Massacri delle foibe e Sebastian Florian Hönig: differenze tra le pagine

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{{nota disambigua|la descrizione geologica delle foibe|Foiba|Foibe}}
|+ '''[[Asteroide|Asteroidi]] scoperti<ref>{{cita web
{{Disclaimer|contenuti}}
|titolo=Lista alfabetica degli scopritori di asteroidi
{{Coord|45|37|54|N|13|51|45|E|display=title|type:landmark_region:IT}}
|editore=[[Minor Planet Center|IAU Minor Planet Center]]
{{Incidente
|url=http://www.minorplanetcenter.org/iau/lists/MPDiscsAlpha.html
|titolo= Massacri delle Foibe
|accesso=11 agosto 2012
|immagine=Cossiga a Basovizza.jpg
}}</ref><ref>Dati aggiornati all'11 agosto 2012. Nell'elenco appaiono solamente gli asteroidi con denominazione definitiva.</ref>: 448'''
|didascalia= Il Presidente della Repubblica [[Francesco Cossiga]] in visita alla [[foiba di Basovizza]]
|-
|nazione = ITA 1861-1946
| [[68947 Brunofunk]] || 8 agosto 2002
|luogo= [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]]
|-
|data= [[1943]] - [[1945]] (per la maggioranza delle vittime)
| [[68948 Mikeoates]] || 8 agosto 2002
|obiettivo=<nowiki/>
|-
* Eliminazione dell'etnia [[italiani|italiana]]<ref>[http://www.lankelot.eu/letteratura/foibe-le-stragi-negate-degli-italiani-della-venezia-giulia-e-dellistria-gianni-oliva.html Foibe, le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria, di Gianni Oliva] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150203224630/http://www.lankelot.eu/letteratura/foibe-le-stragi-negate-degli-italiani-della-venezia-giulia-e-dellistria-gianni-oliva.html |data=3 febbraio 2015 }}</ref> nell'ambito dell'[[esodo istriano]]
| [[73491 Robmatson]] || 8 agosto 2002
* Vendetta contro i [[fascisti]]<ref>''Rapporti italo-sloveni 1880-1956'', Nova revija, Ljubljana 2001 ISBN 961-6352-23-7</ref> e, in generale, eliminazione dei possibili oppositori politici al [[Titismo|comunismo titino]]<ref>{{cita web|url=http://www.ilgiornale.it/news/cultura/i-partigiani-ora-ammettono-vergogna-esodo-e-foibe-972396.html|titolo=I partigiani ammettono le foibe}}</ref>.
|-
|ora=
| [[78115 Skiantonucci]] || 20 giugno 2002
|ora-inizio=
|-
|ora-fine=
| [[78391 Michaeljäger]] || 8 agosto 2002
|tipologia= [[strage|massacro di massa]], [[terrorismo di Stato|violenza di Stato]]<ref name=tempo>''[[Il tempo e la storia]]: Le Foibe'', Rai tv, intervento del professor [[Raoul Pupo]]</ref>, [[pulizia etnica]]<ref>[http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6398 Il giorno del Ricordo - Croce Rossa Italiana]</ref>, tentativo di [[genocidio]] (controverso)<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1996/febbraio/28/Foibe_indagati_per_genocidio_co_0_96022810481.shtml ''Foibe, 82 indagati per genocidio'', Corriere della sera, 28 febbraio 1996]</ref><ref>[http://www.radioradicale.it/argomenti-av/foibe?page=14 ''Le foibe: il genocidio degli italiani in Istria e Dalmazia a lungo nascosto e impunito'' - nell'ambito degli "Incontri al Caffè" del Festival de "La Versiliana", [[Radio radicale]].it]</ref>
|-
|vittime= circa 11.000<ref name=autogenerato1>{{cita libro|autore=Guido Rumici|titolo=Infoibati (1943-1945). I Nomi, I Luoghi, I Testimoni, I Documenti|editore=Mursia|anno=2002|isbn=978-88-425-2999-6}}: «Lo storico [[Guido Rumici]] stima invece il numero delle vittime in minimo 6.000, cifra che salirebbe però a oltre 11.000 se si considerano anche tutti coloro che sono scomparsi nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>[http://www.huffingtonpost.it/micol-sarfatti/perche-quasi-nessuno-ricorda-le-foibe_b_2658946.html Micol Sarfatti, Perché quasi nessuno ricorda le foibe?]</ref>, comprese le vittime recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi<ref>[http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm Le foibe in breve - foibadibasovizza.it]</ref>
| [[78429 Baschek]] || 18 agosto 2002
|feriti=
|-
|esecutori= [[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|partigiani jugoslavi]] e [[OZNA]]
| [[78430 Andrewpearce]] || 18 agosto 2002
|sospetti=
|-
|motivazioni= varie (vedi paragrafo "[[Massacri delle foibe#Cause]]"), principalmente etniche e politiche<ref name=tempo/>
| [[78433 Gertrudolf]] || 29 agosto 2002
|-
| [[84011 Jean-Claude]] || 23 luglio 2002
|-
| [[99861 Tscharnuter]] || 29 luglio 2002
|-
| [[99862 Kenlevin]] || 23 luglio 2002
|-
| [[142091 Omerblaes]] || 29 agosto 2002
|-
| [[145558 Raiatea]] || 17 luglio 2006
|-
| [[160259 Mareike]] || 29 agosto 2002
|}
{{Bio
|Nome = Sebastian Florian
|Cognome = Hönig
|Sesso = M
|LuogoNascita =
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita =
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte =
|Epoca = 2000
|Attività = astronomo
|Nazionalità = tedesco
}}
__NOTOC__
I '''massacri delle foibe''' sono stati degli [[strage|eccidi]] ai danni della [[Italiani|popolazione italiana]] della [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]]<ref>Raoul Pupo, Roberto Spazzali, ''[http://books.google.it/books?id=LLjVe4e0wm0C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=%22Quando%20si%20parla%20di%20foibe%22&f=false Foibe]'', Bruno Mondadori, 2003. ISBN 88-424-9015-6, p. 2.</ref><ref>Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano, 2003, ISBN 88-04-48978-2, pag. 4</ref>, avvenuti durante la [[seconda guerra mondiale]] e nell'immediato [[secondo dopoguerra]] (1943-1945), da parte dei [[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|partigiani jugoslavi]] e dell'[[OZNA]]. Il nome deriva dai grandi [[inghiottitoio|inghiottitoi]] [[carsico|carsici]] dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati "[[foiba|foibe]]".
Citato spesso come '''Hoenig''', è un ricercatore presso il gruppo [[Astrofisica|astrofisico]] dell'[[Università della California, Santa Barbara]]; oltre ad essere un [[astronomo]] professionista è anche un [[astrofilo|astronomo dilettante]]. Si occupa di [[Galassia attiva|nuclei galattici attivi]] e delle teorie dei [[Toro (geometria)|tori]] di polveri galattiche.
 
== Scoperte ==
Al massacro delle foibe seguì l'[[esodo giuliano dalmata]], ovvero l'[[emigrazione]] forzata della maggioranza dei cittadini di [[Italiani|etnia]] e di [[lingua italiana]] dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, territori del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] prima occupati dall'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia]] del maresciallo [[Josip Broz Tito]] e successivamente annessi dalla [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]]. Si stima che i giuliani, i [[Fiume (Croazia)|fiumani]] e i [[dalmati italiani]] che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.
Hönig ha scoperto la prima [[cometa periodica SOHO]], la [[322P/SOHO]], quando era ancora uno studente universitario. Hönig ha intuito, sulla base dei suoi calcoli, che due comete SOHO, la '''P/1999 R1''' e la '''P/2003 R5''', osservate rispettivamente nel [[1999]] e nel [[2003]], dovevano essere due differenti passaggi di una stessa cometa e ha ipotizzato che la cometa avrebbe dovuto riapparire nel [[2007]], come effettivamente avvenne, dimostrando così l'esistenza di comete a breve periodo e con piccola distanza [[Perielio|perielica]]<ref>{{en}} {{Collegamento interrotto|1=[https://arxiv.org/PS_cache/astro-ph/pdf/0509/0509168v2.pdf Identification of a new short-period comet near the sun] |date=novembre 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref><ref>{{en}} [http://sohowww.nascom.nasa.gov/hotshots/2007_09_24/ SOHO's first officially periodic comet]</ref><ref>[http://www.esa.int/esaCP/SEM5T8C1S6F_Italy_0.html La prima cometa SOHO ufficialmente dichiarata periodica]</ref><ref>{{en}} [https://www.nasa.gov/mission_pages/soho/soho_periodic_comet.html SOHO Mission Discovers Rare Comet]</ref><ref>{{en}} [http://www.esa.int/esaCP/SEMAU2C1S6F_index_0.html SOHO's new catch: its first officially periodic comet]</ref>.
 
Ha scoperto, anche, più di quaranta altre comete SOHO<ref>{{en}} [http://home.earthlink.net/~tonyhoffman/SOHOleaderboard.htm SOHO Comet Discoverers' Totals]</ref>. Nel luglio [[2002]] ha scoperto la cometa [[C/2002 O4 Hoenig]] a quasi sessant'anni dall'ultima cometa amatoriale scoperta in [[Germania]], la [[C/1946 K1 Pajdusakova-Rotbart-Weber]]. Hönig, inoltre, ha scoperto numerosi [[Asteroide|asteroidi]].
Per [[metonimia|estensione]] i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «È noto infatti che la maggior parte delle vittime non finì i suoi giorni sul fondo delle cavità carsiche, ma incontrò la morte lungo la strada verso la deportazione, ovvero nelle carceri o nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 1}}: «È questo un uso del termine [NdR: "foibe"] consolidatosi ormai, (...), anche in quello [NdR: linguaggio] storiografico, (...) purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale.»; pag. 3 «solo una parte degli omicidi venne perpetrata sull'orlo di una foiba (...) la maggior parte delle vittime perì nelle carceri, durante le marce di trasferimento o nei campi di prigionia ... nella memoria collettiva "infoibati" sono stati considerati tutti gli uccisi...»</ref>. Si stima che le vittime in Venezia Giulia e nella Dalmazia siano state circa 11.000, comprese le salme recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi<ref name=autogenerato1 />.
 
== Inquadramento storicoRiconoscimenti ==
Nel [[2003]] gli è stato assegnato l'[[Edgar Wilson Award]], dedicato agli scopritori di comete nel campo amatoriale<ref>{{en}} [http://www.cbat.eps.harvard.edu/special/EdgarWilson1.html The Edgar Wilson Award Recipients]</ref>.
=== Generalità ===
[[File:Pazin (Fojba-Schlucht) 1.jpg|thumb|left|La foiba di [[Pisino]], in [[Istria]], che fece parte dell'Italia dal 1920 al 1947]]
 
Gli è stato dedicato l'asteroide [[51983 Hönig]]<ref>{{en}} [http://www.minorplanetcenter.net/iau/ECS/MPCArchive/2004/MPC_20040107.pdf M.P.C. 50465 del 7 gennaio 2004] </ref>.
Gli eccidi delle foibe e il successivo [[esodo istriano|esodo]] costituiscono l'epilogo di una secolare lotta per il predominio sull'[[Adriatico]] orientale, che fu conteso da popolazioni [[Italiani|italiane]] e [[Slavi|slave]] (prevalentemente [[Croati|croate]] e [[Sloveni|slovene]], ma anche [[Serbi|serbe]]).
Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio (un caso analogo è quello dell'[[espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale]]) che fu legato all'affermarsi degli [[Stato-nazione|stati nazionali]] in territori etnicamente misti e dove, secondo alcuni storici, l'identità e l'etnia degli individui e delle popolazioni erano più processi costruiti politicamente che dati immutabili e naturali<ref>Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa: 1953, Il mulino, Bologna 2012</ref><ref>{{cita web | url = http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/58-le-foibe-i-fatti-la-costruzione-della-memoria-la-ricerca-storica.html| titolo = "Le foibe: i fatti, la costruzione della memoria, la ricerca storica.
Strumenti per la didattica" di Antonio Brusa| data = Consultato il 13 gennaio 2018}} Secondo Antonio Brusa «Occorre disporre “le foibe” sul tavolo dei fenomeni simili. In questo caso, quelli che caratterizzano l’immediato dopo-guerra, con le vendette, le espulsioni e gli eccidi di massa, a danno sia dei fascisti e dei nazisti, ma soprattutto delle popolazioni civili. A seguito di questo processo drammatico, oltre dieci milioni di civili furono cacciati dalle loro terre. Tedeschi dalla Polonia e dalla Cechia, ungheresi e rumeni dalla Jugoslavia, italiani dall'Istria. Si contarono oltre due milioni di vittime. La contestualizzazione è fondamentale sia per capire il fatto delle foibe, sia per discuterne in classe, evitando gli equivoci del dibattito pubblico, che tende a inserire nella stessa categoria di “massacro”, eccidi storicamente diversi, quali quelli perpetrati dal nazismo durante la guerra e quelli a danno delle popolazioni sconfitte, dopo la guerra. Alcuni storici, di recente, dilatano i tempi, includendo in questi processi di migrazione forzata una cronologia che risale a metà ottocento». «Inoltre, questo argomento richiama con insistenza parole/concetti quali “identità”, “memoria collettiva”, “memoria condivisa”, “etnia”, “confini” e così via. Si faccia attenzione, in questi casi, al fatto che questi termini designano dei processi di costruzione politica: non indicano dati “naturali” o “essenziali” di una popolazione, come spesso si crede. La vicenda delle foibe, in particolare, è anche un momento di costruzione identitaria, sia pure con tempi e modalità diversi, da entrambi i fronti; ed è stata un argomento per tracciare e rendere definitivi dei confini.» </ref>.
 
==Note==
Alcuni storici hanno voluto vedere in questi atti, quasi tutti verificatisi nell'Istria meridionale (oggi croata), una sorta di ''[[jacquerie]]'', quindi di rivolta spontanea delle popolazioni rurali, in parte slave, come vendetta per i torti subiti durante il periodo fascista; altri, invece, hanno interpretato il fenomeno come un inizio di [[pulizia etnica]]<ref>{{cita web | autore=Silvia Ferreto Clementi | titolo=La pulizia etnica e il manuale Cubrilovic | url=http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm}}</ref> nei confronti della popolazione italiana.
<references />
[[File:Bus-lum7.JPG|thumb|La foiba di [[Bus de la Lum]], che si trova in [[Friuli]]]]
 
== Collegamenti esterni ==
In ogni caso queste azioni furono un preludio all'azione svolta in seguito dall'armata jugoslava.<br />Alcuni storici (come il francese Michel Roux) asserirono che vi era una similitudine tra il comportamento contro gli italiani nella Venezia Giulia ed a Zara e quello promosso da [[Vaso Čubrilović]] (che divenne ministro di [[Josip Broz Tito|Tito]] dopo il 1945) contro gli Albanesi della Jugoslavia<ref>[http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm Le Foibe - 1945/2005]</ref>.
 
* {{cita web|http://www.sungrazer.org/|Homepage of Sebastian Hönig|lingua=en}}
{{citazione|Con la fine della guerra a questi si aggiunsero gli appartenenti alle unità fasciste che avevano operato agli ordini dei nazisti, soprattutto ufficiali, e il personale politico fascista che aveva collaborato con i nazisti... La borghesia italiana se ne andò... in quanto la trasformazione socialista della società presupponeva la sua espropriazione... numerosi anche coloro che erano arrivati in Istria dopo il 1918 al servizio dello Stato italiano e che seguirono questo Stato (ovvero l'impiego) quando dovette abbandonare la regione|Sandi Volk, ''Esuli a Trieste'', op. cit.}}
* {{cita web|http://minorplanetcenter.org/mpec/K02/K02O45.html|MPEC 2002-O45 : COMET C/2002 O4 (HOENIG)|lingua=en}}
 
Nonostante la [[ricerca scientifica]] abbia, fin dagli anni novanta del [[XX secolo]], sufficientemente chiarito gli avvenimenti<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «...dietro l'apparente caoticità delle situazioni e degli interventi sembra possibile discernere con una certa chiarezza le spinte fondamentali dell'onda di violenza politica che spazza la regione, fino a ricostruire le linee essenziali di una proposta interpretativa generale, che certo andrà vagliata e integrata alla luce dei nuovi apporti documentari, ma i cui connotati di fondo appaiono già delineati in maniera sufficientemente nitida.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. XI}}</ref>, la conoscenza dei fatti nella [[pubblica opinione]] permane distorta e oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. X, 110}}: «A tutt'oggi, nonostante esse [N.d.R.: le tesi militanti] abbiano dimostrato tutta la loro fragilità sul piano scientifico, continuano a essere largamente diffuse, anche perché si prestano a un uso politico che non è mai venuto meno…»</ref><ref>Raoul Pupo, "Il lungo esodo", BUR, 2005, ISBN 88-17-00949-0, pp. 17-24.</ref>.
 
=== La composizione etnica della Venezia Giulia e della Dalmazia ===
{{vedi anche|Istria|Storia della Dalmazia|Lingua slovena in Italia}}
[[File:Frankenreich 768-811.jpg|thumb|upright=1.3|L'[[Impero carolingio]] nel 791|sinistra]]
 
Con la caduta dell'[[Impero romano d'Occidente]] (476 d.C.) le popolazioni [[Romanizzazione (storia)|romanizzate]] dell'[[Istria]] e della [[Dalmazia]] rimasero in balìa di alcune tribù bellicose, principalmente [[Avari]] e [[Slavi]]. I primi insediamenti di popolazioni slave, giunte a seguito degli [[Avari]], risalgono al [[IX secolo]] (sia in Istria che in Dalmazia)<ref>Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale, Bandecchi & Vivaldi Editori, Pontedera 2007</ref>.
 
Alla fine del [[VIII secolo]] l'Istria interna e i dintorni, furono conquistate infatti da [[Carlo Magno]]: poiché tali terre erano scarsamente popolate, in quanto impervie, i [[Franchi]] e successivamente le autorità del [[Sacro Romano Impero]] vi consentirono l'insediamento degli slavi. Ulteriori insediamenti di slavi si verificarono in epoche successive; per quanto riguarda l'Istria, ad esempio, in seguito alle [[peste|pestilenze]] del XV e XVI secolo.
 
Le [[Lingua ladina|comunità ladine]] che popolavano l'area di [[Postumia]], [[Idria]] e dell'alto [[Isonzo]] sono scomparse dal [[Rinascimento]], assimilate dalle popolazioni slave. Del resto intorno all'anno 1000 tutta la valle dell'Isonzo, fino alle sue sorgenti nelle [[Alpi Giulie]], era popolata in maggioranza da popoli ladini.
[[File:Italy 1796 AD-it.png|thumb|upright=1.3|L'Italia nel 1796]]
 
La [[Repubblica di Venezia]], tra il IX e il XVIII secolo, estese il suo dominio (suddiviso in due "dipendenze": i ''[[Domini di Terraferma]]'' e lo ''[[Stato da Mar]]'') soprattutto sulle cittadine costiere dell'Istria, nelle isole del [[Quarnaro]] e sulle coste della Dalmazia, che erano abitate da popolazioni romanizzate fin dai tempi più antichi.
 
Fino al XIX secolo gli abitanti di queste terre non conoscevano l'[[nazionalità|identificazione nazionale]], visto che si definivano genericamente "istriani" e "dalmati", di cultura "[[Lingue romanze|romanza]]" oppure "[[Lingue slave|slava]]", senza il benché minimo accenno a concetti patriottici oppure nazionalistici, che erano sconosciuti<ref>{{cita web | url = http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/articoligiornali/artadriatico.htm| titolo = "L'Adriatico orientale e la sterile ricerca delle nazionalità delle persone" di Kristijan Knez; La Voce del Popolo (quotidiano di Fiume) del 2/10/2002 | data = Consultato il 10 luglio 2009}} «... è privo di significato parlare di sloveni, croati e italiani lungo l'Adriatico orientale almeno sino al XIX secolo. Poiché il termine nazionalità è improponibile per un lungo periodo, è più corretto parlare di aree culturali e linguistiche, perciò possiamo parlare di dalmati romanzi, dalmati slavi, di istriani romanzi e slavi.»
«Nel lunghissimo periodo che va dall'alto Medioevo sino alla seconda metà del XIX secolo è corretto parlare di zone linguistico-culturali piuttosto che nazionali. Pensiamo soltanto a quella massa di morlacchi e valacchi (...) che sino al periodo su accennato si definivano soltanto dalmati. Sino a questo periodo non esiste affatto la concezione di stato nazionale, e come ha dimostrato lo storico Federico Chabod, nell'età moderna i sudditi erano legati soltanto alla figura del sovrano e se esisteva un patriottismo, questo era rivolto soltanto alla città d'appartenenza.»</ref>.
 
Vi era una differenza di carattere linguistico-culturale tra città e costa (prevalentemente romanzo-italiche) e le campagne dell'entroterra (in parte slave o slavizzate). Le classi dominanti ([[aristocrazia]] e [[borghesia]]) erano dovunque di lingua e cultura italiana, anche qualora di origine slava. Nella Venezia Giulia, oltre che l'italiano, si parla anche la [[lingua veneta]], la [[lingua friulana]], la [[lingua istriota]] e la [[lingua istrorumena]], mentre in Dalmazia era comune la [[lingua dalmatica]], che si estinse nel 1898, con la morte dell'ultimo parlatore, [[Tuone Udaina]].
 
=== Gli opposti nazionalismi ===
{{vedi anche|Croatizzazione|Dalmati italiani|Questione adriatica}}
Fino all'[[XIX secolo|Ottocento]], in [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]], le popolazioni di lingua [[lingue romanze|romanza]] e [[Lingue slave meridionali|slava]] convissero pacificamente. Con la [[Primavera dei popoli]] del 1848-49, anche nell'Adriatico orientale, il sentimento di appartenenza nazionale cessò di essere una prerogativa delle classi elevate e cominciò, gradualmente, a estendersi alla masse<ref>Sul conflitto fra italiani e slavi a Trieste si veda: Tullia Catalan, ''I conflitti nazionali fra italiani e slavi alla fine dell'impero asburgico'', scheda in {{Cita|Pupo, Spazzali|p. 35-39}}</ref><ref>Sul conflitto nazionale fra italiani e slavi nella regione istriana, si consultino i seguenti link (sito del "Centro Di Documentazione della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata"):{{collegamento interrotto|1=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/3e.html] |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}{{collegamento interrotto|1=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/7e.html] |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>.
Fu solo a partire da tale anno che il termine "italiano" (ad esempio) cessò, anche in queste terre, di essere una mera espressione di appartenenza geografica o culturale e cominciò ad implicare l'appartenenza a una "nazione" italiana<ref>''Istria nel tempo'', Centro Ricerche Storiche di Rovigno, 2006, [http://www.crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/425-482.pdf cap. V], par. 3,4</ref>. Analogo processo subirono gli altri gruppi nazionali: si vennero pertanto a definire i moderni gruppi nazionali: italiani, sloveni, croati e serbi.
 
Tra il [[1848]] e il [[1918]] l'[[Impero Austroungarico]] - in particolar modo dopo la perdita del [[Veneto]] a seguito della [[Terza guerra d'Indipendenza]] ([[1866]]) - favorì l'affermarsi dell'etnia slava per contrastare l'[[irredentismo]] (vero o presunto) della popolazione italiana. Nel corso della riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore [[Francesco Giuseppe]] delineò compiutamente in tal senso un piano di ampio respiro:
 
{{Citazione|Sua maestà ha espresso il preciso ordine di opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer, e di mirare alla [[germanizzazione]] o [[slavizzazione]] - a seconda delle circostanze - delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in [[Trentino|Tirolo meridionale]], [[Dalmazia]] e [[Litorale adriatico]].|Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi'', Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971, vol. 2, p. 297.<ref>Citazione completa della fonte e traduzione in Luciano Monzali, ''Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra'', Le Lettere, Firenze 2004, p. 69.</ref>.}}
 
In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo.La situazione in Dalmazia|costante diminuzione della popolazione italiana]], in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti<ref>Raimondo Deranez, [http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/bombardieritesti/particolari_dalmazia.htm Particolari del martirio della Dalmazia], Stab.Tipografico dell'Ordine, Ancona, 1919</ref>. Nel [[1845]] i censimenti austriaci (peraltro approssimativi) registravano quasi [[Croatizzazione#La croatizzazione durante il Regno di Jugoslavia|il 20% di Italiani in Dalmazia]], mentre nel 1910 [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo. La situazione in Dalmazia|erano ridotti a circa il 2,7%]]. Tutto ciò spinse sempre più gli autonomisti a identificare se stessi come italiani, fino ad approdare all'[[irredentismo]].
 
Dopo la nascita del [[Regno d'Italia]], il sorgere dell'[[irredentismo italiano]] portò il governo [[Monarchia asburgica|asburgico]], tanto in Dalmazia, quanto in Venezia Giulia, a favorire il nascente nazionalismo di sloveni<ref name=relazione.1>Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita2.htm "Capitolo 1980-1918"], Capodistria, 2000</ref> e croati, nazionalità ritenute più leali e affidabili rispetto agli italiani<ref name=relazione.1 /><ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L.Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref>.
Si intendeva così bilanciare non solo il potere delle ben organizzate comunità urbane italiane<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 38}}</ref>.
 
=== L'irredentismo italiano in Istria e Dalmazia ===
 
{{vedi anche|Irredentismo italiano in Istria|Irredentismo italiano in Dalmazia}}
[[File:A-H ethnic 1910 Pict 4.JPG|thumb|upright=1.3|Caratterizzazione linguistica della popolazione in Istria, Quarnaro e Dalmazia nel 1910]]
 
L'[[irredentismo italiano in Istria]] fu un movimento esistente tra gli [[Irredentisti istriani|istriani di etnia italiana]] che nell'[[Ottocento]] e [[Novecento]] promuoveva l'unione dell'[[Istria]] al Regno d'Italia<ref>[http://www.fvgnews.net/view.php?t=n&k=2790 Paolo Radivo: Irredentismo italiano in Istria]</ref>. Nella prima metà dell'[[Ottocento]] l'Istria era infatti parte dei territori austroungarici, ed il nascente nazionalismo italiano iniziò a manifestarsi, specialmente a [[Capodistria]]:
 
{{Citazione|Dal 1866 l'Istria e la Dalmazia si trovarono per la prima volta dopo molti secoli separate dal Veneto. Vienna adottò una politica di favoritismo verso sloveni e croati. Allora in Dalmazia molte scuole italiane furono trasformate in croate. Il croato venne imposto come lingua ufficiale ovunque, meno che a Zara. In Istria invece il movimento nazionale croato era più arretrato. Un grosso ruolo lo svolse il clero: in particolare i vescovi di Parenzo-Pola, Trieste-Capodistria e Veglia, nominati con l’approvazione dell’Imperatore, che favorirono gli slavi. Un vescovo di Veglia fu perfino richiamato in Vaticano dopo le proteste degli italiani di Veglia, Cherso e Lussino contro la soppressione dell’italiano nella liturgia e nella scuola. I sacerdoti slavi, tenendo i registri dello stato civile, compirono molti abusi. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20mila nomi modificati, soprattutto a Cherso, Lussino e Veglia. Per evitare il rito in croato molti optarono per i funerali civili o battezzarono altrove i propri figli. Nel 1900 nella diocesi di Trieste-Capodistria vi erano 100 preti italiani contro 189 slavi, neanche la metà dei quali originaria di queste terre|Gabriele Bosazzi, Unione degli Istriani}}
 
Nel 1861, in occasione della [[proclamazione del Regno d'Italia]], e nel 1866, dopo la [[terza guerra d'indipendenza]], l'Istria non fu annessa all'Italia per svariate ragioni, a causa delle quali molti istriani si organizzarono al fine di ottenere questa unione, abbracciando l'[[irredentismo italiano]]. Del resto gli irredentisti volevano l'annessione dell'Istria all'Italia perché la ritenevano ''terra irredenta'' in quanto culturalmente parte del retaggio identitario italiano e geograficamente inclusa nei confini naturali dell'[[Italia (regione geografica)|Italia fisica]]<ref>[http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI Irredentismo italiano in Istria e Dalmazia, di Lucio Toth] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120406064420/http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI |data=6 aprile 2012 }}</ref>. Il più noto fra gli [[irredentisti istriani]] fu [[Nazario Sauro]], tenente di vascello della [[Regia Marina]] nel primo conflitto mondiale giustiziato dall'Austria-Ungheria: solo nel 1918 l'Istria fu "redenta" (ossia unita alla madre patria). Ad un patriota [[capodistria]]no, il generale [[Vittorio Italico Zupelli]], già distintosi nella Guerra italo-turca (1911-1912), fu addirittura affidato il "Ministero della guerra" italiano durante il primo conflitto mondiale.
[[Immagine:Fiume cheering D'Annunzio.jpg|thumb|left|Manifestazione irredentista a Fiume (11 novembre 1918), all'epoca non ancora facente parte del Regno d'Italia. Fiume passò all'Italia nel 1924, per poi essere ceduta alla Jugoslavia nel 1947]]
 
Analogo movimento fu l'[[irredentismo italiano in Dalmazia]]. I primi avvenimenti che coinvolsero i [[dalmati italiani]] nel [[Risorgimento]] furono i [[Primavera dei popoli|moti rivoluzionari del 1848]], durante i quali essi presero parte alla costituzione della [[Repubblica di San Marco]] a [[Venezia]]. Gli esponenti dalmati più famosi che intervennero furono [[Niccolò Tommaseo]] e [[Federico Seismit-Doda]]<ref name="treccani">''Dizionario Enciclopedico Italiano'' (Vol. III, pag. 729-730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970</ref>.
 
Dopo tale fase storica in Dalmazia nacquero due movimenti a carattere [[nazionalismo|nazionalista]], quello italiano e quello slavo. Il movimento italiano trovò come guida [[Antonio Bajamonti]]<ref name="treccani" />, che dal 1860 al 1880 fu podestà di Spalato per il partito autonomista filoitaliano che rappresentava la maggioranza italiana nella città.
 
Le istanze politiche dei dalmati italiani erano promosse dal [[Partito Autonomista]], fondato nel [[1878]] e scioltosi nel [[1919]]: membro di spicco ne fu [[Antonio Bajamonti]]. Il partito, che originariamente ebbe il favore anche di parte della popolazione slava, sostituì progressivamente ad un programma autonomista per la regione un progetto irredentista per la stessa, considerati l'ostilità dell'autorità austriaca e i dissidi con l'elemento slavo. Il 26 aprile [[1909]], con provvedimenti legislativi entrati in vigore il 1º gennaio 1912, la [[lingua italiana]] perse il proprio status di lingua ufficiale della regione in favore del solo [[lingua croata|croato]] (precedentemente entrambe le lingue erano riconosciute): l'italiano non poté più essere usato a livello pubblico e amministrativo, sicché i dalmati italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali<ref name="treccani"/>.
 
Allo scoppio della [[prima guerra mondiale]] molti dalmati italiani si arruolarono nel [[Regio Esercito]] per combattere a fianco dell'[[Italia]]: tra questi famoso fu [[Francesco Rismondo]]; altri, come [[Natale Krekich]] e [[Ercolano Salvi]] vennero internati in [[Austria]]. Tra gli irredenti oltreconfine che si arruolarono nel Regio Esercito, ci fu anche Antonio Bergamas, volontario di [[Gradisca d'Isonzo]], comune friulano annesso al Regno d'Italia solo dopo la guerra, morto in combattimento senza che il suo corpo fosse stato mai ritrovato. Sua madre, [[Maria Bergamas]], a guerra conclusa scelse la salma di un soldato italiano morto nella prima guerra mondiale, la cui identità resta sconosciuta, a cui fu in seguito data solenne sepoltura all'Altare della Patria al [[Vittoriano]]<ref name="treccani"/>. La sua tomba divenne il [[sacello]] del [[Milite Ignoto (Italia)|Milite Ignoto]], che, ancora oggi, rappresenta tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani<ref name="treccani"/>.
 
=== Grande Guerra e annessione all'Italia ===
{{vedi anche|Patto di Londra|Vittoria mutilata}}
[[File:Serenissima.svg|thumb|center|1100px|Cartina della Dalmazia e della Venezia Giulia coi confini previsti dal Patto di Londra (linea rossa) e quelli invece effettivamente ottenuti dall'Italia (linea verde). In fucsia sono invece indicati gli antichi domini della [[Repubblica di Venezia]]]]
 
Nel [[1915]] l'Italia [[interventismo|entrò]] nella [[Prima guerra mondiale|Grande Guerra]] a fianco della [[Triplice Intesa]] in base ai termini del [[Patto di Londra]], che le assicuravano il possesso dell'intera [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]] settentrionale, incluse molte isole.
La città di [[Fiume (Croazia)|Fiume]], invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del [[Regno d'Ungheria]], nel caso in cui la Croazia avesse continuato ad essere un [[banato]] dello stato magiaro o della Duplice Monarchia<ref>Si vedano la voce [[Patto di Londra|Trattato di Londra]] e il '''[[s:it:Trattato di Londra|testo integrale del trattato]]''' su [[s:Pagina principale|Wikisource]]</ref>.
 
Al termine della guerra, il [[Regio Esercito]] occupò militarmente tutta la Venezia Giulia e la Dalmazia, secondo i termini dell'armistizio, inclusi i territori assegnatigli dal trattato di Londra. Ciò provocò le reazioni opposte delle diverse etnie, con gli italiani che acclamarono alla "redenzione" delle loro terre e gli slavi che guardavano con ostilità e preoccupazione i nuovi arrivati. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento.
[[File:Foto Fiume.jpg|thumb|[[Gabriele D'Annunzio]] (al centro con il bastone) durante l'[[impresa di Fiume]]]]
 
Successivamente, la definizione dei confini fra l'Italia e il [[Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni|nuovo stato jugoslavo]] fu oggetto di una lunga e aspra contesa diplomatica, che trasformò il contrasto nazionale in una contrapposizione fra Stati sovrani, che coinvolse vasti strati dell'opinione pubblica esasperandone ulteriormente i sentimenti.
 
Forti tensioni suscitò in particolare la [[Stato libero di Fiume|questione di Fiume]], che fu rivendicata dall'Italia sulla base dello stesso principio di [[autodeterminazione]] che aveva fatto assegnare al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni|regno jugoslavo]] le terre dalmate, già promesse all'Italia.
 
La questione dei confini fu infine risolta con i trattati [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|di Saint Germain]] e di [[Trattato di Rapallo (1920)|Rapallo]]. L'Italia ottenne [[Vittoria mutilata|solo parte]] di ciò che le era stato promesso dal patto segreto di Londra.
In base al ''principio di nazionalità'', sostenuto dalla [[Quattordici punti|dottrina Wilson]], le fu negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di [[Zara (Croazia)|Zara]] e alcune isole). Per via del mancato rispetto del Patto di Londra, l'epilogo della prima guerra mondiale venne definito "[[vittoria mutilata]]".
 
Col trattato di Rapallo Fiume venne eretta a [[Stato libero di Fiume|stato libero]], per poi essere annessa all'Italia in seguito al [[trattato di Roma (1924)|trattato di Roma]] ([[1924]]). In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi rimasero in territori assegnati al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]]. Contemporaneamente si ritrovarono entro i confini del Regno d'Italia 490.000 slavi (di cui circa 170.000 Croati e circa 320.000 Sloveni).
 
=== Il biennio rosso e il "fascismo di confine" ===
{{vedi anche|Biennio rosso in Italia|Storia del fascismo italiano}}
[[File:FuneraliGulliRossi.xcf|thumb|left|I funerali di Gulli e Rossi a Sebenico]]
Nel biennio 1919-20 l'Europa fu investita da ondate di scioperi e agitazioni di operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro, il cosiddetto [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Spesso le fabbriche furono occupate e gestite sul modello dei [[Soviet]], sorti dalla [[Rivoluzione russa]].
Contemporaneamente scoppiarono conflitti e scontri di carattere etnico in quei territori soggetti a opposte rivendicazioni nazionali. Nella [[Carinzia]] meridionale, ad esempio, vi fu l'[[domenica di sangue di Marburgo|eccidio di Marburgo]], causato da milizie slovene. Conflitti armati scoppiarono in varie regioni dell'Europa orientale, per le definizione dei confini.
[[File:L'incendio dell'Hotel Balkan.jpeg|thumb|L'Hotel Balkan sede del ''[[Narodni Dom]]'' dopo l'incendio ([[1920]])]]
 
Anche l'Italia fu investita da un'[[biennio rosso in Italia|ondata di tensioni sociali]], con proteste, scioperi e agitazioni, che coinvolsero anche Trieste e la [[Venezia Giulia]], oltre che la vicina [[Dalmazia]] (in gran parte sotto occupazione militare italiana). Tali problematiche si sommarono alle preesistenti tensioni nazionali e al diffondersi dell'idea di "vittoria mutilata" e divennero un fertile terreno per l'affermazione del [[Fasci italiani di combattimento|nascente fascismo]], che si proponeva come tutore dell'italianità e del mantenimento dell'ordine nazionale della Venezia Giulia, talvolta con il tacito appoggio delle autorità. I contrasti etnici tra italiani e slavi nell'immediato dopoguerra provocarono, fra gli altri, gli [[incidenti di Spalato]], culminati nell'uccisione (il 12 luglio 1920) di due militari della [[Regia Marina]], il comandante della [[Regia Nave]] ''[[Puglia (ariete torpediniere)|Puglia]]'' [[Tommaso Gulli]] e il motorista Aldo Rossi. I fascisti, il giorno dopo la morte dei due militari, organizzarono una manifestazione anti-jugoslava a [[Trieste]].
 
Altri eventi degni di nota furono l'uccisione di un italiano<ref>Attilio Tamaro, ''Venti anni di storia'', Editrice Tiber, Roma, 1953, pp. 79:"Mentre si svolgeva l'imponente comizio e Francesco Giunta, segretario del fascio, parlava, uno slavo uccise un fascista, che s'era intromesso per salvare un ufficiale da quello aggredito</ref> da parte di un cittadino sloveno e l'incendio, da parte dei fascisti, del [[Narodni dom]] ("Casa nazionale slovena") di [[Trieste]]. Tale incidente assunse a posteriori un forte significato simbolico, venendo ricordato dagli slavi come l'inizio dell'oppressione italiana.
 
=== L'italianizzazione fascista ===
{{vedi anche|Italianizzazione (fascismo)}}
La situazione degli slavi peggiorò con la presa del potere da parte del [[Partito Nazionale Fascista]], nel [[1922]], quando fu gradualmente introdotta in tutta Italia una politica di [[assimilazione forzata|assimilazione]] delle minoranze etniche e nazionali:
* gran parte degli impieghi pubblici furono assegnati agli appartenenti al gruppo etnico italiano, che nell'ultimo periodo di dominazione asburgica ne era stato completamente estromesso a vantaggio degli Slavi e dei Tedeschi;
* con l'introduzione della Legge n. 2185 del 1 ottobre 1923 ([[Riforma Gentile|Riforma scolastica Gentile]]), fu abolito nelle scuole l'insegnamento delle lingue croata e slovena. Nell'arco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 160 scuole con lingua d'insegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 320 scuole con lingua d'insegnamento slovena furono sostituiti con insegnanti italiani, che imposero agli alunni l'uso esclusivo della lingua italiana<ref>Pavel Strajn, La comunità sommersa – Gli Sloveni in Italia dalla A alla Ž, - Editoriale Stampa Triestina, Trieste 1992</ref><ref>Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op.cit.)</ref>;[[File:Treaty of Rapallo.png|thumb|upright=1.6|Tratteggiato in rosso, il territorio abitato quasi esclusivamente da sloveni assegnato al Regno d'Italia in base al trattato di Rapallo che fu oggetto di italianizzazione]]
* con il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d'ufficio nomi italiani a tutte le centinaia di località dei territori assegnati all'Italia con il Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1986</ref>;
* in base al Regio Decreto n. 494 del 7 aprile 1926 le autorità italiane italianizzarono i cognomi a decine di migliaia di croati e sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1985</ref>. Inoltre, con una legge del 1928 i parroci e gli uffici anagrafici ricevettero il divieto di iscrivere nomi stranieri nei registri delle nascite<ref>Alojz Zidar, Il popolo sloveno ricorda e accusa (op.cit.)</ref>.
 
Simili politiche di [[assimilazione forzata]] erano all'epoca assai comuni in Europa, venendo applicate, fra gli altri, anche da paesi come la [[Francesizzazione dei toponimi dei comuni del Nizzardo|Francia]]<ref>Fabio Ratto Trabucco, [http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false Il regime linguistico e la tutela delle minoranze in Francia] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211105818/http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false |data=11 febbraio 2009 }}, su "Il politico (Rivista italiana di scienze politiche)", Anno 2005, Volume 70)</ref> o il [[Regno Unito]], oltre che dalla stessa Jugoslavia soprattutto nei confronti delle proprie minoranze italiane, tedesche, ungheresi e albanesi<ref>Sull'assimilazione della minoranza tedesca in Slovenia si veda [http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false Harald Heppner (Hrsg.), ''Slowenen und Deutsche im gemeinsamen Raum: neue Forschungen zu einem komplexen Thema. Tagung der Südostdeutschen Historischen Kommission (Maribor), September 2001'', Oldenbourg, München 2002] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140116214508/http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA |data=16 gennaio 2014 }}. Per la situazione dei tedeschi del Gottschee: [http://www.gottschee.de/ ''Sito sui tedeschi del Gottschee (Slovenia)'']. Sulle politiche di assimilazione cui furono soggetti gli ungheresi della Vojvodina, si veda, ad esempio: [http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=1&ved=0CBgQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.hungarian-history.hu%2Flib%2Fszilagyi%2Fszerb.doc&rct=j&q=K%C3%A1roly%20Szil%C3%A1gyi%2C%20Good%20Neighbors%20or%20Bad%20Neighbors%3F%20Hungarians%20and%20Serbs%20during%20the%20centuries%2C%20Budapest%201999.&ei=DHGHTLDZOY26OOj_uZoP&usg=AFQjCNFPw4tX1EPPxwDqR5AF3CuPkXHV7g&sig2=vxGPUGfOlZxhc2TvPrYWaQ&cad=rja Károly Szilágyi, ''Good Neighbors or Bad Neighbors? Hungarians and Serbs during the centuries'', Budapest 1999]. Per la situazione della minoranza albanese, Robert Elsie, ''Kosovo: in the heart of the powder keg'', Columbia University Press, New York 1997.</ref>. Si potrebbe inoltre ricordare la situazione degli ungheresi di Transilvania, dei bulgari di Macedonia, o degli ucraini di Polonia.
 
La politica di "[[Pulizia etnica|bonifica etnica]]" avviata dal fascismo fu tuttavia particolarmente pesante, in quanto l'intolleranza nazionale, talora venata di vero e proprio razzismo, venne affiancata e coadiuvata dalle misure repressive tipiche di un regime totalitario<ref>[http://www.kozina.com/premik/porita3.htm Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1918 - 1941]. Consultato il 1º settembre 2010</ref>.
 
L'azione del governo fascista annullò l'autonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano goduto durante la dominazione asburgica e esasperò i sentimenti di avversione nei confronti dell'Italia. Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della [[Grande Guerra]], si fusero in gruppi più grandi a carattere eversivo, come la [[Borba (quotidiano)|Borba]] e il [[TIGR]], che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. [[Basovizza#Il monumento ai .22martiri di Basovizza.22|Alcuni elementi]] di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale speciale per la difesa dello Stato]] per le uccisioni di cui si erano resi responsabili (1 terrorista condannato e fucilato a Pola nel 1929, con 4 complici condannati a 25 anni di carcere ciascuno; 4 terroristi condannati e giustiziati a Trieste, con 12 complici condannati a pene detentive per complessivi 147 anni e 6 mesi - cosiddetto "1° processo di Trieste" - nel 1930; 9 terroristi condannati a morte per terrorismo e spionaggio in periodo bellico di cui 5 giustiziati, con 51 complici condannati, complessivamente, a 666 anni e 6 mesi di carcere - cosiddetto "2° processo di Trieste" - nel 1941, a guerra iniziata).
 
=== L'invasione della Jugoslavia ===
{{vedi anche|Operazione 25|Fronte jugoslavo (1941-1945)|Partigiani jugoslavi|Provincia di Lubiana|Governatorato di Dalmazia|Crimini di guerra italiani}}
[[File:Governate of Dalmatia 1941-1943-es.svg|thumb|upright=1.3|left|Mappa del Governatorato della Dalmazia, con segnate la [[provincia di Zara]] (in verde), la [[provincia di Spalato]] (in arancio) e la [[provincia di Cattaro]] (in rosso scarlatto)]]
 
Nell'aprile del 1941 l'Italia partecipò all'[[invasione della Jugoslavia|attacco dell'Asse contro la Jugoslavia]], la quale, dopo la resa dell'esercito, avvenuta il giorno 17<ref>L'atto di resa fu firmato a Belgrado alla presenza del Ministro degli esteri Aleksandar Cincar-Marković e del generale Janković in rappresentanza della Jugoslavia, del generale Maximilian von Weichs per la Germania e del colonnello Bonfatti per l'Italia. V. Salmaggi e Pallavisini, La seconda guerra mondiale, Mondadori, 1989, pag. 119.</ref>, e l'inizio della politica di occupazione, fu smembrata e parte dei suoi territori furono annessi agli stati invasori.
 
A seguito del [[Trattato di Roma (1941)|trattato di Roma]] l'Italia annesse parte della Slovenia, parte della [[Banovina di Croazia]] nord-occidentale (che venne accorpata alla [[Provincia di Fiume]]), parte della [[Dalmazia]] e le [[Bocche di Cattaro]] (che andarono a costituire il [[Governatorato di Dalmazia]]), divenendo militarmente responsabile della zona che comprendeva la fascia costiera, e il relativo entroterra, della ex-Jugoslavia.
[[File:Croatia-41-45.gif|thumb|upright=1.3|Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dell'Asse.
{{legenda|#339966|Aree assegnate all'Italia: l'area costituente la [[provincia di Lubiana]], l'area accorpata alla [[provincia di Fiume]] e le aree costituenti il [[Governatorato di Dalmazia]]}}
{{legenda|#ff0000|[[Stato Indipendente di Croazia]]}}
{{legenda|#0000ff|Area occupate dalla [[Germania nazista]]}}
{{legenda|#996666|Aree occupate dal [[Regno d'Ungheria (1920-1946)|Regno d'Ungheria]]}}]]
 
In Slovenia fu costituita la [[Provincia di Lubiana]], dove, a fini politici e in contrapposizione con i tedeschi, si progettò, senza successo, di instaurare un'amministrazione rispettosa delle peculiarità locali<ref>Regio decreto-legge del 3 maggio 1941, n. 291 (istituzione della Provincia di Lubiana: "ART. 2- Con decreti reali (...) saranno stabiliti gli ordinamenti della provincia di Lubiana, la quale, avendo una popolazione compattamente slovena, avrà un ordinamento autonomo con riguardo alle caratteristiche etniche della popolazione, alla posizione geografica del territorio e alle speciali esigenze locali"</ref>. Nella [[Provincia di Fiume]] e nel [[Governatorato di Dalmazia]] fu invece instaurata fin dall'inizio una politica di italianizzazione forzata, che incontrò una decisa resistenza da parte della popolazione a maggioranza croata.
 
La Croazia fu dichiarata indipendente con il nome di [[Stato Indipendente di Croazia]], il cui governo fu affidato al partito ultranazionalista degli [[ustascia]], con a capo [[Ante Pavelić]].
 
La resa dell'esercito jugoslavo non fermò i combattimenti e in tutto il paese crebbe un'intensa attività di [[Resistenza (politica)|resistenza]] che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dall'altro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche.
 
Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrati, da tutte le parti in causa, numerosi [[crimini di guerra]]<ref>{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/diari/pagliani.htm|titolo=Diari di guerra: Il diario di Renzo Pagliani, bersagliere nel battaglione "Zara"|autore= |editore=digilander.libero.it|data=|accesso=10 novembre 2009}}</ref>.
 
Nella [[Provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura e in molti casi furono commessi [[Crimini di guerra italiani#L.27occupazione del Regno di Jugoslavia|crimini di guerra]] con devastazioni di villaggi e ritorsioni contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana, aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani.
 
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref>Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref>Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003 e Idem, ''Breve storia del confine orientale nel Novecento'', in Giuseppe Aragno (a cura di), ''Fascismo e foibe. Ideologia e pratica della violenza nei Balcani'', La Città del Sole, Napoli, 2008</ref>.
[[File:Rab Concentration camp.jpg|thumb|upright=1.2|Vista del [[campo di concentramento di Arbe]] usato per l'internamento della popolazione civile slovena]]
 
Nei territori annessi, accorpati alla [[Provincia di Fiume]] e al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione.
In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate del [[1942]].
 
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op. cit.)}}
 
Il 12 luglio 1942, nel villaggio di [[Podhum]], per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani, su ordine del Prefetto della Provincia di Fiume [[Temistocle Testa]], tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 e i 64 anni. Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'eccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate<ref>Si veda Dino Messina [http://www.corriere.it/cultura/08_agosto_07/crimini_guerra_italia_indaga_messina_f6424ffc-6446-11dd-8c8a-00144f02aabc.shtml Crimini di guerra italiani, il giudice indaga. Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati] (articolo sul ''[[Corriere della Sera]]'', del 7 agosto 2008); [[Alessandra Kersevan]], ''Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento per civili jugoslavi 1941-1943'', Nutrimenti editore, 2008, p.61; [[Giacomo Scotti]] [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/27-34_SCOTTI.pdf "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum"] sul sito Anpi.it {{pdf}}.</ref>.
 
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, e i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba<ref>{{cita web|url=http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|titolo=L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia|autore=|editore=Centro Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|data=2007|accesso=10 novembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120309110640/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|dataarchivio=9 marzo 2012}}</ref>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente.
A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane e i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
 
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref>Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. (video documentario) di Ken Kirby, curato dallo storico Michael Palumbo; Filippo Focardi e [[Lutz Klinkhammer]] (a cura di), ''La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata'', in Contemporanea, a. IV, n.3, luglio 2001, pp. 497-528; Mimmo Franzinelli, ''Salvate quei generali! Ad ogni costo'' e ''La memoria censurata'', in Millenovecento n. 3 gennaio 2003, pp. 112-120: Nicola Tranfaglia, ''Come nasce la repubblica. Documenti CIA e italiani 1943/1947'', Bompiani, Milano 2004.
Documenti custoditi nel Fondo Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri italiano, in particolare il Telespresso N. 1506 del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale Affari Politici, VIII, datato Roma, 28 ottobre 1946, indirizzato al Ministero della Guerra, Gabinetto e al Ministero della Giustizia, Gabinetto, Oggetto: Criminali di guerra Italiani richiesti dalla Jugoslavia, firmato da Pietro Nenni, e il Pro Memoria allegato al documento, in cui si legge testualmente: “La Legazione di Jugoslavia ha presentato al Ministero degli Affari Esteri una serie di Note Verbali in data 16,18,27 e 30 dicembre 1947, con le quali, in applicazione all'Art. 45 del Trattato di Pace, richiede la consegni di 27 presunti criminali di guerra italiani, specificando per ciascuno di essi vari capi d'accusa”. Interessante è anche la nota n. 10599.7./15.2 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, datata Roma, 16 febbraio 1948 e firmata dal Sottosegretario di Stato Giulio Andreotti, a cui è acclusa copia conforme della lettera protocollata Segr. Pol. 875, datata Roma, 20 agosto 1949, inviata all'Ammiraglio Franco Zannoni, Capo Gabinetto Ministero della Difesa</ref>.
 
== Gli eccidi contro la popolazione italiana ==
=== 1943: armistizio e prime esecuzioni ===
[[File:Ustanak u Jugoslaviji 1943.png|thumb|left|upright=1.3|Zone controllate dai partigiani di Tito subito dopo la capitolazione italiana (8 settembre 1943)]][[File:Foiba di Vines - recupero cadaveri.jpg|thumb|Recupero di resti umani dalla [[foiba di Vines]], località Faraguni, presso [[Albona]] d'Istria negli ultimi mesi del 1943]][[File:Norma Cossetto 1943.jpg|thumb|Norma Cossetto]]
[[File:1943 foibe recupero salme.jpg|thumb|Autunno 1943: recupero di una salma, gli uomini indossano maschere antigas per i miasmi dell'aria attorno alla foiba]]
L'8 settembre [[1943]], con l'[[armistizio di Cassibile|armistizio]] tra Italia e [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]], si verificò il collasso del [[Regio Esercito]].
 
Fin dal 9 settembre le truppe tedesche assunsero il controllo di Trieste e successivamente di Pola e di Fiume, lasciando momentaneamente sguarnito il resto della Venezia Giulia. I partigiani occuparono quindi buona parte della regione, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. Il 13 settembre 1943, a [[Pisino]] venne proclamata unilateralmente l'annessione dell'Istria alla Croazia, da parte del Consiglio di liberazione popolare per l'Istria<ref name=Fogar-PI-2005>Galliano Fogar. ''Le foibe: Istria, settembre-ottobre 1943'', «Patria indipendente», 27 febbraio 2005.</ref>. Il 29 settembre 1943 venne istituito il Comitato esecutivo provvisorio di liberazione dell'Istria.
 
Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione, emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che s'intendeva creare<ref>G. La Perna, ''Pola-Istria-Fiume 1943-1945'', Mursia</ref>.
A Rovigno il Comitato rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei fascisti, nella quale tuttavia apparivano anche persone estranee al partito e che non ricoprivano cariche nello Stato italiano. Vennero tutti arrestati e condotti a [[Pisino]]. In tale località furono condannati e giustiziati assieme ad altre persone di etnia italiana e croata.
 
La maggioranza dei condannati fu gettata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni mentre erano ancora in vita<ref>M. Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007, p. 244</ref>.
Secondo le stime più attendibili, le vittime del 1943 nella Venezia Giulia si aggirano sulle 600-700 persone<ref>{{cita|Treccani_foibe_(Enciclopedia-Italiana)}}</ref>.
 
Alcune delle uccisioni sono rimaste impresse nella memoria comune dei cittadini per la loro efferatezza: tra queste vi sono quelle di [[Norma Cossetto]] (cui è stata riconosciuta la [[Valor civile|medaglia d'oro al valor civile]]<ref>{{Cita web|url=http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=161496|titolo=Cossetto Sig.ra Norma}}</ref>), di don [[Angelo Tarticchio]] e delle tre [[Foiba di Terli#Le sorelle Radecchi|sorelle Radecchi]].
 
=== I ritrovamenti dell'autunno 1943 ===
Le prime ispezioni delle foibe istriane, che furono disposte immediatamente dopo il ripiegamento dei partigiani conseguente alla successiva [[Operazione Nubifragio|invasione nazista]], consentirono il rinvenimento di centinaia di corpi.
 
Il compito di ispezionare le foibe fu affidato al maresciallo dei Vigili del Fuoco [[Arnaldo Harzarich]] di Pola, che condusse le indagini da ottobre a dicembre del 1943 in Istria, in particolare nella [[Foiba di Vines]].
 
La propaganda fascista diede ampio risalto a questi ritrovamenti, che suscitarono una forte impressione. Fu allora che il termine "foibe" cominciò ad essere associato agli eccidi, fino a diventarne sinonimo (anche quando compiuti in maniera diversa). Paradossalmente, l'enfasi data ai ritrovamenti da parte della Repubblica di Salò alimentò da un lato il clima di terrore che favorì il successivo esodo, dall'altro la reazione negazionista con cui le sinistre respinsero per molto tempo la fondatezza di un crimine denunciato per la prima volta dal nemico fascista.
 
=== L'armistizio in Dalmazia ===
Il 10 settembre, mentre [[Provincia di Zara|Zara]] veniva presidiata dai tedeschi, a [[Spalato]] e in altri centri dalmati entravano i partigiani jugoslavi. Vi rimasero sino al 26 settembre, sostenendo una battaglia difensiva per impedire la presa della città da parte dei tedeschi. Mentre si svolgevano quei 16 giorni di lotta, fra Spalato e [[Traù]] i partigiani soppressero 134 italiani, compresi agenti di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie e alcuni civili.
 
La [[Dalmazia]] fu occupata militarmente dalla [[7. SS-Gebirgsdivision "Prinz Eugen"]] tedesca.
Gli italiani, con la [[77ª Divisione fanteria "Bergamo"]] di stanza a [[Spalato]] e precedentemente impegnata per anni proprio nella lotta antipartigiana, in quel frangente appoggiarono in massima parte i partigiani e combatterono in condizioni psicologiche e materiali molto difficili contro le truppe germaniche, fra le quali la sopra citata Divisione "Prinz Eugen", nonostante l'atteggiamento aggressivo e poco collaborativo dei partigiani titini. Dopo la capitolazione ordinata dal comandante, generale [[Becuzzi]], molti ufficiali italiani furono passati per le armi da parte di elementi delle truppe germaniche, in quello che è noto come il [[massacro di Treglia]].
La Dalmazia fu annessa allo [[Stato Indipendente di Croazia]]. Tuttavia Zara, restò - seppur sotto il controllo tedesco - sotto la sovranità della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], fino alla occupazione jugoslava dell'ottobre 1944.
 
=== L'occupazione tedesca della Venezia Giulia e l'Ozak ===
{{vedi anche|Operazione Nubifragio|Zona d'operazioni del Litorale adriatico}}
[[File:Italian social republic map ITA.png|thumb|Le aree segnate in verde facevano ufficialmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana]] ma erano considerate dalla Germania zone di operazione militare e sottoposte a diretto controllo tedesco]]A seguito dell'[[armistizio di Cassibile]] i tedeschi lanciarono l'[[Operazione Nubifragio]], con l'obiettivo di assumere il controllo della [[Venezia Giulia]], della [[provincia di Lubiana]] e dell'[[Istria]].
 
L'offensiva ebbe inizio nella notte del 2 ottobre [[1943]] e portò all'annientamento della [[Resistenza Italiana|resistenza]] opposta da parte di nuclei [[partigiano|partigiani]], che furono decimati, catturati, costretti alla fuga o dispersi. I partigiani cercarono di ostacolare i tedeschi con imboscate, colpi di mano e agguati: questi reagirono colpendo la popolazione civile, anche di etnia italiana, con fucilazioni indiscriminate, violenze, incendi di villaggi e saccheggi.
 
Uno dei momenti più significativi sul territorio italiano fu la [[battaglia di Gorizia (1943)|battaglia di Gorizia]] combattuta fra i giorni 11 e 26 settembre 1943 tra l'esercito tedesco e la [[Brigata Proletaria]], un raggruppamento partigiano forte di circa 1500 uomini, costituito in massima parte da operai dei [[Cantieri Riuniti dell'Adriatico]] di [[Monfalcone]] e rafforzato da un consistente gruppo di partigiani sloveni.
 
L'Operazione Nubifragio si concluse il 9 ottobre con la conquista di [[Rovigno]].
 
Le truppe germaniche costituirono nell'area occupata la [[Zona d'operazioni del Litorale adriatico]] o OZAK (acronimo di ''Operationszone Adriatisches Küstenland''). Questa, pur essendo ufficialmente parte della Repubblica Sociale Italiana era sottoposta all'amministrazione militare tedesca e di fatto, annessa al [[Germania nazista|Terzo Reich]].
 
Dal settembre [[1943]] all'aprile [[1945]] si susseguirono le repressioni [[Nazifascismo|nazifasciste]] che portarono la [[provincia di Gorizia]] a essere la prima in Italia per numero di morti nei [[Lager|campi di sterminio nazisti]]<ref>I dati si riferiscono all'insieme dei detenuti politici ed ebrei. Cfr. Brunello Mantelli - Nicola Tranfaglia, ''Il libro dei deportati'', vol. 1, tomo 3, Mursia, Milano, 2010, p. 2533. ISBN 978-88-425-4228-5</ref>.
 
=== Autunno 1944: ritiro dei tedeschi dalla Dalmazia ===
{{vedi anche|Zara|Bombardamenti di Zara|Spalato}}
[[File:Zara - Molo di Riva Nuova2.jpg|thumb|Veduta di [[Zara]] [[bombardamenti di Zara|distrutta dai bombardamenti]] (Molo di Riva Nuova)]]
Ulteriori eccidi si ebbero nel corso dell'occupazione delle città dalmate in cui risiedevano comunità italiane.
 
Terribile fu la sorte di [[Zara]], ridotta in rovine dai [[bombardamenti di Zara|bombardamenti]] aerei anglo-americani, che causarono la morte di alcune migliaia di civili (da 2.000 a 4.000) e contribuirono alla fuga di quasi il 75% dei suoi abitanti. Alla fine dell'ottobre 1944 anche l'esercito tedesco e la maggior parte dell'amministrazione civile italiana abbandonarono la città.
 
Zara fu occupata dagli Jugoslavi il 1º novembre 1944: si stima che il totale delle persone soppresse dai partigiani in pochi mesi sia di circa 180<ref>Sul tema, e in particolare sulla morte di Niccolò e Pietro Luxardo, si veda {{cita libro|nome=Nicolò |cognome=Luxardo De Franchi |titolo=Dietro gli scogli di Zara |città=Gorizia |editore=Libreria Editrice Goriziana |anno=1999 |isbn=88-86928-24-6 }}</ref>. Fra gli altri furono uccisi i fratelli Nicolò e Pietro [[Luxardo (azienda)|Luxardo]] (industriali, produttori del celebre liquore [[maraschino]]): secondo alcune testimonianze Nicolò fu annegato in mare<ref>{{cita web|url=http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/articoligiornali/luxardo.htm |titolo=La Luxardo e la Romagna |editore=La Voce di Rimini |data=14 giugno 2004 |accesso=16 ottobre 2009}}</ref>. Quella dell'annegamento in mare legati a macigni è una pratica di cui sono state date varie testimonianze<ref>{{cita web|url=http://xoomer.alice.it/histria/citta/zara/sestiere.htm |titolo= Zara, un sestiere veneziano |sito=L'esodo dei 350 mila giuliani, fiumani e dalmati |autore=Padre Flaminio Rocchi |accesso=16 settembre 2009}}</ref>, tanto da divenire nell'immaginario popolare la "tipica" modalità di esecuzione delle vittime zaratine, similmente alle foibe in Venezia Giulia.
 
=== Primavera 1945: l'occupazione della Venezia Giulia ===
{{vedi anche|Massacro di Ba%C4%8Dka|Corsa per Trieste}}
[[File:1945-05-01GerWW2BattlefrontAtlas.jpg|thumb|upright=1.3|left|Territori controllati dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] (color salmone e rosso) e dai tedeschi (bianco) al 1/5/1945.]]
 
Nella primavera del [[1945]] gli jugoslavi crearono una nuova Armata – la [[IV Armata jugoslava|IV]], al comando del giovane generale [[Petar Drapšin]] – con il compito di puntare verso Fiume, l'Istria e Trieste. L'ordine era di [[Occupazione dell'Istria|occupare la Venezia Giulia]] nel più breve tempo possibile, anticipando quindi gli alleati anglosassoni in quella che venne in seguito chiamata [[corsa per Trieste]]. Tale obiettivo divenne primario per l'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia]]: il 20 aprile 1945 la IV Armata jugoslava entrò nella Venezia Giulia e, assieme alle unità del [[IX Korpus]] sloveno, ivi già operanti dal dicembre 1943, tra il 30 aprile e il 1º maggio dilagò nel [[Carso]] e nell'Istria, occupando Trieste e Gorizia (1º maggio), Fiume (3 maggio) e Pola (5 maggio)<ref>Guido Rumici, Infoibati... (op. cit.), pagg. 452 e 453</ref>, all'incirca una settimana prima della stessa liberazione di [[Lubiana]] e [[Zagabria]]. Ciò corrispondeva alla volontà di Tito di creare il "fatto compiuto" sul terreno, determinante ai fini delle future trattative sulla delimitazione dei confini fra Italia e Jugoslavia, invadendo l'Italia nord-orientale fino al fiume [[Tagliamento]], mentre la sovranità sulle capitali di Slovenia e Croazia non era in discussione. Allo stesso modo, gli jugoslavi entrarono in forze nella [[Carinzia]] austriaca, già oggetto di rivendicazioni al termine della [[Prima guerra mondiale]].
 
Il nuovo regime si mosse nella Venezia Giulia in due direzioni. Le autorità militari avevano il mandato di ristabilire la legittimità della nuova situazione creatasi con operazioni militari di occupazione. L'[[OZNA]], la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale autonomia.
 
Dopo la liberazione dall'occupazione tedesca, a partire dal maggio del 1945, nelle province di [[Provincia di Gorizia|Gorizia]], [[Provincia di Trieste|Trieste]], [[Provincia di Pola|Pola]] e [[Provincia del Carnaro|Fiume]] il potere venne assunto dalle forze partigiane jugoslave; tale periodo fu funestato da arresti, sparizioni e uccisioni di centinaia di persone, alcune delle quali gettate nelle foibe ancora vive. A Gorizia, Trieste e Pola le violenze cessarono solamente dopo la sostituzione della amministrazione jugoslava con quella degli alleati, che avvenne il 12 giugno 1945 a Gorizia e Trieste, e il 20 giugno a Pola; a Fiume, invece, gli alleati non giunsero mai e le persecuzioni continuarono.
 
=== Eccidi a Trieste e in Istria ===
{{vedi anche|Trieste#L'occupazione jugoslava}}
[[File:Don Francesco Bonifacio.jpg|thumb|2O0px|Don [[Francesco Bonifacio]] ([[beato]] in ''odium fidei'') fu ucciso a [[Grisignana]] l'11 settembre 1946, parecchio tempo dopo il periodo delle "foibe" vero e proprio]]
I baratri venivano usati per l'occultamento di cadaveri con tre scopi: eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano (o avrebbero potuto opporsi) alle politiche del [[Partito Comunista di Jugoslavia]] di [[Josip Broz Tito|Tito]].
 
Di nuovo si verificarono uccisioni efferate, come quella dei democristiani [[Carlo Dell'Antonio]] e Romano Meneghello e di [[don Francesco Bonifacio]], torturato e quindi assassinato (il suo corpo non è mai stato ritrovato); ritenuto martire ''[[in odium fidei]]'' dalla Chiesa, è stato [[beatificazione|beatificato]] nel 2008.
 
Tra gli altri politici di riferimento del [[CLN]], si segnalano i casi di Augusto Bergera e Luigi Podestà - che restano due anni in campo di concentramento jugoslavo - e quelli del socialista Carlo Schiffrer e dell'azionista Michele Miani, che miracolosamente riescono ad aver salva la vita<ref>Paolo Mieli, ''Trieste, la guerra di Tito contro gli antifascisti'' - Corriere della Sera (6 aprile 2010) pagina 036/037.</ref>.
 
Gli scritti dell'allora sindaco di Trieste, [[Gianni Bartoli]], nonché alcuni documenti inglesi riportano che "molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali" riferendosi alla sola città di Trieste e alle zone limitrofe, non includendo dunque il resto della Venezia Giulia, dell'Istria (dove si è registrata la maggioranza dei casi) e della Dalmazia. In possesso di queste informazioni il [[Governo De Gasperi I|Governo De Gasperi]], nel maggio 1945, chiese ragione a Tito di 2.500 morti e 7.500 scomparsi nella [[Venezia Giulia]]. Tito confermò l'esistenza delle foibe come occultamento di cadaveri e i governi jugoslavi successivi mai smentirono tali affermazioni.
 
Un [[Massacri delle foibe#Negazionismo e.2Fo riduzionismo dei massacri|controverso]] studio svolto dalla giornalista Claudia Cernigoi<ref>Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste, pag. 119 (op. cit.)</ref> stima nel numero di 517 le vittime triestine, delle quali 412 sarebbero appartenute a formazioni militari, paramilitari o di polizia, poste al servizio delle autorità germaniche dell'[[Zona d'operazioni del Litorale adriatico|OZAK]] (tra cui la [[Milizia Difesa Territoriale]], l'[[Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia|Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza]], formazioni della [[Marina Nazionale Repubblicana|X^ MAS]], [[Brigate Nere]], formazioni [[Squadrismo|squadriste]]), e sostiene che una consistente parte di esse (almeno 79) non sarebbero state infoibate<ref>La distinzione non è casuale. Nei suoi scritti infatti, la Cernigoi distingue costantemente fra "infoibati" a "scomparsi". Secondo il suo punto di vista vanno conteggiate fra le vittime degli eccidi solo i primi. Tuttavia è ben noto fra gli storici, che coloro che morirono nelle foibe furono una minima parte del totale. Senza entrare nel merito della discussione, risulta ovvio che adottando il punto di vista della Cernigoi, il numero di vittime venga pesantemente ritoccato al ribasso.</ref> ma sarebbero decedute a [[Borovnica]] o in altri campi di prigionia militari jugoslavi.
 
=== Eccidi a Gorizia e provincia ===
{{vedi anche|Deportazioni di Gorizia}}
Con l'arrivo dell'[[Jugoslovenska narodna armija|Armata Popolare Jugoslava]], anche a [[Gorizia]] iniziarono le repressioni che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio. Migliaia furono gli arresti e gli scomparsi non solo tra gli italiani, ma anche tra gli sloveni che si opponevano al regime comunista di [[Josip Broz Tito|Tito]].
 
Fra le vittime si ricordano alcuni esponenti politici locali di riferimento del [[CLN]]: Licurgo Olivi del [[Partito Socialista Italiano]] e Augusto Sverzutti del [[Partito d'Azione]], riguardo al quale non si sa ancora la data dell'uccisione e se il suo cadavere sia stato infoibato<ref>[http://www.alessandromaran.it/fuori_aula/giornali/15-06-03.pdf Articolo de [[Il Piccolo]]]</ref>.
 
Le autorità [[Slovenia|slovene]], a marzo del 2006, hanno consegnato al sindaco di [[Gorizia]] un elenco di 1.048 deportati dalla provincia di Gorizia, dei quali circa 900 non hanno fatto più ritorno; di questi, circa 470 appartenevano a forze di ordine pubblico e formazioni militari italiane postesi al servizio degli occupatori tedeschi, circa 250 erano civili giuliani, 70 erano civili originari di altre province italiane e circa 110 erano sloveni collaborazionisti o presunti tali. Secondo il presidente dell'[[Unione degli Istriani]], Massimiliano Lacota, questa lista sarebbe ancora grandemente incompleta<ref>[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]], 9 marzo 2006 [http://www.micciacorta.it/articolo.php?id_news=189 Quei 1048 nomi riemersi dalle foibe] di [[Paolo Rumiz]];[http://digilander.libero.it/lefoibe/deportati.htm I 1.048 deportati da Gorizia] (raccolta di articoli sui deportati goriziani), Altri articoli sul tema:[http://leganazionale.splinder.com/post/7490430/L%E2%80%99Unione+degli+Istriani+inte][http://piccolecronache.blogspot.com/2006/03/lista-dei-deportati-dallesercito.html][http://www.leganazionale.it/attualita/elencogoriziastampa2.htm][http://www.cnj.it/iniziative/goriziani06.htm]</ref>.
 
=== Eccidi a Fiume ===
{{Vedi anche|Provincia di Fiume}}
[[File:Fiume (Rijeka) bombing by RAF in 1944.jpg|thumb|left|Bombardamento di Fiume da parte degli aerei della [[Royal Air Force|RAF]] (1944)]]
 
[[Fiume (Croazia)|Fiume]] fu occupata<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 219}}</ref> il 3 maggio dagli jugoslavi, che avviarono in breve tempo un'intensa campagna di epurazione. Gli agenti dell'[[OZNA]] deportarono 65 guardie di pubblica sicurezza e agenti della questura, 34 guardie di finanza e una decina di carabinieri; alcuni esponenti compromessi con il regime fascista furono invece uccisi sul posto<ref>Boris Gombač, Atlante storico.... op. cit. pag. 361</ref>.
 
Tra gli esponenti più in vista del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] furono uccisi i senatori fiumani [[Icilio Bacci]] e [[Riccardo Gigante]] (podestà di Fiume dal [[1930]] al [[1934]]), che non si erano macchiati di alcun crimine. Nell'ambito della caccia agli esponenti politici italiani vennero uccisi, fra gli altri, gli ex podestà [[Carlo Colussi]] (in carica dal 1934 al [[1938]], venne eliminato con la moglie Nerina Copetti) e [[Gino Sirola]] (podestà dal [[1943]] al [[1945]]). In anni recenti, vicino alla località di [[Castua]], è stata individuata la fossa dove riposano i resti di Gigante, ma il loro recupero risulta complesso.
[[File:Spomen ploca Fiumani in Italia 240608.jpg|thumb|Lapide votiva nel cimitero di [[Cossala]], a [[Fiume (Croazia)|Fiume]].]]
 
Particolarmente violenta fu anche la caccia ai superstiti del [[Partito Autonomista|Partito Autonomista Fiumano]], concepito come un potenziale ostacolo all'annessione della città alla Jugoslavia. Il quotidiano comunista [[La Voce del Popolo (quotidiano di Fiume)|''La Voce del Popolo'']] scatenò una campagna di denuncia contro gli autonomisti, che vennero equiparati ai fascisti. I partigiani, nelle prime ore di occupazione della città, uccisero i vecchi capi del partito, fra i quali [[Mario Blasich]], Giuseppe Sincich, [[Nevio Skull]], Giovanni Baucer, Mario De Hajnal e Giovanni Rubinich, che fu fondatore del [[Movimento Autonomista Liburnico]].
 
La persecuzione colpì anche gli esponenti dei CLN, secondo una linea ampiamente usata anche a Trieste e Gorizia. Numerosi furono nelle tre città gli arresti e le deportazioni di antifascisti, dei quali solo alcuni faranno ritorno dai campi di concentramento dopo lunghi periodi di detenzione. Ancora nel 1946, assai dopo le esplosioni di "[[jacquerie]]", risulteranno comminate condanne capitali contro reclusi accusati di aver fatto parte dei [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]]<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}</ref>.
 
Il numero di italiani sicuramente uccisi dall'entrata nella città di [[Fiume (Croazia)|Fiume]] delle truppe jugoslave (3 maggio 1945) fino al 31 dicembre 1947 è di 652, a cui va aggiunto un ulteriore numero di vittime non esattamente identificabile per mancanza di riscontri certi<ref>Società di Studi Fiumani-Roma, Hrvatski Institut za Povijest-Zagreb ''Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)''{{cita web|url=http://www.archivi.beniculturali.it/DGA-free/Sussidi/Sussidi_12.pdf|titolo=Copia archiviata|accesso=5 maggio 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081031131611/http://www.archivi.beniculturali.it/DGA-free/Sussidi/Sussidi_12.pdf|dataarchivio=31 ottobre 2008|urlmorto=sì}}, Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione Generale per gli Archivi, Roma 2002. ISBN 88-7125-239-X.
Nello studio per ogni vittima individuata nominativamente, sono stati indicati tutti i dati personali conosciuti (nome, cognome, data di nascita, ultimo indirizzo conosciuto ecc.), la data e la causa di morte. Lo studio è ritenuto non esaustivo dagli stessi autori che affermano che lo stesso è da considerarsi «una buona base di partenza per quanti in futuro vorranno cimentarsi in questa difficile problematica», dato che «nessuna ricerca storica di carattere complesso come questa ha mai dato finora una risposta chiara e definitiva» (p. 149). Le tabelle riassuntive sono alla pag. 206.</ref>.
 
=== L'esodo degli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia ===
{{vedi anche|Esodo giuliano dalmata}}
[[File:Esule con tricolore - Esodo giuliano-dalmata.png|thumb|Una giovane esule italiana in fuga trasporta, insieme ai propri effetti personali, una [[Bandiera d'Italia|bandiera tricolore]]]]
 
Al massacro delle foibe seguì l'[[esodo giuliano dalmata]], ovvero l'[[emigrazione]] forzata della maggioranza dei cittadini di [[Italiani|etnia]] e di [[lingua italiana]] in [[Istria]] e nel [[Quarnaro]], dove si svuotarono dai propri abitanti interi villaggi e cittadine. Nell'esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall'[[Italia]] alla Jugoslavia con il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di Parigi]] e anche la [[Dalmazia]], dove vivevano i [[dalmati italiani]].
 
Con la firma del trattato l'esodo s'intensificò ulteriormente. Da Pola, così come da alcuni centri urbani istriani ([[Capodistria]], [[Parenzo]], [[Orsera]], ecc.) partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana, da altri ([[Buie]], [[Umago]] e [[Rovigno]]) si desumono percentuali inferiori ma sempre molto elevate. Si stima che l'esodo giuliano-dalmata abbia interessato un numero compreso tra i 250.000 e i 350.000 italiani. I massacri delle foibe e l'esodo giuliano-dalmata sono ricordati dal [[Giorno del ricordo]], solennità civile nazionale [[italia]]na celebrata il [[10 febbraio]] di ogni anno.
 
L'ultima fase migratoria ebbe luogo dopo il [[1954]] allorché il [[Memorandum di Londra]] assegnò definitivamente la zona A del [[Territorio Libero di Trieste]] all'Italia, e la zona B alla Jugoslavia. L'esodo si concluse solamente intorno al [[1960]]. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria e nel Quarnaro erano rimasti 17.516 italiani su un totale di 432.136 abitanti.
{{clear}}
 
== Cause ==
{{citazione|...già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica". |Discorso del [[Presidente della repubblica]] [[Giorgio Napolitano]] in occasione della celebrazione del "[[Giorno del ricordo]]". [[Roma]], 10 febbraio 2007<ref>Presidenza della Repubblica, [http://www.quirinale.it/Discorsi/Discorso.asp?id=32144 Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo"], Quirinale, 10 febbraio 2007</ref>}}
[[File:Foiba.svg|thumb|Disegno schematico di una foiba]]
 
La qualificazione delle concause e dei fattori che possono essere alla base dei massacri delle foibe è un'operazione senza dubbio complessa. Dall'esame dei fatti storici emergono una serie di elementi antecedenti non trascurabili, quali:
 
* la contrapposizione nazionale ed etnica fra [[sloveni]] e [[croati]] da una parte e italiani dall'altra, causata dall'imporsi del concetto di nazionalità e Stato nazionale nell'area;
* gli opposti [[irredentismo|irredentismi]], per cui i territori mistilingui della [[Dalmazia]], della [[Venezia Giulia]] e del [[Quarnaro]] dovevano appartenere, in esclusiva, all'uno o all'altro ambito nazionale, e quindi all'uno o all'altro Stato;
* le conseguenze della [[prima guerra mondiale]], con un'intensa battaglia diplomatica per la definizione dei confini fra il [[Regno d'Italia]] e il neonato [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]] con conseguenti tensioni etniche, che portarono a disordini locali e compressioni delle rispettive minoranze fin dal primo dopoguerra;
* il tentativo di [[italianizzazione (fascismo)|assimilazione forzata]] delle minoranze slave della Venezia Giulia durante il [[ventennio fascista]];
* [[Invasione della Jugoslavia|l'occupazione militare italiana]], durante la [[seconda guerra mondiale]], di diverse zone della Jugoslavia durante le quali si verificarono anche [[crimini di guerra italiani|crimini di guerra]] contro la popolazione civile<ref>http://www.ilgazzettino.it/nordest/trieste/campo_sportivo_martiri_delle_foibe_no_furono_un_prodotto_del_fascismo/notizie/248101.shtml Campo sportivo "Martiri delle foibe"? «No, furono un prodotto del fascismo», da [[il Gazzettino]] del 31/01/2013]</ref><ref>http://www.casamemoriavinchio.it/sito/documenti/APPROFONDIMENTI/materiale_didattico/fascismo_repubblica_2.pdf Fascismo e resa dei conti</ref>;
* la guerra nel teatro jugoslavo-balcanico, che fu uno dei fronti più complessi e violenti<ref>{{cita web | url = http://www.italia-liberazione.it/ita/doc/pupo_06_2.pdf | autore= Raoul Pupo|titolo=Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo| accesso = 11 gennaio 2009}} «Quella combattuta sui campi di battaglia della Jugoslavia non è stata soltanto una guerra di liberazione, ma anche una terribile guerra civile, in cui – dalle prime stragi ustaša del 1941 in poi – determinazione e orrore hanno sostituito la pietà. Per i prigionieri slavi quindi non c'è scampo: quelli caduti nelle mani dei partigiani vengono fucilati, ma anche quelli che sono riusciti a consegnarsi agli alleati, non per questo hanno trovato la salvezza.»</ref> (ad esempio l'operato degli [[ustascia]] croati);
* la convinzione dei partigiani jugoslavi per la quale sarebbero stati legittimati ad annettere al futuro Stato jugoslavo quella parte della Venezia Giulia e del Friuli (Litorale sloveno e Istria), abitata prevalentemente o quasi esclusivamente da croati e sloveni;
* la convinzione, diffusa fra i partigiani jugoslavi, che la guerra di liberazione jugoslava non avesse solo un carattere "nazionale", ma anche "sociale", con la popolazione italiana percepita anche come "classe dominante" contro cui lottare;
* la natura totalitaria e repressiva del costituendo regime comunista jugoslavo.
 
La spirale di violenza si innescò immediatamente dopo la caduta del regime nazifascista, favorita dalle tensioni politiche e sociali presenti sul territorio, che contribuirono al compimento di azioni di natura giustizialista nei confronti dei sostenitori del precedente regime e che furono successivamente indirizzate da alcuni nuclei di potere, formatisi in seno al movimento di resistenza, all'eliminazione di potenziali avversari politici, additati come nemici del popolo. In questa analisi non vanno trascurate anche [[Guerra civile in Italia (1943-1945)#La delinquenza comune|le azioni criminali di semplici delinquenti]], che approfittarono della confusione e della temporanea assenza di forze di polizia, preposte al mantenimento dell'ordine pubblico, per compiere azioni criminali e azioni di violenza gratuita<ref>Guido Crainz, ''L'ombra della guerra. Il 1945, l'Italia'', Donzelli, Bologna 2007, ISBN 88-6036-160-5</ref>.
[[File:Tempio_nazionale_dell'internato_ignoto_022.jpg|thumb|Cippo in memoria delle vittime delle Foibe, collocato presso il [[Tempio dell'internato ignoto]] a [[Padova]].]]
{{citazione|Una delle argomentazioni più diffuse al riguardo (chiaramente giustificazionista, va notato subito, ma non certo infondata) è che le foibe sarebbero - a parte errori ed eccessi - ritorsione ai crimini di guerra commessi da militari e fascisti italiani nel corso della loro occupazione (...). Ad essi vengono connessi i crimini della politica fascista e nazionalista (...). La tesi è stata sostenuta fino ad anni recenti, e oggi (...), viene ancora menzionata (...), anche se è sempre più pacifica(...) la constatazione del movente politico dei fatti. Ciò però vale soprattutto per i fatti del 1945 e poco per quelli del 1943, tuttora spesso oscuri e non documentati, specie in Croazia. (...) I fatti del maggio 1945 sono certo caratterizzati da 'furor popolare' come più volte si è detto. Ma esso è lo scenario, e il dramma che vi si svolse aveva sostanza politica. La presenza di volontà organizzata non è dubbia. Eliminazione fisica dell'oppositore e nemico (di forze armate giudicate collaborazioniste) e, insieme, intimidazione e, col giustizialismo sommario, coinvolgimento nella formazione violenta di un nuovo potere.|Elio Apih, "Le foibe giuliane", Libreria Editrice Goriziana, 2010, ISBN 978-88-6102-078-8; p.21 e p.70}}
 
Ciò premesso, il fenomeno delle foibe può essere considerato come un evento derivante da un disegno politico annessionista, il cui duplice obiettivo era:
 
* l'annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia: si volevano pertanto neutralizzare quelli (essenzialmente italiani) che si opponevano all'annessione di queste terre alla [[Jugoslavia]];
* l'avvento di un governo comunista jugoslavo in quelle terre: si volevano pertanto neutralizzare reali o potenziali oppositori del costituendo regime comunista.
 
Pertanto gli eccidi "si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto" di una "violenza di stato"<ref>Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita4.htm "Periodo 1941-1945"], Capodistria, 2000</ref>, attuata con la repressione politica e [[pulizia etnica|l'intimidazione]]<ref>{{cita web | url = http://www.kozina.com/premik/porita4.htm | titolo = Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1941 - 1945 | data = consultato il 11 gennaio 2009}} «Influì anche negativamente l'eco degli eccidi di italiani dell'autunno del 1943 (le cosiddette "foibe istriane") nei territori istriani ove era attivo il Movimento di liberazione croato, eccidi perpetrati non solo per motivi etnici e sociali, ma anche per colpire in primo luogo la locale classe dirigente, e che spinsero gran parte degli italiani della regione a temere per la loro sopravvivenza nazionale e per la loro stessa incolumità.»</ref>, in vista dell'annessione alla [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]] di tutta la [[Venezia Giulia]] (incluse [[Trieste]] e [[Gorizia]])<ref>Le rivendicazioni di Tito, tuttavia, includevano anche la maggior parte del Friuli, volendo portare il confine al Tagliamento. Cfr. ''I testimoni muti: le foibe, l'esodo, i pregiudizi'' di Diego Zandel, Ugo Mursia Editore, 2011, p. 73; ''Democrazia cristiana e Costituente nella società del dopoguerra: Società civile e società politica'' di Giuseppe Rossini Cinque lune, 1980, p. 1201 (a proposito dei colloqui Churchill-Tito e della definizione delle pretese iugoslave); ''Italy and East-Central Europe: dimensions of the regional relationship'' di Vojtech Mastny, Westview Press, 1995, p. 21</ref> e per eliminare gli oppositori (reali o presunti) del costituendo regime comunista. In vista di questi due obiettivi era infatti necessario reprimere le classi dirigenti italiane (compresi antifascisti e resistenti), per eliminare ogni forma di resistenza organizzata. Questo aspetto era particolarmente importante a [[Gorizia]] e [[Trieste]], della cui annessione gli Jugoslavi non erano certi. Tito, pertanto, fece il possibile per occupare le due città prima di ogni altra forza alleata, per assicurarsi una posizione di forza nelle trattative. Durante l'occupazione di Gorizia e di Trieste diverse migliaia di italiani furono arrestati, uccisi o deportati nei lager jugoslavi (soprattutto nel [[campo di concentramento di Borovnica|campo di lavoro e detenzione di Borovnica]] e nel carcere dell'[[OZNA]] di Lubiana)<ref>T. Taylor, ''Rapporto generale sugli arresti e sulle esecuzioni perpetrate dagli jugoslavi nel maggio - giugno 1945'', 3 agosto 1945 (citato da S. Ferretto Clementi, ''Dossier Foibe ed Esodo'' e in Lega Nazionale, ''[http://www.leganazionale.it/index.php?option=com_content&view=article&catid=117%3Aapprofondimenti&id=1041%3Ale-foibe-e-i-campi-di-concentramento-iugoslavi-2&Itemid=138 Le Foibe e i campi di concentramento jugoslavi]''), secondo cui «a Gorizia vennero arrestati circa quattromila italiani (…), in provincia di Trieste tra il primo maggio e il 12 giugno del 1945 furono arrestate diciassettemila persone, delle quali ottomila furono successivamente rilasciate, tremila furono uccise e seimila sono ancora internate (tremila nel campo di Borovnica).»</ref><ref>''[http://www.leganazionale.it/attualita/deportati_gorizia.pdf www.leganazionale.it/attualita/deportati_gorizia.pdf L'elenco dei mille italiani deportati da Gorizia in Slovenia]'' marzo 2006, Lega Nazionale, su leganazionale.it</ref>. Neutralizzando i vertici dirigenziali ed eliminando o intimorendo i cittadini italiani, tentò di far credere che gli jugoslavi fossero la maggioranza assoluta della popolazione: la composizione etnica sarebbe stata, infatti, un fattore decisivo nelle conferenze del dopoguerra e per questo motivo la riduzione della popolazione italiana risultava essenziale<ref>[http://www.leganazionale.it/storia/foibeterrorecomunista.htm Paolo Sardos Albertini (2002-05-08). "Terrore" comunista e le foibe - Il Piccolo]</ref>.
 
Lo sfruttamento del clima giustizialista per eliminare, oltre ai sostenitori del regime fascista, anche potenziali oppositori politici, accomuna, secondo lo storico [[Boris Gombač]], i massacri delle foibe alle violenze perpetrate nello stesso periodo da gruppi radicali comunisti nel cosiddetto [[Triangolo della morte (Emilia)|triangolo della morte]] in Emilia, dove, tra le migliaia di vittime della violenza insurrezionale, vi furono anche circa 400 tra proprietari terrieri, industriali, professionisti, preti e altri appartenenti alla borghesia, solo perché dichiaratisi anticomunisti<ref>Boris Gombač, Atlante storico… (op. cit., pag. 368)</ref>.
 
Su questo dibattuto problema, gli storici italiani e sloveni <!--(ma non quelli croati)--> hanno raggiunto conclusioni concordi, espresse nella Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena<ref>La Commissione mista storico-culturale italo-slovena è stata istituita in seguito allo scambio di note intervenuto nel mese di ottobre 1993 tra i ministri degli affari esteri d'Italia e della Slovenia allo scopo di ottenere un'esposizione condivisa degli avvenimenti più rilevanti nella storia delle relazioni politiche e culturali bilaterali</ref>:
[[File:Roma, Giuliano-Dalmata - monumento vittime delle foibe.JPG|thumb|Roma, [[Giuliano-Dalmata|quartiere Giuliano-Dalmata]]: monumento alle vittime delle foibe]]
{{citazione|Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.|Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita4.htm "Periodo 1941-1945"], Paragrafo 11, Capodistria, 2000}}
 
Il [[Governo della Repubblica Italiana|Governo italiano]], nel 2007, rispondendo a un'interrogazione parlamentare del deputato Cardano, ha precisato che, godendo già la Relazione della Commissione bilaterale dello status di ufficialità ed essendo passati ormai ben 7 anni dalla sua prima pubblicazione sulla stampa e dal riconoscimento ufficiale del Governo sloveno, non riteneva necessario pubblicarla in quanto essa godeva già dello status di ufficialità e, confermando la sua veridicità, ne ha auspicato la diffusione nel mondo della cultura e della scuola<ref>{{cita web | url = http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/stenografici/sed106/pdfbt02.pdf | titolo = Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Seduta dell'8/2/2007 | data = consultato il 17 gennaio 2009}} «Il Deputato Cardano presenta un'interrogazione al Ministro degli affari esteri, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro dell'università, chiedendo nell'interrogazione scritta "... se i Ministri interrogati non ritengano di dover adoperarsi affinché la suddetta relazione italo-slovena e tutti i materiali preparatori della stessa vengano resi pubblici e, per questa via, diffusi nel mondo della cultura e della scuola". Nella risposta scritta il rappresentante del Governo italiano afferma che non si riteneva necessaria una sua pubblicazione ufficiale in quanto il "testo" di tale Relazione è già stato "riconosciuto" dai membri della Commissione congiunta che lo hanno elaborato e inoltre già pubblicato ufficialmente dalla parte slovena nell'agosto 2001. Il rappresentante del Governo italiano, nella risposta scritta, specifica testualmente che "...Tenuto quindi conto anche del lungo tempo trascorso, non appare opportuna una nuova pubblicazione ufficiale della relazione, mentre potrebbe essere utile una sua diffusione nel mondo della cultura e della scuola". Ossia, per le autorità italiane, non si ritiene di dover procedere a una sua "ulteriore" pubblicazione in quanto il testo è già noto ed è già garantita la sua "veridicità". Inoltre se ne consiglia la sua diffusione nel mondo della cultura e della scuola.»</ref>.
 
Per quanto riguarda il supposto aspetto "vendicativo"<ref>Gianni Oliva, ''La resa dei conti - aprile-maggio 1945: foibe, piazzale Loreto e giustizia partigiana'', Mondadori ISBN 88-04-45696-5; p.16: «È il prezzo estremo pagato dal paese al regime e alla sua avventura bellica »</ref>, essendo i fascisti e i loro fiancheggiatori in gran parte italiani (sia pure non in numero superiore rispetto ad altre regioni italiane), e opponendosi essenzialmente gli italiani all'annessione alla Jugoslavia, soprattutto a livello locale fu frequentemente sostenuta l'equiparazione degli italiani ai fascisti<ref>[[Maurizio Tremul]], [http://www.edit.hr/lavoce/2006/061113/politica.htm Discorso del presidente della Giunta esecutiva dell'Unione Italiana] alla presentazione del manuale “Istria nel tempo. Storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume”, Collana degli Atti N° 26 del CRS di Rovigno. cit.: «La nostra è la cronaca di una storia negata annunciata: l'identificazione tout court con il nemico secondo la tragica equazione italiano uguale fascista...»</ref>. Questo aspetto provocò, localmente, episodi di [[jacquerie|''jacquerie'']] (insurrezioni spontanee dei ceti popolari), in cui molti colsero anche l'opportunità di portare avanti vendette personali o compiere rapine eliminando i testimoni. Gli episodi di ''jacquerie'' si verificarono prevalentemente nel corso degli eccidi del settembre e ottobre del 1943, avvenuti in un contesto in cui vennero a mancare i poteri costituiti<ref>Fonte: Claudia Cernigoi, Operazione "Foibe" tra storia e mito, Edizioni Kappa Vu, Udine 2005 - pag.115</ref>. Tale ''jacquerie'' si rivolse non solo verso i rappresentanti del regime fascista, ma anche verso gli italiani in quanto tali<ref>http://www.controstoria.it/foibe.htm «Cadono nella rete della ghepeù slava, come ora la chiamano, centinaia di cittadini del gruppo etnico italiano: gerarchi locali, podestà, segretari, ma anche messi comunali, guardie civiche, levatrici, ufficiali di posta, insegnanti, bidelli, proprietari terrieri, impiegati, sorveglianti, carabinieri e guardie forestali. Nella maggioranza dei casi, se a costoro possono essere mosse delle accuse queste derivano dall'appartenenza a una classe sociale che definiremmo borghese o di avere nutrito idee politiche diverse da quelle degli occupanti. Da notare che, in epoca fascista l'ottenimento di un posto di lavoro di qualunque livello nel pubblico impiego implicava l'iscrizione al PNF, almeno formalmente e indipendentemente dal loro pensiero, i dipendenti pubblici potevano tutti essere classificati come "fascisti". Su tutti, comunque, pesava la grave colpa di essere italiani.» (da "L'esodo - La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia", di Arrigo Petacco - op.cit. - pagg. 57-58)</ref>.
 
== Vittime ==
=== Tipologia delle vittime ===
 
Tra i caduti figurano non solo personalità legate al [[Partito Nazionale Fascista]], ma anche ufficiali, funzionari e dipendenti pubblici, insegnanti, impiegati bancari, sacerdoti, parte dell'alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo, tra cui compaiono esponenti di organizzazioni partigiane o anti-fasciste, autonomisti fiumani seguaci di [[Riccardo Zanella]], <!--sloveni e croati anti-comunisti--> collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini.
 
In paralleli eccidi furono coinvolti anche cittadini italiani o ex italiani di nazionalità slovena e croata. Tali uccisioni ebbero una matrice esclusivamente politica, rimanendo esclusa quella etnica, intendendo il costituendo regime comunista, '''«''' oltre a fare i conti con il fascismo, eliminare tutti gli oppositori, anche solo potenziali... '''»'''<ref>''La Foiba di Basovizza - Monumento Nazionale'' (op. cit.)</ref><ref>[[Jože Pirjevec|Jože Pirjevec, Foibe]] (op.cit.):«sul territorio dell'attuale provincia di Trieste... metà delle donne, nove, erano slovene... Tra i maschi, almeno per 26 si può affermare con certezza, che non erano di nazionalità italiana: ventitré sloveni, un croato un russo e un tedesco.»;</ref><ref>Boris Gombač, ''Atlante storico dell'Adriatico orientale'' (op.cit.)</ref><ref>{{cita web|url=http://www.destra.it/porzus-e-dintorni-quando-i-comunisti-ammazzavano-gli-antifascisti/|titolo=Porzus, quando i comunisti ammazzavano gli antifascisti|autore=Marco valle|data=13 marzo 2012|sito=Destra.it}}: «E furono anche uccisi un bel po' di slavi non comunisti: Ivo Bric, antifascista cattolico; Vera Lesten, poetessa e antifascista cattolica; i quattro membri della famiglia Brecelj; i sacerdoti don Alojzij Obit, don Lado Piscanc, don Ludvik Sluga, don Anton Pisk, don Filip Tercelj, don Izidor Zavadlav di Vertoiba… Andrej Ursic era stato addirittura un membro del Tigr: gruppo armato che dagli anni '20 aveva iniziato una lotta terrorista contro le autorità italiane, contro l'annessione all'Italia di Trieste, Istria, Gorizia e Fiume (le cui iniziali in lingua slava costituivano l'acronimo del nome della belva richiamata nel nome). Ma fu sequestrato dalla polizia segreta jugoslava il 31 agosto del 1947, sottoposto a sevizie, probabilmente ucciso nell'autunno del 1948, e il suo cadavere gettato in una delle foibe della Selva di Tarnova.»</ref>. Questi episodi, pertanto, nel dibattito italiano non sono di solito considerati parte degli eccidi delle foibe<ref>Raoul Pupo (op. cit.)</ref>, termine che si riferisce alle sole vittime di nazionalità italiana.
 
=== Quantificazione delle vittime ===
[[File:Pazin 2004 panorama.jpg|thumb|left|La foiba di [[Pisino]], dove si inabissa l'omonimo torrente]]
 
Una quantificazione precisa delle vittime è impossibile a causa di una generale mancanza di documenti. Il Governo jugoslavo (e successivamente quello croato) non ha mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero di decessi. Negli ultimi anni ha invece dimostrato una volontà di partecipazione, per far luce sulla vicenda, il Governo della Repubblica di Slovenia, consegnando nel [[2005]] al sindaco di Gorizia l'elenco dei goriziani arrestati da parte delle autorità jugoslave, redatto in base alle informazioni in suo possesso<ref>(ANSA), DF/SM 09/03/2006 19:59</ref>. Alcuni commentatori ritengono inoltre che una parte della documentazione sia tuttora secretata negli archivi, in particolare dell'ex [[Partito Comunista Italiano|Partito comunista italiano]]<ref>''L'Esodo'' di Arrigo Petacco, Mondadori, 1999, p. 171 Nazareno Mollicone, "Foibe: la storia rivendica i suoi diritti" in ''Il Secolo d'Italia'' di giovedì 22 agosto 1996; {{cita web|http://archiviostorico.corriere.it/1996/agosto/24/Fassino_Foibe_apriamo_tutti_gli_co_0_9608246756.shtml|Fassino: Foibe, apriamo tutti gli archivi|13-10-2010}} dove l'esponente politico parla di tutti gli archivi di Stato e dei diversi movimenti politici italiani. La presenza di documentazione nei diversi archivi italiani è contestata dall'ANPI, che sostiene che gli archivi "siano stati scandagliati da tempo". {{cita web|http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a8b.htm|Dossier: Foibe: una pagina di storia nazionale|13-10-2010}} di Giannantonio Paladini</ref>. Gli studi effettuati recentemente valutano il numero totale delle vittime (comprensive quindi di quelle morte durante la prigionia o la deportazione) come compreso tra poco meno di 5.000 e 11.000<ref name=autogenerato1 /><ref>Lo storico [[Mario Pacor]] afferma che nelle foibe istriane finirono dopo l'armistizio 400-500 persone, nonché 4.000 italiani furono deportati, dei quali molti furono uccisi dopo procedimenti sommari quindi forse infoibati successivamente. Questi dati fanno riferimento ai documenti dei vigili del fuoco di [[Pola]]. La Commissione storica italo-slovena, instaurata dai ministeri degli esteri dei due rispettivi paesi e composta sia da storici sloveni sia italiani, ha esaminato i rapporti tra i due Paesi tra il [[1880]] e il [[1956]]. Il rapporto non approfondisce l'argomento delle foibe, ma indica il numero delle sole esecuzioni sommarie in "centinaia". Questo rapporto non tratta però delle foibe in territorio croato. Lo storico [[Raoul Pupo]] indica in circa 5.000 il numero dei morti.</ref>.
 
Nel dopoguerra e nei decenni immediatamente successivi le vittime venivano usualmente indicate in 15.000<ref>{{cita libro | cognome= Pansa| nome= Giampaolo| titolo= Il sangue dei vinti: quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile. sedicesima edizione. p.371| editore= Sperling & Kupfer| città= | anno= 2003| isbn= 978-88-200-3566-2}}</ref>, anche se all'epoca tali valutazioni non erano basate su stime scientifiche e talvolta vennero aumentate fino a 20.000<ref>''[http://www.repubblica.it/cronaca/2013/02/10/news/foibe_memoria-52325748/ Foibe, l'Italia rende omaggio alle vittime. Bersani: "un orrore troppo a lungo negato"]'', ''[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]'', 10 febbraio 2013</ref><ref>Il dato corretto fu poi raccolto grazie al Centro Studi Adriatici fissandole a 10.137. Vedi anche {{cita libro | cognome= Dicuonzo| nome= Giuseppe| titolo= Nato in rifugio p. 56| editore= UNI Service| città= | anno= 2008| isbn= 978-88-6178-239-6}}</ref>. Calcoli volumetrici eseguiti tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage della [[Basovizza#La foiba|Foiba di Basovizza]] hanno ipotizzato la presenza di oltre duemila vittime in quella sola foiba<ref>{{cita web|url=http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm|titolo=Foiba di Basovizza|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130313054000/http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm|dataarchivio=13 marzo 2013}}</ref>.
 
Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli [[anni 1990|anni novanta]]. Le salme di "infoibati" effettivamente rinvenute finora sono circa un migliaio. Nell'uso comune, comunque, anche gli uccisi in altre circostanze legate all'avanzata delle forze jugoslave lungo il confine orientale italiano vengono considerati vittime "delle foibe".
 
=== Modalità delle esecuzioni ===
Nelle foibe sono stati gettati cadaveri sia di militari sia di civili. In alcuni casi, com'è stato possibile documentare, furono infoibate persone non colpite o solo ferite<ref>{{cita web |url = http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm | titolo = Cosa vuol dire "infoibare" | data = consultato il 11 gennaio 2009}} «In taluni casi le vittime furono allineate in fila lungo l'orlo della foiba, legati l'un con l'altro con filo di ferro: dopo essere stato ucciso con un colpo alla nuca il capofila precipitava trascinando il resto del gruppo.»</ref>.
 
Sebbene quest'ultima modalità di esecuzione fosse, come già detto, solo uno dei modi con cui vennero uccise le vittime dei partigiani di Tito<ref>Gaetano La Perna, ''Pola-Istria-Fiume 1943-1945'', Mursia, nonché ''La via dell'esilio'', supplemento a ''Storia illustrata'' n° 10, 1997</ref>, nella cultura popolare divenne il metodo di esecuzione per eccellenza e simbolo del massacro.
 
In realtà la maggior parte delle vittime, considerate come "infoibate", vennero uccise o morirono di stenti o malattia nei campi di concentramento jugoslavi.
 
=== Testimonianze ===
Furono poche le persone che riuscirono a salvarsi risalendo dalle foibe, tra questi Graziano Udovisi<ref>{{cita news|autore=Giovanni Minoli|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/video/la-testimonianza-di-graziano-udovisi-lunico-superstite/283/default.aspx|titolo=La testimonianza di Graziano Udovisi, l'unico superstite - Storia delle Foibe|pubblicazione=[[Mixer (programma televisivo)|Mixer]]|data=1991|accesso=17 febbraio 2015}}</ref>, Giovanni Radeticchio e Vittorio Corsi hanno raccontato la loro tragica esperienza a emittenti televisive e storici<ref>Guido Rumici riporta le testimonianze dei tre citati alle pagine 250 e 251 nel suo libro ''Infoibati''</ref>:
[[File:schema foiba.jpg|thumb|Schema di una foiba tratto da una pubblicazione del 1946 del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CNL]] istriano.]]{{citazione|dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell'alba, sentii uno dei nostri aguzzini dire agli altri "facciamo presto, perché si parte subito". Infatti poco dopo fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 k. Fummo sospinti verso l'orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c'impose di seguirne l'esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 m. e una profondità di 15 sino la superficie dell'acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole "un'altra volta li butteremo di qua, è più comodo", pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott'acqua schiacciandomi con la pressione dell'aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo.|dichiarazione di Radeticchio<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 98, sezione ''Un superstite''}}</ref>}}
Questa testimonianza, della primavera del 1945, fu pubblicata il 26 gennaio [[1946]] sul periodico della [[Democrazia Cristiana]] triestina ''La Prora'' e poi riportata integralmente e anonimamente nell'opuscolo ''Foibe, la tragedia dell'Istria'', edito dal [[CLN]] dell'Istria<ref>CLN Istriano,''Foibe, la tragedia dell'Istria'', 28 pp, data di stampa e tipografia non indicata</ref>. A partire dall'inserimento della testimonianza in un libro di [[Giuseppe Bedeschi]] nel [[1987]]<ref>Giuseppe Bedeschi, ''Fronte italiano: c'ero anch'io'', Mursia, Milano 1987. In quel caso, la testimonianza venne firmata unicamente con le iniziali G.U.</ref>, questa è stata poi varie volte ripresa dalla pubblicistica<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|}}</ref>.
 
Anche le testimonianze degli scampati dalle foibe hanno causato delle polemiche politico-storiografiche: Pol Vice (pseudonimo di Paolo Consolaro), saggista di ispirazione marxista<ref>{{Cita web|titolo=L'ideologia del mercato caritatevole|sito=Sottolebandieredelmarxismo|data= 9 settembre 2009|url=http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_politica/2009_09_pol-vice_l-ideologia-del-mercato-caritatevole.htm|accesso=12 dicembre 2011}}.</ref> ed esponente di [[Rifondazione Comunista]]<ref>[http://www.comune.vicenza.it/file/52053-collegi.pdf Comune di Vicenza - Servizio Elettorale, ''Elezioni provinciali 1997'', il candidato di Rifondazione Comunista Paolo Consolaro prende 577 voti.]</ref>, ha sottoposto i testi a una serrata critica, giungendo ad affermare che siamo in presenza di falsi testimoni<ref>Pol Vice, ''Scampati o no. I racconti di chi "uscì vivo" dalla foiba'', Edizioni Kappa Vu, Udine 2005. Il libro è stato scritto in collaborazione con [[Claudia Cernigoi]].</ref>. Il libro di Pol Vice è stato presentato dall'editrice [[Alessandra Kersevan]] come parte di un progetto più ampio comprendente anche dei similari testi di forte critica di Claudia Cernigoi<ref>C.Cernigoi, ''Operazione foibe fra storia e mito'', KappaVu, Udine 2005.</ref> e Daniela Antoni<ref>D.Antoni (cur.), ''Foibe. Revisionismo di stato e amnesie della repubblica'', KappaVu, Udine 2008. Il libro riporta gli atti del convegno "Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico", organizzato dalle associazioni "L'altra Lombardia - Su la testa" di Milano, "Društvo Promemoria per la difesa dei valori dell'antifascismo e dell'antinazismo/zavarovanje vrednot protifašizma in protinacizma" di Trieste, "Centro popolare La Fucina" di Sesto San Giovanni, "Collettivo Comunista Antonio Gramsci" di Trento; "Comitati contro la guerra" di Milano; "Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia", "Lotta e Unità per l'organizzazione proletaria" e "Resistenza storica" di Udine e tenutosi presso la Biblioteca Comunale di Sesto San Giovanni (MI) il 9 febbraio 2008. Le relazioni vennero tenute da Matteo Dominioni, Alessandra Kersevan, Luka Bogdanić, Sandi Volk, Claudia Cernigoi e Paolo Consolaro (Pol Vice).</ref>. La Kersevan, varie volte presentata dalla stampa come "negazionista"<ref>A titolo d'esempio si veda [http://www.ilgiornale.it/interni/e_la_spezia_parla_prof_negazionista/07-02-2007/articolo-id=155010-page=0-comments=1 Maria Vittoria Cascino, ''E a La Spezia parla la prof «negazionista»'', in ''Il Giornale'', 7 febbraio 2007.]</ref>, ritiene che sulle foibe stia «funzionando una propaganda forsennata (...) che ha come scopo preciso quello della rivalutazione del fascismo»: «un vero e proprio progetto mediatico di falsificazione della storia (...) costruito ed imposto all'opinione pubblica (...) dall'immediato dopoguerra ad oggi da forze politiche sociali ed economiche tuttora dominanti nel nostro Paese»<ref>Pol Vice, ''op. cit.'', presentazione dell'editore, senza numero di pagina.</ref>, anche grazie a «storici compiacenti» come [[Raoul Pupo|Pupo]] e [[Roberto Spazzali|Spazzali]], con la Democrazia Cristiana in testa nell'appoggio politico ai «neo irredentisti ex fascisti»<ref>Pol Vice, ''op. cit.'', p. 3.</ref>.
 
== Storiografia sui massacri delle foibe ==
=== Le tesi militanti ===
[[File:Foiba di Basovizza.JPG|thumb|La foiba di Basovizza]]
 
Nell'immediato dopoguerra le stragi delle foibe hanno avuto un profondo impatto sull'opinione pubblica italiana. Da qui nacque l'esigenza di interpretare l'accaduto, esigenza che fu giocoforza influenzata dal pesante clima politico dell'epoca. Per questo presero piede due versioni, contrastanti e contrapposte, l'una espressione del "sentire" jugoslavo e comunista, l'altra anticomunista, antijugoslava e rappresentante il sentimento italiano relativo a tali vicende<ref name="Pupo p. 110">{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 110}}: par. "Le tesi militanti"</ref>. Negli [[Anni 1950|anni cinquanta]], a causa delle tensioni dovute alla questione triestina, tali versioni si consolidarono presso le forze politiche e la pubblica opinione, fino a diventare una sorta di "verità acquisita". Sono queste le tesi "militanti", ossia finalizzate a mettere polemicamente in crisi l'avversario politico<ref name="Pupo p. 110"/>.
 
Tali tesi hanno conservato a lungo una grande influenza sull'opinione pubblica, dovuta assai più alle loro implicazioni politiche, che non alla loro correttezza storica. Malgrado la loro infondatezza sia ormai stata dimostrata, hanno mantenuto una forte diffusione fino ai giorni nostri, in quanto «si prestano ad un uso politico che non è mai venuto a meno, mentre le semplificazioni, spesso assai grevi, di cui sono intessute, ne favoriscono l'utilizzo da parte dei mezzi di comunicazione »<ref name="Pupo p. 110"/>.
 
==== La tesi negazioniste ====
Le prime tesi sono quelle negazioniste, volte a negare un qualsivoglia eccidio da parte Jugoslava, che la ricerca storica ha più tardi dimostrato essere «del tutto prive di senso». Ipotesi di questo tipo sono state dominanti nella storiografia della [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia comunista]], dove erano divenute una vera e propria "verità di Stato". Erano basate su quanto affermato, fin dall'immediato dopoguerra, dagli jugoslavi: "da parte del governo jugoslavo non furono effettuati né confische di beni, né deportazioni, né arresti, salvo che […] di persone note come esponenti fascisti di primo piano o criminali di guerra" (9 giugno 1945)<ref>"[http://www.treccani.it/enciclopedia/foibe_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Foibe]", in "Enciclopedia Italiana", di Raoul Pupo, (VII Appendice, 2007), "''Del tutto prive di senso si sono così dimostrate le ipotesi negazioniste - già dominanti nella storiografia iugoslava - che avevano ripreso, trasformandolo in 'verità di Stato', il giudizio espresso fin dal 1945 dal governo di Tito, secondo il quale "da parte del governo jugoslavo non furono effettuati né confische di beni, né deportazioni, né arresti, salvo che […] di persone note come esponenti fascisti di primo piano o criminali di guerra" (nota iugoslava del 9 giugno 1945)''".</ref>.
 
Nasceva così il falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.
 
==== La tesi del genocidio nazionale ====
 
Speculare alla tesi precedente, è la tesi del "[[genocidio]] nazionale" degli italiani, secondo cui gli italiani furono perseguitati in quanto tali ("colpevoli solo di essere italiani"), nel tentativo di distruggerne la presenza<ref name=":0">cfr. Pupo/Spazzali, "Foibe", pag. 110</ref>. Tale tesi, sviluppatasi sulla base della percezione dei protagonisti del tempo, si è andata via via cristallizzando, anche a causa dell'assenza di ricerca storica, divenendo così una convinzione difficile da superare. Anche in questo caso la ricerca storica ne ha rilevato l'inconsistenza, non essendosi mai potuto dimostrare che le stragi avessero come obiettivo una "[[pulizia etnica]]" degli italiani.
 
Il numero delle vittime, pur elevato, è infatti lontano dalla dimensioni di un genocidio; inoltre la repressione iugoslava del 1945 ebbe sicuramente finalità intimidatorie nei confronti dell'intera comunità italiana, tuttavia queste sono da collegare non tanto a un progetto di espulsione (che prese effettivamente corpo solo negli anni successivi), quanto alla volontà di far comprendere nel modo più drastico agli italiani, che sarebbero potuti sopravvivere nella nuova Jugoslavia, solo se avessero accettato il nuovo regime, assieme a tutti i suoi obiettivi di ordine politico, nazionale e sociale<ref name=":0" />.
[[File:BusLum.jpg|thumb|Foiba di [[Bus de la Lum]]]]
 
Tale tesi è tuttora popolare nell'ambiente degli esuli e, presentandosi a facili strumentalizzazioni politiche, in talune frange della destra italiana.
 
=== L'oblio del dopoguerra ===
{{citazione|... va ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe (...) e va ricordata (...) la "congiura del silenzio", "la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio".
Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.|Discorso del [[Presidente della repubblica]] [[Giorgio Napolitano]] in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo". [[Roma]], 10 febbraio 2007}}
Trascorso il dopoguerra, la vicenda è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione<ref>[http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a8b.htm Articolo su un sito dell'A.N.P.I.]</ref>.
 
Secondo lo storico [[Gianni Oliva]] il silenzio fu causato da tre motivi: prima di tutto vi fu un silenzio internazionale, provocato dalla [[Josip Broz Tito#La rottura con Stalin|rottura tra Tito e Stalin]] avvenuta nel 1948, che spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica (si era agli inizi della guerra fredda). Vi furono anche cause politiche<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/aprile/09/differenza_fra_giustizia_vendetta_co_0_9604093964.shtml|titolo=La differenza fra giustizia e vendetta}}</ref>, dal momento che il PCI non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del [[Comintern|comunismo internazionale]]. Vi fu infine un silenzio da parte dello Stato Italiano, che non voleva più prendere in considerazione le questioni relative alla sconfitta nella seconda guerra mondiale, considerato che a partire dagli [[Anni 1960|anni sessanta]] i rapporti fra Jugoslavia e Italia si erano normalizzati.
 
La memoria degli avvenimenti rimase per lo più ristretta nell'ambito degli esuli, di qualche intellettuale anticonformista e di commemorazioni locali. Solo una parte della [[destra (politica)|destra]] ha sostenuto le ragioni delle vittime, sia pure strumentalizzandole in funzione anticomunista ed esagerando il loro numero.
[[File:Bus-lum2.JPG|thumb|Cartello esplicativo nei pressi della foiba del Bus de la Lum]]
 
Il 24 aprile [[1975]], [[Giovanni Leone]], allora presidente delle Repubblica Italiana, partecipò alle celebrazioni per il tentennale della Liberazione di Trieste alla [[Risiera di San Sabba]] e il giorno seguente presso la [[foiba di Basovizza]], deponendo una [[corona di alloro]]: questo gesto provocò a distanza di poche ore una forte nota di protesta jugoslava tramite l'agenzia di stampa Tanjug e la corona venne rubata e bruciata<ref>Vedi Petacco, ''Esodo'', Edizioni Mondadori, 2010</ref>.
 
Ciò non toglie che in opere storiche l'argomento fosse dibattuto: ad esempio nel [[1980]], [[Arrigo Petacco]], noto giornalista e saggista, illustrò la tragica realtà di questo massacro. Il suo racconto, pur all'interno di un'opera più ampia e con molte incertezze, prudenze e omissioni, offriva un quadro sufficientemente completo, senza sottovalutare entità e ferocia delle stragi.
 
Nel [[1982]] [[Giovanni Spadolini]], allora [[Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana|Presidente del Consiglio dei ministri]], dichiarò le foibe di Basovizza e di [[Foiba di Monrupino|Monrupino]], ossia le uniche due foibe ove avvennero uccisioni esistenti nel territorio della Repubblica Italiana, monumenti di interesse nazionale; nel [[2004]] entrambi i luoghi divennero [[Monumenti nazionali (Italia)|monumento nazionale]]<ref>Bruno Vespa, ''Storia d'Italia da Mussolini a Berlusconi'', Edizioni Mondadori, 2010</ref>.
 
=== L'analisi delle responsabilità fasciste ===
A partire dagli [[Anni 1970|anni settanta]] vi furono i primi studi storici sugli eccidi da parte dell'[[Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia|INSMLI]], con contributi di [[Galliano Fogar]], [[Giovanni Miccoli]] e [[Teodoro Salzillo|Teodoro Sala]]. Le tesi elaborate sono sicuramente più plausibili rispetto alle sopra citate "tesi militanti" e hanno consentito di collocare gli eccidi del 1943 e del 1945 all'interno del periodo iniziato nei primi [[Anni 1920|anni venti]] con la politica di [[italianizzazione fascista]] nei confronti degli allogeni, con le relative oppressioni e violenze, proseguita con l'aggressione italiana contro la Jugoslavia e culminata con la brutale repressione della resistenza jugoslava.
 
In quest'ottica, apparve logico considerare le stragi come un fenomeno di reazione largamente spontaneo: una sorta di brutale e spesso indiscriminata resa dei conti in reazione alle angherie subite<ref name="Pupo, Spazzali, Op. cit., p. 162">Pupo, Spazzali, Op. cit., p. 162</ref>. Tuttavia questa valutazione trascurava un aspetto fondamentale, ossia la premeditazione esistente nella repressione avviata dalle autorità jugoslave e dovuta non tanto a una volontà "barbarica" di sterminio degli italiani, quanto a una ponderata strategia di eliminazione del dissenso, in perfetto stile stalinista. Tali studi hanno comunque avuto il merito di addivenire a una prima storicizzazione del fenomeno, con l'individuazione delle responsabilità del fascismo nello scoppio della crisi che travolse l'italianità della Venezia Giulia e della Dalmazia.
 
=== Il ruolo dell'epurazione preventiva ===
[[File:Bus-lum8.JPG|thumb|left|Foiba di Bus de la Lum]]
 
A partire dalla fine degli [[Anni 1980|anni ottanta]] una serie di studi ad opera di [[Elio Apih]], [[Raoul Pupo]] e [[Roberto Spazzali]], hanno evidenziato il nesso tra gli eccidi del [[1945]] e le [[stragi Jugoslave|stragi jugoslave]], ossia quell'insieme di eccidi che hanno ovunque marcato la presa del potere in Jugoslavia, da parte di un movimento rivoluzionario a guida comunista, protagonista di una guerra che non era solo di liberazione, ma che era anche una feroce guerra civile, diretta all'eliminazione fisica degli avversari e che si trascinò, in termini di scontri armati e stragi, fino al 1946.
 
Pertanto l'ipotesi più plausibile per spiegare gli eccidi delle foibe è stata quella dell'"epurazione preventiva"<ref name="Pupo, Spazzali, Op. cit., p. 162"/>. Tale epurazione nella Venezia Giulia combinava, in modo inscindibile, obiettivi di rivalsa nazionale e di affermazione ideologica, nonché di riscatto sociale, e voleva eliminare tutti i potenziali oppositori (reali o meno) del disegno politico di Tito. Il progetto era contemporaneamente nazionale e ideologico, dal momento che mirava sia all'annessione della Venezia Giulia, sia all'instaurazione di un regime stalinista.
 
Questa interpretazione dei fatti, non sottovaluta il fondamentale ruolo del nazionalismo sloveno e croato e del loro inserimento nell'ambito della politica di potenza della nuova Jugoslavia e pone al centro dell'attenzione il problema dell'affermazione del comunismo mediante la lotta armata, evidenziando inoltre la differenza fra la resistenza nella Venezia Giulia e quella del resto d'Italia.
 
Le stragi giuliane del 1945, infatti, non ebbero nulla a che vedere con la [[Resistenza italiana]], non solo perché essa non vi partecipò, ma soprattutto perché i contesti in cui agirono i due movimenti di resistenza furono profondamente diversi. In Italia le zone liberate furono spesso teatro di svariate azioni violente, che segnarono la brutale conclusione di conflitti che si erano aperti fin dai primi anni venti. Tali violenze però, si svolsero al di fuori delle strutture di uno Stato che sarebbe stato, da lì a poco, ricostruito secondo principi democratici e liberali e che non era nemmeno collegabile a nessun disegno politico complessivo, poiché l'ipotesi di una presa del potere rivoluzionaria [[Svolta di Salerno|era stata scartata]] dal [[Partito Comunista Italiano|PCI]].
 
Nella Venezia Giulia invece, la violenza di massa costituì uno degli elementi portanti di una rivoluzione vittoriosa che si trasformò gradualmente in un regime stalinista, capace di "convertire in violenza di Stato l'aggressività nazionale e ideologica presente nei quadri partigiani".
 
=== La commissione storico-culturale italo-slovena ===
[[File:Bus-lum4.JPG|thumb|Targa commemorativa del Commissariato Generale Onoranze Caduti in guerra nei pressi della foiba del Bus de la Lum]]
 
Nel [[2001]] viene pubblicata la relazione della "Commissione storico-culturale italo-slovena", incaricata dal Governo italiano e dal Governo sloveno di mettere a punto un'interpretazione condivisa dei rapporti italo-sloveni fra il [[1880]] e il [[1956]]. Di essa facevano parte i massimi studiosi che, sia in Italia sia in Slovenia, si erano occupati del periodo. Nel rapporto si conclude che <blockquote>«tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme a un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.»<ref>Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo - slovene 1880-1956, "Periodo 1941-1945", Paragrafo 11, Capodistria, 2000</ref>.</blockquote>
 
=== Anni novanta: l'emergere del ricordo ===
Con la fine della [[guerra fredda]], nei primi [[Anni 1990|anni novanta]], il tema delle foibe tornò a riscuotere anche l'interesse dei [[mass media]]. Anche su iniziativa degli ex comunisti<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1996/agosto/21/Pds_Foibe_tragedia_del_totalitarismo_co_0_9608214882.shtml Il PDS: Foibe, tragedia del totalitarismo] ''Il Corriere della Sera'', 21 agosto 1996</ref>, si pose l'attenzione su questi episodi, che iniziarono a essere ufficialmente ricordati.
 
Dal [[2005]], ogni 10 febbraio si celebra il [[Giorno del ricordo]], solennità dedicata alla commemorazione delle stragi e del successivo esodo. La data ricorda il [[Trattati di Parigi (1947)|trattato]] di [[Parigi]] siglato nel [[1947]], che assegnò alla [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]] la grande maggioranza della Venezia Giulia e la città di Zara.
 
In tale occasione fu trasmessa da [[RAI 1]] la [[fiction]] ''[[Il cuore nel pozzo]],'' prodotta dalla [[RAI]] e liberamente ispirata alle stragi delle foibe. La trasmissione ebbe una vasta [[audience]]<ref>[http://www.repubblica.it/2005/a/sezioni/spettacoli_e_cultura/fictiontv2/pozzoascolti/pozzoascolti.html Fiction foibe, record d'ascolti] ''La Repubblica'', 8 febbraio 2005</ref>, ma suscitò numerose polemiche per la grossolana approssimazione con cui veniva trattato il contesto storico della vicenda<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2005/febbraio/06/tragedia_delle_foibe_diventa_piccola_co_9_050206104.shtml La tragedia delle foibe diventa piccola] ''Corriere della Sera'', 6 febbraio 2005.</ref>.
 
Già nel [[1997]], va notato, [[Forlì]] e [[Loano]], furono le prime città italiane a farlo, dedicarono una via ai "Martiri delle Foibe"<ref>[http://www.forlitoday.it/cronaca/giorno-ricordo-martiri-foibe-forli-10-febbraio-2017.html Celebrato il "Giorno del Ricordo": in via Martiri delle Foibe scoperta la "Targa della memoria". Nella targa è riportato anche il fatto che Forlì è stata la prima città in Italia a denominare una "Via Martiri delle Foibe". La decisione venne adottata vent'anni fa e la tabella stradale fu collocata nel 1997'']</ref>. Parecchie altre seguirono in seguito l'esempio.
 
== Le tesi militanti oggi ==
La ricerca storica ha ormai concluso molteplici studi sugli avvenimenti, molte opere divulgative sono, inoltre, state pubblicate. Nell'opinione pubblica, tuttavia, persiste una forte enfasi, di origine ideologica, sulle responsabilità che comunismo e fascismo hanno avuto nelle foibe: questo genera una serie di "tesi militanti" (secondo la definizione degli storici Pupo e Spazzali), di tesi cioè originate in ambiti politici e non supportate da un adeguato lavoro di ricerca storica<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. }}: «...l'eco delle stragi del 1943 e del 1945 fu assai forte presso l'opinione pubblica italiana: da ciò un'immediata esigenza di spiegare l'accaduto, che non poteva non inserirsi nel clima di violente contrapposizioni nazionali e politiche del momento. Così, quasi subito, presero corpo due opposte versioni dei fatti e due letture antagoniste del loro significato, l'una italiana e l'altra jugoslava. Il perdurare delle tensioni italo-jugoslave fino alla seconda metà degli anni cinquanta (la "questione di Trieste" venne risolta nel 1954 e l'esodo degli italiani dall'Istria si concluse non prima del 1956) fece sì che tali interpretazioni "militanti", finalizzate cioè a mettere polemicamente in crisi l'avversario, si consolidassero presso le forze politiche e la pubblica opinione. A tutt'oggi, nonostante esse abbiano dimostrato tutta la loro fragilità sul piano scientifico, continuano a essere largamente diffuse, non solo perché ben radicate nella memoria locale, ma anche perché si prestano a un uso politico che non è mai venuto meno, mentre le semplificazioni, spesso assai grevi, di cui sono intessute, ne favoriscono l'utilizzo da parte dei mezzi di comunicazione.»</ref>.
 
==== Comunismo e fascismo: il dibattito sulle responsabilità ====
In particolare, in alcuni ambienti della destra si afferma che le foibe sono state semplicemente un [[Critiche al comunismo|crimine del comunismo]] (spregiativamente denominato "barbarie slavocomunista"), un [[genocidio]] di cittadini inermi che avevano la "sola colpa di essere italiani"<ref>{{Cita news|url=http://www.romacivica.net/anpiroma/rassegnasta/rassegna_cor040401a.htm|titolo=Le stragi delle foibe furono violenza di Stato|editore=Corriere della sera|autore=Francesco Alberti|data=4 aprile 2001|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090206150109/http://www.romacivica.net/anpiroma/rassegnasta/rassegna_cor040401a.htm|dataarchivio=6 febbraio 2009|urlmorto=sì}}</ref>, in preparazione alla successiva [[pulizia etnica]]. D'altra parte, in alcuni ambienti della sinistra, è diffuso un atteggiamento "giustificazionista" e si presentano gli eccidi come una "reazione" alla brutalità fascista<ref>[http://www.nuovaalabarda.org La Nuova Albarda], [http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-recensione_del_film_'il_cuore_nel_pozzo'.php In merito al film "Il cuore nel pozzo” ...]</ref><ref>[[il manifesto]] del 10 febbraio 2009, [http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/02/articolo/411/ Articolo] di Gabriele Poli</ref><ref>[[il manifesto]] dell'11 febbraio 2005, "[http://digilander.libero.it/lefoibe/pdf/Il%20Manifesto%2011%2002%2005%20Alle%20radici%20dell%20odio%20tragedie%20incomparabili%20sull%20orlo%20di%20una%20foiba.pdf Alle radici dell'odio tragedie incomparabili sull'orlo di una foiba Alle radici dell'odio tragedie incomparabili sull'orlo di una foiba]" di Enzo Collotti</ref>. È diffuso, inoltre, un atteggiamento "riduzionista"<ref>Fabio Andriola ''La Casta e la Storia'', in [[Storia in rete]] n° 30 dell'aprile 2008 e www.lefoibe.it</ref> che contesta il numero delle vittime delle foibe correggendolo al ribasso e che sostiene che gli eccidi abbiano coinvolto essenzialmente esponenti [[fascismo|fascisti]], sia militari sia civili, responsabili di repressioni e di [[Crimini di guerra italiani|crimini di guerra italiani in Jugoslavia]]<ref>
Si veda per esempio il manifesto di Rifondazione Comunista sulla "Memoria delle Foibe" in cui si afferma che le foibe furono solo «l'eliminazione di decine di fascisti e collaborazionisti» assieme ad alcuni «eccessi e vendette personali».
{{citazione|''Fate pulizia per due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade''| Colonnello inglese John Stevens al Cln piemontese}}
Secondo la storica Alessandra Kersevan (cfr. intervista sul periodico ''TrentaGiorni'', febbraio 2007) «Nelle foibe non sono finite donne e bambini, i profili di coloro che risultano infoibati sono quasi tutti di adulti compromessi con il fascismo, per quanto riguarda le foibe istriane del '43, e con l'occupatore tedesco per quanto riguarda il '45. I casi di alcune donne infoibate sono legati a fatti particolari, vendette personali, che non possono essere attribuiti al Movimento di liberazione. Va detto inoltre che i numeri non sono assolutamente quelli della propaganda di questi anni: è ormai assodato che in Istria nel '43 le persone uccise nel corso dell'insurrezione successiva all'8 settembre sono fra le 250 e le 500, la gran parte uccise al momento della rioccupazione del territorio da parte dei nazifascisti; nel '45 le persone scomparse, sono meno di 500 a Trieste e meno di 1000 a Gorizia, alcuni fucilati ma la gran parte morti di malattia in campo di concentramento in Jugoslavia. Uso il termine "scomparsi", ma purtroppo è invalso l'uso di definire infoibati tutti i morti per mano partigiana. In realtà nel '45 le persone "infoibate" furono alcune decine, e per queste morti ci furono nei mesi successivi dei processi e delle condanne, da cui risultava che si era trattato in genere di vendette personali nei confronti di spie o ritenute tali. Insomma se si va ad analizzare la documentazione esistente si vede che si tratta di una casistica varia che non può corrispondere ad un progetto di "pulizia etnica" da parte degli jugoslavi come si è detto molto spesso in questi anni».</ref><ref>[http://www.ilgazzettino.it/nordest/trieste/campo_sportivo_martiri_delle_foibe_no_furono_un_prodotto_del_fascismo/notizie/248101.shtml Campo sportivo "Martiri delle foibe"? «No, furono un prodotto del fascismo», da [[il Gazzettino]] del 31/01/2013]</ref>. Si è già visto precedentemente come le cause degli eccidi siano, in realtà, molto più complesse rispetto a queste semplificazioni.
 
==== Responsabilità del regime comunista jugoslavo ====
[[File:Pazin (Fojba-Schlucht) 2.jpg|thumb|La foiba di Pisino]]
 
{{citazione|... le "foibe" (...) sono state una variante locale di un processo generale che ha coinvolto tutti i territori in cui si realizzò la presa del potere da parte del movimento partigiano comunista jugoslavo ... |[[Raoul Pupo]], ''Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo''<ref name=Pupo />}}
 
Gli eccidi, come detto, avevano anche l'obiettivo di eliminare i possibili oppositori del costituendo regime comunista jugoslavo<ref>Vedere il sopra citato "Rapporto della commissione mista italo slovena"; paragrafo 11.</ref> e furono uno dei tanti strumenti che caratterizzarono la sua ascesa al potere<ref name=Pupo>[http://www.italia-liberazione.it/ita/doc/pupo_06_2.pdf Raoul Pupo; ''Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo'']</ref>. Fra questi è rimasto tristemente celebre il [[massacro di Bleiburg]]. Repressioni di tale portata furono consentite dalle caratteristiche dittatoriali del regime comunista di Tito. Simili repressioni furono, inoltre, caratteristiche dell'ascesa al potere di gran parte dei regimi comunisti del periodo (che all'epoca conicidevano con lo stalinisimo), fatto che ha spesso portato a presentare le foibe come un "[[critiche al comunismo|crimine del comunismo]]".
 
==== La posizione del Partito Comunista Italiano ====
{{vedi anche |Treno della vergogna|Esodo dei cantierini monfalconesi 1946 - 1948}}
L'atteggiamento del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] nei confronti della questione dei confini orientali italiani fu ambiguo: già nel corso del conflitto esso aveva acconsentito a lasciare la [[Venezia Giulia]] e il Friuli orientale sotto il controllo militare dei partigiani di Tito<ref>Istituto friulano per la storia del Movimento di liberazione, ''Resistenza e questione nazionale'': atti del Convegno "Problemi di storia della resistenza in Friuli", Udine 5/6/7 novembre 1981, Volume 1, Del Bianco, 1984 cit.: «Per tutte queste ragioni il PCI invita i comunisti della Venezia G. e delle regioni che entreranno nel campo delle prossime operazioni militari di Tito, a far appello, a tutte le forze sinceramente democratiche e antifasciste delle loro località perché appoggino con la più grande fiducia ed il più grande entusiasmo tutte le iniziative, tutte le azioni sia politiche che militari che l'OF intenderà intraprendere per la liberazione dei territori da loro abitati. (...) Anche su questo punto delle direttive del compagno E., concordate con Birk e gli altri due compagni dirigenti jugoslavi, ci permettiamo di ricordare il nostro perfetto accordo già manifestato nel "Saluto ai nostri amici ed alleati jugoslavi".»</ref>, avallando così la successiva occupazione jugoslava<ref>Raoul Pupo, Fulvio Anzellotti, ''Venezia Giulia: immagini e problemi 1945'', Editrice Goriziana, 1992, p.58 cit.:«Ciò che invece sembra ormai assodato, è che la decisione del PCI di favorire l'occupazione jugoslava dell'intera Venezia Giulia, quale viene espressa ad esempio nel Saluto ai nostri amici e alleati jugoslavi pubblicato nell'ottobre 1944 su "La nostra lotta"»</ref>: fu per questo motivo che venne ordinato ai [[Brigate Garibaldi|partigiani]] operanti nella regione di porsi sotto il controllo del comando jugoslavo (e fu proprio in tale contesto che maturò l'[[eccidio di Porzûs]]<ref>[https://web.archive.org/web/20090206145204/http://www.romacivica.net/ANPIROMA/DOSSIER/Dossier1a4.htm Pier Paolo Pasolini sull'Eccidio di Porzûs]</ref>).
 
Successivamente il PCI richiese che i territori assegnati all'Italia col Trattato di Rapallo (1920) passassero alla Jugoslavia, ritenendo che i diritti nazionali degli italiani sarebbero stati tutelati dal nuovo ordine socialista imposto da Tito al suo Paese; infine - a partire dalla metà del 1945 e massimamente a seguito della rottura fra Tito e Stalin - passò a una difesa del carattere italiano della città di Trieste: in un primo momento sposando la linea per la quale era da crearsi il [[Territorio Libero di Trieste]], in seguito, dal 1948, assumendo il mantenimento della città in Italia fra gli obiettivi del suo programma politico.
 
In particolare, il PCI di Trieste - allontanatosi alla fine del 1944 dal [[Comitato di Liberazione Nazionale|CNL]] cittadino per sottoporsi gerarchicamente al [[Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno|fronte di liberazione della Slovenia]] - auspicò, durante il corso di un'assemblea pubblica indetta dalle autorità italo-slave, quella che venne definita "risoluzione settima repubblica", che prevedeva la formazione di una settima repubblica federativa jugoslava, di carattere italiano (con una bandiera ufficiale già prevista e realizzata), comprendente Trieste, Monfalcone e il Friuli orientale: a tale scopo venne creato il [[Partito Comunista della Venezia Giulia]]<ref>Notizia sul Partito Comunista della Venezia Giulia in Cristiana Colummi, Liliana Ferrari, Gianna Nassisi, Germano Trani, ''Storia di un esodo. Istria 1945-1956'', Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1980, pp. 252 ss.</ref><ref>[[Arrigo Petacco]],''[http://archiviostorico.corriere.it/2004/ottobre/24/Foibe_torture_quaranta_giorni_dell_co_9_041024091.shtml Foibe e torture. I quaranta giorni dell'orrore rosso.]'', Corriere della Sera (24 ottobre 2004). Cit.: «Per rendere completamente jugoslava l'occupazione di Trieste, avevano anche fatto trasferire in Slovenia le brigate partigiane italiane "Natisone", "Fontanot" e "Trieste", impegnate nel territorio italiano. (...) Tutti i membri del CLN (dal quale erano usciti i rappresentanti del PCI) finirono in carcere o costretti a tornare nella clandestinità e così molti partigiani italiani che non avevano accettato il nuovo corso.»</ref><ref>''[http://www.leganazionale.it/schede/40giorni.pdf I 40 giorni del terrore]'' (a cura della Lega Nazionale di Trieste) in Riccardo Basile, ''L'occupazione jugoslava di Trieste'', cit: «Tra le migliaia d'insorti troviamo i rappresentanti dei risorgenti partiti politici italiani e molti Militari dei Carabinieri, della
Guardie di Finanza, e della Guardia Civica. Fra loro non ci sono comunisti. (...) Il 1º maggio, fra lo stupore, che poi diviene costernazione, i "liberatori" che arrivano in città sono i partigiani jugoslavi. (...) Disconoscono i "Volontari della Libertà" e, costringono i partigiani del CLN a rientrare nella clandestinità. Per la parola "Italia", per la Bandiera nazionale e per la Libertà "vera" ci sono soltanto porte chiuse. Per contro "stelle rosse", bandiere rosse con falce e martello e Tricolore con stella rossa al centro vengono imposti ovunque. (...) Dispongono il passaggio all'ora legale per uniformare la Città al "resto della Jugoslavia"! Fanno uno smaccato uso dello slogan ''Smrt Fazismu - Svoboda Narodu'', "Morte al Fascismo - Libertà ai popoli", per giustificare la licenza di uccidere chi si suppone possa opporsi alle mire annessionistiche di Tito. (...) L'otto maggio proclamano Trieste "città autonoma" nella "Settima Repubblica Federativa di Jugoslavia. Sugli edifici pubblici fanno sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore profanato dalla stella rossa. L'unico quotidiano è "Il nostro Avvenire", schierato in funzione anti italiana.</ref>.
 
Negli anni successivi furono tuttavia molti gli ex partigiani e i militanti a prendere la via dell'esodo, come conseguenza delle politiche nazionaliste e repressive del comunismo jugoslavo<ref>Guido Rumici, Fratelli d'Istria. 1945-2000: italiani divisi, Mursia, 2001.</ref><ref>Arrigo Petacco; "L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia"; Mondadori, Milano, 1999</ref>, oltre che per la disputa che opponeva Tito a Stalin, e che vedeva i comunisti italiani schierati su posizioni rigidamente staliniane<ref>Per un'ampia trattazione dell'argomento si veda [http://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/3129 Patrick Karlsen, ''Il PCI , il confine orientale italiano e il contesto internazionale 1941-1955'', Tesi di dottorato, Università degli studi di Trieste, 2009]</ref>.
 
Negli anni successivi il PCI contribuì a dare all'opinione pubblica italiana una visione alterata degli avvenimenti, volta a minimizzare e a giustificare le azioni dei comunisti jugoslavi<ref>[http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/06-resppolitiche.htm Dossier Foibe ed Esodo, curato da Silvia Ferretto Clementi, Consigliere Regionale AN-UDC della Lombardia.]</ref>. Di tale atteggiamento ne fecero le spese soprattutto i profughi, ai quali fu ingiustamente cucita addosso la nomea di "fascisti in fuga"<ref>[http://www.youtube.com/watch?v=LALYyivWaR0 Documento video sul "Treno della Vergogna"]</ref>.
[[File:Palmiro Togliatti.jpg|thumb|[[Palmiro Togliatti]], segretario del [[Partito Comunista Italiano]]. Le sue [[Palmiro Togliatti#Tito e la Jugoslavia|posizioni sulla questione giuliano-dalmata]] sono controverse.]]
 
{{citazione|Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi.<ref>[http://www.leganazionale.it/storia/unita/30-11-46.htm Lega Nazionale. Rassegna di articoli apparsi sulla stampa nazionale nell'immediato dopoguerra]</ref>|Da ''Profughi'' di [[Piero Montagnani]] su ''[[L'Unità]]'' - Organo del Partito Comunista Italiano - Edizione dell'Italia Settentrionale, Anno XXIII, N. 284, Sabato 30 novembre 1946}}
 
A tutt'oggi persiste in taluni ambienti comunisti e [[post comunismo|post-comunisti]], in particolar modo quelli più legati all'epopea partigiana, un atteggiamento che tende a minimizzare e a giustificare gli eccidi<ref>[http://www.pmli.it/bertinottiattaccafoibe.htm PMLI Bertinotti attacca le foibe come i fascisti<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>{{collegamento interrotto|1=http://www.anpitreviso.it/memoria_osservatorio.php?idoss=3 |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref><ref>[http://anpibrescia.myblog.it/archive/2009/12/22/foibe-il-contributo-di-adriano-moratto.html Foibe: il contributo di Adriano Moratto : Anpi Brescia<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>[http://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm CNJ / "Foibe", "esodo", e neoirredentismo italiano<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>[http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a2.htm Centro studi della Resistenza: saggio sulle foibe<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
==== Negazionismo o riduzionismo dei massacri ====
In un suo libro del [[1997]], la giornalista triestina [[Claudia Cernigoi]] ha definito tutto il processo di riflessione storiografica sulle foibe sviluppatosi in Italia nel corso degli anni novanta come frutto diretto della «propaganda nazifascista» e teso a riproporre un «neoirredentismo» italiano<ref>Il titolo completo del libro è infatti: ''Operazione foibe a Trieste. Come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo'', Kappavu, Udine 1997. Il libro è pubblicato anche [http://www.cnj.it/foibeatrieste/ on-line] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080618143500/http://www.cnj.it/foibeatrieste/ |data=18 giugno 2008 }}.</ref>. Uno degli scopi dichiarati dall'autrice è quello di «liberare finalmente anche gli Sloveni e la sinistra tutta da quel senso di colpa che si portano dietro come "infoibatori"»<ref>C.Cernigoi, ''op.cit.'', [http://www.cnj.it/foibeatrieste/Introduzione.htm Introduzione].</ref>. In questo libro il numero degli infoibati nella provincia di Trieste per opera degli jugoslavi venne determinato in 517<ref>Anche l'elenco nominativo di questi morti appare [http://www.cnj.it/foibeatrieste/Appendici.htm on-line].</ref>, oltre a ciò, per l'autrice, «non vi furono massacri indiscriminati: della maggior parte degli arrestati si sa che erano militari e comunque collaboratori del nazifascismo»<ref>L'affermazione è contenuta all'interno delle [http://www.cnj.it/foibeatrieste/Capitolo_II.htm conclusioni] del II capitolo.</ref>. Allo stesso tempo, con riferimento alle onoranze concesse negli anni più recenti agli infoibati, la Cernigoi affermava che «visti i ruoli impersonati dalla maggior parte degli "infoibati", personalmente ci rifiutiamo di onorarli. Si può provare umana pietà nei confronti dei morti, ma da qui ad onorare chi tradiva, spiava, torturava, uccideva, ce ne corre»<ref>''Ivi''.</ref>.
 
Il testo provocò moltissime polemiche, tanto che un ricercatore vicino alle associazioni degli esuli istriani - Giorgio Rustia - pubblicò nel [[2000]] un saggio fortemente critico delle metodiche di studio della Cernigoi<ref>G.Rustia, ''[http://www.lefoibe.it/approfondimenti/CONTRO%20OPERAZIONE%20FOIBE.pdf Contro Operazione foibe a Trieste]'', Trieste 2000.</ref>. Rustia contestò alla radice l'intera impostazione del saggio della Cernigoi, fra l'altro individuando all'incirca altri duecento nomi di persone soppresse dagli jugoslavi a Trieste e nella provincia<ref>G.Rustia, ''op. cit'', pp. 205 ss.</ref> e ricostruendo la storia personale di alcuni degli infoibati dalla Cernigoi accusati di gravi reati che secondo Rustia non furono commessi<ref>Si possono citare come esempio i casi di Vittorio Cima, Luciano Manzin e Mauro Mauri, che vennero ammazzati e infoibati dopo un processo sommario: per Cernigoi (''op. cit'', p. 130) i tre erano «tre ferrovieri che avevano rubato generi alimentari nel paese di Opicina» (...) che erano caduti vittime di «vendette personali contro crimini comuni (comunque molto gravi, dato il periodo di ristrettezze generali)»; Rustia (''op. cit.'', p. 34) riportò che i tre - membri della [[Milizia Ferroviaria]] - erano stati uccisi con una pistolettata alla nuca e gettati nella foiba di Monrupino essendo stati riconosciuti colpevoli del furto di un maialetto, ma nel gennaio del 1948 la Corte d'Assise di Trieste aveva stabilito che nel processo popolare da essi subito «nessuna prova esisteva al momento di cui si occupa (quello dell'arresto) che valesse a stabilire che autori di questi reati fossero stati i più nominati tre militi. Tutti i derubati hanno affermato di aver subito le rapine ad opera di militi fascisti, ma nessuno ha riconosciuto questi nei tre (...)».</ref>.
 
In uno studio del [[2003]], gli storici [[Raoul Pupo]] e [[Roberto Spazzali]] hanno pertanto inserito Claudia Cernigoi fra i «[[Negazionismo|negazionisti]] (o riduzionisti)» delle foibe<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|pp. 126-127}}</ref>. Claudia Cernigoi ha reagito molto duramente a tale accusa, con due articoli apparsi sulla rivista on-line ''La Nuova Alabarda,'' da lei diretta, a marzo del 2003<ref>[http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-%27foibe%27_di_pupo_e_spazzali.php ''Comunicato del direttore in merito al libro "Foibe" di Pupo e Spazzali''.]</ref> e a febbraio del [[2007]]<ref>[http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-negazionista%21.php ''Negazionista!''.]</ref>, nei quali ha affermato di ritenere «inesatta e fuorviante, oltreché offensiva, questa definizione» e ribadendo che - a suo dire - sulle foibe sarebbe stata artatamente creata una «mitologia (...) a scopi politici», «a scopo anticomunista, antipartigiano e soprattutto in funzione razzista contro i popoli della ex Jugoslavia (...)», augurandosi nel contempo che in Italia non si fosse «già arrivati al fascismo completo». In una lettera aperta di marzo [[2010]], la stessa Cernigoi si è lamentata del fatto che «da un po' di tempo (...) gli studiosi Claudia Cernigoi (che scrive), [[Sandi Volk]] e [[Alessandra Kersevan]] (che è anche titolare della casa editrice Kappa Vu di Udine) sono accusati di essere dei “negazionisti delle foibe”, dove va considerato che il termine di “negazionista” è genericamente usato, in ambito storico, per definire in senso negativo gli [[negazionismo dell'Olocausto|studiosi e i propagandisti]] che cercano di dimostrare che non vi fu una politica di sterminio nazista nei confronti del popolo ebraico. Con questa similitudine si cerca pertanto di paragonare la nostra attività di ricerca storica a quella di altre persone che nulla di scientifico in ambito storico hanno prodotto ma si limitano ad arrampicarsi sugli specchi per dimostrare una propria teoria<ref>[http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-emergenza_negazionismo_a_trieste..php Claudia Cernigoi, ''Emergenza negazionismo a Trieste'', in ''La Nuova Alabarda'', marzo 2010.]</ref>».
 
Claudia Cernigoi è stata in seguito definita "negazionista" anche dallo storico tedesco [[Rolf Wörsdörfer]]<ref>[http://books.google.it/books?id=VZB1O4rnmDwC&printsec=frontcover&dq=adria+worsdorfer&hl=it&sa=X&ei=3D-YU8-hI8e6ygPIx4HoDQ&ved=0CBQQ6AEwAA#v=onepage&q=cernigoi&f=false Rolf Wörsdörfer, ''Krisenherd Adria 1915-1955'', Ferdinand Schöning, Paderborn 2004, p. 479]. Il testo è stato pubblicato in italiano dalla casa editrice Il Mulino nel 2009, col titolo ''Il confine orientale. Italia e Jugoslavia dal 1915 al 1955''.</ref>.
 
Anche [[Jože Pirjevec]] contesta l'opinione di coloro che considerano le foibe come strumento utilizzato per compiere una pulizia etnica programmata, e sostiene che:
[[File:Monumento ai deportati gorizia 2.jpg|thumb|Monumento dedicato ai Goriziani deportati]]
{{citazione|... gli jugoslavi non volevano affatto colpire e tantomeno eliminare gli italiani in quanto tali, ma catturare, perseguire e punire i responsabili e complici dei crimini fascisti e nazisti... I dati disponibili sugli uccisi italiani confermano che si trattava in maggioranza di persone coinvolte nel fascismo e nel collaborazionismo, in particolare come membri delle formazioni militari, paramilitari e di polizia... anche se non colpevoli a livello personale dei crimini commessi sotto quelle insegne...| Jože Pirjevec: Foibe – Una storia d’Italia, Giulio Einaudi editore, Torino 2009}}
 
Per la condivisione di tale tesi, il professor Pirjevec è stato fortemente criticato da molti opinionisti e storici italiani, fra i quali [[Paolo Mieli]]<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2010/aprile/06/Trieste_guerra_Tito_contro_gli_co_9_100406058.shtml P.Mieli, ''Trieste, la guerra di Tito contro gli antifascisti'', in ''Corriere della Sera'', 6 aprile 2010.]</ref> (per il quale Pirjevec avrebbe scatenato «polemiche di fuoco»), Roberto Spazzali<ref>[http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6623&Itemid=111 R.Spazzali, ''Pirjevec: le foibe solo propaganda'', in ''Il Piccolo'', 13 ottobre 2009]</ref>, Raoul Pupo e [[Giuseppe Parlato]]<ref>[http://www.iltricolore.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1097 G.Parlato, ''Dalla Slovenia (via Einaudi) un altro falso storico sulle foibe'', in ''Libero'', 13 ottobre 2009.]</ref><ref>S. Lusa, ''Foibe. Una storia d'Italia'', in ''Osservatorio Balcani e Caucaso'', 23 novembre 2009.</ref>, che gli rimproverarono di essere stato il primo nel panorama degli storici accademici a utilizzare come fonte gli studi della Cernigoi.
 
===== Tesi sul primo utilizzo delle foibe =====
Attorno al 1860, Giovanni Bennati, un prete nativo di [[Pirano]], per contrastare in modo irridente chi non voleva riconoscere la sua cittadina come capoluogo della Marca Istriana nell'ambito della riorganizzazione amministrativa dell'Impero Austroungarico, scrisse una filastrocca con cui intendeva irridere ai sostenitori di Pola. Nel testo della canzoncina era contenuta la frase "''A Pola xè l'[[Arena di Pola|Arena]], la [[Foiba di Pisino|Foiba]] xè a [[Pisino|Pisin]], che i buta zò in quel fondo chi gà zerto morbin...''"<ref>{{cita web|url=http://www.ierimodelfilzi.it/canzoni.html#4|titolo=Canto popolare istriano}}</ref><ref>Il brano, più precisamente, diceva: ''«Se Muja gà dei squeri, Albona gà el carbon, Che per brusar le birbe El pol venir in bon. A Pola xé la rena, La foiba gà Pisin, Per butar zò in quel fondo Chi gà zerto morbin» ...''</ref>. Peraltro ''Foiba'' è il nome di un torrente che si getta in un celebre e imponente [[inghiottitoio carsico]] e non indica quindi le "[[foiba|foibe]]" nel loro complesso.
 
Nel 1919 l'[[irredentista]] triestino [[Giuseppe Cobolli Gigli|Giuseppe Cobol]] (Cobolli Gigli)<ref>Cobol italianizzò successivamente il proprio cognome in "Cobolli", aggiungendovi "Gigli", lo pseudonimo che utilizzò dopo il suo arruolamento nel Regio Esercito Italiano</ref>, scrisse una guida turistica di Trieste in cui riportava il testo della filastrocca<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 366}}: «Anche il quotidiano sloveno 'Promorsky Dnevik' se ne occuperà, ma non direttamente almeno in questa fase, limitandosi a commentare gli esiti del dibattito tenuto negli studi di ''Radio Opcine'' e a riportare alcune affermazioni degli intervenuti, in modo particolare quella atta a dimostrare l'estraneità da sempre dalla cultura slovena e croata del termine 'foibe'; termine, secondo i conduttori della trasmissione, introdotto a pieno titolo dalla cultura fascista, se risulta vera, come appare, la citazione di uno scritto risalente al 1932 di Giuseppe Cobol-Cobolli sulla storia della 'Foiba' di Pisino, 'degno posto di sepoltura (...), e ciò riferito agli equilibri tra i centri urbani e le campagne croate.» (si veda 'Primosky Devik', ''Kdo se Koga in Kdaj'' (Chi, a chi e quando), di Stanilav Renko, 30 aprile 1987)</ref><ref>Giulio Italico (Giuseppe Cobol), ''GUIDA DESCRITTIVA DI TRIESTE (la Fedele di Roma) E L'ISTRIA (Nobilisima).'', Torino 1919 (riedita a Trieste nel 1923), pp. 199-200</ref>. Otto anni dopo, nel [[1932]], Cobol (che nel frattempo aveva aderito al fascismo) in un articolo edito sull'organo del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] "[[Gerarchia (rivista)|Gerarchia]]"<ref>Su "[[Gerarchia (rivista)|Gerarchia]]", IX, 1927</ref> scrisse: «''La musa istriana ha chiamato [[Foiba]]<ref>Da osservare, di nuovo, che Cobolli si riferisce all'abisso noto come "[[Foiba di Pisino]]" e non alle "foibe" in generale.</ref> degno posto di sepoltura per chi nella provincia d'Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell'Istria»''. Negli [[anni 1980|anni ottanta]] le pubblicazioni di Cobolli furono riscoperte, e divennero oggetto di polemiche, nell'ambito [[Venezia Giulia|locale giuliano]]. Sulla base di esse si è affermò infatti che l'utilizzo delle foibe, per eliminare le vittime di stragi, fosse di "ideazione fascista".
 
Già all'epoca, in ambito storiografico, furono espresse delle perplessità. Ad esempio per lo storico [[Elio Apih]], il nesso fra le foibe e gli scritti di Cobolli è "suggestivo e non credibile", e tali scritti, anche se definibili come "cattiva letteratura" e testimonianza di una "ostilità scherzosa", non possono essere certo presentati, retrospettivamente, come un antefatto alle stragi<ref>Elio Apih, ''Le foibe giuliane'', Libreria Editrice Goriziana, 2010, ISBN 978-88-6102-078-8; p. 15: «... ripetutamente è stata ricordata una canzonetta istriana, di Pisino, dove appunto scorre il torrente "Foiba", quale primo incitamento a "infoibare" [...] Si tratta di una canzonetta presentata, all'inizio del secolo, ad un concorso della Lega Nazionale [...], testimonianza letteraria di un sentimento di ostilità, espresso scherzosamente, ma con un sentimento meno scherzoso (?), benché ciò si dica in retroprospettiva, prima mai. Cattiva letteratura, anche se popolare, certo; ma naturalmente non è nella letteratura la matrice dei fatti di "infoibamento"»; p. 21: «[...] la documentazione letteraria - se tale vogliamo considerare la canzonetta - non rappresenta un precedente, era solo un vago richiamo psicologico.»</ref>.
[[File:Foiba di Terli - Corpi estratti.jpg|thumb|left|4 novembre 1943: accanto alla foiba di Terli vengono ricomposti i corpi di Albina Radecchi (A), Caterina Radecchi (B), Fosca Radecchi (C) e Amalia Ardossi (D)]]
 
Nel 2003, il giornalista e scrittore [[Giacomo Scotti]] ha rilanciato la tesi<ref>Intervento al convegno "La guerra è orrore - Le foibe tra fascismo, guerra e resistenza", Venezia, 13 dicembre 2003 (convegno organizzato da [[Rifondazione Comunista]])[http://www.brianzapopolare.it/sezioni/politica/socialcom/metodi/20031213_guerra_orrore.htm][http://www.radioradicale.it/scheda/152649/231561-la-guerra-e-orrore-le-foibe-tra-fascismo-guerra-e-resistenza-organizzato-da-rifondazione-comunista-][http://archiviostorico.corriere.it/2003/dicembre/14/Foibe_basta_ignorare_nostri_errori_co_0_031214030.shtml]</ref> affermando, sulla base degli scritti di Cobolli, che le foibe sarebbero state un'"invenzione fascista"<ref>[http://www.anpipianoro.it/memoria%20commenti/foibe.html Articolo] di [[Giacomo Scotti]] su ''il manifesto'' di venerdì 4 febbraio 2005 (contiene le medesime tesi esposte al convegno "La guerra è orrore ...). Lo Scotti afferma precisamente: «La canzoncina di Sua Eccellenza (testo dialettale e traduzione italiana a fronte) diceva: "A Pola xe u'Arena/ la Foiba xe a Pisin:/ che i buta zo' in quel fondo/ chi gà certo morbin". (A Pola c'è l'Arena,/ a Pisino c'è la Foiba:/ in quell'abisso vien gettato/ chi ha certi pruriti). Dal che si vede che il brevetto degli infoibamenti spetta ai fascisti e risale agli inizi degli anni Venti del XX secolo. Purtroppo essi non rimasero allo stato di progetto e di canzoncine. Riportiamo qui, dal quotidiano triestino Il Piccolo del 5 novembre 2001, la testimonianza di Raffaello Camerini, ebreo, classe 1924...»</ref>. L'innovazione fu che, a riprova di un effettivo utilizzo delle foibe da parte fascista, Scotti citò una lettera, a firma di Raffaello Camerini, pubblicata sul quotidiano triestino [[Il Piccolo]] nel 2001, dove si riferisce di supposti eccidi compiuti dai fascisti e dell'occultamento dei cadaveri delle vittime in alcune foibe. Le affermazioni contenute in tale lettera sono state oggetto di critiche<ref>[http://www.coordinamentoadriatico.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=716 "Nuove illazioni sulle foibe"], di Liliana Martissa</ref> essendo prive di riscontri.
 
Lo storico [[Elio Apih]], che pure ha effettuato un'analisi dei possibili precursori delle Foibe, non menziona tale tesi<ref>Si veda, Elio Apih, ''Op. cit'', p. 26-30 e pp. 58-60, dove l'autore fa una descrizione dei possibili precursori delle foibe senza mai menzionare gli episodi descritti dal Camerini; in particolare a p. 36: «[...] come e dove avviene l'infoibamento nella Venezia Giulia? C'è qualche antecedente rispetto all'8 settembre 1943 [...] (N.d.R: si cita quindi l'[[eccidio di Podhum]], del 23 maggio 1943, dove si utilizzarono foibe come fossa comune, quindi un eccidio di zingari, in data e luogo incerti, ad opera di [[Ustasha]] croati; entrambi i fatti avvennero in Croazia.» Di nuovo nessun riferimento alla testimonianze del Camerini).</ref>. Lo stesso Apih ricorda che l'utilizzo delle foibe quale fossa comune, non costituisce una caratteristica originale degli eccidi giuliani. In gran parte delle stragi che caratterizzarono la seconda guerra mondiale difatti, insorse la necessità pratica di seppellire e/o occultare in fretta e con poca fatica le vittime. Le foibe furono utilizzate semplicemente perché era ciò che la Venezia Giulia offriva allo scopo, a fianco, peraltro, di miniere abbandonate e di cave<ref>Elio Apih, ''Op. cit.'', p. 23, «Ma c'è un altro aspetto, del tutto pratico, che spiega le "foibe" [...]. { la loro potenziale funzione di "discarica mortuaria" che ha altro significato del termine "camera mortuaria" [...] utili sia per esigenze di occultazione dei cadaveri, che per esigenze di liberarsi dai ... prodotti di un eccidio. Da tenere presente la particolare natura del terreno istriano e carsico, sassoso e con poco manto, che rende laborioso e difficile scavare fosse comuni [...]. Le "foibe" come soluzione pratica come soluzione pratica per liberarsi dei cadaveri senza scavare fosse.»</ref>.
 
Lo storico [[Raoul Pupo]] è sostanzialmente in linea con quest'ultima affermazione laddove parla di una tecnica di omicidio "diffusa in tutta l'area Jugoslava"<ref>{{Cita news|url=http://www.lefoibe.it/rassegna/raoulpupo.htm|titolo=La tragica scelta tra foibe ed esilio|autore=Raoul Pupo|pubblicazione=[[Il Giornale]]|data=17 maggio 2005|accesso=12 dicembre 2011}}: «Episodicamente, le foibe furono usate come barbare sepolture anche in altri casi: forse dai fascisti nel '42 e nel '43, sicuramente dai partigiani jugoslavi negli ultimi anni di guerra. Ma il punto non sta in una tecnica di omicidio diffusa in tutta l'area jugoslava: il punto sta nella strage di fasce di popolazione inerme, nell'inserirsi della violenza politica programmata sul terreno di odi nazionali, contrapposizioni ideologiche e rancori personali creatosi nei precedenti decenni.»</ref>.
 
Le tesi di Scotti, pur essendo diffuse in ambito giornalistico, non sono mai state validate in ambito storiografico. Nonostante questo hanno avuto una certa diffusione, venendo riportate anche da un intellettuale come [[Predrag Matvejević]]<ref>{{Cita news|url=http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3901/1/176/|autore=[[Predrag Matvejevic]], Luka Zanoni (traduzione)|titolo=Predrag Matvejević: le foibe e i crimini che le hanno precedute|pubblicazione=Novi List|accesso=12 dicembre 2011|data=12 febbraio 2005}}</ref> e in molti ambienti vicini alla resistenza (soprattutto a quella comunista) come l'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia|ANPI]]<ref>vedi {{Cita web|url=http://www.anpi.it/patria_2004/08-04/17-18_VINCENTI.pdf|titolo=Quando si cominciò a parlare di Foibe?|autore=Federico Vincenti|pubblicazione=Patria indipendente|data=19 settembre 2004|accesso=12 dicembre 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071019002436/http://www.anpi.it/patria_2004/08-04/17-18_VINCENTI.pdf|dataarchivio=19 ottobre 2007|urlmorto=sì}} che rilancia l'ipotesi di Scotti</ref> e in quotidiani di ispirazione comunista, quali ''[[il manifesto]]'' e ''[[Liberazione (quotidiano)|Liberazione]]''. La tesi è inoltre popolare in svariate associazioni neo e post comuniste.
 
Nel già citato saggio del 2009, curato dallo storico italiano [[Jože Pirjevec]], le tesi di Scotti sono citate (senza ulteriori approfondimenti) assieme alla testimonianza del Camerini<ref>J.Pirjevec, ''Op. cit.'', [http://books.google.it/books?ei=U9MqTciNO8-UOqr-hfsC&ct=result&id=5sozAQAAIAAJ&dq=%22jo%C5%BEe+pirjevec%22&q=Camerini#search_anchor p.34]</ref>, primo e unico caso nell'ambiente della ricerca storica. [[Massacri delle foibe#Negazionismo e.2Fo riduzionismo dei massacri|Come evidenziato sopra]] tale saggio è stato fortemente criticato da molti storici e giornalisti.
 
Un'altra ipotesi, che attribuisce al comandante di polizia della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] [[Gaetano Collotti]] l'utilizzo di foibe per eliminare i cadaveri di perseguitati politici<ref>[http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=6811 Fisicamente.net - 16-02-2005 L'ispettorato speciale di pubblica sicurezza];[http://www.senzasoste.it/per-non-dimenticare/le-foibe-tra-mito-e-realt-2.html Le foibe tra mito e realtà. Intervista ad Alessandra Kersevan.]</ref>, è stata proposta nel già citato testo "Operazione foibe a Trieste", della giornalista [[Claudia Cernigoi]].
 
==== La dichiarazione congiunta di Italia e Croazia ====
La considerazione dei massacri come atto di vendetta è stata ribadita nella dichiarazione congiunta espressa dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e dal Presidente della Repubblica di Croazia Ivo Josipović, durante il loro incontro avvenuto a Pola nel 2011:
[[File:TicinaZara.png|thumb|[[Achille Beltrame]], in una copertina de [[la Domenica del Corriere]] del gennaio 1944, illustrò l'annegamento del farmacista Pietro Ticina e della famiglia, nei pressi di Zara.]]
 
{{citazione|... Questa è l'occasione per ricordare le vittime italiane della folle vendetta delle autorità postbelliche dell'ex Jugoslavia.
 
Gli atroci crimini commessi non hanno giustificazione alcuna.|Dichiarazione congiunta del Presidente della Repubblica Italiana e dal Presidente della Repubblica di Croazia pronunciata il 3 settembre 2011<ref>http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=12194</ref>}}
 
Il governo sloveno ha salutato con soddisfazione la pubblicazione della relazione "''I rapporti italo-sloveni dal 1880 al 1956''"<ref>In tale relazione si afferma che per i giuliani favorevoli all'Italia «l'occupazione jugoslava [fu] come il momento più buio della loro storia, anche perché essa si accompagnò nella zona di Trieste, nel goriziano e nel capodistriano ad un'ondata di violenza che trovò espressione nell'arresto di molte migliaia di persone, - in larga maggioranza italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista jugoslavo -, parte delle quali vennero a più riprese rilasciate; in centinaia di esecuzioni sommarie immediate - le cui vittime vennero in genere gettate nelle "foibe"; nella deportazione di un gran numero di militari e civili, parte dei quali perì di stenti o venne liquidata nel corso dei trasferimenti, nelle carceri e nei campi di prigionia (fra i quali va ricordato quello di Borovnica), creati in diverse zone della Jugoslavia. Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.»</ref>, consegnata nel [[2000]] dalla Commissione mista storico-culturale italo-slovena appositamente istituita nell'ottobre [[1993]] su iniziativa dei Ministri degli Esteri d'Italia e Slovenia.
 
== Il Giorno del ricordo ==
Con la Legge 92 del 30 marzo 2004<ref>http://www.camera.it/parlam/leggi/04092l.htm Legge n. 92 del 30 marzo 2004</ref> in [[Italia]] è stato istituito nella giornata del 10 febbraio di ogni anno il "[[Giorno del ricordo]]", in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Lo stesso provvedimento legislativo ha anche istituito una specifica medaglia commemorativa destinata ai congiunti delle vittime:
 
:[[File:Infoibati.png|100px]] Medaglia commemorativa del [[Giorno del Ricordo]] <small>ai congiunti degli infoibati</small>
 
== Processi a criminali di guerra ==
I vari governi italiani succedutisi negli anni mai consegnarono i responsabili dei crimini nei [[Balcani]], sia a causa della cosiddetta "[[amnistia Togliatti]]"<ref>Tale amnistia promulgata con il D.P.R. 22 giugno 1946, n. 4, il cui testo è disponibile sul sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: {{cita web |url=http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1946/lexs_139245.html |titolo=Copia archiviata |accesso=9 settembre 2007 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070930031431/http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1946/lexs_139245.html |dataarchivio=30 settembre 2007 }}, comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino a un massimo di cinque anni. I reati commessi al Sud dopo l'[[8 settembre 1943]] e l'inizio dell'occupazione militare [[alleati della seconda guerra mondiale|alleata]] al Centro e al Nord.{{collegamento interrotto|1=[http://www.fondazionecipriani.it/Kronologia/prova.php?DAANNO=1946&AANNO=1947] |date=ottobre 2017 |bot=InternetArchiveBot }} </ref> intervenuta il 22 giugno [[1946]], sia perché il 18 settembre [[1953]] il [[governo Pella]] approvò l'[[indulto]] e l'[[amnistia]] proposta dal [[Ministri di grazia e giustizia della Repubblica Italiana|guardasigilli]] [[Antonio Azara]] per i tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno [[1948]],<ref>D.P.R 19 dicembre 1953, n. 922, testo disponibile sul sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: {{cita web |url=http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1953/lexs_33552.html |titolo=Copia archiviata |accesso=1º luglio 2009 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090226191044/http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1953/lexs_33552.html |dataarchivio=26 febbraio 2009 }}</ref> a cui si aggiunse quella del 4 giugno [[1966]].<ref>D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, testo disponibile dal sito della Corte Suprema di Cassazione all'indirizzo: {{cita web |url=http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1966/lexs_39092.html |titolo=Copia archiviata |accesso=1º luglio 2009 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080427164328/http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1966/lexs_39092.html |dataarchivio=27 aprile 2008 }}</ref>
All'epoca la sola città di [[Belgrado]] chiese di imputare oltre 700 presunti criminali di guerra italiani<ref>A tal proposito sono stati scritti libri di denuncia, come "Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951)" a cura di C. Di Sante.</ref> e i generali [[Mario Roatta]], [[Vittorio Ambrosio]] e [[Mario Robotti]], che non furono mai consegnati nonostante gli accordi internazionali prevedessero la loro estradizione.<ref>Art. 45 del [[:S:Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate - Parigi, 10 febbraio 1947|Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate - Parigi, 10 febbraio 1947]]</ref>
 
Nel [[1992]] è stato istituito un procedimento giudiziario in [[Italia]] contro alcuni dei responsabili dei massacri ancora in vita.<ref>{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lefoibe/processo.htm|titolo=Il processo agli infoibatori}}</ref> Tali inchieste furono giustificate dal fatto che all'epoca la Venezia Giulia era ancora ufficialmente sotto sovranità italiana; inoltre i [[crimine di guerra|crimini di guerra]] non sono soggetti a prescrizione. Partite dalla denuncia di Nidia Cernecca<ref>http://www.nidiacernecca.it/ Nidia Cernecca: sito ufficiale.</ref>, figlia di un infoibato, videro come principali imputati i croati Oscar Piskulic e Ivan Motika. L'inchiesta fu istituita dal pubblico ministero Giuseppe Pittitto. Nel [[1997]] diversi parlamentari sollecitarono il governo affinché avanzasse richiesta di [[estradizione]] per alcuni degli imputati.<ref>
[http://english.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed260/s020.htm Interrogazione parlamentare] e [http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=14&id=59651 Atto depositato in senato]</ref> Il procedimento si è concluso con un nulla di fatto: nel [[2004]] fu infatti negata la competenza territoriale dei magistrati italiani.
 
Anche in questa occasione fiorirono le polemiche: fra le altre cose Pittitto fu accusato di volere imbastire un "processo alla resistenza".<ref>[http://www.intermarx.com/ Intermax] (rivista virtuale di analisi e critica materialista) [http://www.intermarx.com/ossto/revis2.html Processo alle Foibe, processo alla Resistenza] di [[Claudia Cernigoi]]</ref>
 
== Elenco di foibe e altri luoghi di infoibamento ==
[[File:Venezia Giulia province.png|thumb|upright=1.3|Divisione amministrativa dell'[[Istria]] e del [[Quarnaro]] dal 1924 al 1947 con segnate la [[provincia di Trieste]] (colore verde), la [[provincia di Gorizia]] (blu), la [[provincia di Pola]] (giallo) e la [[provincia di Fiume]] (rosso)]][[File:Litorale 1.png|thumb|upright=1.3|Modifiche al confine orientale italiano dal 1920 al 1975.
{{legenda|#ffff00|Il [[Litorale austriaco]], poi ribattezzato [[Venezia Giulia]], che fu assegnato all'Italia nel 1920 con il [[Trattato di Rapallo (1920)|trattato di Rapallo]] (con ritocchi del suo confine nel 1924 dopo il [[Trattato di Roma (1924)|trattato di Roma]]) e che fu poi ceduto alla Jugoslavia nel 1947 con i [[Trattati di Parigi (1947)|trattati di Parigi]]}}
{{legenda|#10FF20|Aree annesse all'Italia nel 1920 e rimaste italiane anche dopo il 1947}}
{{legenda|#00fa9a|Aree annesse all'Italia nel 1920, passate al [[Territorio Libero di Trieste]] nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate definitivamente all'Italia nel 1975 con il [[trattato di Osimo]]}}
{{legenda|#eee8aa|Aree annesse all'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate definitivamente alla Jugoslavia nel 1975 con il trattato di Osimo}}]]
[[File:Foibe seats.png|thumb|upright=1.3|Mappa delle principali foibe]]
 
In questo elenco sono segnalate le foibe, le cave, le miniere, i pozzi o altri luoghi nei quali sono stati trovati resti umani di persone infoibate, dei quali solo una minima parte è stata recuperata<ref>[http://www.anvgd.it/PDF/foibe.pdf?phpMyAdmin=REoOqmSvU-87V4soRG9wAktST3b Documento riassuntivo dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - ANVGD]</ref><ref>{{cita web|cognome=|nome=|url=https://books.google.it/books?id=9FaoAgAAQBAJ&pg=PT148&lpg=PT148&dq=Foiba+di+Vescovado&source=bl&ots=zS9_kp5EMJ&sig=bXvGDLgPi0sIron7GIj6tMpHWh8&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjwqILghKrZAhWG0RQKHVQdDt8Q6AEINzAD#v=onepage&q=Foiba%20di%20Vescovado&f=false|titolo=Una grande tragedia dimenticata, di Giuseppina Mellace|accesso=16 febbraio 2018}}</ref>:
 
=== Provincia di Udine ===
* Foiba di [[Drenchia]], [[provincia di Udine]], presenza di cadaveri della Divisione partigiana "Osoppo", secondo [[Diego De Castro]].
* Foiba di Fons di Balanceta, vicino a Udine.
* Foiba di [[Terzo di Aquileia]], nei pressi di Udine.
* Foiba del Monte Corada, nei pressi di [[Canale d'Isonzo]].
 
=== Provincia di Podernone ===
* Foiba di [[Polcenigo]], vicino a Pordenone.
* Foiba di [[Bus de la Lum]], vicino a Pordenone.
 
=== Provincia di Gorizia ===
* Foiba di [[Brestovizza]], nel comune di [[Comeno]] (''Komen'').
* Foiba di [[Zavni]], già in comune di [[Tarnova|Tarnova della Selva]] (''Trnovo''), nella [[Selva di Tarnova]], oggi frazione di [[Nova Gorica|Nuova Gorizia]]; secondo le testimonianze, vi sono stati gettati i corpi dei Carabinieri di Gorizia, oltre che di centinaia di sloveni oppositori di Tito.
* Foiba di [[Gargaro]] o [[Podgomila]], nel comune di [[Gorizia]], circa ottanta morti, secondo diverse testimonianze.
* Foiba di Rupofredda, vicino a [[Tarnova]].
* Foiba di [[San Daniele del Carso]], vicino a Gorizia.
* Foiba di Gabria di [[San Michele del Carso]], vicino a [[Opacchiasella]].
* Foiba di Villa Marzia, nei pressi di [[Canale d'Isonzo]].
* Foiba di Koscevnik, vicino a [[Tarnova]].
* Foiba di [[Locavizza (Nova Gorica)|Locavizza]], vicino a [[Rifembergo]].
* Foiba di [[Biglia (Merna-Castagnevizza)|Biglia]], vicino a [[Merna-Castagnevizza]].
* Fossa di Desenza, vicino a Gorizia.
* Foiba di [[Medea (Italia)|Medea]], vicino a Gorizia.
* Foiba di [[Aidussina]], nei pressi di [[Ustie]].
* Foiba di Revenusce, nei pressi di Tarnova.
* Foiba di Ruchin, nei pressi di Aidussina.
* Foiba di [[Comeno]], nei pressi di [[Dolegna del Collio]].
* Fosse di Casada, nei pressi di [[San Pier d'Isonzo]]
* Fossa di Poggio Poggetto, nei pressi di Gorizia.
* Foiba di [[Ronchi dei Legionari]], vicino a Gorizia.
* Foiba di Sella di Monte Santo, vicino a Gorizia.
* Foiba di Figovizza, vicino a [[Quisca]]
* Foiba di Ugovizza, vicino a [[Malborghetto-Valbruna]]
* Foiba di [[Vedrignano]], vicino a [[Collio (Slovenia)|Collio]].
* Foiba di Colmo, nei pressi di Collio.
* Abisso di Pipenca, nei pressi di Gorizia.
* Foiba di [[Volci]], vicino a Comeno.
* Foiba di Ponte di Piuma, vicino a Gorizia.
* Foiba Bianchis, vicino a Gorizia.
* Foiba di [[Sambasso]], vicino a Gorizia.
* Foiba di Pugnofreddo, nei pressi di Tarnova.
* Foiba di [[Temenizza]], nei pressi di Merna-Castagnevizza.
* Foiba di Poggio San Valentino, nei pressi di Collio.
* Foiba di Ville Montevecchio, nei pressi di [[Voghersca]].
* Foiba di Prepotto-Caoretto, vicino a Trieste.
* Foiba di [[Faedis|Stremiz]], vicino a Udine.
* Foiba di Salandris, vicino a Udine.
 
=== Provincia di Trieste ===
* [[Foiba di Basovizza]], vicino a [[Trieste]], [[monumento nazionale]] (testimonianze di centinaia di infoibamenti).
* [[Foiba di Monrupino]], vicino a Trieste, monumento nazionale (testimonianze di centinaia di infoibamenti).
* Foiba di [[San Lorenzo di Basovizza]], vicino a Trieste.
* Foiba di [[Podubbo]], vicino a Trieste, cinque corpi individuati e non recuperati.
* Foiba di [[Opicina]], vicino a Trieste, assieme alle foibe di Campagna e Corgnale, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati.
* Foiba di [[Campagna (Trieste)]], vicino a Trieste, assieme alle foibe di Opicina e Corgnale, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati.
* Foiba di [[Corgnale]], vicino a Trieste, assieme alle foibe di Campagna e Opicina, circa duecento infoibati, i cui corpi non sono stati recuperati.
* Foiba di [[Sesana]], vicino a Trieste, numero imprecisato di corpi recuperati nel 1946.
* Foiba di Bohonivic, vicino a [[Sesana]].
* Foiba di [[Orle]], vicino a Trieste, numero imprecisato di corpi recuperati nel 1946.
* Foiba di [[Gropada]], vicino a Trieste, trentaquattro persone eliminate con colpo alla nuca il 12 maggio 1945. Corpi non recuperati.
* Foiba di [[Prepotto (Duino-Aurisina)|Prepotto]], vicino a Trieste.
* Foiba di Ternovizza, frazione di [[Ternova]] o Ternova Piccola (''Trnovca'' o ''Trnovica'') nel comune di [[Duino-Aurisina]].
* Foiba di Aurisina , nel comune di [[Duino-Aurisina]].
* Foiba di Sistiana, nel comune di [[Duino-Aurisina]].
* Foiba di [[San Dorligo della Valle]], vicino a Trieste.
* Fossa del podere Mavez, vicino a Trieste.
* Abisso di Plutone, vicino a Trieste.
* Pozzo di Rupingrande, vicino a Trieste.
* Abisso di [[Prosecco (Trieste)|Prosecco]], vicino a Trieste.
* Fossa Monte Tabor, vicino a Trieste.
* Foiba di Santa Croce, vicino a Trieste.
* Foiba di Mciah Lusa, vicino a [[Opicina]].
* Foiba di Jama Korzisko, vicino a [[Prosecco (Trieste)|Prosecco]].
* Foiba di Sant'Antonio in Bosco, frazione di [[San Dorligo della Valle]]
 
=== Ex provincia di Pola ===
* Abisso di [[Semich]], comune di [[Lanischie]] in [[Istria]], un centinaio di corpi individuati ma non recuperati.
* Foiba di Cernovizza, nel comune di [[Pisino]] (''Pazin''), testimonianze di circa cento uccisioni.
* Foiba di [[Raspo (Croazia)|Raspo]], nel comune di [[Lanischie]] (''Lanišće'').
* [[Foiba di Vines]], detta anche Foiba o Fossa dei Colombi, nel comune di [[Albona]], (''Labin'') in Istria, 84 corpi recuperati nel mese di ottobre 1943.
* Foiba di [[Treghelizza]], già comune di [[Visinada]], oggi di [[Castellier-Santa Domenica]] in Istria, due corpi recuperati nel 1943.
* Foiba di Vescovado, nel comune di [[San Lorenzo del Pasenatico]] (''Sveti Lovreč Paženatički''), sei corpi recuperati.
* Cava di bauxite di [[Gallignana]] in Istria, ventitré corpi recuperati nel mese di ottobre del 1943.
* Foiba di [[Pucicchi]], undici corpi recuperati nel 1943.
* Foiba di [[Villa Surani]] o Surani (''Šurani''), comune di [[Antignana]] (''Tinjan'') in Istria, recuperate nel novembre del 1943 ventisei salme di cui ventuno riconosciute.
* Foiba di [[Cernizza]], due salme recuperate nel 1943.
* Foiba di [[Cregli]], otto corpi recuperati nel 1943.
* Foiba di [[Gimino]], in Istria.
* Foiba di [[Iadruichi]], in Istria.
* Foiba di [[Barbana (Croazia)|Barbana]], in Istria.
* Foiba Bertarelli, comune di [[Pinguente]] in Istria.
* Abisso Bertarelli, comune di Pinguente in Istria.
* Foiba di [[Rozzo]] (''Roč''), nel comune di Pinguente (''Buzet'').
* Foiba di [[Sepec]] o [[Sepez]] (Rozzo) in Istria.
* Foiba di [[San Salvaro]].
* Foiba di [[Beca]], vicino a Cosina.
* Miniera di bauxite di [[Lindaro]] (''Lindar''), nel comune di Pisino (''Pazin'').
* Foiba di Podubboli, vicino a [[Barbana d'Istria]]
* Abisso di Susnici, nei pressi di [[San Lorenzo del Pasenatico]]
* Fossa di Oblogo, vicino a [[Umago]]
* Foiba di Zenkovizza, nei pressi di [[Castellier-Santa Domenica]]
* Foiba di [[Sosice]], nei pressi del comune omonimo.
* Foiba di Casservola, vicino a [[Castelnuovo d'Istria]]
* Foibe di Narcovigi, nei pressi di [[Gimino]]
* Foiba di Cassiere, vicino a [[Castelnuovo d'Istria]]
* Miniera di Savignacco, lungo il [[Quieto (fiume)|fiume Quieto]]
* Miniera di bauxite di [[Gallignana]], nei pressi di Pola.
* Foiba di Maticchi, vicino a [[Gimino]]
* Foiba di [[Carnizza]], nei pressi di [[Capodistria]]
* Foiba di Villa Serghi-Cernovizza, vicino a [[Pisino]]
* Pozzo Littorio, nei pressi di [[Albona]]
* Miniera di carbone di Val Pedena, nei pressi di Pisino
* Foiba di Villa Checchi, nei pressi di Pisino
* Foiba di Villa Cattuni, nei pressi di Pisino
* Pozzo di [[Dignano (Croazia)|Dignano]]-Mazzin, vicino a Pola.
* Foiba di Villa Treviso, nei pressi di Pisino
* Fossa di Umago, vicino alla località omonima.
* Fossa [[Fianona]], nei pressi di [[Chersano]]
* Fossa di [[Caroiba]], nei pressi della località omonima.
* Fossa di [[Pobeghi]], vicino a [[Capodistria]]
 
* Foibe di Podgorje, vicino a [[Piedimonte d'Istria]]
 
=== Ex provincia di Fiume ===
* Foiba di [[Scadaicina]], nei pressi di [[Fiume (Croazia)|Fiume]].
* Foiba di [[Casserova]], tra Obrovo e Golazzo, sulla strada di Fiume (tedeschi, sloveni e italiani gettati dentro. Estremamente difficile il recupero).
* Foiba di [[Obrovo]] (''Obrov''), vicino alla frazione di [[Obrovo S. Maria]], già comune di [[Castelnuovo d'Istria]] nella [[Provincia del Carnaro|Provincia di Fiume]], oggi nel comune di [[Erpelle-Cosina]] [[Slovenia]].
* Foiba di [[Jurani]], in Istria.
* [[Foiba di Terli]], nel comune di [[Barbana (Croazia)|Barbana]] (''Barban'') in Istria, ventisei corpi recuperati nel 1943.
* Foiba di [[Odolina]], vicino a Bacia, sulla strada per Matteria, nel fondo dei Marenzi.
* Foiba di [[Castelnuovo d'Istria]].
* Foiba di [[Costrena]]
* Foiba del [[Monte Maggiore (Croazia)|Monte Maggiore]],
 
=== Nell'ex Jugoslavia ===
* Foiba di [[Cocevie]], in [[Slovenia]], a 70 chilometri a sud-ovest da [[Lubiana]].
* Foiba di Spirnica.
* Foiba di Vilenca
* Kevina Jama, nei pressi di [[Radosic]]
* Fossa di [[Montenero d'Idria]]
* Fossa di [[Maribor]]
* Repicnikova Jama
* Krimska Jama
* Kosevinsko Brezno
* Kaserova Jama
* Brezno na Kosevcu
* Brezno v Mrzlih Dolij
* Semonovo Brezno
* Dvojno Brezno
* Brezarjevo Brezno
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* Commissione storico-culturale italo-slovena, ''I rapporti italo-sloveni 1880-1956'', Nova revija, Ljubljana 2001 ISBN 961-6352-23-7
* ''Istria nel tempo: manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume'', Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, 2006
* {{Cita libro|autore=Adriano Dogulin|autore2=Giuseppe Parlato|autore3=Raoul Pupo|autore4=Paolo Sardos Albertini|autore5=Roberto Spazzali|titolo=Foiba di Basovizza Monumento Nazionale|editore=Comune di Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte, Lega Nazionale Trieste|città=Trieste|anno=2008|ISBN= 978-88-87377-29-3}}
* Claudia Cernigoi, ''Operazione foibe a Trieste'', Edizioni Kappa Vu, Udine 1997
* Claudia Cernigoi, ''Operazione Foibe - Tra storia e mito'', Edizioni Kappa Vu, Udine, 2005
* [[Pasquale Chessa]], ''Guerra Civile 1943 1945 1948'', (pag. 156), Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2005 ISBN 978-88-04-55364-9
* Mafalda Codan, ''Diario di Mafalda Codan'' in: Mario Dassovich, ''Sopravvissuti alle deportazioni in Jugoslavia'', Istituto Regionale per la Cultura Istriana&nbsp;– Unione degli Istriani - Bruno Fachin Editore&nbsp;– Trieste 1997 ISBN 88-85289-54-1
* Paolo De Franceschi ''Foibe'', prefazione di Umberto Nani, Centro Studi Adriatici, Udine 1949
* Federico Goglio: "Foibe : inferno a nord-est", Editore Baranzate di Bollate Cidal, 2001
* Boris Gombač: ''Atlante storico dell'Adriatico orientale'', Bandecchi & Vivaldi Editori, Pontedera 2007 ISBN 978-88-86413-27-5
* Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003
* Patrick Karlsen, ''Frontiera rossa. Il Pci, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', LEG, Gorizia, 2010
* Jožko Kragelj, ''Pobitim v spomin: žrtve komunističnega nasilja na Goriškem 1943-1948'', Goriška Mohorjeva, Gorizia 2005
* Giancarlo Marinaldi (vero nome Carlo Gonan), ''La morte è nelle foibe'', Cappelli, Bologna 1949
* Adamo Mastrangelo, ''Foibe, ciò che non si dice'', Calendario del Popolo, luglio 2008, Nicola Teti Editore
* Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra vol 1. Le Lettere. Firenze, 2004
* Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia. 1914-1924 vol 2. Le Lettere. Firenze, 2007
* [[Gianni Oliva]], ''La resa dei conti: aprile-maggio 1945: foibe, piazzale Loreto e giustizia partigiana'', Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1999 ISBN 88-04-45696-5
* Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano 2003, ISBN 88-04-48978-2
* Frank Perme e altri, ''Slovenia, 1941, 1948, 1952: Anche noi siamo morti per la patria'', Milano 2000.
* Luigi Papo, ''L'Istria e le sue foibe'', Settimo sigillo, Roma, 1999
* Luigi Papo, ''L'ultima bandiera. Storia del reggimento Istria'', L'Arena di Pola, Gorizia 1986
* Eno Pascoli, ''Foibe: cinquant'anni di silenzio. La frontiera orientale'', Aretusa, Gorizia 1993
* Pierluigi Pallante, ''La tragedia delle foibe'', Editori Riuniti, Roma 2006
* [[Arrigo Petacco]], ''L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia'', Mondadori, Milano 1999
* [[Jože Pirjevec]], ''[http://www.tecalibri.info/P/PIRJEVEC-J_foibe.htm Foibe - Una storia d'Italia]'', Giulio Einaudi Editore, Torino 2009 ISBN 978-88-06-19804-6
* {{treccani|foibe_(Enciclopedia-Italiana)|autore=Raoul Pupo}}
* {{cita pubblicazione| url = http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/pupo196.html | autore= Raoul Pupo|titolo=Le foibe giuliane 1943-45|pubblicazione=L'impegno|volume=a.XVI|numero=1|data=aprile 1996 | accesso= 13 gennaio 2009|cid=Pupo1996}}
* {{Cita libro|autore=Raoul Pupo|titolo=Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio|editore=Rizzoli|città=Milano|anno=2005|cid=Pupo2005|isbn=88-17-00562-2}}
* {{Cita libro|autore=Raoul Pupo, Roberto Spazzali|url=http://books.google.it/books?id=LLjVe4e0wm0C&printsec=frontcover&dq=foibe+spazzali+pupo#PPP1,M1|titolo=Foibe|editore=Bruno Mondadori|anno=2003|cid=Pupo, Spazzali|isbn=88-424-9015-6}}
* Raoul Pupo, ''Trieste '45'', Laterza, Roma-Bari 2010 ISBN 978-88-420-9263-6
* Leonardo Raito, ''Il PCI e la resistenza ai confini orientali d'Italia'', Temi, Trento, 2006
* Franco Razzi, ''Lager e foibe in Slovenia'', E.VI, Vicenza 1992
* Guido Rumici, ''Infoibati (1943-1945) I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti'', Mursia, Milano 2002 ISBN 978-88-425-2999-6
* Giorgio Rustia, ''Contro operazione foibe a Trieste'' a cura dell'Associazione famiglie e congiunti dei deportati italiani in Jugoslavia e infoibati, 2000
* Fulvio Salimbeni, ''Le foibe, un problema storico'', Unione degli istriani, Trieste 1998
* Cesare Salmaggi-Alfredo Pallavicini, ''La seconda guerra mondiale'', Mondadori, 1989 ISBN 88-04-39248-7
* Giacomo Scotti, ''Dossier Foibe'', Manni, San Cesario (Le), 2005
* Frediano Sessi, ''Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel '43'', Marsilio, Venezia 2007.
* Giovanna Solari, ''Il dramma delle foibe, 1943-1945: studi, interpretazioni e tendenze'', Stella, Trieste 2002
* Roberto Spazzali, ''Foibe: un dibattito ancora aperto. Tesi politica e storiografica giuliana tra scontro e confronto'', Lega Nazionale, Trieste 1990
* Roberto Spazzali, ''Tragedia delle foibe: contributo alla verità'', Grafica goriziana, Gorizia 1993
* Giampaolo Valdevit (cur.), ''Foibe, il peso del passato. Venezia Giulia 1943-1945'', [[Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia]], Trieste 1997
* Diego Zandel'' I testimoni muti: le foibe, l'esodo, i pregiudizi'' Mursia Milano, 2011, ISBN 978-88-425-4644-3
 
== Nei media ==
=== Televisione ===
* ''[[Il cuore nel pozzo]]'' - serie televisiva italiana del 2005 diretta da [[Alberto Negrin]]
 
== Voci correlate ==
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* [[Domobranci]]
* [[Eccidio di Porzûs]]
* [[Esodo giuliano dalmata]]
* [[Foiba]]
* [[Foiba di Basovizza]]
* [[Foiba di Monrupino]]
* [[Foiba di Terli]]
* [[Foiba di Vines]]
* [[Giorno del ricordo]]
* [[Guerra civile in Italia (1943-1945)]]
* [[Istria]]
* [[Massacro di Bačka]]
* [[Massacro di Bleiburg]]
* [[Storia della Dalmazia]]
* [[Storia di Trieste]]
* [[Zona d'operazioni del Litorale adriatico]]
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== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Foibe massacres}}
{{Interprogetto/notizia|Il "giorno del ricordo" ha dieci anni|data=10 febbraio 2014}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.treccani.it/enciclopedia/foibe_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Foibe], Enciclopedia Treccani
* {{Cita news|url=http://www.focus.it/cultura/storia/che-cosa-furono-i-massacri-delle-foibe|titolo=Che cosa furono i massacri delle foibe|pubblicazione=Focus.it|accesso=12 febbraio 2017}}
* {{cita web|http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/pupo196.html|Le foibe giuliane 1943 - 1945}}
* {{cita web|http://digilander.libero.it/lefoibe|Sito Le Foibe}}
* {{cita web|http://www.lefoibe.it/|Foibe a cura della Lega Nazionale di Trieste}}
* {{cita web|http://www.kozina.com/premik/indexita_porocilo.htm|Relazioni italo-slovene 1880-1956 (Relazione della "commissione storico-culturale italo-slovena" del 25 luglio 2000, richiesta dai rispettivi ministeri degli esteri), a cura del circolo PREMIK su concessione dell'editore Nova Revija, Trieste 2004}}
* {{cita web|http://www.democrazialegalita.it/speciali/Speciale_Marco_foibe07febb05.htm|La verità sulle foibe}}
* [http://www.cnj.it/FOIBEATRIESTE/ Operazione Foibe a Trieste] - Relazione di [[Claudia Cernigoi]].
* [http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/storia-delle-foibe/397/default.aspx Storia delle foibe - La strage dimenticata] La Storia siamo noi
* [http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust8g01-003378.htm Foibe, condividere la memoria per cancellarla] di Adamo Mastrangelo.
* {{cita web|url=http://www.zenit.org/article-4051?l=italian|titolo=Agenzia di stampa ZENIT del 12 febbraio 2006: "Cinquanta sacerdoti tra le vittime delle foibe"|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090209074831/http://www.zenit.org/article-4051?l=italian|dataarchivio=9 febbraio 2009}}
* {{cita web|http://aestovest.osservatoriobalcani.org/luoghi/basovizza.html|AestOvest - Luoghi e memorie}}
* {{cita web|url=http://www.gariwo.net/attivita/attivita.php?cod=202|titolo=Comitato per la Foresta dei Giusti - Gariwo}}
* {{Thesaurus BNCF}}
 
{{Portale|astronomia|biografie}}
{{Emigrazione italiana}}
{{Portale|guerra|storia d'Italia|Venezia Giulia e Dalmazia}}
 
[[Categoria:MassacriScopritori delle foibe|di asteroidi]]
[[Categoria:Scopritori di comete]]