Morte di Gesù negli studi antropologici e Utente:Crybabee/Sandbox: differenze tra le pagine

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Castello di Schio è il toponimo di una zona centrale di Schio che ricorda l'antica presenza di un castello, di cui resta oggi soltanto la torre merlata svettante, inglobata nella chiesetta di Santa Maria della Neve, attualmente sconsacrata. L'intera area del castello, una sorta di piccola collinetta che si eleva in pieno centro cittadino, è adibita a parco pubblico.
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[[Immagine:Giotto - Scrovegni - -36- - Lamentation (The Mourning of Christ).jpg|thumb|upright=1.4| [[Giotto]], ''[[Compianto sul Cristo morto (Giotto)|Compianto]]'', [[Cappella degli Scrovegni]], [[Padova]]]]
La '''morte di Cristo''' entra nel campo di interesse dell’'''[[antropologia]] delle religioni''' quando essa rivolga la sua attenzione ai sistemi di rappresentazione ed ai sistemi simbolici.
 
Storia
==la morte di Cristo come elemento di differenziazione del Cristianesimo==
Lo storico ed antropologo italiano [[Ernesto De Martino]] (nel saggio ''Mito, scienze religiose e civiltà moderna'' contenuto nel libro ''Furore Simbolo Valore'', [[1962]]) individua nel sacrificio di Cristo l’argomento di fede che maggiormente differenzia il [[Cristianesimo]] dalle altre religioni; in esse il mito fondante è posto prima del tempo o fuori dal tempo, e non nella storia, anzi al centro della storia umana. <br/>
La figura di [[Gesù]] non appartiene ''tout court'' alla trascendenza, non si colloca ai primordi della creazione o come potenza metafisica che governa il mondo; al contrario, egli partecipa alla storia dell’uomo proprio perché partecipa alla sofferenza umana, ed in essa dissolve la sua trascendenza.
 
Pianta del castello di Schio realizzata da Carlo Letter nel 1890 in base ai rilevamenti effettuati sul posto[1]
Può essere significativo, a questo riguardo, evidenziare come [[Giovanni Paolo II]] (lettera apostolica ''Salvifici Doloris'', [[1984]]) affermi che:
Secondo studi di toponomastica e rilievi di tipo archeologico si evince come nel solo alto vicentino - oltre che quello di Schio - ci fossero una ventina di castelli, come quello di Magré che si trovava in una collina poco distante.
"''Cristo, infatti, non risponde direttamente e non risponde in modo astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza...ma prima di tutto dice: «Seguimi!». Vieni! Prendi parte con la tua sofferenza a quest’opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia croce. Man mano che l’uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza''".
 
Dai reperti archeologici emersi dagli scavi del 1919, l'epoca di fondazione del primitivo castello di Schio parrebbe risalire all'età del ferro, cosicché potrebbe essere stato costruito dalle popolazioni degli Euganei o dei Veneti. In epoca medioevale sorse qui il castello dei Maltraversi, conti di Vicenza, i quali, con la parentesi ezzeliniana, dominarono fino al 1311. Il castello passò alla città di Vicenza, quindi agli Scaligeri e nel 1314 fu danneggiato dai padovani. Nel 1382 fu dei Visconti, del conte Giorgio Cavalli che lo rinforzò, poi passò sotto Venezia[2].
I sistemi simbolici connessi al sacrificio di Gesù (che hanno trovato risalto anche nella produzione artistica attraverso le immagini della ''Crocifissione'', della ''Deposizione dalla croce'' e del ''Compianto del Cristo morto'' ) diventano così elementi che rinnovano nei credenti la fede e l’impegno per la salvezza dell’uomo nel nome di Cristo.
 
Nel 1412, solo 6 anni dopo che la Serenissima aveva preso il controllo della zona di Schio, il castello venne smantellato[3], probabilmente per volontà di Vicenza che voleva così tenere il territorio scledense sotto controllo[4]. Schio era infatti retta da un vicario nominato da Vicenza, ma ambiva a divenire una Podestaria, con un Podestà nominato direttamente da Venezia, al pari di Lonigo e Marostica[4]. La comunità scledense inviò in più occasioni a Venezia suppliche finalizzate al ripristino del castello di Schio: nel 1477, nel 1487 e infine nel 1508[4]. Durante il periodo della guerra della Lega di Cambrai la comunità di Schio assunse in varie occasioni atteggiamenti filo-imperiali, soprattutto finalizzati alla volontà di svincolarsi dal controllo del territorio da parte di Vicenza[4]: il castello non venne quindi rinforzato. Nel 1514 il castello fu demolito definitivamente per ordine di Venezia[5]: Bartolomeo d'Alviano aveva predisposto la distruzione dei castelli di Schio e Pievebelvicino, questo atto fu anche una risposta agli atteggiamenti di mancato riconoscimento da parte della comunità locale dell'autorità del vicario scelto da Vicenza, Gaetano Repeta[4].
==La elaborazione del lutto ed il pianto rituale antico==
Lo stesso De Martino (in ''Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria'', [[1958]]), affronta il senso della morte di Cristo in rapporto alla condizione esistenziale dell’uomo nel mondo e al momento traumatico della esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla "crisi del cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge l'esigenza di elaborare culturalmente il [[lutto]], nella forma socialmente codificata del [[rito]].
 
Da quell'epoca il castello di Schio è rimasto solo nei dipinti di un pittore, non è chiaro peraltro quanto lo stesso abbia rispettato la fisionomia reale del sito: ne resta infatti memoria in un dipinto di Francesco Verla datato 1512 conservato nella chiesa di San Francesco[1]. Si ritiene che la struttura complessiva del castello comprendesse dei posti di guardia esterni posti lungo le direttrici di accesso allo stesso; uno dei quali è ancora esistente, pur se trasformato in civile abitazione[1].
La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a forme sopportabili la carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente alla morte tragica di Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi uguali nel dolore, ma che diventano anche promessa di resurrezione. <br/>
De Martino indaga la persistenza, nelle realtà marginalizzate della [[Lucania]], del [[pianto funebre]], rito antichissimo e diffuso prima del Cristianesimo in tutta l’area mediterranea. Anche il pianto rituale nasce a fronte della crisi del cordoglio e della esigenza di elaborare culturalmente il lutto, destorificando l’evento luttuoso, soggettivamente vissuto, per riportarlo ad una dimensione mitico-rituale.
 
Dell'antico castello oggi rimane solo la spianata con i resti dei basamenti di due torri ora scomparse, la torre campanaria merlata con l'orologio installato nel 1900 (di fatto considerata la torre civica di Schio) e l'attigua chiesa di Santa Maria della Neve, sorta negli ultimi anni del XIV secolo, ma riedificata nel Settecento. Nel XVIII secolo la chiesa fu sede della Confraternita del Confalone e nel 1810, una volta soppressa la confraternita, fu chiusa al culto e sconsacrata; gli ornamenti furono dispersi. Fu acquisita dal Comune nel 1828[6]. Fu quindi adibita a quartiere militare sia dai francesi che dagli austriaci e nel 1875 fu attrezzata a palestra dalla Società Ginnastica Fortitudo[2]. Oggi è sede del Circolo fotografico.
Sebbene il Cristianesimo abbia precocemente, già con i [[Padri della Chiesa]], assunto una posizione di netta condanna del pianto funebre tradizionale, forme di [[sincretismo]] sono visibili non solo nelle situazioni di sopravvivenza del rito antico nel mondo cristiano mediterraneo, ma anche nelle più sofisticate elaborazioni via via avvenute in campo letterario (vedasi la celebre "Lauda" di [[Jacopone da Todi]], ''Donna del Paradiso'') o in campo artistico (vedasi la figura della [[Maria Maddalena|Maddalena]] nella ''Crocifissione'' di [[Masaccio]] al [[Museo Capodimonte di Napoli|Museo di Capodimonte]] e vedansi soprattutto le tanti raffigurazioni drammatiche del ''Compianto'', come quella di [[Giotto]] nella [[Cappella degli Scrovegni]]). <br/>
Le figure femminili raffigurate sulla scena della morte di Gesù (la [[Maria, madre di Gesù|Madre]] e, in particolar modo, la [[Maria Maddalena|Maddalena]]) appaiono come ''trait d’union'' tra la forma antica di elaborazione del lutto e quella proposta dalla religione cristiana. Scrive a questo riguardo l’antropologo [[Marcello Massenzio]] "''La Mater dolorosa tocca le corde della crisi del cordoglio, ma non si arresta a questo livello: il suo compito è quello di assumere tale crisi al fine di mutarla di segno, aprendola nella prospettiva cristiana del riscatto''".
 
Negli anni quaranta, sotto il colle del castello, fu realizzato un rifugio antiaereo scavato nella roccia. Tale tunnel, munito di due entrate e rinforzato in calcestruzzo, ha una superficie interna di circa 500 metri quadrati ed una lunghezza di circa 100 metri. Tra il 2008 e il 2010 il rifugio è stato liberato da detriti e restaurato, e adibito alla stagionatura e maturazione di vini e formaggi locali, grazie al microclima interno particolarmente favorevole[7].
==Bibliografia==
* Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ''Salvifici Doloris'', Libreria Editrice Vaticana, 1984 (reperibile al sito [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_letters/documents/hf_jp-ii_apl_11021984_salvifici-doloris_it.html])
* E. De Martino, ''Morte e pianto rituale nel mondo antico. Dal lamento pagano al pianto di Maria'', Torino, Boringhieri, 1958
* E. De Martino, ''Furore simbolo valore'', Il Saggiatore, Milano 1962.
* C. Mattalucci, voce "Lutto", in ''L’Universo del corpo'', Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 2000
* M. Massenzio, "Dramma del Cristo, mater dolorosa. Una svolta radicale nella storia: la rivoluzione del simbolo cristiano e la progressiva autonomia dell'umano dal divino", ''Prometeo'', vol. 23, n.89, pp.&nbsp;52–61, 2005
 
Descrizione
==Voci correlate==
La ex chiesa di Santa Maria della Neve si presenta come una semplice costruzione in pietrame e cocci a vista con facciata a capanna; essa presenta un portale con cornice in pietra bianca sormontata da una ulteriore apertura ad arco, anch'essa corniciata in pietra. La fiancata sinistra è forata da una finestrella ed una porta; anche quella di destra, poco visibile perché esposta sul ciglio della collina, presenta delle finestre. La zona absidale presenta un elemento di minor altezza rispetto alla chiesa, forato da una finestra ad arco, fiancheggiato dalla torre. La torre, a base quadrangolare, presenta una cella campanaria definita da una bifora; sotto di essa, sui due lati del campanile più visibili, sono posti i quadranti dell'orologio. A concludere la torre un motivo ornamentale a merli.
*[[Morte di Gesù]]
*[[Iconografia della Crocifissione]]
*[[Passione di Gesù]]
 
L'interno è ritmato da lesene lungo le pareti, il pavimento è in marmo bicolore con motivo a scacchiera, mentre il soffitto è decorato a stucchi, in linea con il gusto estetico settecentesco.
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