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{{nota disambigua|il film del [[2003]]|La macchia umana (film)}}
'''Coscienza''' in ambito [[filosofia|filosofico]], si potrebbe genericamente definire come un'attività con la quale il [[soggetto (filosofia)|soggetto]] entra in possesso, tramite l'[[Organi di senso|apparato sensoriale]], di un [[sapere]] immediato e irriflesso che riguarda la sua stessa, indistinta, corporea [[oggetto (filosofia)|oggettività]] e tutto ciò che è esterno a questa.
{{Libro
|titolo = La macchia umana
|titoloorig = The Human Stain
|titoloalfa = Macchia umana, La
|lingua = en
|annoorig = 2000
|annoita = [[2001]]
|genere = [[romanzo]]
|sottogenere = [[dramma]]tico
}}
 
'''''La macchia umana''''' (in originale ''The Human Stain'') è un romanzo dello scrittore statunitense [[Philip Roth]], pubblicato nel [[2000]].
== Coscienza e consapevolezza ==
In vero il termine ha assunto nel corso della [[storia della filosofia]] significati particolari e specifici distinguendosi dal vocabolo generico di [[consapevolezza]] al quale viene talvolta assimilato.<ref>In [[psicologia]], con il termine consapevolezza (inglese ''awareness'') si intende la [[percezione]] e la reazione cognitiva di un animale al verificarsi di una certa condizione o di un evento. La consapevolezza non implica necessariamente la [[comprensione]].</ref>
In questo senso il filosofo [[U.S.A.|statunitense]] [[John Searle]] accomuna la coscienza alla consapevolezza di sé: «La coscienza consiste in una serie di stati e processi soggettivi. Essi sono stati di consapevolezza di sé, interiori, qualitativi e individuali. La coscienza è allora quella cosa che comincia ad apparire al mattino, quando dallo stato di sogno e di sonno passiamo allo stato di veglia e permane per tutta la durata del giorno fino a sera, quando, tornando a dormire, diventiamo incoscienti. Questo è per me il significato del termine "coscienza"».<ref>J. Searle, ''Mente, coscienza, cervello: un problema ontologico'', in Eddy Carli (a cura di), ''Cervelli che parlano'', Bruno Mondadori, Milano, 1997, pag. 185</ref>. Il termine coscienza è dunque riportato alla terminologia [[psicoanalisi|psicoanalitica]] che la intende come condizione di attenzione conscia contrapposta alla situazione [[inconscio|inconscia]] del sonno.
 
Il libro ha vinto numerosi premi, tra i quali il [[Prix Médicis]] e il [[Premio PEN/Faulkner per la narrativa]].
== Coscienza e autocoscienza ==
Un'ulteriore distinzione occorre fare tra il concetto di coscienza e quello di [[autocoscienza]] nel senso che quest'ultima appare al termine di un processo sempre più complesso rispetto alla prima iniziale presa di coscienza nella quale sappiamo confusamente ''che'' siamo ma non ancora ''chi'' siamo.<ref>«all'inizio il bambino inizia a prendere coscienza del suo ambiente e dopo poco sa già della mamma, degli altri familiari, del seno o della pappa, degli oggetti che lo circondano, e anche molte cose di sé e della propria presenza, e parla di sé in terza persona, poiché non è ancora in grado di stabilire l'identificazione del soggetto pensante che lui è con quell'oggetto particolare che gli appare, non dinanzi ma molto più vicino delle altre cose, e che gli dà sensazioni a getto continuo: il proprio essere, intrinsecamente connesso al proprio corpo (in altri termini, il proprio "corpo delle sensazioni" connesso al proprio corpo fisico). Verso i due anni di vita, il bambino inizia a dire "Io" a se stesso, mostrando di aver sviluppato la prima forma di coscienza di sé, attraverso la riunione, l'identificazione di tutte le sensazioni e percezioni di sé con il proprio centro pensante. Da questa identificazione nasce la coscienza di sé, o autocoscienza, che è una forma di coscienza di livello superiore rispetto a quella dell'esistenza del resto del mondo...»(in [http://www.psicologiaonline.it/Psicoterapia_e_autocoscienza.htm Psicoterapia e autocoscienza])</ref>
 
== Trama ==
La [[psicologia]] ha ormai accertato che solo nel secondo anno di vita il bambino entra nella fase della autocoscienza riferendosi a sé come "[[io (filosofia)|io]]": «è questo il primo contenuto di identità, quello di esprimere la componente riflessiva che il soggetto sviluppa su di sé e di cui la grammatica è espressione e codificazione» <ref>M. Minolli, M.L. Tricoli, ''Solving the problems of duality: the third and self-consciousness.'', 2004 Psychoanalytic Quarterly, LXXIII, 137-166.</ref>
Coleman Silk è un accademico rispettato e stimato di un ateneo del New England. A pochi anni dalla pensione, però, si scatena contro di lui un'incomprensibile caccia alle streghe, nata da un'accusa di razzismo mossa da due studenti. I colleghi e gli amici di un tempo lo abbandonano e lui lascia la sua cattedra sdegnato, in preda ad una rabbia che ha radici profonde e che agita fantasmi sopiti di un passato tenuto nascosto. Il destino tragico di un uomo solo si compie in una catena di umane miserie che raccontano l'America del perbenismo, dell'ipocrisia, della violenza e della solitudine, tanto da dipingere un quadro di desolazione in cui il passaggio dell'uomo non è che una traccia informe e quasi invisibile. A Nathan Zuckerman, scrittore e amico di Silk, il compito di rimettere assieme i pezzi del mosaico attraverso la sua testimonianza.
 
== Polemica ==
All'inizio del processo il bambino invece è cosciente del mondo esterno ma parla di sé in terza persona poiché non è ancora in grado di identificare la sua soggettività pensante con l'oggettività del suo stesso corpo: quell'oggetto che è il più vicino a lui e da cui proviene un flusso continuo di sensazioni. Quando sarà in grado di identificare le sensazioni e percezioni di sé con il proprio corpo avrà acquisito quella forma di coscienza superiore che è l'autocoscienza.
Nel 2012, Roth fece pubblicare sul ''[[The New Yorker|New Yorker]]'' una lettera aperta a [[Wikipedia]] sul contenuto della [[:en:The Human Stain|voce in inglese]], lettera nella quale lo scrittore lamenta che la voce dà erroneamente il personaggio di Coleman Silk per ispirato ad [[Anatole Broyard]] (1920-1990), mentre tale personaggio sarebbe ispirato a [[Melvin Tumin]] (1919-1994)<ref>[https://www.newyorker.com/books/page-turner/an-open-letter-to-wikipedia Lettera], 6 settembre 2012.</ref>.
 
== Trasposizione cinematografica ==
=== Autoconsapevolezza ===
* Dal libro è stato tratto l'[[La macchia umana (film)|omonimo film]], per la regia di [[Robert Benton]], con protagonisti, fra gli altri, [[Anthony Hopkins]] e [[Nicole Kidman]].
Insieme ad autocoscienza si usa il termine di autoconsapevolezza intesa come l'esplicito riconoscimento della propria [[esistenza]] ma non ancora sviluppata come ''io''. La definizione include quindi il concetto della propria [[esistenza]] in quanto [[individuo]], in modo separato dalle altre persone, con un proprio [[pensiero]] individuale. Può anche includere la comprensione che altre persone siano allo stesso modo autoconsapevoli.
 
== Edizioni italiane ==
A differenza dell'autoconsapevolezza, l'[[autocoscienza]] rappresenta allora un grado più elevato di coscienza di sé ed implica un progresso dell'[[identità (filosofia)|identità]]. In un senso [[epistemologia|epistemologico]], essa è la comprensione personale del nucleo della propria identità. L'autocoscienza gioca un ruolo importante nel [[comportamento]].<ref>Gli esseri umani non sono le uniche creature a essere autoconsapevoli. L'esperimento dello specchio, nel quale un individuo capisce che la figura riprodotta è lui stesso, ha rivelato che varie specie di [[Animalia|animali]] sono autoconsapevoli. Esistono prove che le [[Hominoidea|scimmie antropomorfe]], i [[Tursiops truncatus|delfini tursiopi]], gli [[Proboscidea|elefanti]] e perfino alcune specie di [[Octopus vulgaris|polpi]] abbiano questa capacità.</ref>
* {{Cita libro
 
|autore= [[Philip Roth]]
=== Coscienza d'essere ===
|traduttore= V. Mantovani
Un contributo al problema della coscienza è stato dato da [[Martin Heidegger]], che ha affrontato il problema dell'[[essere]] nella [[metafisica]] occidentale a partire dai greci fino a [[Nietzsche]], distinguendo essere da essente (la [[Differenza ontologica]]).
|titolo= La macchia umana
 
|anno= 2001
Sostituendo il concetto di Dasein <ref>M. Heidegger, ''Essere e tempo'', 1927. Due edizioni in italiano, una a cura di Franco Volpi (2005, Longanesi) e una a cura di Marini (2006, Mondadori)</ref> a quello di [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] [[Cartesio|cartesiano]], egli riconduce il problema della coscienza a quello del fatto d'essere della coscienza ([[Essere e tempo]], 1927).
|editore= [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]]
 
|edizione= collana Supercoralli, poi ET n. 1112
Per Heidegger la coscienza d'essere (o coscienza di esistere) non è altro che l'essere della coscienza, cioè l'esserci. Per spiegare questo apparente circolo, Heidegger introduce nel [[1929]] il legame tra essere e niente nella celebre prolusione ''Che cos'è Metafisica?'' <ref>M. Heidegger, ''Che cos'è metafisica?'', Volpi(a cura di), Adelphi 2001, p.11</ref>. Egli chiama questo "uscire fuori dal niente" dell'essente la [[trascendenza]] <ref>M. Heidegger, ''Che cos'è metafisica?'', Volpi(a cura di), Adelphi 2001, p.33</ref>, ripercorrendo così in modo del tutto originale i passi della [[teologia]] cristiana, da cui iniziò i suoi studi. Se, infatti, si sostituisce a Dio il niente, l'evento della creaturalità (esisto perché Dio mi ha creato) diventa un'esser gettati nell'esistenza senza un perché. Da qui la domanda fondamentale, che riprende da [[Leibniz]], sul perché ci sia qualcosa invece che niente, che conclude la prolusione del '29<ref>M. Heidegger, ''Che cos'è metafisica?'', Volpi(a cura di), Adelphi 2001</ref>.
|pp= 386
 
|ISBN= 88-06-15818-X
==Coscienza come introspezione==
}}
{{quote|Nelle sue ''Confessioni'' parla di se stesso, quale fu prima di ricevere la grazia e come visse dopo averla ottenuta.|[[San Possidio|Possidio]], [[vescovo]] di [[Guelma|Calama]]|In suis ''Confessionum'' libris de se ipso, qualis ante perceptam gratiam fuerit, qualisque iam sumpta viveret designavit.|lingua=La}}
 
Nell'ambito della coscienza la filosofia ha inteso ricondurvi non solo i dati sensoriali ma anche la complessa interiorità rappresentata dai [[sentimento|sentimenti]], le [[emozione|emozioni]], i desideri, i prodotti del pensiero, come pure il senso di identità personale.
 
Il processo dell'[[Analisi e sintesi|analisi]] della propria interiorità prende il nome di introspezione <ref>L'introspezione, dal punto di vista della psicologia, si pone al contrario di quel processo denominato in inglese ''extrospection'', che consiste invece nell'osservazione di ciò che è esterno al proprio [[sé (coscienza)|sé]]. Il filosofo francese [[Henri Bergson]] ad esempio utilizzò questo metodo per studiare il fluire degli stati d'animo gli uni negli altri, senza che vi sia una netta separazione tra di loro; questo era il punto focale della sua critica alla visione del tempo offerto dal [[positivismo]], insensibile ai fatti contenuti nei diversi istanti. La [[psicologia cognitiva]], che fa proprio il metodo scientifico, rifiuta l'introspezione come metodo valido per l'indagine. Va osservato tuttavia che [[Herbert Simon]] e Allen Newell hanno individuato il "protocollo del pensiero ad alta voce", nel quale i ricercatori osservano un soggetto impegnato nell'introspezione esprimere a voce alta i suoi pensieri, consentendo così lo studio dell'introspezione dall'esterno.</ref>
che può talora confondersi con la [[riflessione (filosofia)|riflessione]] impropriamente intesa come sinonimo.
 
Nello [[stoicismo]] e nel [[neoplatonismo]] il riferirsi alla coscienza voleva significare rapportarsi alla "voce" interiore, a quel "dialogo dell'anima con se stessa" che già caratterizzava l'ultima produzione delle opere dialogiche [[Platone|platoniche]] dove la forma letteraria e filosofica del [[dialogo]] con un interlocutore svaniva sostituita da quella del [[monologo]]. Il saggio del periodo post-classico della filosofia greca è allora proprio colui che allontanandosi dalle cose mondane e dalle passioni riflette su sé stesso.
 
Sarà [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] nelle ''[[Confessioni]]'' a riprendere questo modello di analisi della personale interiorità (''de se ipso'') e lo trasmetterà a gran parte del pensiero cristiano seguente.
 
È infatti soprattutto con il [[Cristianesimo]], a cominciare da [[Paolo di Tarso|San Paolo]], che il concetto di coscienza viene assimilato a quello di [[morale]] come ben dimostra il linguaggio comune quando parla di "voce della coscienza" che suggerirebbe come comportarsi, quali principi certi siano dentro di noi che ci guiderebbero sulla retta via dalla quale deviamo per la nostra debolezza umana innata. Non a caso la precettistica cristiana prescrive l'uso devoto dell'"esame di coscienza" come metodo per rintracciare i propri errori morali.
 
La coscienza infatti nel pensiero religioso è concepita come sorgente di Verità, di quei principi certi che sono alla base di ogni retto volere: riferendosi alla propria coscienza si saprebbe senza alcun dubbio come giustamente comportarsi e anche se l'azione concreta è poi difforme o contraria a quanto indicato dalla coscienza questo sarebbe dovuto alla nostra imperfezione umana.
 
Anche nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' [[Immanuel Kant|kantiana]] la morale è intesa come voce della coscienza, della nostra interiorità, che afferma il valore assoluto della legge morale talora traviata dalle nostre inclinazioni sensibili.
 
Secondo Kant, riprendendo le concezioni di [[Jean-Jacques Rousseau]], è questa un'esperienza morale che accomuna tutti gli uomini indipendentemente dalle loro differenti condizioni intellettuali e culturali.
 
Le affermazioni kantiane erano in contrasto con la [[relativismo|morale relativista]] [[Rinascimento italiano|rinascimentale]] che già con [[Michel de Montaigne]] nei ''Saggi'' (1580) aveva chiarito come in realtà i cosiddetti principi morali certi che variano secondo i diversi ambienti di provenienza vengano inculcati nella mente infantile che, raggiunta l'età adulta, si dimentica della loro origine e crede che quei valori siano [[innatismo|innati]] e presenti da sempre nella loro coscienza.
 
Dal pensiero di Montaigne si sviluppò una polemica che vede in prima fila [[John Locke]] contro i [[neoplatonismo|neoplatonici]] della scuola di [[Cambridge]] ([[George Herbert (poeta)|George Herbert]] di Cherbury, [[Ralph Cudworth]], Henry More) che sostenevano l'innatismo dei principi morali.
 
== Coscienza e conoscenza ==
Dal [[XVII secolo]] con [[Cartesio]] il termine coscienza acquista il significato di «consapevolezza soggettiva» di sé, una coscienza diretta di noi stessi tale da essere indubitabile mentre tutti i contenuti mentali di cui siamo coscienti sono soltanto «idee».<ref>Cartesio, ''Meditazioni metafisiche'', 1a e 2a</ref>
 
Questa concezione cartesiana si ritrova in tutto l'[[empirismo]] inglese sino a [[David Hume]] che approda al [[solipsismo]] poiché egli sostiene che il pensiero può spingersi sino ai limiti dell'univeso ma rimanendo sempre nell'ambito essenziale della coscienza e conoscendo solo «impressioni» sensibili o «idee» della ragione senza nessuna certezza cognitiva.<ref>D. Hume, ''Trattato sulla natura umana'', sez. L'idea di esistenza e di esistenza esterna.</ref>
 
Contro questa interpretazione reagì [[Immanuel Kant]] nella ''[[Critica della ragion pura]]'' <ref>I. Kant, ''Critica della ragion pura'', Confutazione dell'idealismo</ref> dove distinse una coscienza empirica, basata sulla singola sensibilità individuale e tale da appartenere solo a noi stessi singolarmente, e una coscienza in generale o «appercezione trascendentale» che si esprime nell'«Io penso», un'attività di pensiero che appartiene a tutti gli uomini, ma a nessuno di essi in particolare, strutturalmente identica in tutti come attività formale del conoscere che si realizza attraverso il giudizio sintetico a priori attraverso le diverse «categorie» <ref>I. Kant, ''Critica della ragion pura'', sez.Deduzione trascendentale di concetti puri dell'intelletto,</ref>
 
Io penso kantiano si trasformerà nell'Io assoluto di [[Fichte]] e del primo [[Friedrich Schelling|Schelling]]: mentre l'io empirico individuale si trova ad essere sempre limitato dal non-io, gli oggetti, nell'attività teoretica e pratica, l'Io assoluto, principio di tutta la realtà, contrapponendosi al non-Io, in un'attività originaria di autocoscienza, autoproduzione (autoconoscenza) e autocreazione è al di sopra della coscienza e solo la [[idealismo tedesco|filosofia idealistica]] offrirà il mezzo per attingerlo.
 
Hegel nella ''[[Fenomenologia dello spirito]]'' tratterà della coscienza intendendola come lo spirito dell'uomo che ancora non è giunto al sapere assoluto per cui si pone in un contrasto irrisolto con la natura e con la società.
 
La coscienza quindi è tutta tesa alla conoscenza del mondo esterno mentre con l'autocoscienza l'uomo diverrà consapevole della sua razionalità come connessa alla realtà che egli stesso interpreta e costituisce.
 
Il percorso storico dello spirito verso l'autocoscienza sarà segnato da tappe di lotta tra le diverse autocoscienze che si ritengono ostili e diverse <ref>Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'', sez.Indipendenza e dipendenza dell'autocoscienza.</ref> e dalla nascita storica delle organizzazioni sociali.
{{Vedi anche|sezione=s|[[Fenomenologia dello spirito#L'Autocoscienza|Coscienza e autocoscienza nella Fenomenologia dello spirito]]}}
 
== Coscienza come intenzionalità ==
L'intenzionalità, originalmente un concetto della [[filosofia scolastica]], fu reintrodotta nella [[filosofia contemporanea]] dal [[Filosofia|filosofo]] e [[Psicologia|psicologo]] [[Franz Brentano]] nella sua opera ''Psychologie vom Empirischen Standpunkte'' (Psicologia dal punto di vista empirico).
 
Con l'intenzionalità della coscienza o della [[mente]] si intende l'idea che la coscienza sia sempre diretta ad un [[Oggetto (filosofia)|oggetto]], che abbia sempre un contenuto.<ref>"Intenzionalità" non ha nulla a che vedere con libera volontà o l'agire "di proposito" (intenzionalmente). Nella [[filosofia]] e specificamente nella [[fenomenologia]] "intenzionalità" ha un significato tecnico, che è quello qui descritto.</ref>
 
Brentano definì l'intenzionalità come la caratteristica principale dei ''fenomeni psichici'' (o mentali), tramite cui essi possono essere distinti dai ''fenomeni fisici''. Ogni fenomeno mentale, ogni atto psicologico ha un contenuto, è diretto a qualche cosa (l'''oggetto intenzionale''). Ogni credere, desiderare ecc. ha un oggetto: il creduto, il desiderato.
 
L'intendimento della coscienza come coscienza di qualcosa si ritrova nel [[XX secolo]] nella filosofia di [[Husserl]] e in alcuni autori dell'[[esistenzialismo]] come [[Jean Paul Sartre]], [[Karl Jaspers]].
 
Il necessario riferimento della coscienza nei confronti di un oggetto è chiamato da Husserl, nell'opera ''Idee per una fenomenologia pura'', «intenzionalità» e questo significato è penetrato nella ricerca contemporanea, sia nella [[filosofia continentale]] che nella [[filosofia analitica]].
 
Per Sartre la coscienza è "essere per sé", intendendo come essa si costruisca liberamente nel tempo, nel futuro, distinguendosi e opponendosi alle cose che sono invece "essere in sé" <ref>J. P. Sartre, ''L'essere e il nulla''</ref>
Tra l'essere delle cose e la coscienza c'è un'opposizione tale per cui la coscienza può definirsi come "non-essere" poiché essa si costruisce proprio opponendosi all'essere delle cose: la coscienza quindi dà vita al non-essere o come dice Sartre «l'essere per cui il nulla viene al mondo» <ref>J.P. Sartre ''op.cit.''</ref> per cui ogni esperienza è caratterizzata dall'azione negatrice della coscienza.
 
Nell'[[intelligenza artificiale]] e nelle [[scienze cognitive]] il concetto di intenzionalità è un tema controverso considerandola come qualcosa che ad esempio una macchina non potrebbe mai davvero possedere.<ref>Vedi [[John Searle]] e l'esperimento della [[stanza cinese]].</ref>
 
== Note ==
<references/>
 
== BibliografiaAltri progetti ==
{{Interprogetto|q=Philip Roth#La macchia umana|q_preposizione=da|etichetta=''La macchia umana''}}
 
* [[Ermanno Bencivenga]], ''Anime danzanti '', Editore: Aragno 2008
* S. Biolo, ''L'autocoscienza in s. Agostino'', Editore: Pontificia Univ. Gregoriana 2000
* S. Blackmore, ''Coscienza'', Editore: Codice 2007
* M. Cascio, ''L'autocoscienza. Immediatezza e mediazione nella sinistra hegeliana'', Editore: [[Bastogi Editrice Italiana]] 2007
* M. Di Francesco, ''La coscienza'', Editore: Laterza, 2005
* G. Errera, ''Il concetto di autocoscienza. La filosofia per tutti e per sempre'', Editore: Ibiskos 2005
* L. Forgione, ''L'io nella mente. Linguaggio e autocoscienza in Kant'', Editore: Bonanno 2006
* A. Gentile, ''La coscienza e l'esperienza del limite'', pp.&nbsp;54–80, in A. Gentile, ''Sulla soglia. Tra la linea-limite e la linea d'ombra'', IF Press, 2012. ISBN 88-95565-96-7
* [[Douglas Hofstadter|D. R. Hofstadter]], ''Anelli nell'Io. Che cosa c'è al cuore della coscienza? '' Editore: Mondadori 2008
* N. Humphrey, ''Rosso. Uno studio sulla coscienza '', Editore: Codice 2007
* G. Liotti, ''La dimensione interpersonale della coscienza '', Editore: Carocci 2005
* H. G. Mead, ''La voce della coscienza'', Editore: Jaca Book 1996
* M. Minolli, M.L. Tricoli, ''Solving the problems of duality: the third and self-consciousness.'', 2004 Psychoanalytic Quarterly, LXXIII
* M. Olivieri, ''Coscienza ed autocoscienza in Hegel'', Editore: CEDAM 1972
* Alfredo Paternoster, ''Introduzione alla filosofia della mente'', Roma-Bari, Laterza 2008.
* M. Perrini, ''Filosofia e coscienza. Socrate, Seneca, Agostino, Erasmo, Thomas More, Bergson '' Editore: Morcelliana 2008
* G. Petracchi, ''Il dilemma della coscienza. Una questione filosofica o scientifica?'', Editore: Firenze Atheneum 2007
* G. Salatiello, ''L'autocoscienza come riflessione originaria del soggetto su di sé in san Tommaso d'Aquino'', Editore: Pontificia Univ. Gregoriana 1996
* [[John Searle]], ''Il mistero della coscienza'', Milano, [[Raffaello Cortina]], Milano 1998, ISBN 88-7078-511-4
 
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