Aleksandr Aleksandrovič Kvjatkovskij e Discussione:Venalità delle cariche: differenze tra le pagine

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{{Progetti interessati
{{Bio
|progetto= storia
|Nome = Aleksandr Aleksandrovič
|progetto2= politica
|Cognome = Kvjatkovskij
|accuratezza= c
|PostCognomeVirgola = {{russo| Александр Александрович Квятковский}}
|Sesso scrittura= Mb
|fonti= c
|LuogoNascita = Tomsk
|immagini= d
|GiornoMeseNascita = gennaio
|note=
|AnnoNascita = 1853
|utente= Retaggio
|LuogoMorte = San Pietroburgo
|data = giugno 2018}}
|GiornoMeseMorte = 16 novembre
|AnnoMorte = 1880
|Attività = rivoluzionario
|Epoca = 1800
|Nazionalità = russo
|PostNazionalità =
|Immagine = Kvjatkovskij1.jpg
|DimImmagine = 210
}}
Partecipò all'[[andata nel popolo]], fu tra i membri fondatori di [[Zemlja i Volja]] e di [[Narodnaja volja]], del cui Comitato esecutivo fece parte fino all'arresto. Condannato a morte per complicità nell'attacco al [[Palazzo d'Inverno]] del 17 febbraio 1880, fu impiccato.
== Biografia ==
=== Origine e formazione ===
[[File:Liceo maschile Tomsk.jpg|thumb|left|upright=1.1|Il liceo di Tomsk]]
Dopo la prima [[Rivolta di Novembre|rivolta]] della nobiltà polacca contro il giogo oppressivo dell'impero zarista, nel novembre del [[1830]], i tre fratelli Kvjatkovskij, eredi di un'antica famiglia principesca, furono esiliati in [[Siberia]]. Trascorso qualche tempo, due dei fratelli tornarono in [[Polonia]], mentre il terzo, Aleksandr, si stabilì a Tomsk, dove acquisì la proprietà di alcune miniere d'oro e ebbe tre figli:Julja, Timofej e Aleksandr.<ref>[http://9musesjournal.wordpress.com/2013/12/14/евгений-деменок-одиссея-моей-семьи/comment-page-1/ Evgenij Demenok. Odissea della mia famiglia.]</ref> I ragazzi erano i cugini diretti di Antonia, la moglie di [[Michail Aleksandrovič Bakunin|Bakunin]].<ref>Franco Venturi, ''Il populismo russo III. Dall'andata nel popolo al terrorismo'', Torino, 1972, p.396.</ref>
 
==Contenuti della voce==
Aleksandr nacque in un giorno imprecisato nella prima metà del mese di gennaio del 1853,<ref>[http://dic.academic.ru/dic.nsf/bse/94716/Квятковский Note biografiche in «Grande Enciclopedia Sovietica»]</ref> e fin da piccolo palesò un animo sensibile che lo portò a guardare il duro lavoro dei minatori di suo padre con intima sofferenza. Indole riflessiva e attenta, non era interessato ai passatempi soliti dei bambini e dedicava tutto il suo tempo alla lettura. Lo si vedeva sempre chino sui libri, anche a pranzo, e a nulla valevano i rimbrotti e le punizioni paterne.
La voce, dal mio punto di vista, è del tutto insoddisfacente. Confonde la venalità degli uffici (una pratica molto diffusa negli stati europei di ''ancien régime'', che consisteva nell'alienazione e nel diritto di trasmissione ereditaria delle cariche delle amministrazioni pubbliche in seguito al versamento di somme pecuniarie) con altre forme di "venalità" presenti e riscontrabili in epoche diverse e con differenti finalità, che sono da ascrivere semmai al campo della corruzione o sono da intendersi semplicemente come manifestazioni dell'importanza dell'uso denaro nell'esercizio del potere.<br/>
Vorrei inoltre segnalare che è a mio avviso una palese forzatura inserire tra gli esempi di venalità delle cariche l'appalto delle imposte (l'esempio del pubblicano del Vangelo, ma anche di numerosi altri appaltatori di imposte durante il medioevo e gran parte dell'età moderna: gli appaltatori non erano "pubblici ufficiali"<ref>Su questo, mi pare che la nozione di [[pubblico ufficiale]] modernamente intesa sia molto ampia, e/o non sia applicabile alle epoche storiche in esame. (Filippof)</ref>, non detenevano cariche civili, né tantomeno poteri giurisdizionali<ref>E perché la venalità delle cariche dovrebbe essere circoscritta all'esercizio della [[giurisdizione]]? Dove mai ho scritto qualcosa del genere? (Filippof)</ref>), la formazione di contingenti militari o eserciti privati (l'esempio dei reggimenti: gli ufficiali delle gerarchie militari non sono "pubblici ufficiali", semmai rientrano in questa categoria quegli ufficiali militari dotati anche di poteri giurisdizionali<ref>E perché? Mi pare che continuiamo a confondere "cariche pubbliche" con "giurisdizione", concetto assai più ristretto. (Filippof)</ref>, come i castellani in epoca rinascimentale), e soprattutto cariche derivanti da elezione e non da nomina<ref>Che differenza fa se "compro" il Grande Elettore piuttosto che la carica in quanto tale? (Filippof)</ref>(l'esempio di Carlo V d'Asburgo, gli imperatori erano eletti e non nominati).<br/>
Alcune considerazioni sono poi totalmente inesatte, come ad esempio l'affermazione secondo la quale la venalità delle cariche sarebbe una testimonianza dei processi di cristallizzazione sociale e di chiusura aristocratica della società: al contrario (come si può leggere anche nella prima delle fonti citate) la venalità degli uffici era uno dei principali strumenti di ascesa sociale<ref>Qui posso parzialmente convenire, nel senso di ammettere che la venalità delle cariche permettesse alla [[borghesia]] di attingere a dignità "ex-nobiliari". (Filippof)</ref>, permettendo anche a individui provenienti dai ceti inferiori di accedere alla cosiddetta nobiltà di toga.<br/>
Infine credo che una bibliografia minima relativa alla venalità delle cariche non possa prescindere, quanto meno, dal citare i lavori di Roland Mousnier, Klaus Malettke, Federico Chabod, Salvo Mastellone...<br/>
[[Utente:RBell|RBell]] 12:22, 21 set 2007 (CEST)
 
=== Grazie… ===
A dieci anni fu iscritto al liceo e qui, entrato in un circolo studentesco che professava l'autoeducazione, si formò compiutamente il suo abito morale e mentale. Cominciò a vivere modestamente, rifuggendo dalle comodità, rifiutando anche di coprirsi con la pelliccia nel gelido inverno siberiano perché era quello un lusso non alla portata di tutti, e dando lezioni per mantenersi con i propri mezzi. Diplomatisi nel 1870, seguì il fratello maggiore (Timofej era nato nel 1852) a [[San Pietroburgo]] per frequentare l'Istituto tecnologico, che lascerà nel [[1874]] allorquando decise di «andare nel popolo».<ref>[http://www.hrono.ru/biograf/bio_k/kvatkovsky.html ''In memoria di Aleksandr Kvjatkovskij'']</ref>
Mi scuso per aver letto solo ora le tue interessanti critiche alla "mia" voce in oggetto (mi riservo di ritornarci, ora ''dovrei'' andare al lavoro…).
 
Nel pregarti di voler modificare le parti che a tuo avviso "non vanno proprio", e/o suggerirmi delle "tracce" che io potrei poi sviluppare/adattare, desidererei che ''medio tempore'' mi indicassi per esteso la bibliografia che — sempre a tuo avviso — non può mancare.
=== L'attività rivoluzionaria. Dall'andata nel popolo a Narodnaja volja ===
Il lavoro tra il popolo cominciò nel [[governatorato di Tula]], in cui Aleksandr assieme al fratello aprì una bottega per fabbri che volsero presto in un ''artel''', con l'intento di mostrare la bontà di un sistema produttivo solidale.<ref>Un ''artel''' era un'associazione cooperativistica artigianale.</ref> Alcuni anni più tardi, Kvjatkovskij riaffermerà la convenienza di questo modello economico parlando dello Stato che dovrà nascere dalle macerie del vecchio mondo, e dirà che suo scopo sarà «mettere in luce i vantaggi offerti dalla produzione cooperativa» ed «evidenziare l'assurdità del modo di produzione capitalistico»<ref>Sigizmund N. Valk, ''Dichiarazione autobiografica di A. A. Kvjatkovskij'', in «Krasnyj archiv», vol. I, 1926, p. 17.</ref> A novembre Aleksandr fu arrestato per essere rilasciato nell'aprile successivo, mentre Timofej riuscì a fuggire dopo essere stato anch'egli catturato e continuò l'attività di propagandista tra i settari di [[Kiev]]. Tuttavia, nella breve biografia pubblicata dai ''narodovol'cy'' sul giornale di partito, uscito un mese dopo l'esecuzione di Kvjatkovskij, non si parla di arresto ma di una debilitazione fisica di Aleksandr, ristabilitosi dalla quale sarebbe tornato in azione nel distretto di Efremov, sempre nel governatorato di Tula, per trasferirsi a [[Kostroma (città)|Kostroma]] a seguito della denuncia di un vicino.<ref>[http://hrono.ru/biograf/bio_k/kvatkovsy.html ''In memoria di Kvjatkovskij'', cit] </ref>
 
Io mi '''diletto''' soltanto di storia, sociologia, diritto… insomma, scienze sociali in genere, ma mi sembra che tu sia più professionale in merito.
Qui s'impiegò per circa sei mesi come operaio metallurgico nella fabbrica Šilov, addetta pure alla costruzione di navi per la flotta. Il «pesante lavoro da bestie» lo sfiancò e alla fine del 1875, Kvjatkovskij era nella capitale dove, tra la primavera e l'estate del [[1876]], fu tra i membri fondatori di [[Zemlja i volja]].
 
Lieto dell'incontro, e fiducioso in una feconda collaborazione.
Per poco meno di un anno, dal luglio del 1876 al giugno del [[1877]], fece il bracciante a [[Niznij Novgorod]], nella colonia populista che aveva contribuito a creare. Poi, per sfuggire alla persecuzione poliziesca, si spostò nella regione del Volga, precisamente nell'area di [[Voronež]], luoghi in cui con [[Michail Rodionovič Popov|Michail Popov]] (1851-1908) andò girovagando come umile venditore ambulante.<ref>[http://hrono.ru/biograf/bio_k/kvatkovsky.html ''Ibid'']</ref>
--[[Utente:Filippof|Filippof]] - [[Discussioni_Utente:Filippof|Discutimi]] 08:12, 17 gen 2008 (CET)
 
=== Replica di RBell ===
[[File:Presnjakov AK.jpg|thumb|upright=0.8|Andrej Presnjakov]]
Mi sembra che il principale punto di disaccordo (al di là di alcune divergenze di vedute relative a fatti secondari) stia nell'interpretazione da dare al termine venalità delle cariche: tu lo interpreti in maniera, per così dire, più estensiva; io invece lo circoscrivo entro limiti molto più ristretti. In conseguenza di questo la voce risulta a mio avviso sbilanciata, nel senso che dedica molto spazio a temi e fatti che riguardano la venalità in generale (ma non degli uffici), o gli antecedenti storici della v.d.u., o ancora quelli che potremmo definire effetti collaterali della v.d.u.; ma tocca soltanto in maniera superficiale il nocciolo del problema.<br />
Nel frattempo aveva costituito con [[Nikolaj Sergeevič Tjutčev|Nikolaj Tjutčev]] (1856-1924) e [[Andrej Korneevič Presnjakov|Andrej Presnjakov]] (1856-1880) un gruppo d'azione pensato per eliminare spie e agenti provocatori. E quando Presnjakov, che nel luglio del 1877 aveva ucciso la spia Nikolaj Šaraškin ed era stato arrestato il 16 ottobre a San Pietroburgo, rischiò il capestro, Kvjatkovskij, in sella al cavallo Varvar (il Barbaro),<ref>Il cavallo, un ex campione di trotto e vincitore di un premio, era stato acquistato dal dottor Orest Eduardovič Vejmar (1845-1885) in occasione della fuga di [[Pëtr Alekseevič Kropotkin]], suo amico, avvenuta l'11 agosto 1876, e sarebbe poi stato impiegato in altre imprese, prima tra tutte, l'omicidio del capo della gendarmeria, generale Mezencov.Cfr. Alex Butterworth, ''Il mondo che non fu mai'', Torino, 2011, pp. 114, 143.</ref> riuscì il 29 aprile [[1878]], con l'aiuto di [[Aleksandr Abramovič Chotinskij|chotinskij]] (1852-1883), a farlo fuggire dal distretto di polizia del quartiere Kolomna dov'era custodito.
Non è che io sia un esperto in materia, la mia è soltanto una personalissima opinione, però per me si può parlare in senso proprio di venalità delle cariche soltanto quando uno Stato (il monarca, il principe, la repubblica ...) procede all'attribuzione delle cariche pubbliche richiedendo ai candidati che verranno nominati a ricoprire gli uffici dell'apparato burocratico statale il versamento di somme di denaro per ottenere tali nomine.<br />
Perché ci sia venalità delle cariche devono insomma essere rispettate alcune condizioni:
* deve esistere uno Stato dotato di un apparato burocratico (anche se in forme molto diverse da quelle degli stati attuali);
* deve esistere la figura dell'ufficiale, inteso come funzionario facente parte di un apparato e subordinato a un potere o a una autorità superiore;
* l'ufficiale deve essere nominato (l'atto che gli conferisce i suoi poteri tecnicamente è detto "lettera patente di nomina") e non eletto, non cooptato, non deve ottenere l'incarico per aggiudicazione d'asta.
* deve esistere l'obbligo al pagamento in denaro per ottenere la nomina (che poi questa sia trasmissibile ereditariamente o decada con la morte dell'ufficiale non è elemento vincolante).<br />
La definizione di venalità delle cariche che viene data in [http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/u/u001.htm] è perfetta: questa è la venalità delle cariche e null'altro. È un fenomeno storico che si sviluppa nei secoli XIV-XVIII, soprattutto in Francia e Spagna, ma con qualche riflesso, magari tardivo e incompleto, anche negli antichi stati italiani del rinascimento e dell'età moderna.<br />
Un'ultima cosa, riguardo ad alcuni punti nelle mie osservazioni: riguardo agli ufficiali dotati di poteri giurisdizionali, il mio era soltanto un esempio, pensavo ad alcuni importanti uffici venali come i balivi in Francia, i castellani sabaudi o i podestà di molte città lombarde; sugli appaltatori delle imposte invece hai ragione, io avevo in mente gli appaltatori delle gabelle o delle tasse sul sale in Lombardia, un caso a parte che non può essere generalizzato; sull'imperatore Carlo V rimango invece della mia opinione, nella sua elezione c'è una componente di venalità, ma non di venalità degli uffici; e così pure mi rimangono molti dubbi sul fatto che nella creazione di eserciti (o di contingenti militari) privati si possano ravvisare elementi attribuibili alla venalità delle cariche.<br />
Grazie per l'attenzione<br />
Ciao, [[Utente:RBell|RBell]] 18:43, 17 gen 2008 (CET)
 
==Venalità della cariche o degli uffici?==
[[File:Aleksandr D Michajlov.jpg|thumb|upright=1.0|Aleksandr Michajlov]]
Ho riflettuto un poco sulla nostra discussione degli ultimi giorni, a proposito del senso più o meno restrittivo da attribuire alla venalità delle cariche. Ho dato per scontato sostenendo la mia tesi che i termini "venalità delle cariche" e "venalità degli uffici" siano dei sinonimi, che indichino la stessa cosa e siano quindi assolutamente intercambiabili tra loro. Ora però mi viene qualche dubbio. Raccogliendo i testi della bibliografia sulla v.d.u. così come la intendo io, e che ti avevo promesso, mi sono reso conto che si parla sempre di venalità degli "uffici" appunto, e quasi mai di "cariche", se non in alcuni testi abbastanza datati. La cosa non è molto chiara e definita, però mi sembra che differenze ci siano. In effetti dicendo "cariche" si comprende una gamma molto più vasta di concetti, che non dicendo "uffici": una carica ad esempio può benissimo essere elettiva e non necessariamente derivare da una nomina; una carica può non essere pubblica, ma privata (anche se parlando di epoche lontane dalla nostra la distinzione tra pubblico e privato può non essere così evidente e marcata); una carica può essere di tipo ecclesiastico (la venalità in questo caso è detta [[simonia]]).<br />
In maggio era a San Pietroburgo per lavorare alla revisione dello statuto organizzativo di Zemlja i Volja, resasi urgente per affrontare le esaltanti sfide che la recente assoluzione da parte della giuria popolare di [[Vera Ivanovna Zasulič|Vera Zasulič]], autrice del ferimento del generale [[Fëdor Fëdorovič Trepov|Trepov]], governatore di San Pietroburgo, lasciava presagire si profilassero all'orizzonte. Sembrava che la società civile si fosse finalmente ridestata dal suo secolare torpore e grandi eventi fossero alle porte, di modo che era priorità indiscussa dei populisti preparare la rivoluzione e coordinare al meglio le forze per dirigerla. Si trattava di inserire in una formazione di rivoluzionari poco inclini alla disciplina e all'obbedienza, proprio questi principi, dotando il partito di un centro direttivo, il «circolo fondamentale», e creando tutta una serie di norme cospirative tese a garantire la sopravvivenza di una struttura clandestina. [[Aleksandr Dmitrievič Michajlov|Aleksandr Michajlov]] fu il fautore più deciso di detta trasformazione, colui che dovette persuadere gli altri ad accogliere con gioia il nuovo tipo d'organizzazione, giacché da essa «attendiamo il massimo bene e vediamo in lei la salvezza». Infatti, persino Kvjatkovskij e [[Aleksej Dmitrievič Obolešev|Obolešev]], artefici con lui della svolta, non nascosero la propria intima sofferenza per quell'evoluzione che limitava le libertà di ciascuno. Scrisse Kvjatkovskij in una nota che il «circolo fondamentale» era «un male necessario», determinato dall'inesperienza e dalla mancanza di senso pratico «d'un notevole numero di rivoluzionari russi», nonché «dalla difficoltà della situazione in cui si svolge la nostra azione».<ref>F. Venturi, ''op. cit., pp. 236-237.</ref> Fu però solo dopo l'arresto, nell'ottobre successivo, di buona parte del nucleo dirigente di Zemlja i Volja che la concezione professata da Michajlov penetrò e si affermò nell'organizzazione.
La mia proposta a questo punto è di mantenere l’attuale impostazione della voce, modificando la definizione della voce in modo da applicarle un significato più estensivo. Qualcosa del tipo:<br />
:La '''venalità delle cariche''' è una pratica di assegnazione delle cariche, degli uffici o di ogni altro incarico, pubblico o privato, civile o ecclesiastico, basata sulla vendita e sull’acquisto delle medesime, sia in forma di transazione legale e autorizzata, sia nel caso la compravendita abbia luogo illegalmente.<br />
E quindi creare una nuova sezione (o ampliare la sezione "Nozione più restrittiva" che hai già creato) o addirittura (e forse è la soluzione migliore...) creare una nuova voce: '''Venalità degli uffici''' o '''Venalità degli uffici pubblici''' (sulla seconda ho sempre qualche riserva sul termine "pubblici"). Nella quale sviluppare l’argomento (che è sicuramente molto più specifico e dai limiti molto più ristretti, forse addirittura un po’ troppo "specialistico"), magari evidenziando le differenze esistenti nelle differenti epoche, magari spiegando le peculiarità dei sistemi in uso nei vari stati europei e italiani, sicuramente aggiungendovi la bibliografia (a cui sto lavorando e che è incredibilmente vasta, forse troppo...). Di questo ovviamente, anche se con una certa gradualità, per il poco tempo a disposizione, posso farmi carico io.<br />
Questa potrebbe essere una buona soluzione, secondo me.
[[Utente:RBell|RBell]] 12:46, 19 gen 2008 (CET)
 
== Note ==
[[File:Porfirij Vojnoral'skij.jpg|thumb|upright=0.8|Porfirij Vojnaral'skij ai lavori forzati]]
{{references|2}}
Il 13 luglio Kvjatkovskij partecipò, con i migliori elementi del sud e diversi altri esponenti di spicco di Zemlja i Volja riuniti da [[Sof'ja L'vovna Perovskaja|Sof'ja Perovskaja]], allo sfortunato tentativo di far evadere [[Porfirij Ivanovič Vojnaral'skij|Porfirij Vojnaral'skij]] lungo il tratto di strada tra [[Char'kov]] e [[Čuguev]], nel mentre veniva condotto alla prigione centrale di Novo Belgorod (ora Pečenegi). [[Nikolaj Aleksandrovič Morozov|Morozov]] e [[Aleksandr Dmitrievič Michajlov|Michajlov]] avevano comprato sette revolver militari e un coltello marinaresco per tagliare le cinghie dei cavalli e fermare la carrozza su cui doveva essere portato il prigioniero, dopo di che si sarebbe provveduto a liberarlo. disarmando o uccidendo i gendarmi di scorta. Secondo il racconto di Morozov, [[Aleksandr Ivanovič Barannikov|Barannikov]] e [[Michail Fëdorovič Frolenko|Frolenko]], travestiti da gendarmi, fecero fermare la carrozza e spararono alle due guardie sedute a cassetta. Frolenko mancò il bersaglio, non Barannikov che ferì uno dei gendarmi. A Vojnaral'skij, che era incatenato alla panca, non riuscì di approfittare della situazione per fuggire, e a quel punto la carrozza prese il volo, inseguita senza successo da Frolenko e Barannikov. Il cavallo di Kvjatkovskij, che precedeva il veicolo, al rumore degli spari s'era impennato e Aleksandr non poté sparare dalla postazione favorevole in cui si trovava . Dovette perciò attendere che il mezzo gli passasse davanti e colpire da dietro perché a distanza ravvicinata non c'era modo di schivare i proiettili delle guardie. Scaricò l'intera cartuccia del suo revolver senza rendere inoffensivo il cocchiere del carro, il quale alla fine si dileguò. Resta inspiegabile come mai Barannikov e Frolenko non tagliarono le tirelle che avrebbero fatto scappare i cavalli, pur muniti di un'arma capace di trinciare le robuste corde dei bastimenti.<ref>[http://narodnaya-volya.ru/gun.php#Освобождение_Войнаральского ''La liberazione di Vojnaral'skij'' nel racconto di N. Morozov]</ref>
 
== Propongo di eliminare la castroneria sulla discriminazione sessuale ==
[[File:Solov'ev.jpg|thumb|upright=0.8|Aleksandr Solov'ëv]]
Nel febbraio del [[1879]] [[Aleksandr Konstantinovič Solov'ëv|Aleksandr Solov'ëv]] contattò Michajlov e Kvjatkovskij per renderli partecipi della sua inflessibile volontà di attentare alla vita di [[Alessandro II di Russia|Alessandro II]]. Desiderava agire da solo e non domandava altro aiuto che un [[rivoltella|revolver]]. Nel corso della riunione in cui Michajlov informò il «circolo fondamentale» della novità, tacendo tuttavia il nome dell'aspirante zaricida, si scatenò il putiferio. [[Vasilij Nikolaevič Ignatov|Vasilij Ignatov]] (1854-1884) dichiarò che se il progetto non fosse stato abbandonato, bisognava avvertire in forma anonima la polizia, e Popov, che pure aveva da poco ucciso una spia e dunque non era per principio contrario al terrorismo politico, evocò addirittura l'uomo che, secondo la leggenda diffusa ad arte dalle autorità, avrebbe colpito il braccio di [[Dmitrij Vladimirovič Karakozov|Karakozov]] deviando la traiettoria della pallottola sparata contro l'imperatore e sventando così l'assassinio: «Se dovesse esserci un Karakozov tra noi, chissà non compaia pure un altro Komissarov che rifiuta le vostre decisioni». A quelle parole, Kvjatkovskij minacciò di morte l'amico d'un tempo, se si fosse proprio lui rivelato «un simile Komissarov».<ref>Michail R. Popov, ''Memorie di uno di «Zemlja i Volja», Mosca, 1933, p.202.</ref>
 
Trattasi di assoluta castroneria, per ovvi motivi. Ma siccome "stupiditas imperat", mi spiego: L'impossibilità delle donne di combattere con armamento da campo non è una discriminazione. Il problema di "discriminare le donne" non si è mai posto a chi doveva organizzare un esercito.
Kvjatkovskij era stato nel novero di quei propagandisti che con più entusiasmo e fiducia s'erano gettati nel popolo. Ammirava la forza e il lavoro dei contadini, la purezza del loro mondo arcaico pieno di saggezza, nel quale scorgeva, tra le pieghe di una stanca rassegnazione, i sintomi di una latente ribellione. Il fatto che, a partire dall'autunno del 1878 quando Michajlov lo richiamò a San Pietroburgo in pianta stabile, fosse divenuto un fautore del terrorismo si spiega, come scrive Popov, con il suo temperamento ardente che trovava sfogo nell'azione immediata, ma anche con la necessità di accelerare il corso degli eventi, di giungere al rivolgimento generale della Russia il più presto possibile, prima che i «veleni della civiltà borghese» fossero penetrati tanto in profondità da distruggere la base stessa della vita comunitaria del popolo: l'''obščina''. Kvjatkovskij, quindi, pur aderendo alla fazione terrorista, restava sempre un populista nell'inalterata persuasione che la rivoluzione sociale nel suo paese non potesse essere che contadina.<ref>''Ibid'', p.200.</ref>
 
== Altra castroneria da eliminare: confusione di ideologia e mentalità ==
Subito dopo il tentativo di Solov'ëv, che aveva avuto il merito di far emergere i dissidi interni a Zemlja i Volja e la coesistenza ''de facto'' di due distinte e inconciliabili organizzazioni in seno al partito, la corrente propugnatrice della lotta frontale contro il governo, capitanata da Michajlov, Kvjatkovskij e Morozov, creò il gruppo della «Svoboda ili smert'» (Libertà o morte). Nonostante il nome marziale, in realtà, «Svoboda ili smert'» non fu mai altro che un laboratorio tecnico mirante alla produzione casalinga di [[nitroglicerina]], il quale cominciò a ingranare solo nella tarda primavera, con l'ingresso di [[Stepan Grigor'evič Širjaev|Stepan Širjaev]] (1857-1881) e [[Nikolaj Ivanovič Kibal'čič|Nikolaj Kibal'čič]].
 
"Sul piano dell'ideologia, evidentemente la venalità delle cariche è il riflesso di una mentalità incapace di distinguere il patrimonio dello stato da quello del re e/o dell'élite dominante."
[[File:Ivanova s2.jpg|thumb|upright=0.8|Sofija Ivanova]]
Questa frase è completamente insensata. Confonde mentalità e ideologia e dimostra totale incomprensione dell'ordine feudale.
Il gruppo possedeva due appartamenti: un laboratorio di dinamite, sito nel vicolo Baskov; e una [[dacia (abitazione)|dacia]] a Lesnoe, quartiere periferico della capitale, facente funzione di luogo d'incontro a fini cospiratori. Quest'ultimo fu gestito da Kvjatkovskij e da [[Sofija Andreevna Ivanova Borejša|Sofija Ivanova]], che s'erano stabiliti sul posto come una coppia di turisti. Vivendo insieme, s'innamorarono per davvero ed ebbero un figlio.<ref>[http://www.narovol.narod.ru/svs.htm ''Libertà o morte. Feb-giu 1879'']</ref>
 
Il 29 giugno a [[Lipeck]], Aleksandr Aleksandrovič fu tra gli undici partecipanti al congresso interlocutorio della fazione terrorista, che precedette quello ufficiale convocato a [[Voronež]] per provare a sanare il conflitto tra le due anime del partito o procedere alla scissione, e con Michajlov, Morozov [[Andrej Ivanovič Željabov|Željabov]] e [[Lev Aleksandrovič Tichomirov|Tichomirov]], uno degli autori del programma che avrebbe dovuto soppiantare il vecchio documento di Zemlja i Volja, ritenuto ormai superato dagli eventi e che sarà adottato senza variazioni da [[Narodnaja volja]].
 
Dopo Lipeck, l'appartamento a Lesnoe fu liquidato. La Ivanova si trasferì al vicolo Sapernij, dove Michajlov, [[Aaron Isakovič Zundelevič|Zundelevič]] (1857-1923) e lo stesso Kvjatkovskij stavano organizzando la stamperia, mentre Aleksandr traslocò al vicolo Leštukov, edificio 13, appartamento 22, casa sicura da governare con [[Evgenija Nikolaevna Figner|Evgenija Figner]] e nella quale, ai primi d'autunno, fu ufficializzata e celebrata la nascita di Narodnaja volja.
 
Membro del Comitato esecutivo e della ristretta cerchia degli eletti alla Commissione amministrativa, Kvjatkovskij non partecipò al grande progetto d'attentato al treno imperiale del novembre 1879, per occuparsi degli affari del partito nella capitale e
tenere i rapporti con [[Stepan Nikolaevič Chalturin|Stepan Chalturin]], che lavorava all'ambizioso, inaudito piano di provocare un'esplosione all'interno del [[Palazzo d'Inverno]], presso cui era impiegato come ebanista. Il tentativo era ancora nelle fasi iniziali d'esecuzione e non godeva di molta considerazione in virtù del fatto che tutta l'attenzione dei ''narodovol'cy'' era concentrata sulla linea ferroviaria Char'kov-Mosca-San Pietroburgo. Tuttavia Kvjatkovskij, aveva ricevuto l'incarico di consegnare saltuariamente piccole quantità di dinamite a Chalturin, per non lasciar cadere nessuna occasione di eliminare l'odiato tiranno.
 
Il 7 dicembre Kvjatkovskij mancò l'appuntamento con Chalturin, perché la mattina del giorno prima era stato arrestato. Evgenija Figner aveva dato in custodia alla sua amica, Ljubov Bogoslovskaja, una balla di letteratura illegale. La ragazza, a sua volta, l'aveva affidata a Viktor Almazov, suo vicino di casa e forse qualcosa di più intimo. Almazov era però una spia della Terza Sezione infiltrata negli ambienti studenteschi, e riferì alla polizia, portando con sé il materiale proibito. Immediatamente arrestata, la Bogoslovskaja fece il nome di Evgenija Pavlovna Poberežskaja, cioè la Figner. Dai registri dove ogni cittadino era censito, si scoprì il luogo di residenza della donna, che fu arrestata, e con lei Kvjatkovskij, suo coinquilino. Nell'appartamento furono sequestrati diversi chili di dinamite, da destinare di volta in volta a Chalturin e alcuni foglietti misteriosi, su uno dei quali era tracciata una croce. Il significato nascosto di quel segno, che Kvjatkovskij non chiarì mai dicendo che le carte non erano sue, si sarebbe rivelato tre mesi dopo, precisamente il 17 febbraio, allorché un'esplosione scosse l'ala ovest del Palazzo d'Inverno. <ref>[http://narovol.narod.ru/kibal9.htm Vasilij I. Ivaščenko, Arkadij S. Kravec, ''Nikolaj Ivanovič Kibal'čič'', cap. XI]</ref>
 
=== Il processo ===
[[File:Leyht Stepan.jpg|thumb|left|upright=0.8|Il presidente del tribunale militare, generale Lejcht]]
[[File:Stepan Shirjaev.jpg|thumb|left|upright=1.0|Stepan Širjaev]]
Il 30 gennaio [[1880]] la polizia prendeva d'assalto la stamperia sul Sapernyj. Furono tutti arrestati, compresa la Ivanova, tranne uno dei giovani tipografi, che si suicidò con un colpo di pistola. Il 16 dicembre cadde Širjaev, il 5 agosto, fu la volta di Presnjakov. Kvjatkovskij, i succitati, e altri personaggi, tra cui Aaron Zundelevič, l'acquirente della macchina tipografica, per un numero complessivo di sedici imputati, furono processati dal tribunale del distretto militare di San Pietroburgo, presieduto dal generale Stepan Andreevič Lejcht (1831-1907), dal 6 all'11 novembre del 1880. Era il primo processo contro Narodnaja volja, il primo in cui erano sotto accusa membri del Comitato esecutivo, vale a dire: Kvjatkovskij, la [[Sofija Andreevna Ivanova Borejša|Ivanova]], il capo tipografo [[Nikolaj Konstantinovič Buch|Buch]] (1853-dopo 1934), [[Aaron Isakovič Zundelevič|Zundelevič]] e [[Stepan Grigor'evič Širjaev|Širjaev]].<ref>[http://narodnaya-volya.ru/document/ikperson.php ''La composizione del Comitato esecutivo di «Narodnaja volja», dal 15 (27) agosto 1879 al 1(13) marzo 1881'']</ref> Gran parte dell'impianto accusatorio fu costruito sulla base delle confessioni estorte con l'inganno a [[Grigorij Davidovič Gol'denberg|Gol'denberg]] (1855-1880) dal procuratore [[Anton Francevič Dobržinskij|Dobržinskij]] (1844-1897). Al momento del dibattimento, la vittima del raggiro non era in aula, essendosi impiccata il 27 luglio, ma le sue dichiarazioni firmate furono ripetutamente chiamate in causa e lette.
 
Kvjatkovskij e Širjaev fecero, in risposta alle accuse, due lunghi discorsi programmatici. Il 7 novembre, Aleksandr tentò di spiegare che le affermazioni di Gol'denberg erano in alcuni punti imprecise, e in altre false. In particolare, il congresso di [[Lipeck]], cui erano stati invitati a partecipare anche rivoluzionari che non militavano in Zemlja i Volja, come lo stesso Gol'denberg e Širjaev, aveva principalmente lo scopo di elaborare un nuovo programma in vista del congresso ufficiale del partito populista, che doveva tenersi a [[Voronež]], e solo secondariamente di discutere del regicidio. Inoltre, Kvjatkovskij rifiutò la denominazione di «terrorista» data da Gol'denberg alla frangia di Zemlja i Volja che si era riunita a Lipeck, e affermò: «... Credo che non ci sia alcun vero partito terrorista in Russia. Almeno non che io sappia. Dall'atto d'accusa si evince che l'evoluzione della vecchia organizzazione populista sia consistita principalmente nell'introdurre la lotta politica per mezzo del terrorismo, e che il terrorismo sia stato la sua nota dominante. Ma anche prima del congresso di Lipeck esistevano gli omicidi politici e c'è stato un tentativo di regicidio». E dopo che il presidente del tribunale vietò a Kvjatkovskij di esporre i particolari del programma formulato a Lipeck e l'ebbe esortato a
disquisire solo della decisione presa al Congresso di uccidere il sovrano, ammise che il secondo punto in agenda era quello, nel senso che fu posto «il problema di un nuovo attacco contro l'imperatore». Il gran numero di esecuzioni effettuate a San Pietroburgo e al sud, i tanti compagni sepolti nelle carceri, le migliaia di condanne penali e amministrative all'esilio, avevano riportato alla ribalta l'ipotesi di attentare nuovamente alla vita dello zar. Ma l'effettiva messa in atto del proponimento omicida era condizionato dall'esito del processo che doveva tenersi a luglio.<ref>Si allude al processo in cui tra gli altri era imputato [[Dmitrij Andreevič Lizogub|Lizogub]], celebratosi a [[Odessa]].</ref> Se il verdetto avesse decretato l'impiccagione dei rivoluzionari, allora bisognava eseguire la sentenza di morte del sovrano.<ref>[http://www.hrono.ru/dokum/1800dok/1880kvyat.html ''La testimonianza di Kvjatkovskij del 26 ottobre (7 novembre) 1880'']</ref>
 
Il 10 novembre, Kvjatkovskij pronunciò un lungo discorso in cui fece una breve storia di [[Zemlja i Volja]] e sottolineò le differenze tra la vecchia impostazione e la nuova, che produssero la scissione e la nascita di [[Narodnaja volja]].
 
«L'atteggiamento critico nei confronti della nostra attività, l'analisi dei fatti, e i dati raccolti nel corso dell'''andata nel popolo'', sono serviti ad elaborare un nuovo programma sulla base di elementi non astratti, ma empirici, tratti dall'osservazione della vita della gente. È su queste solide fondamenta che è stato costruito il programma del partito populista. Vorrei ora tracciare le linee guida di questo programma, avendo il partito della ''Narodnaja volja'', cui ho l'onore di appartenere, apportato diverse modifiche».
 
«Il principio fondamentale di questo programma è il seguente: ogni epoca storica deve porsi degli obiettivi concreti, e magari non saranno né il massimo né il meglio, ma occorre che incarnino la realtà sociale. Per quanto il partito possa essere forte, non potrà mai cambiare la visione del mondo che hanno formato secoli di storia. Di conseguenza, il partito deve lavorare per realizzare quei desideri, quelle aspirazioni che già esistono nel popolo. L'espediente per raggiungere questo scopo è insediarsi in un distretto, più o meno importante, a seconda dei mezzi del partito, e divenire per così dire un cittadino del luogo, conquistare la fiducia e il rispetto della gente e portarla alla presa di coscienza dei suoi bisogni ed esigenze, sia che siano legali, sia che non lo siano. L'espediente da me illustrato dovrebbe essere inteso come un preliminare, giacché, in ultima analisi, la realizzazione delle aspirazioni popolari può avvenire solo attraverso una rivolta popolare...».
 
«Ora vorrei soffermarmi sull'essenza, sul nocciolo del nostro programma e lei, signor giudice, sarà in grado di confrontare i due, e di comprendere le ragioni che hanno determinato la scissione del partito populista. Da tanto ci chiamano anarchici, ma non è per niente vero. Nei nostri obiettivi concreti non abbiamo mai negato lo stato in generale. Quello che neghiamo è una forma di organizzazione statale che tuteli unicamente gli interessi di un'infima parte della società, dei capitalisti, dei proprietari terrieri, dei funzionari governativi, ecc., e che è la causa principale della situazione in cui versa il popolo. Noi sosteniamo che lo Stato, al contrario, deve fare gli interessi della maggioranza del popolo, e ciò può essere soddisfatto solo trasferendo il potere al popolo, per mezzo di un'attiva partecipazione alla vita pubblica della nazione...».
 
«Non voglio dire che nel nostro programma non c'è spazio per il terrore. No, questo ramo d'attività esiste, ma ha una rilevanza marginale, se non di terz'ordine, nel nostro programma... Attiene la difesa e la sicurezza dei membri del partito, ma non esaurisce l'intera attività...Per diventare una tigre, non è indispensabile possederne la natura. Può accadere, infatti, che un agnello si faccia tigre. Ma questa trasformazione, beninteso, è temporanea, è provocata dalla necessità, e tale fatale necessità, inevitabilmente cagiona questi penosi — per tutti, non è vero? anche per noi — eventi: gli omicidi politici. Essi sono determinati dallo spaventoso, terribile atteggiamento del governo verso noi rivoluzionari; sono istigati dalla gran mucchio di giovani forze logorate nelle carceri, nelle prigioni centrali, ai lavori forzati; sono fomentati dall'esecuzione di decine dei nostri compagni; sono eccitati dalle eccezionali, anomali leggi, riservate, specificatamente, a noi rivoluzionari».
 
«L'impossibilità di portare a termine qualsiasi tipo di attività sociale concepita per il bene del popolo, l'impossibilità assoluta di godere di una qualsiasi libertà di pensiero, della libertà di vivere e di respirare — tutto questo ha costretto i rivoluzionari russi, la gioventù russa, con le sue umanissime inclinazioni, le più generose, a prendere una strada che, per la sua stessa natura, ripugna al nostro animo».
 
«Ogni giovane, soprattutto russo, ha sempre cercato — e continuerà a cercare — la libertà, come il fogliame delle piante si volta verso la luce e il sole. Ma la reazione del governo verso le sue umane aspirazioni è stata di legarle mani e piedi. Che cosa avrebbe dovuto fare? Rinunciare ai suoi ideali non poteva. Solo una delle due — la morte o il tentativo di difendersi, di abbattere la corona, questa catena che le impedisce di soddisfare le sue più necessarie e legittime aspirazioni umane. È, siffatta, una naturale risposta all'oppressione. Quindi, meglio morire nella lotta che per un suicidio fisico o morale».<ref>[http://historydoc.edu.ru/catalog.asp?cat_ob_no=16500&ob_no=16568 ''Dichiarazione di Kvjatkovskij al processo'']</ref>
 
Kvjatkovskij, Presnjakov, Širjaev, Tichonov e Okladskij furono condannati a morte, ma solo i primi due furono impiccati. In particolare Kvjatkovskij fu riconosciuto colpevole di cinque capi d'imputazione:
* di aver, nel marzo del 1879, partecipato a incontri segreti con [[Aleksandr Konstantinovič Solov'ëv|Solo'vëv]], presente Gol'denberg, nei quali si decise di attentare alla vita dello zar;
* di aver preso parte, nel giugno dello stesso anno, al Congresso dei rivoluzionari a Lipeck, nel corso del quale si deliberò di ripetere il tentativo di Solov'ëv;
* di aver collaborato alla tipografia clandestina sul vicolo Sapernyj, rea di aver stampato giornali anti governativi esortanti la ribellione e la disobbedienza al potere sovrano;
* di aver preso parte ai preparativi per l'esplosione al Palazzo d'Inverno del 27 febbraio 1880;
* di aver vissuto sotto falso nome.<ref>[http://www.hrono.ru/dokum/1800dok/1880prigovor.html ''La sentenza del processo ai sedici terroristi'']</ref>
 
Alla vigilia del verdetto aveva scritto una lettera alla madre, nella quale le diceva: «Non importa come guardate e riguardate alla mia attività, non potete, non dovete vergognarvi di vostro figlio. Dovete sapere che ho agito e vissuto come mi ha suggerito la mia coscienza, secondo le mie convinzioni... Mi conoscete e dovete credermi quando vi dico che l'unico incentivo al mio lavoro è stato un amore appassionato per il popolo, un possente desiderio di essergli utile... Anche se ad attendermi ci fosse addirittura la morte, la prenderò con serenità e a sangue freddo (non perché la vita mi sia venuta a noia; no, ho ancora voglia di vivere, ah, quanta voglia ne ho!), in ciò sostenuto solo dalla coscienza di aver camminato dritto, di aver agito secondo le mie convinzioni».<ref>[http://www.hrono.ru/biograf/bio_k/kvatkovsky.html ''Lettera di Kvjatkovskij alla madre prima di morire'']</ref>
 
=== L'esecuzione ===
[[File:Esecuzione Kvjatkovskij-Presnjakov.jpg|thumb|upright=1.3|L'esecuzione di Kvjatkovskij e di Presnjakov in un'illustrazione di anonimo]]
La mattina del 16 novembre 1880, il «carro della vergogna» conduceva Aleksandr Kvjatkovskij e Andrej Presnjakov dal bastione Trubeckoj al [[rivellino]] Ioannovskij, dove era stato eretto il patibolo. Dovendosi l'esecuzione consumare all'interno della fortezza, non c'era pubblico, ma solo un paio di giornalisti, oltre a funzionari di polizia e un distaccamento di soldati.
 
I condannati indossavano l'abito nero dei detenuti e recavano sul petto una tavotetta di legno che definiva ognuno «Gosudarstevennyj prestupnik» (Criminale di Stato). L'inviato del giornale «Strana» (la Nazione), nel suo resoconto dei fatti, così descrive i prigionieri saliti sul patibolo: «A destra è stato sistemato Kvjatkovskij, a sinistra Presnjakov. Il primo di questi due uomini è di bassa statura, ha una folta, nera barba e un volto piuttosto espressivo. All'apparenza dimostra trent'anni. Presnjakov, alto, magro, biondo, coi baffetti, sembra molto più giovane del suo amico. Entrambi, a quanto pare, sono sconvolti, ma Presnjakov fa uno sforzo per trovare una maggiore compostezza. A Kvjatkovskij, questa lotta con se stesso costa più fatica. Il suo volto è pallidissimo. Stenta a stare in piedi e il sostegno del boia sembra necessario». Dopo la lettura del verdetto, «il boia si avvicina a Kvjatkovskij e celebra su di lui, in quanto nobile, il rito della privazione del titolo (gli spezza la spada sulla testa)».
 
Sia Presnjakov che Kvjatkovskij baciarono la croce, quindi s'inchinarono da tutti i lati, poi si prostarono l'uno di faccia all'altro e si scambiarono un bacio d'addio. Allora il carnefice mise il sudario bianco su Kvjatkovskij, e a quella vista Presnjakov si voltò in lacrime, quindi toccò a lui d'essere ricoperto dal lenzuolo funebre. Entrambi morirono quasi istantaneamente.<ref>[http://historydoc.edu.ru/catalog.asp?cat_ob_no=16500&ob_no=16566 ''L'esecuzione dei «narodovol'cy» A. A. Kvjatkovskij e A. K. Presnjakov'']</ref>
 
== Note ==
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== Collegamenti esterni modificati ==
== Bibliografia ==
*Nikolaj A. Troickij, ''«Narodnaja volja» pered carskim sudom 1880-1891 gg.'' [«Narodnaja volja» davanti al tribunale zarista negli anni 1880-1891], Saratov, 1971
* Valentina A. Tvardovskaja, ''Il populismo russo'', Roma, Editori Riuniti, 1975
* Valentina A. Tvardovskaja, ''Organizacionnye osnovy «Narodnoj voli»'' [I principi organizzativi della «Narodnaja volja»], in «Istoričeskie zapiski», vol. 67, Mosca, 1960
* Anna V. Jakimova, ''Gruppa «Svoboda ili smert'» [Il gruppo «Libertà o morte»], in «Katorga i ssylka», № 3, 1926
* Michail R. Popov, ''Zapiski zemlevol'ca'' [Memorie di uno di «Zemlja i Volja»], Mosca, 1933
* ''Literatura partii «Narodnaja volja»'', Mosca, 1930
* ''Avtobiografičeskoe zajavlenie A. A. Kvjatkoskogo'' [Dichiarazione autobiografica di A. A. Kvjatkovskij], a cura di Sigizmund N. Valk, in «Krasnyj archiv», vol. I, 1926
* ''Pamjati A. Kvjatkovskogo'' [In memoria di A. Kvjatkovskij], in «Narodnaja volja», № 4, 5 dicembre 1880
* ''Process šestnadcati terroristov'' [Il processo dei sedici terroristi], a cura di Vladimir Burcev, Spb., 1906
* ''Kazn' Kvjatkovskogo i Presnjakova'', in «Byloe», № 5-6, 1917
 
Gentili utenti,
== Voci correlate ==
* [[Zemlja i Volja]]
* [[Narodnaja Volja]]
* [[Processo dei 16]]
 
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* {{ru}} [http://www.narovol.narod.ru/document/process16main.htm Il processo dei 16]
*Aggiunta del link all'archivio https://web.archive.org/web/20060603054616/http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/u/u001.htm per http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/u/u001.htm
 
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