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{{torna a|Ripatransone}}
{{citazione|Più dentro pose Trasone i bastioni<br/>di Ripa invitta città dei Piceni<ref>La traduzione metrica in endecasillabi è di Rolando Perazzoli.</ref><ref name=Perazzoli>{{cita libro|nome=Rolando|cognome=Perazzoli|titolo=Storie ripane|città=Grottammare|editore=Archeoclub d'Italia|anno=2001}}</ref>|Francesco Panfilo, ''Picenum, hoc est de agro Piceni quae Anconitana vulgo Marchia nominatur nobilitate et laudibus opus''|Interius Traso posuit munimine Ripam<br/>nulli Picentum vincitur ipsa loco|lingua=la|lingua2=it}}
{| class="sinottico" style="width:280px"
|- class="sinottico_testata"
! style="background-color:#E60005; color:#FFF" colspan=2 | Storia di Ripatransone
|-
! Paese
| [[Italia]]
|-
! Regione
| [[Marche]]
|-
! Provincia
| [[Provincia di Ascoli Piceno|Ascoli Piceno]]
|-
! Popolo fondatore
| [[Longobardi]] o [[Franchi]]
|-
! Data di fondazione
| [[822]]-[[1198]]
|-
! Autonomia comunale
| [[1205]]
|-
! Stato di annessione
| [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|-
! Data di annessione
| 19 settembre [[1860]]
|}
La '''storia di Ripatransone''' inizia ufficialmente nel [[1205]], anno in cui la cittadina [[provincia di Ascoli Piceno|picena]] ottenne l'autogoverno diventando il primo libero comune rurale d'[[Italia]].<ref>Laddove infatti tutti gli altri comuni erano dominati da nobiltà e borghesia, i ripani erano esclusivamente proprietari terrieri.</ref><ref name=Polidori>{{cita libro|nome=Adolfo|cognome=Polidori|titolo=Storia di Ripatransone|città=Fermo|editore=La Rapida|anno=1974}}</ref> Le origini sono tuttavia più antiche. Se i più remoti insediamenti umani risalgono alla [[preistoria]], il borgo fortificato è databile all'epoca della venuta dei [[Franchi]], con [[Carlo Magno]], o poco dopo ([[VIII secolo|VIII]]-[[IX secolo]]). Castello inaccessibile, difese strenuamente la sua autonomia anche contro [[Francesco Sforza]]. Ottenne il rango di [[Città d'Italia|Città]] [[sede vescovile|vescovile]] nel [[1571]].
== Preistoria ==
La città sorge su un colle che i [[Storia romana|Romani]] chiamarono Cuprae Mons (monte di [[Cupra]]),<ref name=CupraeMons>Questo nome ha ingenerato confusione con la Cupra Montana citata da [[Plinio il Vecchio]], poi invece correttamente identificata con il [[Massaccio]].</ref> dal nome della divinità [[Umbri|umbro]]-[[picena]] ivi venerata. Il Cuprae Mons fu abitato fin dall'[[età della pietra]], come dimostrano i numerosi reperti rinvenuti nel territorio (armi, oggetti d'osso e di pietra, ceramiche).<ref>Molti sono oggi conservati presso il [[Museo civico archeologico Cesare Cellini]].</ref> Le testimonianze della frequentazione umana si spingono fino al [[Paleolitico inferiore]].<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.comune.ripatransone.ap.it/page.asp?id=104020100 Museo civico archeologico Cesare Cellini] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
== Età preromana ==
{{Approfondimento|allineamento = destra|larghezza = 300px|titolo = L'ipotesi etrusca|contenuto = Nell'agro cuprense si erano alternati [[Liburni]], [[Liguri]], [[Siculi]], Umbri e Piceni. Al confine erano stanziati i [[Pelasgi]],<ref name=Polidori/> popolo che una tradizione antica vuole imparantato (se non identificato) con gli [[Etruschi]]. Lo storico Vicione<ref>Luigi Antonio Veccia, poi Vicione (Ripatransone, 1773 – Roma, 1829), minore conventuale e lettore di sacra teologia del seminario di Ripatransone.</ref> ritiene che Ripatransone sia sorta dalle rovine di un preesistente Castello Etrusco. Oltre a menzionare un [[ipogeo]] scoperto sotto il paese ([[1727]]) e recante all'interno un idolo bronzeo di [[Ercole]] in ceppi, lo studioso adduce a supporto della sua tesi anche molta toponomastica locale. Infatti il nome della moderna contrada Tosciano, nei cui pressi fu rinvenuta una [[necropoli]],<ref name=Rossi>{{cita libro|nome=Alfredo|cognome=Rossi|titolo=Vicende ripane|città=Centobuchi|editore=Amministrazione comunale di Ripatransone|anno=2002}}</ref> riecheggia quello di Tusciano, citato in antiche pergamene e riconducibile al [[Lingua latina|latino]] ''Tuscum''. Altrettanto si può dire di Fontursia, che il Vicione spiega con la composizione di ''Fons'' e ''Thuscia''.<ref>Il nome dialettale di questa contrada (''Fëntusce''), italianizzato dal Vicione in Fontuscia, sembra rispecchiare più fedelmente l'etimologia proposta.</ref> Suggestiva (benché probabilmente forzata)<ref name=Polidori/> è anche la riconduzione del toponimo Monterone all'ibrido [[lingua greca antica|greco]]-latino di ''Mons'' e ''Ἥρον'' (''Héron''),<ref>[[Sincope (linguistica)|Sincope]] di ''Ἥραιον'' (''Héraion'').</ref> monte dell'Ereo.<ref>Il Vicione rammenta in proposito l'esistenza di una chiesa di Santa Maria in Monterone a Roma.</ref> Il Monterone è infatti un'area di forma circolare che ben potrebbe aver ospitato un tempio di [[Giunone]] ([[Era (divinità)|Era]]).<ref name=CastelloEtrusco>{{cita libro|nome=Luigi Antonio|cognome=Vicione|titolo=Ripatransone sorta dalle rovine di Castello Etrusco|città=San Benedetto del Tronto-Martinsicuro|editore=Laberinto|anno=1982|annooriginale=Fermo, 1828}}</ref>}}
Varie sono le testimonianze dell'insediamento degli Umbri all'inizio dell'[[età del ferro]]. Questo popolo si insediò sulla riva sinistra del [[Tesino (fiume)|Tesino]], dove per primo introdusse il culto di Cupra. Gli Umbri stazionarono sul Tesino, subito a nord delle popolazioni [[pelasgi]]che, finché l'invasione dei Piceni li costrinse a riparare sull'alto colle.
La ritirata permise al Cuprae Mons di dare subito prova della propria valenza strategica: la roccaforte umbra resse infatti gli assalti piceni fin quando gli invasori si risolsero di scavare cunicoli sotterranei per sorprendere i rivali nel cuore della fortificazione.<ref name=Polidori/><ref>Questi cunicoli costituiscono oggi un vasto reticolato che attraversa il sottosuolo cittadino da ovest a est. Noti con il nome di Grotte di Santità, vennero chiusi nel 1967.</ref> Così i Piceni assimilarono gli Umbri e presero possesso del forte, destinandolo a riparo sicuro per le popolazioni costiere incalzate dai [[pirateria|pirati]].
==
[[File:Picenum.jpg|thumb|left|upright=0.7|Una mappa del Piceno augusteo: si può notare il sito di Ripatransone impropriamente indicato con il nome di Cupra<ref name=CupraeMons/>]]
A loro volta, i Piceni erano destinati a soccombere all'espansionismo dei Romani. Gli scomodi vicini, impegnati sul fronte della guerra ai [[Senoni]] ([[282 a.C.]]), furono inizialmente tenuti a bada tramite un'alleanza, che anzi fruttò importanti concessioni territoriali. Ma ben presto si giunse allo scontro armato.
Nel [[269 a.C.]] i Piceni insorsero, abbattendo le guarnigioni romane sul territorio e sconfiggendo i consoli [[Quinto Ogulnio Gallo|Ogulnio Gallo]] e [[Gaio Fabio Pittore|Fabio Pittore]]. Roma reagì allora inviando [[Publio Sempronio Sofo (console 268 a.C.)|Sempronio Sofo]] e [[Appio Claudio Russo]] l'anno seguente ([[268 a.C.]]). Di fronte alla superiorità militare romana, per la popolazione adriatica venne l'ora della resa definitiva.
Assimilati i Piceni, i Romani ne conservarono i costumi: in particolare perpetuarono il culto di Cupra identificandola con [[Giunone]]. Il territorio conservò importanza intorno alla città di [[Cupra Maritima]]. In età [[Augusto|augustea]] venne incluso nella [[Regio V Picenum|V Regio]] con il nome di [[Ager Cuprensis]]. Il colle ripano restò invece ai margini della regione, finché le [[invasioni barbariche]]<ref>Visigoti (409), Unni (452), Ostrogoti (546), Longobardi.</ref> provocarono la caduta di Cupra, e gli abitanti dell'Ager cercarono nuovo scampo sulla collina.<ref name=Settimo>{{cita libro|nome=Giorgio|cognome=Settimo|titolo=Profilo storico di Ripatransone|città=Ascoli Piceno|anno=1979}}</ref>
== Medioevo ==
=== Le origini ===
Nel [[XVIII secolo|Settecento]] Giovanni Battista Fedeli accede alla tesi che riconduce il nome della città a Trasone,<ref>È questa la forma più accreditata del nome del personaggio, anche noto come conte Transone o Dransone.</ref> un nobile dell'[[VIII secolo|VIII]]-[[IX secolo]].<ref name=Fedeli>Giovanni Battista Fedeli, ''Chronicon comitum Truentinorum''.</ref> La storicità del nobile è un fatto acquisito, testimoniato dalla toponomastica cittadina,<ref name=Rossi/><ref>Una lapide murata nel quartiere di Roflano reca infatti la scritta ''Via Trasone''.</ref> ma la sua stirpe è incerta. Alcuni ricostruiscono la figura di un giovane [[Longobardi|longobardo]], nipote di [[Ildebrando di Spoleto]]<ref name=Fedeli/> e [[conte]] di [[Truentum|Truento]] sotto [[Carlo Magno]].<ref name=Settimo/> Altri vi vedono un condottiero, già cinquantenne, investito delle terre fra Tesino e [[Menocchia]] da [[Ludovico II il Giovane|Ludovico II]].<ref name=Polidori/> Altri infine ritengono si trattasse di un comandante [[Franchi|franco]].<ref>{{cita libro|nome=Luigi Antonio|cognome=Vicione|titolo=Sull'esistenza di Ripa o Ripatransone prima dell'anno MCXCVIII|città=San Benedetto del Tronto-Martinsicuro|editore=Laberinto|anno=1982|annooriginale=Fermo, 1827}}</ref> Il Piceno era stato annesso dai Longobardi al [[Ducato di Spoleto]] ([[574]]) e, con questo, aveva conservato autonomia anche sotto i Franchi ([[774]]).
=== La fondazione ===
[[File:Markward von Annweiler.jpg|thumb|left|upright=0.5|Marcovaldo di Annweiler]]
Secondo la tradizione, gli originari castelli ripani (Monte Antico, Capodimonte, Roflano e Agello) furono fondati già nell'[[822]]. All'epoca sulla costa marchigiana si abbatté un'ondata di assalti [[saraceni]] agli ordini dell'ammiraglio al-Sabah, e gli abitanti del Cuprae Mons furono chiamati a respingerli. Essi furono assediati senza successo nell'[[827]],<ref name=Perazzoli/><ref name=CastelloEtrusco/> nell'[[829]] e nell'[[835]],<ref name=Settimo/><ref>[[Flavio Biondo]], ''Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii decades'', Libro II, Decade II.</ref><ref>[[Bartolomeo Sacchi]], ''Vita di Gregorio IV''.</ref> ma i saraceni recarono profonde devastazioni e si approvvigionarono di schiavi.
I quattro castelli furono unificati nel [[1096]] per volere del vescovo fermano Ugo o Ulcaldino.<ref name=Rossi/> Nel [[1198]] le fortificazioni erano ultimate e il nuovo castello assumeva la denominazione di Ripatransone.<ref name=Polidori/> Il futuro ''Propugnaculum Piceni''<ref>Appellativo dovuto alla proverbiale resistenza agli attacchi nemici.</ref> fu però subito preda del [[siniscalco]] di [[Arrigo VI]] [[Marcovaldo di Annweiler]] ([[1199]]), che lo distrusse perché disapprovava la sua edificazione. Ripa fu ricostruita in pochi anni e, dopo aver resistito ai nuovi attacchi di Marcovaldo,<ref name=Perazzoli/><ref>Francesco Maria Tanursi, ''Historiarum Ripanarum epitome'', 1781.</ref> si avviò a diventare [[libero comune]].
=== L'autonomia comunale (1205) ===
La lunga aspirazione di Ripa all'autonomia, rivendicata soprattutto nei confronti di [[Fermo]], compì un primo decisivo passo avanti con la trattativa per il governo comunale nei confronti del vescovo fermano Adenulfo. Nel [[1205]] il castello si costituì in libero comune. A questa prima conquista di indipendenza seguirono lunghe lotte con le città vicine. Gli assedi fermani iniziarono nel [[1225]], contro una Ripa [[ghibellina]] e fedele a [[Federico II di Svevia|Federico II]].<ref name=Settimo/>
Nel [[1229]] il comune estese il proprio potere grazie alla concessione di vari castelli ([[Cossignano]], Lameriano, [[Marano (Cupra Marittima)|Marano]], [[Massignano]], Penna e Sant'Andrea) da parte del duca [[Rainaldo di Spoleto]], perché il paese fosse ingrandito in riparazione dei danni prodotti dalla guerriglia fermana. La concessione seguì un fatto d'armi che aveva visto Ripa respingere un improvviso assedio fermano condotto approfittando dell'impegno di Rainaldo al fronte contro la [[Santa Sede]].<ref name=Settimo/> Benché solidissimo, il castello impiegò mezzo secolo per attuare la prima autentica emancipazione dalla potente vicina.<ref>{{cita libro|nome=Rolando|cognome=Dondarini|titolo=[http://books.google.it/books?id=0xaJLuwTc0AC&printsec=frontcover#PPA2009,M1 Farfa, abbazia imperiale]|città=San Pietro in Cariano|editore=Il Segno dei Gabrielli|anno=2006}}</ref>
=== Le guerre contro Fermo ===
Nelle lotte fra comuni Ripa fu prevalentemente alleata di [[Ascoli Piceno|Ascoli]], con cui stipulò una storica alleanza l'8 gennaio [[1346]]. Ascoli e Fermo si contendevano la zona costiera presso la foce del [[Tronto]], e i fermani, che detenevano [[San Benedetto del Tronto|San Benedetto in Albula]], attaccarono per primi distruggendo le fortificazioni del [[porto d'Ascoli]] ([[1348]]).<ref name=Settimo/> L'alleanza si rivalse allora su San Benedetto e sugli altri possedimenti fermani, ottenendo ragione dei rivali a [[San Severino Marche|San Severino]]. Si attivò poi in difesa di [[Osimo]], che era stata occupata a sorpresa dal capitano fermano [[Gentile da Mogliano|Gentile]], e la recuperò nel [[1351]].<ref name=Settimo/>
{{Approfondimento|allineamento = destra|larghezza = 300px|titolo = I ripani cavarono gli occhi ai fermani?|contenuto = Si narra che nella contesa di San Michele Arcangelo (8 maggio 1429) i ripani si siano accaniti con estrema efferatezza sui rivali. Questi, dopo essere stati catturati, avrebbero subìto l'accecamento, e i loro occhi sarebbero stati nascosti in un canestro di ciliegie per essere donati o venduti ai notabili fermani. L'umanista bolognese [[Giovanni Garzoni]], pur non avendo conoscenza diretta dei fatti, accetta senza riserve la verità dell'evento.<ref>Giovanni Garzoni, ''De rebus Ripanis'', 1497.</ref> In realtà, unico e incauto “testimone” di quest'episodio,<ref name=Perazzoli/> il Garzoni non fa che ripetere una macabra leggenda popolare fiorita in ambiente ripano e riferitagli dal teologo Giovanni Paci: spia certo dell'odio per i sempre minacciosi fermani, ma assolutamente priva di fondamento.<ref name=Settimo/> Nonostante la ferocia dei tempi, infatti, le contese tra i comuni non si sarebbero mai spinte a simili eccessi, o avrebbero chiamato sicura vendetta.<ref name=Polidori/>}}
L'ambizione alla [[sede vescovile]], che avrebbe ulteriormente accresciuto l'indipendenza da Fermo, si era fatta concreta con l'elezione del [[papa]] ascolano [[Niccolò IV]]. Il pontefice era parso propenso a concedere la diocesi, ma il suo regno era stato troppo breve ([[1288]]-[[1292]]). Quando l'interessamento del cardinale [[Egidio Albornoz|Albornoz]] rinnovò le speranze di autonomia diocesana, i già difficili rapporti tra Ripa e Fermo si incrudirono ulteriormente. Anche Albornoz, tuttavia, spirò prima di poter dar seguito alle richieste (24 agosto [[1367]]).
La sua morte e il ritorno del papa in [[Avignone]] segnarono così la fine dell'effimera pace con Fermo, che tentò la conquista di Ripa in tre sterili assedi. I primi due occorsero nel maggio e nel settembre [[1376]]. Nel secondo assedio i fermani stessi uccisero il proprio capitano Tommaso Politi,<ref>Francesco Adami, ''Fragmenta Firmana''.</ref> reo di aver rimediato una sconfitta dopo aver millantato l'ottima conoscenza del forte ripano.<ref name=Settimo/>
L'assedio dell'8-13 maggio [[1389]], condotto con l'impiego di numerosi soldati anche [[mercenari]], fu tolto dopo soli cinque giorni. Le ragioni sono probabilmente da rintracciare in una sortita ripana dalle mura simile a quella che, molti anni dopo, permise a Santoro Pucci di sgominare l'esercito dello Sforza.<ref name=Settimo/><ref>Il Fedeli enfatizza l'evento, parlando di una vera e propria carneficina di fermani. Si tratta certamente di un'esagerazione, tuttavia dei fatti del 1389 recano traccia le cronache di città anche remote per l'epoca (Ascoli, [[Amandola]] e [[Camerino]]).</ref>
Nel [[1429]] vi fu una contesa di confine a San Michele Arcangelo. L'episodio non ebbe particolare rilievo, ma gli storici delle due parti lo enfatizzarono, tutti pretendendo che la propria città fosse stata provocata e avesse poi ricondotto il nemico a più miti consigli. Di certo entrambe vi portarono l'esercito, e a quanto sembra furono i ripani a prevalere;<ref name=Dizionario>{{cita web|url=http://books.google.it/books?id=4bwAAAAAcAAJ&pg=PA14&lr=&as_brr=3#PPA14,M1|titolo=Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica|accesso=12 giugno 2009}}</ref> ne sorse però la leggenda popolare dell'accecamento dei fermani, assai contestata da questi ultimi anche perché accreditata da una fonte autorevole ([[Giovanni Garzoni]]).
Fin dal [[XIV secolo|Trecento]] Ripa apparteneva al [[Comitato fermano]] come comune autonomo, ma era accerchiata dall'immenso territorio di Fermo che a sua volta mal digeriva l'alleanza ripana con Ascoli. Quando quest'alleanza fu rinnovata ([[1484]]) i fermani inasprirono le scorribande contro le due città, anche perché nel frattempo ripani e ascolani liberarono [[Monte San Pietrangeli|Monte San Pietro degli Agli]], che era soggetta alla Santa Sede ma era stata occupata da Fermo approfittando della morte di [[Sisto IV]].<ref name=Settimo/> Allorché i fermani assalirono Marano e i possedimenti dei Boccabianca,<ref>La nobile famiglia ripana dei Boccabianca, prende il nome dal castello che possedeva nei pressi del torrente Menocchia e discende dal primogenito di Trasone, Longino. È anche nota come ''gens Longina'' o degli Attoni.</ref> Ripa reagì sbaragliando le guarnigioni nemiche in [[Acquaviva Picena|Acquaviva]] e completando la ritorsione contro [[Grottammare]] e San Benedetto.<ref name=Perazzoli/><ref name=Settimo/><ref>I ripani gravarono gli abitanti di questi due borghi fedeli a Fermo di una durissima penitenza: dopo aver distrutto le imbarcazioni, li obbligarono a caricarsi il peso delle ancore e a portarle in spalla fino a Ripa. Queste ancore sono state a lungo conservate nella chiesa di Santa Maria d'Agello, fino alla sua sconsacrazione.</ref> I fermani recuperarono Acquaviva ingaggiando uno scontro in cui morì Sante Tanursi, eroe della [[battaglia di Santa Prisca]]. Le schermaglie proseguirono furiose fino all'intervento di [[Innocenzo VIII]] che impose una lunga tregua alle parti.<ref name=Dizionario/>
=== La guerra contro Francesco Sforza ===
[[File:Francesco Sforza.jpg|thumb|left|upright=0.5|Francesco Sforza]]
Nel Quattro-Cinquecento il ''Propugnaculum'' vacillò tre volte sotto le devastazioni di altrettanti saccheggi, tutti compiuti a sorpresa o addirittura con l'inganno. Nel primo e più grave di essi il castello rischiò la capitolazione definitiva di fronte a [[Francesco Sforza]]. La situazione era particolarmente tesa proprio perché lo Sforza si serviva di truppe fermane a lui fedeli: si può anzi ritenere che tanto l'incendio di Ripa quanto la successiva cacciata degli sforzeschi siano eventi spiegabili più in termini di rivalità cittadina che come una vera e propria resistenza allo Sforza.<ref name=Settimo/>
{{Approfondimento|allineamento = destra|larghezza = 320px|titolo = La battaglia di Santa Prisca|contenuto = [[File:Ripatransone Porta 2.jpg|thumb|left|upright=0.5|Porta Cuprense]] Domenico Nocchi, della fazione di Santoro Pucci, schierò i soldati alle prime ore del giorno, uscendo da Porta Cuprense. Gli uomini erano pochi, ma nelle retrovie le donne camuffate nelle armature simulavano una truppa più numerosa. Gli sforzeschi, colti di sorpresa, accettarono la sfida, pensando a una mossa disperata degli assediati. Quando il grosso dell'esercito fu impegnato, Nocchi si ritirò, continuando però a provocare. Solo a quel punto saltò fuori Santoro Pucci, nascostosi nottetempo coi suoi nella selva del colle di Capo di Termine.<ref name=Perazzoli/> Assaliti gli uomini di sentinella, Santoro si sbarazzò delle armi pesanti nemiche e si lanciò poi sul resto della truppa impegnata a respingere Nocchi. La seconda sorpresa fu fatale agli occupanti, che sbandarono, consentendo allo stesso Nocchi di riorganizzarsi e cadendo infine tra le grinfie di un terzo manipolo guidato da Sante Tanursi. In breve furono quasi annientati.<ref name=Polidori/>}}
Nel [[1434]] Luca Boccabianca, capo dei ghibellini, aveva ottenuto di consegnare Ripa alla signoria del futuro [[Ducato di Milano|duca di Milano]]. Otto anni più tardi [[Tolentino]] si sollevò, mettendo così in discussione il dominio sforzesco sul Piceno.
Nonostante la rivolta tolentinate fosse stata sedata, lo Sforza dovette cominciare a temerne la propagazione allorché anche a Ripa accadde un fatto drammatico. Una guarnigione comandata dal fratello [[Alessandro Sforza|Alessandro]] subì infatti un attacco da parte del capitano [[guelfi|guelfo]] Santoro Pucci, e un ufficiale fu ucciso.<ref name=Rossi/><ref name=Settimo/>
Francesco Sforza si decise allora a mostrare i muscoli e a riservare agli insorti una punizione esemplare. Con l'aiuto di uno stratagemma,<ref name=Rossi/> le sue truppe presero quindi il forte ripano nei giorni fra il 21 e il 23 settembre<ref name=Perazzoli/> [[1442]]. Sul posto Francesco lasciò poi Alessandro, che si rivelò incapace di contenere l'ira dei soldati fermani: ne derivarono danni considerevoli, anche perché al saccheggio si accompagnarono incendi di edifici privati e pubblici, fra cui l'archivio.<ref name=Polidori/><ref name=Settimo/>
Due anni dopo la caduta, tuttavia, l'armata di Santoro Pucci respingeva lo Sforza sotto le mura cittadine, dando vita nel giorno di [[Prisca romana|Santa Prisca]] (18 gennaio [[1445]]) a uno scontro che sarebbe stato rievocato fino al [[XX secolo|Novecento]].<ref>Nelle immediatezze dell'evento fu istituita una solenne processione commemorativa da tenere ogni anno il 18 gennaio. Ma ancora nel XX secolo si svolse a lungo uno spettacolo pirotecnico chiamato ''La battaglia di Santa Prisca'', in cui due torrioni del Colle San Nicolò si contendevano la vittoria.</ref> Sulla scia dell'evento anche le altre città picene si sollevarono, ponendo fine alla dominazione. Fermo insorse contro Alessandro Sforza il 24 novembre.<ref name=Polidori/>
I Boccabianca pagarono a caro prezzo la fedeltà a Francesco Sforza, scomunicati e condannati all'esilio da [[Eugenio IV]]. Nella pestilenza del [[1447]] il popolo vide però un castigo divino per questa condanna.<ref name=Settimo/>
Nel [[1461]] Ripa subì un altro grave sacco ad opera di [[Sigismondo Malatesta]].<ref>L'episodio viene erroneamente riferito dal Tanursi all'anno 1415, quando però il Malatesta non era ancora nato.</ref> Rispetto a quello sforzesco esso non recò altrettanta devastazione al castello, ma fu più crudele a causa della profanazione di chiese e degli stupri che lo Sforza aveva invece espressamente vietato.<ref name=Perazzoli/> Il saccheggio più celebre, per l'epico epilogo che ne seguì, resta però quello perpetrato con l'inganno dagli [[Spagna|spagnoli]] nel [[1515]].
== Età moderna ==
=== Il sacco spagnolo ===
{{doppia immagine verticale|left|Teatro Luigi Mercantini - Ripatransone Virginia.jpg|Ripatransone Torrione 1.jpg|130|Particolare del ''Sacrificio di Virginia'' di Giuseppe Ruffini ([[1811]])|Porta d'Agello}}
Dopo la [[battaglia di Marignano]], alcuni mercenari spagnoli erano rimasti sbandati e vagavano per la penisola. Un gruppo di essi, al seguito del capitano García Mandríguez de Haro, giunse a Ripa con un falso salvacondotto papale. Fidandosi del documento, i ripani aprirono le porte, ma i soldati dopo aver approfittato dell'ospitalità si diedero al saccheggio, al ratto di donne e allo stupro. Il padre di una delle ragazze rapite, piuttosto che lasciare la figlia in mano agli spagnoli, la trafisse mortalmente con un pugnale. L'anonima giovane passò alla storia come Virginia, per analogia con la [[Virginia (Alfieri)|Virginia]] romana celebrata da [[Vittorio Alfieri]].
Mandríguez però era tutt'altro che pago, e condusse la sua banda in [[Italia meridionale]], dove essa vagò in lungo e in largo accrescendosi di numero e recando notevoli guasti. Rifiutate le offerte del viceré di Napoli, gli spagnoli si incamminarono di nuovo lungo l'[[Adriatico]] alla volta dello [[Stato della Chiesa]], varcarono il Tronto e il 15 febbraio [[1521]] si ripresentarono a Ripa per tentare una seconda incursione.<ref name=Guicciardini>[[Francesco Guicciardini]], [[:s:Storia d'Italia/Libro XIII/Capitolo XVI|''Storia d'Italia'', libro XIII, capitolo XVI.]]</ref>
I ripani erano naturalmente ben memori della prima, e lo scontro armato fu inevitabile. La battaglia (16 febbraio) contrappose cinquemila fanti spagnoli e la comunità ripana, comprese molte donne.<ref name=Perazzoli/><ref name=Dizionario/> Due di esse (Luchina Saccoccia e Angela di Zingaro) perirono in duello, insieme a diciannove patrizi e molti soldati. Un'altra, Bianca Benvignati de Tharolis,<ref>Bianca era certamente moglie di Almonte de Tharolis. L'appartenenza al casato dei Benvignati è invece discussa.</ref> si rese protagonista di un celebre atto di eroismo. Inseguito a cavallo il nemico, Bianca uccise brutalmente l'alfiere spagnolo, gli strappò lo stendardo e andò poi a sventolarlo da un torrione (presumibilmente quello di Porta d'Agello),<ref>Anche noto come Torrione Donna Bianca.</ref> dando così l'impulso decisivo alla vittoria dei concittadini.<ref name=Settimo/>
Gli invasori contarono perdite assai più numerose, e furono costretti a ritirarsi dall'[[Italia]] dietro condizioni molto più sfavorevoli di quelle che avevano rifiutato.<ref name=Guicciardini/> Per gratitudine il [[papa Leone X]] esentò Ripa dal pagamento delle imposte per i quindici anni seguenti.<ref name=Perazzoli/>
=== La conquista della sede vescovile (1571) ===
{{vedi anche|Diocesi di Ripatransone|Lucio Sassi|Filippo Sega}}
L'anno [[1571]] rappresenta la seconda maggiore tappa della storia ripana, dopo la conquista dell'autonomia comunale. A seguito di un lungo interessamento di varie personalità ([[Ascanio Condivi]], [[Michelangelo]], [[Annibal Caro]], [[Filippo Neri]]), il 30 luglio [[Pio V]] eresse finalmente il castello in diocesi e gli conferì il titolo di [[Città (Italia)|Città]] vescovile. Il 23 marzo [[1572]] il vescovo [[Lucio Sassi]] prese possesso della chiesa di San Benigno, prima cattedrale ripana.<ref name=Rossi/> Ripa divenne così indipendente dalla [[Arcidiocesi di Fermo|diocesi di Fermo]] e fu sottoposta direttamente alla Santa Sede. Il suo periodo di massimo splendore coincise quindi con i pontificati di Pio V e [[Gregorio XIII]]: la città era inclusa fra i sei maggiori baluardi dello Stato Pontificio, insieme a [[Anzio|Porto d'Anzio]], [[Perugia]], [[Orvieto]], [[Spoleto]] e un ultimo centro non ancora identificato.<ref>Lo testimonia nella [[Rocca Albornoziana (Spoleto)|Rocca Albornoziana]] di Spoleto una serie di affreschi, datati fra il 1572 e il 1575 e affiancati allo stemma di Gregorio XIII, che raffigurano le suddette città.</ref>
{{doppia immagine verticale|right|El Greco 050.jpg|Sisto V Papa.jpg|130|Pio V|Sisto V}}
Ma la crisi era in agguato. Dopo appena un quindicennio, con l'ascesa al soglio pontificio di Felice Peretti, i privilegi ottenuti cessarono di colpo. Infatti [[Sisto V]], originario di Grottammare ma vissuto a [[Montalto delle Marche|Montalto]], non fece altro che favorire la sua città d'adozione a scapito delle vicine. Privilegi furono concessi anche a Fermo, eretta in [[arcidiocesi]] mentre Ripa ne diventava suffraganea. Le fonti concordano nel ritenere che la città ebbe soli danni da questo pontefice, dovendogli unicamente la costruzione di nuove opere difensive giustificata dall'importanza strategica del Propugnacolo.<ref name=Rossi/><ref name=Settimo/>
=== La decadenza del Sei-Settecento ===
Le riforme sistine causarono un indebolimento politico destinato, nel quadro di una complessiva decadenza dello Stato della Chiesa, a influire a lungo sulla storia ripana, ma non furono il solo fattore di crisi. Il [[XVII secolo|Seicento]] si aprì in effetti sotto i peggiori auspici. Una grave crisi agricola, frutto di una pessima gestione del territorio e di disboscamenti che avevano provocato o esteso [[calanchi]] e frane, aveva causato diffusa denutrizione. Non fosse bastato, nel [[1630]] divampò una grave [[pestilenza]] fra Piceno e [[Abruzzo]].<ref name=Settimo/>
Alla [[nobiltà]] e al [[clero]], ai proprietari terrieri che concentravano in sé l'intero potere economico, si contrapponevano una [[borghesia]] assai debole e un ceto popolare sempre più povero e pressato dalle esigenze della stretta sopravvivenza. Anche per questo il XVII secolo vide sorgere e rafforzarsi il sentimento [[religione|religioso]], i pellegrinaggi, il culto dei santi protettori anche locali. [[Sant'Emidio]], patrono di Ascoli, proteggeva dal [[terremoto]]; [[Basso di Nizza|San Basso]], patrono di Cupra, dalle pestilenze.<ref name=Polidori/> Più ancora, la città strinse un intenso legame devozionale con la [[Madonna di Loreto|Vergine di Loreto]], il cui simulacro fu commissionato proprio in questo secolo dalla Confraternita di San Giovanni. La Madonna di San Giovanni fu condotta a Ripa la domenica ''in albis'' del [[1620]] e incoronata il 10 maggio [[1682]].<ref name=Rossi/><ref>La Madonna di San Giovanni è ancora venerata come patrona della Città e Diocesi nella solenne festa dell'[[Ottava di Pasqua|Ottava]].</ref> Fu in questo momento che nacque la tradizione popolare del [[Cavallo di fuoco]].
Anche il XVIII secolo cominciò molto male. Al [[terremoto dell'Aquila del 1703|terremoto del 1703]], che sconvolse [[L'Aquila]] e causò gravi danni anche a Ripa,<ref>Si trattò di una delle tante scosse dello sciame sismico del 1703, con epicentro apparentemente nei [[Sibillini]]. Dai danni di questa scossa fu preservata Ascoli, che vide in ciò un miracolo del suo protettore.</ref> altri infausti eventi si sovrapposero. Si ricordano in particolare la [[carestia]] del [[1716]] e gli attraversamenti di truppe [[Regno di Napoli|napoletane]], spagnole e [[Sacro Romano Impero Germanico|imperiali]] durante le guerre di successione [[guerra di successione polacca|polacca]] e [[guerra di successione austriaca|austriaca]]. Questi passaggi avvennero tra il [[1735]] e il [[1744]] recando molti danni alle campagne picene.<ref name=Polidori/><ref name=Settimo/> La situazione economica era immutata, e ricchezza e carriere (civili ed ecclesiastiche) restavano saldamente in mano a poche famiglie. La città, che ormai viveva essenzialmente di agricoltura, aveva subìto un crollo demografico precipitando a 3.500 abitanti.<ref name=Polidori/> Ogni potere politico sostanziale era venuto meno. La sola conquista ripana nel Settecento fu l'ottenimento da [[Clemente XII]] dell'organo amministrativo del Consiglio di credenza (23 dicembre [[1734]]).<ref name=Rossi/> Il secolo trascorse senza altri avvenimenti di rilievo.
== Età contemporanea ==
=== L'epoca napoleonica ===
[[File:Dep-fr-it.jpg|thumb|left|upright=0.7|L'Italia napoleonica]]
La convulsa storia ripana dei secoli andati, sopita da quasi duecento anni, doveva conoscere un brusco risveglio con la [[Rivoluzione francese]]. Nella cittadina pontificia le notizie d'oltralpe giungevano filtrate dal governo papalino, e soprattutto dai ''preti refrattari'' francesi in fuga, che qui pervennero nel biennio [[1792]]-[[1794]].<ref name=Polidori/><ref name=Settimo/> Ciò alimentò nella popolazione un terrore destinato a crescere a dismisura nell'imminenza della venuta di [[Napoleone|Bonaparte]]. Appena un anno dopo il [[trattato di Tolentino]], infatti, Napoleone occupò la [[Roma|capitale]], istituì la [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana]] ([[1798]]), e vi annesse fra gli altri territori anche il Piceno. Ripatransone entrò a far parte del [[dipartimento del Tronto]] come capoluogo di uno dei 19 cantoni.<ref name=Polidori/><ref name=Rossi/>
La città si divise allora fra il partito apertamente repubblicano della borghesia, da un lato, la nobiltà e il clero, dall'altro. Le classi elevate riconoscevano formalmente il nuovo governo in cambio del mantenimento di molti dei loro privilegi, ma erano pronte ad aizzare il popolo e covavano la riscossa. Il vescovo Bartolomeo Bacher, in particolare, teneva contatti con l'esercito di re [[Ferdinando IV di Napoli|Ferdinando]] tramite il fedele [[Giuseppe Cellini (insorgente)|Giuseppe Cellini]]. Piceno e Abruzzo pullulavano inoltre di bande che già dal maggio 1798 avevano intrapreso la guerriglia antifrancese.<ref name=Polidori/><ref name=Settimo/>
In novembre i napoletani varcarono il Tronto e, forti di un esercito molto più numeroso delle guarnigioni francesi, si fecero strada alla volta di Fermo. La nobiltà ripana si decise allora ad armare il Cellini, che nel frattempo si era impossessato del municipio: egli rivolse di buon grado le mire altrove e corse subito a dar man forte ai borbonici ponendosi a capo di una banda di contadini. Ma la perfetta organizzazione militare francese ebbe la meglio: inflitta all'invasore e agli insorti una sonora sconfitta a [[Torre di Palme]] (28 novembre), i bonapartisti si concessero perfino il lusso di sconfinare, e occuparono [[Civitella del Tronto|Civitella]].<ref name=Polidori/>
La Francia però boccheggiava in una situazione internazionale assai sfavorevole, e le forze antinapoleoniche locali ne approfittarono. Fu così che nelle Marche e in [[Umbria]] venne organizzandosi un vasto movimento, gli [[Insorgenti]], che era composto in buona parte da [[briganti]]<ref name=Polidori/><ref name=Settimo/> e fra i cui massimi capi era proprio il Cellini con il grado (probabilmente autoattribuito)<ref name=Polidori/> di generale. Agli ordini del generale fuoriuscito dell'esercito francese [[Giuseppe Lahoz Ortiz|de la Hoz]], gli Insorgenti ottennero in breve tempo (anche se a caro prezzo, causa la loro disorganizzazione)<ref>Il generale de la Hoz aveva vanamente tentato di istruire alla tattica militare l'esercito irregolare e raccogliticcio. Quando l'impreparazione ostacolò la presa di Ancona, prolungandone per mesi l'assedio, perse ogni pazienza residua e fece arrestare quasi tutti i capi insorgenti, fra cui il Cellini. Ma egli stesso cadde in battaglia pochi giorni dopo (10 ottobre 1799).</ref> il controllo di quasi tutte le Marche ([[1799]]). Ripatransone fu presa violentemente dalle bande abruzzesi dell'ex prete Donato De Donatis. In seguito, al volgere degli eventi ancora in favore dei francesi, la città fu di nuovo sottratta al governo pontificio e annessa al [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]]: si scatenò allora la rappresaglia repubblicana che sfociò nell'arresto, sia pur di breve durata, dello stesso vescovo Bacher.<ref name=Polidori/>
=== Il Risorgimento ===
[[File:Giovanni Gallucci La Battaglia di Castelfidardo palazzo comunale di Castelfidardo.jpg|thumb|upright=0.7|La battaglia di Castelfidardo]]
Dopo la [[Restaurazione]], gli anni di preparazione all'[[Unità d'Italia]] non videro particolari agitazioni in città: al contrario, nel contesto dei [[moti del 1820-1821|moti del 1821]] fu proprio sotto il Propugnacolo che la guardia pontificia sgominò la spedizione di Vincenzo Pannelli (17 febbraio), senza che alcun ripano movesse un dito. Anche i [[moti del 1830-1831|moti del 1831]], che pure ebbero vasto seguito nelle Marche, lasciarono la cittadina picena pressoché indifferente.<ref name=Polidori/>
Di questo stato di cose esisteva un preciso motivo. Gli ex giacobini, in apparenza, avevano stimato più prudente riavvicinarsi al governo costituito, e quando - essendo morto nel [[1813]] monsignor Bacher - fu nominato il nuovo vescovo Michelangelo Calmet, questi trovò una situazione eccezionalmente tranquilla. Il potere centrale però diffidava, e inviò all'uopo un governatore che stilò infatti una lunga lista di [[carboneria|carbonari]] ripani. Il segretario di stato chiese allora una relazione segreta a Calmet e, ricevuto da lui un rapporto che contraddiceva apertamente quello del governatore, nient'affatto convinto lo richiamò a Roma per redarguirlo. Monsignor Calmet ne fu molto provato, e poco dopo - benché i fatti non siano in chiara relazione, essendo egli già di salute malferma - improvvisamente cadde malato e morì (7 agosto [[1817]]), lasciando il posto a due successori più rispondenti alle esigenze di stretto controllo della curia romana.<ref name=Polidori/>
Nondimeno, è certo che anche a Ripatransone esistettero movimenti segreti, e che anzi negli anni [[1831]]-[[1837]] molti ricercati trovarono rifugio in città, in particolare presso il convento dei [[cappuccini]]. Nel 1837 però questa situazione mutò bruscamente, forse per la sostituzione del superiore.<ref name=Polidori/> Perciò, se anche l'avvento di [[Pio IX]] prima e il [[Primavera dei popoli|1848]] poi ravvivarono alcuni entusiasmi, bisognò aspettare l'ultimo momento perché i fermenti risorgimentali esplodessero di prepotenza. Il 19 settembre [[1860]], Ripatransone insorse e si liberò da sola, prima fra le città della provincia e senza aiuti esterni,<ref name=Settimo/> votando l'annessione al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] con un [[plebiscito]] a larghissima maggioranza. Di certo la [[battaglia di Castelfidardo]], sbandando le truppe pontificie, aveva tolto il freno all'entusiasmo della popolazione, spazzato le remore e lasciato intravedere tempi migliori.<ref name=Polidori/>
[[File:Ripatransone-Stemma.png|thumb|upright=0.7|Lo stemma comunale ripano con il [[leone araldico|leone]] [[Attributi araldici di azione#Illeopardito|passante]] [[giglio araldico|gigliato]] sui cinque [[monte (araldica)|colli]] in campo [[rosso (araldica)|rosso]]]]
=== L'Unità d'Italia e il Novecento ===
L'Unità d'Italia però non recò immediati vantaggi. Anzi, il servizio militare obbligatorio produsse un gran numero di renitenti tra i contadini, che spesso finivano imboscati. Molti furono poi rintracciati dai carabinieri e mandati in campo a [[battaglia di Custoza (1866)|Custoza]] ([[1866]]) per trovarvi la morte. Solo dopo la [[presa di Roma]] la vita economica e sociale ripana (e marchigiana in genere) si ridestò, fino a far vivere alla città una nuova giovinezza.
I fattori che più incisero nel rinnovato splendore di Ripatransone, la cui popolazione cresceva incessantemente,<ref>I ripani, dai 5.769 che si contavano nel 1861, divennero 7.232 nel 1901, fino a sfiorare quota novemila (8.998) nel 1951.</ref> furono il nuovo impulso dell'agricoltura e l'investimento nel settore dell'istruzione che ne fece un importante centro di studi. Nel [[1889]] il [[pedagogista]] ripano [[Emidio Consorti]] ottenne infatti l'istituzione del primo corso di lavoro manuale educativo d'Italia. La città possedeva inoltre un efficiente sistema sanitario,<ref name=Polidori/> vedeva - grazie alla costruzione della provinciale Cuprense - migliorati i collegamenti con la costa, e acquistava via via numerosi uffici: il [[mandamento (diritto)|mandamento]], la [[Pretore (ordinamenti moderni)|pretura]], la tenenza dei [[carabinieri]].<ref name=Rossi/>
Fu dopo le due [[guerra mondiale|guerre mondiali]] e il [[ventennio fascista]] che, complice il [[miracolo economico italiano|boom economico]], l'[[emigrazione]] e lo spopolamento delle campagne determinarono un nuovo repentino tracollo demografico. Ripatransone seguì perciò il destino di molte cittadine dell'entroterra, mancando ormai i benefici che questa medesima posizione geografica le assicurava in passato. Le istituzioni stesse andarono in gran parte perdute: dei carabinieri restò una stazione, la curia diocesana fu trasferita a San Benedetto del Tronto, l'ospedale fu declassato in [[residenza sanitaria assistenziale]], la presidenza dell'istituto magistrale (poi liceo pedagogico) venne accorpata a quella dell'istituto per geometri di Grottammare.
Solo dallo scorcio del XX secolo ai primi anni del [[XXI secolo|XXI]], anche grazie al fenomeno dell'[[immigrazione]] dall'estero, il comune non perde più abitanti e intravede prospettive di ripopolamento.
== Cronologia essenziale ==
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[[822]] – Sorgono i castelli di Monte Antico, Capodimonte, Roflano e Agello<br/>
[[827]]-[[835]] – Nella regione infuria la minaccia dei saraceni<br/>
[[1096]] – I quattro castelli sono unificati per volere del vescovo di Fermo<br/>
[[1198]] – Il nuovo castello è completamente edificato e assume il nome di Ripatransone<br/>
[[1199]] – Ripa è espugnata da Marcovaldo di Annweiler<br/>
[[1205]] – Ripa si costituisce in libero comune<br/>
[[1225]] – Fermo e Offida cingono inutilmente d'assedio il castello<br/>
[[1229]] – Il duca Rainaldo di Spoleto concede al comune i castelli di Cossignano, Lameriano, Marano, Massignano, Penna e Sant'Andrea<br/>
8 gennaio [[1346]] – Ascoli e Ripa si alleano<br/>
[[1348]] – Fermo aggredisce i possedimenti ascolani; Ascoli e Ripa reagiscono e sconfiggono Gentile da Mogliano a San Severino<br/>
[[1351]] – L'alleanza libera Osimo, occupata da Gentile<br/>
[[1376]]-[[1389]] – Fermo assedia Ripa inutilmente a più riprese<br/>
[[1434]] – Francesco Sforza ottiene dai ghibellini la consegna spontanea di Ripa alla sua signoria<br/>
[[1442]] – Tolentino insorge contro lo Sforza; i guelfi ripani, capeggiati da Santoro Pucci, assaltano la guarnigione sforzesca e uccidono un ufficiale fermano<br/>
21-23 settembre 1442 – Ripa è espugnata da Francesco Sforza e i soldati fermani la mettono a ferro e fuoco<br/>
18 gennaio [[1445]] – Santoro sbaraglia le truppe sforzesche nella battaglia di Santa Prisca<br/>
[[1461]] – Sigismondo Malatesta viola il Propugnacolo e lo saccheggia violentemente<br/>
[[1484]] – Ascoli e Ripa rinnovano l'alleanza e liberano Monte San Pietrangeli dai fermani<br/>
[[1515]] – Gli spagnoli del capitano Mandríguez saccheggiano Ripa con l'inganno<br/>
16 febbraio [[1521]] – Mandríguez tenta un nuovo assalto al castello, ma i ripani lo respingono incitati da Bianca de Tharolis<br/>
30 luglio [[1571]] – Pio V concede a Ripa la dignità di Città vescovile<br/>
3-7 ottobre 1571 – Il nolano Lucio Sassi è nominato vescovo di Ripatransone e subito dopo viene consacrato<br/>
23 febbraio [[1572]] – Monsignor Sassi prende possesso della cattedrale<br/>
24 maggio [[1589]] – Sisto V erige Fermo in arcidiocesi e rende sua suffraganea la diocesi ripana<br/>
[[1620]] – Il simulacro lauretano della Madonna di San Giovanni viene traslato in città<br/>
[[1630]] – La peste falcia Piceno e Abruzzo<br/>
10 maggio [[1682]] – Il simulacro della Madonna di San Giovanni è incoronato solennemente; per merito di un artificiere di Atri nasce il Cavallo di fuoco<br/>
[[1703]] – Lo sciame sismico del terremoto dell'Aquila provoca seri danni in città<br/>
[[1716]] – Una grave carestia si abbatte sul Piceno<br/>
23 dicembre [[1734]] – Clemente VII concede a Ripa il Consiglio di credenza<br/>
[[1735]]-[[1744]] – Sono in corso le guerre di successione; soldati di vari eserciti portano la devastazione attraversando le campagne ripane<br/>
[[1792]]-[[1794]] – Dalla Francia rivoluzionaria giungono a Ripatransone numerosi ''preti refrattari''<br/>
[[1798]] – Napoleone Bonaparte fonda la Repubblica Romana e le annette il Piceno: Ripatransone è creata capoluogo di cantone nel dipartimento del Tronto<br/>
20 aprile [[1808]] – Ripatransone è riannessa da Napoleone al Regno d'Italia e si conferma capoluogo di cantone del dipartimento del Tronto<br/>
[[1816]]-[[1818]] – Bonaparte è caduto, ma la sede vescovile è vacante dal 1813 per la morte di monsignor Bacher: si alternano i vescovi Calmet, Rainaldi e Ugolini<br/>
[[1831]]-[[1837]] – La città è probabilmente attraversata da moti impercettibili e di difficile ricostruzione: i patrioti ricercati dal 1831 vi si recano a disperdere le proprie tracce<br/>
19 settembre [[1860]] – All'indomani della battaglia di Castelfidardo, Ripatransone si libera del governo pontificio e vota l'annessione al Regno d'Italia<br/>
[[1889]] – Emidio Consorti fonda il suo corso di lavoro manuale educativo; la città è in rapida espansione economica e demografica<br/>
19 giugno [[1944]] – La Liberazione arriva a Ripatransone: i tedeschi sono fuggiti il giorno prima collocando deboli mine che restano inesplose, e le truppe alleate transitano senza difficoltà<br/>
[[1951]] – L'espansione demografica sfiora la punta massima di novemila abitanti<br/>
[[1992]] – Viene fondata la Congrega dell'Ignoranza
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== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
*{{cita libro|nome=Rolando|cognome=Perazzoli|titolo=L'umanista bolognese G. Garzoni e il teologo ripano G. Paci|città=Grottammare|editore=Archeoclub d'Italia|anno=1999}}
*{{cita libro|nome=Rolando|cognome=Perazzoli|titolo=Storie ripane|città=Grottammare|editore=Archeoclub d'Italia|anno=2001}}
*{{cita libro|nome=Adolfo|cognome=Polidori|titolo=Storia di Ripatransone|città=Fermo|editore=La Rapida|anno=1974}}
*{{cita libro|nome=Alfredo|cognome=Rossi|titolo=Vicende ripane|città=Centobuchi|editore=Amministrazione comunale di Ripatransone|anno=2002}}
*{{cita libro|nome=Giorgio|cognome=Settimo|titolo=Profilo storico di Ripatransone|città=Ascoli Piceno|anno=1979}}
*{{cita libro|nome=Luigi Antonio|cognome=Vicione|titolo=Sull'esistenza di Ripa o Ripatransone prima dell'anno MCXCVIII|città=San Benedetto del Tronto-Martinsicuro|editore=Laberinto|anno=1982|annooriginale=Fermo, 1827}}
*{{cita libro|nome=Luigi Antonio|cognome=Vicione|titolo=Ripatransone sorta dalle rovine di Castello Etrusco|città=San Benedetto del Tronto-Martinsicuro|editore=Laberinto|anno=1982|annooriginale=Fermo, 1828}}
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[[Categoria:
[[Categoria:Storia d'Italia per città|Ripatransone]]
[[Categoria:Storia delle Marche]]
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