalute.com/vhs/pagardengheschi_e_pannocchieschi.htm - Fonte]</ref>. Ebbe diversi figli, dei quali, Rustichino continuò la linea primogenita partirono, mentre da Rinaldo si distaccò la linea dei [https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox#Piccolomini_della_Torre_a_Castello Piccolomini della Torre a Castello]
* Rustichino, detto Metita, altro figlio di Ranieri fu al governo della Repubblica. Nel 1251 curò l'arbitrato tra i Conti di Santa Fiora e Grosseto. Nel 1254 presenzia all'atto di pace tra Siena, Firenze, Orvieto, Montepulciano, Conte Guglielmo di Maremma e Pepo della Rocca Tederighi<ref name=lisini2> A. Lisini, A. Liberati, Op. cit., pag. 24 [https://archive.org/stream/genealogiadeipi00lisigoog#page/n55/mode/2up - Fonte]</ref>. Ebbe numerosi figli, tra cui il più importante da ricordare è in dubbiamente Tommaso, non tanto per le opere compiute in vita, ma per il fatto che diede origine al [https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Roberto.Amerighi/Sandbox#Ramo_di_Pio_II_e_delle_Papesse Ramo di Pio II e delle ''Papesse'']
* Gioacchino ([[1258]] - † [[1305]]).[[File:Gioacchino Piccolomini - Beato dell'Ordine dei servi di Maria.png|thumb|120px|<small>Beato Gioacchino</small>]] Conosciuto anche come Giovacchino, al battesimo era iscritto come Chiaramonte. Risulterebbe figlio di Rustichino<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref>, ma, tra i suoi biografi, c'è disaccordo. Viene attribuito alla famiglia Pelacane e, dopo l'estinzione di quest'ultima, a quella dei Piccolomini<ref name=Gioacchino>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Gioacchino da Siena - Volume 55 (2001)[http://www.treccani.it/enciclopedia/gioacchino-da-siena_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Entrò nell' [[Servi di Maria|Ordine dei Servi di Maria]], non ancora adolescente, all'età di 14 anni, con speciale dispensa. La [[leggenda]] vuole, che per liberare un'infermo dalla grave e incurabile malattia dell'epilessia, abbia chiesto al signore di trasferire su stesso quest'infermità. Esaudito, nella sofferenza e nella pazienza, portò, nella vita, questo male. Dopo la sua morte, avvenuta nel [[1305]], si sono susseguiti numerosi miracoli a lui attribuiti. Quattordici, come vuole la tradizione. Ad otto anni dalla sua morte la sua fama di taumaturgo, si espande in tutta la [[Toscana]] e varca gli [[Appennini]] per approdare in [[Romagna]] e nel [[nord]] di [[Italia]]. [[Papa Paolo V|Paolo V]] autorizzava il [[21]] [[marzo]] [[1609]] l'iscrizione di Gioacchino come [[beato]] nel [[Martirologio Romano]]<ref name=Gioacchino>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Gioacchino da Siena - Volume 55 (2001)[http://www.treccani.it/enciclopedia/gioacchino-da-siena_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.{{vedi anche|Gioacchino Piccolomini}}
* Ranieri ([[1238]] ca. - † ?). Figlio anch'egli di Rustichino, durante i conflitti tra Guelfi e Ghibellini, si oppose alla città, a capo di un gruppo di fuoriusciti. Nel 1260, decise di sottomettersi a Siena, cominciando a partecipare alla attività di governo della Repubblica. Nel [[1259]] diventa podestà di Montepulciano. Anche suo fratello, Arrigo si oppose strenuamente ai ghibellini, ma anche lui nel 1280, finì per capitolare<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref>.</br>* Mocata ([[1295]] ca. - † ?). Figlio di Gabriello di Ranieri, presenziò<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref> alla stipula della convenzione che affidava la signoria di siena per cinque anni al [[Carlo d'Angiò (duca di Calabria)|Duca di Calabria Carlo d'Angiò]]<ref name=CarloD'Angiò>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Angiò, Carlo d', detto l'Illustre - Volume 3 (1961)[http://www.treccani.it/enciclopedia/angio-carlo-d-detto-l-illustre_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>. Con i figli di Mocata e dei suoi fratelli, il patrimonio della famiglia si incrementò notevolmente , ma la sua discendenza si estinse alla fine [[XIV secolo]]<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref>.
* Gabriello di Rustichino di Ranieri,insieme ai suoi figli, Carlo, Neri, Gualtieri e Tato, accumulò una ragguardevole ricchezza. La famiglia, alla fine del [[XIII secolo]], aveva diversi possedimenti a Rapolano, Casole, Santa Regina, Asciano, Armaiolo, Follonica, Fornicchiaia, Rencine, S. Mamiliano,Radi, Capraia, San Viene, Arbiola e Valdimontone.
* Carlo di Gabriello diede inizio alla linea che si distinse dalle altre per l'aggiunta patronimica del suo nome di battesimo. Ebbe diversi figli tra i quali vanno ricordati, Biagio, Francesco e Bandino. Le rispettive line genealogiche sono riportate nella sezione dedicata ai Carli Piccolomini</br>
 
====Piccolomini della Torre a Castello====
 
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|titolo= Piccolomini della Torre a Castello - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini della Torre a Castello.jpg|thumb|900px|center|Piccolomini della Torre a Castello - Genealogia in sintesi<ref name=LisiniAmmirati6>A. Lisini, A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena. - Enrico Torrini editore - Siena 1900. Tav. IX[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/26/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%289%29_%28_IX_%29.jpg]</ref>]]
}}
Questa linea discende direttamente da Ranieri di Rustichino e si estinse nel [[XIX secolo]]. Non mancò di produrre insigni personaggi.
* Rinaldo ([[1205]] ca. - † ?) di Ranieri, aveva dei possedimenti vicino ad [[Asciano]] ed un castello nella località [[Torre a castello]], dalla quale prese il nome la sua prosapia<ref name=TorreaCastello>Repetti E. - Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana - Allegrini e Mazzoni - Firenze 1841 - Università degli Studi di Siena Dip. Archeologia e Storia delle Arti[http://www.archeogr.unisi.it/repetti/dbms/sk.php?id=1150 - Fonte]</ref>.
 
* Enea ([[1235]] ca. - † ?). Figlio di Rinaldo, dimostrò grandi capacità, sia in campo militare che diplomatico. Di parte guelfa, fu ambasciatore sia presso il papa [[Papa Gregorio X|Gregorio X]] ([[1271]]), che presso l'imperatore [[Rodolfo I d'Asburgo]] ([[1272]]). Partecipò all'arbitrato che porto la pace con i [[Salimbeni]] e fu partecipe degli atti che conclusero la pace tra guelfi e ghibellini. I suoi discendenti, nel corso dei secoli successivi, parteciparono attivamente alla vita della Repubblica.</br>Questa linea, prima della sua estinzione, diede i natali ad alcuni personaggi notabili e di rilevanza storica:
*Archangelo o Arcangelo Piccolomini (Siena [[1525]] - † Roma [[1586]]). Nativo di Siena, divenne ''cittadino'' di [[Ferrara]] per privilegio<ref name=DizionarioFerrarese>L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi nella pietà, nelle arti, e nelle scienze. Ed. Eredi G. Rinaldi, Ferrara 1804. Pag. 107 </ref>. Compì i suoi studi, nel campo della [[medicina]] e della [[filosofia]] a Ferrara ed é stato ritenuto uno dei più valenti scienziati anatomici del [[XVI secolo]].[[File:Archangelo Piccolomini (Siena 1525 - † Roma 1586).jpg|thumb|140px|left|Archangelo Piccolomini]]</br> In giovane età, nel [[1550]], si recò in Francia ove ebbe presso l'Accademia di [[Bordeaux]], la cattedra di filosofia. Nel [[1556]] compilò, dedicandolo al Vescovo di [[Ceneda]], [[Michele della Torre]] e nunzio apostolico a Parigi, un ampio commentario del trattato di [[Galeno]] ''De Humoribus''. Libro, a quei tempi molto raro, di cui aveva curato personalmente la traduzione dal greco al latino.</br> Nel [[1557]], rientrò in Italia, ove, preceduto dalla sua fama, fu chiamato a Roma dal [[papa Paolo IV]], che lo nominò [[Archiatra|Archiatra Pontificio]]. Carica che mantenne anche sotto i successivi papi [[Papa Pio IV|Pio IV]] e [[Papa Gregorio XIII|Gregorio XIII]]. Nel periodo romano, ottenne la cattedra di medicina ed anatomia allo Studio della Sapienza. Nel [[1586]] pubblicò il trattato di anatomia ''Anatomicae praelectiones explicantes mirificam corporis humani fabricam'', che dedicò a [[Papa Sisto V]], che si era appena insediato. Lo stesso anno morì e fu sepolto nella [[Basilica di Santa Maria sopra Minerva|chiesa di Santa Maria della Minerva]]. </br>Da un punto di vista scientifico, descrisse dettagliatamente il [[Adipocita|pannicolo adiposo]], il [[Muscolo diaframma|diaframma]] e i [[Muscolo retto dell'addome|muscoli addominali]], isolò e descrisse i [[Nervi cranici|nervi cerebrali]], ponendo una netta distinzione tra [[Sostanza grigia|materia grigia]] e [[Midollo osseo|tessuto midollare]]<ref name=ArturoCastiglioni>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVIII - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949[http://www.treccani.it/enciclopedia/arcangelo-piccolomini_(Enciclopedia-Italiana)/ - Fonte]</ref>.[[File:Enea Silvio Piccolomini (Cardinale) (Siena 1709 - Rimini 1768).jpg|thumb|150px|Enea Silvio Piccolomini 1709 -1768]] </br>
Questo personaggio, anche se non ci sono, attualmente, riscontri genealogici certi, dovrebbe trovare collocazione in questa linea genealogica, unica fra le altre, dove il nome Arcangelo ricorre più volte.
</br>
</br>
*Tommaso ([[1708]] - † ?). Gestì il difficile periodo di transizione, tra i Medici ed Lorena. Fu inserito da [[Francesco I di Lorena|Francesco Stefano]] nel "Conseil intime pour les affaires de Toscane", a [[Vienna]] dove curò gli interessi dei ceti di governo locali nel processo di amalgama tra la classe dirigente viennese e quella toscana<ref name=SIUSA>Archivio di Stato di Firenze, Granducato di Toscana, principato lorenese. Consiglio di Francesco Stefano (1729-1766). Scheda curata da Sonia Puccetti - Firenze 2006</ref>. Rientrato in patria divenne [[Ministro degli esteri|ministro degli esteri]] del Gran Ducato fino al 1785<ref name=RenatoMori>Renato Mori, Le scritture della Legazione e del Consolato del Granducato di Toscana in Roma dal 1737 al 1859, pag.32. Tipografia Riservata del Ministero degli Affari Esteri -Roma 1959 </ref>.
* Enea Silvio ( Siena [[1709]] - † [[1768]]. In età giovanile scrisse commedie e poemi che ebbero una certa fortuna letteraria<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref>. In seguito fu chiamato al sacerdozio. Divenne canonico della [[Chiesa di Santa Maria di Provenzano]] ed in questo periodo approfondì gli studi, acquisendo il dottorato in filosofia ed in teologia. Nel [[1729]], si trasferì a Roma, dove, favorito da amicizie importanti, divenne [[Corte pontificia|famigliare]] di [[Clemente XII]], il quale, nel dicembre [[1730]], lo nominò ciambellano pontificio d'onore e fu introdotto anche nella corte imperiale di [[Carlo VI d'Asburgo]]<ref name=Spreti103> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 332</ref> dove come ablegato apostolico portò l'investitura cardinalizia a [[Girolamo Grimaldi (1674-1733)|Girolamo Grimaldi]]<ref name=CardinaleGrimaldi>The Cardinals of the Holy Roman Church, Biographical Dictionary, Pope Clement XIII (1758-1769),
Consistory of September 26, 1766 (VII) - Florida International University [http://www2.fiu.edu/~mirandas/bios1766-ii.htm#Piccolomini - Fonte]</ref>. Successivamente ricevette diversi incarichi dai pontefici, fino a quando [[Papa Clemente XIII]] lo elevò al rango cardinalizio nel [[1761]]. Fu nominato legato in [[Romagna]], dove, a [[Rimini]], morì nel [[1768]].{{vedi anche|Enea Silvio Piccolomini (cardinale)}}
 
==== Ramo di Pio II e delle ''Papesse'' ====
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|titolo= Piccolomini - Ramo di Pio II e delle ''Papesse'' - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini - Ramo di Pio II e delle Papesse.jpg|thumb|870px|center|Ramo di Pio II e delle ''Papesse'']]
}}
</br>
</br> Questa linea discende direttamente da Rustichino, tramite altro Rustichino di Ranieri. Dotata di grandi mezzi, finanziò il comune di Siena in diverse occasione, divenendone largamente creditrice. Tolomeo insieme ai cugini Ranieri di Rinaldo e Bartolomeo di Guglielmo Salamoneschi, viene ricordato nel [[1258]], come creditore di Corrado d'Hochstadt, Arcivescovo di Colonia, per l'importante cifra di 4600 marche sterlinghe<ref name=LisiniAmmirati20>A. Lisini, A. Liberati, Op.cit. Tav. II[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/71/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%282%29_%28_II_%29.jpg]</ref>, destinate, probabilmente, ai lavori della [[Duomo di Colonia|Cattedrale di Colonia dei Santi Pietro e Maria]]. I suoi figli Gabriello e Corrado, a cavallo del [[XIII secolo| XIII]] e [[XIV secolo]], si impegnarono a consolidare il loro [[patrimonio]] fondiario e [[immobiliare]], nella zona di[[ Corsignano]]. Da Corrado dopo tre generazioni troviamo Silvio che nel [[1405]] sposa Vittoria Forteguerri. Da questo matrimonio nacque Enea Silvio, divenuto poi Papa Pio II.
 
[[File:Stemma Piccolomini con tiara e ornamento papali.png|105px]] '''[[Pio II]] 210º [[papa]] della [[Chiesa]] [[Cattolico|cattolica]] ([[1459]] - [[1464]])''' [[File:Papa Pio II . Enea Silvio Piccolomini.jpg|55px]]
 
* Enea Silvio (Corsignano 1405 - Ancona 1464). Fu il maggiore di 18 fratelli. Iniziato agli studi di [[giurisprudenza]] per volere del [[padre]], fin da giovanissimo fu attratto dagli studi [[umanistica|umanistici]] e dal ridondante fascino di [[Francesco Filelfo|Filelfo]] e di altri umanisti del tempo.[[File:Pinturicchio, libreria piccolomini 05.jpg|thumb|210px|left|Enea Silvio Piccolomini parte per il Concilio di Basilea]][[File:Callisto III eleva Enea Silvio Piccolomini a Cardinale.jpg|thumb|30|Right|Callisto III eleva Enea Silvio Piccolomini a Cardinale]] Di grande livello fu la sua [[cultura]] nelle [[Letteratura|lettere]] [[latino|latine]] e [[classico|classiche]]. Compositore di [[poesia|poesie]] in [[Lingua latina|latino]] e in [[Lingua volgare|volgare]]<ref name= EnciclopediaItaliana0>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 310 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949[http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>.<br>Come [[laico]], sin dall'[[età]] giovanile, divenne [[segretario]] di diversi alti [[Prelato|prelati]]. Nella disputa scaturita durante il [[Concilio di Basilea|concilio di Basilea]], tra numerosi padri conciliari ed il papa [[Martino V]] prima, ed il suo successore [[Eugenio IV]], dopo, si schierò, apertamente, contro quest'ultimo<ref name=Treccani.it1bis> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii_(Enciclopedia_dei_Papi)// Fonte]</ref>. Tenne nel [[1439]] la cura esterna del [[conclave]] che elesse l'[[antipapa]] [[Felice V]] (al secolo [[Amedeo VIII di Savoia]]), di cui divenne segretario. Al servizio di [[Bartolomeo Visconti]], [[Vescovo]] di [[Novara]], tentò lo stesso anno, di favorire l'arresto di [[Eugenio IV|papa Eugenio]], che era [[esule]] a [[Firenze]], ma scoperto, prese la via dell'[[esilio]]<ref name=Treccani.it1bis> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii_(Enciclopedia_dei_Papi)// Fonte]</ref>.</br> Al seguito del [[cardinale]] [[Niccolò Albergati]], si rifugiò i [[Borgogna]] e per conto dello stesso, si recò in [[Scozia]], per poi tornare a [[Basilea]], dove, come scrittore e resocontista del concilio, continuò la sua [[lotta]] antipapale. In questo periodo ottenne, per le sue capacità, importante visibilità, ribadita dalla pubblicazione di un un Libellus <ref name=Libellus> Libellus dialogorum de generalis concilii auctoritate et gestis Basileensium.</ref>, in cui difese con ardore e determinazione ([[1440]]), l'[[autorità]] e la supremazia del concilio nei confronti del papa. </br>Nel [[1442]] accadde un episodio importante nella sua vita: inviato alla [[Dieta (storia)|dieta]] di [[Francoforte]], fu onorato con la [[corona]] di [[poeta]], dall'[[imperatore]] [[Federico III d'Asburgo|Federico III]], che, soprattutto, lo assunse come segretario della [[Cancelliere|cancelleria]] imperiale. Negli uffici di corte, iniziò un nuovo percorso, che mutò profondamente il suo atteggiamento sulla questione conciliare. Questo nuovo corso lo portò a preferire allo scontro diretto, la via [[diplomazia|diplomatica]] e della composizione<ref name= EnciclopediaItaliana0>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 310 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949[http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>. Fu inviato nel [[1445]] [[ambasciatore]] a [[Roma]], dove ritrattò con convinzione tutte le [[teoria|teorie]] sostenute in passato, ottenendo l'[[assoluzione]] ed il perdono di Eugenio IV<ref name= EnciclopediaItaliana0bis>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Op. cit., pag. 310 [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>. L'anno successivo, nel marzo del [[1446]], decise di abbandonare la vita laica e preso da autentico fervore religioso, fu ordinato [[diacono]], poi [[prete]] per andare, come canonico, nel duomo di Trento. </br> Nel [[1453]], grazie ai numerosi servigi diplomatici resi, ottenne dall'imperatore Federico, il [[titolo]] di [[conte palatino]], esteso a tutti i componenti maschi della famiglia, nonché il privilegio di aggiungere nello stemma [[gentilizio]] il [[Capo (araldica)|capo]] dell'impero<ref name=Spreti3bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pagg. 325, 326</ref>.</br>Nella sua attività di pontefice, non dimenticò mai la sua famiglia, che volle mantenere potente ed unita, istituendo l'accennata ''Consorteria''. Non nascose mai il suo atteggiamento [[nepotismo|nepotistico]]<ref name= EnciclopediaItaliana0bis>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Op. cit., pag. 310 [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-ii-papa/ -Fonte] </ref>, combinando prima il matrimonio del nipote Antonio con una figlia naturale di Re [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante d'Aragona]], dando poi la [[Porpora cardinalizia|porpora cardinalizia]] al [[nipote]] Francesco (futuro papa [[Pio III]]), distribuendo feudi agli altri figli della sorella Laudomia, sposa di Nanni Todeschini Piccolomini. Per citare solo gli esempi più eclatanti.</br> Va inoltre ricordato il suo amore per l'[[arte]]. A Siena fece costruire le [[Logge del Papa|logge dette del papa]], il grande [[Palazzo delle Papesse]] e diede inizio alla costruzione del [[Palazzo Piccolomini (Siena)|palazzo Piccolomini]]. Trasformò, sotto la guida del [[Rossellino]] la sua nativa Corsignano, in quello che sarebbe diventato un [[gioiello]] del fiorente [[rinascimento]] italiano: Pienza<ref name=Spreti3bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 326</ref>. {{vedi anche|Papa Pio II}}
 
Dalle due sorelle di Pio II, che, per effetto dei vincoli consortili, portarono, ai rispettivi mariti, il cognome Piccolomini, nacquero due ramificazioni importanti, volgarmente dette delle Papesse. Qualificazione onorifica, assegnata alle sorelle<ref name=Rendina> Claudio Rendina, Le papesse - Newton Compton Editori -2011 [http://books.google.it/books?id=cj_AqQwsOj8C&pg=PT69&lpg=PT69&dq=enea+silvio+piccolomini+delle+papesse&source=bl&ots=_IUHDzwcjR&sig=fWjEtWOCnWEf_SSA4RoWXiptHZI&hl=it&sa=X&ei=svbXUvjMD8HC7AbOzYCACQ&ved=0CJEBEOgBMAk#v=onepage&q=enea%20silvio%20piccolomini%20delle%20papesse&f=false Fonte]</ref>, dallo stesso pontefice. Il predicato ''delle Papesse'', in effetti non fu mai ufficialmente usato, anche se i senesi, solevano attribuirlo ai signori di Sticciano, discendenti di Caterina<Ref name=CaterinaCostanza> Il nome Caterina da alcuni è indicato come una attribuzione errata. Il nome esatto sembrerebbe Costanza, ma al fine di non generare confusione, si preferisce continuare, sulle indicazioni dello Spreti e di [[Ludwig von Pastor]] nella sua ''Storia dei Papi'', ad usare il nome Caterina</ref><ref name=Rendina> Claudio Rendina, Le papesse - Newton Compton Editori -2011 [http://books.google.it/books?id=cj_AqQwsOj8C&pg=PT69&lpg=PT69&dq=enea+silvio+piccolomini+delle+papesse&source=bl&ots=_IUHDzwcjR&sig=fWjEtWOCnWEf_SSA4RoWXiptHZI&hl=it&sa=X&ei=svbXUvjMD8HC7AbOzYCACQ&ved=0CJEBEOgBMAk#v=onepage&q=enea%20silvio%20piccolomini%20delle%20papesse&f=false Fonte]</ref><ref name=Papessa>Libro d'oro della nobiltà mediterranea della società genealogica Italiana edito on line</ref>, che avevano assunto come dimora, il palazzo dedicato alle due sorelle del papa.
 
===== Piccolomini Todeschini =====
 
Questa linea discende da Laudomia e Nanni Todeschini di Sarteano, che fu adottato nella famiglia da Pio II, con assunzione dello stemma piccolomineo ad esclusione del proprio. Quest'ultimo divenne nel 1460 ''Governatore dell'Umbria'' per conto della chiesa<ref name=Spreti4> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pag. 327</ref>. Ebbe oltre Pio III altri tre figli, che generano altrettanti rami.
 
======Pio III======
 
[[File:Stemma Piccolomini con tiara e ornamento papali.png|105px]] '''[[Papa Pio III|Pio III]] 215º [[papa]] della [[Chiesa]] cattolica ([[1503]] - [[1503]])'''[[File:Papa Pio III - Francesco Todestichini Piccolomini.jpg|53px]]
* Francesco (Siena o Sarteano 1439 – Roma 1503). La sua [[educazione]], fin dai primi anni, fu curata con particolare attenzione dallo zio materno. Questi, nei suoi viaggi in europa, portò con se il nipote, appena adolescente, che già a quattordici anni cominciò a frequentare l'[[università]] di [[Vienna]]. [[File:Pinturicchio, Incoronazione di Pio III.JPG|thumb|320px|Incoronazione di Pio III]]</Br> Continuò i suoi studi, umanistici e giuridici, a [[Ferrara]] e a [[Roma]], con insegnati di prim'ordine, come Giacomo Tolomei e Andrea Benzi, per poi conseguire il [[dottorato]] a [[Perugia]]<ref name=Treccani.it> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Subito dopo l'ascesa dello zio al [[soglio pontificio]], a soli ventitré anni, nel [[1460]], quando già era amministratore della [[Arcidiocesi|diocesi arcivescovile]] di [[Siena]], fu nominato [[Cardinale]] e, caso assai inconsueto, non essendo stato ordinato [[sacerdote]], intraprese la sua [[carriera]] ecclesiastica come diacono<ref name= EnciclopediaItaliana>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 313 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1949 </ref>. Successivamente ebbe l'[[investitura]] di numerose [[prepositura|prepositure]] e [[diacono|diaconati]], in [[Italia]] e all'estero, con la successiva nomina a [[legato pontificio]] nella [[Marca (circoscrizione)|Marca]] di [[Ancona]]<ref name= EnciclopediaItaliana2>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref>. In realtà in questi anni risiedette quasi sempre a [[Roma]], dove aveva un [[palazzo]], di recente acquisizione, che divenne una sede sontuosa dotata di una ricchissima [[biblioteca]] e ornata di diverse [[opere d'arte]], in particolare da una ricchissima collezione di [[statue]] antiche<ref name=Treccani.it2> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Nel[[1464]], quando lo zio lasciò Roma, per preparare la [[crociata]] contro i [[Turchi]], fu nominato [[vicario]] generale "in temporalibus", in un primo tempo di Roma e successivamente di tutto lo [[Stato Pontificio]]<ref name=Treccani.it3> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Tutte queste prerogative facevano intravedere una minuziosa preparazione ad una probabile [[successione]] di Francesco allo zio, sul soglio pontificio.</br>L'improvvisa e prematura morte di Pio II colsero, il cardinale ed il partito ''piesco'', di sorpresa. La politica nepotistica e la [[simonia]], sempre praticate dallo zio, avevano creato non pochi malumori nella [[curia]]. Di fatto, dopo l'[[elezione]] del nuovo[[ pontefice]], Francesco fu allontanato dal [[potere]] e relegato nella sua città natale<ref name=Treccani.it4> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>.[[File:Siena.Piccolomini.pano01.jpg|thumb|390px|left|Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, voluta da Pio III - Un affresco]]<br>La sua fama di uomo probo, la sua cultura giuridica ed ecclesiastica, la sua fine diplomazia gli consentirono di tornare gradualmente in gioco, guadagnandogli una posizione da [[protagonista]] nella composizione degli [[Scisma|scismi]] religiosi che scuotevano l'[[Europa]] centrale. La sua buona conoscenza della lingua e delle problematiche tedesche, svolsero un ruolo di primo piano nel conseguimento di indiscutibili successi. Dopo la morte di Pio II, nei quaranta anni che seguirono, salirono sul trono di [[Pietro]] quattro pontefici e ad ogni conclave il nome del cardinale senese fu sempre tra i papabili. Si seppe destreggiare tra le numerose insidie che scuotevano le fazioni capitoline, appoggiate da una parte dagli [[Spagnoli]] e dall'altra dai [[Francesi]]. Fu inviso a questi ultimi e da sempre simpatizzante dei [[Sovrano|sovrani]] spagnoli e della [[dinastia]] aragonese del [[Regno di Napoli|regno di Napoli]]. In considerazione della sua comprovata [[rettitudine]], nel [[1503]], nonostante le divergenze e dopo un periodo di gravi turbolenze fu eletto papa con il nome di [[Pio III]]. Le sue precarie condizione di salute, favorirono la sua nomina, in previsione di un pontificato di transizione,<ref name=Treccani.it5> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref> che, in effetti, sebbene inaspettatamente, durò solo pochi giorni.</br>Visse in fama di uomo mite e di [[pietà]], ricordato per la sua onestà di vita e per amore dell'arte, scevro da tentazioni nepotistiche e simonia<ref name= EnciclopediaItaliana3>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref>. Nei suoi ultimi anni diede inizio alla costruzione della [[Libreria Piccolomini]], affrescata dal [[Pinturicchio]]<ref name=Spreti5> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 327</ref>, dove avrebbe conservato oltre gli importanti [[Codice|codici]] ereditati dallo zio, la sua importante biblioteca a cui si aggiunsero altre acquisite in seguito. Grazie al suo intervento, la [[Cattedrale di Siena]] fu arricchita di dodici statue commissionate a [[Michelangelo]]<ref name= EnciclopediaItaliana4>G. Treccani, Op. cit., pag. 313</ref> e impreziosita dall'[[Altare Piccolomini]], commissionato ad [[Andrea Bregno]]. Frutto del suo mecenatismo furono altre opere commissionate a [[Siena]] , [[Pienza]] e Roma.{{vedi anche|Papa Pio III}}
 
====== Ramo di Antonio - Piccolomini d'Aragona ======
 
 
[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|60px]] '''Duchi di Amalfi, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Marchese.jpg|45px]] Marchesi di Deliceto e Capestrano, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Conte.jpg|45px]] Conti di Celano e Gagliano, [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Barone.jpg|45px]] Baroni di Balsorano, Pescina, Scafati e Carapelle'''
 
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|titolo='''Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona'''
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona.jpg|thumb|870px|center|Genealogia essenziale Piccolomini d'Aragona]]
}}
 
* Antonio (Sarteano 1437 - Napoli 1493). Dopo i primi anni dedicati agli studi a [[Sarteano]], si rivolse al mestiere delle armi, come molti altri componenti della sua famiglia. Sotto la guida dello zio Pio II, curò gli interessi della chiesa, nella ancora fragile [[monarchia]] aragonese di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I (Ferrante) d'Aragona]].[[File:Decorazione murale stemma gentilizio Piccolomini d'Aragona.jpg|thumb|180px|Affresco murale dello stemma Piccolomini d'Aragona]][[File:La città medievale di Amalfi nel XVII secolo.jpg|thumb|300px|left|La città medievale di Amalfi nel XVII secolo. Sullo sfondo la [[torre]] di avvistamento Piccolomini d'Aragona]]Quest'ultimo, figlio naturale del defunto [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso V]], fu favorito dal papa, che sancì il suo diritto successorio nella monarchia [[partenope|partenopea]], ai danni del [[pretendente]] [[angioini|angioino]] [[Giovanni di Lorena]]. In questa situazione di instabilità politica e nella necessità di consolidare l'[[alleanza]] con il [[papato]], fu deciso il matrimonio tra Antonio e Maria figlia naturale del re aragonese<ref name=TreccaniFerdinandoI>Dizionario Biografico degli Italiani - FERDINANDO I (Ferrante) d'Aragona, re di Napoli - Volume 46 (1996)
[http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-i-d-aragona-re-di-napoli_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Circostanza che aprì alla famiglia senese, nuovi [[orizzonte|orizzonti]] nel [[sud]] della [[penisola]]. Il [[primogenito]] di Laudomia, ottenne così la [[nomina]] a [[Ducato di Amalfi|Duca d'Amalfi]] e poté aggiungere al suo, il cognome degli Aragona ed inquartare il proprio stemma con le insegne reali<ref name=Spreti6> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Nello stesso anno, il [[1458]], fu nominato anche Gran [[Giustiziere (funzionario)|Giustiziere]] del Regno di Napoli e la famiglia fu aggregata al [[Patrizio (titolo)|patriziato]] napoletano nel ''Seggio di Nilo'', uno dei sette [[Sedili di Napoli]]<ref name=NobiliNapoletani>Nobili Napoletani,Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. Famiglia Piccolomini - I Sedili di Napoli[http://www.nobili-napoletani.it/sedili_di_Napoli.htm - Fonte]</ref>. Le aspettative non furono deluse e il Piccolomini, con le sue [[Milizia (soldatesca)|milizie]], ebbe un ruolo determinante nell'acquisizione, alla monarchia, di [[Castellammare di Stabia]] e [[Scafati]]. Il [[18]] [[agosto]] del [[1462]] sotto il comando di [[Alessandro Sforza]], ed alla guida di 2000 [[fante|fanti]] e 26 squadre di [[Cavallo|cavalli]], prende parte alla battaglia di Troia.<ref name=Famaleonis> Eugenio Larosa, Biografia del Condottiero Roberto Sanseverino - Associazione Culturale Famaleonis [http://www.famaleonis.com/robertodasanseverino-2.asp - Fonte]</ref><ref name=NobiliNapoletani2>Nobili Napoletani, Op. cit., Le principali battaglie svoltesi nel Mezzogiorno d'Italia[http://www.nobili-napoletani.it/Battaglie.htm#Troia-1462 - Fonte]</ref>. Il rivale angioino di Ferrante I venne definitivamente sconfitto, insieme ai feudatari ribelli del regno. Fu così dato al movimento anti aragonese, la cosiddetta [[Congiura dei Baroni]], un colpo di grazia dal quale non riuscirà, più a risollevarsi<ref name=TreccaniFerdinandoI>Dizionario Biografico degli Italiani - FERDINANDO I (Ferrante) d'Aragona, re di Napoli - Volume 46 (1996)
[http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-i-d-aragona-re-di-napoli_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.</br> Dopo la vittoria di Troia, beneficiò della distribuzione di numerosi feudi che il Ferrante assegnò ai difensori della sua causa. Nel [[1463]] ottenne il titolo di [[marchese]] di [[Capestrano]] e di [[Deliceto]], il titolo di [[conte]] di [[Celano]] e [[Gagliano]], il titolo di [[barone]] di [[Balsorano]], [[Pescina]] e [[Carapelle]]; nel [[1465]] infine divenne barone di [[Scafati]]<ref name=NobiliNapoletani3>Nobili Napoletani, Op. cit. - Famiglia Piccolomini[http://www.nobili-napoletani.it/Piccolomini.htm - Fonte]</ref>.<br>Contemporaneamente a questi avvenimenti nel [[1462]], nelle continue controversie che interessavano i territori [[Marche|marchigiani]], il [[Malatesta]] perse definitivamente la [[Signoria]] di Senigallia ad opera di [[Guido di Montefeltro]], che la restituì allo [[Stato della Chiesa]]. L'allora [[pontefice]] Pio II la diede in dominio, insieme alla signoria di Moldavio al nipote Antonio<ref name=TreccaniSigallia>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXXI pag. 380 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1936[http://www.treccani.it/enciclopedia/senigallia_(Enciclopedia-Italiana)/ - Fonte]</ref>.</br>Nel [[1474]], però, in tali feudi subentrò [[Giovanni della Rovere]], nipote di [[Sisto IV]], che nei vari giochi nepotistici, risultò vincitore<ref name=Treccani.it5> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>.Gli interessi del Piccolomini ormai gravitavano nel regno di Napoli, dove le cariche politiche, l'[[amministrazione]] degli innumerevoli feudi, che fra l'altro, portavano ritorni economici di non poco interesse, lo assorbivano completamente. Durante i vent'anni di pace che seguirono, fece costruire i castelli di [[Balsorano]], [[Celano]] e [[Ortucchio]] e restaurare diversi altri di sua proprietà che, poi, distribuì tra i suoi discendenti.<br> Va sottolineato che la figura di Antonio ha una dimensione esemplare. Unico in tutta la sua famiglia dimostrò grande sensibilità nei confronti dello [[Attività manifatturiera|sviluppo manifatturiero]] amalfitano. In virtù della sua cultura operosa, ereditata nel territorio senese, ed anche alla politica inaugurata da [[Alfonso il Magnanimo]], importò, da diversi luoghi delle penisola, [[Corporazioni delle arti e mestieri|maestri]] in grado di dare impulso alla costruzione di diversi opifici. Primo fra tutti fu quello per la lavorazione della [[lana]] "all'usanza di Siena e Firenze", nonché diverse [[Gualchiera|gualchiere]] e [[tintoria|tintorie]] nel territorio amalfitano: a [[Scala]], [[Pontone]], [[Ravello]], Strani e [[Maiori]]. Rilanciò ed implementò gli [[Centro siderurgico|stabilimenti siderurgici]] [[Storia economica dell'età preindustriale|preindustriali]], le [[Ferriera|ferriere]], già presenti ad Amalfi<ref name=IlariaPuglia>Ilaria Puglia, I Piccolomini d’Aragona duchi di Amalfi (1461-1610) . Storia di un
patrimonio nobiliare, Napoli, Editoriale Scientifica, 2005, pp. 262 Accademia degli Intronati - Recensione di Barbara Gelli [http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>.
 
Antonio ebbe diversi figli di cui:
[[File:Castello Piccolomini di Balsorano (Alba).jpg|thumb|300px|Castello Piccolomini di Balsorano]]
 
* Francesco ([[1460]] ca. - † [[1530]]). Fu [[Vescovo]] di [[Bisignano]] dal [[1498]] fini alla sua morte. Di fatto, fino al [[1518]], in assenza dei [[Sanseverino]], signori del territorio, gestì il principato in autonomia, con saggezza e lungimiranza. Viene ricordato tra le altre cose, per la difficile mediazione tra gli abitanti del luogo ed i [[Immigrazione|flussi migratori]] dei cristiani [[Albania|albanesi]] in fuga dall'occupazione [[musulmano|musulmana]]<ref name=arbitalia> Italo Costante Fortino, Insediamenti albanesi nella valle del Crati - Università di Napoli L’Orientale [http://www.arbitalia.it/cultura/interventi/2011/fortino_sarro_insediamenti_albanesi_valle_crati.pdf - Fonte]</ref>.
 
* Alfonso I ([[1462]] ca. - † [[1503]]). Condusse una [[vita]], all'[[ombra]] della grandezza dl padre, non riuscendo mai ad esprimere la sua [[personalità]]. Compare spesso negli eventi legati alla vita di corte e nelle [[cerimonia|cerimonie]] più importanti, come il matrimonio di [[Eleonora d'Aragona]] con [[Lionello d'Este]] o l'[[incoronazione]] di [[Federico I di Napoli|Federico I re di Napoli]], a testimonianza di come la famiglia fosse considerata nei più alti [[rango|ranghi]] della [[nomenclatura]] aragonese. Subito dopo la morte del padre, si vide togliere il ducato di Amalfi<ref name=Spreti7>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329 </ref> e la gran parte dei feudi caduti sotto il controllo transalpino, durante la disastrosa [[conquista]] di [[Napoli]], da parte di [[Carlo VIII]]. Conquista che cercò di contrastare, militando nelle fila dell'esercito aragonese. Feudi che comunque riebbe, subito dopo la ritirata delle truppe [[Francese|francesi]] nel [[1495]]. Morì giovane nel [[1503]], seguito a poca distanza dalla moglie [[Giovanna d'Aragona]], non riuscendo a trasmettere, ai suoi figli l'educazione e quella tradizione familiare, che avrebbe voluto.
 
* Giambattista ([[1464]] ca. - † [[1530]]). Secondogenito di Antonio, divenne Marchese di Deliceto acquisendone il feudo, con a capo lo storico castello. Ebbe in moglie Costanza [[Caracciolo]], appartenente ad una delle più illustri famiglie di Napoli. Personaggio storicamente non importante, si dedicò essenzialmente alla gestione delle sue proprietà.[[File:CastelloNormannoDeliceto.jpg|thumb|220px|left|Castello di Deliceto]] Di indole mite e religiosa, volle ristrutturare e dotare, di cospicue rendite, la cappella di [[Deliceto|Santa Maria dell'Olmitello]], nei pressi del castello, dove la tradizione narra il ritrovamento, dopo l'apparizione della madonna, di una statuetta [[ligneo|lignea]] tra i rami di un [[olmo]]. Statuetta che anche in età moderna si conserva all'interno della [[chiesa]]<ref name=deliceto> Pro loco Deliceto, Cappella M. SS. Dell’Olmitello (Sec.XI),[http://www.prolocodeliceto.it/zeroweb/?page_id=272 - Fonte]</ref>. Inoltre donò un vasto terreno per la costruzione da parte dell'ordine dei frati francescani del convento e chiesa di Sant'Antonio da dove l'occhio spazia su un vastissimo territorio, dal Tavoliere delle Puglie e dal Gargano fino alle alture della Basilicata<ref name=deliceto2> Portale istituzionale del comune di Deliceto
[http://www.comune.deliceto.fg.it/Default.aspx?frame=CittaTerritorio%5CMonumenti%5CSantAntonio.ascx],</ref>.
 
* Alfonso II ([[1500]] ca. - † Nisida [[1563]]). Figlio di Alfonso I. Con l'uscita di scena degli Aragona, cominciò un lento, quanto inarrestabile declino della famiglia, nella gestione del potere. L'avvento degli [[Spagnoli|spagnoli]], non comportò tuttavia, un'inversione di tendenza nei rapporti con i sovrani.[[File:Stampa dell'isola di Nisida.jpg|thumb|300px|Stampa dell'isola di Nisida (1700) con il castello di Alfonso Piccolomini]] La tradizionale [[fedeltà]] dei Piccolomini alla casa degli [[Asburgo]], vide confermare i rapporti di stima e fiducia da parte di [[Carlo V]], che era subentrato al posto dello sconfitto [[Federico I di Napoli|Federico I]]. Divenne generale imperiale e Giustiziere del regno<ref name=Spreti6>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Elesse a sua abitazione, la grande torre sulla sommità dell'isola di [[Nisida]], già nel feudo dei Duchi di Amalfi, che trasformò in [[palazzo]], dove tenne feste, ricordate per il grande sfarzo e grande profusione di denari<ref name=Ischia>Domenico Antonio Parrino, Di Napoli il seno Cratero Parte II, pag. 167 - Nella nuova stampa del Parrino à Strada Toledo - Napoli 1700 , all'Insegna del Salvatore[http://digitale.bnnonline.it/documenti/bnn_testi/parrino2.pdf - Fonte]</ref>. Non riuscì a dimenticare le sue origini senesi e in quel periodo ([[1528]]), in cui la repubblica era agitata da gravi scontri tra le diverse [[fazione|fazioni]], non seppe rinunciare all'offerta ricevuta, grazie alla sua riconosciuta autorevolezza, di divenire ''Capitano del Popolo'', ''[[super partes]]'' a Siena<ref name=Spreti8>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329 </ref>.</br>Questa posizione gli creò non pochi problemi, in quanto la repubblica toscana, sempre di più, contesa, nei giochi di potere della politica europea, per assicurare la propria sopravvivenza, tenne sempre più le parti della [[Regno di Francia|monarchia francese]].</br>In questa tentazione venne coinvolto anche l'irreprensibile Duca di Amalfi, che perse i favori di Carlo V, il quale lo costrinse a lasciare la Repubblica, esautorandolo, anche degli incarichi ricoperti nel [[Regno di Napoli]].</br>Si ritirò a Nisida dove condusse una vita ritirata, estraniandosi progressivamente, dalla vita sociale ed anche da quella familiare, abbandonando, di fatto, a se stessi la moglie [[Costanza d'Avalos]] e i suoi figli. Tra questi, Iñigo e Giovanni continuarono la discendenza<ref name=AlfonsoII>Dizionario Biografico degli Italiani - AVALOS, Costanza d', duchessa d'Amalfi - Volume 4 (1962) [http://www.treccani.it/enciclopedia/avalos-costanza-d-duchessa-d-amalfi_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>.
 
* Iñigo ([[1523]] - † Roma [[1566]]). Le notizie su questo componente della famiglia non sono numerose. Divenne Duca di Amalfi per rinuncia del fratello Giovanni alla primogenitura. Sposò una Piccolomini, Sivia, ultima rampolla del ramo di Andrea ed ultima signora del [[Isola del Giglio|Giglio]] e di [[Castiglion della Pescaia]]. La vita di Iñigo fu segnata da un infausto episodio che lo vide accusato dell'[[assassinio]] di un uomo nel reame di Napoli. Fu costretto a rifugiarsi, esule, nello [[Stato Pontificio]]. Nel corso della sua permanenza a [[Roma]], decise di vendere a [[Cosimo II de' Medici|Cosimo dei Medici]], il feudo toscano portatogli dalla moglie. È sepolto nella [[Basilica di Santa Maria del Popolo|chiesa di Santa Maria del Popolo]], dove la sua lastra tombale fu ricavata da una cornice delle [[Terme di Agrippa]]<ref name=Inigo>Rodolfo Lanciani, La distruzione dell’antica Roma - 1971 Pag. 8 [http://www.sintesilibriuniversitari.com/app/download/5020239262/Rodolfo+Lanciani.doc?t=1311352730 - Fonte]</ref>.
 
In questo periodo della storia della famiglia, la società napoletana fu interessata da una vera e propria rivoluzione dei costumi. Alle lotte tra baroni che si contendevano feudi e territori, in quello, che era stato ormai il tramonto del medioevo, subentrava un periodo di stabilità sociale ed economica, obiettivo questo coincidente con gli interessi della snuova monarchia spagnola.[[File:Riproduzione abito rinascimentale.jpeg|thumb|170px|left|Playing dress renaissance]][[File:La Corte Napoletana nel XVI Secolo.jpg|thumb|700px|La Corte Napoletana dei Viceré nel XVI Secolo]] Alcuni fenomeni nuovi, come la forte e fino ad allora sconosciuta[[inflazione| spinta inflazionistica]], che interessò parte del [[XVI secolo|XVI]] e del [[XVII secolo]], unita alla formazione di una classe operosa ed industriosa quale la [[borghesia]], mostrarono l'inadeguatezza di una [[Aristocrazia|classe aristocratica]], ingessata. Inadeguatezza dalla quale neanche i Piccolomini d'Aragona riuscirono ad essere immuni. L'[[governo|amministrazione]] del nuovo regno, seppur fortemente accentrata a Napoli, lasciava tuttavia gli antichi diritti feudali, quasi inalterati. In questa fase di forti cambiamenti, i Piccolomini, non riuscirono a gestire il proprio patrimonio, composto da [[Opificio|opifici]], [[miniera|miniere]] e [[Latifondo|tenute fondiarie]]. Inoltre subentrò la consuetudine di dare in [[affitto]] le proprietà per non essere costretti ad effettuare controlli amministrativi, che in realtà non erano in grado di fare<ref name=IlariaPuglia>Ilaria Puglia, op.cit. e Accademia degli Intronati - Recensione di Barbara Gelli [http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>. Così i Duchi di Amalfi si allontanarono sempre più dalle loro realtà produttive, parte delle quali, non potevano essere vendute, in quanto legate da vincoli giuridici alla famiglia. Nel contempo la corte spagnola, introdusse i fasti di un eleganza e di una grandezza fino ad allora sconosciuti nell'aristocrazia napoletana, trasformando la partecipazione alla vita di corte in una necessità quasi imprescindibile e strettamente connessa alla propria [[Status sociale|posizione sociale]]<ref name=IlariaPuglia2>Ilaria Puglia, Op, cit.[http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref>. Un elegante ed esclusivo abito cinquecentesco arrivava a costare quanto la [[rendita]] annuale di un fondo agricolo. Tutto questo, insieme alle cospicue [[donazione|donazione]] e atti di munificenza e prodigalità, strettamente legati al proprio [[rango]], portarono ad un aumento vertiginoso delle spese di rappresentanza, con la necessità pressante e continua di nuova [[liquidità]]. Ben presto, nonostante la cessione diffusa delle [[Mastrodattia|mastrodattie]]<ref name=mastrodattia>Aurelio Musi, Mezzogiorno spagnolo: la via napoletana allo stato moderno. Pagg. 87, 104 - Guida Ed. - Napoli 1991.[http://books.google.it/books?id=0lQNywLIWwAC&pg=PA35&lpg=PA35&dq=mezzogiorno+spagnolo&source=bl&ots=vBAK_-R7u4&sig=DDH4vVv1_eEmLRmSRgYY2QdFVbM&hl=it&sa=X&ei=QEMAU9SLNsa07Qbu2YHQDA&ved=0CFEQ6AEwAw#v=onepage&q=piccolomini&f=false - Fonte] </ref> e dei diritti feudali in genere, i soli affitti non furono più sufficienti. Le ingenti spese profuse da Alfonso II da una parte e i suo figlio Iñigo dall'altra, portarono ad una stagione di indebitamento, di cui gli affittuari divennero, i principali finanziatori, con progressivo sgretolamento del patrimonio familiare. L'ultima erede del ramo primogenito, Costanza, si ritrovò, nel corso della sua vita, in condizioni economiche notevolmente diminuite<ref name=IlariaPuglia4>Ilaria Puglia, Op, cit.[http://www.accademiaintronati.it/recensioni/PUGLIA.pdf - Fonte]</ref> ed enormemente distanti da quelle fondate dal bisnonno Antonio, primo Duca di Amalfi.
 
* Costanza ([[1553]] - † [[1610]] Napoli) e Alessandro ([[1555]] - † [[1617]]). Nel [[1566]], alla morte del padre Iñigo, il patrimonio dell'ultima nata della linea primogenita, rimaneva comunque formidabile. Per tamponare le posizioni debitorie più urgenti, fu venduta alla zio Giovanni, il fratello del padre, l'isola di Nisida con il castello di famiglia. Inoltre sempre allo zio donò diversi e numerosi feudi, tra cui il castello di Ortucchio, quello di Pescina e quello di Balsorano<ref name=Chavarria>Elisa Novi Chavarria, Monache e gentildonne: un labile confine : poteri politici e identità religiose nei monasteri napoletani. Secoli XVI - XVII, pagg. 106 - 108 - Franco Angeli srl - Milano - 2004 [http://books.google.it/books?id=prot6H8w5eUC&pg=PA215&lpg=PA215&dq=costanza+piccolomini+d'aragona+teatini&source=bl&ots=KISOSdVbUu&sig=CLr2oQMHS4T2raIeh8HvRA3BVXg&hl=it&sa=X&ei=WkEAU7nREMeshQe_9YFg&ved=0CEQQ6AEwBA#v=onepage&q=costanza%20piccolomini%20d'aragona%20teatini&f=false -Fonte]</ref><ref name=postilla>Alcune fonti parlano di vendita</ref>.</br>Quando ancora era in possesso di un larghissimo patrimonio, per volontà della famiglia, che era legata a quella politica di [[endogamia]], tipica, della ''consorteria'' Piccolomini, fu costretta, non ancora ventenne, a sposare, nel [[1572]], il cugino Alessandro. Cugino che era l'ultimo discendente dei marchesi di Deliceto, linea secondogenita del bisnonno Antonio. fondatore della [[Dinastia|casata]].</br>Non fu questo un matrimonio fortunato. Alessandro infatti, conosciuto come VII Duca d'Amalfi, non ebbe buona fama, dopo aver dilapidato tutto il suo cospicuo patrimonio, si diede a pratiche magiche e sortilegi, tanto da subire un [[Processo (diritto)|processo]] per [[Stregoneria|bestemmie ereticali]] da parte del Santo Officio. Aveva sofferto 12 anni di [[carcere]] a [[Castel dell'Ovo]], condanna inflittagli dalla giustizia vicereale del [[Enrique de Guzmán|Conte d'Olivares]], a cui se ne dovevano aggiungere altri 10 nel [[Forte spagnolo|Castello dell'Aquila]]<ref name=Campanella>Luigi Amabile, Fra Tommaso Campanella : la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia. Volume secondo, narrazione, parte seconda pag. 266. 267 - Napoli - Cav. Antonio Morano Editore - Napoli 1888 [https://archive.org/stream/fratommasocampa04amabgoog#page/n706/mode/1up - Fonte]</ref>.
[[File:Napoli, Castel dell'Ovo, 1841.jpg|thumb|330px|left|Castel dell'Ovo, Luogo di detenzione di Alessandro Piccolomini - Ultimo Marchese di Deliceto]][[File:NapoliSantaMariaDellaSapienza.jpg|thumb|225px|Left|Santa Maria alla Sapienza, nel cui monastero entrò Costanza Piccolomini d'Aragona, VI Duchessa d'Amalfi]]
In quegli anni la povera Costanza fu costretta a vendere, gran parte di quello che rimaneva dei suoi averi: il [[Castello Piccolomini (Capestrano)|Castello di Capestrano]] e la sua signoria andò al [[Cosimo II de' Medici|Granduca di Toscana]], la contea di [[Celano]] fu venduta ai [[Peretti]], la famiglia del papa[[ Sisto V]]<ref name=Spreti8>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>. Nel [[1600]] il marito Alessandro, con l'[[abiura]] ottenne da [[Clemente VII]] la [[Grazia (diritto)|grazia]] che, accompagnata a quella ottenuta dal nuovo [[viceré]], [[Fernando Ruiz de Castro|Conte di Lemos]], gli ridonò la libertà, con l'obbligo di condurre una vita militare, che al servizio della Repubblica Veneta durò per molti anni a seguire<ref name=Campanella2>Luigi Amabile op, cit., Volume secondo, narrazione, parte seconda pag. 266. 267[https://archive.org/stream/fratommasocampa04amabgoog#page/n706/mode/1up - Fonte]</ref>. Costanza ottenne con potestà pontificia, l'[[Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio|annullamento della sua unione]]. Fu costretta a mettere in piazza le miserie di un matrimonio fallito, ufficialmente non consumato e costellato di tradimenti, [[adulterio]] e umiliazioni. Si tolse il marito di torno a dure condizioni: dovette cedergli il Ducato di Amalfi e concedergli un vitalizio di 2400 ducati annui.<ref name=Chavarria2>Elisa Novi Chavarria, Op. cit. pagg. 106 - 108
[http://books.google.it/books?id=prot6H8w5eUC&pg=PA215&lpg=PA215&dq=costanza+piccolomini+d'aragona+teatini&source=bl&ots=KISOSdVbUu&sig=CLr2oQMHS4T2raIeh8HvRA3BVXg&hl=it&sa=X&ei=WkEAU7nREMeshQe_9YFg&ved=0CEQQ6AEwBA#v=onepage&q=costanza%20piccolomini%20d'aragona%20teatini&f=false -Fonte]</ref>. Nel [[1596]], divenne [[monaca]] dell'[[Monache clarisse|Ordine delle Clarisse]] nel monastero di [[Chiesa di Santa Maria della Sapienza|Santa Maria della Sapienza]]. Negli ultimi atti della sua vita mondana, fece molte donazioni, di notevole entità, ad [[Opera pia|opere pie]] situate sia a Napoli che a Siena. Inoltre donò, all'[[Chierici regolari teatini|Ordine dei Teatini]]<ref name= EnciclopediaItaliana5>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXXIII pag. 353 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 pag.353 (1937)[http://www.treccani.it/enciclopedia/teatini_(Enciclopedia_Italiana)/ - Fonte]</ref>, il palazzo romano che era stato di Pio III, con all'interno, gli inestimabili arredi. L'Ordine, in ossequio alla volontà della duchessa, costruì una chiesa, adiacente al palazzo e dedicata a [[Andrea apostolo|Sant'Andrea]], santo protettore di Amalfi. Chiesa che poi fu chiamata [[Basilica di Sant'Andrea della Valle|Sant'Andrea della Valle]]<ref name=Santandrea>Basilica
Sant'Andrea della Valle-Padri Teatini-[http://www.sant-andrea-roma.it/jmla15/italiano/storia-della-costruzione - Fonte]</ref>.</br>Costanza morì nel [[1610]], seguita nel [[1617]] dal ex marito Alessandro, ultimo marchese di Deliceto ed ultimo duca napoletano di Amalfi.</br>Il ducato, infatti, benché, fortemente impoverito, fu donato dal re di Spagna, [[Filippo III di Spagna|Filippo III]], al principe [[Ottavio Piccolomini]], della linea dei signori di Sticciano<ref name=Spreti9> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>.
 
 
[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Principe.jpg|60px]] '''''Principi di Valle di Casale, Nachod e Maida''''' [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Grande di Spagna.jpg|75px]] '''''[[Grandezza di Spagna|Grandi di Spagna]] '''''[[File:Arme Piccolomini d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|60px]] '''''Duchi di Laconia''''' [[File:Arme Piccolomini d'Aragona con corona di Marchese.jpg|47px]] '''''Marchesi di Montesoro'''''
 
Dopo le turbolenze che hanno caratterizzato la fine dei due rami principali della famiglia e cioè i Duchi di Amalfi e i Marchesi di Deliceto, terminati con Costanza e Alessandro, i Piccolomini d'Aragona continuarono la loro permanenza nel reame di Napoli, con la linea di Giovanni, fratello di Iñigo, che abbiamo visto in precedenza. Portavano con sé il titolo ed il feudo della [[baronia]] di [[Scafati]] e la signoria di [[Boscoreale]], nonché le vaste proprietà pervenute dalla duchessa Costanza, che però vennero in parte vendute da Alfonso figlio di Giovanni. La famiglia continuò a ricoprire un ruolo di primo piano nell'aristocrazia napoletana, continuando una politica di intese matrimoniali che li vedeva uniti con le principali famiglie del regno, come i [[Caracciolo]] , i [[Carafa]], i [[Pignatelli]], i [[D'Avalos (famiglia)|d’Avalos d’Aquino d’Aragona]], i [[Ruffo di Calabria]] e altre. Giovanni, figlio di Alfonso, si sposò con Gerolama [[Loffredo]] uno dei nomi più illustri dell'epoca. La linea continuò con un altro Alfonso che rinnovò il peso e la visibilità della famiglia.
 
* Alfonso ([[1630]] ca. - † [[1694]]). Ottenne da Filippo III, re di Spagna e di Napoli, il titolo di Principe di Valle di Casale, grande signoria che dalle pendici del Vesuvio si estendeva nel territorio di Pompei. Inoltre sposò Eleonora Loffredo, che portò in casa Piccolomini, Il principato di [[Maida]], feudo in [[Calabria]], il Marchesato di Montesoro, feudo in Sicilia ed il ducato di [[Laconia]]. Si occupò essenzialmente dell'amministrazione delle sue proprietà, ricostituendo l'equilibrio economico perduto.
 
* Francesco ([[1654]] - † [[1686]] [[Budapest|Buda]] - [[Ungheria]]). Primogenito di Alfonso, fu generale Imperiale di [[Leopoldo I d'Asburgo]]. Partecipò a diverse battaglie contro i [[Ottomani|Turchi]]: dalla presa di [[Philipsburg]] alla [[Battaglia di Vienna|difesa di Vienna]]. Trovò la morte in battaglia, nell'[[Assedio di Buda (1686)|assedio di Buda]]<ref name=Spreti9bis> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.[[File:Reprise Buda 1686.jpg|thumb|300px| L'assedio di Buda, dove morì Francesco Piccolomini d'Aragona]][[File:History of Náchod 14 - Náchod from the west.jpg|thumb|300px|left|Castello di Nachod - Residenza dei Pompeo Piccolomini d'Aragona]]
 
* Giuseppe (1656 ca. - † 1733). Secondogenito di Alfonso, sposò Anna [[Colonna (famiglia)|Colonna]]. Ben introdotto nella corte vicereale di Napoli, ben presto entrò nella considerazione della monarchia spagnola. Impegnato nella professione militare, divenne [[Maestro di campo]] del re di spagna, comandante del ''[[Tercio]]'' di Napoli. Le sue indiscusse capacità ed il valore dimostrato nelle campagne militari gli fecero ottenere numerosi riconoscimenti e [[Filippo V di Spagna|Filippo V]], nel [[1711]], introdusse la famiglia tra i [[Grandezza di Spagna|Grandi di Spagna]]<ref name=Spreti10> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.
 
* Pompeo ([[1694]] - † [[1765]] [[Nachod]] - [[Boemia]]).Figlio di Giuseppe, all'estinzione della linea dei Signori di Sticciano, fu depositario<ref name=Spreti10> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref> di un vasto patrimonio, accumulato per secoli ed ingrandito da quel grande personaggio che fu [[Ottavio Piccolomini]]. Aggiunse ai suoi numerosi titoli e feudi, quelli toscani dei Piccolomini detti delle Papesse. Divenne [[Principe del Sacro Romano Impero|principe del Sacro Romano Impero]] ed ereditò la prestigiosa signoria del principato di [[Nachod]], con il maestoso palazzo, assimilabile, più ad una [[reggia]] che non ad una residenza privata. Lasciò definitivamente Napoli, per ritirarsi in [[Boemia]] dove morì.</br> Con suo figlio Giuseppe, questa grande casata napoletana si estinse, in grandiosa opulenza, e tutti i titoli e signorie, passarono alla linea dei Piccolomini Salamoneschi, che da allora in poi ([[1807]]), subentrarono nei loro diritti, assumendone il cognome<ref name=Spreti11> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329</ref>.</br>
</br>
In questo modo ebbe storicamente fine la dinastia napoletana dei Piccolomini d'Aragona, iniziata da Antonio Todeschini Piccolomini.</br>
</br>
Nel territotio campano, è, tuttavia, ancora presente la sua prosapia, in virtù di alcuni figli naturali legati alla sua discendenza.
Tra questi, vanno ricordati, come continuazione parallela dei Baroni di Scafati e Principi di Valle, Antonio e Vittoria, che cugini tra loro, si unirono in matrimonio, conservando il cognome Piccolomini d’Aragona. La loro discendenza, se pur non omologata, dalla memorialistica genealogica tradizionale, rimane, tuttavia, la depositaria dei ricordi storici e culturali di questo illustre ramo della famiglia.
 
====== Ramo di Giacomo - Piccolomini di Castiglia e d'Aragona ======
 
[[File:Arme Piccolomini di Castiglia e d'Aragona con mantello e corona di Duca.jpg|55px]] '''Duchi di Montemarciano''' e '''Signori di Camporsevoli'''
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|titolo= Piccolomini d'Aragona e di Castiglia Duchi di Montemarciano, Signori di Camporsevoli - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomin Todeschini, Piccolomini d'Aragona e di Castiglia Duchi di Montemarciano, Signori di Camporsevoli.jpg|thumb|900px|center|Piccolomini d'Aragona e di Castiglia Duchi di Montemarciano, Signori di Camporsevoli]]
}}
 
Questo ramo beneficiò, nel nome di Giacomo, del dono da parte dello zio Pio II, del Ducato di [[Montemarciano]] nelle [[Marche]] e della signoria di Camporsevoli nei pressi di [[Chiusi]]<ref name=Spreti12> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. L'avvento sul [[Soglio (trono)|soglio pontificio]] di [[Sisto IV]], dei [[Della Rovere|della Rovere]], rese quantomai problematica la gestione, da parte dei Piccolomini, del feudo di Montemarciano.
 
[[File:Arme Piccolomini di Castiglia e d'Aragona con corona di Conte.jpg|45px]] '''Giacomo - Conte del Sacro Romano Impero ([[1458]])'''
* Giacomo ([[1441]] - † [[1507]]). Con [[decreto]] imperiale di Federico III nel [[1458]] fu nominato conte del S.R.I. Successivamente, nel [[1478]] ebbe la facoltà di aggiungere i cognomi di [[Castiglia]] e d’[[Aragona]] da Re [[Enrico IV di Castiglia]]. In precedenza, nel [[1472]], cercò di riprendere, con un colpo di mano e l'aiuto di fuoriusciti, la signoria di [[Senigallia]]<ref name=AvventuraMarche>Avventura Marche, Il castello di Monterado [http://www.avventuramarche.it/dettaglio_scheda.asp?id_scheda=382 - Fonte]</ref> , dalla quale, il fratello Antonio Piccolomini d'Aragona, che n'era il legittimo signore, fu scacciato subito dopo la morte di papa Pio II<ref name=Cittàfutura>Senigallia, citta futura, Senigallia porto franco e signoria [http://www.lacittafutura.info/2012/senigallia-porto-franco-e-signoria/ - Fonte]</ref>. In queste contese, intervenne infine papa Sisto IV, concedendo il feudo rivendicato, al nipote diciassettenne, Giovanni della Rovere, contro il volere dell'allora cardinale Francesco Piccolomini (poi Pio III)<ref name=Treccani.it6> Treccani, Enciclopedia dei Papi [http://www.treccani.it/enciclopedia/pio-iii_(Enciclopedia-dei-Papi)/ Fonte]</ref>. Giacomo, riuscì, a stento ad evitare la condanna a morte inflittagli dal pontefice. A torto o a ragione, a differenza del fratello Antonio, preso dai suoi copiosi interessi nel regno di Napoli, questo ramo della famiglia, si sentì defraudato e non sopì mai il desiderio di riconquistare quella signoria, senza la quale, in effetti, Montemarciano si trovava ad essere una [[roccaforte]] isolata in territorio ostile.</br> A questo Giacomo, inoltre, si deve l'ultimazione dell'austero e grandioso [[Palazzo Piccolomini (Siena)|Palazzo Piccolomini]] di Siena<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
* Antonio Maria ([[1490]] - † ?). Alla Morte del cugino cardinale Giovanni, entrò in conflitto, anche lui, con lo Stato della Chiesa, occupando i territori di [[giurisdizione]] del prelato.[[File:824SienaPalPiccolomini.JPG|thumb|200px| Palazzo Piccolomini, voluto da Giacomo duca di Montemarciano e suo fratello Andrea, a Siena]] Si rinnovò un'aspra contesa ed alla fine papa Paolo III ne ingiunse ed ottenne la restituzione. Suo figlio Scipione morto nel [[1608]], fondò il Priorato di Pisa nell'[[Ordine di Santo Stefano]]. Fu l'ultimo signore di Camporsevoli<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
* Alfonso ( 1550 - † Firenze 1591). Figlio di Giacomo e nipote di Antonio Maria fu l'ultimo duca di Montemarciano. È passato alla storia come famigerato bandito.
[[File:Marco Sciarra and Tasso.jpg|thumb|250px|left|La foresta della Faiola - Luogo dell'ultima [[schermaglia]] di Alfonso Todeschini Piccolomini]]Sembra che l'abbandono della tranquilla e onorata vita nella repubblica di Siena sia stato originato da un'omicidio avvenuto ai danni di un componente della famiglia [[Baglioni]], di Perugia. In un primo periodo si limitò, dalla sua signoria, a dare asilo ad avventurieri del territorio di Senigallia e della [[Romagna]], nella [[rocca]] di Montermarciano<ref name=AnconaIllustrata>Antonio Leoni, Agostino Peruzzi, Ancona illustrata, colle risposte ai sigg. Peruzzi [on his Dissertazioni anconitane] Pighetti etc., e il compendio delle memorie storiche d'Ancona, pag. 299 - Tip. Baluzzi - Ancona - 1833 [http://books.google.it/books?id=65MPAAAAQAAJ&pg=PA299&lpg=PA299&dq=rocca+piccolomini+montemarciano&source=bl&ots=wodzSkodef&sig=8k_45kjzg-C0uaqkwtcsju9RLT0&hl=it&sa=X&ei=Nej8UsCjBNLe7AbO4ICYAQ&ved=0CFAQ6AEwBA#v=onepage&q=rocca%20piccolomini%20montemarciano&f=false - Fonte]</ref>. Dopo una serie di alterne vicende, durate fino al [[1579]], dovette desistere, per l'intervento massiccio di forze militari inviate da [[Gregorio XIII]]. I suoi beni furono confiscati ed i familiari arrestati. Solo con l'intervento di [[Francesco I de' Medici]], [[Granduca di Toscana]], ottenne, nel [[1584]], il perdono papale ed il reintegro nel suo stato<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Per un certo periodo, militò al servizio della [[Repubblica di Venezia]], nella guerra contro gli [[Uscocchi]]. La sua indole turbolenta, però porto a dei contrasti insanabili con quella Repubblica<ref name=IstoriaciviledelregnodiNapoli>Pietro Giannone, Istoria civile del regno di Napoli: tomo 7. La polizia del regno sotto Austriaci. Pag. 306. Italia - 1821[http://books.google.it/books?id=Y44KAAAAIAAJ&pg=PA306&dq=alfonso+piccolomini&hl=it&sa=X&ei=OB0GU4OuM9LwhQfdjIHgDA&ved=0CGcQ6AEwCQ#v=onepage&q=alfonso%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Successivamente, forse, spinto da promesse politiche ricevute da francesi e spagnoli, si mise a capo del malcontento che agitava le campagne dei territori laziali e senesi, a causa della grande [[carestia]] del [[1590]]. Formò un [[esercito]], composto per lo più di contadini mal addestrati, ma stretto tra papalini e medicei, fu facilmente sbaragliato. Riuscì a sfuggire all'arresto e continuò nelle sue scorribande, unendosi al bandito Marco Sciarra e con lui continuò ad imperversare, infestando un territorio che andava dalle Marche fino alle e pendici del[[ Vesuvio]]. La mossa sbagliata del Piccolomini si consumò nella [[Marco Sciarra|foresta della Faiola]], poco distante da Roma e sulla strada per [[Napoli]], dove era giunto in soccorso dell'alleato [[Marco Sciarra|Sciarra]], che in questo frangente riuscì a salvarsi. Non fu così per il Piccolomini, che ebbe il suo manipolo decimato. Braccato e in fuga, fu, alla fine, catturato in una casa di coloni a [[Forlì]]. Di lì fu condotto a [[Firenze]], dove il [[2]] [[gennaio]] [[1591]], fu giustiziato.<br> Il ducato di Montemarciano passò agli [[Sfondrati]], famiglia dell'allora [[Papa Gregorio XIV]]<ref name=Spreti13> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.
 
====== Ramo di Andrea ''Signori del Giglio e Castiglione della Pescaia'' ======
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|titolo= Piccolomini Todeschini Signori del Giglio e di Castiglione della Pescaia - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini Todeschini Signori del Giglio e di Castiglione della Pescaia.jpg|thumb|900px|center|File:Genealogia essenziale Piccolomini Todeschini Signori del Giglio e di Castiglione della Pescaia]]
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Questo è il ramo, meno noto fra quelli generati da Laudomia. Gli appartenenti furono Signori di Castiglione della Pescaia e dell'Isola del Giglio. Comunemente vengono individuati, insieme a Pio III, come Piccolomini Todeschini, in misura maggiore rispetto agli altri fratelli.
 
* Andrea ([[1445]] ca. - † [[1505]]). Ebbe un'indole diversa dai due fratelli. Non fu uomo d'armi ed è probabile avesse un'inclinazione per lettere<ref name=Tizio>Manuela Doni Garfagnini, Il teatro della storia fra rappresentazione e realtà: storiografia e trattatistica fra Quattrocento e Seicento. Pag. 63 - Ed. di Storia e Letteratura, 2002 - 387 pagine - Roma [http://books.google.it/books?id=_sLJV_5KphQC&pg=PA63&lpg=PA63&dq=andrea+Piccolomini&source=bl&ots=fdNBddo5Ca&sig=lpsBBOGjfdHIyPDtn1Gn-3_lXXA&hl=it&sa=X&ei=UPMHU9rPF_DX7AbviIDQDQ&ved=0CC0Q6AEwADgU#v=onepage&q=andrea%20Piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Insieme al fratello Giacomo volle e costruì il Palazzo Piccolomini nella sua città, diventato nel [[XIX secolo]], sede del [[Archivio di Stato di Siena]]. Lo zio papa Pio II ottenne per lui, da parte del re di Napoli, Ferrante d'Aragona, la signoria del [[Isola del Giglio|Giglio]] e di [[Castiglion della Pescaia]], con il titolo di marchese di quelle terre<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>.[[File:Andrea Piccolomini, Agnese Farnese e Montanina nell'affresco del Pinturicchio.jpg|thumb|300px|Andrea Todeschini Piccolomini e Agnese Farnese con la figlia Montanina nell'affresco del Pinturicchio]] Dal re [[Ferdinando II di Aragona|Ferdinando di Spagna]] fu fatto Cavaliere dell'[[Ordine di Santiago|Ordine di San Jago]]<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Nel[[1460]] sposò Agnese [[Farnese]], che sarebbe divenuta poi, cugina del papa [[Paolo III]]<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. La sua discendenza, poteva vantare, con ogni [[probabilità]], la più alta [[concentrazione]] di [[Ereditarietà genetica|caratteri ereditari]] legati a pontefici.</br> Andrea dovette affrontare uno dei periodi più difficili della Repubblica. Ascritto al [[Monte dei Gentiluomini]], come il resto della famiglia, si trovò ad affrontare lo strapotere dei [[Monte dei Gentiluomini|Noveschi]], che avevano a capo [[Pandolfo Petrucci]], il quale aspirava a diventare, come poi fu, Signore di Siena. Andrea ebbe con lui profondi contrasti ed al fine, fu costretto ad abbandonare Siena, per ritirarsi nella sua signoria. Da Agnese ebbe diversi figli, di cui Vittoria, contro il volere dei genitori, che però ormai erano morti, fu fatta sposare a forza da Pandolfo Petrucci a suo figlio [[Borghese Petrucci|Borghese]]<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Con questa azione il Petrucci volle sanzionare l'alleanza dei Noveschi con i Gentiluomini, cercando, così, di favorire la successione della sua famiglia nella signoria.</br> Andrea tra l'altro fu, nella famiglia, uno dei finanziatori, degli affreschi del Pinturicchio nella Libreria Piccolomini<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. L'artista ci ha tramandato, nella decorazione pittorica raffigurante ''Enea Silvio, vescovo di Siena, che presenta [[Eleonora d'Aragona]] all'[[Federico III d'Asburgo|imperatore Federico III]]'', la sua immagine, che si scorge alle spalle della consorte Agnese, con il [[corpetto]] a righe bianche e nere<ref name=Treccani9> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Agnese Farnese - Volume 45 (1995) [http://www.treccani.it/enciclopedia/agnese-farnese_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref> e, probabilmente, della figlia maggiore Montanina, nelle vesti di damigella, che sorregge le vesti della principessa aragonese.
 
*[[Giovanni Piccolomini|Giovanni]] (Siena [[1475]] – † Siena [[1537]]). Nominato Cardinale da Papa [[Leone X]], fu arcivescovo di Siena. Durante il [[Sacco di Roma (1527)|Sacco di Roma]], nel [[1527]], fu umiliato dai ''[[lanzichenecchi]]'' di [[Carlo V]], che lo portarono in giro per la città, legato sul dorso di un [[mulo]]. Il suo palazzo fu completamente saccheggiato<ref name=Spreti14>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 328</ref>. Quello che nelle aspirazioni della famiglia doveva essere il terzo papa Piccolomini, si ritirò ed ebbe incarichi minori.
{{vedi anche|Giovanni Piccolomini}}
 
* Pier Francesco ([[1478]] - † [[1525]]). Non si hanno molte notizie di questo componente della famiglia. Prese a differenza del padre, le parti dei Petrucci e fu grande amico e sostenitore del [[cognato]] Borghese. Nel [[1513]] fu capitano del Popolo a Siena. Con lui il ramo si estinse e la figlia Silvia portò in dote la signoria di Castiglion della Pescaia ad Inigo Piccolomini d'Aragona.
 
* Montanina (Siena [[1476]] - † ?). Alla fine degli anni novanta del [[XVI secolo]], Sposò Sallustio Bandini, appartenente ad una delle più illustri famiglie di Siena.
 
====== Ramo di Montanina - Bandini Piccolomini ======
 
Il ramo di Montanina, diede alla luce due uomini illustri, che rivestirono un ruolo di primo piano, negli ultimi anni della storia della Repubblica di Siena e aggiunsero per se e la loro discendenza, il cognome dei Piccolomini, entrando così nella consorteria.<ref name=BandiniPiccolomini> Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Ceramelli Papiani, Famiglia BANDINI (fasc. 5058), nelle note.</ref>
 
* Mario ([[1500]] - † Montalcino [[1558]]). Era il [[primogenito]] di Montanina Todeschini Piccolomini e Sallustio Bandini, signore di [[Castiglioncello]] ed originario di [[Massa Marittima|Massa di Maremma]], dove la famiglia possedeva vasti territori fondiari e doveva la propria [[ricchezza]] allo sfruttamento delle [[miniera|miniere]] di [[argento]] e di [[rame]] della zona<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.<br>Duranre la [[giovinezza]] dovette assistere impotente alla [[tirannia]] della famiglia di [[Pandolfo Petrucci]] giunto al potere, dopo le lunghe ed estenuanti lotte intestine di Siena. Combattute, essenzialmente, tra popolari, di parte [[Guelfi e ghibellini|ghibellina]] ed i Noveschi, di parte [[Guelfi e ghibellini|guelfa]][[File:La vittoria di Camollia del 1527, gennaio-dicembre di Cini Giovanni di Lorenzo.jpg|thumb|250px|La vittoria di Porta Camollia - 1527]][[File:La presa di potere di Pandolfo Petrucci a Siena.jpg|thumb|215px|left|Pandolfo Petrucci entra a Siena - 1487]]. Circostanza che accrebbe, nel Bandini, l'ansia di libertà, radicata sia nei sentimenti familiari che nella gioventù senese in genere. Entrato nel supremo magistrato in età giovanile, come d'altra parte, era d'uso tra gli aristocratici del tempo. A differenza degli altri, in gioventù, partecipò attivamente alla vita politica della Repubblica. Nel [[1524]], già [[cancelliere]] di [[Balìa]], partecipò in prima linea, alla violenta [[insurrezione]] che, scacciò Fabio, il mediocre erede di Pandolfo, estromettendo, così, dalla Repubblica, sia i Petrucci, che i Noveschi<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. [[Episodio]] che, insieme ad altri cruenti, svoltisi, nei mesi successivi, ai danni delle forze guelfe, gli valse la personale [[ostilità]] di [[Clemente VII]], che organizzò contro i senesi, un [[esercito]] insieme ai Fiorentini ed ai fuoriusciti Noveschi. Gli alleati, molto superiori di numero, dopo aver occupato le [[fortificazione|fortificazioni]] costiere della Repubblica, [[Talamone]] e [[Orbetello]], minacciavano ormai Siena, ma inaspettatamente, la guerra si risolse ai danni, della Repubblica di Firenze, che subì una grave sconfitta alla porta di Camollia <ref name=AlessandroSozziniCamullia>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555. Firenze, 1842 pag. 20 [http://books.google.it/books/reader?id=ccwFAAAAQAAJ&hl=it&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PA20 Fonte]</ref>. Il Bandini, che ormai aveva sempre un maggior peso, nel presidio delle libertà cittadine, partecipò anche in questa occasione in modo determinante, al comando di una compagnia di armati Lucignanesi<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>, come capitano di cavalleria<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.</br> In questo periodo, Mario e la sua famiglia raggiunsero il massimo prestigio. Nel [[1526]] [[Carlo V]] lo nominò Cavaliere Aurato, gratificandolo anche con il titolo di [[Conte Palatino]].</br>Successivamente, la repubblica gli permise di acquisire il feudo della [[Marsiliana d'Albegna|Marsiliana]] [[Confisca|confiscato]] ai figli ribelli del Petrucci<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>.<br>Il Bandini, divenuto uno degli uomini più potenti di Siena, dopo questi anni di successi, fu costretto a seguire le alterne vicende del [[declino]] della Repubblica. L'alleanza con gli Imperiali si rilevò un fallimento. Il Bandini con rammarico dovette assistere al rientro e reintegro dei Noveschi. Inoltre in sostituzione del deposto Petrucci si avvicendarono, inviati del Imperatore, ora in veste di [[Agente|agenti]], ora di [[consigliere|consiglieri]] o in alternativa come ''Capitani generali delle armi'', personaggi che altro non erano, che una sorta di [[viceré]] di Carlo V. Ultimo di questa serie fu [[Diego Hurtado de Mendoza y Pacheco|Don Diego Hurtado de Mendoza]] con il suo duro e repressivo governo<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Il Bandini, continuò a ricoprire incarichi militari e politici importanti, sia a Siena che all'estero. In patria, si impegnò per il ripristino della [[legalità]] e la [[sottomissione]] dei [[Vassallo|vassalli]] ribelli, dopo i guasti causati dalla guerra contro i Fiorentini. All'estero, si adoperò, come [[diplomatico]], presso il [[Regno di Napoli]], la corte di Carlo V, il [[Ducato di Milano]] e lo [[Stato Pontificio]]. Il suo [[entusiasmo]], però, non era, più, quello giovanile di un tempo. Progressivamente si ritirò a vita privata curando gli interessi economici della famiglia.</br> Dopo la [[Amerighi|Cacciata degli Spagnoli]], quando, nel [[1553]], una nuova guerra minacciava la libertà della patria, sollecitato dal fratello [[Arcivescovo]], tornò attivamente nella vita politica e militare<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. Fu del magistrato degli [[Guerra degli Otto Santi|Otto della guerra]] e fu l'ultimo [[Capitano del Popolo]] della [[Repubblica di Siena]]. Nel giorno della sconfitta, denso di significato politico, quanto eroico, fu il gesto, di portare con se in esilio, il sigillo pubblico, simbolo del potere della Repubblica<ref name=D'Addario> D'Addario, Il Problema Senese nella Storia Italiana della prima metà del cinquecento (La guerra di Siena),Firenze-Empoli 1958(pag.386)</ref>. Dichiarato ribelle dal governo mediceo, dal [[1555]] fino al giorno della sua morte, fu al governo e alla difesa della [[Repubblica di Siena Ritirata in Montalcino]]. I suoi beni furono confiscati<ref name=Treccani9bis> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Mario Bandini - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/mario-bandini_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref> e solo dopo la [[Pace di Cateau-Cambrésis]] del [[1559]], furono restituiti alla famiglia.<br>* Germanico ([[1532]] - † [[1569]]) di Mario divenne Cavaliere [[Ordine dello Speron d'oro]] e Conte del [[Palazzo del Laterano|Sacro Palazzo Lateranense]]. Nel [[1560]] divenne Vescovo di [[Corinto]]<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.<br> * Sallustio ([[1544]] - † [[1570]]) di Mario. come il fratello fu Cavaliere Ordine dello Speron d'oro e Conte del Sacro Palazzo Lateranense. Inoltre fu gentiluomo del Granduca [[Cosimo I de' Medici]]. Morì senza lasciare discendenza<ref name=SpretiBandini>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>.
 
* Francesco (Siena [[1505]] - † Roma [[1588]]). Fratello minore di Mario, ebbe una buona educazione letteraria, ma non completò un vero e proprio ''curriculum'' accademico. Nel [[1525]] concorse nella fondazione dell'[[Accademia degli Intronati]] a Siena, assumendo lo [[pseudonimo]] di ''Scaltrito''. Fin dall'età di tredici anni, fu preso sotto la protezione dello zio cardinale [[Giovanni Piccolomini|Giovanni ]], che gli diede la facoltà di aggiungere il cognome Piccolomini, che Francesco accettò, per sé e la sua famiglia. Essendo molto forte l'attaccamento alle sue tradizioni familiari, non volle rinunciare allo stemma di famiglia. Il cardinale, gli diede allora la possibilità di inquartarlo con quello piccolomineo.<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref></br>Fu molto combattuto tra la scelta di una vita laica, per la quale si sentiva maggiormente portato, e una vita clericale, alla quale lo zio voleva introdurlo. Nel [[1529]], dopo le nefaste turbolenze del Sacco di Roma, il cardinale decise di ridurre la sua presenza, e, mediante resignazione, passò la propria arcidiocesi di Siena al nipote, ordinandolo frettolosamente sacerdote. Francesco, ancora una volta non sicuro delle sue scelte, accettò la consacrazione episcopale, solo dieci anni dopo, nel [[1538]], dopo aver ricevuto il pieno possesso della diocesi, alla morte dello zio cardinale. Non rinunciò, in questo periodo alla attività politica tesa a preservare la libertà della Repubblica, sempre più precaria negli equilibri internazionali dell'epoca.<br> Pur essendo stato ambasciatore presso Carlo V, progressivamente entrò in contrasto con gli interessi imperiali. Tale ritrosia fu manifestamente confermata quando l'imperatore, che nel [[1546]] non volle riceverlo nella sua missione a favore di Siena. Tali rapporti irrimediabilmente incrinati, gli costarono, nel concistoro del [[1551]], la porpora cardinalizia<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>.[[File:Council of Trent.JPG|thumb|300px|left|Il Concilio di Trento 1545 - 1564]][[File:Carl Blechen 007.jpg|thumb|200px|Il Parco di Villa d'Este, [[Carl Blechen]]]]</br>Messo da parte ogni indugio, partecipò attivamente alle guerre contro gli spagnoli, promosse dai maggiorenti della Repubblica, partecipando ''[[manu militari]]'' al sostegno dell causa senese<ref name=Sozzini>Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena: dai 20 Luglio 1550 ai 28 Giugno 1555. - Pag.298 -Gio.Pietro Vieusseux, 1842 - Firenze [http://books.google.it/books?id=mvI4AQAAMAAJ&pg=PA173&lpg=PA173&dq=DIARIO+DELLE+COSE+AVVENUTE+IN+SIENA&source=bl&ots=eon0JynOx1&sig=uUxdp07TFO4CmWwHBfsorBheP38&hl=it&sa=X&ei=guAIU8q7BeWs7QbT74GIDA&ved=0CEYQ6AEwAw#v=onepage&q=DIARIO%20DELLE%20COSE%20AVVENUTE%20IN%20SIENA&f=false - Fonte]</ref>.<br>La convinta partecipazione alla vita politica della Repubblica lo portò ad occuparsi solo marginalmente della sua arcidiocesi e della vita clericale. Ciò nonostante, sollecitato dal cardinale [[Cervini]], senese e futuro papa [[Marcello II]], partecipò al [[Concilio di Trento]], ma più di una volta se ne assentò per curare gli interessi in patria, perdendo una chiara occasione di rilancio nella vita ecclesiastica, offertagli dal futuro pontefice. A guerra ormai finita, difese la ''Repubblica di Siena ritirata in Montalcino'' insieme ai suoi compagni di lotta ed alleati più vicini. Con la morte del fratello Mario, si allontanò definitivamente dalla patria perduta, tornandovi solo saltuariamente.<br>Successivamente si trasferì a Roma dove visse per quasi trent'anni. Inizialmente per un lungo periodo fu ospite dei Cardinali [[Este|d'Este]], [[Ippolito d'Este|Ippolito]] e [[Luigi d'Este|Luigi]], stabilendo la sua residenza in [[Villa d'Este (Tivoli)|Villa d'Este]]. Ormai ben introdotto nell'ambiente della società romana, si fece costruire un [[palazzo]] a [[Tivoli]], con un ampio [[Giardino formale|''giardino all'italiana'']] ed un monumentale [[portale]] attribuito a [[Sebastiano Serlio]]<ref name=Pierattini>Camillo Pierattini, Tivoli dall'Accademia degli Agevoli alla Società Tiburtina passando per gli Arcadi Sibillini (sec.XVI-XX) - Articolo on line su Società Tiburtina di Storia ed Arte [http://www.tibur.eu/la_storia_della_societa.html - Fonte]</ref>. Ottenne il governatorato di Roma, assumendo diversi incarichi nella [[Curia romana]] e nello stato della chiesa.</br>Nel [[1575]], ormai rassegnato e provato dagli eventi, volle riconciliarsi con i Medici, incoronando [[Giovanna d'Austria]], [[Consorti dei sovrani della Toscana|Granduchessa di Toscana]]. Negli anni che seguirono, con nomina da parte del pontefice [[Paolo IV]] e coadiuvato dai nipoti Ascanio e Alessandro Piccolomini, tenne una serie ininterrotta di sinodi diocesani, per l'applicazione dei decreti conciliari, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel [[1588]]. Dal punto di vista bibliografico, non lasciò però una visibile traccia del suo operato. Dal punto di vista culturale, però, non mancò di lasciare il suo erudito ricordo. Fondò, nel 1571, sul modello della sua vecchia [[Accademia degli Intronati|accademia senese]], l'[[Accademia degli Agevoli]], che ben presto divenne palestra di idee, di studi e di sapere. Tuttora sopravvive, sebbene ne sia mutato il nome.<ref name=AccademiadegliAgevoli>Camillo Pierattini, Tivoli dall'Accademia degli Agevoli alla Società Tiburtina passando per gli Arcadi Sibillini (sec.XVI-XX). Ed. Domenico Piolato 1708 - Tivoli[http://www.tibur.eu/files/pierattini_accademia_.pdf - Fonte]</ref><br> Ottenne la sepoltura nella Basilica di [[Basilica di San Pietro|San Pietro]], vicino alla tomba dei due papi Piccolomini</br>
 
======Il [[fedecommesso]] Bandini e la [[successione]] Piccolomini Naldi Bandini======
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|titolo= Il fedecommesso Bandini e la successione Piccolomini Naldi Bandini - <small>Riscontro genealogico</small>
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[[File:Il fedecommesso Bandini e la successione Piccolomini Naldi Bandini - Riscontro genealogico.jpg|thumb|900px|center|Il fedecommesso Bandini e la successione Piccolomini Naldi Bandini - Riscontro genealogico]]
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I Bandini, appartenenti ad una delle più antiche e illustri famiglie senesi, come accennato ,entrarono nella ''Consorteria Piccolomini'', per effetto del matrimonio tra Montanina Piccolomini Todeschini e Sallustio Bandini, i cui figli furono Mario e Francesco.
Nel [[1570]], i due figli [[maschio|maschi]] di Mario, erano ormai morti senza lasciare discendenza e tutto il cospicuo [[patrimonio]] della famiglia si concentrò nelle mani dell'Arcivescovo Francesco<ref name=Spreti15>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pag. 271</ref>. Le figlie superstiti Berenice e Montanina, erano entrambe sposate con prole.[[File:Arme famiglia Bandini - Siena.jpg|thumb|115px|left|Arme dei Bandini]][[File:Miniatura arme della famiglia Bandini Piccolomini inquartato Siena.jpg|thumb|120px|Arme dei Bandini Piccolomini]] L'epilogo più logico sarebbe stato di farle entrare, con le loro famiglie, nella consorteria Piccolomini, come auspicato dallo zio, ma l'arcivescovo, prese una decisione, che comunque era già maturata qualche anno prima.</br>La nipote Montanina era, a suo tempo, rimasta vedova del suo primo marito Cerbone [[Bourbon del Monte Santa Maria]], per cui il prelato aveva deciso il suo ingresso in [[convento]], onde poter disporre dell'intero patrimonio a favore dell'altra figlia del fratello, Berenice. In questo modo Montanina doveva rinunciare oltre alla sua parte di [[eredità]], anche alla sua vita mondana. Soluzione questa che non la vide completamente d'accordo. [[Amore|Infatuatasi]] di un amico e alleato della [[famiglia]], il Cav. [[Amerighi|Amerigo Amerighi]], nel [[1562]], decise di sposarlo segretamente, in [[Status sociale|condizioni]] burrascose e disdicevoli per l'Arcivescovo e l'ambiente aristocratico, al quale entrambi gli sposi appartenevano. Tale evento fu contrastato, in tutti i modi, da Francesco, che vedeva compromessi i suoi piani per la [[successione]]. Minacciò [[sanzione|sanzioni]] severe e dispose l'[[Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio|annullamento del matrimonio]]. Ne nacque una controversia, che divenne pubblica, con l'intervento del governatore di Siena che ne informò il Granduca<ref name=Montanina>Carlo Carnesecchi, La nipote dell'arcivescovo - 1895, in Miscellanea storica senese (A cura della cassa mutua assistenza del personale del Monte Paschi di Siena). Lalli Editore, Siena - 2004. Vol. II, pp.170-174 (ristampa)[http://books.google.it/books?ei=prkeUabHAYaE4gTm04HADQ&hl=it&id=7-8iAQAAIAAJ&dq=carlo+carnesecchi+la+nipote+dell%27arcivescovo&q=amerighi+#search_anchor . Fonte][http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5a/Amerigo_e_Montanina_-_La_nipote_dell%27_arcivescovo_-_Carlo_Carnesecchi%2C_1895.jpg . Trascrizione fonte]</ref>. Alla fine vinsero le [[Argomentazione|ragioni]] di Montanina, ma i rapporti con lo zio furono definitivamente compromessi. Il prelato si limitò a liquidare la nipote con una [[dote]] di oltre seimila fiorini<ref name=Bichi>Galgano Bichi - Serie Manoscritti della biblioteca dell'Archivio di Stato di Siena ("Famiglie Nobili Esistenti" - Matrimoni)[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4d/Archivio_di_Stato_di_Siena_%27Matrimonio_Amerigo_Amerighi_e_Montanina_Bandin%27.jpg - Fonte]</ref>. Importo che, se riferito alle dame del suo rango, era notevolmente superiore all'uso corrente del tempo<ref name=Dote>Rosalia Tornabene, Dote, matrimonio e vita coniugale a Viterbo, nel XV Secolo. Rivista 2000 1-2. Pag. 8 - Biblioteca di Viterbo [http://www.bibliotecaviterbo.it/rivista/2000_1-2/Tornabene.pdf - Fonte]</ref>. Rimase, tuttavia, fermo nelle sue decisioni, escludendo Montanina dall'asse ereditario. Quindi, al fine di preservare la continuità del nome, uscì dalla consorteria Piccolomini e adottò nella famiglia Fedro, figlio di Agostino [[Bardi (famiglia)|Bardi]] e della nipote Berenice, costituendo un fedecommesso, in cui fare confluire tutto il patrimonio Bandini, con l'obbligo di sostituire il cognome e lo stemma<ref name=Spreti15>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. VII, pagg. 270, 271</ref>. Al fine di evitare, qualsiasi [[Principio del contraddittorio|contraddittorio legale]], allegò, nel [[testamento]], la [[Copia conforme all'originale|copia autentica]] di tutte le [[Bolla pontificia|bolle]], con le quali, l'arcivescovo aveva avuto dal papa facoltà di testare<ref name=Treccani10> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Bandini Piccolomini, Francesco - Volume 5 (1963) [http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-bandini-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>. Tale scrupolosa stesura era motivata dal fatto che, la nipote esclusa, con l'istituzione del fedecommesso, si trovava ad essere l'ultima della famiglia a portare il cognome e lo stemma Piccolomini. Per questo motivo era possibile l'introduzione del nuovo coniuge nella consorteria. Circostanza, questa, che avrebbe potuto inficiare la validità del fedecommesso e smembrare il patrimonio della famiglia Bandini.
 
Tutto ciò non avvenne, ma tuttavia, due secoli dopo, le aspettative dell'Arcivescovo andarono deluse.
 
Nel [[1777]] l'ultimo Bandini del ramo primogenito di Berenice, l'arcidiacono Giuseppe, moriva, riaprendo la successione nel fedecommesso<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. L'Arcivescovo aveva indicato, come beneficiario alternativo, la famiglia Piccolomini. La consorteria scelse, un discendente della linea secondogenita dei Salamoneschi, Fabio, che in virtù del matrimonio del nonno Niccolò con Barbara Naldi, aveva assunto il cognome Naldi Piccolomini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 332.</ref>. Per adempiere alla volontà del testatore, avrebbe dovuto abbandonare la consorteria, il cognome e lo stemma Naldi Piccolomini, per assumere quello dei Bandini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. In caso di mancato adempimento delle clausole fedecommissorie, il patrimonio, avrebbe avuto un'altra destinazione, non ultima la [[Mensa vescovile|Mensa Arcivescovile di Siena]]. Flavio, non essendo la sua famiglia dotata di grandi beni di fortuna, decise a favore della successione, assicurandosi, il patrimonio, così, come deciso dalla assemblea consortile. Tuttavia, con l'abolizione dell'istituto fidecommissorio, avvenuta alla fine del [[XVIII secolo]] i discendenti di Flavio, non avendo più [[Vincolo|vincoli]], che potessero mettere in pericolo i beni ereditati, ottennero dalla consulta la possibilità di assumere nuovamente il cognome e lo stemma Piccolomini a danno di quello Bandini<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>. Il nuovo assetto che ne scaturì, fu una nuova linea familiare che ebbe il cognome Piccolomini Naldi Bandini, che tuttavia non fu omologata dalla consorteria, che non ne legittimò il reintegro. Circostanza singolare, in quanto questi Piccolomini, a tutti gli effetti, sono da considerare come ''originari''.<ref name=FedecommessoBandini> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>.
 
===== Piccolomini Pieri Signori di Sticciano detti delle Papesse =====
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|titolo= Piccolomini Pieri, Signori di Sticciano detti delle Papesse - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini Pieri, Signori di Sticciano detti delle Papesse.jpg|thumb|900px|center|Genealogia essenziale Piccolomini Pieri, Signori di Sticciano detti delle Papesse]]
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Questa linea discende da Caterina, altrimenti chiamata , secondo alcune fonti, Costanza, che sposata con Bartolomeo Guglielmi, diede alla luce un unica figlia di nome Antonia. Quest'ultima andò in sposa a Bartolomeo Pieri, signore di Sticciano, che, anch'egli, come il Guglielmi, entrò nella consorteria Piccolomini, assumendo lo stemma piccolomineo, ad esclusione del proprio<ref name=Spreti17>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>. Da questa coppia, nacque Enea e da questi Silvio, che assunse anche il cognome d'Aragona. Nacque poi Enea Silvio.
 
* Enea Silvio ( [[1515]] ca. - † [[Montalcino]] [[1555]]). Conosciuto con il [[predicato]] della Papesse<ref name=Papesse>Alessandra Contini e Paola Volpini, Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia spagnola” (1536-1648). Pag. 196 - n. 6 - Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli Archivi - Industrie Grafiche Pacini Editore – Ospedaletto (Pisa)- 2007 -Per conto di Edifir-Edizioni Firenze[http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/fileadmin/template/allegati_media/libri/ambasciatori/AMBASCIATORI_TOMO_I.pdf]</ref>, fu un personaggio, carismatico, di grande rettitudine morale. Ebbe un ruolo determinante quanto sfortunato nella difesa delle libertà repubblicane. Fu [[ambasciatore]] presso [[Enrico II di Francia|Enrico II]], e tenne le parti degli [[Amerighi]] nella congiura contro gli Spagnoli. Dopo la prima effimera vittoria, contro le milizie di [[Carlo V]] nel [[1552]], il popolo per acclamazione lo voleva nuovo signore di Siena. Enea per amore di quelle libertà repubblicane, per le quali appunto si era sempre battuto, rifiutò e continuò a combattere, in modo risoluto, la guerra contro gli invasori spagnoli, fino alla fine. Alla caduta di Siena, non volle arrendersi e, con gli altri irriducibili difensori della patria, si ritirò a [[Montalcino]], dove continuò a combattere nel territorio, ancora libero, della repubblica. Morì, in una delle tante battaglie, nel tentativo di ripristinare la Repubblica.
 
* Silvio ([[1543]] - † [[1612]]). Figlio di Enea Silvio, scelse la vita militare, prestando inizialmente servizio nelle milizie di [[Enrico III di Francia]], Successivamente, nelle [[Guerra degli ottant'anni|guerre delle Fiandre]] sotto il comando di [[Alessandro Farnese]], dopo essersi fatto notare, per il suo valore e capacità di comando, ottenne il grado di [[capitano]]. [[File:Bernardino Poccetti, La conquista di Bona, Firenze, Palazzo Pitti, Sala di Bona.jpg|thumb|350px|left|Silvio (sulla destra) ed il figlio Enea (porta bandiera) alla "Presa di Bona", contro i turchi in Algeria]]Nel [[1587]] si trasferisce a [[Firenze]] ed entra nella [[Medici|corte medicea]] venendo ascritto al [[Nobiltà fiorentina|patriziato fiorentino]]. Ebbe parte determinate nell'insegnamento di tutte le arti cavalleresche del [[Ferdinando I de' Medici|Granduca Ferdinando I dei Medici]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Nel [[1588]] all'ordine di [[Francesco Morosini]] prese parte all'assedio di [[Eubea|Negroponte]], nel quale le forze veneziane, tuttavia, non riuscirono a prevalere<ref name=Spreti18>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>. Nel [[1592]] entra nel [[Ordine di Santo Stefano papa e martire|Ordine di Santo Stefano]] dove nel [[1592]], lui ed il figlio Enea diventano cavalieri di Giustizia. Silvio poi divenne nel [[1619]], [[Priore]] della sede di Pisa. Contestualmente fu nominato anche [[Connestabile|Gran Contestabile]] dell'ordine cavalleresco<ref name=OrdineSantoStefano>Gino Guarnieri, L'ordine di Santo Stefano, nella sua organizzazione interna. Elenchi di cavalieri appartenuti all ordine con riferimenti cronologici, di patria, di titolo, di vestizione d' Abito: 1562-1859. Giardini Ed. - Pisa - Ristampa Anastatica - CLD, Pisa - 2012. Pag. 167</ref>. Nel [[1594]] ha inizio la sua lotta contro la [[pirateria]] [[Musulmano|moresca]] e come [[luogotenente]] partecipa alla difesa dell'[[Arcipelago Toscano|arcipelago toscano]]. Il suo impegno nei confronti dei [[Ottomani|turchi]] ebbe successo, nella spedizione in [[Transilvania]], dove, come capitano delle lance imperiali di [[Rodolfo II d'Asburgo|Rodolfo II]]<ref name=Spreti18>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330</ref>, fu mandato, nel [[1595]], in soccorso del principe [[Zsigmond Báthory|Sigismondo Bàthory]]. Campagna conclusasi con [[Valacchia|la vittoria di Giurgiu, in Valacchia]] nell'ottobre [[1595]].</br> La sua impresa più memorabile fu comunque quella di [[Annaba]], in [[Algeria]], conosciuta come [[La presa di Bona]]<ref name=SilvioPiccolomini>Silvio Piccolomini, Relazione del viaggio: e della presa della città di Bona in Barberia; fatta per commessione del sereniss. gran dvca di Tosc0ana in nome del sereniss. prencipe suo primogenito, dalle galere della religione di santo Stefanos, il di 16. di settembre, 1607, sotto il comando di Siluis Piccolomini, pag. 1 - Roma Ed. Lepido - 1607 [[http://books.google.it/books?id=nlFFAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false - Fonte]]</ref>. Il [[30]] [[Agosto]] [[1606]] prese il largo dal [[porto]] di [[Livorno]] un'imponente [[flotta]], composta di sei [[galee]] dell'Ordine di Santo Stefano, tre del Granducato di Toscana, oltre due [[Galeone|galeoni]] e tre [[Bastimento|bastimenti]] (bertoni) con le insegne della [[Consorti dei sovrani della Toscana|Granduchessa]] [[Cristina di Lorena]]. [[Ammiraglio]] della flotta fu [[Jacopo Inghirami]], mentre i duemila uomini imbarcati erano agli ordini del Piccolomini, come comandante delle forze di terra.[[File:Il Palazzo Piccomini delle Papesse (disegno).jpg|thumb|250px|Il Palazzo delle Papesse in un disegno di Le Corbusier]] Sotto il suo comando erano anche duecento cavalieri dell'ordine, capitanati da [[Fabrizio Colloredo]]<ref name=Treccani12> Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Colloredo Francesco - Volume 27 (1982) [http://www.treccani.it/enciclopedia/fabrizio-colloredo_(Dizionario-Biografico)/ - Fonte]</ref>. La battaglia si svolse il 15 settembre. A [[sbarco]] avvenuto, le truppe si disposero intorno alle [[Mura (architettura)|mura]], dopo l'ordine di attacco, le due [[Mura (architettura)|cinte murarie]], esterna ed interna, furono prese, con l'appoggio dell'[[artiglieria]] della flotta<ref name=Inghirami>Mario Battistini , Affreschi esistenti in Firenze raffiguranti imprese di un Volterrano e dipinti, i principali, da un pittore Volterrano. Estratto dai N. 27 e 28 del “Corazziere” di Volterra, 1890 ca. (Archivio Iacopo E. Inghirami)[[http://www.inghirami.it/Articoli_storici/Affreschi_esistenti_in_Firenze.pdf - Fonte]]</ref>. Le porte furono fatte saltare con delle [[Mina terrestre|mine]]. Nel breve termine di sei ore i seimila moreschi furono battuti e la città fu messa al [[Saccheggio|sacco]]. Fu una delle più memorabile imprese dell'Ordine di Santo Stefano e del Gran Ducato di Toscana. In memoria di questa battaglia fu eretto il [[Monumento dei Quattro mori]] a[[ Livorno]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Silvio morì a Firenze nel [[1612]]. Fu uno dei rari Piccolomini che si trasferì a Firenze. Ebbe in sposa Violante, figlia del Patrizio fiorentino Ottavio [[Gerini]], da cui, poi prese il nome il celebrato figlio [[Ottavio Piccolomini]].
 
* Ascanio I ([[1548]] - † [[1597]]) Fratello di Silvio, fu [[giurista]] e [[poeta]]. Già Arcivescovo di [[Rodi]] divenne, nel [[1588]], [[V]] Arcivescovo di Siena, succedendo allo zio Francesco Bandini Piccolomini, di cui fu coadiutore in quella serie di sinodi, indetti per la corretta applicazione dei [[Concilio di Trento|decreti conciliari di Trento]]. La sua rigida [[ortodossia]], non mancò di provocare forti tensioni col [[clero]] e col [[governo]] mediceo<ref name=Arcidiocesi>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena - Fonte]</ref>. In gioventù scrisse diversi sonetti, di cui si ha ricordo in un libello stampato dal Bonetto nel 1594: ''Rime del Monsignor Ascanio Piccolomini''. A lui si deve il restauro del [[Palazzo delle Papesse]], la cui facciata fu deturpata fino al tetto, da un [[incendio]] nel [[1523]]<ref name=Mengozi>N. Mengozzi, Ascanio Piccolomini, V Arcivesvo di Siena. Pag. 81. Ed. Sordomuti L.Lazzeri - Siena - 1912 [[https://archive.org/stream/ascaniopiccolomi00meng#page/n83/mode/2up/search/incendio - Fonte]]</ref>.
 
* Ascanio II (Firenze [[1628]] - † Roma [[1671]]) Era persona di larghe vedute e di cultura. Nacque a Firenze, dove il padre Silvio, era insegnate d'armi del Giovane Granduca [[Ferdinando I de' Medici|Ferdinando I]]<ref name=Scrimipedia>Piccolomini Silvio in Scrimipedia[[http://www.scrimipedia.it/mediawiki/index.php?title=Piccolomini_Silvio - Fonte]]</ref>. Nella corte conobbe [[Galileo Galilei]], che lì esercitava la [[disciplina]] della [[matematica]]<ref name=MuseoGalileo>Museo Galileo - Istituto e museo di Storia e Scienza - Itinerari scientifici in Toscana - Biografia Ascanio Piccolomini[http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/biografia/AscanioPiccolomini.html - Fonte]</ref>. Nel [[1622]] intraprese la carriera ecclesiastica e entrò nella corte del cardinale [[Francesco Barberini]], divenendo suo segretario, durante la [[nunziatura apostolica]] a [[Parigi]]. Nel [[1628]] divenne il [[X]] Arcivescovo di Siena. Il suo [[mandato]] durò quarantrè anni, fino al [[1671]]<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>. [[File:Galileo-sustermans.jpg|thumb|px125|left|Galileo Galilei]]Nel periodo in cui fu papa il senese [[Papa Alessandro VII|Fabio Chigi, con il nome di Alessandro VII]], curò, su commissione del pontefice, la realizzazione di importanti opere artistiche e [[Architettura|architettoniche]].
{{Doppia immagine|right|Ascanio II Piccolomini, X Arcivescovo di Siena.jpg|125|Ascanio II X Arcivescovo di Siena (Firenze 1628 - † Roma 1671).jpg|126|Ascanio I Piccolomini V Arcivescovo di Siena Ascanio II Piccolomini X Arcivescovo di Siena}} Con l'intervento del [[Gian Lorenzo Bernini|Bernini]], fu edificata, in [[cattedrale]] , la cappella intitolata all'[[Immacolata Concezione|Immacolata Concezione]]. Inoltre l'Arcivescovo assicurò una serie di interventi, rendendo possibile, l'attuale sistemazione della [[Piazza del Duomo (Siena)|Piazza del Duomo]] e del [[Palazzo Arcivescovile (Siena)|Palazzo Arcivescovile]]. Al fine di ottenere una maggiore visibilità ed un maggiore effetto [[Scenografia|scenografico]], l'edificio della Cattedrale venne isolato, con la demolizione degli edifici adiacenti, che ospitavano appunto il palazzo Arcivescovile. Palazzo che Ascanio fece ricostruire nelle immediate vicinanze<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>.<br> L'episodio forse più significativo che segnò l'attività di questo Piccolomini, fu il suo rapporto con il Galilei. Quando lo scienziato, venne condannato al [[carcere]] nel [[1633]], vista la stima e l'antica amicizia, che a lui lo legavano e contro le decisioni del [[Santo Uffizio]], si adoperò, presso il [[Ferdinando I de' Medici|Granduca Ferdinando]], per ottenere dal pontefice, il suo trasferimento a Siena<ref name=MuseoGalileo>Museo Galileo - Istituto e museo di Storia e Scienza - Itinerari scientifici in Toscana - Biografia Ascanio Piccolomini[http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/biografia/AscanioPiccolomini.html - Fonte]</ref>. Dopo l'esito positivo di questo suo intervento e sotto la sua responsabilità, lo accolse nel palazzo di famiglia, detto delle Papesse. Galileo fu sempre riconoscente nei confronti dell'Arcivescovo e ne conservò grata [[Memoria (psicologia)|memoria]]. Confidava all'amico [[Elia Diodati]], che grazie alla serenità restituitagli dalla premurosa amicizia del prelato riuscì a comporre "... un trattato di un argomento nuovo, in materia di meccaniche, pieno di molte specolazioni curiose ed utili”. Alludeva ai ”[[Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze]]" che sarebbe stato [[Pubblicazione scientifica|pubblicato]] a [[Leida]] nel [[1638]]<ref name=Astrofilitrentini>Associazione Astrofili Trentini c/o Museo Tridentino di Scienze Naturali, Lettere di Galileo Galilei [http://www.astrofilitrentini.it/mat/testi/galileo/22.html - Fonte]</ref> .</br>Da ricordare, qui, per inciso, ciò che accadde in una tranquilla serata di quella Siena del [[XVII secolo|'600]]. Ascanio donò una memorabile serata ad una [[Congregazione|congrega]] di [[Erudito|eruditi]], [[docente|docenti]] ed allievi. Invitati a palazzo, assistettero ad un'inaspettata [[lezione]] di [[astronomia]] tenuta dal Galileo. Con il suo nuovo ''[[Cannocchiale|Occhiale]]'' diede l’[[emozione]] di un incontro ravvicinato con [[Luna]] e [[Stella|le stelle]] alla sua colta quanto sbalordita piccola [[platea]]. Episodio che a lungo fu oggetto di [[dibattito|dibattiti]] e [[Relazione (filosofia)|relazioni]] nelle [[Accademia|accademie]] e [[Salotto letterario|salotti]] della città<ref name=Galileo>Luigi Oliveto,Galileo Galilei e la luna vista da Siena. Lo scienziato agli arresti domiciliari dopo la condanna del Sant’Uffizio - Toscana Libri.it - Il portale della cultura toscana [http://www.toscanalibri.it/dettagli_galleria.php?ID=2294 - Fonte]</ref>.</br>L'Arcivescovo fu richiamato a Roma nel [[1671]], dove nello stesso anno morì.
[[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Principe del S.R.I., Feldmaresciallo dell'Impero, e Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro.png|70px]] <small>'''Ottavio Piccolomini, [[Principe del Sacro Romano Impero|Principe del S.R.I.]], e di [[Nachod]], [[Feldmarescialli del Sacro Romano Impero|Feldmaresciallo dell'Impero]], e [[Ordine del Toson d'oro|Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro]],[[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Grande di Spagna.png|60px]] [[Grandezza di Spagna|Grande di Spagna]], [[File:Stemma di Ottavio Piccolomini, Duca di Amalfi.png|50px]] [[Ducato di Amalfi|Duca di Amalfi]]'''</small><ref name=stemma>Stemma castello di Nachod[[https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castle_of_N%C3%A1chod_in_2009_61.JPG]]</ref>
* Ottavio ([[Pisa]] [[1600]] - † [[Vienna]] [[1656]])<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. [[File:HGM Pieter Snayers Detail Piccolomini.jpg|thumb|320px|Ottavio Piccolomini - Battaglia di Nördlingen]]Ammirato, dai successi militari del padre Silvio e dei suoi [[Genealogia|maggiori]], volle intraprendere, già da [[Adolescenza|adolescente]], il mestiere delle armi. Inizialmente, più per [[censo]] che per meriti militari, divenne [[Sovrano militare ordine di Malta|Cavaliere dell'ordine di Malta]] e Priore di Pisa dell'Ordine di Santo Stefano.<ref name=Cavaliredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref> Non ancora ventenne, nelle armate spagnole, che esercitavano in Italia, si distinse nelle battaglie di [[Asti]], [[Vercelli]] e [[Mantova]]. <ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> Nel [[1620]], fu inviato dal Granduca di Toscana, come capitano di una compagnia di cavalli, in Transilvania, per partecipare, al comando del conte [[Karel Bonaventura Buquoy|Charles Bucquoy]], alla [[Battaglia della Montagna Bianca|battaglia della Montagna Bianca]]<ref name=Treccani13> Treccani, Enciclopedia Italiana on Line - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/ - Fonte]</ref>. Dopo un breve periodo passato sotto gli Spagnoli, nel [[1627]], tornò al servizio degli imperiali, come [[colonnello]] della [[Guardia del corpo|guardia personale]] di [[Albrecht von Wallenstein]] , duca di Friedland, con il quale però non riuscì mai ad avere buoni rapporti. Tuttavia il Wallestein continuò a servirsene, per le sue entrature [[Diplomazia|diplomatiche]], visto che il vescovo Ascanio, suo fratello, era stato segretario del [[Nunzio Apostolico]] a Parigi, cardinale [[Francesco Barberini (cardinale 1623)|Francesco Barberini]]<ref name=Arcidiocesi2>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena]</ref>.</br>Dopo diversi mesi di assenza, in cui continuò, in Italia, la sua attività militare contro i [[Francesi]] in [[Monferrato]], venne richiamato dall'[[Ferdinando III d'Asburgo|Imperatore Ferdinando III]], quando [[Gustavo II Adolfo di Svezia|Gustavo Adolfo di Svezia]] invase la [[Germania]]. Nel [[1632]], durante le alterne fasi della [[Battaglia di Lützen]], alla testa dei [[corazzieri]] imperiali, ebbe una parte determinante nella distruzione dei due più importanti [[Reggimento|reggimenti svedesi]], composti quasi esclusivamente da [[veterano|veterani]]<ref name=Mattei>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Mattei (Mattei Orsini), Giuseppe - Volume 72 (2008)[http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-mattei_(Dizionario-Biografico)/- Fonte]</ref><ref name=Lutzen> Battle of Lützen (1632)[https://en.wikipedia.org/wiki/Battle_of_L%C3%BCtzen_(1632)]</ref>. Tuttavia la battaglia era incerta ed il Wallenstein, quando arrivarono al fianco degli imperiali, le forze di [[fanteria]] di [[Gottfried Heinrich, conte di Pappenheim|Pappenheim]], contro l'opinione di molti suoi [[Ufficiale|ufficiali]] superiori, decise di abbandonare la battaglia, ritirando il suo esercito in [[Boemia]]. Nella battaglia morì il re svedese Gustavo Adolfo, ed il Piccolomini, riportò all'imperatore, il collare di pelliccia che indossava al momento della morte<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. Dopo questo importante [[evento]] fu nominato [[Comandante generale|Comandante Generale]] della [[cavalleria]] imperiale. Al tempo stesso, la mancata vittoria nella Battaglia di Lutzen, fece cadere la fiducia che l'imperatore aveva il Wallenstein, ed anzi tale episodio fu considerato come un atto di [[tradimento]]. Ottavio fu mandato a destituirlo<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. Ma, nelle fasi dell'arresto, nel castello di [[Cheb]], dove si era rifugiato, il Wallenstein fu [[assassinio|assassinato]], da alcuni suoi stessi ufficiali.[[File: Nachod 1740.jpg|thumb|335px|left|Castello di Nachod, donato da Federico III a Ottavio Piccolomini]] Così fu eliminato un grande rivale, ostile al Piccolomini, che, tuttavia, non riuscì ad ottenere il grado di maresciallo di campo, desiderato, che invece andò al generale [[Heinrich Holk]] .</br>La riconoscenza dell'Imperatore, comunque, si concretizzò nella grossa ricompensa in denaro di 100.000 fiorini e la prestigiosa signoria di Nachod<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>, già residenza del Wallenstein. Nel [[1634]] alla testa della cavalleria spagnola, nella [[Battaglia di Nördlingen (1634)|Battaglia di Nördlingen]], svolse un ruolo decisivo, per l'esito finale della battaglia, respingendo ben quindici [[Carica (guerra)|cariche]] della cavalleria svedese, per poi, nel [[contrattacco]] degli imperiali, inseguire gli svedesi in fuga, facendo molti prigionieri, tra cui il generale [[Gustav Horn]], uno dei due comandanti in capo dell'esercito svedese.</br>Non era assolutamente soddisfatto della sua [[Ufficiale (forze armate)|carriera militare]], ma continuò nelle sue azioni, ottenendo diversi successi. Con un piccolo esercito occupò il [[Belgio]]. Divenuto comandante in capo delle forze militari nelle Friande, difese [[Ratisbona]] dagli attacchi francesi, ottenendo poi a [[Thionville]] una grande vittoria nel [[1639]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> . Dopo queste affermazioni, il re di Spagna lo fece [[Grandezza di Spagna|''grande'' di Spagna]] e lo chiamò anche alla successione del Ducato di Amalfi, rimasto vacante, dopo l'estinzione del ramo primogenito dei Piccolomini d'Aragona<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. A Vienna, la nomina a Feldmaresciallo dell'Impero tardava a venire. Il Piccolomini ottenne solamente la nomina a luogotenente dell'arciduca [[Leopoldo Guglielmo d'Austria]] che affiancò nella seconda e sfortunata [[Battaglia di Breitenfeld|Battaglia di Breitenfeld (1642)]]. Dopo questa cocente sconfitta passò per qualche anno al servizio della [[Spagna]], dove il sovrano lo insignì del cavalierato del [[Toson d'oro|Ordine del Toson d'oro]]<ref name=Cavalieredisantostefanopriore> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 330.</ref>. La nuova minaccia portata all'Impero, dagli [[Svedesi]], uniti ai Francesi, dopo i rovesci subiti alla [[Zusmarshausen|Battaglia di Zusmarshausen]], indusse l'imperatore a richiamare Ottavio Piccolomini, che finalmente ottenne la carica, tanto agognata, di Feldmaresciallo e comandante generale nell'esercito imperiale<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref> . Risollevò le sorti del conflitto e sotto il suo comando ebbe termine la [[Guerra dei trent'anni]]. Fu nominato [[Commissario]] Imperiale e curò gli interessi degli [[Casa d'Asburgo|Asburgo]], nel Congresso di Norimberga, che portò poi alla [[Pace di Vestfalia|pace di Vestfalia]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. Federico III, per riconoscenza di tutti i servizi resi, lo nominò [[Principe del Sacro Romano Impero]]<ref name= EnciclopediaItaliana6>G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXVII pag. 157 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1937 - Piccolòmini, Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'Impero[http://www.treccani.it/enciclopedia/piccolomini-ottavio-duca-d-amalfi-e-principe-dell-impero/]</ref>. Nel [[1656]], a Vienna, per una malaugurata caduta da cavallo, Ottavio Piccolomini morì senza lasciare figli legittimi. Tutti i suoi titoli, possedimenti ed il castello di Nachod, passarono a Francesco, figlio del fratello Enea.{{vedi anche|Ottavio Piccolomini}}
 
* Ottavio Enea ([[1698]] - † [[1757]]). Francesco di Ottavio, ebbe diversi figli di cui solo Lorenzo lasciò seguito. L'ultimo nato fu Ottavio Enea, che, come il prozio, intraprese la carriera militare. Divenne generale delle truppe imperiali e [[governatore]] della [[Moravia]]. Morì nel [[1757]], lasciando eredi il cugini , Pompeo e Giuseppe, napoletani ed ultimi Piccolomini d'Aragona, ai quali, andarono, per il breve periodo di una [[generazione]], tutti i titoli e possedimenti, accumulati dalla linea della ''Papessa'' Caterina, compreso il ducato di Amalfi. Anche la linea, che fu della ''Papessa'' Laudomia, con gli accennati Pompeo e Giuseppe, si estinse e tutti i possedimenti, i titoli e la storia del ramo papale passarono nella linea dei Salamoneschi<ref name=Cavalieredisantostefanopriore2> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 336.</ref>.
 
====Carli Piccolomini====
 
Questa linea nasce da Carlo, di Gabriello di Rustichino e si divise subito agli inizi del [[XIII secolo]] in tre ramificazioni.
# Biagio, da cui scaturì il ramo, che prese il nome di Piccolomini del Mandolo detti anche ''Piccolomini Mandoli''.</br>
# Bandino, da cui nacque una larga progenie, le cui diramazioni si estinsero nel [[XVIII secolo]].</br>
# Francesco, da cui continuò il ramo primogenito dei Carli Piccolomini, dopo l'estinzione di quello di Bandino.
 
=====Ramo di Biagio - Piccolomini del Mandolo=====
{{cassetto
|larghezza = 95%
|colore =#fff8dc
|coloresfondo =
|allineamento = centro
|titolo= Piccolomini del Mandolo - Genealogia in sintesi
|testo =
<code>
</code>
[[File:Genealogia essenziale - Piccolomini del Mandolo.jpg|thumb|890px|center|Genealogia essenziale Piccolomini del Mandolo<ref name=LisiniAmmirati50>A. Lisini, A. Liberati Op. cit.[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/76/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%286%29_%28_VI_%29.jpg]</ref>]]
}}
 
Come accennato, Biagio, figlio di Carlo diede inizio a questo ramo, i cui componenti, pur non essendo noti per rilevanza storica, sono stati molto presenti nelle cronache senesi, per il loro alto livello sociale e culturale. Inoltre questa genealogia conta un numero considerevole di vescovi e arcivescovi.[[File:Palazzo Chigi Saracini Apr 2008 (10).JPG|thumb|300px|left|<small>Decorazioni. Loggiato [[Palazzo Piccolomini del Mandolo]]</small>]]Furono da sempre dotati di grandi mezzi e nei primi anni del [[XVI secolo]] acquistarono il prestigioso [[Palazzo Marescotti]], uno dei più prestigiosi di Siena, situato nei pressi di Piazza del Campo. A loro si deve la committenza delle decorazioni pittoriche in stile raffaelliano, presenti nel loggiato esterno ed anche il fregio istoriato rappresentate storie di Pio II nonchè altri diversi affreschi che si trovano distribuiti in numerose stanze. Diedero all'austero palazzo medievale, l'assetto rinascimentale che ancora si conserva.
* Niccolò ([[1400]] ca. - † [[1467]]). Inizialmente Canonico senese, fu chiamato alla corte pontificia da Pio II. Nel [[1461]] fu eletto Accolito Pontificio, divenendo Cameriere Segreto. Nel [[1462]] ottenne il suddiaconato e fu familiare e commensale del papa<ref name=Archiatri>Gaetano Marini, Josè Maria Fonseca de Evora, Degli archiatri pontificj Volume primo [-secondo]: Volume secondo il quale contiene l'appendice de' monumenti e gl'indici a tutta l'opera, Volume 2. Pag. 161 - Stamperia Pagliarini, Roma 1784[http://books.google.it/books?id=QmUoIcuiyJQC&pg=PA161&lpg=PA161&dq=niccol%C3%B2+piccolomini+mandoli&source=bl&ots=a-Iit2MAim&sig=17Pm7o0wIYwdpReoOLbMVxxFfNA&hl=it&sa=X&ei=S1ozU-ecM4rKtQa3p4CADw&ved=0CFIQ6AEwBA#v=snippet&q=niccol%C3%B2%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Il [[3]] [[agosto]] [[1464]] divenne [[Arcivescovo]] di [[Benevento]].[[File:647SienaPalChigiSaracini.JPG|thumb|220px|[[Palazzo Piccolomini del Mandolo]]]] Su di lui scrisse un [[panegirico]] il Papiense ([[Cardinale]] [[Giacomo Ammannati Piccolomini]])<ref name=Archiatri>Gaetano Marini, Josè Maria Fonseca de Evora, Degli archiatri pontificj Volume primo [-secondo]: Volume secondo il quale contiene l'appendice de' monumenti e gl'indici a tutta l'opera, Volume 2. Pag. 161 - Stamperia Pagliarini, Roma 1784[http://books.google.it/books?id=QmUoIcuiyJQC&pg=PA161&lpg=PA161&dq=niccol%C3%B2+piccolomini+mandoli&source=bl&ots=a-Iit2MAim&sig=17Pm7o0wIYwdpReoOLbMVxxFfNA&hl=it&sa=X&ei=S1ozU-ecM4rKtQa3p4CADw&ved=0CFIQ6AEwBA#v=snippet&q=niccol%C3%B2%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>. Deve la sua notorietà ad una [[Bolla pontificia|bolla pontificia]], con la quale [[Papa Paolo II|Paolo II]], vietò l'uso del [[Triregno]] e del [[Camauro]], che, in modo anomalo, egli stesso usava, secondo l'uso consolidato della [[Arcidiocesi]]. Nella stessa bolla fu altresì negato l'uso di far precedere, nelle visite pastorali alla diocesi, la [[Eucaristia|Santissima Eucaristia]]<ref name=Triregno>Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontificia cittá di Benevento dal secolo VIII. Divise in tre parti, Volume 1. Pagg. 328-329 - Ed. Salomoni - Roma 1763[http://books.google.it/books?hl=it&id=OyM-AAAAYAAJ&q=piccolomini#v=snippet&q=piccolomini&f=false - Fonte]</ref> .</br>Nel [[1451]] l'Arcivescovo si recò nella diocesi di Montalcino dove consacrò la chiesa del [[Convento dell'Osservanza (Montalcino)|Convento dell'Osservanza]]. Nel [[1467]] fu qui sepolto nel [[sepolcro]] scolpito dal [[Vecchietta]]<ref name=sepolcro>Ettore Romagnoli, Storico-artistici Cenni di Siena e Suoi suburbii. Pag. 72. - Ed. Onorato Porri. Siena 1840[https://archive.org/stream/cennistoricoart00romagoog#page/n87/mode/2up - Fonte]</ref>.
* Niccolò ([[1439]] - † ?) Decano della Sacra Ruota. Nominato da [[Papa Clemente VII]].
* Girolamo I ([[1465]] ca. - † [[1520]]]). Nel [[1498]] fu eletto vescovo di Pienza e Montalcino. Non fu molto presente nella diocesi. Nel [[1510]] lasciò l'incarico ad un altro componente della famiglia. Mori nel [[1520]].
* Girolamo ([[1494]] ca. - † [[1550]]). Uno degli uomini politici e di governo più influenti di quel tempo. Fu strettamente legato ad Alfonso duca d'Amalfi, durante il governatorato di quest'ultimo a Siena. Fu dotto in filosofia e in letteratura. Accademico intronato con lo pseudonimo di ''L'Astratto'',<ref name=Bullettino>Bullettino senese di storia patria Volumi, 49-50 - 1941 - Siena. Pag.200[http://books.google.it/books?hl=it&id=em8kAQAAIAAJ&focus=searchwithinvolume&q=girolamo+piccolomini+mandoli]</ref>. viene citato da Alessandro Piccolomini nell’''Institutione'' come esempio di magnificenza filosofica e culturale<ref name=Intronati>Franco Tommasi, l'accademia degli Intronati e Alessandro Piccolomini: strategie culturali e itinerari biografici. Pag. 32 . Università di Padova[https://www.academia.edu/3184119/LAccademia_degli_Intronati_strategie_culturali_e_itinerari_biografici]</ref>. Fra le sue opere viene ricordato il ''Dialogo sulla quistione se sia meglio amare o essere amato''<ref name=Girolamo>Mandoli Piccolomini, Girolamo. Dialogo sulla quistione se sia meglio amare o essere amato. Ms. Siena, Biblioteca Comunale, Miscellanee Benivoglienti, vol. 26, item 1, ms. C. V. 27, ff. 1r–5r. (Siena: Onesta Bandini, Onorata Tancredi Pecci, Frasia Venturi)[http://muse.jhu.edu/journals/mln/v128/128.1.cox01.html[</ref>. I suoi impegni di governo, nella delicata fase politica della Repubblica, non gli permisero di coltivare questa sua vocazione letteraria e filosofica. Durante una missione diplomatica a Roma presso [[Papa Giulio III|Giulio III]], atta a scongiurare l'aggressiva prepotenza di [[Carlo V]], di fronte all'esito negativo dell'intervento, morì per un malore<ref name=Intronati>Franco Tommasi, L'Accademia degli Intronati e Alessandro Piccolomini: strategie culturali e itinerari biografici. Pag. 32 . Università di Padova[https://www.academia.edu/3184119/LAccademia_degli_Intronati_strategie_culturali_e_itinerari_biografici]</ref>.
* Francesco ([[1572]] ca. - † [[1622]]. Fu vescovo di [[Grosseto]] dal [[1611]] al [[1622]].
* Alessandro II ([[1607]] ca. - † [[1661]]). Fu vescovo di Chiusi dal [[1657]] al [[1661]].
Questo ramo della famiglia si estinse alla fine del XVII secolo, quando un altro Girolamo<ref name=quadernistefaniani>Bruno Casini, I cavalieri pisani, membri del Sacro Militare Ordine di S: Stefano Papa e Martire (parte II). Pag. 185. Quaderni Stefaniani, anno IX - Pisa 1990</ref> prese in moglie Giuditta [[Amerighi]], che gli diede una numerosa progenie, della quale, però, solo due figlie si sposarono, Agnese Rosa che andò in sposa a Vicenzo Frosini e Caterina che andò in sposa a Pandolfo Pannellini<ref name=LisiniAmmirati50>A. Lisini, A. Liberati Op. cit.[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/76/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%286%29_%28_VI_%29.jpg]</ref>, mentre i sei figli maschi morirono, senza discendenza. Nel [[1770]] il prestigioso palazzo di famiglia, passò ai Saracini e successivamente ai Chigi. Guido Chigi Saracini, lo conferì, nel [[1932]], alla [[Accademia Musicale Chigiana|Fondazione della Accademia Chigiana per la Musica]].
 
=====Ramo di Bandino - Prima linea dei Carli Piccolomini=====
{{cassetto
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|titolo= Carli Piccolomini Ramo di Bandino - Genealogia in sintesi
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<code>
</code>
[[File:Genealogia essenziale - Piccolomini, ramo di Bandino di Ranieri di Rustichino.jpg|thumb|950px|center|Genealogia essenziale Carli Piccolomini ramo di Bandino<ref name=LisiniAmmirati110>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. IV[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/76/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%286%29_%28_VI_%29.jpg - Fonte]</ref><ref name=LisiniAmmirati120>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. VIII[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f4/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%288%29_%28_VIII_%29.jpg - Fonte]</ref>]]
}}
 
Questa linea è stata quella primogenita di Rustichino. Assunse il cognome patronimico di Carli Piccolomini dal padre di Bandino, Carlo.
* Bandino ([[1285]] ca. - † ?) ebbe due figli Carlo ed Angelo, dai quali scaturirono due linee che si estinsero rispettivamente nel [[XVIII secolo|XVIII]] e [[XIX secolo]], che, tuttavia, produssero numerosi prelati e personaggi notabili.
Da Carlo di Bandino discesero:
* Girolamo II ([[1470]] ca. - † [[1535]]) Eletto vescovo di Pienza e Montalcino, fu il primo nella diocesi a fregiarsi del titolo di Abate di Sant'Antimo. Ebbe molti incarichi pontifici. Partecipò al Concilio Lateranense V. La repubblica non mancò, nonostante i suoi impegni ecclesiastici, di affidargli incarichi politici e diplomatici. Fu governatore di Orvieto<ref name=Weber>C. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio: 1550-1809. Pag. 841 Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Ufficio Centrale per i Beni Archivistici. Roma 1994[http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Sussidi/Sussidi_7_c.pdf - Fonte]</ref>. Durante il suo episcopato divise le due diocesi che amministrava, affidando quella di Pienza al fratello Alessandro.
* Alessandro ([[1510]] ca. - † [[1563]]) Senese, fratello del predecessore Girolamo e già vescovo di Pienza, alla morte di questi divenne vescovo anche di Montalcino, riunendo le due Diocesi momentaneamente separate. Partecipò al Concilio di Trento. Nel [[1554]] rinunciò al governo delle Diocesi e morì nel [[1563]]<ref name=Arcidiocesi>Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena[[http://www.arcidiocesi.siena.it/index.php?page=vescovi-siena - Fonte]</ref>.
* Francesco Maria ([[1515]] ca. - † [[1599]]) Vescovo di Pienza e Montalcino, nel [[1554]] subentrò, al fratello Alessandro, nel governo della diocesi. Fu l'ultimo Piccolomini ad amministrare Montalcino, dove rimase, durante il suo lungo episcopato, fino al [[1599]]. Partecipò al [[Concilio di Trento]]. Nel [[1561]] fu chiamato a Roma per la consacrazione della [[Chiesa di Santo Spirito in Sassia|chiesa di Santo Spirito]],<ref name=ConciliodiTrento>Sforza Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, scritta dal padre Sforza Pallavicino. Pag. 31. Collegio urbano di propaganda fide. Roma 1833[http://books.google.it/books?id=xeAfAQAAMAAJ&pg=RA1-PA31&lpg=RA1-PA31&dq=francesco+maria+piccolomini+vescovo&source=bl&ots=6SyufIV4Yh&sig=93YWW0qe5TIvA-60P9rkFVNQlGE&hl=it&sa=X&ei=LuoMU6L4H4mf7AbviYDYCw&ved=0CIUBEOgBMBA#v=onepage&q=francesco%20maria%20piccolomini%20vescovo&f=false - Fonte]</ref>. Nel [[Museo d'Arte Sacra della Diocesi di Grosseto]] esiste una sua sua immagine ritratta nel dipinto di [[Alessandro Casolani]], ''La Crocifissione con la Madonna, i santi Girolamo, Andrea e Francesco'', da lui donato a quella diocesi.
*Francesco di Niccolò (Siena 1522 - † Siena 1604). Da non confondere con altro [[Francesco Piccolomini|Francesco]] di Lelio, filosofo e generale dei Gesuiti.</br> Francesco di Niccolò, fu un insigne filosofo aristotelico. Svolse i suoi studi a Padova, discepolo del [[Marcantonio Zimara|Zimara]]. Fu professore di filosofia, presso le università di Siena, [[Macerata]], Perugia, e Padova. Studiò profondamente la filosofia aristotelica, rivendicando, in senso cristiano e spiritualistico, la centralità dell' uomo e del suo universo, opponendosi con determinazionee a qualsiasi forzatura filologia e teorica voluta dalle interpretazioni erudite dell'aristotelismo contemporaneo. Accese furono le dispute con altri filosofi del tempo, come, per esempio [[Jacopo Zabarella|Zabarella]]. Le sue numerose opere filosofiche furono pubblicate in quattro volumi, con il titolo di ''Opera philosophica'' (1600)<ref name=Filosofia> Treccani Filosofia. Dizionario di Filosofia, Piccolomini Francesco di Niccolò - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma, 2009.[http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-di-niccolo-piccolomini_(Dizionario-di-filosofia)/ - Fonte]</ref> .[[File:Alessandro Piccolomini.jpg|thumb|150px|Alessandro Piccolomini]] Nella sala della ''Facoltà di Lettere e Filosofia'' dell'[[Università degli Studi di Padova|Università di Padova]], in riconoscimento della suo operato, si conserva un suo ritratto.<ref name=Semenzato>Camillo Semenzato, L'Università di Padova: il Palazzo del Bo. Arte e storia, Sarmeola di Rubano (Padova), Edizioni Lint, 1979, pp. 77-79[http://www.unipd.it/esterni/visiteweb/italiano/pagine/schedalettere.htm]</ref>.
* Giovanni Battista ([[1555]] ca. - † [[1637]]) Nipote di Francesco Maria, fu vescovo di Salamina, poi vescovo suffraganeo di Santa Sabina ed infine vescovo di Chiusi dal [[1633]] al [[1637]].<ref name=Greco>Gaetano Greco, I vescovi del Granducato di Toscana nell'età medicea. In ''Istituzioni e società in Toscana nell'età moderna'' (Atti delle giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini Firenze, 4-5 dicembre 1992 Volume 2º. Pag. 674[http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/index.php?id=307]</ref>.
Da Angelo di Bandino discesero:
* Alessandro ([[1420]] ca. - † ?) Laico e maestro di casa del Pontefice Pio II. Fu da questi fatto [[senatore]] di [[Roma]] nel [[1460]]. Scoprì una congiura condotta da alcune famiglie romane, per estromettere il papa dal soglio pontificio. Assicurò alla giustizia molti cospiratori, alcuni dei quali furono messi a morte. Tornato in patria, nel [[1481]] lo troviamo impegnato nell'amministrazione politica e governativa di Siena.<ref name=lisini2> A. Lisini, A. Liberati, Op. cit., pag. 71 [https://archive.org/stream/genealogiadeipi00lisigoog#page/n55/mode/2up - Fonte]</ref>
* Alessandro ([[1508]] - † [[1578]]) Insigne personaggio, figlio di Angelo del precedente Alessandro ed accademico intronato, fu [[professore]] di [[filosofia]] e [[astronomo]], nonché coadiutore dell'Arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini. Divenne Vescovo di [[Patrasso]], anche se non si occupò effettivamente della diocesi greca. In [[età]] giovanile si dedicò al [[teatro]] comico. Ha lasciato diverse [[opera|opere]] sia in campo filosofico che letterario. Diversi sono i suoi [[trattato|trattati]] di astronomia.{{vedi anche|Alessandro Piccolomini}}
 
=====Ramo di Francesco - Seconda linea dei Carli Piccolomini=====
 
{{cassetto
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|titolo= Carli Piccolomini Ramo di Francesco - Genealogia in sintesi
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<code>
</code>
[[File:Genealogia essenziale Carli Piccolomini - Ramo di Francesco.jpg|thumb|950px|center|Genealogia essenziale Carli Piccolomini ramo di Francesco<ref name=LisiniAmmirati130>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. VIII[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fd/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%287%29_%28_VII_%29.jpg]</ref>]]
}}
 
 
Questa linea, secondogenita e poi unica sopravvissuta del ramo di Rustichino, visse, prevalentemente, a Siena ed i suoi componenti, generati da Francesco (1300 ca. - † ? ) si dedicarono alla vita politica della Repubblica, dove furono presenti, con diversi Capitani del Popolo, consiglieri e provveditori. Sono presenti, anche, due cavalieri di Santo Stefano e un cavaliere di Malta, nonché artisti ed eruditi.
* Pietro ([[1418]] - † [[1484]]). Aveva predisposto l'acquisto del castello di Ripa d'Orcia, già feudo dei Salimbeni, il cui territorio era compreso tra i fiumi [[Asso (fiume)|Asso]] e [[Orcia]], da una parte e le corti di [[Bagno Vignoni|Vignoni]] e [[San Quirico d'Orcia|San Quirico]], dall'altra. Acquisto che fu poi perfezionato nel [[1484]] dalla moglie Francesca<ref name=Ripad'Orcia>Andrea Orlando, Castello di Ripa d'orcia. Castelli & Torri d'Italia[http://www.icastelli.it/castle-1246888178-castello_di_ripa_dorcia-it.php]</ref>.
 
* Bartolomeo ([[1503]] - † [[1535]] o [[1538]]). Coetaneo di un altro grande erudito della famiglia, [[Alessandro Piccolomini|Alessandro]], ebbe una educazione particolarmente intensa, sotto la guida di maestri notabili di Siena ed anche provenienti da altre città. Ne uscì un giovane colto e preparato, in diversi campi accademici, che spaziavano dal [[Lingua latina|latino]] e [[Lingua greca|greco]], alla [[storia]], all'[[astrologia]], alla [[cosmografia]] e alla [[matematica]].[[File:Accademia Senese degli Intronati (insegna).jpg|thumb|180px|left|Accademia Senese degli Intronati]] Non tralasciò neanche [[musica]] e [[pittura]]<ref name=Bartolomeo>Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Carli Piccolomini Bartolomeo - Volume 20 (1977)[http://www.treccani.it/enciclopedia/bartolomeo-carli-piccolomini_(Dizionario_Biografico)/ - Fonte]</ref>. Nella sua breve vita, si impegnò in campo politico, divenendo, consigliere del Capitano del Popolo ed avendo alcuni incarichi diplomatici. Entrò, di prepotenza ed in età giovanile, nell'[[Accademia degli Intronati]], assumendo lo pseudonimo di ''l' Attaccato''. L'ambiente dell'accademia gli permise di esprimere le sue convinzioni ed il suo pensiero filosofico. Importante fu il sodalizio con [[Aonio Paleario]] e [[Claudio Tolomei]], dei quali fu allievo, divenendo strenuo sostenitore delle loro convinzioni dottrinali. Scrisse diverse opere, non tutte passate alla stampa. In esse emerge convinta e consapevole una [[strategia]] volta a promuovere il [[Lingua volgare|volgare]], ''in tutte le zone della cultura e vita sociale''. Nella sua poliedrica produzione letteraria, diventa [[paladino]] di questa esigenza e, al riguardo, si impegna direttamente, come, per esempio, nella traduzione del IV Canto dell'Eneide. Il volgare viene comunque promosso in tutte le sue opere, siano esse, [[Retorica|orazioni]], [[Trattato|trattati]], [[Poema|poemi]] o [[Poesia lirica|poesie liriche scanzonate]]. Come esempio della sua consapevole [[strategia]], si può citare l'orazione religiosa in lode di [[San Giovanni Battista]], che fu la prima, composta in lingua Italiana, e non latina, ad essere recitata in [[Duomo]]<ref name=Bartolomeo2>Franco Tomasi, L'Accademia degli Intronati e Alessandro Piccolomini: strategie culturali e itinerari biografici. Pagg. 25-27 . Università di Padova[https://www.academia.edu/3184119/LAccademia_degli_Intronati_strategie_culturali_e_itinerari_biografici]</ref></br>Indubbiamente è questo un personaggio, da poco riscoperto dai ricercatori, che mette in luce l'afflato culturale ed il potenziale che avevano i giovani senesi, in tutte le discipline. Potenziale che invece, all'alba del rinascimento, con la perdita dell'identità nazionale, da parte della Repubblica, non riuscì ad esprimersi, compiutamente, come nel passato.
[[File:Castello Piccolomini di Ripa d'Orcia.jpg|thumb|480px|Castello Piccolomini di Ripa d'Orcia]]
* Bandino ([[1548]] ca. - † ?). Viene ricordato per il suo estro artistico, con il quale si dilettò, a fare piccole sculture, che venivano utilizzate per lo più per decorare presepi. Le più famose, quelle raffiguranti San Bernardino e Santa Caterina, furono donate alla [[Chiesa di Santa Caterina da Siena (Roma)|Chiesa di Santa Caterina da Siena]] dell'omonima Arciconfraternita<ref name=Mancini>Giulio Mancini, Breve ragguaglio delle cose di Siena, protomedico di Santo spirito, primo medico di Urbano VIII, canonico di Santo Spirito, Pag. 40 (trascrizione di manoscritti). Fondazione Memofonte Studio Per L'Elaborazione Informatica Delle Fonti Storico-Artistiche[http://www.memofonte.it/home/files/pdf/MS_Mancini.pdf - Fonte]</ref> di Roma. Inoltre realizzò numerose statuette per il presepe di quella chiesa, ispirandosi a dame e cavalieri della corte, i quali, nelle visite che effettuavano, vi si potevano riconoscere, provocando curiosità ed ammirazione. Fino al punto, che il cardinale Gonzaga, rimasto ammirato dalla naturalezza, di una statuetta raffigurante un'ostessa, volle acquistarle tutte e portarle alla reggia di Mantova<ref name=Mancini>Giulio Mancini, Breve ragguaglio delle cose di Siena, protomedico di Santo spirito, primo medico di Urbano VIII, canonico di Santo Spirito, Pag. 40 (trascrizione di manoscritti). Fondazione Memofonte Studio Per L'Elaborazione Informatica Delle Fonti Storico-Artistiche[http://www.memofonte.it/home/files/pdf/MS_Mancini.pdf - Fonte]</ref>. Delle statue dei santi è rimasta solo quella di Santa Caterina, scampata ai numerosi danni, causati dalle piene delle Tevere. È conservata nell'oratorio dell'arciconfraternita, al primo piano dell'edificio annesso. Un altro presepe fu fatto da Bandino per la famiglia Falconi di Piazza Capranica.
*Celio (Siena [[1609]] – † Siena [[1681]]). Si laureò a Siena in [[giurisprudenza]], subito dopo si recò a Roma accolto dai cugini Celio e [[Alessandro Bichi]], che lo introdussero nella curia. Entrò ben presto nella stima di [[Papa Urbano VIII|Urbano VIII]], che lo nominò luogotenente dell'[[Corte pontificia|Auditore della Camera Apostolica]]. Fu utilizzato dal papa per brevi nunziatura presso la corte francese. Dopo la morte di [[Papa Innocenzo X|Innocenzo X]], il cugino Alessandro Bichi. divenuto cardinale, lo nominò suo conclavista e quindi poté essere presente nel conclave che elesse nel 1654, il senese Fabio Chigi, al soglio pontificio, col nome di [[Papa Alessandro VII|Alessandro VII]]. Da questi, fu nominato Arcivescovo di Parigi e, contemporaneamente, nunzio apostolico a Parigi. La sua [[nunziatura]], però non fu fortunata, per i conflitti sorti tra lo [[Stato Pontificio]] e la [[Francia]]. Dovette sopportare non pochi disagi. Richiamato in patria, nel [[1664]] ottenne la porpora cardinalizia, con il titolo di [[San Pietro in Montorio]]. Fu nominato legato in Romagna e nel [[1670]], tornò a Siena, come Arcivescovo e vi rimase fino al 1681, anno della sua morte<ref name=lisini5> A. Lisini, A. Liberati, Op. cit., pag. 76 [https://archive.org/stream/genealogiadeipi00lisigoog#page/n55/mode/2up - Fonte]</ref>.{{vedi anche|Celio Piccolomini}}
 
======Piccolomini Clementini======
 
{{cassetto
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|titolo= Piccolomini Clementini - Genealogia in sintesi
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<code>
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[[File:Genealogia essenziale Piccolomini Clementini.jpg|thumb|1000px|center|Genealogia essenziale Piccolomini Clementini<ref name=LisiniAmmirati130>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. VIII[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fd/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%287%29_%28_VII_%29.jpg]</ref>]]
}}
 
* Emilio ([[1690]] ca. - † ?). Nella prima metà del [[XVIII secolo]], era uno dei discendenti dei Carli Piccolomini e sposò Maddalena Febei[[File:Marietta Piccolomini 001.png|thumb|180px|Marietta Piccolomini Clementini]]Quest'ultima divenne erede del fedecomesso istituito nella famiglia Clementini, dal conte Francesco. In virtù di questa eredità Emilio, divenne Patrizio d'Orvieto, con l'obbligo di aggiungere, al proprio, il cognome Clementini. Con ''donna'' Maddalena si estinsero anche i Febei. I due figli di Emilio, Francesco Maria e Innocenzo, oltre il largo patrimonio della famiglia, si divisero, così, anche quello delle due famiglie dei Febei e dei Clementini, aggiungendo ciascuno i rispettivi cognomi<ref name=Febei>SIUSA - Santolamazza Rossella, Piccolomini Febei. Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche - 2010[http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?Chiave=51701&TipoPag=prodfamiglia - Fonte]</ref>.
* Francesco Maria ([[1736]] ca. - † ?). Iniziò la breve linea dei '''Piccolomini Febei'''</br>
# Giovanni Battista di Francesco Maria, sposò la ''fermana'', Cecilia Adami, anche lei, ultima della sua famiglia. Quindi, ereditò il Patrimonio Adami e i suoi figli cambiarono il loro cognome in '''Piccolomini Febei Adami'''<ref name=Spreti110>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pagg. 333, 337</ref>,</br>
# Pietro di Giovanni Battista ([[1810]] ca. - † ?) ebbe una figlia, Maria Cristina, che non avendo discendenti, con testamento del [[7]] [[settembre]] [[1891]] nominò erede universale del patrimonio Febei, un ospizio di beneficenza, con lo scopo di provvedere gratuitamente al ricovero, al mantenimento e all'assistenza di persone povere e malate. L'Istituto, prese il nome del padre e assunse il nome di ''Istituto di beneficenza Pietro Piccolomini Febei'' a Orvieto<ref name=Febei>SIUSA - Santolamazza Rossella, Piccolomini Febei. Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche - 2010[http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?Chiave=51701&TipoPag=prodfamiglia - Fonte]</ref>.</br>
# Lorenzo, altro figlio di Giovanni Battista, depositario del patrimonio Adami, non ebbe discendenza e con lui si estinse il ramo dei Piccolomini Febei Adami. Come indicato, in seguito, adottò il nipote Giorgio Piccolomini Clementini, che aggiunse il cognome Adami.
* Innocenzo ([[1735]] ca. - † ?). Continuò la linea dei '''Piccolomini Clementini''', originari, che poi si estinse alla fine del '900.
Nella discendenza di Innocenzo Piccolomini Clementini, sono da ricordare:
* Maria Teresa Violante ([[1834]] - † [[1899]]) di Carlo di Innocenzo. Fu un soprano italiano, che ebbe un ragguardevole successo nel XIX secolo. Il suo nome d'arte era Marietta, riuscì, a dispetto dei pregiudizi aristocratici del tempo, ad ottenere dal padre, l'autorizzazione ad intraprendere la carriera artistica. Ed i genitori non ebbero a pentirsi. La sua carriera fu travolgente. Iniziata all'età di diciotto anni, a Roma, continuò, in un irresistibile ascesa, attraverso tutte le principali città d'Italia, per poi raccogliere trionfi a Parigi e Londra e Dublino. Nel 1857 fece una ''tournée'' che percorse tutta l'Europa. Si ritirò nel 1863<ref name=Marietta>Ellen Creathorne Clayton, Queens of Song : Being Memoirs of Some of the Most Celebrated Female Vocalists who Have Performed on the Lyric Stage from the Earliest Days of Opera to the Present Time, to which is Added a Chronological List of All the Operas that Have Been Performed in Europe, Volume 2. Pagg.380 - 395. Smith, Elder & Company, London 1863[http://books.google.it/books?hl=it&id=Ey8rAAAAYAAJ&q=marietta+piccolomini#v=snippet&q=marietta%20piccolomini&f=false - Fonte] </ref>. {{vedi anche|Marietta Piccolomini}}
* Pietro ([[1860]] ca. - † ?) di Niccolò di Pietro di Innocenzo. Alla fine del [[XIX secolo]], questo componente della famiglia, particolarmente colto e sensibile, nonchè appassionato di architettura e belle arti, decise, con ampio dispendio di denaro, di sottoporre a dei lavori conservativi l'antico castello di famiglia di Ripa d'Orcia. Era un castello molto antico, edificato dai Salimbeni, probabilmente nel XI secolo, anche se le prime notizie emergono nel XII secolo. Pietro si avvalse di valenti professionisti, che ne curarono il restauro<ref name=Ripad'Orcia>Andrea Orlando, Castello di Ripa d'orcia. Castelli & Torri d'Italia[http://www.icastelli.it/castle-1246888178-castello_di_ripa_dorcia-it.php]</ref>, sotto la sua personale sovraintendenza. Curò in modo quasi maniacale tutti i particolari. Non solo il mastio con le annesse abitazioni padronali, fu restituito all'antico splendore, ma tutte le abitazioni del borgo fortificato, vennero ripristinate nella loro architettura originaria. Per quasi tutto il XX secolo è stato così conservato, con la sua caratteristica museale. Solo negli anni '90, ne è stata cambiata la destinazione, senza che però venisse alterata la sua fisionomia storica e culturale.
* Giorgio([[1880]] ca. - † ?) di Innocenzo di Carlo di Innocenzo. Discendente ultragenito dei Piccolomini Clementini, fu ''adottato'' da Lorenzo Piccolomini Febei Adami, visto in precedenza. Questo ramo beneficiò del patrimonio Adami, lasciatogli dal padre adottivo Lorenzo. La linea Piccolomini continuò, mutando ancora una volta il cognome, che divenne '''Piccolomini Clementini Adami'''<ref name=Spreti110>Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pagg. 333, 337</ref>.
 
======Piccolomini della Triana (già Carli Piccolomini)======
 
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|titolo= Piccolomini della Triana (Già Carli Piccolomini) - Genealogia in sintesi
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[[File:Genealogia essenziale dei Piccolomini della Triana.jpg|thumb|900px|center|Genealogia essenziale Piccolomini della Triana<ref name=LisiniAmmirati4>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. III[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/91/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%283%29_%28_III_%29.jpg - Fonte]</ref><ref name=LisiniAmmirati500>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. VII[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fd/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%287%29_%28_VII_%29.jpg - Fonte]</ref><ref name=LisiniAmmirati5>A. Lisini, A. Liberati, Op. cit. Tav. IV[https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ab/Genealogia_dei_Piccolomini_di_Siena_-_Tavola_%284%29_%28_IV_%29.jpg - Fonte]</ref>]].
}}
 
* Nicolò Piccolomini della Triana ([[Roma]] [[1913]] - † [[Napoli]] [[1942]]) Fu l'ultimo nato del ramo dei Piccolomini della Triana (già Carli Piccolomini), ma non l'ultimo in ordine di tempo. Morì, infatti, prima del padre nel [[1942]]. Personaggio poliedrico, ha lasciato dietro di sé, per il suo carattere volitivo e indipendente, un ricordo eroico non privo di romantico fascino. Sua madre figlia di un ricco [[costruttore]] romano del [[XIX secolo]], influenzò molto la sua [[educazione]]. Visse fin dall'[[infanzia]] in una [[famiglia]] divisa. Il padre Silvio infatti viveva a [[Pienza]] e la madre a Roma. Quindi passava sei mesi nella [[dimora]] paterna immerso nella rigida e austera educazione Pientina, consona a quello che doveva diventare il quindicesimo conte e signore della Triana.[[File:La Casa del Sole - Fondazione Nicolò Piccolomini.jpg|thumb|425px|La Casa del Sole. Fondazione Nicolò Piccolomini per l'Accademia d'Arte Drammatica]][[File:Gli ultimi Piccolomini della Triana.jpg|thumb|200px|left|Nicolò Piccolomini con i genitori <small>1917</small>]] Gli altri sei mesi, li passava con la madre, moderna e scanzonata con la sua ''new system education''. Dal [[1916]] Nicolò passa sempre più tempo a Roma; trascorre le sue giornate tra il [[Pincio]], [[Villa Borghese]] e il [[Palatino]], e i monumenti antichi della capitale. Dopo la divisione definitiva dei genitori, si trasferisce definitivamente nella ''Casa del Sole'' che la madre possedeva, nei vasti possedimenti vicino alla [[Città del Vaticano]]. Da lei, attinse quello spiritò libero che, poi, lo accompagnerà nel corso della sua breve vita. Da bambino, effettuò numerosi viaggi, che gli consentirono di imparare fluentemente [[Lingua inglese|inglese]], [[Lingua francese|francese]] e [[Lingua tedesca|tedesco]]. Dopo la morte dell'adorata madre, avvenuta nel [[1932]], completò i suoi studi e, finito i [[liceo]], volle iscriversi alla [[Accademia nazionale d'arte drammatica|Regia Accademia d'Arte Drammatica]] diretta da [[Silvio D'Amico]], contro il fermo diniego del padre. Ma in questa sua avventura ebbe l'appoggio dell'illustre amico di famiglia [[Palazzo Chigi-Saracini|Guido Chigi Saracini]]. Nello stesso periodo prende il [[Licenza di pilota privato|brevetto di pilota]]. Fonda, con l'amico [[Alessandro Brissoni]], la compagnia teatrale ''Il Carro dell'Orsa Minore''. Si cimenterà come [[attore]], [[Produttore teatrale|produttore]] e [[regista]], ottenendo un buon successo sia di pubblico che di critica, Questa, però fu una breve stagione. Chiamato alle armi, non volle stare dietro una scrivania, come avrebbe potuto. Nel inverno del 1942, perse la vita. Poco dopo il [[decollo]], l'[[aereoplano|aereo]], sul quale volava, esplose nel [[cielo]] di [[Napoli]], per cause mai accertate. Conscio del pericolo al quale lo esponeva la [[guerra]], dispose, che, il suo maestro, Silvio D'amico, procedesse alla [[Fondazione (ente)|fondazione]] di una [[casa di riposo]] per attori anziani ed indigenti. Nasceva, così, nel [[1943]] la Fondazione Nicolò Piccolomini per l'Accademia d'Arte Drammatica, nella quale confluì la Casa del Sole ed il grande parco che la circondava, nel cuore della capitale. Entrambi, madre e figlio, riposano nel [[mausoleo]] di famiglia di Pienza<ref name=Buccellato>Buccellato Benedetta, Il mio nome è Nicolò - Fondazione Nicolò Piccolomini per l'Arte Drammatica Roma 2013[http://www.fondazionepiccolomini.it/storia.html - Fonte]</ref><ref name=Benocci>Carla Benocci, Villa Piccolomini Una residenza di campagna alle porte del Vaticano, Edindustria 2005</ref>.
 
*Silvio Piccolomini della Triana ([[1875]] ca. - † Pienza [[1963]]). Ultimo discendente della linea Carli Piccolomini. Questa linea non fu mai coinvolta nei grandi lasciti, che la consorteria aveva riservato agli altri rami della famiglia. Nel [[1895]], si estinsero i Piccolomini della Triana scaturiti dai Salamoneschi.[[File:Chiesa di Santa Maria delle grazie nel Castello della Triana.jpg|thumb|180px|left|Chiesa di Santa Maria delle Grazie nel Castello della Triana]][[File:Palazzo Piccolomini Pienza.JPG|thumb|300px|Palazzo Piccolomini a Pienza]] Niccolò l'ultimo nato, nominò erede, questo Silvio che, insieme ai fratelli Girolamo, Alessandro e Ascanio e le sorelle Bianca e Giulia, rappresentava l'ultima discendenza dei Carli Piccolomini. Unico obbligo, imposto dal testatore, era quello di assumere il cognome Piccolomini della Triana. Tale[[Successione (diritto)| successione]], portò in questo ramo, corposi possedimenti, tra cui lo storico [[Palazzo Piccolomini]] di Pienza, voluto da Pio II, e la vasta corte dell'altrettanto storico Castello della Triana<ref name=Spreti301> Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. pagg. 334 - 335</ref>. Il potere della famiglia Piccolomini, dopo una formidabile serie di vescovi, che occuparono la [[cattedra]] di Pienza, diminuì notevolmente dopo l'accorpamento della diocesi con quella di Chiusi e Montepulciano. Dall'inizio dell'ottocento, [[Pienza]] perse quel ruolo di centralità che aveva acquisito a partire dal [[XV secolo]] con il pontefice ''piccolomineo''. Silvio, volle con ogni mezzo rilanciare la città dei suoi avi. Lavorò a lungo con la moglie Anna Menotti al progetto estetico e sociale per riportare Pienza ai fasti di un tempo. Fu quattro volte [[sindaco]] della [[città]], dai tempi dell'[[Italia]] [[Storia istituzionale italiana|liberale]] a quella [[Fascismo|fascista]] fino a quella [[Italia repubblicana|democratica]]. Le ampie diatribe che lo ponevano ora in campo fascista, ora in campo antifascista, a distanza di quasi un secolo risultano del tutto sterili. Silvio Piccolomini, amò la sua Pienza al di sopra di tutto e si batté sempre per la sua ricostruzione ed il suo rilancio<ref name=FabioPellegrini> Fabio Pellegrini, Pienza: La vita del Conte Piccolomini e Pienza nel Novecento - 2013 - Notizie dalla Val d'Orcia[http://fabiopienza.blogspot.it/2013/04/la-vita-del-conte-piccolomini-e-pienza.html - Fonte]</ref> . Inoltre portò a termine un opera di risanamento dell'antico Castello della Triana, in cui, tuttavia, abitò poco e solo saltuariamente.</br>Agli inizi degli anni '60 del [[XX secolo]], Silvio, dopo la morte della moglie ed il figlio, vide morire intorno a se tutti i fratelli. Non avendo discendenza e non più legato ai vincoli della consorteria, ormai sciolta nel lontano [[1821]], decise di dare il suo vasto patrimonio in beneficenza. Destinataria fu ''la Società Di Esecutori Di Pie Disposizioni'' di Siena, che tuttora, negli anni [[XXI Secolo|2000], gestisce le diverse proprietà ed il Palazzo di Pienza, trasformato in museo, ove si tengono eventi culturali e concerti.
</br>
L'[[Alienazione (diritto)|Alienazione]], degli ultimi antichi presidÎ familiari, sancisce, in definitiva, la fine di un'epoca, nella storia dei Piccolomini. Nel [[XXI secolo]], sopravvivono entrambi i rami di Bartolomeo e Rustichino. Rimangono depositari della straordinaria memoria storica e culturale di questa grande famiglia italiana. Sono rispettivamente la linea dei '''''Piccolomini Naldi Bandini''''' e quella dei '''''Piccolomini Clementini Adami''''',
</br>
 
==Prelati==
{| style="width:100%"
 
|-
|[[File:Stemma Piccolomini con tiara e ornamento papali.png|33px]] '''<big>Pontefici</big>'''
|'''Cattedra'''
|'''Ramo'''
|'''Periodo'''
|-
|<big>'''•'''</big> Enea Silvio Piccolomini
| Pontefice Massimo con il nome di Pio II
| Piccolomini
| (1459 - 1464)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Piccolomini
| Pontefice Massimo con il nome di Pio III
| Piccolomini Todeschini
| (1503 - 1503)
|-
|[[File:Stemma Piccolomini con ornamenti cardinalizi.jpg|28px]] '''<big>Cardinali</big>'''
|-
|<big>'''•'''</big> Giovanni Piccolomini
| Arcivescovo di Siena. Cardinale del titolo di Santa Balbina
| Piccolomini Todeschini
| (1517 - 1537)
|-
|<big>'''•'''</big> Celio Piccolomini
| Cardinale del titolo di San Pietro in Monte d'Oro
| Carli Piccolomini
| (1664 - 1681)
|-
|<big>'''•'''</big> Giacomo Piccolomini
| Cardinale di Babbo Balbina e di San Marco<ref name=gerarchiacattolica>Hierarchia Catholica Medii Aevi, sive Summorum Pontificum, SRE cardinalium, ecclesiarum Antistitum serie ... e documentis tabularii praesertim Vaticani Colletta, Digesto, Edita.
2. ed.
Pubblicata 1913 da Sumptibus et typis librariae Regensbergianae in Monasterii .
Scritto in latino, Volume 8, Page 49 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccg.html - Fonte]</ref>
| Piccolomini d'Aragona (Già Salamoneschi)
| (1845 - 1861)
|-
|<big>'''•'''</big> Enea Sivio Piccolomini
| Cardinale diacono di Sant'Adriano al Foro
| Piccolomini della Torre a Castello
| (1766 - 1769)
|-
|[[File:Stemma Piccolomini con ornamenti vescovili.jpg|35px]] '''<big>Vescovi</big>'''
|-
|<big>'''•'''</big> Giacomo Piccolomini (Beato)
| Vescovo di Sarzana e di Luni<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Piccolomini
| (1380 - 1383)
|-
|<big>'''•'''</big> Antonio Piccolomini
| I Arcivescovo di Siena<ref name=gerarchiacattolica3>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 2, pagina 235 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolan.html - Fonte]</ref>
| Piccolomini di Modanella
| (1458 - 1459)
|-
|<big>'''•'''</big> Gabriele Piccolomini
| Vescovo di Chiusi Arcivescovo di Siviglia<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref><ref name=prelati> Biagio Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, Parte 3 pag. 589 - Antonio Bulison - Napoli 1691[http://books.google.it/books?id=c1UxAQAAMAAJ&pg=PA589&dq=aldello+vescovo+di+Sovana&hl=it&sa=X&ei=wnAtU83QD6yp7AavxoCwBg&ved=0CD0Q6AEwAQ#v=onepage&q=aldello%20vescovo%20di%20Sovana&f=false]</ref>
 
| Non determinato
| (1463 - 1483)
|-
|<big>'''•'''</big> Niccolò Piccolomini
| Arcivescovo di Benevento<ref name=gerarchiacattolica4>Hierarchia Catholica. Op. cit. [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolni.html - Fonte]</ref>
| Piccolomini del Mandolo
| (1464 - 1468)
|-
|<big>'''•'''</big> Andrea Piccolomini
| Vescovo di Siracusa (cit. anche come Andrea Tolomei(?))<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Non determinato
| (1463 - 1468)
|-
|<big>'''•'''</big> Aldello Piccolomini
| Vescovo di Grosseto e di Sovana <ref name=gerarchiacattolica5>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Vol. 2, pag. 243 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolad.html - Fonte]</ref>.
| Piccolomini Salamoneschi
| (1492 - 1510)
|-
|<big>'''•'''</big> Agostino Piccolomini
| Amministratore apostolico di Fermo<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Non determinato
| (1494 - 1496)
|-
|<big>'''•'''</big> Girolamo I Piccolomini
| Vescovo di Pienza<ref name=gerarchiacattolica6>Hierarchia Catholica. Op. cit. -, Vol. 2, pag. 243 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolgi.html - Fonte]</ref>.
| Non determinato
| (1498 - 1510)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Piccolomini
| Vescovo di Bisignano<ref name=gerarchiacattolica7>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 3, Pagina 134[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccfrnc.html - Fonte]</ref>.
| Piccolomini d'Aragona
| (1498 - 1530)
|-
|<big>'''•'''</big> Girolamo II Piccolomini
| Vescovo di Montalcino e poi di Pienza<ref name=gerarchiacattolica8>Hierarchia Catholica. Op. cit.[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolgr.html]</ref>.
| Carli Piccolomini
| (1510 - 1535)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Bandini Piccolomini
| IV Arcivescovo di Siena<ref name=gerarchiacattolica9>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 3, Pagina 297
[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bbandf.html]</ref>.
| Bandini Piccolomini
| (1529 - 1588)
|-
|<big>'''•'''</big> Alessandro Piccolomini
| Vescovo di Pienza e Montalcino<ref name=gerarchiacattolica10>Hierarchia Catholica. Op. cit.
[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolal.htmll]</ref>.
| Carli Piccolomini
| (1535 - 1563)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Maria I Piccolomini
| Vescovo di Montalcino e di Pienza<ref name=gerarchiacattolica11>Hierarchia Catholica. Op. cit.
[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccofm.html]</ref>.
| Carli Piccolomini
| (1554 - 1599)
|-
|<big>'''•'''</big> Pompeo Piccolomini
| Vescovo di Tropea<ref name=gerarchiacattolica12>Hierarchia Catholica. Op. cit. Volume 3, pagina 320 e pagina 218
[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpicclmp.htmll]</ref>.
| Piccolomini d'Aragona
| (1560 - 1562)
|-
|<big>'''•'''</big> Germanico Bandini Piccolomini
| Vescovo di Corinto<ref name=gerarchiacattolica13>Hierarchia Catholica. Op. cit.
[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bbandg.html]</ref>.
| Bandini Piccolomini
| (1560 - 1574)
|-
|<big>'''•'''</big> Alessandro Piccolomini
| Arcivescovo di Patrasso<ref name=gerarchiacattolica14>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 3, pagina 271 e pagina 297 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccale.html]</ref>.
| Carli Piccolomini
| (1574 - 1578)
|-
|<big>'''•'''</big> Ascanio I Piccolomini
| Vescovo di Rodi e poi V Arcivescovo di Siena<ref name=gerarchiacattolica15>HiHierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 3, pagina 297 e pagina 172 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccas.html]</ref>.
| Piccolomini di Sticciano
| (1588 - 1597)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Piccolomini
| Vescovo di Grosseto<ref name=gerarchiacattolica16>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 4, pagina 197 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolfr.html]</ref>.
| Piccolomini del Mandolo
| (1611 - 1622)
|-
|<big>'''•'''</big> Fabio Piccolomini
| Vescovo di Massa e Populonia <ref name=gerarchiacattolica17>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 4, pagina 234 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpicclmnf.html]</ref>.
| Piccolomini Salamoneschi
| (1615 - 1629)
|-
|<big>'''•'''</big> Ascanio II Piccolomini
| X Arcivescovo di Siena<ref name=gerarchiacattolica18>Hierarchia Catholica. Op. cit.[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccoa.html]</ref>.
| Piccolomini di Sticciano
| (1628 - 1671)
|-
|<big>'''•'''</big> Giovanni Battista Piccolomini
| Vescovo di Salamina (Cipro) e poi di Chiusi<ref name=gerarchiacattolica19>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 4, pagina 155 e pagina 301[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolgb.html]</ref>.
| Piccolomini del Mandolo
| (1630 - 1637)
|-
|<big>'''•'''</big> Alessandro II Piccolomini<ref name=gerarchiacattolica19>Hierarchia Catholica. Op. cit.[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolal.html]</ref>.
| Vescovo di Chiusi
| Non determinato
| (1657 - 1661)
|-
|<big>'''•'''</big> Ambrogio Maria Piccolomini
| Vescovo di Trivento e Arcivescovo di Otranto<ref name=gerarchiacattolic22>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 5, Pagina 223[http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccolgr.html]</ref>.
| Piccolomini d'Aragona
| (1666 - 1682)
|-
|<big>'''•'''</big> Niccolò Piccolomini
| Arcivescovo di Tessalonica<ref name=gerarchiacattolica20>Hierarchia Catholica. Op. cit. - Volume 5, Page 377 [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpcclmnn.html - Fonte]</ref>
| Non determinato
| (1706 - 1710)
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Maria II Piccolomini
| Vescovo di Montalcino e di Pienza e poi di Perge (Turchia)<ref name=gerarchiacattolica21>Hierarchia Catholica. Op. cit. [http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bpiccof.html]</ref>
| Piccolomini di Modanella
| (1741 - 1784)
|-
|<big>'''•'''</big> Federico Piccolomini
| Vescovo di (?)<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Piccolomini d'Aragona (?)
| (?)
|-
|<big>'''•'''</big> Giulio Piccolomini
| Arcivescovo di Rossano<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Piccolomini d'Aragona
| (1611 - ?)
|-
|<big>'''Altri Prelati'''</big>
|'''Incarico'''
|'''Ramo'''
|'''Periodo'''
|-
|<big>'''•'''</big> Francesco Piccolomini
| 8° Preposito generale della Compagnia del Gesù 
| Piccolomini della Triana
| (1649 -1651)
|-
|<big>'''•'''</big> Nicolò Piccolomini
| Uditore della Sacra Romana Rota <ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Carli Piccolomini
| (1531)
|-
|<big>'''•'''</big> Nicolò Piccolomini
| Segretario dei Memoriali di Alessandro VII<ref name=Gigli>Girolamo Gigli, Diario sanese in cui si veggono alla giornata tutti gli avvenimenti più ragguardevoli spettanti sì allo spirituale, sì al temporale della città, e stato di Siena; con la notizia di molte nobili famiglie di essa, delle quali è caduto in acconcio il parlarne. Pagg. 450 - 452 - Ed. Leonardo Venturini - Lucca 1723 [http://books.google.it/books?id=1UpOMEsaBooC&pg=PA451&lpg=PA451&dq=vescovo+francesco+piccolomini+benevento&source=bl&ots=cpog774kkm&sig=gZwSDpdYzUvafVwHwimDCtO7meU&hl=it&sa=X&ei=TdYNU86ZFMnN7AbxhoHIDg&ved=0CEwQ6AEwAw#v=onepage&q=vescovo%20francesco%20piccolomini%20benevento&f=false - Fonte]</ref>
| Salamoneschi
| (1628)
|-
|<big>'''•'''</big> Gaspare Piccolomini
| Cameriere del Pontefice Pio II<ref name=prelati> Biagio Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, Parte 3 pag. 589 - Antonio Bulison - Napoli 1691[http://books.google.it/books?id=c1UxAQAAMAAJ&pg=PA589&dq=aldello+vescovo+di+Sovana&hl=it&sa=X&ei=wnAtU83QD6yp7AavxoCwBg&ved=0CD0Q6AEwAQ#v=onepage&q=aldello%20vescovo%20di%20Sovana&f=false]</ref>
| Piccolomini
| (1459 - 1464)
|-
|}
 
==Beati==
 
* Ambrogio Piccolomini, secondo generale e confratello di [[Bernardo Tolomei (santo)|Bernardo Tolomei]] fondatore della [[Congregazione olivetana|Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto,]]<ref name=NotizieistoricheSiena> Francesco Masetti, Notizie istoriche dell'antica e nobile città di Siena.Pag. 10 - Ed. S. e G. Marescandoli Lucca 1722[http://books.google.it/books?id=djgJAQAAIAAJ&pg=PP21&lpg=PP21&dq=jacomo+piccolomini+beato&source=bl&ots=pS7ck4dAwH&sig=Q14ZYUXz8Ko2SMFqjEmPcG88Bj4&hl=it&sa=X&ei=i8gxU5r_EI-Z0AWRiYH4Dg&ved=0CEQQ6AEwAg#v=onepage&q=jacomo%20piccolomini%20beato&f=false - Fonte]</ref>.
 
* Giovanni Piccolomini<ref name=NotizieistoricheSiena> Francesco Masetti, Notizie istoriche dell'antica e nobile città di Siena.Pag. 10 - Ed. S. e G. Marescandoli Lucca 1722[http://books.google.it/books?id=djgJAQAAIAAJ&pg=PP21&lpg=PP21&dq=jacomo+piccolomini+beato&source=bl&ots=pS7ck4dAwH&sig=Q14ZYUXz8Ko2SMFqjEmPcG88Bj4&hl=it&sa=X&ei=i8gxU5r_EI-Z0AWRiYH4Dg&ved=0CEQQ6AEwAg#v=onepage&q=jacomo%20piccolomini%20beato&f=false - Fonte]</ref> († ca. 1390) [[Ordine di Sant'Agostino|Monaco Agostiniano]]<ref name=S.Agostino>Inventario dei manoscritti della Biblioteca Comunale di Siena - Associazione Storico - Culturale S. Agostino Cassago Brianza(LC)[http://www.cassiciaco.it/navigazione/monachesimo/historia_ordinis/documenti/siena.html - Fonte]</ref>
 
* Giacomo Piccolomini ([[XIV secolo]]), Vescovo, citato nella sezione Prelati.
 
* Giovacchino Piccolomini ([[XIII secolo]]), citato nelle sezione ''Ramo di Rustichino''.
 
* Bindo Piccolomini [[XV secolo]] Gesuato<ref name=IsabellaGagliardi>Isabella Gagliardi, Li trofei della croce: l'esperienza gesuata e la società lucchese tra Medioevo ed età moderna, pag. 24 - Ed. di Storia e Letteratura, 2005[http://books.google.it/books?id=4t70_fZofocC&pg=PA16&lpg=PA16&dq=il+paradiso+dei+gesuati++di+P.+morigia&source=bl&ots=9wdQJnoFvz&sig=j3eaAQbfYplC7Zqn6-I4CUcyxO4&hl=it&sa=X&ei=EqQyU8LbGKWi0QXN-4GwDw&ved=0CDkQ6AEwAQ#v=onepage&q=bartolomeo%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>
 
* Mino Piccolomini. [[XV secolo]] <ref name=Valdimontone>Contrada di Valdimontone:L'Oratorio della S.S. Trinità[http://www.valdimontone.it/contrada/oratorio1.asp]</ref><ref name=Gigli101>Girolamo Gigli, Op. cit.. Pag. 722 - [http://books.google.it/books?id=QkoYqDxY0HEC&pg=PA726&lpg=PA726&dq=beato+alfonso+piccolomini&source=bl&ots=NE4y96gJXL&sig=TFDHcozApM7XuzTiFZ1WSbXTJCY&hl=it&sa=X&ei=LqAyU7HBIMLX0QWX5ICADQ&ved=0CGQQ6AEwBzgK#v=onepage&q=mino%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>
 
* Bartolomeo Piccolomini. [[XIV secolo]] Gesuato<ref name=IsabellaGagliardi>Isabella Gagliardi, Li trofei della croce: l'esperienza gesuata e la società lucchese tra Medioevo ed età moderna, pag. 24 - Ed. di Storia e Letteratura, 2005http://books.google.it/books?id=4t70_fZofocC&pg=PA16&lpg=PA16&dq=il+paradiso+dei+gesuati++di+P.+morigia&source=bl&ots=9wdQJnoFvz&sig=j3eaAQbfYplC7Zqn6-I4CUcyxO4&hl=it&sa=X&ei=EqQyU8LbGKWi0QXN-4GwDw&ved=0CDkQ6AEwAQ#v=onepage&q=bartolomeo%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>
 
* Alfonso Piccolomini. [[XV secolo]] Gesuato Eremita <ref name=IsabellaGagliardi>Isabella Gagliardi, Li trofei della croce: l'esperienza gesuata e la società lucchese tra Medioevo ed età moderna, pag. 24 - Ed. di Storia e Letteratura, 2005[http://books.google.it/books?id=4t70_fZofocC&pg=PA16&lpg=PA16&dq=il+paradiso+dei+gesuati++di+P.+morigia&source=bl&ots=9wdQJnoFvz&sig=j3eaAQbfYplC7Zqn6-I4CUcyxO4&hl=it&sa=X&ei=EqQyU8LbGKWi0QXN-4GwDw&ved=0CDkQ6AEwAQ#v=onepage&q=bartolomeo%20piccolomini&f=false - Fonte]</ref>
 
* Giacomo Piccolomini. Eremita ([[Eremo di San Salvatore di Lecceto]])<ref name=NotizieistoricheSiena> Francesco Masetti, Op. cit., pag. 11[http://books.google.it/books?id=djgJAQAAIAAJ&pg=PP21&lpg=PP21&dq=jacomo+piccolomini+beato&source=bl&ots=pS7ck4dAwH&sig=Q14ZYUXz8Ko2SMFqjEmPcG88Bj4&hl=it&sa=X&ei=i8gxU5r_EI-Z0AWRiYH4Dg&ved=0CEQQ6AEwAg#v=onepage&q=jacomo%20piccolomini%20beato&f=false - Fonte]</ref>
 
==Note==
{{<references|3}}/>
 
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* Camillo Semenzato, L'Università di Padova: il Palazzo del Bo. Arte e storia, Sarmeola di Rubano (Padova), Edizioni Lint, 1979
 
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