[[File:Africa proconsularis SPQR.png|upright=1.4|thumb|La provincia d'Africa nell'Impero romano intorno al 120]]
{{coord|41.902734|12.489004||display=title}}
Questa è la lista dei '''[[Governatore provinciale romano|governatori romani]] conosciuti della [[Africa (provincia romana)|provincia dell'Africa proconsolare]]''', localizzata nei moderni stati di [[Algeria]], [[Tunisia]] e [[Libia]].
[[File:Via Rasella (insieme).JPG|thumb|260px|Via Rasella (aprile 2007). La via si trova nel pieno centro storico di [[Roma]], nel [[Trevi (rione di Roma)|rione Trevi]]; congiunge la via delle Quattro Fontane (a fianco a [[palazzo Barberini]]) con la via del Traforo, e prende il nome "''dalla proprietà che ivi esisteva della famiglia Raselli''"<ref>Fonte: [http://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=9240 Servizio Topografico online] del Comune di Roma</ref>]]
Il [[23 marzo]] [[1944]] in '''via Rasella''' a [[Roma]] alcuni [[partigiani]] dei [[Gruppi di Azione Patriottica]] attaccarono un [[unità militare terrestre|reparto]] delle [[occupazione tedesca di Roma|truppe di occupazione tedesche]], lo [[SS-Polizei-Regiment Bozen]].
== La provincia d'Africa ==
Tale azione si svolse nell'ambito della [[Resistenza italiana|lotta di liberazione nazionale]] condotta contro il [[nazifascismo]]<ref>È questa la lettura più diffusa in ambito storiografico a livello internazionale. Dopo la sua esecuzione, e per via delle dimensioni della susseguente strage delle Ardeatine, l'azione è stata oggetto di polemiche e controversie anche aspre di natura politica e di conseguenti opinioni critiche a livello storiografico, con molteplici riflessi nell'ambito giudiziario italiano che, nelle sue massime istanze, ha più volte definito l'episodio una "legittima azione di guerra". Per una panoramica delle sentenze, vedere il [[Fatti_di_via_Rasella#Riepilogo_delle_sentenze|riepilogo dedicato]].</ref>. L'attacco fu sferrato contro un reparto di [[Ordnungspolizei|polizia militare tedesca]] (dipendente dal comando delle [[SS]]<ref>Al momento dell'attacco il reparto era a disposizione del comando militare tedesco della città di Roma.</ref>), e causò 42 morti (37 soldati tedeschi e 5 civili italiani)<ref>Dei circa 160 uomini dell'11<sup>a</sup> compagnia del 3<sup>a</sup> battaglione dell'[[SS-Polizei-Regiment Bozen]] (unità della [[Ordnungspolizei]] dipendente dalle [[SS]]), oggetto dell'attacco, oltre venti caddero sul posto e parecchie decine rimasero feriti, alcuni gravemente: il bilancio si fissò a trentadue morti entro la serata, un trentatreesimo morì nella tarda mattinata del 24 marzo. Altri nove morirono successivamente, con un bilancio totale di 42 caduti. Nell'immediatezza dell'azione morirono almeno due civili italiani, il tredicenne Pietro Zuccheretti e un uomo mai identificato con certezza. Durante la sparatorie successive, caddero sotto il fuoco tedesco almeno altri tre civili, Antonio Chiaretti (48 anni, da alcune fonti ritenuto il non identificato di cui sopra), Pasquale Di Marco (34 anni) e Annetta Baglioni (66 anni), mentre 11 rimasero feriti. Il poliziotto italiano Erminio Rossetti, l'autista che aveva accompagnato il questore fascista [[Pietro Caruso]] sul posto, fu ucciso dai tedeschi perché scambiato per un partigiano: era sceso in borghese, e pistola in pugno dall'auto di servizio. L'[[Agenzia Stefani]], il 26 marzo, riportò in tutto sette morti italiani, indicandoli come "quasi tutti donne e bambini", ed attribuendoli interamente ai "comunisti badogliani", tesi rilanciata ancor oggi dalla pubblicistica e dalla stampa di destra. Tutti e dodici i gappisti protagonisti dell'attentato restarono illesi e sfuggirono all'arresto. (Fonti: * Alessandro Portelli, ''L'ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria'', Donzelli Editore, Roma, 2005, ISBN 88-7989-793-4, p. 191 per i due civili morti nell'immediatezza dell'azione; p. 192 per Di Marco, Baglioni ed i feriti civili; p. 194 per Chiaretti, l'autista di Caruso, i sette morti italiani; p. 198 per l'identificazione del reparto del Bozen; p. 411 per la Stefani e polemiche successive. * Robert Katz, ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944'', Il Saggiatore, Milano, 2003, ISBN 88-428-1122-X, p. 240 per la dipendenza dalle SS, p. 241 per il numero dei tedeschi; p. 252 per il numero di gappisti; p. 260 per i tedeschi caduti sul colpo e la stima dei feriti invalidati, 60% della compagnia distrutta; p. 283 per il trentatreesimo caduto tedesco; p. 441 per il nome di Rossetti ed i feriti civili, tra i quali "un passante". * Cassazione - Sezione I Penale sent. n. 1560/99, par. IV, num. 6, lett. a, per il numero totale di caduti tedeschi. * Lutz Klinkhammer, ''Stragi Naziste in Italia 1943-44'', Roma, Donzelli Editore, 2006. ISBN 88-6036-054-4, p. 12 per l'appartenenza alla Ordnungspolizei.)</ref><ref>La ricostruzione esatta del numero dei caduti italiani, della loro identità e delle cause esatte della morte di ciascuno di essi, è resa estremamente difficile dalla mancanza di una reale indagine sui fatti, che non risulta essere stata condotta, all'epoca nella quale essi si svolsero, da nessuna autorità, fascista repubblicana o tedesca, e dalla non totale coincidenza nei dati forniti dalle fonti consultate, pur tra le più autorevoli disponibili in materia.</ref>. Seguì l'efferata rappresaglia consumata alle [[eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]].
{{Vedi anche|Africa proconsolare}}
Divenne provincia romana nel [[146 a.C.]] al termine della [[terza guerra punica]]. Un secolo più tardi, nel [[46 a.C.]], dopo la [[battaglia di Tapso]], Cesare riorganizzò i territori africani ed il regno della Numidia orientale divenne invece una nuova provincia: l''''Africa Nova'''. Per contrasto, i territori che già in precedenza costituivano la provincia d'Africa presero allora il nome di '''Africa Veto''' ("Africa vecchia").<ref name="Rinaldi Tufi378">S.Rinaldi Tufi, ''Archeologia delle province romane'', Roma 2007, p.378.</ref>
== Il contesto storico ==
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-310-0880-38, Italien, Rom, Tiger I vor Vittoriano.jpg|thumb|Carro armato tedesco [[Panzer VI Tiger I|Tiger I]] di fronte all'[[Altare della Patria]], febbraio 1944]]
Dopo la [[battaglia di Azio]] ([[31 a.C.]]) [[Gaio Giulio Cesare Ottaviano|Ottaviano]] riorganizzò le province nel [[27 a.C.]]: le due province dell'''Africa Veto'' e ''Nova'' vennero unificate e classificate come [[provincia senatoria]], retta da un [[proconsole]], con il nome di '''Africa Proconsolare''' (''Africa Proconsolearis'').<ref name="Rinaldi Tufi378"/> Tra il [[37]] e il [[41]], l'imperatore [[Caligola]] sottrasse al governatore il comeo della legione, che venne affidato ad un ''[[legato legionis]]'' imperiale, nominato direttamente dall'imperatore.<ref name="Rinaldi Tufi378"/><ref name="TacitoHist4,48">[[Tacito]], ''[[Historiae (Tacito)|Historiae]]'', IV, 48.</ref><ref name="Dione59,20,7">[[Cassio Dione Cocceiano]], ''[[Storia romana (Cassio Dione)|Storia romana]]'', LIX, 20, 7.</ref> Con [[Settimio Severo]] (nel [[193]]), la Numidia venne separata dall'[[Africa Proconsolare]], e governata da un procuratore imperiale.<ref name="Rinaldi Tufi378"/><ref name="AE1911,107">{{AE|1911|107}}.</ref>
L'attacco di via Rasella e l'[[eccidio delle fosse Ardeatine]] sono due degli episodi più drammatici e sanguinosi dell'[[occupazione tedesca di Roma]], della quale si fornisce qui un breve inquadramento storico.
Sotto [[Diocleziano]] l'amministrazione provinciale venne riformata e la provincia dell'Africa proconsolare venne suddivisa nelle nuove province di '''Proconsolare Zeugitana''' (''Proconsolearis Zeugitana'') e di '''Valeria Bizacena''' (''Valeria Byzacena''), che entrarono a far parte della [[Africa (diocesi)|diocesi d'Africa]] nella [[Prefettura del pretorio d'Italia]] (''Italiae''), mentre la Numidia divenne una delle sette province della [[diocesi]] d'Africa, e fu divisa in '''Numidia Cirtensis''' e '''Numidia Militiana''' (queste ultime due riunite in un'unica provincia, al tempo di [[Costantino I]]).<ref name="Rinaldi Tufi378"/> Con la divisione dell'impero dopo la morte di [[Teodosio I]] nel [[395]], dalla provincia di Valeria Bizacena si distaccò ancora la nuova provincia della '''Tripolitania''' e le tre province fecero parte dell'[[Impero romano d'Occidente]].
Con l'armistizio dell'[[8 settembre]] [[1943]] e la [[fuga del re Vittorio Emanuele III|fuga del re e del governo]], Roma divenne teatro di una battaglia contro i tedeschi, cui era indispensabile il possesso delle sue strade e dei ponti sul [[Tevere]] per arrestare l'avanzata alleata incedente da Sud.<ref>Dalla sera dell'8 settembre fino al pomeriggio del 10 le truppe di due divisioni tedesche rinforzate tentarono di impadronirsi della città.</ref> Nei [[Mancata difesa di Roma|combattimenti]] di quei giorni<ref>Sostenuti da unità e reparti del Corpo d'Armata Motocorazzato e della Difesa Capitale, cui si unirono anche manipoli di privati cittadini</ref> caddero 1.167 militari e oltre 120 civili italiani<ref>[http://www.comune.roma.it/was/repository/ContentManagement/information/P688806412/8%20settembre%20cenni%20storici.pdf Cenni Storici sull'8 settembre a Roma dal sito ufficiale del comune di Roma]</ref>. Pesanti perdite soffrirono anche i tedeschi, che però si impadronirono in breve della capitale<ref>Il rischio non accettabile da parte tedesca di vedere le proprie forze assorbite a lungo nella battaglia per Roma, anziché essere libere di trasferirsi rapidamente verso la [[Operazione Avalanche|testa di ponte alleata a Salerno]] fu evitato abilmente dai tedeschi intavolando trattative con le autorità militari italiane ed approfittando del caos al loro interno determinato dall'abbandono dei posti di comando da parte di gran parte dei politici e dei generali, seguite da un ingannevole accordo di "pacifica coabitazione", presto tradito con la completa occupazione della capitale da parte delle forze naziste. Per la questione della difesa di Roma si vedano [[Albert Kesselring]], ''Soldato fino all’ultimo giorno'', LEG, Gorizia, 2007; Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico, ''Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943'', Roma; [[Gioacchino Solinas]], ''I granatieri di Sardegna nella difesa di Roma'', E.F.C.; [[Giorgio Pisanò]], ''Storia della Guerra civile in Italia'', CED; [[Ugo Cavallero]], ''Comando Supremo'', Cappelli, 1948; [[Ruggero Zangrandi]], ''L' Italia tradita. 8 settembre 1943'', Mursia, 1971</ref>.
Roma passò nominalmente sotto il governo della [[Repubblica Sociale Italiana]], costituito il [[23 settembre]] [[1943]], ma di fatto era nelle mani delle autorità militari tedesche<ref>Che intendevano in questo modo sfruttarne in pieno politicamente e militarmente il grande valore</ref>. Il clima politico e i sentimenti della popolazione si orientarono in direzione antifascista ed antinazista<ref>Nonostante il Fascio repubblicano costituito nella capitale fosse stato uno dei più importanti numericamente (Cfr. [[Giorgio Pisanò]], ''Storia della Guerra civile in Italia'', cit.), esso rappresentò l'unico centro di raccolta dei pochi fascisti della capitale. Un segno di scollamento della città dal fascismo e dello strapotere tedesco è stato rilevato nel maggior tasso di [[renitenza alla leva]] registrato a Roma rispetto al resto della RSI. I tedeschi tentarono infatti a più riprese di sabotare ogni tentativo fascista di ricostituire forze armate autonome, preferendo gestire autonomamente le risorse umane italiane attraverso retate di uomini atti al lavoro da inviare a elevare fortificazioni sui fronti di Anzio e Cassino , in Germania o, nell'[[Organizzazione Todt]], anche in Alta Italia. Cfr. R. De Felice, ''Rosso e Nero'', a cura di P. Chessa, Baldini&Castoldi, Milano, 1995, pag. 60, e ''Mussolini l'alleato'', tomo II, Einaudi; Giorgio Pisanò, ''Storia della Guerra civile in Italia'', cit.. La renitenza alla leva era superiore del 15-20% alla media, mentre, secondo i dati dei Servizi segreti USA, solo il 2% dei cittadini romani si presentava spontaneamente alle chiamate al lavoro o alle armi imposte dai comandi del [[Terzo Reich|Reich]] (Cfr.Umberto Gentiloni Silveri, Maddalena Carli, "Bombardare Roma - Gli Alleati e la «città aperta» (1940-1944)", Il Mulino, Biblioteca storica, Bologna, 2007, ISBN 978-88-15-11546-1, pag. 13).</ref>.
{| class="wikitable" style="width:99%;margin:auto;clear:both;"
La città era stretta fra l'offesa dal cielo da parte alleata<ref>Concentrata soprattutto sulle vie d'accesso periferiche, in particolare le Vie Consolari</ref>, e l'oppressione dell'occupante germanico e fascista. Fin dall'armistizio si erano formati gruppi antifascisti armati<ref>Secondo Gioacchino Solinas le armi furono fatte distribuire dal generale Carboni direttamente il 9 e 10 settembre a nuclei comunisti. Cfr. Solinas, ''I granatieri ...", cit.</ref>, in particolare quelli di ispirazione troskista ("[[Bandiera Rossa Roma|Bandiera Rossa]]") e militare ("Centro X") agli ordini del [[Alfeo Brandimarte|maggiore Brandimarte]] e del colonnello [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo|Montezemolo]]. La città inoltre era un crocevia per tutte le principali organizzazioni di spionaggio dei belligeranti.<ref>Sulla "guerra segreta" condotta a Roma e dai contorni tutt'ora oggetto di studio, vedere [[Peter Tompkins]], ''L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista'', Il Saggiatore - 2005</ref>.
! bgcolor="lightgrey" colspan=9 font-size=200%| EVOLUZIONE DELLA PROVINCIA D'AFRICA E NUMIDIA
|-
| bgcolor="lightgrey" | prima della conquista romana
| [[Cartagine]]
| colspan=2 | [[Regno di Numidia|Numidia]] orientale ([[Massili]])
| colspan=2| Numidia occidentale ([[Massesili]])
|-
| bgcolor="lightgrey" | dal [[146 a.C.]]
| bgcolor="#FFDEAD" | '''Africa'''
| colspan=4 | Numidia
|-
| bgcolor="lightgrey" | dal [[105 a.C.]]
| bgcolor="#FFDEAD" | Africa (con annesse parti della Numidia)
| colspan=2 | Numidia orientale
| colspan=2 | Numidia occidentale
|-
| bgcolor="lightgrey" | dal [[45 a.C.]]
| bgcolor="#FFDEAD" | '''Africa Veto'''
| bgcolor="#FFDEAD" colspan=2 | '''Africa Nova''' (ex Numidia orientale)
| Numidia occidentale
|''IV Coloniae Cirtensium''
|-
| bgcolor="lightgrey" | dal [[27 a.C.]]
| colspan=5 bgcolor="#FFDEAD" | '''Africa Proconsolare'''
|-
| bgcolor="lightgrey" | dal [[193]]<ref name="AE1911,107"/>
| colspan=3 bgcolor="#FFDEAD" | Africa Proconsolare
| bgcolor="#FFDEAD" colspan=2| '''Numidia'''
|-
| bgcolor="lightgrey" | con la [[tetrarchia|riforma]] di [[Diocleziano]]
| bgcolor="#FFDEAD" | Africa '''Proconsolare Zeugitana'''
| bgcolor="#FFDEAD" colspan=2 |Africa '''Valeria Bizacena'''
| bgcolor="#FFDEAD" | '''Numidia Miliziana'''
| bgcolor="#FFDEAD" | '''Numidia Cirtense'''
|-
| bgcolor="lightgrey" | al momento della divisione dell'impero nel [[395]]
| bgcolor="#FFDEAD" | Africa Proconsolare Zeugitana
| bgcolor="#FFDEAD" | Africa Bizacena
| bgcolor="#FFDEAD" | Africa '''Tripolitana'''
| bgcolor="#FFDEAD" colspan=2 | Numidia
|}
== Lista dei governatori ==
I tedeschi, ben consci del valore politico di Roma, con la presenza del [[Città del Vaticano|Vaticano]], tentarono di far fruttare propagandisticamente la pur solo formale e mai riconosciuta dichiarazione di "città aperta"<ref>Il governo [[Pietro Badoglio|Badoglio]] dichiarò unilateralmente Roma "città aperta" trenta ore dopo il secondo bombardamento alleato della capitale, il [[13 agosto]] [[1943]] (Cfr. Giorgio Bonacina, ''Obiettivo Italia - I bombardamenti aerei delle città italiane dal 1940 al 1945'', Mursia, 1970, pag. 236.). L'attacco, eseguito da bombardieri [[Stati Uniti d'America|statunitensi]], aveva causato danni forse ancora maggiori del primo, che l'aveva colpita il [[19 luglio]] (bombardamento di [[San Lorenzo (zona di Roma)|San Lorenzo]]): nei due bombardamenti morirono oltre 2.000 civili innocenti e parecchie altre migliaia rimasero feriti, senza casa e lavoro. In città venivano così a mancare servizi essenziali, mentre la fame si diffondeva e la capitale si faceva invivibile. Gli [[Alleati]] avevano già dichiarato, prima ancora del "25 luglio", che una eventuale dichiarazione di "città aperta" del governo italiano - ove non accompagnata da smilitarizzazione con possibilità di verifica da parte di osservatori neutrali - non avrebbe avuto alcun valore. ("Roma potrebbe venire considerata una città aperta soltanto nel caso in cui l'esercito, le installazioni militari, gli armamenti e le industrie di guerra venissero rimossi [...] Qualora il regime fascista decidesse di salvare Roma facendone una città aperta, dovrebbe rilasciare una precisa dichiarazione in modo da consentire agli Alleati, agendo attraverso rappresentanti neutrali,di determinare quando la necessaria smilitarizzazione abbia avuto luogo", H. Callender, ''Open City Status by Rome Doubted. Washington feels. Capital is Too important for Axis to Demilitarize it. Rail Lines Called Vital. Vast Shifting of Italian War Plants Involved - Sicilian Resistence Expected'', in "The New York Times del 21 luglio 1943, citato (pag. 31) in Umberto Gentiloni Silveri, Maddalena Carli, "Bombardare Roma - Gli Alleati e la «città aperta» (1940-1944) - Il Mulino - Biblioteca storica, Bologna, 2007, ISBN 978-88-15-11546-1); dopo i grandi bombardamenti dell'estate 1943, la città fu nuovamente bombardata altre 51 volte, sino alla liberazione il [[4 giugno]] [[1944]] (cfr. Cesare De Simone, "Venti Angeli sopra Roma - I bombardamenti aerei sulla Città Eterna 19 luglio e 13 agosto 1943", Mursia, Milano, 1993, ISBN 88-425-1450-0, pag. 310)</ref> emessa da quel governo (Badoglio) che, dall'ottobre 1943, era in guerra contro di loro. Allo scopo, fu evitata un'intensa militarizzazione, facendo passare il grosso dei rifornimenti destinati al fronte ai margini dell'Urbe<ref>Di fondamentale importanza fu per questo il ponte della [[Magliana]] (oggi non più esistente), all'altezza della "collina dell'Esposizione", oggi [[Europa (quartiere di Roma)|EUR]], che univa la consolare [[via Aurelia]] - tramite la strada di [[Ponte Galeria]] - all'Appia e alla [[via Casilina]] tramite le vie suburbane del [[Divino Amore]] e della [[via Laurentina]]</ref>, mantenendo all'interno della cerchia cittadina reparti di polizia, [[polizia militare]] (''[[Feldgendarmerie]]'') e SS-Polizei (Abt. IV e VI), nonché truppe di comando e servizi.
=== Epoca repubblicana ===
{{Vedi anche|Repubblica romana}}
Se non diversamente specificato, i nomi dei governatori d'Africa e le loro date sono prese dall'elenco di T.R.S. Broughton:<ref>T.R.S. Broughton, ''The Magistrates of the Roman Republic'', New York, in ''American Philological Association'', New York 1951-1952, vol. 1,2 (1952).</ref>
Lo [[Operazione Shingle|sbarco di Anzio]] cambiò il quadro tattico; il [[22 gennaio]] 1944, l'intera [[provincia di Roma]] fu dichiarata "zona di operazioni"<ref>Sotto la responsabilità del generale [[Eberhard von Mackensen|von Mackensen]], comandante della 14ª Armata, reduce dal fronte russo. Alle sue dipendenze era il comandante della piazza di Roma, tenente generale della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]] [[Kurt Mältzer]]. Kesselring, comandante del fronte meridionale, considera i due incapaci della «durezza brutale, forse anche ingiusta, ma necessaria nel quinto anno di guerra». Cfr. Joachim Staron, ''Fosse Ardeatine e Marzabotto. Storia e memoria di due stragi tedesche'', Il Mulino, Bologna, 2007, pag. 36.</ref> e capo della [[Gestapo]] di Roma, gestore dell'[[ordine pubblico]], divenne l'ufficiale delle [[SS]] [[Herbert Kappler]]<ref>[[Gianni Oliva]], "L'ombra nera: le stragi nazifasciste che non ricordiamo più", Mondadori, Milano, 2007, ISBN 978-88-04-56788-3, pag. 117</ref><ref>Già protagonista nella capitale della pianificazione della liberazione di [[Benito Mussolini]], della razzia del [[Ghetto di Roma|ghetto]] ebraico e della successiva deportazione, il [[15 ottobre]] [[1943]] di 1.023 ebrei romani verso i [[Campi di sterminio]]</ref>. Kappler pianificò frequenti rastrellamenti, arrestò numerosi sospetti antifascisti, organizzò in [[Carcere di via Tasso|Via Tasso]] un centro di detenzione e tortura, creò nella città un clima di terrore. Nonostante ciò i [[Gruppi di azione patriottica|GAP]], formati per la maggior parte da partigiani del partito comunista, attaccarono i tedeschi numerose volte<ref>Di rilievo tra le altre l'azione del [[19 dicembre]] 1943, quando penetrarono in zona di alta sicurezza e fecero esplodere ordigni contro l'Hotel Flora, sede del Tribunale Militare germanico.</ref>. Le forze di polizia tedesche, italiane e le "bande"<ref>O "polizie private", formate da personale italiano ma al comando esclusivo dei tedeschi</ref>, reagirono lanciando in fasi successive una campagna di rastrellamento della città, talora violando le [[extraterritorialità]] vaticane in cui avevano trovato ospitalità centinaia di esponenti dell'antifascismo ed ebrei. Furono decapitate le formazioni partigiane romane, in particolare "Bandiera Rossa" e il "[[Fronte Militare Clandestino]]", i cui esponenti<ref>Primo fra tutti il colonnello [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo|Montezemolo]], catturato il 10 gennaio 1944</ref>, furono rinchiusi in diverse prigioni.
Le iscrizioni del periodo repubblicano sono meno comuni rispetto a quelle del periodo imperiale, tanto che i nomi dei governatori sono per lo più ricordati dalla storiografia antica o dai ''[[fasti triumphales]]''. Dopo la [[terza guerra punica|fine di Cartagine]] del [[146 a.C.]], non sono ricordati magistrati o pro-magistrati nella nuova provincia fino alla [[guerra giugurtina]] (112–105 a.C.), quando al termine della guerra venne affidato ad un consolare.
Dopo tali operazioni, i [[Gruppi di azione patriottica|GAP]]<ref>Anche se raccoglievano intellettuali, giovani e studenti {{cn|precedentemente non politicizzati}}, i GAP, nel giugno successivo {{cn|formalmente inquadrati entro il [[Corpo Volontari della Libertà|CVL]] e sotto il controllo politico del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]]}}, erano una formazione militare del Partito Comunista che, sin dagli ultimi mesi del 1943, li aveva organizzati in una efficiente struttura militare clandestina a Roma, dividendo la città in otto settori, ciascuno dei quali affidato ad un [[Gruppi di azione patriottica|Gruppo di Azione Patriottica]]</ref> rimasero l'unica formazione del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CNL]] ad avere ancora capacità operative a Roma e, continuando la guerra parallela e coordinata con lo sforzo alleato, intensificarono i propri sforzi per attaccare militarmente l'occupante. I due comandanti dei GAP centrali, dai quali dipendeva la rete clandestina, [[Franco Calamandrei]] detto "Cola" e [[Carlo Salinari]] detto "Spartaco", ebbero così un ruolo decisivo nella preparazione dell'attacco che si decise di condurre a via Rasella contro un numeroso reparto tedesco.
Durante le [[Guerra civile romana|guerre civili degli anni '80 e '40 a.C.]], vi è difficoltà a definire quali siano i governatori legittimi dal solo titolo militare, come rivali di opposte fazioni che erano obbligati a far uso della forza.
{| class="wikitable" style="width:99%;margin:auto;clear:both;"
== Ordine di operazione ==
! bgcolor="lightgrey" colspan=7 font-size=200%| Lista dei [[Governatore provinciale romano|Governatori romani]] dell'[[Africa proconsolare]]
[[File:Granatieri a Porta san Paolo 1943.jpg|right|thumb|320px|[[10 settembre]] [[1943]]: I [[Granatieri di Sardegna]] cercano di contrastare i soldati tedeschi presso [[porta San Paolo]]]]
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">'''Anno'''</div>
| colspan=6 bgcolor="#FFDEAD" | <div align="center">'''[[Africa proconsolare]]'''</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[146 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Scipione Emiliano|P. Cornelio Scipione Africano Emiliano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[111 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Calpurnio Bestia]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[110 a.C.|110]]-[[109 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Spurio Postumio Albino (console 110 a.C.)|Spurio Postumio Albino]]<ref>Continuò il mandato fino all'arrivo di Metello.</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[109 a.C.|109]]-[[107 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Cecilio Metello Numidico]]<ref>Continua come proconsole fino all’arrivo del suo successore [[Gaio Mario]], il quale prefer evitare di incontrarlo queo ci fu il trasferimento del comeo. Trionfò sui Numidi nel [[106 a.C.]] e ricevette il ''[[cognomina ex virtute|cognomen]]'' di Numidico da quel momento.</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[107 a.C.|107]]-[[105 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Mario]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[105 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cornelio Silla]]<ref>Delegato al commeo di ''pro praetore'' queo Mario tornò a Roma.</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[88 a.C.|88]]-[[87 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Sestilio]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[86 a.C.|86]]-[[84 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Cecilio Metello Pio]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[84 a.C.|84]]-[[82 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Fabio Adriano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[82 a.C.|82]]-[[79 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gneo Pompeo Magno]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[77 a.C.|77]]-[[75 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Licinio Lucullo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[69 a.C.]] o prima</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Aulo Manlio Torquato]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[67 a.C.|67]]-[[66 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Sergio Catilina]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[62 a.C.|62]]-[[59 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Pompeo (pretore 63 a.C.)|Q. Pompeio Rufo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[58 a.C.|58]]-[[57 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Vettio Sabino]]?</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[56 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Valerio Orca]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[52 a.C.]] e forse prima</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Attio Varo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[51 a.C.|51]]-[[50 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Considio Longo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[49 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Elio Tuberone]]<ref>Potrebbe non aver mai assunto la carica.</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[49 a.C.|49]]-[[48 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Attio Varo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[47 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Cecilio Metello Pio Scipione Nasica]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[47 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Porcio Catone Uticense]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[46 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Caninio Rebilo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[45 a.C.|45]]-[[44 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Calvisio Sabino (console 39 a.C.)|C. Calvisio Sabino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[45 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Sallustio Crispo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Anno</div>
| colspan=3 bgcolor="#FFDEAD" | <div align="center">[[Africa Vetus]]</div>
| colspan=3 bgcolor="#FFDEAD" | <div align="center">[[Africa Nova]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[44 a.C.|44]]-[[42 a.C.]]</div>
| colspan=3 | <div align="center">[[Quinto Cornificio]]</div>
| colspan=3 | <div align="center">[[Tito Sesto]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[42 a.C.|42]]-[[40 a.C.]]</div>
| colspan=3 | <div align="center">[[Gaio Fuficio Fango]]</div>
| colspan=3 | <div align="center">[[Tito Sesto]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[40 a.C.|40]]-[[36 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Emilio Lepido]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[35 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Statilio Tauro]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[34 a.C.|34]]-[[32 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cornificio]]</div>
|}
=== Epoca imperiale ===
[[Giorgio Amendola]]<ref>Giorgio era figlio di [[Giovanni Amendola]], preminente esponente politico liberaldemocratico ed irriducibile oppositore del fascismo, massacrato dagli [[squadrismo|squadristi fascisti]] nel [[1926]]</ref> rappresentante del [[Partito Comunista Italiano]] presso la giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale]] (CLN), dichiarò di aver ideato l'azione partigiana<ref name="amendola">[http://www.larchivio.org/xoom/rasellaamendola.htm ''Lettera di Giorgio Amendola a Leone Cattani sulle vicende di via Rasella''], pubblicata sul sito dell'Associazione Italiana Autori Scrittori Artisti "L'ARCHIVIO".</ref>. Gli altri membri della giunta, [[Riccardo Bauer]] ([[Partito d'Azione|PdA]]), [[Manlio Brosio]] ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]), [[Mario Cevolotto]] ([[Democrazia del Lavoro|DL]]), [[Sandro Pertini]] ([[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]]) e [[Giuseppe Spataro]] ([[Democrazia Cristiana|DC]]), non furono informati preventivamente del piano, come da consuetudine e per «ragioni di sicurezza cospirativa», secondo quanto dichiarato dallo stesso Amendola.
{{Vedi anche|Impero romano}}
==== Alto impero ====
Nel dopoguerra Amendola dichiarò inoltre<ref name="amendola"/> di aver scelto personalmente l'SS-Polizei-Regiment Bozen come obiettivo, avendo notato la quotidiana puntualità del reggimento nel passare per via Rasella di ritorno dalle esercitazioni di addestramento a piazzale Flaminio<ref>Giorgio Amendola, lettera a [[Leone Cattani]]: «''Dell'attentato di Via Rasella mi sono assunto – in diverse sedi – piena e personale responsabilità, non solo come comandante delle [[Brigate Garibaldi]] per Roma e per l'Italia centrale, e come tale membro della Giunta militare del C.L.N., ma perché fui io personalmente che, andando più volte in [[Piazza di Spagna]], in casa di [[Sergio Amidei]] – dove c'era in quel momento la sede clandestina della redazione de "[[l'Unità]]" – ebbi occasione di vedere passare ogni pomeriggio un reparto di gendarmeria tedesca in pieno assetto di guerra, ciò che era aperta e provocatoria violazione dello statuto di città aperta. Avevo segnalato perciò al comando dei GAP questo reparto perché fosse oggetto di un attacco, lasciando poi – come sempre avveniva – al comando assoluta libertà d'iniziativa, e di preparare l'operazione con le modalità ritenute più opportune.''»</ref>. Successivamente fu dato ordine al comando dei [[Gruppi di Azione Patriottica]], formazioni partigiane direttamente ed esclusivamente dipendenti dal PCI,<ref>Santo Peli, ''La Resistenza in Italia. Storia e critica'', Einaudi, 2004, p. 44 e 250.</ref> di progettare l'attentato nei particolari operativi<ref>. Giorgio Amendola intervistato da [[Gianni Bisiach]] in [[Gianni Bisiach]], ''Pertini racconta'', Milano, Mondadori, 1983, p. 130: «''L'azione di via Rasella nacque perché sostando parecchie ore in piazza di Spagna, mi accorsi che ogni giorno il plotone tedesco della formazione Bozen passava alla stessa ora, con precisione teutonica. Passava cantando, quasi a sottolineare la sicurezza delle forze d'occupazione. Come comandante delle Brigate Garibaldi, decisi che fosse questo plotone l'obiettivo di una azione di carattere anche politico. Diedi al comando dei GAP l'ordine di eseguire l'attacco. Non entrai nei particolari per ragioni cospirative: spettava a loro scegliere il giorno e l'ora. Mi limitai a dare le disposizioni generali e a indicare anche il punto dell'esplosione: via Rasella.''»</ref>
{{Vedi anche|Alto Impero romano}}
{| class="wikitable" style="width:99%;margin:auto;clear:both;"
== Circostanze degli eventi ==
! bgcolor="lightgrey" colspan=7 font-size=200%| Lista dei [[Governatore provinciale romano|Governatori romani]] dell'[[Africa proconsolare]]
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-476-2072-03, Rom, Engelsburg, Zugkraftwagen mit Flak.jpg|thumb|[[1944]]: [[Artiglieria]] antiaerea tedesca nei pressi di [[Castel Sant'Angelo]], nel pieno centro di Roma. I tedeschi avevano all'epoca più volte falsamente affermato che la città fosse indifesa.]]
|-
La data scelta per l'attacco, il [[23 marzo]] [[1944]], fu scelta non casualmente onde farla coincidere con il XXV anniversario della fondazione dei [[Fasci Italiani di Combattimento]].
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">'''Anno'''</div>
| colspan=6 bgcolor="#FFDEAD" | <div align="center">'''[[Africa proconsolare]]'''</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[29 a.C.|29]]/[[28 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Autronio Peto]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[25 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Acilio Glabrione (console 33 a.C.)|Marco Acilio Glabrione]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[21 a.C.|21]]/[[20 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Sempronio Atratino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[20 a.C.|20]]/[[19 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cornelio Balbo (minore)|Lucio Cornelio Balbo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[14 a.C.|14]]/[[13 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Senzio Saturnino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[13 a.C.|13]]/[[12 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Domizio Enobarbo (console 16 a.C.)|Lucio Domitio Enobarbo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[9 a.C.|9]]/[[8 a.C.]]-[[4 a.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Quintilio Varo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[5]]/[[6|6 d.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Cosso Cornelio Lentulo (console 1 a.C.)|Cosso Cornelio Lentulo Gaetulico]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[8|8 d.C.]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Caninio Gallo (console 2 a.C.)|Lucio Caninio Gallo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[14]]-[[15]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Nonio Asprenate (console 6)|Lucio Nonio Asprenate]]<ref>[[Tacito]], ''Annales'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber I#LIII|I.53]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[15]]-[[16]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Elio Lamia]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[17]]-[[18]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Furio Camillo (proconsole d'Africa)|Marco Furio Camillo]]<ref>Tacito, ''Annals'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber II#LII|II.52]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[18]]-[[21]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Apronio]]<ref>Tacito, ''Annals'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber III#XXI|III.21]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[21]]-[[23]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Giunio Bleso]]<ref>Tacito, ''Annales'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber III#XXXV|III.35]], [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber III#LVIII|III.58]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[23]]-[[24]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Cornelio Dolabella (console 10)|Publio Cornelio Dolabella]]<ref>Tacito, ''Annales'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber IV#XXIII|IV.23]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[26]]-[[29]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Vibio Marso]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[29]]-[[35]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Giunio Silano (console 15)|Marco Giunio Silano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[35]]-[[36]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Rubellio Bleo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[36]]-[[37]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Servio Cornelio Cetego]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[38]]-[[39]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Calpurnio Pisone (console 27)|Lucio Calpurnio Pisone]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[40]]-[[41]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Salvio Otone]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[41]]-[[43]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Marcio Barea (console 26)|Quinto Marcio Barea]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[44]]-[[46]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Galba|Servio Sulpicio Galba]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[46]]-[[47]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Servilio Noniano|Marco Servilio Noniano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">?[[48]]-[[52]]? (sotto [[Claudio]]<ref name="ProconsolatoAfrica">{{cita|Plinio il vecchio|''Historia Naturale'', II, 96}}; {{AE|1916|110}} da Tivoli.</ref>)</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Tampio Flaviano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[52]]-[[53]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Statilio Tauro]]<ref>Tacito, ''Annals'' [[wikisource:The Annals (Tacito)/Book 12#59|XII.59]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[53]]-[[56]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Pompeio Silvano Staberio Flaviano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[56]]-[[57]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Sulpicio Camerino Petico]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[57]]-[[58]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gnaeo Osidio Geta]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[58]]-[[59]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Curzio Rufo|Quinto Curzio Rufo]]<ref>Tacito, ''Annales'' [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)/Liber XI#XXI|XI.21]]</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[60]]-[[61]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Vitellio|Aulo Vitellio]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[61]]-[[62]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Vitellio il giovane|Lucio Vitellio]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[62]]-[[63]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Servio Cornelio Scipione Salvidieno Orfito (console 51)|Servio Cornelio Scipio Salvidieno Orfito]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[63]]-[[64]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Vespasiano|Tito Flavio Vespasiano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[68]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Vipstano Aproniano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[121]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Minicio Natale]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[139]]-[[140]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Minicio]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[140]]-[[141]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Prifernio Peto Rosiano Gemino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[142]]-[[143]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Sesto Giulio maggiore]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[142]]-[[143]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Tullio Varrone]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[153]]-[[154]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Minicio Natale Quadronio Vero]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[157]]-[[158]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Edio Rufo Lolliano Avito (console 144)|Lucio Edio Rufo Lolliano Avito]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[161]]-[[163]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Sesto Cocceio Severiano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[163]]-[[164]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Servio Cornelio Scipione Salvidieno Orfito]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[164]]-[[165]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Antonio Zeno]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[176]]-[[177]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Aulo Giulio Pompilio Tito Vivio Levillo Pisone Bereniciano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[191]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Vettio Sabiniano Giulio Ospite]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[193]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Cornelio Anullino (console 199)|Publio Cornelio Anullino]]<ref>Mennen, Inge, ''Power e Stato in the Roman Empire, AD 193-284'' (2011), pg. 261</ref></div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[194]] e il [[197]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Cingio Severo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[194]] e il [[200]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Pollieno Augure (console sotto Marco Aurelio)|Pollieno Augure]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[194]] e il [[200]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Claudio Macrinio Vindice Ermogeniano]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[194]] e il [[200]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Sesto Cocceio Vibiano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[198]]-[[199]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cossonio Eggio Marullo]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[200]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Ulpio Arabiano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[200]] e il [[210]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Giulio Aspro]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[201]]-[[202]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Umbrio Primo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[203]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Minicio Opimiano]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[204]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Rufino (proconsole d'Africa)|Rufino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[206]]?</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Marco Valerio Bradua Maurico]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[209]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Flavio Decimo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[209]] e il [[211]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Valerio Pudente]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[212]]-[[213]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Publio Giulio Scapula Tertullo Prisco]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[212]] e il [[220]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Appio Claudio Giuliano]] </div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[213]] e il [[215]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Cesonio Macer Rufiniano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[213]] e il [[217]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Mario Massimo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[218]]/[[219]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Mario Perpetuo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[221]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Cassio Dione Cocceiano|Lucio Cassio Dione Cocceiano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[230]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Ottavio Appio Suetrio Sabino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[237]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gordiano I|Marco Antonio Gordiano Semproniano Romano Africano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[240]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Sabiniano (usurpatore)|Sabiniano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[240]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cesonio Lucillo Macer Rufiniano]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[257]]-[[258]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Aspasio Paterno]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[258]]-[[259]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Galerio Massimo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[259]] e il [[261]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">Lucio Messio [...]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[260]] e il [[268]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">? [[Vibio Passieno]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[260]] e il [[268]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Nevio Aquilino]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Tra il [[265]] e il [[268]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Sesto Cocceio Anicio Faoto]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[273]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">? [[Firmo (proconsole d'Africa)|Firmo]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">c. [[275]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Cesonio Ovinio Manlio Rufiniano Basso]]</div>
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[283]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Giulio Paulino]]</div>
|}
==== Tardo impero ====
Per l'occasione i fascisti - sotto la guida del segretario locale del [[Partito fascista repubblicano]] [[Giuseppe Pizzirani]] - avevano programmato una solenne commemorazione da tenersi presso il Teatro Adriano, in piazza Cavour. L'adunata fu annullata per ordine del comandante militare tedesco della piazza di [[Roma]], il tenente generale della Luftwaffe [[Kurt Mältzer]], timoroso del possibile scoppio di incidenti e deciso ad evitarli. Infatti, in seguito all'azione partigiana gappista in Via Tomacelli del 10 marzo, ove fu attaccato un corteo di fascisti, il comando tedesco vietò ai fascisti repubblicani di svolgere manifestazioni pubbliche.
{{Vedi anche|Tardo Impero romano}}
I governatori erano scelti direttamente dagli [[Imperatori romani]], senza l'approvazione del [[Senato romano|Senato]] di [[Roma antica|Roma]].
L'attacco in via Rasella avrebbe dovuto svolgersi in concomitanza con un'altra azione da compiersi al Teatro Adriano, in occasione della suddetta manifestazione, ma in seguito allo spostamento di quest'ultima al chiuso, presso il Ministero delle Corporazioni in [[Via Veneto]], l'azione stessa fu annullata.
{| class="wikitable" style="width:99%;margin:auto;clear:both;"
== I fatti ==
! bgcolor="lightgrey" colspan=7 font-size=200%| Lista dei [[Governatore provinciale romano|Governatori romani]] dell'[[Africa proconsolare]]
Già nei giorni precedenti il 23 marzo il Comando Centrale Garibaldino aveva notato il transito di una compagnia tedesca di SS polizei che dopo essere entrata da [[Porta del Popolo]], provenendo dal [[Flaminio]], imboccava [[via del Babuino]] dirigendosi verso via del Tritone. Qui, costeggiando l'imbocco del traforo, all'epoca occupato dagli sfollati, entrava in via Rasella e, proseguendo, giungeva al [[Palazzo del Viminale|Viminale]] (che era stato sede del [[Ministero dell'Interno]], dal dicembre del 1943 trasferito a [[Salò]]) dove era acquartierata.
|-
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">'''Anno'''</div>
Per alcuni giorni, quindi, furono studiati gli spostamenti di questi soldati, che percorrevano in tenuta di guerra le strade di Roma cantando, preceduti e seguiti da pattuglie motorizzate munite di mitragliatrice pesante.
| colspan=6 bgcolor="#FFDEAD" | <div align="center">'''[[Africa proconsolare]]'''</div>
|-
Si trattava della 11ª [[Compagnia (unità militare)|compagnia]] del III [[battaglione]] dello SS-Polizei-Regiment Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, altoatesini/sudtirolesi arruolati nella polizia in seguito all'occupazione tedesca dopo il 1º ottobre 1943 delle province di [[Bolzano]], [[Trento]] e [[Belluno]] (riunite nel cosiddetto "[[Zona d'Operazione delle Prealpi|Alpenvorland]]" sul quale la sovranità della RSI era meno che nominale)<ref>Cfr. Christoph v. Hartungen, ''Die Südtiroler Polizeiregimenter 1943-1945'', in "[[Der Schlern]]", 55, 1981, p. 494-516.</ref>. Altri reparti dello stesso reggimento (che come l'11ª compagnia erano impiegati nella guerra anti-partigiana, nella caccia agli ebrei, agli antifascisti, ai renitenti alla leva militare e del lavoro, ecc.) operarono nel Bellunese, nella Valle del [[Biois]], in [[Istria]], ecc. e furono processati e condannati alla fine della guerra da tribunali militari [[Alleati]] per aver compiuto crimini di guerra.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[290]]-[[294]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Claudio Aurelio Aristobulo]]</div>
Risultò quindi, in seguito ai diversi appostamenti, che tale compagnia percorreva quotidianamente lo stesso tratto di strada alla stessa ora (verso le due del pomeriggio) e che il punto migliore per attaccarla sarebbe stata appunto via Rasella, una strada in salita poco frequentata, scelta, oltre che per creare un imbottigliamento alla compagnia, anche per la scarsa presenza di botteghe e portoni, quindi per lo scarso transito di civili.
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[294]]-[[295]]</div>
Per l'esecuzione dell'attacco furono impiegati i GAP centrali che già dal periodo successivo all'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] avevano compiuto numerose azioni di [[guerriglia]] urbana nella zona del centro storico. Numerosi quindi furono i [[partigiani]] che avrebbero partecipato all'azione, dei quali uno di essi, travestito da spazzino, avrebbe dovuto innescare un ordigno nascosto all'interno di un carrettino della nettezza urbana, mentre gli altri, ad esplosione avvenuta, avrebbero dovuto attaccare con pistole e bombe a mano la compagnia.
| colspan=6 | <div align="center">[[Cassio Dione (console 291)|Cassio Dione]]</div>
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Il compito di far brillare l'esplosivo fu affidato al partigiano [[Rosario Bentivegna]] ("Paolo"), studente in [[medicina]], il quale il 23 marzo si avviò travestito da spazzino dal deposito gappista nei pressi del [[Colosseo]] verso via Rasella, con il carretto contenente l'ordigno. Dopo essersi appostato ed aver atteso circa due ore in più, rispetto alla consueta ora di transito della compagnia nella via, alle 15.52 accese con il fornello di una pipa la miccia, preparata per far avvenire l'esplosione dopo circa 50 secondi, tempo necessario ai tedeschi per percorrere il tratto di strada compreso tra un punto a valle usato per la segnalazione, ed il carretto, posizionato in alto davanti a Palazzo Tittoni.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[295]]-[[296]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Tito Flavio Postumio Tiziano]]</div>
Poco dopo l'esplosione due squadre dei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]], una composta da sette uomini l'altra da sei, sotto il comando di [[Franco Calamandrei]] detto "Cola" e [[Carlo Salinari]] detto "Spartaco", lanciarono bombe a mano e fecero fuoco sui sopravvissuti all'esplosione.
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[296]]-[[300]]</div>
== Modalità di azione ==
| colspan=6 | <div align="center">[[Lucio Elio Dionisio]]</div>
Il Salinari ha in seguito testimoniato che i partigiani erano così disposti:
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Bentivegna accanto al carretto, Carla Capponi (che aveva un impermeabile nascosto, da mettere addosso allo stesso Bentivegna per coprirne la divisa da spazzino, ed una pistola sotto i vestiti), in cima alla via; Fernando Vitagliano, Francesco Curreli, Raul Falcioni, Guglielmo Blasi ed altri, vicino al Traforo; nei pressi Silvio Serra; all'angolo di via del Boccaccio si trovava Franco Calamandrei. Alcuni altri gappisti erano sistemati per coprirne la fuga.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[301]]-[[302]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">''Giuliano'', probabilmente [[Amnio Anicio Giuliano]]</div>
Calamandrei si tolse il copricapo (segnale per avvisare Bentivegna che i tedeschi si stavano avvicinando e che quindi doveva accendere la miccia ed allontanarsi velocemente). Immediatamente dopo l'esplosione gli altri partigiani raggiunsero Calamandrei per eseguire il lancio delle bombe a mano e colpire i militari con colpi di pistola.
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[302]]-[[305]]</div>
Nell'immediatezza dell'evento rimasero uccisi 32 militari tedeschi e 110 rimasero feriti, oltre a 2 vittime civili. Dei feriti, uno morì poco dopo il ricovero, mentre era in corso la preparazione della rappresaglia, che fu dunque calcolata in base a 33 vittime germaniche. Nei giorni seguenti sarebbero deceduti altri 9 militari feriti, portando così a 42 il totale dei caduti.<ref name=autogenerato1>Cassazione - Sezione I Penale sent. n. 1560/99, par. IV, num. 6, lett. a, ove si legge: «L'azione fu attuata facendo esplodere, mediante detonatore collegato ad una miccia, 18 kg. di tritolo contenuti in un carretto per la spazzatura, in coincidenza del passaggio, usuale e previsto, di una compagnia del battaglione "Bozen". Secondo la ricostruzione del consulente tecnico della parte offesa Zuccheretti, riportata nel provvedimento impugnato (pag. 14), l'esplosione dell'ordigno ebbe a determinare la morte di 42 soldati tedeschi (dei quali 32 morti quasi immediatamente e gli altri), e di almeno due civili italiani, il minore Pietro Zuccheretti e Antonio Chiaretti.»</ref>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Annio Anullino]]</div>
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== L'SS-Polizei-Regiment Bozen secondo [[Robert Katz]] ==
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[305]]-[[306]]</div>
Sull'appartenenza organica alle [[SS]] dei militari tedeschi colpiti in via Rasella così ha scritto [[Robert Katz]] nel suo ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944''<ref>[[Robert Katz]], ''Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944'', Il Saggiatore, Milano, 2003, ISBN 88-428-1122-X</ref>:
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Ceionio Rufio Voloiano]]</div>
{{quote|I nazisti avevano trasferito in città circa cinquecento uomini della 9<sup>a</sup>, 10<sup>a</sup> e 11<sup>a</sup> compagnia del 3<sup>o</sup> battaglione SS del Polizeiregiment Bozen. Il reggimento, nato nel 1943, era composto di reclute altoatesine. [...] Le reclute erano "optanti", ossia, al tempo dell'unione con la Germania, avevano scelto la cittadinanza tedesca e, di fronte all'obbligo del servizio militare, avevano compiuto l'ulteriore scelta di arruolarsi nelle SS piuttosto che nella Wehrmacht.
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Il reggimento Bozen, diviso in tre battaglioni, era agli ordini del generale Karl Wolff, comandante delle SS e di tutte le squadre speciali di polizia tedesche in Italia. (p. 240)}}
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[315]]-[[317]]</div>
Dobbrik, comandante del 3<sup>o</sup> battaglione SS del Polizeiregiment Bozen, semidistrutto in via Rasella, viene indicato da Katz come "maggiore delle SS" e, spiega Katz, riceve l'ordine di far eseguire la "rappresaglia" ai superstiti del suo reparto, ma rifiuta (p. 280) Per questo, aggiunge Katz, {{quote|Kappler, che era il suo superiore nominale nel corpo delle SS, avrebbe presentanto una denuncia ufficiale al generale Wolff. (p. 280)}} In nota (p. 444) Katz sulla denuncia scrive che essa si fermò senza conseguenze per Dobbrik sulla scrivania di Wolff e che anzi: {{quote|Dobbrik rimase al suo posto, trasferendo poi le sue due restanti compagnie del suo terzo battaglione nell'Italia del Nord, dove continuarono le attività antipartigiane, compiendo oltre che operazioni militari, anche atrocità contro i civili. (p. 444)}}
| colspan=6 | <div align="center">[[Petronio Probiano]]</div>
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== Bilancio dell'attacco ==
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[317]]-[[318]]</div>
=== Vittime di via Rasella ===
| colspan=6 | <div align="center">[[Aconio Catullino]]</div>
==== Militari (Forze Armate tedesche) ====
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Lista dei 33 soldati del ''Polizeiregiment Bozen'' rimasti uccisi sul posto dalla deflagrazione<ref name=autogenerato1 />
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[333]]-[[336]]</div>
<REF>Lorenzo Baratter. ''Le Dolomiti del Terzo Reich''. Milano, Mursia, 2005</REF>
| colspan=6 | <div align="center">[[Cezeo Largo Materniano]]<ref name=Barnes85>Proviene dalla lista di T.D. Barnes, [https://www.jstor.org/stable/1088824 "Proconsoles of Africa, 337-392", ''Phoenix''], '''39''' (1985), pp. 144-153</ref></div>
# Andergassen Karl, nato nel gennaio [[1914]] a Kaltern ([[Caldaro sulla strada del vino|Caldaro]])
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# Bergmeister Franz, nato nel settembre [[1906]] a Kastelruth ([[Castelrotto]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[336]]-[[337]]</div>
# Dissertori Josef, nato nel giugno [[1913]] a Eppan ([[Appiano sulla Strada del Vino]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Flavio Mesio Egnazio Lolliano]]<ref name=Barnes85/></div>
# Eichner Georg, nato nell'aprile [[1902]] a Sarnthein ([[Sarentino]])
|-
# Erlacher Jakob, nato nel luglio [[1901]] a Enneberg ([[Marebbe]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[337]]-[[338]]</div>
# Fischnaller Friedrich, nato nel novembre [[1902]] a (?)
| colspan=6 | <div align="center">[[Antonio Marcellino]]<ref name=Barnes85/></div>
# Fischnaller Johann, nato nel novembre [[1904]] a Mühlbach ([[Rio di Pusteria]])
|-
# Frötscher Eduard, nato nel dicembre [[1912]] a Latzfons (frazione di [[Chiusa (Italia)|Chiusa]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[338]]-[[339]]</div>
# Haller Vinzenz nato il (?) a Ratschings ([[Racines]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Aurelio Celsino]]<ref name=Barnes85/></div>
# Kaspareth Leonhard, nato nel gennaio [[1915]] a Kaltern ([[Caldaro sulla strada del vino|Caldaro]])
|-
# Kaufmann Johann, nato nell'ottobre [[1913]] a Welschnofen ([[Nova Levante]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[338]]-[[339]] (''[[vicarius]]'')</div>
# Matscher Anton, nato nel giugno [[1912]] a Brixen ([[Bressanone]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Fabio Aconio Catullino Filomazio]]</div>
# Mittelberger Anton, nato nel novembre [[1907]] a [[Gries-San Quirino|Gries]] di Bolzano
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# Moser Michael, nato nel settembre [[1904]] a [[Kitzbühel]] (Austria)
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[340]]-[[341]]</div>
# Niederstätter Franz, nato nel giugno [[1917]] ad Aldein ([[Aldino]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Proculo]]<ref name=Barnes85/></div>
# Oberlechner Eugen, nato nell'aprile [[1908]] a Mühlwald ([[Selva dei Molini]])
|-
# Oberrauch Mathias, nato nell'agosto [[1910]] a [[Bolzano]]
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[357]]-[[358]]</div>
# Palla Paul (o Paulinus), nato il [[31 dicembre]] [[1915]] a Buchenstein ([[Livinallongo del Col di Lana]])
| colspan=6 | <div align="center">-lio Flaviano </div>
# Pescosta Augustin (o August), nato nel maggio [[1912]] a [[Colfosco]]
|-
# Profanter Daniel, nato nel maggio [[1915]] ad Andrian ([[Andriano]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[358]]-[[359]]</div>
# Raich Josef, nato nel dicembre 1906 a St. Martin ([[San Martino]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Sesto Claudio Petronio Probo]]<ref name=Barnes85/></div>
# Rauch Anton, nato nell'agosto 1910 a Völs ([[Fiè allo Sciliar]])
|-
# Rungger Engelbert, nato nel dicembre 1907 a Welschellen (frazione Rina di [[Marebbe]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[359]]-[[361]]</div>
# Schweigl Johann, nato nell'agosto 1908 a St. Leonbach (Sankt Leonhard in Passeier?)
| colspan=6 | <div align="center">[[Procliano]]<ref name=Barnes85/></div>
# Seyer Johann, nato il [[3 giugno]] 1904 a [[Gais]]
|-
# Spiess Ignatz, nato il [[4 luglio]] [[1911]] a Schweinsteg (frazione Sant'Orsola di [[San Leonardo in Passiria]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[361]]-[[362]]</div>
# Spögler Eduard, nato l'[[11 luglio]] 1908 a Sarnthein ([[Sarentino]])
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Clodio Ermogeniano Olibrio]]<ref name=Barnes85/></div>
# Stecher Ignatz, nato l'[[11 maggio]] 1911 a Schluderns ([[Sluderno]])
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# Stedile Albert, nato il [[26 giugno]] 1915 a Bolzano
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[363]]-[[364]]</div>
# Steger Josef, nato il [[10 agosto]] 1908 a (?)
| colspan=6 | <div align="center">[[Clodio Octaviano]]<ref name=Barnes85/></div>
# Tschigg Hermann, nato nel 1911 a St. Pauls (frazione di [[Appiano sulla Strada del Vino]])
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# Turneretscher Fidelius, nato il [[19 gennaio]] [[1914]] ad Untermoi (frazione Antermoia di [[San Martino in Badia]])
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[364]]-[[365]]</div>
# Wartbichler Josef, nato nel novembre 1907 a (?).
| colspan=6 | <div align="center">P. Ampelio<ref name=Barnes85/></div>
Altri soldati morirono successivamente per le ferite riportate.
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[365]]-[[366]]</div>
==== Civili (italiani) ====
| colspan=6 | <div align="center">?[[Claudio Ermogeniano Cesario]]<ref name=Barnes85/></div>
# Chiaretti Antonio - anni 48
|-
# [[Pietro Zuccheretti|Zuccheretti Pietro]] - anni 13
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[366]]-[[368]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Giulio Festo Imezio]]<ref name=Barnes85a>T.D. Barnes, [https://www.jstor.org/stable/1088641 "Proconsoles of Africa: Corrigenda", ''Phoenix''], '''39''' (1985), pp. 273-274</ref></div>
== Rastrellamento dopo l'attentato ==
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Secondo [[Pierangelo Maurizio]], immediatamente dopo la cessazione dei combattimenti in via Rasella, i superstiti del ''Bozen'' - coadiuvati da altre forze tedesche e fasciste affluite sul posto - iniziarono a rastrellare la popolazione della zona circostante, arrestando abitanti e passanti; i rastrellati furono allineati sotto la minaccia delle armi contro la cancellata di accesso a [[Palazzo Barberini]] e quindi condotti in parte presso l'intendenza della [[Polizia dell'Africa Italiana|PAI]], in parte presso il [[palazzo del Viminale]]<ref>Pierangelo Maurizio, ''Via Rasella, cinquant'anni di menzogne'', p. 27. Secondo le testimonianze ivi citate, gli arrestati nei locali della PAI furono trattati bene, mentre quelli concentrati al Viminale furono ammassati in una stanza in condizioni igieniche disumane e malmenati crudelmente</ref>. Una parte dei rastrellati fu poi uccisa alle [[Fosse Ardeatine]].
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[368]]-[[371]]</div>
<gallery>
| colspan=6 | <div align="center">[[Petronio Claudio]]<ref name=Barnes85a/></div>
File:Bundesarchiv Bild 101I-312-0983-10, Rom, Soldaten vor Gebäude.jpg|Soldati nazisti a Roma accanto ad un morto dopo l'attacco partigiano in via Rasella
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File:Bundesarchiv Bild 101I-312-0983-05, Rom, Festnahme von Zivilisten.jpg|Retata di fronte a [[Palazzo Barberini]], da parte di truppe naziste e repubblichine, dopo l'attacco
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[371]]-[[373]]</div>
File:Bundesarchiv Bild 101I-312-0983-07, Rom, Festnahme von Zivilisten.jpg|I catturati nella retata a via Quattro Fontane, lungo il muro del giardino di Palazzo Barberini
| colspan=6 | <div align="center">[[Sestio Rotico Giuliano]]<ref name=Barnes85a/></div>
File:Bundesarchiv Bild 101I-312-0983-03, Rom, Festnahme von Zivilisten.jpg|Palazzo Barberini a Roma: inquadratura dall'altro lato delle persone catturate
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</gallery>
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[373]]-[[374]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Quinto Aurelio Simmaco]]<ref name=Barnes85/></div>
== Controversie ==
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Nonostante la Corte di Cassazione abbia catalogato la strage di via Rasella come un "legittimo atto di guerra", affermando anche che è "lesiva dell'onorabilità politica e personale" di Bentivegna "la non rispondenza a verità di circostanze non marginali come l'ulteriore parificazione tra partigiani e nazisti con riferimento all'attentato di via Rasella e l'assimilazione tra [[Erich Priebke]] e Bentivegna", non è stato raggiunto un giudizio storiografico unanime sull’attacco.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[374]]-[[375]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Paolo Costanzo]]<ref name=Barnes85/></div>
Si elencano dunque qui di seguito le principali controversie aperte nel corso degli anni e che la sentenza del [[2007]] ha sanzionato. Le controversie riguardano principalmente due ipotesi circa le finalità dell'attacco, più alcune polemiche "minori" sulle modalità, la scelta dell'obbiettivo e il successivo comportamento dei GAP e della Resistenza romana.
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{{P|La sezione, per avvalorare una presunta notorietà del pericolo di rappresaglie di massa da operarsi a Roma da parte tedesca ''prima'' dell'attacco di via Rasella, e della ancor più presunta "legalità" della proporzione di 10 a 1 "secondo la legge di guerra" (nozione destituita di qualsiasi fondamento fattuale, anche ''prima'' della seconda guerra mondiale), <del>si avvale di un richiamo a Bruno Spampanato. Va chiaramente indicata al lettore la reale situazione e va spiegato chi fosse Spampanato, fascista collaboratore dei nazisti, direttore de "Il Messaggero" nella Repubblica di Salò e tra i protagonisti della preparazione della bozza di Costituzione della repubblica collaborazionista dell'occupante nazista, "ben sovvenzionato dai tedeschi e creatore di stazioni radio milanesi come Radio Fante in Via Rovani, con personale Eiar espulso dal Partito Fascista Repubblicano, a favore di formazioni fasciste non ortodosse come le SS italiane, la Legione Autonoma «Muti», la X Mas, della quale in particolare egli sarà Capo Ufficio Stampa" (Diego Verdegiglio, "La TV di Mussolini - Sperimentazioni televisive nel Ventennio fascista", Castelvecchi, 2003, ISBN 88-7615-043-9, pag. 134).</del><small>dopo risoluzione "problema Spampanato" proposta da Mastrangelo, adeguo template P --[[Utente:Piero Montesacro|Piero Montesacro]] 14:40, 27 nov 2008 (CET)</small> Va inoltre fornito, per gli stessi motivi citati, il contesto completo della citazione di Jo di Benigno, per verificare a quale periodo si riferisca esattamente.|storia|novembre 2008}}
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[375]]-[[376]]</div>
*La principale tesi sostenuta in sede [[Revisionismo|revisionista]] è quella della "rappresaglia cercata". È noto infatti che i tedeschi non avessero mai proceduto a rappresaglie di massa a Roma, pur procedendo ad una violenta repressione ed a molte condanne a morte, sebbene secondo alcuni autori<ref>Cfr. Jo di Benigno, ''Occasioni mancate'', S.E.I., 1945, pag. 234: «Era ormai cosa nota a tutti che per ogni tedesco ucciso, dieci italiani venivano sacrificati». Secondo [[Bruno Spampanato]], all'epoca dei fatti direttore del quotidiano ''Il Messaggero'', stretto collaboratore di Mussolini, nonché membro dell'ufficio propaganda della Decima MAS (''Contromemoriale'', cit. pag. 686) alla notizia dell'attacco, «a chi conosceva la legge di guerra si fermò il cuore in petto»</ref> fosse altrettanto noto quale fosse il loro ''modus operandi'' solito (il famigerato "dieci a uno"<ref>Tuttavia F. Andrae, in op.cit. pag. 120 rileva che i tedeschi avevano reagito «minacciando dure rappresaglie». Dunque, secondo tale autore, la minaccia quantomeno doveva essere nota. Anche Giorgio Amendola, ''Lettera a Leone Cattani sulle vicende di via Rasella'', integrale in "Appendice n° 2" del ''Mussolini l'Alleato - la Guerra civile'' di Renzo de Felice (Einaudi) scrive: «La più grossa responsabilità morale che abbiamo dovuto assumere nella guerra partigiana è quella dei sacrifici che si provocano, non soltanto i compagni di lotta che si inviano incontro alla morte, (...) ma gli ignari che possono essere colpiti dalle rappresaglie. (...) Soltanto dei pavidi o degli ipocriti potevano fare finta di non comprendere le conseguenze che derivavano dalla posizione assunta».</ref>). Nella situazione di complessiva apatia della maggior parte della popolazione di Roma nei confronti dei tedeschi e dei fascisti repubblicani, il comando dei GAP avrebbe deciso di intraprendere un'operazione di impatto talmente grave da scuotere l'intera città, per farla sollevare contro le forze dell'Asse, alla luce del fallimento della controffensiva tedesca contro la testa di Ponte Alleata ad Anzio, contando su una rapida avanzata angloamericana su Roma. Chi contesta questa tesi, fa rilevare che la scelta di Via Rasella fosse stato solo un ripiego dopo aver dovuto rinunciare ad un altro obbiettivo, non tedesco, ma fascista repubblicano, dunque non era possibile che si cercasse la rappresaglia tedesca a tutti i costi (i tedeschi non si interessavano alle questioni fra italiani, che anzi trovavano utili per la loro politica di ''divide et impera''). Inoltre, secondo i critici di questa tesi, i gappisti non erano affatto a conoscenza della politica tedesca del "dieci contro uno"<ref>Friedrich Andrae, ''La Werhmacht in Italia'', ed. Riuniti, pag.121: «...Kappler propone di fucilare 10 italiani per ogni poliziotto militare ucciso, il che corrisponde all'uso nei territori di competenza del comandante in capo del fronte sud-ovest».</ref>, oppure confidavano nel fatto che i germanici avrebbero continuato a sopportare gli attacchi senza procedere a sanguinose rappresaglie contro innocenti<ref>Di quest'avviso Giorgio Amendola, ibidem, pag. 566</ref>, preoccupati com'erano di mantenere buoni rapporti con il Vaticano a fini propagandistici, onde far ricadere solo sugli Alleati la responsabilità delle sofferenze, dei lutti e delle distruzioni subite dalla capitale italiana.
| colspan=6 | <div align="center">Chilo<ref name=Barnes85/></div>
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*Una tesi di matrice "complottista" invece - sostenuta da [[Giorgio Pisanò]], Pierangelo Maurizio<ref>Pierangelo Maurizio, ''Via Rasella, cinquant’anni di menzogne'', Maurizio Edizioni, Roma 1996 ''et al.''</ref> ed altri autori<ref>Per esempio F. Andrae, in ''op. cit.'' pag. 120</ref> - è che, ben conoscendo le modalità con cui i nazisti selezionavano i fucilandi per le rappresaglie, il PCdI avrebbe fatto arrestare progressivamente la maggior parte degli esponenti delle reti clandestine non comuniste o dissidenti <ref>principalmente i militanti di [[Bandiera Rossa Roma]]</ref> attraverso una ben orchestrata campagna di delazioni, e quindi abbia proceduto all'attacco perché costoro finissero fucilati per rappresaglia<ref>Cfr. ''Via Rasella: la storia per sentenza giudiziaria e un mistero che dura da sessant’anni'' di Pierangelo Maurizio - su ''Il Giornale'' del 10 agosto 2007</ref>. A sostegno di tale tesi viene anche citata l'atroce fine toccata al direttore di Regina Coeli, [[Donato Carretta]], linciato brutalmente durante il processo a [[Pietro Caruso]], sebbene il suo ruolo nel fornire le vittime ai nazisti sarebbe stato addirittura di ostruzionismo: per i sostenitori di questa tesi complottista, la fine di Caretta sarebbe servita a "tappare la bocca" all'uomo che conosceva il segreto della compilazione delle liste dei fucilandi: assieme all'uomo, infatti, sparirono anche migliaia di documenti del carcere, bruciati dalla folla (abilmente guidata, secondo i sostenitori di tale tesi). Inoltre dalle liste furono espunti pressoché tutti i pochi comunisti in carcere, normalmente con la scusa dello "stato di salute" (le convenzioni vietano infatti di giustiziare infermi o malati). Un criterio che tuttavia non fu applicato nel caso - un esempio fra molti - del colonnello [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo|Montezemolo]], fucilato nonostante fosse gravemente sofferente ed invalido per le torture subite a via Tasso<ref>Questo particolare è a sua volta oggetto di controversia. Si veda la voce relativa al colonnello Montezemolo</ref>. Chi contesta questa tesi, oltre a muovere gli stessi rilievi della tesi precedente (ovvero che non era affatto scontato che i tedeschi avrebbero proceduto alla rappresaglia e, quand'anche, i gappisti non erano a conoscenza dei loro usi di guerra) afferma che questa tesi prevede una malafede nell'agire dei partigiani che non trova riscontri o prove, e che è esplicitamente ed ufficialmente negata dai riconoscimenti al Valore per gli autori dell'attacco e dalle successive sentenze giudiziarie sul caso.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Aprile 376-Ottobre [[377]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Decimio Ilariano Esperio]]<ref name=Barnes85/></div>
Le controversie sulla modalità e sull'obbiettivo si orientano essenzialmente su questi punti:
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*''L'attacco inutile:'' i 156 uomini della 11ª compagnia del III battaglione Bozen al comando del maggiore Hellmuth Dobbrick non erano nulla più che un reparto di polizia<ref>Lorenzo Baratter, ''Le Dolomiti del Terzo Reich'', Mursia, Milano, 2008</ref> (ancorché dipendente dalle SS) formato da riservisti altoatesini che avevano optato per il Reich (tuttavia alcuni erano ancora cittadini italiani, secondo l'Andrae), impiegato a Roma con compiti di semplice vigilanza urbana<ref>«Noi eravamo a Roma e non abbiamo fatto altro che le guardie su in Vaticano» dall'[http://www.larchivio.com/atz.htm intervista ad un sopravvissuto della strage di Via Rasella</ref>, in quel momento impegnato in periodo addestrativo<ref>Eugene Dollmann, ''Roma Nazista'', Longanesi, Milano 1952, pag. 239</ref>. Pertanto il risultato dell'attacco sarebbe stato militarmente inutile<ref>Di questa opinione anche Jo di Benigno, in op. cit. ibidem e ss.</ref>. A questa obiezione si risponde che quel reparto era inquadrato in un reggimento, il Bozen, utilizzato anche in operazioni di rastrellamento e di grande polizia contro i partigiani in Alta Italia. Inoltre, il ''Codice penale militare di guerra'' italiano in vigore dal [[1 ottobre]] [[1941]], <ref>libro primo, "Dei reati militari, in generale", Titolo I "Della legge penale militare", articolo 2 comma 1 "Denominazioni di "militari" e di "forze armate" dello Stato" pubblicato con Regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303.</ref> riportava: «Il presente codice comprende: 1° sotto la denominazione di militari, quelli dell'Esercito, della Marina, della Aeronautica, della [[Guardia di finanza]], della [[Milizia volontaria per la sicurezza nazionale]], della [[Polizia dell'Africa Italiana]] e le persone che a norma di legge acquistano la qualità di militari»; quindi anche le forze di polizia italiane, secondo la legge italiana allora in vigore, erano militari e di conseguenza simili reparti di paesi nemici potevano essere considerati obbiettivi legittimi di azioni di guerra, per tutti gli italiani che riconoscessero il governo monarchico insediato a [[Bari]], in quanto occupanti militarmente il territorio nazionale. Pertanto, non solo era obbiettivo legittimo, ma anche opportuno, perché costringeva il comando tedesco a distogliere altre forze dal fronte per presidiare la città, creando un clima di insicurezza e di sfiducia nei tedeschi in quella che doveva essere una "città di retrovia". Furono coinvolti anche civili italiani: l'esplosione non uccise solo trentatré militari tedeschi, ma anche due civili italiani (di cui un bambino di 13 anni), ferendone anche altri quattro (secondo altre fonti le vittime furono 7, o addirittura 10. La Cassazione tuttavia ha stabilito il numero in due<ref>Giorgio Pisanò, ''Storia della guerra...'' cit. Friedrich Andrae, ''La Werhmacht in Italia'', ed. Riuniti, note a fondo volume.</ref>. ). Ai famigliari dei due civili morti nell'attacco non è mai stato riconosciuto alcun risarcimento dalla magistratura italiana, in quanto l'attacco è stato successivamente catalogato come legittimo atto di guerra, a riprova di quanto sopra citato.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">Ottobre 377-Aprile [[379]]</div>
{{P|Si ripete senza fonti ed in modo strumentale quanto dichiarato in propria difesa come imputato da Kappler, senza riscontro di fonti, pur disponibili, che chiariscono la mendacia fattuale di tali dichiarazioni. Wikipedia è una enciclopedia, non è uno strumento volto a raccogliere indiscriminatamente fonti ed a proporle in modo POV. |storia|marzo 2010}}
| colspan=6 | <div align="center">[[Talassio (proconsole)|Talassio]]<ref name=Barnes85/></div>
*Alcuni hanno sostenuto che la rappresaglia si sarebbe potuta evitare. Kappler, al processo del 1948 ha dichiarato che ''se i responsabili si fossero presentati entro 24 ore dall'accaduto, la rappresaglia sarebbe stata evitata''. Ma allo stesso processo, Roberto Bentivegna aveva affermato che ''i tedeschi non hanno intimato la consegna dei responsabili''<ref>Cfr. [http://books.google.it/books?id=BIVzVZoh8moC&pg=PA407&lpg=PA407&dq=kappler+bentivegna+consegna&source=bl&ots=j_u09I1O1r&sig=Kej9m8bwd9iUqJHGl_sJVYo3hgU&hl=it&ei=n_qxS430L9mjsQaIwZ27AQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CAUQ6AEwADgK#v=onepage&q=kappler%20bentivegna%20consegna&f=false Roberto Roggiero, ''Oneri e onori'', Greco&Greco, p. 407]</ref> . Secondo lo storico [[Paolo Simoncelli]] vi sarebbe effettivamente stata una richiesta di consegna<ref>http://www.avvenire.it/GiornaleWEB2008/Templates/Articles/Article.aspx?NRMODE=Published&NRNODEGUID={CE9865FC-BFB7-4FF1-8B3C-AA0250E113BA}</ref> prima di effettuare il massacro. Tuttavia i tedeschi non attesero le canoniche 24 ore prima di dare inizio al massacro<ref> La strage iniziò 21 ore dopo l'attentato gappista secondo la [http://www.eius.it/giurisprudenza/2007/104.asp Sentenza della Corte di Cassazione 6 agosto 2007, n. 17172]</ref>. Nel libro citato, Roberto Roggero fa notare come ''nulla garantisce che se gli autori dell'attentato si fossero presentati all'autorità tedesca, la rappresaglia non sarebbe comunque stata messa in atto''. Mentre, ad esempio, la rappresaglia è stata evitata nel caso di [[Salvo D'Acquisto]], che pur innocente si era accusato responsabile della morte di alcuni soldati tedeschi, in un altro caso, quello di [[Vincenzo Giudice]], nonostante egli si fosse consegnato, la rappresaglia era stata effettuata causando la morte di 71 persone, fra le quali molti bambini.
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Tali questioni si posero fin dal processo per le Fosse Ardeatine a carico del comandante Kappler presso il Tribunale Militare di Roma, il [[20 luglio]] [[1948]]. [[Rosario Bentivegna]], presente in aula in qualità di testimone, fu contestato da alcuni famigliari dei fucilati delle Fosse Ardeatine, i quali lo accusarono di non aver evitato la rappresaglia consegnandosi ai tedeschi. Bentivegna si difese immediatamente affermando che i tedeschi non richiesero la consegna degli autori dell’attacco, e che non era certo che la sua consegna avrebbe evitato la rappresaglia. La sentenza della Cassazione del 2007 ha confermato il fatto che nessuna richiesta di consegna degli autori dell'attacco per evitare la rappresaglia fosse stata affissa dalle autorità di occupazione.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[379]]-[[380]]</div>
*''L'attacco pregiudicò la Resistenza romana e Roma stessa'': secondo questa tesi, ben lungi dal migliorare le condizioni della popolazione romana, l'attacco inferocì tedeschi e fascisti che, per questo, accrebbero la repressione sulla Resistenza e sui civili.
| colspan=6 | <div align="center">[[Flavio Afranio Siagrio]]<ref name=Barnes85/></div>
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Successivamente la questione di riaprì nel giugno del 1980, quando [[Marco Pannella]] affermò pubblicamente che, secondo le informazioni da lui raccolte, «gran parte dei quadri antifascisti e anche comunisti non direttamente organizzati dal PCI e lo stesso comando ufficiale della resistenza romana erano contrari all'ipotesi dell'azione terroristica»; sempre Pannella definì via Rasella come «un atto di terrorismo» paragonandolo ad un’azione delle [[Brigate Rosse]]<ref>[http://www.radioradicale.it/exagora/una-inutile-strage-8-da-via-rasella-al-terrorismo-per-fondare-lo-stato Marco Pannella: «Via Rasella fu un atto di terrorismo» da RadioRadicale.it]</ref>. Ne nacque una feroce querelle, con [[Giorgio Amendola]] e [[Antonello Trombadori]], che a quell’azione aveva partecipato, in prima linea. I protagonisti finirono in tribunale, mentre la polemica dura tuttora.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[380]]-[[381]] o più probabilmente [[382]]-[[383]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Elvio Vindiciano]]<ref name=Barnes85/></div>
Nel 1998 l’associazione dei familiari delle vittime di via Rasella, con l’alto patrocinio della [[Trentino-Alto Adige|Regione Autonoma del Trentino-Alto Adige]], ha presentato ricorso contro i partigiani [[Rosario Bentivegna]], [[Carla Capponi]] e [[Pasquale Balsamo]], autori materiali della strage. La magistratura non ha riconosciuto alcun diritto di risarcimento ed ha definitivamente confermato la legittimità dell’azione partigiana.
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[381]]-[[382]]</div>
Nel [[2012]], in occasione della morte di Rosario Bentivegna, lo storico [[Alessandro Portelli]], autore del saggio sulle Fosse Ardeatine ''L'ordine è stato eseguito'', ha detto sull'attentato di Via Rasella «''Fu la più grande vittoria militare della Resistenza''».<ref>Francesca Numberg, ''Basta infangare la memoria della Resistenza'', su Il Messaggero, 4 aprile 2012, pagina 16.</ref>
| colspan=6 | <div align="center">Erasio<ref name=Barnes85/></div>
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== Riepilogo delle sentenze ==
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[382]]-[[383]], possibilmente [[381]]-[[382]]</div>
[[File:Via Rasella (iscrizione).JPG|thumb|Via Rasella, dettaglio (aprile 2007)]]
| colspan=6 | <div align="center">[[Virio Audenzio Emiliano]]<ref name=Barnes85/></div>
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*Con sentenza del [[20 luglio]] [[1948]], emessa contro Kappler e altri, il Tribunale militare di Roma escludeva la qualifica di ''rappresaglia'' all'eccidio delle Fosse Ardeatine, identificato invece come "omicidio continuato"<ref>[http://www.icsm.it/articoli/documenti/k20071948.html IT.CULTURA.STORIA.MILITARE ON-LINE: Documenti Italiani: Storici] "Dimostrate infondate le tesi della rappresaglia e della repressione collettiva, la fucilazione delle Cave Ardeatine assume la qualificazione di un omicidio continuato.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[383]]-[[384]]</div>
effettuata dalle forze d'occupazione tedesche"</ref>, negando però nel contempo la natura di legittima azione di guerra dell'attacco, in quanto non commesso da "legittimi belligeranti". L'azione partigiana, infatti, sarebbe stata priva dei requisiti previsti dalla [[Convenzione dell'Aia (1907)|Convenzione dell'Aja]] del [[18 ottobre]] [[1907]] per qualificare i civili come legittimi belligeranti, ossia l'organizzazione in corpi di volontari che portino apertamente le armi, siano sottoposti ad un comandante responsabile per i subordinati e dotati di segno distintivo fisso riconoscibile a distanza (una divisa). Il Tribunale Supremo Militare, decidendo sul ricorso presentato da Kappler contro la condanna, ribaltava però tale definizione, sostenendo la natura di legittimi belligeranti degli autori dell'attacco.
| colspan=6 | <div align="center">[[Flavio Eoignio]]<ref name=Barnes85/></div>
*Con la sentenza n. 3053 del [[19 luglio]] [[1957]], le [[Sezioni Unite]] civili della [[Corte di Cassazione]], si pronunciarono in tema di risarcimento del danno richiesto dalle vittime civili dell'attacco di via Rasella, stabilendo che «la lotta partigiana è stata considerata dalla legislazione italiana quale legittima attività di guerra», con conseguente improponibilità dell'azione risarcitoria proposta.
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*Con l'ordinanza del [[16 aprile]] [[1998]], il [[giudice per le indagini preliminari]] di [[Roma]] disponeva l'archiviazione del procedimento penale a carico di [[Rosario Bentivegna]], [[Carla Capponi]] e [[Pasquale Balsamo]], iniziato a seguito di una denuncia presentata da alcuni parenti delle vittime civili dell'attacco. Il Giudice escludeva la qualificazione dell'atto come legittima azione di guerra, ravvisando tutti gli estremi oggettivi e soggettivi del reato di [[strage]], altresì rilevando tuttavia l'estinzione del reato a seguito dell'[[amnistia]] prevista dal decreto 5 aprile 1944 per tutti i reati commessi "per motivi di guerra". Decidendo con sentenza n.1560/99 sul ricorso presentato da Bentivegna, Balsamo e dalla Capponi, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ribadiva la natura di legittimo atto di guerra dell'attacco di Via Rasella, inquadrabile ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale n. 194 del 1945, successivo all'amnistia, che ha escluso la natura di reato, inserendola tra gli atti di guerra ad ogni ''operazione compiuta dai patrioti per la necessità di lotta contro i tedeschi e i fascisti nel periodo dell'occupazione fascista''. La legittimità dell'azione, per la Suprema Corte, ''deve essere pertanto valutata nel suo complesso, senza che sia possibile scinderne le conseguenze a carico dei militari tedeschi che ne costituivano l'obiettivo da quelle coinvolgenti i civili che ne rimasero vittima, in rapporto alla sua natura di "azione di guerra"''.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[385]]-[[386]]</div>
*Il [[7 agosto]] [[2007]] la Cassazione ha confermato la condanna al risarcimento inflitta dalla Corte d'appello di Milano al quotidiano [[Il Giornale]] per diffamazione ai danni di Rosario Bentivegna<ref>[http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/rasella-condanna/rasella-condanna/rasella-condanna.html "Repubblica" ''online'' del 7 agosto 2007, "Cassazione: 'Via Rasella fu atto di guerra' - Il Giornale condannato per diffamazione"]</ref><ref>[http://www.eius.it/giurisprudenza/2007/104.asp la sentenza della Cassazione, 6 agosto 2007]</ref>. La Corte, partendo dalla qualificazione dell'attacco come legittimo atto di guerra rivolto a colpire esclusivamente i militari occupanti, ha ritenuto che alcune affermazioni contenute in articoli pubblicati dal quotidiano milanese nel [[1996]], per i Supremi Giudici tendenti a parificare le responsabilità degli esecutori dell'attacco di Via Rasella e dei comandi nazisti nella causazione della strage delle [[Fosse Ardeatine]], erano gravemente lesive dell'onorabilità personale e politica del Bentivegna. Le affermazioni del Giornale furono:
| colspan=6 | <div align="center">Messiano<ref name=Barnes85/></div>
**che il battaglione ''Bozen'' fosse costituito interamente da cittadini italiani, mentre per la Cassazione ''facendo parte dell'esercito tedesco, i suoi componenti erano sicuramente altoatesini che avevano optato per la cittadinanza germanica''.
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**che i componenti del ''Bozen'' fossero "vecchi militari disarmati", mentre per la Cassazione essi erano ''soggetti pienamente atti alle armi, tra i 26 e i 43 anni, dotati di sei bombe e "[[MP40|machinepistolen]]"''.
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[388]]-[[389]]</div>
**che le vittime civili fossero sette, mentre per la Cassazione ''nessuno mette più in discussione che furono due''.
| colspan=6 | <div align="center">[[Felice Giuniorino Polemio]]<ref name=Barnes85/></div>
**che dopo l'attacco erano stati affissi manifesti in cui si intimava ai responsabili dell'attacco di consegnarsi per evitare una rappresaglia ma, per la Corte l'asserzione ''trova puntuale smentita nel fatto che la rappresaglia delle Fosse Ardeatine era iniziata circa 21 ore dopo l'attacco, e soprattutto nella direttiva del Minculpop la quale disponeva che si tenesse nascosta la notizia di Via Rasella, che venne effettivamente data a rappresaglia già avvenuta''<ref>All'interno della rivista [[Storia in rete]] del settembre 2007 fu pubblicata un'intervista all'ambasciatore Roberto Caracciolo, testimone di aver veduto un bando tedesco, affisso però solo nelle bacheche degli uffici tedeschi e non nelle pubbliche strade.</ref>.
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* Il [[22 luglio]] [[2009]] la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Elena Bentivegna (figlia di [[Carla Capponi]] e [[Rosario Bentivegna]]) contro il quotidiano [[Il Tempo]] che aveva pubblicato un articolo dove gli autori dell'attacco di via Rasella venivano definiti "massacratori di civili". La sentenza ha stabilito che l'epiteto utilizzato è lesivo della dignità dei partigiani e per questo diffamatorio, in quanto quello di via Rasella fu "legittimo atto di guerra contro il nemico occupante".<ref>[http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/?id=3.0.3570773471 I partigiani di via Rasella non furono 'massacratori' - Adnkronos Cronaca<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>
| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[389]]-[[390]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Latinio Pacato Drepanio]]<ref name=Barnes85/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[391]]-[[392]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Flavio Rodino Primo]]<ref name=Barnes85/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[392]]-[[393]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Emilio Floro Paterno]]<ref name=Barnes83>T.D. Barnes, [https://www.jstor.org/stable/1088953 "Late Roman Prosopography: Between Theodosius and Justinian", ''Phoenix''], '''37''' (1983), pp. 248-270</ref></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Flacciano]]<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Marciano (proconsole)|Marciano]]<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[394]]-[[395]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Flavio Erode]]<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Ennodio (Proconsole)|Ennodio]]<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">Teodoro<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[397]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Anicio Probino]]<ref>In 396 [[Quinto Aurelio Simmaco]] scrisse a lui una lettera (''Epistulae'', ix); il 17 marzo del 397 si conserva una legge nel ''[[Codex Theodosianus]]'' (XII, 5.3).</ref></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[397]]-[[398]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">Serano<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">Victorino<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">Apollodoro<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[400]]-[[401]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gabinio Barbaro Pompeiano]]<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[401]]-[[402]]?</div>
| colspan=6 | <div align="center">Elpidio<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">Septimino<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Rufio Antonio Agrpnio Voloiano]]<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Flavio Pionio Diotimo]]<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[407]]-[[408]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Gaio Elio Pompeio Porfirio Proculo]]<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[408]]-[[409]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">Donato<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">[[Macrobio Palladio]]<ref name=Barnes83/></div>
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| colspan=6 | <div align="center">Apringio<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[411]]-[[412]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">Euchario<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[412]]-[[414]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">Q.[[Senzio Fabricio Giuliano]]<ref name=Barnes83/></div>
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| bgcolor="lightgrey" | <div align="center">[[415]]</div>
| colspan=6 | <div align="center">[[Aurelio Anicio Simmaco]]<ref>Durante il suo mandato ricevette una citazione nel ''[[Codex Theodosianus]]'', XI, 30.65a.</ref></div>
|}
== Note ==
{{<references|2}}/>
== Bibliografia ==
* [[Lorenzo Baratter]], ''Dall'Alpenvorland a Via Rasella'', Trento, Publilux, [[2003]].
* Lorenzo Baratter, ''Le Dolomiti del Terzo Reich'', Milano, Mursia, [[2005]].
* [[Rosario Bentivegna]], [[Cesare De Simone]]. ''Operazione via Rasella. Verità e menzogna: i protagonisti raccontano''. Roma, Editori Riuniti, 1996. ISBN 88-359-4171-7.
* Rosario Bentivegna, ''Achtung Banditen! Prima e dopo via Rasella''. Mursia, 2004. ISBN 978-88-425-3218-7.
* Rosario Bentivegna, ''Via Rasella. La storia mistificata. Carteggio con Bruno Vespa''. Roma, Manifestolibri, 2006. ISBN 978-88-7285-447-1.
*{{cita libro|Alberto|Benzoni|coautori=Elisa Benzoni|Attentato e rappresaglia. Il PCI e via Rasella|1999|Marsilio|Venezia|id=ISBN 88-317-7169-8}}
*{{cita libro|Giorgio|Candeloro|wkautore=Giorgio Candeloro|Storia dell’Italia moderna vol. X|url=http://books.google.com/books?id=ibveavC2lE0C|datadiaccesso=2-9-2009|1986|Feltrinelli|Milano|pagine=pp. 269-273.|id=ISBN 88-07-80805-6|cid=Candeloro}}
* [[Carla Capponi]], ''Con cuore di donna'', Milano, Il Saggiatore, 2000.
* Amedeo Osti Guerrazzi, ''Caino a Roma. I complici romani della Shoah''. Cooper, 2004
* [[Robert Katz]], ''Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine''. Net/Il Saggiatore, 2004. ISBN 978-88-515-2153-0.
* [[Albert Kesselring]], ''Soldato fino all’ultimo giorno''. Gorizia, LEG, 2007
*{{cita libro|Aurelio|Lepre|Via Rasella. Leggenda e realtà della Resistenza a Roma|1996|Laterza|Bari|id=ISBN 88-420-5026-1|cid=Lepre}}
*{{cita libro|Sandro|Pertini|coautori=[[Gianni Bisiach]]|Pertini racconta|1983|Mondadori|Milano|cid=Pertini}}
* [[Giorgio Pisanò]], ''Storia della Guerra civile in Italia''. CED, 1967
*{{cita libro|Alessandro|Portelli|wkautore=Alessandro Portelli|L'ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria|url=http://books.google.it/books?id=-8Lk8E3QsggC|datadiaccesso=21-3-2009|1999|Donzelli Editore|Roma|id=ISBN 88-7989-457-9|cid=Portelli}}
* {{de}} Steffen Prauser, ''Mord in Rom? Der Anschlag in der Via Rasella und die deutsche Vergeltung in den Fosse Ardeatine im März 1944'', in «Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte», 50, 2002, pp. 269-302.
* [[Bruno Spampanato]], ''Contromemoriale''. CEN, 1974
* [[Peter Tompkins]], ''L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista''. Il Saggiatore, 2005
* [[Gerald Steinacher]], ''Roma, Marzo 1944: il Polizeiregiment Bozen e l’attentato di Via Rasella'', in: Carlo Romeo, Piero Agostini (a cura di), Trentino e Alto Adige, Province del Reich, Trento 2002, pag. 283-288.
* Renato Venditti, ''La cricca. Vita di famiglia nella dittatura'', Roma, Nutrimenti 2008 ISBN 978-88-95842-14-1.
* [[Ascanio Celestini]], ''Radio Clandestina. Memoria delle Fosse ardeatine''. Roma, [[Donzelli]], 2005 (testo e DVD; con un'introduzione di [[Alessandro Portelli]]). ISBN 978-88-7989-920-8.
== Filmografia ==
* ''[[Dieci italiani per un tedesco (Via Rasella)]]'' ([[1962]]), diretto da [[Filippo Walter Ratti]], con [[Gino Cervi]], [[Andrea Checchi]], [[Sergio Fantoni]], [[Ivo Garrani]].
* ''[[Rappresaglia (film 1973)|Rappresaglia]]'' ([[1973]]), diretto da [[George Pan Cosmatos]], prodotto da [[Carlo Ponti]], con [[Marcello Mastroianni]], [[Richard Burton]], [[Renzo Montagnani]], [[Delia Boccardo]]. Tratto da ''[[Morte a Roma]]'' di [[Robert Katz]]. Il film, anche se un po' romanzato, offre una valida ricostruzione dell'azione di via Rasella, dell'eccidio delle Fosse Ardeatine e del comportamento della Chiesa in merito a tali avvenimenti.
* ''[[La buona battaglia - Don Pietro Pappagallo]]'' ([[2006]]), [[miniserie televisiva]] di [[Gianfranco Albano]], con [[Flavio Insinna]].
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=66 La Storia siamo noi, "Morte a Roma"] ampio documentario storico, documenti e testimonianze sull'[[Eccidio delle Fosse Ardeatine]] e l'attacco di via Rasella.
* [http://www.icsm.it/articoli/documenti/processi.html I testi completi di tutte le sentenze relative alle Fosse Ardeatine]
* [http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/rasella-condanna/rasella-condanna/rasella-condanna.html Sentenza della Cassazione: ''via Rasella fu un legittimo atto di guerra'' (2007)]
* [http://www.romacivica.net/anpiroma/resistenza/resistenza3c.htm Sentenza della Cassazione: ''via Rasella fu una "legittima azione di guerra"'' (1999)].
* [http://www.novecentoitaliano.it/Portale/contesto_BiblDocsDiz.aspx?id=1702&idDiz=11776 Scheda sul sito Novecento italiano: itinerari storico-culturali nel Lazio]
*[http://www.memoro.org/it/L-attacco-di-via-Rasella_571.html La testimonianza di Alberto Filippi sui fatti di Via Rasella], da memoro.org
{{ResistenzaProvince italianaromane}}
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[[Categoria:ResistenzaListe neldi Laziogovernatori romani|Africa proconsolare]]
[[Categoria:BattaglieGovernatori nellaromani Resistenza italianadell'Africa|Via Rasella!]]
[[Categoria:Governatori provinciali romani]]
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