Stella e Tod R. Lauer: differenze tra le pagine

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{{Bio
{{Avvisounicode}}
|Nome = Tod R.
{{Nota disambigua}}
|Cognome = Lauer
{{Nota disambigua||[[Stelle (disambigua)]]|Stelle}}
|Sesso = M
{{Citazione|Attraverso le asperità [si giunge] alle stelle.|Proverbio latino<ref>{{Treccani|per-aspera-ad-astra|Per Aspera Ad Astra|v=1|accesso=18 agosto 2013}}</ref>|[[Per aspera ad astra]].|lingua=la}}
|LuogoNascita =
 
|GiornoMeseNascita =
[[File:Sagittarius Star Cloud.jpg|thumb|upright=1.4|A parte il [[Sole]], le stelle sono così lontane da essere visibili solo come punti di luce, nonostante il loro [[diametro]] sia di milioni di chilometri. Nell'immagine, scattata dal [[telescopio spaziale Hubble]], la [[Nube stellare del Sagittario]] ([[Catalogo di Messier|M24]]), un [[ammasso aperto]] nell'[[Sagittario (costellazione)|omonima]] [[costellazione]].]]
|AnnoNascita = 1957
 
|LuogoMorte =
Una '''stella''' è un [[oggetto celeste|corpo celeste]] che brilla di [[luce]] propria. In [[astronomia]] e [[astrofisica]] il termine designa uno [[sferoide]] [[luminosità (fisica)|luminoso]] di [[Fisica del plasma|plasma]] che genera [[energia]] nel proprio [[Nucleo solare|nucleo]] attraverso [[reazione nucleare|processi]] di [[fusione nucleare]]; tale energia è [[irraggiamento|irradiata]] nello [[spazio (astronomia)|spazio]] sotto forma di [[radiazione elettromagnetica]], flusso di [[particella elementare|particelle elementari]] ([[vento stellare]]) e [[neutrino|neutrini]].<ref name="sunshine">{{cita web | autore = John N. Bahcall|data = 29 giugno 2000 | url = http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/articles/fusion/index.html | titolo = How the Sun Shines |editore = Nobel Foundation | accesso=30 agosto 2006 }}</ref> Buona parte degli [[elemento chimico|elementi chimici]] più pesanti dell'[[idrogeno]] e dell'[[elio]] (i più abbondanti nell'[[Universo]]) vengono sintetizzati nei nuclei delle stelle tramite il processo di [[Nucleosintesi stellare|nucleosintesi]].
|GiornoMeseMorte =
 
|AnnoMorte =
La stella più vicina alla [[Terra]] è il [[Sole]], sorgente di gran parte dell'energia del nostro pianeta. Le altre stelle, ad eccezione di alcune [[Supernova|supernovae]],<ref group="N">Alcune supernovae registrate in epoca storica furono visibili anche durante il dì; basti pensare alla supernova [[SN 1054]] che, nell'anno 1054, raggiunse la magnitudine apparente −6 e fu visibile per 23 giorni consecutivi durante il dì.</ref> sono visibili solamente durante la [[notte]]<ref group="N">La notte è il periodo della giornata in cui la forte luminosità del Sole non ostacola l'[[osservazione astronomica|osservazione]] delle stelle.</ref> come dei puntini luminosi, che appaiono tremolanti a causa degli effetti distorsivi (''[[seeing]]'') operati dall'[[atmosfera terrestre]].<ref name="osservazione">{{cita pubblicazione|autore= D. L. Fried |titolo= Optical Resolution Through a Randomly Inhomogeneous Medium for Very Long and Very Short Exposures| url= http://ukads.nottingham.ac.uk/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=1966OSAJ...56.1372F&db_key=AST | rivista=J. Opt. Soc. Am| volume=56|pagine=1372-1379|accesso=7 marzo 2008}}</ref>
|Attività = astronomo
 
|Nazionalità = statunitense
Le stelle sono oggetti dotati di una [[massa (fisica)|massa]] considerevole, compresa tra 0,08 e 150–200 [[massa solare|masse solari]] (M<sub>☉</sub>). Gli oggetti con una massa inferiore a 0,08 M<sub>☉</sub> sono detti [[nana bruna|nane brune]], corpi a metà strada tra stelle e [[pianeta|pianeti]] che non producono energia tramite la fusione nucleare, mentre non sembrano esistere, almeno apparentemente, stelle di massa superiore a 200 M<sub>☉</sub>, per via del [[limite di Eddington]].<ref name="massa stellare">{{cita news | titolo=NASA's Hubble Weighs in on the Heaviest Stars in the Galaxy | editore=NASA News | giorno= 3|mese=03|anno=2005 | url=http://www.nasa.gov/home/hqnews/2005/mar/HQ_05071_HST_galaxy.html | accesso=4 agosto 2006 }}</ref> Sono variabili anche le dimensioni, comprese tra i pochi [[chilometro|km]] delle [[stella degenere|stelle degeneri]] e i miliardi di km delle [[stella supergigante|supergiganti]] e [[stella ipergigante|ipergiganti]], e le luminosità, comprese tra 10<sup>−4</sup> e 10<sup>6</sup> - 10<sup>7</sup> [[luminosità solare|luminosità solari]] (L<sub>☉</sub>).
 
Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in sistemi costituiti da due ([[stella binaria|stelle binarie]]) o più componenti ([[Sistema multiplo|sistemi multipli]]), legate dalla [[forza di gravità]].<ref name="Iben">{{cita pubblicazione | autore =I. Iben Jr.|titolo=Single and binary star evolution | rivista=[[Astrophysical Journal]] Supplement Series | anno=1991 | volume=76 | pagine=55–114 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1991ApJS...76...55I|formato=PDF }}</ref> Un buon numero di stelle convive in [[associazione stellare|associazioni]] o [[ammasso stellare|ammassi stellari]] (suddivisi in [[ammasso aperto|aperti]] e [[ammasso globulare|globulari]]), a loro volta raggruppati, insieme a stelle singole e [[nube molecolare|nubi di gas e polveri]], in addensamenti ancora più estesi, che prendono il nome di [[galassia|galassie]].<ref name="l'Universo">{{cita libro | cognome= AA.VV | titolo= L'Universo - Grande enciclopedia dell'astronomia| editore= De Agostini| città= Novara | anno= 2002}}</ref> Numerose stelle possiedono inoltre uno [[sistemi planetari|stuolo]] più o meno ampio di [[pianeta|pianeti]].<ref name="ExoplanEncyclopedia">{{cita news|lingua=en|titolo=Interactive Extra-solar Planets Catalog|pubblicazione=The Extrasolar Planets Encyclopedia|url=http://exoplanet.eu/|autore=Jean Schneider|giorno=13|mese=8|anno=2009|accesso=10 ottobre 2011}}</ref>
 
Nel corso della storia numerosi [[filosofo|filosofi]], [[poeta|poeti]], [[scrittore|scrittori]] e [[musicista|musicisti]] si sono ispirati al cielo stellato per la realizzazione delle loro opere e, in diversi casi, si sono interessati direttamente allo studio dell'astronomia.<ref name="cultura">{{cita web|url=http://web.dsc.unibo.it/~cpetti/ig/paginaArte1.htm|titolo= Le stelle nella cultura umana|accesso=6 giugno 2008|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20050111181216/http://web.dsc.unibo.it/~cpetti/ig/paginaArte1.htm|dataarchivio=11 gennaio 2005}}</ref>
 
== Osservazione ==
[[File:Hubble heic0206j.jpg|upright=1.3|thumb|left|Parte della [[Cintura di Gould]] e delle stelle di una vicina regione di formazione stellare formano il gruppo di astri conosciuti in tutto il mondo col nome di [[Orione (costellazione)|costellazione di Orione]].]]
 
La stella maggiormente visibile dal nostro pianeta, nonché la più vicina in assoluto, è il [[Sole]]: esso occupa la parte centrale del nostro [[sistema solare]] e si trova a una distanza media di 150 milioni di km dalla [[Terra]]; la sua vicinanza fa sì che sul nostro pianeta arrivi una quantità di luce tale che, nell'[[emisfero]] in cui esso è visibile, le altre stelle sono oscurate.<ref name="sis.solare">{{cita web |titolo=An Overview of the Solar System |editore=nineplanets.org |url=http://www.nineplanets.org/overview.html |accesso=15 febbraio 2007}}</ref> Se guardato direttamente senza protezione, il Sole può persino causare danni permanenti alla [[vista (senso)|vista]].<ref name="tso">{{cita pubblicazione | autore= M. O. M. Tso|coautori= F. G. La Piana | titolo=The Human Fovea After Sungazing | rivista=Transactions of the American Academy of Ophthalmology & Otolaryngology | volume=79 | pagine=OP-788 | anno=1975}}</ref> In generale tuttavia, quando ci si riferisce al termine "stella" si pensa a tutti gli altri corpi celesti che hanno caratteristiche simili al Sole, ma che si trovano più lontane; in particolare, si pensa ai punti luminosi di vari colori che popolano un cielo notturno le cui condizioni atmosferiche sono ottimali, ossia senza nubi né foschia o inquinamento luminoso.
 
Le stelle non appaiono tutte della stessa brillantezza, infatti mostrano una vastissima gamma di luminosità; ciò è dovuto principalmente a due fattori. Il più importante è la distanza: le stelle infatti sono distribuite nello spazio in modo irregolare, a causa del loro [[moto proprio]], di eventi esterni a esse che ne possono alterare la distribuzione come le esplosioni di [[supernova]]e, della loro stessa origine all'interno di [[nube molecolare|nubi molecolari]] e, in grande scala, della morfologia e delle dinamiche galattiche. Il secondo, non meno importante, è la [[luminosità (fisica)|luminosità intrinseca]] della stella, che dipende dalla sua [[massa (fisica)|massa]], dalla sua [[temperatura superficiale]] e dalla sua [[evoluzione stellare|fase evolutiva]]: una stella di grande massa può essere anche decine di migliaia di volte più luminosa di una stella di piccola massa.<ref name="Brightest">{{cita libro|titolo=The Brightest Stars: Discovering the Universe through the Sky's Most Brilliant Stars| autore= Fred Schaaf| editore=John Wiley & Sons, Incorporated| città= | anno= 2008|pagine= pagine 288|isbn=978-0-471-70410-2}}</ref> A titolo di esempio, basta pensare che la stella più vicina a noi, il sistema di {{STL|Alfa|Cen}}, è solo la terza stella più brillante del cielo notturno, mentre [[Sirio]], che sta a oltre il doppio della distanza, è la più brillante;<ref name="Brightest" />
la seconda stella più luminosa del cielo è invece [[Canopo]], una stella [[supergigante gialla]] circa settanta volte più distante di {{ST|Alfa|Cen}} ma almeno 20&nbsp;000 volte più luminosa.<ref>{{cita libro |titolo=The Hundred Greatest Stars|autore=Kaler JB |anno=2002|pagine=p37 |editore=Springer|isbn=0-387-95436-8}}</ref>
 
A [[occhio nudo]] è possibile scorgere, in una notte con condizioni atmosferiche ottimali, fino a 3000-4000 stelle, a seconda del luogo e del periodo di osservazione; le aree di cielo con la densità maggiore di stelle visibili sono quelle in prossimità della scia luminosa della [[Via Lattea]], dove la linea di vista incrocia più stelle. In generale, dall'[[emisfero boreale]] i cieli più ricchi di stelle sono quelli invernali, mentre quelli estivi, nonostante sia visibile il [[centro della Via Lattea]], sono leggermente meno ricchi; inoltre, i cieli più ricchi di stelle in assoluto sono quelli dell'[[emisfero australe]], e in particolare le sue notti estive.<ref>Come è possibile evincere da una qualsiasi carta celeste che copra entrambi gli emisferi; ad esempio in {{cita libro | cognome= Tirion| titolo=The Cambridge Star Atlas 2000.0 | ed=3 | editore= Cambridge University Press | città= Cambridge, USA| anno= 2001| isbn=0-521-80084-6}}.</ref> Sarebbe logico invece pensare che in direzione del centro galattico siano visibili, anche a occhio nudo, molte più stelle rispetto alla direzione opposta; questo paradosso apparente è dovuto a tre fattori principali: il primo è legato alla morfologia del braccio di spirale in cui ci troviamo, che presenta in direzione opposta al centro galattico e nella direzione dell'emisfero australe una grande struttura ad arco di stelle giovani, chiamata [[Cintura di Gould]], composta da centinaia di stelle luminose;<ref>{{cita web| url = http://www.rssd.esa.int/SA-general/Projects/GAIA_files/LATEX2HTML/node29.html| titolo = The Gould Belt|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20110110085136/http://www.rssd.esa.int/SA-general/Projects/GAIA_files/LATEX2HTML/node29.html|dataarchivio = 10 gennaio 2011| accesso=18 luglio 2006| formato = HTML|sito= The GAIA Study Report}}</ref> il secondo fattore riguarda la nostra posizione, sul bordo interno del [[Braccio di Orione]], pertanto la gran parte del nostro braccio di spirale ospitante è visibile in direzione opposta al centro galattico, mentre il braccio più vicino in direzione interna, [[Braccio del Sagittario|quello del Sagittario]], dista alcune migliaia di anni luce, per cui la distanza delle sue stelle è notevolmente superiore a quelle del nostro braccio di spirale.<ref>{{cita web|titolo=Il mistero della Via Lattea|url=http://www.cassiopeaonline.it/sep-2001/vialattea_secondaparte.html|anno=2001|mese=settembre|accesso=4 aprile 2009}}</ref> Terzo fattore è la presenza, nel tratto di cielo visibile dall'emisfero nord, di enormi banchi di [[nebulosa oscura|nebulose oscure]] relativamente vicini a noi, che occultano le [[Regione H II|grandi regioni di formazione stellare]] del nostro braccio di spirale come il [[Complesso nebuloso molecolare di Cefeo|Complesso di Cefeo]] e [[Complesso nebuloso molecolare del Cigno|del Cigno]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Harris, S.|titolo=Location of HII regions in molecular clouds|url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1980gmcg.work..201H|rivista=Giant molecular clouds in the Galaxy; Proceedings of the Third Gregynog Astrophysics Workshop|anno=1980|pagine=201-206|accesso=19 febbraio 2009}}</ref><ref name="CO">{{cita pubblicazione|autore=Dame, T. M.; Thaddeus, P.|titolo=A wide-latitude CO survey of molecular clouds in the northern Milky Way|url=http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=1985ApJ...297..751D|rivista=Astrophysical Journal|volume=297|pagine=751-765|anno=1985|mese=ottobre|doi=10.1086/163573|accesso=19 febbraio 2009}}</ref>
 
== Storia delle osservazioni ==
{{vedi anche|Storia dell'astronomia}}
 
[[File:Big dipper from the kalalau lookout at the kokee state park in hawaii.jpg|upright=1.2|thumb|Il "Grande Carro" visto a kalalau, [[Isole Hawaii]]]]
 
La storia dell'osservazione stellare ha un'estensione vastissima, datata sin dall'[[Evoluzione umana|origine dell'uomo]]. Il desiderio di conoscenza ha sempre incentivato gli studi astronomici sia per motivazioni religiose o divinatorie, sia per la previsione degli eventi; agli inizi l'astronomia coincideva con l'[[astrologia]], rappresentando allo stesso tempo uno strumento di conoscenza e potere; solo dopo l'avvento del [[metodo scientifico]] si è giunti a una netta separazione tra queste due discipline.
 
=== Preistoria ===
{{vedi anche|Archeoastronomia}}
 
L'[[Homo sapiens sapiens|uomo]], fin dalle sue origini, ha sentito la necessità di ricercare nella [[sfera celeste|volta celeste]] delle possibili correlazioni tra le proprie vicende e i [[:categoria:meccanica celeste|fenomeni cosmici]]. Da questa ancestrale esigenza e dalla fantasia e creatività tipiche dell'essere umano nacquero le [[Costellazione|costellazioni]],<ref name="storia delle costellazioni">{{cita web | url=http://www.cielisutavolaia.com/2007/03/14/33/storia-dele-costellazioni/ | nome=Roberta | cognome=Biagi | titolo=Storia delle costellazioni | accesso= 28 dicembre 2007}}</ref> che rispondevano a una serie di requisiti sia di tipo pratico sia [[religione|religioso]].
 
Risalgono al [[Paleolitico]] tracce di culti religiosi attribuiti a particolari [[asterismo|asterismi]], come quello della "[[Orsa Maggiore|Grande Orsa]]".<ref name="Gibbon">{{cita pubblicazione| nome=W. B. | cognome=Gibbon | titolo=Asiatic parallels in North American star lore: Ursa Major|rivista=Journal of American Folklore|volume=77|numero=305|pagine= 236–250|mese=luglio|anno= 1964}}</ref> Studi recenti sostengono che già nel [[Paleolitico#Paleolitico superiore|Paleolitico superiore]] (circa 16&nbsp;000 anni fa) fosse sviluppato un sistema di venticinque costellazioni.<ref name="storia delle costellazioni"/>
 
Nel [[Neolitico]], per meglio memorizzare gli astri, vennero attribuiti agli asterismi somiglianze e nomi, non sempre [[Antropomorfismo|antropomorfi]], alludenti ad aspetti ed elementi della vita [[agricoltura|agricola]] e [[pastorizia|pastorale]].<ref name="storia delle costellazioni"/>
 
Le prime conoscenze astronomiche dell'uomo preistorico, che riteneva le stelle dei puntini immutabili "incastonati" nella [[sfera celeste]], consistevano essenzialmente nella previsione dei moti del Sole, della Luna e dei [[pianeta|pianeti]] sullo sfondo delle ''stelle fisse''.<ref name="Forbes">{{cita libro | nome=George|cognome= Forbes | titolo=History of Astronomy (Free e-book from Project Gutenberg)| editore=Watts & Co. | città= Londra | anno=1909| url=http://www.gutenberg.org/etext/8172 }}</ref> Un esempio di questa "protoastronomia" è dato dagli orientamenti, secondo un senso astronomico, dei primi monumenti megalitici, come il famoso complesso di [[Stonehenge]], a dimostrare l'antico legame dell'uomo col cielo, ma anche la capacità di compiere precise osservazioni.<br />
Il moto apparente del Sole sullo sfondo delle [[stelle fisse]] e dell'orizzonte fu utilizzato per redigere [[Calendario|calendari]], impiegati per regolare le pratiche agricole.<ref name="Tøndering">{{cita web | autore = Claus Tøndering|url = http://webexhibits.org/calendars/calendar-ancient.html | titolo = Other ancient calendars | editore = WebExhibits | accesso=10 dicembre 2006 }}</ref>
 
=== Età antica e Medioevo ===
Il sistema delle costellazioni fu perfezionato nel [[II millennio a.C.]] dalla [[civiltà]] [[Impero babilonese|babilonese]], che diede gli attuali nomi - quasi tutti di origine sumerica - alle [[Zodiaco|costellazioni zodiacali]] e creò un calendario lunare, incentrato sul susseguirsi dei fenomeni celesti che scandivano il ciclo delle [[stagione|stagioni]].<ref name="mesopot">{{cita pubblicazione | autore= J. H. Rogers | titolo=Origins of the ancient constellations: I. The Mesopotamian traditions | rivista=Journal of the British Astronomical Association | anno=1998 | volume=108 | pagine=9–28 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1998JBAA..108....9R | accesso=22 aprile 2005 }}</ref> Nella zona di [[Babilonia]] è stato rinvenuto un elenco con tutte le costellazioni e gli [[oggetto celeste|oggetti celesti]] visibili, che allora erano disposti nel [[firmamento]] non molto diversamente dalla loro attuale posizione. La civiltà [[Mesopotamia|mesopotamica]] aveva anche un grande interesse per l'astrologia, allora ritenuta una vera e propria scienza.<ref name="mesopot"/>
 
La civiltà [[Storia dell'antico Egitto|egizia]] aveva delle elevate conoscenze astronomiche: testimonianza ne è il ritrovamento a [[Dendera]] della più antica e accurata carta stellare, datata al [[XVI secolo a.C.|1534 a.C.]]<ref name="Spaeth">{{cita pubblicazione| autore=Ove von Spaeth | titolo=Dating the Oldest Egyptian Star Map | rivista=Centaurus International Magazine of the History of Mathematics, Science and Technology | anno=1999 | volume=42 | numero=3 | pagine=159-179| url=http://www.moses-egypt.net/star-map/senmut1-mapdate_en.asp |accesso=21 ottobre 2007 }}</ref> Anche i [[Fenici]], popolo di navigatori, avevano buone conoscenze astronomiche. Essi si riferivano già all'[[Orsa Minore]] come mezzo di orientamento per la navigazione, e si servivano come indicatore del [[Nord]] della [[Stella Polare]], che nel 1500 a.C. doveva essere già molto vicina al [[Polo celeste|Polo Nord celeste]].<ref name="storia delle costellazioni"/>
 
[[File:Hipparchos 1.jpeg|thumb|left|Incisione che ritrae [[Ipparco di Nicea]]]]
 
La moderna scienza astronomica deve molto all'[[astronomia greca]] e a quella [[Storia romana|romana]]. 48 delle 88 costellazioni moderne furono codificate e catalogate già nel [[II secolo|II secolo d.C.]] dall'[[astronomo]] [[Claudio Tolomeo]], ma ancora prima di lui astronomi del calibro di [[Eudosso di Cnido]] ([[V secolo a.C.|V]]-[[IV secolo a.C.]]) e [[Ipparco di Nicea]] ([[II secolo a.C.]]) stilarono [[Catalogo stellare|cataloghi stellari]] sulla base di quelli prodotti dalle civiltà precedenti da essi stessi studiate.<br />
Lo stesso Ipparco, assistendo fortunosamente allo scoppio di una [[nova]] nella costellazione dello [[Scorpione (costellazione)|Scorpione]], giunse a dubitare dell'immutabilità della sfera celeste. Inoltre egli, avendo notato, dopo attente osservazioni, che la posizione delle costellazioni era mutata rispetto a quanto annotato dagli astronomi precedenti, arrivò a scoprire il fenomeno della [[precessione degli equinozi]], vale a dire il lento ma continuo cambiamento dell'orientamento dell'asse terrestre rispetto alla sfera ideale delle stelle fisse.<ref name="storia delle costellazioni"/>
 
Proprio al tempo dei Greci gli asterismi persero la loro iniziale valenza naturalistica assumendone una prettamente mitologica: si devono infatti alla [[Mitologia greca|cultura mitologica]] della [[Grecia antica|Grecia classica]] i miti e le leggende legati a gran parte delle costellazioni. I Greci assegnarono inoltre i nomi delle [[religione greca|divinità]] dell'[[Olimpo (Grecia)|Olimpo]] ad alcune "stelle" particolari, da loro definite {{Polytonic|πλανῆται}} (''planētai'', ''vagabondi''), che sembravano muoversi rispetto alle ''stelle fisse'': si trattava dei pianeti del [[Sistema solare]]. Ne riconobbero però solo sei: infatti di [[Urano (astronomia)|Urano]], che appare come una debole stella ai limiti della visibilità a occhio nudo in un cielo molto scuro, nessuno registrò mai il moto orbitale; [[Nettuno (astronomia)|Nettuno]], invece, risulta completamente invisibile a occhio nudo. A causa della loro scarsa luminosità, dovuta alla grande distanza, i due pianeti più esterni furono scoperti solo in epoca recente: il primo nel [[1781]], il secondo nel [[1846]].<ref name="l'Universo"/>
 
Durante l'epoca [[Medioevo|medioevale]] vi fu un generale periodo di stasi nelle ricerche astronomiche dovuto essenzialmente al fatto che gli astronomi [[cristianesimo|cristiani]] preferirono accettare la [[Sistema geocentrico|cosmologia aristotelico-tolemaica]], che risultava in sintonia con gli scritti [[Bibbia|biblici]], rinunciando persino alle osservazioni. Si distinsero però in questo periodo gli astronomi [[islam]]ici, riscopritori e grandi estimatori dell<nowiki>'</nowiki>''[[Almagesto]]'' di Tolomeo, che diedero nomi [[Lingua araba|arabi]], gran parte dei quali ancora oggi usati, a un gran numero di stelle; inventarono inoltre numerosi strumenti astronomici in grado di tenere in conto la posizione degli astri. Nell'[[XI secolo]] l'astronomo [[Al-Biruni|Abū Rayhān al-Bīrūnī]] descrisse la nostra [[galassia]], la [[Via Lattea]], come una moltitudine di frammenti dalle proprietà tipiche delle ''[[nebulosa|stelle nebulose]]'', calcolando anche la [[latitudine]] di alcune stelle durante un'[[eclissi lunare]] avvenuta nel [[1019]].<ref name="Zahoor">{{cita news| autore=A. Zahoor | anno=1997 |url=http://www.unhas.ac.id/~rhiza/saintis/biruni.html | titolo=Al-Biruni | pubblicazione=Hasanuddin University | accesso=21 ottobre 2007 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080626074150/http://www.unhas.ac.id/~rhiza/saintis/biruni.html| dataarchivio= 26 giugno 2008 }}</ref>
 
Anche gli astronomi [[Cina|cinesi]], come Ipparco prima di loro, erano consapevoli del fatto che la sfera celeste non fosse immutabile e vi potessero apparire delle stelle mai viste prima: essi assistettero infatti all'esplosione di diverse [[supernova]]e in epoca storica, sulle quali redassero ampie e dettagliate relazioni.<ref name="clark">{{cita pubblicazione | autore=D. H. Clark| coautori= F. R. Stephenson | titolo = The Historical Supernovae: A survey of current research; Proceedings of the Advanced Study Institute | pagine = 355–370| editore = Dordrecht, D. Reidel Publishing Co.; Cambridge, England| data =29 giugno 1981| url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1982sscr.conf..355C|accesso=24 settembre 2006 }}</ref> Una delle più importanti fu quella la cui luce, emessa circa 3000 anni prima di Cristo, raggiunse la Terra il 4 luglio [[1054]]: si tratta di [[SN 1054]], esplosa nella costellazione del [[Toro (costellazione)|Toro]], il cui resto è la celebre [[Nebulosa del Granchio]] (catalogata secoli dopo dal francese [[Charles Messier]] come [[catalogo di Messier|Messier 1 – M1 –]]).<ref name="clark"/><ref name="SN 1054">{{cita web|url=http://messier.seds.org/more/m001_sn.html|titolo= Supernova 1054 - Creation of the Crab Nebula|accesso=25 aprile 2008}}</ref>
 
=== Sviluppi nell'età moderna ===
 
[[File:William Herschel01.jpg|thumb|upright=0.8|Ritratto di William Herschel]]
 
I primi astronomi [[Europa|europei]] dell'[[storia moderna|epoca moderna]], come [[Tycho Brahe]] e il suo allievo [[Johannes Kepler]] arrivarono a dubitare dell'immutabilità dei cieli. Essi infatti individuarono nel cielo notturno alcune stelle mai viste in precedenza, che denominarono ''stellae novae'', ritenendo che fossero stelle di nuova formazione;<ref name="Archives">{{cita web | autore = Michael Hoskin | anno=1998 | url = http://www.stsci.edu/stsci/meetings/lisa3/hoskinm.html | titolo = The Value of Archives in Writing the History of Astronomy | editore = Space Telescope Science Institute | accesso=24 agosto 2006 }}</ref> si trattava in realtà di ''supernovae'', ovvero stelle massicce che concludono la propria esistenza con una catastrofica esplosione.
 
Nel [[1584]] [[Giordano Bruno]], nel suo ''De l'infinito universo e mondi'', ipotizzò che le stelle fossero come altri soli e che attorno a esse potessero [[orbita]]re dei [[Pianeta|pianeti]], probabilmente anche simili alla Terra.<ref name="he history">{{cita news | autore =Stephen A. Drake| url = http://heasarc.gsfc.nasa.gov/docs/heasarc/headates/heahistory.html | titolo = A Brief History of High-Energy (X-ray & Gamma-Ray) Astronomy | pubblicazione = NASA HEASARC | accesso=24 agosto 2006}}</ref> L'idea però non era nuova, dato che in precedenza era stata concepita da alcuni [[filosofia greca|filosofi]] della [[Grecia antica]], come [[Democrito]] ed [[Epicuro]];<ref name="Exoplanets">{{cita web | url = http://www.eso.org/public/outreach/eduoff/cas/cas2004/casreports-2004/rep-228/| titolo = Exoplanets | editore = ESO | accesso=11 ottobre 2006 }}</ref> pur inizialmente bollata come [[eresia]], l'ipotesi guadagnò credibilità nei secoli successivi e raggiunse il consenso generale della comunità astronomica.
 
Per spiegare come mai le stelle non esercitassero [[Forza di gravità|attrazioni gravitazionali]] sul [[Sistema solare]], [[Isaac Newton]] ipotizzò che le stelle fossero equamente distribuite in ogni direzione. La stessa idea era stata formulata in precedenza dal [[teologia|teologo]] [[Richard Bentley]], cui forse si ispirò lo stesso Newton.<ref name="Archives"/>
 
L'[[italia]]no [[Geminiano Montanari]] registrò nel [[1667]] delle variazioni nella luminosità della stella [[Algol (astronomia)|Algol]] (β [[Perseo (costellazione)|Persei]]). Nel [[1718]], in [[Inghilterra]], [[Edmond Halley]] pubblicò le prime misurazioni del [[moto proprio]] di alcune delle [[Lista delle stelle più vicine|stelle più vicine]], tra cui [[Arturo (astronomia)|Arturo]] e [[Sirio]], dimostrando che la loro posizione era mutata rispetto al periodo in cui erano vissuti Tolomeo e Ipparco.<ref name="m.prop">{{cita libro |autore=J. B. Holberg|titolo=Sirius:Brightest Diamond in the Night Sky|anno=2007|editore=Praxis Publishing|città=Chichester, UK|isbn=0-387-48941-X}}</ref>
 
[[William Herschel]], lo scopritore dei [[stella binaria|sistemi binari]], fu il primo astronomo a tentare di misurare la distribuzione delle stelle nello spazio. Nel [[1785]] egli eseguì una serie di misure in seicento direzioni diverse, contando le stelle contenute in ciascuna porzione del [[campo visivo]]. Notò poi che la densità stellare aumentava man mano che ci si avvicinava a una determinata zona del cielo, coincidente col [[centro della Via Lattea]], nella costellazione del [[Sagittario (astronomia)|Sagittario]]. Suo figlio [[John Herschel|John]] ripeté poi le misurazioni nell'emisfero meridionale, giungendo alle stesse conclusioni del padre.<ref name="Proctor">{{cita pubblicazione | autore=Richard A. Proctor | titolo=Are any of the nebulæ star-systems? | rivista=[[Nature]] | anno=1870 | pagine=331–333 | url=http://digicoll.library.wisc.edu/cgi-bin/HistSciTech/HistSciTech-idx?type=div&did=HISTSCITECH.0012.0052.0005&isize=M }}</ref> Herschel senior disegnò poi un diagramma sulla forma della Galassia, considerando però erroneamente il Sole nei pressi del suo centro.
 
=== Astronomia stellare nell'Ottocento e nel Novecento ===
 
{{Nota
|allineamento = sinistra
|larghezza = 335px
|titolo = Il diagramma Hertzsprung-Russell
|contenuto =
{{Diagramma H-R - Mappa attiva|float=center|tabella=no}}<span style="font-size: 90%">
Il [[diagramma Hertzsprung-Russell]] (H-R) è un potente strumento teorico inventato dall'[[astrofisico]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Henry Norris Russell|H. N. Russell]] e dal [[Danimarca|danese]] [[Ejnar Hertzsprung|E. Hertzsprung]], che mette in relazione la [[luminosità (fisica)|luminosità]] (riportata in [[ordinata]]) e la [[temperatura effettiva (astrofisica)|temperatura superficiale]] (riportata in [[ascissa]]) di una stella. Entrambe sono quantità fisiche che dipendono strettamente dalle caratteristiche intrinseche della stella, che, seppur non misurabili direttamente dell'osservatore, possono essere derivate attraverso modelli fisici, il che consente agli astrofisici di determinare con una certa precisione l'età e lo [[evoluzione stellare|stadio evolutivo]] di ogni astro.<ref name="Smith.">{{cita libro | autore = Robert Smith| titolo = Observational Astrophysics | editore = Cambridge University Press | anno = 1995| città = Cambridge, UK | pagine = 236 | isbn = 978-0-521-27834-8}}</ref></span>
}}
 
Ha ottenuto il [[bachelor|baccellierato]] in astronomia nel [[1979]] al [[California Institute of Technology|Caltech]] e il dottorato nel [[1983]] all'[[Università della California, Santa Cruz|Università della California]] a [[Santa Cruz (California)|Santa Cruz]]. È diventato ricercatore al [[National Optical Astronomy Observatory]].
La prima misurazione diretta della distanza di una stella da terra fu operata nel [[1838]] dal tedesco [[Friedrich Bessel]]; egli, servendosi del metodo della [[parallasse]], quantificò la distanza del sistema binario [[61 Cygni]], ottenendo come risultato un valore di 11,4 [[anni luce]], tuttora accettato, seppur con maggiori affinazioni. Le misurazioni effettuate con tale metodo dimostrarono la grande distanza che intercorre tra una stella e l'altra.<ref name="he history" />
 
Dal [[1976]] al [[1977]] ha partecipato al [[Planet-Crossing Asteroid Survey]]. Ha successivamente lavorato nel team del [[telescopio Hubble]].
[[Joseph von Fraunhofer]] e [[Angelo Secchi]] furono i pionieri della [[spettroscopia|spettroscopia stellare]]. I due astronomi, confrontando gli spettri di alcune stelle (tra cui Sirio) con quello del Sole, notarono delle differenze nello spessore e nel numero delle loro [[Linea spettrale|linee di assorbimento]]. Nel [[1865]] Secchi iniziò a classificare le stelle in base al proprio [[Classificazione stellare|tipo spettrale]],<ref name="MacDonnell">{{cita web | autore = Joseph MacDonnell |url = http://www.faculty.fairfield.edu/jmac/sj/scientists/secchi.htm | titolo = Angelo Secchi, S.J. (1818–1878) the Father of Astrophysics | editore = Fairfield University |accesso=2 ottobre 2006}}</ref> ma lo schema classificativo attualmente utilizzato fu sviluppato nel corso del [[XX secolo|Novecento]] da [[Annie Jump Cannon|Annie J. Cannon]].
 
Il suo campo principale di ricerca sono i [[buco nero|buchi neri massicci]], le [[popolazioni stellari]], la struttura delle [[galassia|galassie]] e di altri oggetti su grande scala.
Le [[osservazione astronomica|osservazioni]] dei sistemi binari crebbero di importanza durante il [[XIX secolo]]. Il già citato Bessel osservò nel [[1834]] delle irregolarità e delle deviazioni nel moto proprio della stella Sirio, che imputò a una compagna invisibile individuata tempo dopo nella [[nana bianca]] [[Sirio B]]. [[Edward Charles Pickering|Edward Pickering]] scoprì la prima [[binaria spettroscopica]] nel [[1899]], quando osservò che le linee spettrali della stella [[Mizar]] (ζ Ursae Majoris) mostravano degli spostamenti regolari in un periodo di 104 giorni. Contemporaneamente le osservazioni dettagliate, condotte su molte stelle binarie da astronomi quali [[Friedrich Georg Wilhelm von Struve|Wilhelm von Struve]] e [[Sherburne Wesley Burnham]], permisero di determinare le masse delle stelle a partire dai loro [[parametri orbitali]]. La prima soluzione al problema di ricavare l'orbita di una [[stella binaria]] sulla base delle osservazioni al [[telescopio]] fu trovata da Felix Savary nel [[1827]].<ref name="Aitken">{{cita libro | nome=Robert G. | cognome=Aitken | titolo=The Binary Stars | editore=Dover Publications Inc. | città=New York | anno=1964 }}</ref>
 
Il [[Minor Planet Center]] gli accredita la scoperta dell'asteroide [[2735 Ellen]] effettuata il 13 settembre [[1977]] in collaborazione con [[Schelte John Bus]].<ref>{{cita web
Il [[XX secolo]] vide grandi progressi nello studio scientifico delle stelle; un valido aiuto in quest'ambito fu fornito dalla [[fotografia]]. [[Karl Schwarzschild]] scoprì che il colore di una stella (e dunque la sua [[temperatura effettiva (astrofisica)|temperatura effettiva]]) potevano essere determinati confrontando la [[magnitudine apparente|magnitudine]] rilevata dall'osservazione e quella dalla fotografia. Lo sviluppo della [[fotometria]] [[Effetto fotoelettrico|fotoelettrica]] consentì delle misurazioni molto precise della magnitudine in molteplici [[lunghezza d'onda|lunghezze d'onda]]. Nel [[1921]] [[Albert Abraham Michelson|Albert A. Michelson]] eseguì la prima misurazione di un diametro stellare tramite l'utilizzo di un [[Interferometria|interferometro]] montato sul telescopio ''Hooker'' dell'[[osservatorio di Monte Wilson]].<ref name="Michelson">{{cita pubblicazione | autore=A. A. Michelson|coautori= F. G. Pease | titolo=Measurement of the diameter of Alpha Orionis with the interferometer | rivista=Astrophysical Journal | anno=1921 | volume=53 | pagine=249–259 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1921ApJ....53..249M }}</ref>
|titolo=Lista alfabetica degli scopritori di asteroidi
|editore=[[Minor Planet Center|IAU Minor Planet Center]]
|url=http://www.minorplanetcenter.org/iau/lists/MPDiscsAlpha.html
|accesso=6 gennaio 2013
}}</ref>
 
Gli è stato dedicato l'asteroide [[3135 Lauer]].<ref name="IAU">{{Cita web | url=http://www.minorplanetcenter.net/db_search/show_object?object_id=3135 | titolo=Scheda sinottica di 3135 Lauer| accesso=6 gennaio 2013 | autore=IAU}}</ref><ref>{{Cita web | url=http://books.google.pt/books?hl=en&id=KWrB1jPCa8AC&q=3135+Lauer# | titolo=Dictionary of minor planet names (pagina 244) | accesso=6 gennaio 2013 | autore=Lutz D. Schmadel}}</ref>
Un importante lavoro dal punto di vista concettuale sulle [[astrofisica|basi fisiche]] delle stelle venne svolto nei primi decenni del secolo scorso, grazie anche all'invenzione nel [[1913]], da parte di [[Ejnar Hertzsprung]] e, indipendentemente, [[Henry Norris Russell]], del [[diagramma Hertzsprung-Russell|diagramma H-R]]. In seguito furono sviluppati dei modelli per spiegare le dinamiche interne e l'[[evoluzione stellare|evoluzione]] delle stelle, mentre i progressi conseguiti dalla [[meccanica quantistica|fisica quantistica]] consentirono di spiegare con successo le particolarità degli spettri stellari; ciò ha permesso di conoscere e determinare con una certa accuratezza la composizione [[chimica]] delle [[Atmosfera stellare|atmosfere stellari]].<ref name="new cosmos">{{cita libro | nome=Albrecht |cognome=Unsöld | titolo=The New Cosmos | editore=Springer-Verlag | città=New York | anno=1969}}</ref>
 
[[File:M100 cepeid it.png|thumb|Una [[variabile Cefeide]] vista da HST nella galassia [[M100]]]]
 
I progressi tecnologici dell'[[osservazione astronomica]] hanno consentito agli astronomi di osservare le singole stelle anche in altre galassie del [[Gruppo Locale]], l'[[Gruppi e ammassi di galassie|ammasso]] cui appartiene la nostra Via Lattea.<ref name="Battinelli">{{cita pubblicazione| autore= Paolo Battinelli|coautori= Serge Demers, Bruno Letarte | titolo=Carbon Star Survey in the Local Group. V. The Outer Disk of M31 | pubblicazione=[[Astronomical Journal]] |anno=2003 | volume=125 | numero=3 | pagine=1298-1308 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2003AJ....125.1298B |accesso=4 febbraio 2007 }}</ref><ref name="Millennium Star Atlas">{{cita web | titolo=Millennium Star Atlas marks the completion of ESA's Hipparcos Mission | editore=ESA | url=http://www.rssd.esa.int/index.php?project=HIPPARCOS&page=esa_msa| accesso=5 agosto 2007 }}</ref> Recentemente è stato possibile osservare alcune stelle distinte, per lo più [[Variabile Cefeide|variabili Cefeidi]],<ref name="Expanding Universe">{{cita news | titolo=Hubble Completes Eight-Year Effort to Measure Expanding Universe | pubblicazione=Hubble Site| url=http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/1999/19/text/ | accesso=2 agosto 2007 }}</ref> anche in [[M100]], una galassia che fa parte dell'[[Ammasso della Vergine]], posta a circa 100 milioni di anni luce dalla Terra.<ref name="Villard">{{cita news| autore=Ray Villard, Wendy L. Freedman| url=http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/1994/1994/49/text/| titolo=Hubble Space Telescope Measures Precise Distance to the Most Remote Galaxy Yet | pubblicazione=Hubble Site | accesso=5 agosto 2007 }}</ref> Al momento non è stato possibile osservare né [[ammasso stellare|ammassi stellari]] né tanto meno singole stelle oltre il [[Superammasso Locale]]; l'unica eccezione è stata la debole immagine di un vasto [[superammasso stellare]], contenente centinaia di migliaia di stelle, posto in una galassia distante un miliardo di anni luce dalla Terra: dieci volte la distanza dell'ammasso stellare più lontano sino a ora osservato.<ref name="UBC">{{cita news | titolo=UBC Prof., alumnus discover most distant star clusters: a billion light-years away. | pubblicazione=UBC Public Affairs| url=http://news.ubc.ca/2007/01/08/archive-media-releases-2007-mr-07-001/http://news.ubc.ca/2007/01/08/archive-media-releases-2007-mr-07-001/| accesso=2 agosto 2007}}</ref>
 
A partire dai primi [[anni 1990|anni novanta]] sono stati scoperti, in orbita attorno a un cospicuo numero di stelle, numerosi [[pianeta extrasolare|pianeti extrasolari]]; il primo [[sistema planetario]] extrasolare fu scoperto nel 1992 in orbita alla [[pulsar]] [[PSR B1257+12]] e consta di tre pianeti, più una probabile [[cometa]].<ref name="PSR">{{cita pubblicazione|url=http://cdsads.u-strasbg.fr/cgi-bin/nph-bib_query?1992Natur.355..145W&db_key=AST&nosetcookie=1|autore= A. Wolszczan|coautori= D. Frail |titolo=A planetary system around the millisecond pulsar PSR1257 + 12|rivista= Nature |volume=355|pagine=145-147|anno=1992}}</ref> In seguito si sono registrate numerose altre scoperte che hanno portato a più di 800 il numero dei [[Lista dei pianeti extrasolari confermati|pianeti extrasolari attualmente confermati]].<ref name="Encyclopedia">{{cita pubblicazione |titolo=Interactive Extra-solar Planets Catalog |rivista=The Extrasolar Planets Encyclopedia |url=http://exoplanet.eu/ |autore= Jean Schneider|data=23 dicembre 2007 |accesso=23 dicembre 2007}}</ref>
 
== Nomenclatura e catalogazione ==
{{vedi anche|Nomenclatura stellare|Catalogo stellare}}
 
[[File:Uranometria orion.jpg|thumb|left|La [[costellazione di Orione]] nell'atlante ''Uranometria'' di Bayer]]
 
La maggior parte delle stelle è identificata da un numero di [[Catalogo stellare|catalogo]]; solo una piccola parte di esse, in genere le [[Lista delle stelle più brillanti del cielo notturno osservabile|più luminose]], ha un nome vero e proprio che deriva spesso dalla denominazione originale araba o latina dell'astro. Molti di questi nomi sono dovuti ai miti loro associati,<ref name="mitologia">{{cita web | autore =Leslie S. Coleman | url = http://www.frostydrew.org/observatory/courses/myths/booklet.htm | titolo = Myths, Legends and Lore | editore = Frosty Drew Observatory | accesso=13 agosto 2006 }}</ref> alla loro posizione nella costellazione (come [[Deneb]] - α Cygni -, che significa ''la coda'' poiché corrisponde alla coda del [[Cigno (costellazione)|Cigno celeste]]), oppure al particolare periodo o alla particolare posizione in cui esse compaiono nella sfera celeste nel corso dell'anno; un esempio in questo senso è Sirio, il cui nome deriva dal [[lingua greca|greco]] {{Polytonic|σείριος}} (''séirios''), che significa ''ardente'', ''scottatore''. Infatti gli antichi greci associavano la stella al periodo di maggior caldo durante l'[[estate]], la [[canicola]], poiché dal 24 luglio al 26 agosto l'astro sorge e tramonta con il Sole ([[levata eliaca]]).<ref name="sirio">{{cita web|url=http://www.castfvg.it/costell/cma.html|titolo=La costellazione del Cane Maggiore (''Canis Major'' - CMa)|accesso=29 aprile 2008}}</ref>
 
A partire dal [[XVII secolo]] si iniziò a dare alle stelle, in certe regioni del cielo, i nomi delle costellazioni cui appartenevano. L'astronomo tedesco [[Johann Bayer]] creò una serie di mappe stellari (raccolte nell'[[Atlante (libro)|atlante]] ''[[Uranometria]]'') in cui si servì, per denominare le stelle di ciascuna costellazione, delle lettere dell'[[alfabeto greco]] (assegnando la lettera [[Alfa (lettera)|α]] alla più luminosa) seguite dal [[genitivo]] del nome della costellazione in [[Lingua latina|latino]];<ref name="l'Universo"/> questo sistema è noto come [[nomenclatura di Bayer]]. Tuttavia, poiché le lettere greche sono molto limitate, capita che in talune costellazioni, che contengono un elevato numero di stelle, si rivelino insufficienti; Bayer pensò allora di ricorrere alle lettere minuscole dell'[[alfabeto latino]] una volta esaurite quelle greche.<ref name="l'Universo"/> In seguito l'astronomo inglese [[John Flamsteed]] inventò un nuovo sistema di nomenclature, denominato in seguito [[nomenclatura di Flamsteed]], molto simile a quello di Bayer, ma basato sull'utilizzo di numeri al posto delle lettere greche; il numero 1 però non era assegnato alla stella più luminosa, ma alla stella con [[ascensione retta]] (una [[coordinate astronomiche|coordinata astronomica]] analoga alla [[longitudine]] terrestre) più bassa.<ref name="l'Universo"/> A seguito della scoperta delle stelle variabili, si è deciso di assegnare loro una [[Nomenclatura delle stelle variabili|nomenclatura diversa]], basata sulle lettere maiuscole dell'alfabeto latino seguite dal genitivo della costellazione; la lettera di partenza non è però la A, ma la R, cui seguono S, T e così via; la A viene immediatamente dopo la Z. Una volta esaurite le lettere dell'alfabeto si riparte con RR e via dicendo (ad esempio [[S Doradus]], [[RR Lyrae]] ecc.).<ref name="l'Universo"/> Il numero di variabili scoperte è cresciuto al punto che in alcune costellazioni si è resa necessaria l'adozione di un nuovo sistema di nomenclature, che prevede la lettera ''V'' (che sta per ''variable'') seguita da un numero identificativo e dal genitivo latino della costellazione (ad esempio [[V838 Monocerotis]]).
 
In seguito, con il progredire dell'[[osservazione astronomica|astronomia osservativa]] e l'utilizzo di strumenti sempre più avanzati, si è resa necessaria l'adozione di numerosi altri sistemi di nomenclatura, che hanno dato origine a nuovi cataloghi stellari.<ref name="nomenclature">{{cita web | url = http://www.nmm.ac.uk/server/show/conWebDoc.309 | titolo = The Naming of Stars | editore = National Maritime Museum |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20071029035356/http://www.nmm.ac.uk/server/show/conWebDoc.309| dataarchivio = 29 ottobre 2007|accesso=13 agosto 2006 }}</ref>
 
La sola organizzazione abilitata dalla [[comunità scientifica]] a conferire i nomi alle stelle, e più in generale a tutti i corpi celesti, è l'[[Unione Astronomica Internazionale]].<ref name="nomenclature"/>
 
== Unità di misura ==
 
Gran parte dei parametri stellari sono espressi convenzionalmente secondo le [[unità di misura]] del [[Sistema internazionale di unità di misura|Sistema Internazionale]], anche se non di rado vengono utilizzate le unità del [[sistema CGS]] (ad esempio, la luminosità viene talvolta espressa in [[erg]] al secondo). Massa, luminosità e [[raggio (geometria)|raggio]] sono spesso dati in unità solari, un sistema che tiene conto delle caratteristiche del Sole:
 
:{|
|[[Massa solare]]:
|''M''<sub>☉</sub> = 1,9891 × 10<sup>30</sup>&nbsp;[[chilogrammo|kg]]<ref name="Sackmann">{{cita pubblicazione | autore = I.-J. Sackmann|coautori= A. I. Boothroyd | titolo=Our Sun. V. A Bright Young Sun Consistent with Helioseismology and Warm Temperatures on Ancient Earth and Mars | rivista=The Astrophysical Journal | anno=2003 | volume=583 | numero=2 | pagine=1024–1039 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2003ApJ...583.1024S }}</ref>
|-
|[[Luminosità solare]]:
|''L''<sub>☉</sub> = 3,827 × 10<sup>26</sup>&nbsp;[[watt|W]]<ref name="Sackmann" />
|-
|[[Raggio solare]]:
|''R''<sub>☉</sub> = 6,960 × 10<sup>8</sup>&nbsp;[[Metro|m]]<ref name="Tripathy">{{cita pubblicazione | autore=S. C. Tripathy|coautori= H. M. Antia | titolo=Influence of surface layers on the seismic estimate of the solar radius | rivista=Solar Physics | anno=1999 | volume=186 | numero=1/2 | pagine=1–11 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1999SoPh..186....1T }}</ref>
|}
 
Le grandezze maggiori, come il raggio di una [[stella supergigante]] o [[stella ipergigante|ipergigante]] o il [[semiasse maggiore]] di un sistema binario, sono spesso espresse in termini di [[Unità astronomica|unità astronomiche]] (U.A.), una misura equivalente alla distanza media tra la Terra e il Sole (circa 150 milioni di km).
 
== Classificazione ==
{{vedi anche|Classificazione stellare}}
[[File:Morgan-Keenan spectral classification.png|thumb|upright=1.5|Schema della classificazione spettrale Morgan-Keenan-Kellman]]
 
La [[classificazione stellare]] è generalmente basata sulla [[temperatura superficiale]] delle stelle, che può essere stimata mediante la [[legge di Wien]] a partire dalla loro emissione luminosa. La temperatura superficiale è all'origine del colore dell'astro<ref name="colore">{{cita web | url = http://outreach.atnf.csiro.au/education/senior/astrophysics/photometry_colour.html | titolo = The Colour of Stars | editore = Australian Telescope Outreach and Education | accesso=13 agosto 2006 }}</ref> e di diverse particolarità spettrali, che consentono di dividerle in classi, a ciascuna delle quali è assegnata una lettera maiuscola. I tipi spettrali più utilizzati sono, in ordine decrescente di temperatura: O, B, A, F, G, K, M; in [[lingua inglese]] è stata coniata una frase per ricordare facilmente questa scala: O''h'' B''e'' A F''ine'' G''irl'', K''iss'' M''e''. Le [[nana blu|stelle di tipo O]], di colore blu-azzurro, sono le più massicce e luminose, visibili da grandissime distanze, ma anche le più rare; quelle di [[nana rossa|tipo M]], rosse e solitamente grandi appena da permettere che abbia inizio la fusione dell'idrogeno nei loro nuclei, sono invece le più frequenti. Esistono poi diversi altri tipi spettrali utilizzati per descrivere alcuni tipi particolari di stelle: i più comuni sono L e T, utilizzati per classificare le nane rosse meno massicce più fredde e scure (che emettono principalmente nell'[[radiazione infrarossa|infrarosso]]) e le [[nana bruna|nane brune]]; di grande importanza sono anche i tipi C, R e N, utilizzati per le [[stella al carbonio|stelle al carbonio]], e W, utilizzato per le caldissime ed evolute [[stella di Wolf-Rayet|stelle di Wolf-Rayet]].
 
Ogni tipo spettrale è ulteriormente suddiviso in dieci sottoclassi, da 0 (la più calda) a 9 (la meno calda). Per esempio, il tipo A più caldo è l'A0, che è molto simile al B9, il tipo B meno caldo. Questo sistema dipende strettamente dalla temperatura superficiale della stella, ma perde valore se si considerano le temperature più alte; tant'è che non sembrano esistere stelle di classe O0 e O1.<ref name="spectrum">{{cita web | autore=Alan M. MacRobert | url=http://www.skyandtelescope.com/howto/basics/3305876.html | titolo = The Spectral Types of Stars | editore = Sky and Telescope | accesso=19 luglio 2006 }}</ref> Tale classificazione è detta ''classificazione spettrale di Morgan-Keenan-Kellman''.
 
<div style="clear:both"></div>
<center>
{| border="1" cellspacing="0" align="center" class="wikitable"
|+ ''Caratteristiche delle differenti classi spettrali nella sequenza principale''&nbsp;<ref>{{cita web | autore = Gene Smith| data = 16 aprile 1999 | url = http://casswww.ucsd.edu/public/tutorial/Stars.html | titolo = Stellar Spectra | editore = University of California, San Diego | accesso=12 ottobre 2006 }}</ref>
|-----
! Classe
! Temperatura ([[Kelvin|K]])
! Colore
! Massa (M<sub>☉</sub>)
! Raggio (R<sub>☉</sub>)
! Luminosità (L<sub>☉</sub>)
! Linee di assorbimento
! Esempio
|-----style="background:#9bb0ff;"
! [[Stella di classe O V|O]]
| <center>28&nbsp;000 - 50&nbsp;000</center>
| Blu-azzurro || 16 - 150|| 15 || fino a 1&nbsp;400&nbsp;000 || [[Azoto|N]], [[carbonio|C]], [[elio|He]] e [[ossigeno|O]] ||[[10 Lacertae]]
|-----style="background:#cad7ff;"
! [[Stella di classe B V|B]]
| <center>9&nbsp;600 - 28&nbsp;000</center>
| Bianco-azzurro || 3,1 - 16 || 7 || 20&nbsp;000 || He, [[idrogeno|H]]|| [[Regolo (stella)|Regolo]]
|----- style="background:#f5f5ff;"
! [[Stella di classe A V|A]]
| <center>7&nbsp;100 - 9&nbsp;600</center>
| Bianco || 1,7 - 3,1 || 2,1 || 80 || H|| [[Altair]]
|-----style="background:#FFFFD0;"
! [[Stella di classe F V|F]]
| <center>5&nbsp;700 - 7&nbsp;100</center>
| Bianco-giallastro ||1,2 - 1,7 || 1,3 || 6 || [[Metallo|Metalli]]: [[ferro|Fe]], [[titanio|Ti]], [[Calcio (metallo)|Ca]], [[stronzio|Sr]] e [[magnesio|Mg]]||[[Procione (astronomia)|Procione]]
|-----style="background:#ffff50;"
! [[Nana gialla|G]]
| <center>4&nbsp;600 - 5&nbsp;700</center>
| Giallo || 0,9 - 1,2 || 1,1 || 1,2 || Ca, He, H e altri||[[Sole]]
|-----style="background:#FFC010;"
! [[Nana arancione|K]]
| <center>3&nbsp;200 - 4&nbsp;600</center>
| Arancione|| 0,4 - 0,8 || 0,9 || 0,4 || Metalli + [[diossido di titanio|TiO<sub>2</sub>]]||[[Alfa Centauri B|α Centauri B]]
|-----style="background:#ff8866;"
! [[Nana rossa|M]]
| <center>1&nbsp;700 - 3&nbsp;200</center>
|Rosso|| 0,08 - 0,4 || 0,4 || 0,04 || Come sopra||[[Stella di Barnard]]
|}
</center>
 
Le stelle possono essere anche suddivise in gruppi in base agli effetti, strettamente dipendenti dalle dimensioni spaziali dell'astro e dalla sua [[forza di gravità|gravità]] superficiale, che la luminosità sortisce sulle linee spettrali. Identificate da [[sistema di numerazione romana|numeri romani]], le classi di luminosità sono comprese tra la 0 ([[stella ipergigante|ipergiganti]]) e la VII (nane bianche), passando per la III ([[stella gigante|giganti]]) e la V (la [[sequenza principale]], che comprende la maggior parte delle stelle, tra cui il Sole); tale classificazione è detta [[Classificazione stellare#La classificazione spettrale di Yerkes|classificazione spettrale di Yerkes]].<ref name="spectrum" />
 
La classificazione di certe stelle richiede l'uso di lettere minuscole per descrivere alcune situazioni particolari rilevate nei loro spettri: ad esempio, la "''e''" indica la presenza di linee di emissione, la "''m''" indica un livello straordinariamente alto di [[metallicità|metalli]] e "''var''" indica una variabilità nel tipo spettrale.<ref name="spectrum" />
 
Le nane bianche godono di una classificazione a parte. Indicate genericamente con la lettera D (che sta per l'inglese ''dwarf'', ''nano''), sono a loro volta suddivise in sottoclassi che dipendono dalla tipologia predominante delle linee riscontrate nei loro spettri: DA, DB, DC, DO, DZ e DQ; segue poi un numero che identifica la temperatura del corpo celeste.<ref>{{cita web | url = http://www.physics.uq.edu.au/people/ross/ph3080/whitey.htm | titolo = White Dwarf (wd) Stars | editore = White Dwarf Research Corporation | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20091008115925/http://www.physics.uq.edu.au/people/ross/ph3080/whitey.htm dataarchivio = 8 ottobre 2009| accesso=19 luglio 2006 }}</ref>
 
== Evoluzione ==
{{vedi anche|Evoluzione stellare}}
[[File:Stellar_evolutionary_tracks-it.svg|thumb|upright=1.4|Il percorso evolutivo di diverse stelle lungo il [[Diagramma H-R]]]]
 
Con la locuzione "evoluzione stellare" si intendono i cambiamenti che una stella sperimenta nel corso della sua esistenza, durante la quale essa varia, anche in maniera molto pronunciata, di luminosità, raggio e temperatura. Tuttavia, a causa dei tempi evolutivi molto lunghi (milioni o miliardi di anni), è impossibile per un essere umano seguire l'intero ciclo vitale di un astro; pertanto, per riuscire a comprendere i meccanismi evolutivi, si osserva una popolazione stellare che contiene stelle in diverse fasi della loro vita e si costruiscono dei modelli [[fisica|fisico]] - [[matematica|matematici]] che permettano di riprodurre in via teorica le proprietà osservate. Un valido aiuto in questo senso è dato dal diagramma H-R, che pone a confronto la [[luminosità (fisica)|luminosità]] e la [[temperatura]]. Ogni astro ha una propria evoluzione la cui durata dipende dalla propria massa: quanto più una stella è massiccia, tanto più breve risulterà essere la durata del ciclo vitale.
 
=== Formazione ===
{{vedi anche|Formazione stellare}}
 
[[File:Witness the Birth of a Star.jpg|thumb|left|Rappresentazione artistica della protostella scoperta nella nube oscura [[LDN 1014]]; ben visibili sono il disco di accrescimento e i getti che si dipartono dai poli della protostella.]]
 
Le stelle si formano all'interno delle [[nube molecolare|nubi molecolari]], delle [[nebulosa|regioni]] di gas ad "alta" densità<ref group="N">La densità di una nube molecolare è pari (se non inferiore) a quella di una stanza in cui è stato creato il [[vuoto (fisica)|vuoto]] per mezzo di una [[Pompa a vuoto|pompa]].</ref> presenti nel [[mezzo interstellare]], costituite essenzialmente da idrogeno, con una quantità di elio del 23–28% e tracce di elementi più pesanti.<ref>{{cita pubblicazione | autore=P. R. Woodward | titolo=Theoretical models of star formation | rivista=Annual review of Astronomy and Astrophysics | anno=1978 | volume=16 | pagine=555–584 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1978ARA&A..16..555W|accesso=1º gennaio 2008}}</ref> Le stelle più massicce che si formano al loro interno le illuminano e le [[ionizzazione|ionizzano]], creando le cosiddette [[regione H II|regioni H II]].<ref>{{Cita pubblicazione|cognome=Anderson|nome=L.D.|coautori=Bania, T.M.; Jackson, J.M. ''et al''|anno=2009|titolo=The molecular properties of galactic HII regions|rivista=The Astrophysical Journal Supplement Series|volume=181|pagine=255–271| url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2009ApJS..181..255A|doi=10.1088/0067-0049/181/1/255}}</ref>
 
La formazione di una stella ha inizio quando una nube molecolare inizia a manifestare fenomeni di instabilità gravitazionale, spesso innescati dalle [[onda d'urto (fluidodinamica)|onde d'urto]] di una [[supernova]] o della [[Galassie interagenti#Collisione|collisione tra due galassie]]. Non appena si raggiunge una densità della [[materia (fisica)|materia]] tale da soddisfare i criteri dell'[[instabilità di Jeans]], la regione inizia a [[collasso gravitazionale|collassare]] sotto la sua stessa gravità.
 
Il graduale collasso della nube porta alla formazione di densi [[Nebulosa oscura|agglomerati di gas e polveri oscure]] al cui interno si forma la [[protostella]], circondata da un [[disco di accrescimento|disco]] che ha il compito di [[Accrescimento (astronomia)|accrescerne la massa]].<ref>{{cita web | autore = Courtney Seligman | url=http://courtneyseligman.com/text/stars/starevol2.htm |urlarchivio = https://web.archive.org/web/20120730100424/http://courtneyseligman.com/text/stars/starevol2.htm | dataarchivio = 30 luglio 2012| titolo = Slow Contraction of Protostellar Cloud | accesso=5 settembre 2006 }}</ref> Il destino della protostella dipende dalla massa che riesce ad accumulare: se questa è inferiore a 0,08 M<sub>☉</sub>, la protostella non raggiunge l'ignizione delle reazioni nucleari e si trasforma in una [[nana bruna]];<ref name="Baraffe"/> se possiede una massa fino a otto masse solari, si forma una [[stella pre-sequenza principale]], spesso circondata da un [[disco protoplanetario]]; se la massa è superiore a 8 M<sub>☉</sub>, la stella raggiunge direttamente la sequenza principale senza passare per questa fase.<ref>{{cita pubblicazione| autore=Mohammed Heydari-Malayeri|titolo=L'enigma delle stelle massicce|rivista=[[Le Scienze]]| numero=475| mese=marzo| anno=2008| url=http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/L_enigma_delle_stelle_massicce/1324985|accesso=24 giugno 2008}}</ref>
 
=== Sequenza principale ===
{{vedi anche|Sequenza principale}}
[[File:Sun in X-Ray.png|thumb|Il [[Sole]] (visto nei raggi X dalla [[sonda spaziale|sonda]] [[giappone]]se [[Yohkoh]]) è una stella di sequenza principale]]
 
La sequenza principale è una fase di stabilità durante la quale le stelle fondono l'idrogeno del proprio nucleo in elio a temperatura e pressione elevate; le stelle trascorrono in questa fase circa il 90% della propria esistenza.<ref name="Mengel">{{cita pubblicazione | autore=J. G. Mengel|coautori= P. Demarque, A. V.Sweigart, P. G. Gross | titolo=Stellar evolution from the zero-age main sequence | rivista=Astrophysical Journal Supplement Series | anno=1979 | volume=40 | pagine=733–791 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1979ApJS...40..733M}}</ref>
 
In questa fase ogni stella genera un [[vento stellare|vento]] di [[Particella elementare|particelle]] [[carica elettrica|cariche]] che provoca una continua fuoriuscita di materia nello spazio, che per gran parte delle stelle risulta irrisoria. Il Sole, ad esempio, perde, nel [[vento solare]], 10<sup>−14</sup> masse solari di materia all'anno,<ref>{{cita pubblicazione | autore=B. E. Wood|coautori= H.-R. Müller, G. P. Zank, J. L. Linsky | titolo=Measured Mass-Loss Rates of Solar-like Stars as a Function of Age and Activity | rivista=The Astrophysical Journal | anno=2002 | volume=574 | pagine=412–425 | url=http://iopscience.iop.org/0004-637X/574/1/412/fulltext/55336.text.html }}</ref> ma le stelle più massicce arrivano a perderne decisamente di più, sino a 10<sup>−7</sup> – 10<sup>−5</sup> masse solari all'anno; tale perdita può riflettersi in maniera sostanziale sulla successiva evoluzione dell'astro.<ref name="de Loore">{{cita pubblicazione | autore=C. de Loore|coautori= J. P. de Greve, H. J. G. L. M. Lamers | titolo=Evolution of massive stars with mass loss by stellar wind | rivista=Astronomy and Astrophysics | anno=1977 | volume=61 | numero=2 | pagine=251–259 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1977A&A....61..251D }}</ref>
 
La durata della sequenza principale dipende dalla massa iniziale e dalla luminosità della stella.<ref name="Mengel"/> Le stelle più massicce consumano il proprio "combustibile nucleare" piuttosto velocemente e hanno una vita decisamente più breve (qualche decina o centinaio di milioni di anni); le stelle più piccole invece bruciano l'idrogeno del nucleo molto lentamente e hanno un'esistenza molto più lunga (decine o centinaia di miliardi di anni).<ref name="Mengel"/>
 
La sequenza principale termina non appena l'idrogeno, contenuto nel nucleo della stella, è stato completamente convertito in elio dalla fusione nucleare; la successiva evoluzione della stella segue vie diverse a seconda della massa dell'oggetto celeste.<ref name="evoluzione stellare">{{cita web | url = http://observe.arc.nasa.gov/nasa/space/stellardeath/stellardeath_intro.html | urlarchivio= https://web.archive.org/web/20080210154901/http://observe.arc.nasa.gov/nasa/space/stellardeath/stellardeath_intro.html| dataarchivio= 10 febbraio 2008|titolo = Stellar Evolution & Death | editore = NASA Observatorium | accesso=8 giugno 2006 }}</ref>
 
=== Fase post-sequenza principale ===
[[File:Sun red giant it.svg|thumb|left|Schema che rappresenta le dimensioni del Sole nella sequenza principale e nella fase di gigante rossa]]
Le stelle più piccole, le [[nane rosse]] (tra 0,08 e 0,4 masse solari), si riscaldano, divenendo per breve tempo delle [[nana blu (fase evolutiva)|stelle azzurre]], per poi contrarsi gradualmente in [[nana bianca|nane bianche]].<ref name="fasi finali">{{cita web | autore = Michael Richmond | url = http://spiff.rit.edu/classes/phys230/lectures/planneb/planneb.html | titolo = Late stages of evolution for low-mass stars | editore = Rochester Institute of Technology | accesso=4 agosto 2006 }}</ref> Tuttavia, dato che la durata della vita di tali stelle è maggiore dell'[[età dell'Universo]] (13,7 miliardi di anni), si ritiene che nessuna di essa sia ancora giunta al termine della propria evoluzione.<ref name="hinshaw">{{cita web | autore = Gary Hinshaw| data = 23 agosto 2006 | url = http://wiki.hicksvilleschools.org/sandbox/groups/hsphysicalscience/wiki/9ded4/attachments/94dd3/Life%20and%20Death%20of%20Stars.pdf?sessionID=10e662e0dab09b06752d5b7b322f2047d965970b | titolo = The Life and Death of Stars | editore = NASA WMAP Mission | accesso=1º settembre 2006 }}</ref>
 
Le stelle la cui massa è compresa tra 0,4 e 8 masse solari attraversano, al termine della sequenza principale, una fase di notevole instabilità: il nucleo subisce una serie di collassi gravitazionali, incrementando la propria temperatura e dando inizio a diversi processi di fusione nucleare che riguardano anche gli strati immediatamente contigui al nucleo; gli strati più esterni invece si espandono per far fronte al ''surplus'' energetico proveniente dal nucleo e gradualmente si raffreddano, assumendo di conseguenza una colorazione rossastra. La stella, dopo esser passata per la fase instabile di [[stella subgigante|subgigante]], si trasforma in una fredda ma brillante [[gigante rossa]].<ref name="evoluzione stellare"/><ref name="evolution">{{cita web | data = 29 agosto 2006 | url =http://chandra.harvard.edu/edu/formal/stellar_ev/story/index4.html | titolo =Stellar Evolution - Cycles of Formation and Destruction | editore =Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics | accesso=10 agosto 2006}}</ref> Durante questo stadio la stella [[processo tre alfa|fonde]] l'[[elio]] in [[carbonio]] e [[ossigeno]] e, qualora la massa sia sufficiente (~7-8 M<sub>☉</sub>), una parte di quest'ultimo in magnesio.<ref>{{cita web | autore = David Darling | url=http://www.daviddarling.info/encyclopedia/C/carbon_burning.html | titolo= Carbon burning | editore= The Internet Encyclopedia of Sciencs | accesso=15 agosto 2007 }}</ref> Parallela a quella di gigante rossa è la [[gigante blu|fase di gigante blu]], che intercorre come meccanismo di compensazione qualora la velocità delle reazioni nucleari subisca un rallentamento.<ref name="Iben"/><br />
Si stima che il Sole diverrà una gigante rossa tra circa 5 miliardi di anni: le sue dimensioni saranno colossali (circa 100 volte quelle attuali) e il suo [[raggio (astronomia)|raggio]] si estenderà sino quasi a coprire l'attuale distanza che separa la stella dalla [[Terra]] (1 UA).<ref name="future-sun">{{cita web|autore=Richard W. Pogge|anno=1997| titolo=The Once and Future Sun| url=http://www.astronomy.ohio-state.edu/~pogge/Lectures/vistas97.html |editore=The Ohio State University (Department of Astronomy) |formato=lecture notes|sito=[http://www-astronomy.mps.ohio-state.edu/Vistas/ New Vistas in Astronomy] |accesso=7 dicembre 2005}}</ref>
 
[[File:Betelgeuse – NASA.jpg|thumb|La supergigante rossa [[Betelgeuse]]]]
 
Anche le [[stella massiccia|stelle massicce]] (con massa superiore a 8 M<sub>☉</sub>), al termine della sequenza principale, subiscono numerose instabilità, che le portano a espandersi allo stadio di [[supergigante rossa]]. In questa fase, l'astro fonde l'elio in carbonio e, all'esaurimento di questo processo, si innesca una serie di successivi collassi nucleari e aumenti di temperatura e pressione che avviano i processi di sintesi di altri elementi più pesanti: [[neon]], [[silicio]] e [[zolfo]], per terminare con il [[nichel]]-56, che [[decadimento radioattivo|decade]] in [[ferro]]-56. In tali stelle può svolgersi in contemporanea la nucleosintesi di più elementi all'interno di un nucleo pluristratificato.<ref name="morte stellare"/> In ciascuno degli strati concentrici avviene la fusione di un differente elemento: il più esterno fonde idrogeno in elio, quello immediatamente sotto fonde elio in carbonio e via dicendo, a temperature e pressioni sempre crescenti man mano che si procede verso il centro. Il collasso di ciascuno strato è sostanzialmente evitato dal calore e dalla [[pressione di radiazione]] dello strato sottostante, dove le reazioni procedono a un regime più intenso.<ref name="hinshaw"/><ref name="WoosleyJanka">{{cita pubblicazione | autore=Stan Woosley | coautori=Hans-Thomas Janka | titolo=The Physics of Core-Collapse Supernovae | rivista=[[Nature|Nature Physics]] | volume=1 | numero=3 | pagine=147–154 | mese=dicembre|anno=2005 | url=http://arxiv.org/pdf/astro-ph/0601261 | formato=PDF | id= DOI 10.1038/nphys172}}</ref>
 
Qualora subiscano un rallentamento i processi di fusione nucleare, le supergiganti rosse possono attraversare uno stadio simile a quello di gigante blu, che prende il nome di [[supergigante blu]]; l'astro tuttavia, prima di raggiungere questo stadio, passa per la fase di [[supergigante gialla]], caratterizzata da una temperatura e da dimensioni intermedie rispetto alle due fasi.<ref name="morte stellare">{{cita web | url = http://www.nmm.ac.uk/server/show/conWebDoc.299/ | titolo = What is a star? | editore = Royal Greenwich Observatory | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070930034936/http://www.nmm.ac.uk/server/show/conWebDoc.299/| dataarchivio = 30 settembre 2007| accesso=7 settembre 2006 }}</ref>
 
Le stelle supermassicce (>30 M<sub>☉</sub>), dopo aver attraversato la fase instabile di [[variabile S Doradus|variabile blu luminosa]], man mano che procedono lungo il loro percorso post-sequenza principale accumulano al loro centro un grande nucleo di ferro inerte; divengono così [[stella di Wolf-Rayet|stelle di Wolf-Rayet]], oggetti caratterizzati da venti forti e polverosi che provocano una consistente perdita di massa.<ref>{{cita pubblicazione|url= http://www.nature.com/nature/journal/v398/n6727/full/398487a0.html |titolo= A dusty pinwheel nebula around the massive star WR 104| rivista= [[Nature]] |volume= 398|pagine= 487-489|anno= 1999}}</ref>
 
=== Stadi terminali ===
{{vedi anche|Stella degenere}}
 
Quando una stella è prossima alla fine della propria esistenza, la [[pressione di radiazione]] del nucleo non è più in grado di contrastare la [[forza di gravità|gravità]] degli [[struttura stellare|strati più esterni]] dell'astro. Di conseguenza il nucleo va incontro a un [[collasso gravitazionale|collasso]], mentre gli strati più esterni vengono espulsi in maniera più o meno violenta; ciò che resta è un oggetto estremamente denso: una [[stella degenere|stella compatta]], costituita da [[materia (fisica)|materia]] in uno stato altamente [[materia degenere|degenere]].<ref name="Sandin">{{cita pubblicazione|autore= Fredrik Sandin|url=http://dx.doi.org/10.1140/epjcd/s2005-03-003-y |titolo=Compact stars in the standard model - and beyond|rivista= Eur. Phys. J. C.}}</ref> La tipologia di stella compatta che si viene a formare differisce in relazione alla massa iniziale della stella.
 
[[File:White drarfs in NGC 6397 HST.jpg|thumb|left|upright=1.4|Alcune nane bianche fotografate da HST nell'[[ammasso globulare]] [[NGC 6397]]]]
 
Se la stella possedeva originariamente una massa tra 0,08 e 8 M<sub>☉</sub> si forma una [[nana bianca]], un oggetto dalle dimensioni piuttosto piccole (paragonabili all'incirca a quelle della Terra) con una massa minore o uguale al [[limite di Chandrasekhar]] (1,44 M<sub>☉</sub>).<ref name="Liebert">{{cita pubblicazione | autore=J. Liebert | titolo=White dwarf stars | rivista=Annual review of astronomy and astrophysics | anno=1980 | volume=18 | numero=2 | pagine=363–398 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1980ARA&A..18..363L }}</ref> Una nana bianca possiede una temperatura superficiale molto elevata,<ref name="fasi finali"/><ref name="Liebert"/> che col tempo tende a diminuire in funzione degli [[secondo principio della termodinamica|scambi termici]] con lo [[spazio (astronomia)|spazio]] circostante fino a raggiungere, in un lunghissimo lasso di tempo, l'[[equilibrio termico]] e trasformarsi in una [[nana nera]]. Sino a ora non è stata ancora osservata alcuna nana nera; perciò gli astronomi ritengono che il tempo previsto perché una nana bianca si raffreddi del tutto sia di gran lunga superiore all'attuale età dell'Universo.<ref name="Liebert"/>
 
Se la stella morente ha una massa compresa tra 0,08 e 0,4 M<sub>☉</sub> dà luogo a una nana bianca senza alcuna fase intermedia; se invece la sua massa è compresa tra 0,4 e 8 M<sub>☉</sub>, essa, prima di trasformarsi in nana bianca, perde i suoi strati più esterni in una spettacolare [[nebulosa planetaria]].<ref name="fasi finali"/>
 
[[File:Crab Nebula.jpg|thumb|La [[Nebulosa Granchio]], un noto resto di supernova visibile nella costellazione del [[Toro (costellazione)|Toro]]]]
 
Nelle stelle con masse superiori a 8 M<sub>☉</sub>, la fusione nucleare continua finché il nucleo non raggiunge una massa superiore al limite di Chandrasekhar. Oltrepassato questo limite, il nucleo non riesce più a tollerare la sua stessa massa e va incontro a un improvviso e irreversibile collasso. L'[[onda d'urto]] che si genera provoca la catastrofica esplosione della stella in una brillantissima [[supernova di tipo II]] o di [[supernova di tipo Ib e Ic|tipo Ib o Ic]], se si trattava di una stella supermassiccia (>30 M<sub>☉</sub>). Le supernovae hanno una luminosità tale da superare, anche se per breve tempo, la luminosità complessiva dell'intera galassia che le ospita.<ref name="supernova">{{cita web | data = 6 aprile 2006 | url = http://heasarc.gsfc.nasa.gov/docs/objects/snrs/snrstext.html | titolo = Introduction to Supernova Remnants | editore = Goddadr Space Flight Center | accesso=16 luglio 2006 }}</ref>
 
L'energia liberata nell'esplosione è talmente elevata da consentire la fusione dei prodotti della nucleosintesi stellare in elementi ancora più pesanti, in un fenomeno detto [[nucleosintesi delle supernovae]].<ref name="supernova" /> L'esplosione della supernova diffonde nello spazio la gran parte della [[materia (fisica)|materia]] che costituiva la stella; tale materia forma il cosiddetto [[resto di supernova]],<ref name="supernova" /> mentre il nucleo residuo sopravvive in uno stato altamente degenere. Se la massa del residuo è compresa tra 1,4 e 3,8 masse solari, esso collassa in una [[stella di neutroni]] (che talvolta si manifesta come [[pulsar]]); nel caso in cui la stella originaria sia talmente massiccia che il nucleo residuo mantiene una massa superiore a 3,8 masse solari ([[limite di Tolman-Oppenheimer-Volkoff]]),<ref name="buco nero">{{cita web|url=http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Il_pi%C3%B9_piccolo_buco_nero_mai_osservato/1327085|titolo= Il più piccolo buco nero mai osservato|editore=[[Le Scienze]]|accesso=20080515}}</ref> nessuna forza è in grado di contrastare il collasso gravitazionale e il nucleo si contrae fino a raggiungere dimensioni inferiori al [[raggio di Schwarzschild]]: si origina un [[buco nero stellare]].<ref name="Fryer">{{cita pubblicazione | autore=C. L. Fryer | titolo=Black-hole formation from stellar collapse | rivista=Classical and Quantum Gravity | anno=2003 | volume=20 | pagine=S73-S80 | url=http://www.iop.org/EJ/abstract/0264-9381/20/10/309 }}</ref>
 
== Struttura ==
{{vedi anche|Struttura stellare}}
 
L'interno di una stella di sequenza principale si trova in una condizione di equilibrio in cui le due forze predominanti, la [[forza di gravità|gravità]] (orientata in direzione del [[nucleo solare|centro]] della stella) e l'[[energia termica]] della [[massa (fisica)|massa]] del [[fisica del plasma|plasma]] (orientata verso la superficie) si controbilanciano alla perfezione. Perché questa situazione di stabilità permanga, è necessario che la temperatura del nucleo raggiunga o superi i 10<sup>7</sup> K; la combinazione di valori elevati di temperatura e pressione favorisce il processo di fusione dei nuclei di idrogeno in nuclei elio, che sprigiona un'[[energia]] sufficiente a contrastare il [[collasso gravitazionale|collasso]] cui la stella andrebbe naturalmente incontro.<ref name="Schwarzschild">{{cita libro| autore= Martin Schwarzschild | titolo= Structure and Evolution of the Stars | editore= Princeton University Press | anno=1958 | isbn=0-691-08044-5 }}</ref> Tale energia è emessa sotto forma di [[neutrino|neutrini]] e [[fotone|fotoni]] [[raggi gamma|gamma]], che, interagendo col plasma circostante, contribuiscono a mantenere elevata la temperatura dell'interno stellare.
 
[[File:Tipi stellari sfondo trasparente.png|thumb|upright=1.4|Schema sulle strutture interne di differenti tipi di stelle; le curve rappresentano la zona convettiva, le linee spezzate la zona radiativa.]]
 
L'interno di una stella stabile si trova in uno stadio di equilibrio sia [[equilibrio idrostatico|idrostatico]] sia [[equilibrio termico|termico]] ed è caratterizzato da un gradiente di temperatura che origina un flusso energetico diretto verso l'esterno. L'interno delle stelle presenta una struttura ben definita, che appare suddiviso in diversi strati. La [[zona radiativa]] è quella regione all'interno della stella in cui il trasferimento dell'energia per [[irraggiamento]] è sufficiente a mantenere stabile il flusso energetico. In questa zona il plasma non subisce né perturbazioni né spostamenti di massa; se però il plasma inizia a dare manifestazioni di instabilità ed è soggetto a movimenti di tipo [[convezione|convettivo]], la regione assume le caratteristiche di [[zona convettiva]]. Quanto detto si verifica generalmente nelle zone della stella in cui sono localizzati i flussi altamente energetici, come nello strato immediatamente superiore al nucleo, o in aree con un'[[opacità]] alla radiazione superiore allo strato più esterno.<ref name="Schwarzschild" /> La posizione della zona radiativa e di quella convettiva di una stella di sequenza principale dipende dalla classe spettrale e dalla massa. Nelle stelle con una massa diverse volte [[massa solare|quella solare]] la zona convettiva è posta in profondità, adiacente al nucleo, mentre la zona radiativa è posta subito al di sopra della zona convettiva. Nelle stelle meno massicce, come il [[Sole]], le due zone sono invertite, ovvero la zona radiativa è adiacente al nucleo.<ref name="imagine">{{cita web | data = 1º settembre 2006 | url = http://imagine.gsfc.nasa.gov/docs/science/know_l2/stars.html | titolo = What is a Star? |editore = NASA | accesso=11 luglio 2006}}</ref> Le [[nana rossa|nane rosse]] con una massa inferiore a 0,4 masse solari presentano solamente una zona convettiva che previene l'accumulo di un nucleo di elio.<ref>{{cita web | url = http://aether.lbl.gov/www/tour/elements/stellar/stellar_a.html | titolo = Formation of the High Mass Elements | editore= Smoot Group | accesso=11 luglio 2006}}</ref> In gran parte delle stelle la zona convettiva tende a variare nel corso del tempo man mano che la stella procede nella sua [[evoluzione stellare|evoluzione]] e la sua composizione interna subisce dei cambiamenti.<ref name="Schwarzschild" />
 
[[File:Solar-type Red Giant structure it.jpg|thumb|left|upright=1.3|Sezione di una stella simile al Sole e di una gigante rossa. In basso a destra il confronto delle dimensioni.]]
 
La porzione visibile di una stella di sequenza principale è detta [[fotosfera]] e costituisce la superficie dell'astro. In questa zona il plasma stellare diviene trasparente ai fotoni [[luce|luminosi]] e permette la propagazione delle [[radiazione elettromagnetica|radiazioni]] nello [[spazio (astronomia)|spazio]]. Sulla fotosfera compaiono delle zone più scure causate dall'[[campo magnetico stellare|attività magnetica]] dell'astro: si tratta delle [[macchia stellare|macchie stellari]], che appaiono scure poiché hanno una temperatura inferiore a quella del resto della fotosfera.<ref name="imagine"/>
 
Al di sopra della fotosfera si staglia l'[[atmosfera stellare]]. In una stella di sequenza principale, come il Sole, la parte più bassa dell'atmosfera, detta [[cromosfera]], è una debole regione, di colore rosaceo, in cui hanno luogo vari fenomeni come le [[spicula|spicule]] o i [[Brillamento|flare]], circondata da una zona di transizione, dall'ampiezza di 100&nbsp;km, in cui la temperatura cresce enormemente. Al di sopra si trova la [[corona solare|corona]], un volume di plasma poco denso a elevatissima temperatura (oltre il milione di kelvin) che si estende nello spazio per diversi milioni di km.<ref>{{Cita news|lingua=en|url=http://www.eso.org/public/news/eso0127/ |titolo=The Glory of a Nearby Star: Optical Light from a Hot Stellar Corona Detected with the VLT|pubblicazione=ESO|giorno=1|mese=08|anno=2001|accesso=10 luglio 2006 }}</ref> L'esistenza della corona sembra dipendere dalla presenza della zona convettiva in prossimità degli strati superficiali della stella.<ref name="imagine" /> A dispetto dell'altissima temperatura, la corona emette una quantità relativamente piccola di luce e risulta visibile, nel caso del Sole, solo durante le [[eclissi solare|eclissi]].
 
Dalla corona si diparte un [[vento stellare]], costituito da plasma estremamente rarefatto e particelle cariche, che si propaga nello spazio sino a quando non viene a interagire col [[mezzo interstellare]], dando origine, soprattutto nel caso delle stelle massicce, a delle cavità del mezzo interstellare dette "[[Bolla di vento stellare|bolle]]".<ref>{{cita pubblicazione | autore=L. F. Burlaga, N. F. Ness, M. H. Acuña, R. P. Lepping, J. E. P. Connerney, E. C. Stone, F. B. McDonald| titolo=Crossing the Termination Shock into the Heliosheath: Magnetic Fields | rivista=Science| anno=2005| volume=309| numero=5743| pagine=2027–2029| url=http://www.sciencemag.org/cgi/content/full/309/5743/2027|accesso=11 maggio 2007 }}</ref>
 
== Caratteristiche ==
[[File:The sun1.jpg|thumb|upright=1.2|Fotografia da terra del Sole. La nostra stella ha un'età di circa 5 miliardi di anni; l'età attuale del nostro astro è stata determinata tramite modelli elaborati al [[computer]] sull'[[evoluzione stellare]] e la [[nucleocosmocronologia]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=A. Bonanno |coautori=H. Schlattl, L. Patern |anno= 2002 |url=http://www.aanda.org/articles/aa/pdf/2002/30/aa2598.pdf |formato=PDF |titolo=The age of the Sun and the relativistic corrections in the EOS |rivista= [[Astronomy and Astrophysics]] |volume=390 |pagine=1115–1118}}</ref>]]
 
Quasi tutte le caratteristiche di una stella, incluse luminosità, dimensioni, evoluzione, durata del ciclo vitale e destino finale, sono determinate dalla sua massa al momento della formazione.
 
[[Massa (fisica)|Massa]], [[raggio (astronomia)|raggio]], [[accelerazione di gravità]] alla superficie e periodo di [[rotazione stellare|rotazione]] possono essere misurati sulla base dei [[struttura stellare|modelli stellari]]; la massa inoltre può essere calcolata in maniera diretta in un sistema binario sfruttando le [[leggi di Keplero]] [[Keplero da Newton|combinate]] con la [[Principi della dinamica|meccanica newtoniana]] o tramite l'effetto [[lente gravitazionale]].<ref name="mass">{{cita news | titolo=Astronomers Measure Mass of a Single Star—First Since the Sun | pubblicazione=Hubble News Desk | giorno=15|mese=07|anno=2004 | url=http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/2004/24/text/ | accesso=24 maggio 2006 }}</ref> Tutti questi parametri, associati, possono permettere di calcolare l'età della stella.<ref name="Garnett">{{cita pubblicazione | autore=D. R. Garnett|coautori= H. A. Kobulnicky | titolo=Distance Dependence in the Solar Neighborhood Age-Metallicity Relation | rivista=The Astrophysical Journal | anno=2000 | volume=532 | pagine=1192–1196 | url=http://www.journals.uchicago.edu/ApJ/journal/issues/ApJ/v532n2/50245/50245.text.html?erFrom=8598845313603918123Guest }}</ref>
 
=== Età ===
Gran parte delle stelle ha un'età compresa tra 1 e 10 miliardi di anni. Vi sono stelle che però hanno età prossime a [[età dell'Universo|quella dell'Universo]] (13,7 miliardi di anni): la stella più vecchia conosciuta, [[HE 1523-0901]], ha un'età stimata di 13,2 miliardi di anni.<ref name="Frebel">{{cita web | autore= A. Frebel|coautori= J. E. Norris; N. Christlieb; C. Thom; T. C. Beers; J. Rhee | titolo=Nearby Star Is A Galactic Fossil| editore=Science Daily | data= 11 maggio 2007 | url=http://www.sciencedaily.com/releases/2007/05/070510151902.htm| accesso=10 maggio 2007 }}</ref>
 
La durata del ciclo vitale di una stella dipende dalla massa che essa possiede al momento della sua formazione: quanto più una stella è massiccia, tanto più la durata del suo ciclo vitale è breve. Infatti la pressione e la temperatura che caratterizzano il [[nucleo solare|nucleo]] di una stella massiccia sono nettamente superiori a quelle presenti nelle stelle meno massicce; di conseguenza l'idrogeno viene fuso in maniera più "efficiente" tramite il [[Ciclo del carbonio-azoto|ciclo CNO]] (anziché secondo la [[catena protone-protone]]), che produce una quantità di energia superiore mentre le reazioni avvengono a un ritmo più serrato. Le stelle più massicce hanno una vita prossima al milione di anni, mentre le meno massicce (come le [[stella nana|nane]] [[nana arancione|arancioni]] e [[nana rossa|rosse]]) bruciano il proprio combustibile nucleare molto lentamente arrivando a vivere per decine o centinaia di miliardi di anni.<ref name="Naftilan">{{cita web | autore = S. A Naftilan| coautori = P. B. Stetson | data = 13 luglio 2006 | url =http://www.sciam.com/askexpert_question.cfm?articleID=000A6D41-76AA-1C72-9EB7809EC588F2D7&catID=3&topicID=2
| titolo =How do scientists determine the ages of stars? Is the technique really accurate enough to use it to verify the age of the universe? | editore =[[Scientific American]] | accesso=11 maggio 2007}}</ref><ref name="Laughlin">{{cita pubblicazione | autore= G. Laughlin|coautori= P. Bodenheimer, F. C. Adams | titolo=The End of the Main Sequence | rivista=The Astrophysical Journal | anno=1997 | volume=482 | pagine=420–432 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1997ApJ...482..420L |accesso=11 maggio 2007 }}</ref>
 
=== Composizione chimica ===
{{vedi anche|Metallicità}}
 
[[File:He1523a.jpg|thumb|left|Rappresentazione artistica di [[HE 1523-0901]], la stella più antica conosciuta; la sua metallicità, tra le più basse conosciute ([Fe/H]=-2,95),<ref name="Frebel"/> ha consentito di determinarne l'età. (''[[European Southern Observatory|ESO]]'')]]
 
Al momento della loro formazione, le stelle sono composte prevalentemente da idrogeno ed elio, con una piccola percentuale di elementi più pesanti, detti ''metalli''; tra di essi vi sono però alcuni elementi, come l'ossigeno e il carbonio, che dal punto di vista [[chimica|chimico]] non sono realmente dei [[metallo|metalli]]. La quantità di tali elementi nell'atmosfera stellare è detta [[metallicità]] ([M/H] o, più spesso, [Fe/H]) ed è definita come il [[logaritmo]] decimale della quantità di elementi pesanti (M), soprattutto il ferro (Fe), rispetto all'idrogeno (H), diminuita del logaritmo decimale della metallicità del Sole: così, se la metallicità della stella presa in esame è pari a quella solare, il risultato sarà pari a zero. Ad esempio, un valore del logaritmo pari a 0,07 equivale a un tasso reale di metallicità di 1,17, il che significa che l'astro è più ricco di metalli rispetto alla nostra stella del 17%;<ref name="mnras267">{{cita pubblicazione |autore=D. Wonnacott, B. J. Kellett, B. Smalley, C. Lloyd | titolo=Pulsational Activity on Ik-Pegasi | rivista= Monthly Notices of the Royal Astronomical Society | anno= 1994 | volume=267 | numero= 4 | pagine= 1045–1052 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1994MNRAS.267.1045W |accesso=14 aprile 2007 }}</ref> tuttavia il margine d'errore della misura rimane relativamente alto.
 
Le stelle più antiche (dette ''di Popolazione II'') sono costituite da idrogeno (per circa il 75%), elio (per circa il 25%) e una frazione molto piccola (<0,1%) di metalli. Nelle stelle più giovani (dette ''di Popolazione I''), invece, la percentuale di metalli sale fino a circa il 2% - 3%, mentre l'idrogeno ed elio hanno percentuali rispettivamente dell'ordine del 70% - 75% e 24% - 27%. Queste differenze sono dovute al fatto che le nubi molecolari, da cui le stelle si originano, sono costantemente arricchite dagli elementi pesanti diffusi dalle esplosioni delle supernovae. La determinazione della composizione chimica di una stella può essere, quindi, utilizzata per determinare la sua età.<ref name="genetic">{{cita web | data = 12 settembre 2006 | url = http://www.eso.org/outreach/press-rel/pr-2006/pr-34-06.html | titolo = A "Genetic Study" of the Galaxy | editore = ESO | accesso=10 ottobre 2006 }}</ref>
 
La frazione di elementi più pesanti dell'elio è generalmente misurata sulla base delle quantità di ferro contenute nell'atmosfera stellare, dato che il ferro è un elemento abbastanza comune e le sue [[linea spettrale|linee di assorbimento]] sono piuttosto facili da identificare. La quantità degli elementi pesanti è anche indice della probabile presenza di un [[sistema planetario]] in orbita attorno alla stella.<ref name="Fischer">{{cita pubblicazione | autore=D. A. Fischer|coautori= J. Valenti | titolo=The Planet-Metallicity Correlation | rivista=The Astrophysical Journal | anno=2005 | volume=622 | numero=2 | pagine =1102–1117 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2005ApJ...622.1102F }}</ref>
 
La stella col minor contenuto di ferro mai misurato è la nana [[HE1327-2326]], con appena un duecentomillesimo del contenuto ferroso del Sole.<ref name="first star">{{cita web| data = 17 aprile 2005| url = http://www.sciencedaily.com/releases/2005/04/050417162354.htm | titolo = Signatures Of The First Stars | editore = ScienceDaily | accesso=10 ottobre 2006 }}</ref> Al contrario, la stella {{STL|Mu|Leo}} è ricchissima in "metalli", con una metallicità circa il doppio di quella del Sole, mentre [[14 Herculis]], attorno alla quale orbita un [[pianeta extrasolare|pianeta]] ([[14 Herculis b]]), ha una metallicità tre volte superiore.<ref name="Feltzing">{{cita pubblicazione| autore=S. Feltzing| coautori= G. Gonzalez | titolo=The nature of super-metal-rich stars: Detailed abundance analysis of 8 super-metal-rich star candidates | rivista=Astronomy & Astrophysics|anno =2000 | volume=367 | pagine=253-265|url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2001A&A...367..253F |accesso=27 novembre 2007}}</ref> Alcune stelle, dette [[stella peculiare|stelle peculiari]], mostrano nel proprio [[spettrografia|spettro]] un'insolita abbondanza di metalli, specialmente [[cromo]] e [[lantanidi]] (le cosiddette ''terre rare'').<ref name="Gray">{{cita libro| nome=David F. | cognome=Gray | anno=1992| titolo=The Observation and Analysis of Stellar Photospheres | editore=Cambridge University Press | isbn=0-521-40868-7 }}</ref>
 
La metallicità influenza inoltre la durata della sequenza principale, l'intensità del [[campo magnetico]]<ref name="Pizzolato">{{cita pubblicazione | autore=N. Pizzolato|coautori= P. Ventura, F. D'Antona, A. Maggio, G. Micela, S. Sciortino | titolo=Subphotospheric convection and magnetic activity dependence on metallicity and age: Models and tests | rivista=Astronomy & Astrophysics | anno=2001 | volume=373 | pagine=597–607 | url=http://www.edpsciences.org/articles/aa/abs/2001/26/aah2701/aah2701.html }}</ref> e del vento stellare.<ref name="mass loss">{{cita web | data = 18 giugno 2004 | url = http://www.star.ucl.ac.uk/groups/hotstar/research_massloss.html | titolo = Mass loss and Evolution | editore = UCL Astrophysics Group | accesso=26 agosto 2006 }}</ref> Le vecchie stelle di [[popolazioni stellari|popolazione II]] hanno una metallicità minore delle più giovani stelle di popolazione I, poiché le nubi molecolari da cui si sono formate queste ultime possedevano una maggiore quantità di metalli.<ref group="N">Col passare del tempo le nubi molecolari da cui si formano le stelle si arricchiscono sempre di più degli elementi pesanti prodotti, tramite il processo di [[nucleosintesi]], dalle stelle più vecchie. Queste, giunte alle ultime fasi della propria evoluzione, esplodono come supernovae o rilasciano gli strati più esterni sotto forma di nebulose planetarie, diffondendo tali elementi nello [[spazio (astronomia)|spazio]].</ref>
 
=== Dimensioni apparenti e reali ===
 
A causa della grande distanza dalla [[Terra]], tutte le stelle, eccetto il Sole, appaiono all'occhio umano come dei minuscoli punti brillanti nel cielo notturno, [[Scintillazione|scintillanti]] a causa degli effetti distorsivi dell'[[atmosfera terrestre]]. Il Sole invece, pur essendo esso stesso una stella, è abbastanza vicino al nostro pianeta da apparire come un disco che illumina il nostro pianeta dando luogo al [[giorno]].
 
[[File:Sun and VY Canis Majoris it.svg|thumb|upright=1.2|Schema in cui sono messe a confronto le dimensioni del Sole e di [[VY Canis Majoris]], la stella più grande conosciuta]]
 
Oltre al Sole, la stella con la maggiore grandezza apparente è [[R Doradus]], con un diametro angolare di soli 0,057 [[secondo d'arco|secondi d'arco]].<ref name="RDor">{{cita news| titolo=The Biggest Star in the Sky | pubblicazione=ESO| giorno= 11|mese= 03|anno=1997 | url=http://www.eso.org/outreach/press-rel/pr-1997/pr-05-97.html | accesso=10 luglio 2006 }}</ref>
 
Le [[diametro angolare|dimensioni angolari]] del disco di gran parte delle stelle sono troppo piccole per permettere l'osservazione delle strutture superficiali attive (come le [[macchia stellare|macchie]]) con gli attuali [[telescopio|telescopi ottici]] di terra; pertanto l'unico modo per riprodurre immagini di tali caratteristiche è l'utilizzo di telescopi [[interferometria|interferometrici]]. È possibile misurare le dimensioni angolari delle stelle anche durante le [[occultazione|occultazioni]], valutando il calo di luminosità di una stella mentre essa è occultata dalla [[Luna]] o l'aumento di luminosità della stessa al termine dell'occultazione.<ref name="occultazione">{{cita pubblicazione | autore= S. Ragland|coautori= T. Chandrasekhar, N. M. Ashok| titolo=Angular Diameter of Carbon Star Tx-Piscium from Lunar Occultation Observations in the Near Infrared | rivista=Journal of Astrophysics and Astronomy | anno=1995 | volume=16 | pagine=332 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1995JApAS..16..332R | accesso=5 luglio 2007 }}</ref>
 
Le dimensioni reali delle stelle sono estremamente variabili: le più piccole, le stelle di neutroni, hanno dimensioni comprese tra 20 e 40 [[chilometro|km]], mentre le più grandi, ipergiganti e supergiganti, hanno [[raggio (astronomia)|raggi]] vastissimi, con dimensioni dell'[[ordine di grandezza|ordine]] delle Unità Astronomiche: ad esempio quello di [[Betelgeuse]] (α [[Orione (costellazione)|Orionis]]) è 630 volte quello del Sole, circa un miliardo di km (quasi 6,7 UA);<ref name="Michelson">{{cita pubblicazione| autore= A. A. Michelson|coautori= F. G. Pease| titolo=Measurement of the diameter of alpha Orionis with the interferometer | rivista = Astrophysical Journal | anno=1921 | volume=53 | pagine=249-259| url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1921ApJ....53..249M|accesso=20 giugno 2007 | doi = 10.1086/142603}}</ref> tali stelle possiedono tuttavia [[densità]] decisamente inferiori a quella del nostro Sole, tanto che la loro atmosfera è assimilabile a un [[vuoto spinto]].<ref name="Betelgeuse">{{cita news| autore = Kate Davis | giorno=1|mese=12|anno=2000 | url = http://www.aavso.org/vstar/vsots/1200.shtml | titolo = Variable Star of the Month—December, 2000: Alpha Orionis | pubblicazione = AAVSO |accesso=13 agosto 2006 }}</ref> La [[lista delle stelle più grandi conosciute|stella più grande conosciuta]] è [[VY Canis Majoris]], il cui diametro è quasi 2000 volte quello del Sole: se si trovasse al centro del [[Sistema solare]], la sua atmosfera si estenderebbe sino all'orbita di [[Saturno (astronomia)|Saturno]].<ref name="Humphreys">{{cita pubblicazione|autore=Roberta M. Humphreys|titolo= VY Canis Majoris: The Astrophysical Basis of Its Luminosity |rivista= School of Physics and Astronomy, University of Minnesota|numero= 55455|url=http://arxiv.org/PS_cache/astro-ph/pdf/0610/0610433v1.pdf|accesso=18 marzo 2008}}</ref>
 
=== Massa ===
[[File:EtaCarinae.jpg|thumb|left|[[Eta Carinae]] (circondata dalla [[Nebulosa Omuncolo]]) possiede una massa circa 150 volte quella del Sole]]
 
Le stelle sono oggetti dotati di una [[massa (fisica)|massa]] considerevole, compresa tra 1,5913 [[Notazione scientifica|× 10]]<sup>29</sup><ref name="Baraffe">{{cita pubblicazione | autore = I. Baraffe | coautori = G. Chabrier, F. Allard, P. H. Hauschildt |anno = 1997| titolo = Evolutionary models for metal-poor low-mass stars. Lower main sequence of globular clusters and halo field stars | rivista = [[Astronomy and Astrophysics]] | volume = 327 | pagine = 1054 | url = http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=1997A%26A...327.1054B&amp;db_key=AST&amp;data_type=HTML&amp;format=&amp;high=44db12b10928852 |accesso=28 novembre 2007 }}</ref> e 3,9782 × 10<sup>32</sup> [[Chilogrammo|kg]];<ref name="Oey">{{cita pubblicazione | autore = M. S. Oey | coautori =C. J. Clarke |anno = 2005| titolo = Statistical Confirmation of a Stellar Upper Mass Limit | rivista = [[Astrophysical Journal]] | volume = 620 | numero = 43 | pagine = 1054 | url = http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=2005ApJ...620L..43O&amp;db_key=AST&amp;data_type=HTML&amp;format=&amp;high=44db12b10906914 |accesso=28 novembre 2007 }}</ref> in unità solari, da 0,08 a 150–200 [[massa solare|masse solari]] (M<sub>☉</sub>).
 
Una delle [[lista delle stelle più massicce conosciute|stelle più massicce conosciute]] è l'[[stella ipergigante|ipergigante]] [[Variabile S Doradus|LBV]] [[Eta Carinae]],<ref name="eta carinae">{{cita news| autore = Nathan Smith | anno = 1998 | url = http://www.astrosociety.org/pubs/mercury/9804/eta.html | titolo = The Behemoth Eta Carinae: A Repeat Offender | pubblicazione = Astronomical Society of the Pacific | accesso=13 agosto 2006 }}</ref> la cui massa è stimata in 100–150 M<sub>☉</sub>; tuttavia una simile massa comporta una sensibile riduzione della vita dell'astro, che vive al massimo per alcuni milioni di anni.<ref name="massa stellare"/><ref name="eta carinae"/> Uno studio condotto sulle stelle dell'[[ammasso Arches]] suggeriva che 150 M<sub>☉</sub> fosse il limite massimo raggiungibile da una stella nell'attuale era dell'Universo.<ref name="massa stellare"/> La ragione di questo limite non è ancora nota; gli astronomi tuttavia ritengono che ciò sia dovuto in buona parte alla metallicità dell'astro, ma soprattutto al [[limite di Eddington]],<ref name="massa stellare"/> che definisce la quantità massima di radiazione luminosa in grado di attraversare gli strati della stella senza provocarne l'espulsione nello spazio. Tuttavia, la scoperta di una stella con una massa di gran lunga superiore a questo limite, [[R136a1]] nella [[Grande Nube di Magellano]] (con una massa ipotizzata in circa 265 M<sub>☉</sub>),<ref>{{cita web| titolo=The R136 star cluster hosts several stars whose individual masses greatly exceed the accepted 150 Msun stellar mass limit| autore= P. A Crowther, O. Schnurr, R. Hirschi, ''et al'' | editore=[[arXiv]]| url=http://arxiv.org/abs/1007.3284}}</ref> impone agli astronomi una revisione teorica del valore del limite massimo di massa stellare.
 
Le prime stelle, formatesi qualche centinaia di migliaia di anni dopo il [[Big Bang]], dovevano possedere delle masse ancora maggiori (forse oltre 300 M<sub>☉</sub><ref name="prime stelle">{{Cita web | titolo=Ferreting Out The First Stars | pubblicazione=Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics | data=22 settembre 2005 | url=http://www.cfa.harvard.edu/news/2005-31 | accesso=5 settembre 2006 }}</ref>) per via della totale assenza al proprio interno di elementi più pesanti del [[litio]]. Questa primitiva generazione di stelle supermassicce (dette ''di popolazione III'') si è estinta già da miliardi di anni, per cui gli astronomi sono in grado di formulare esclusivamente delle congetture sulla base dei dati attualmente in loro possesso.
 
Con una massa appena 93 volte quella di [[Giove (astronomia)|Giove]], la nana rossa [[AB Doradus]] C, membro del [[sistema stellare]] di AB Doradus, è invece la [[lista delle stelle meno massicce conosciute|stella meno massiccia conosciuta]] a essere alimentata dalle reazioni nucleari.<ref name="stelle piccole">{{cita news| titolo=Weighing the Smallest Stars | pubblicazione=ESO | giorno= 1| mese=01|anno=2005 | url=http://www.eso.org/public/news/eso0503/ | accesso=13 agosto 2006 }}</ref> Gli astronomi ritengono che per le stelle dotate di una metallicità simile a quella del Sole la massa minima per innescare la fusione nucleare sia di circa 75 [[massa gioviana|masse gioviane]].<ref name="Boss">{{cita news| autore = Ben Zuckerman | giorno=1|mese=02| anno=2000| url = http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC33969/ | titolo = Brown dwarfs: At last filling the gap between stars and planets | pubblicazione = National Academy of Sciences | accesso=1º dicembre 2014 }}</ref><ref name="minimum">{{cita news| autore = David Shiga| giorno=17|mese=08|anno=2006| url = http://www.newscientistspace.com/article/dn9771-mass-cutoff-between-stars-and-brown-dwarfs-revealed.html | titolo = Mass cut-off between stars and brown dwarfs revealed | pubblicazione = New Scientist | accesso=23 agosto 2006 }}</ref> Un recente studio, condotto sulle stelle meno massicce, ha permesso di scoprire che, se la metallicità è molto bassa, la massa minima perché un astro possa produrre energia tramite la fusione nucleare corrisponde a circa l'8,3% della massa solare (circa 87 masse gioviane).<ref name="minimum" /><ref name="faintest">{{cita news | titolo=Hubble glimpses faintest stars | pubblicazione=BBC | giorno= 18|mese=08|anno=2006 | url=http://news.bbc.co.uk/1/hi/sci/tech/5260008.stm | accesso=22 agosto 2006 }}</ref> Una particolare tipologia di [[oggetto celeste|oggetti]], che prende il nome di [[nana bruna|nane brune]], costituisce l'anello di congiunzione tra le stelle nane e i [[pianeta|pianeti]] [[gigante gassoso|giganti gassosi]]: la loro massa non è sufficiente a innescare le reazioni nucleari, ma è comunque nettamente superiore a quella di un gigante gassoso.
 
=== Gravità superficiale ===
La combinazione di raggio e massa determina la [[accelerazione di gravità|gravità superficiale]] della stella. Le stelle giganti hanno una gravità decisamente minore di quella delle stelle di sequenza principale, che a loro volta hanno una gravità inferiore a quella delle [[stella degenere|stelle degeneri]] (nane bianche e stelle di neutroni). Tale caratteristica è in grado di influenzare l'aspetto di uno spettro stellare, causando talvolta un allargamento o uno spostamento delle linee di assorbimento.<ref name="new cosmos" />
 
=== Moti spaziali ===
{{vedi anche|Cinematica stellare|Moto proprio|Parallasse|Velocità radiale}}
[[File:Barnard2005.gif|thumb|Spostamento della Stella di Barnard negli anni compresi tra il 1985 e il 2005]]
 
I [[moto (fisica)|moti]] di una stella rispetto al Sole possono fornire utili informazioni sulla sua origine e sulla sua età, come pure sulla struttura complessiva e sull'evoluzione del resto della Galassia. Le componenti del moto di una stella sono la [[velocità radiale]] (che può essere in avvicinamento o allontanamento dal Sole) e il [[moto proprio]] (il movimento angolare trasversale).
 
La velocità radiale si basa sullo ''shift'' (lo spostamento secondo l'[[effetto Doppler]]) delle [[linea spettrale|linee spettrali]] ed è misurata in [[chilometro|km]]/[[secondo|s]]. Il moto proprio è determinato da precise misure [[astrometria|astrometriche]] (dell'ordine dei [[arcosecondo|milliarcosecondi]] - mas - all'anno), e può essere convertito in unità di misura della velocità attraverso la misura della [[parallasse]]. Le stelle che presentano dei grandi valori di moto proprio sono i più vicini al [[Sistema solare]] e pertanto si prestano in maniera ottimale alla rilevazione della parallasse.<ref name="Hip">{{cita web | data = 10 settembre 1999 | url = http://www.rssd.esa.int/hipparcos/properm.html | titolo = Hipparcos: High Proper Motion Stars | editore = ESA | accesso=10 ottobre 2006 }}</ref>
 
Conosciuti moto proprio, velocità radiale e parallasse, è possibile calcolare la velocità spaziale di una stella in relazione al Sole o alla Galassia. Si è scoperto tra le stelle vicine che le stelle di popolazione I hanno in genere velocità minori delle più antiche stelle di popolazione II; queste ultime inoltre orbitano attorno al [[centro della Via Lattea]] secondo traiettorie [[ellisse|ellittiche]], inclinate verso il [[Disco galattico|piano galattico]].<ref name="Johnson">{{cita pubblicazione | autore = H. M. Johnson| titolo=The Kinematics and Evolution of Population I Stars | rivista=Publications of the Astronomical Society of the Pacific | anno=1957 | volume=69 | numero=406 | pagine=54 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1957PASP...69...54J }}</ref> La comparazione dei moti di stelle vicine ha anche portato all'identificazione delle [[associazione stellare|associazioni stellari]], gruppi di stelle che condividono un medesimo punto di origine in una [[nube molecolare gigante]].<ref name="Elmegreen">{{cita pubblicazione|autore = B. Elmegreen| coautori= Y. N. Efremov | titolo=The Formation of Star Clusters| rivista=American Scientist | anno=1999 | volume=86 | numero=3 | pagine=264 | url=http://www.americanscientist.org/template/AssetDetail/assetid/15714/page/1 |accesso=23 agosto 2006 }}</ref>
 
La stella col più alto valore conosciuto di moto proprio è la [[Stella di Barnard]], una nana rossa della costellazione dell'[[Ofiuco]].<ref name="EEB">{{cita pubblicazione| autore = [[Edward Emerson Barnard|E. E. Barnard]] | anno = 1916 | titolo = A small star with large proper motion | rivista = [[Astronomical Journal]] | volume = 29 | numero = 695 | pagine = 181 | url = http://adsabs.harvard.edu//full/seri/AJ.../0029//0000181.000.html |accesso=10 agosto 2006 | doi = 10.1086/104156}}</ref>
 
=== Campo magnetico ===
[[File:Tausco.jpg|thumb|left|Ricostruzione [[computer]]izzata del particolare campo magnetico superficiale di {{STL|Tau|Sco}}, una stella massiccia, ricostruito tramite lo [[Zeeman-Doppler imaging]]]]
{{vedi anche|Campo magnetico stellare}}
 
Il [[campo magnetico]] di una stella è generato all'interno della sua [[zona convettiva]], nella quale il plasma, messo in movimento dai [[convezione|moti convettivi]], si comporta come una [[dinamo]]. L'intensità del campo varia in relazione alla massa e alla composizione della stella, mentre l'attività magnetica dipende dalla sua velocità di [[rotazione stellare|rotazione]]. Un risultato dell'attività magnetica sono le caratteristiche [[macchia stellare|macchie fotosferiche]], regioni a temperatura inferiore rispetto al testo della [[fotosfera]] in cui il campo magnetico si presenta particolarmente intenso. Altri fenomeni strettamente dipendenti dal campo magnetico sono gli [[anello coronale|anelli coronali]] e i [[Brillamento|flare]].<ref name="JJames">{{cita web | cognome=Brainerd | nome=Jerome James | data=6 luglio 2005| url=http://www.astrophysicsspectator.com/topics/observation/XRayCorona.html | titolo=X-rays from Stellar Coronas | editore=The Astrophysics Spectator | accesso=21 giugno 2007 }}</ref>
 
Le giovani stelle, che tendono ad avere una velocità di rotazione molto alta, hanno un'attività magnetica molto intensa. I campi magnetici possono influire sui [[vento stellare|venti stellari]] arrivando ad agire come dei "freni" che rallentano progressivamente la [[rotazione]] della stella man mano che essa compie il proprio percorso evolutivo. Per questo motivo le stelle non più giovani, come il Sole, compiono la propria rotazione in tempi più lunghi e presentano un'attività magnetica meno intensa. I loro livelli di attività tendono a variare in maniera ciclica e possono cessare completamente per brevi periodi di tempo;<ref name="Berdyugina">{{cita web | cognome = Berdyugina | nome = Svetlana V. | anno=2005 | url =http://solarphysics.livingreviews.org/Articles/lrsp-2005-8/ | titolo =Starspots: A Key to the Stellar Dynamo | editore =Living Reviews | accesso=21 giugno 2007}}</ref> un esempio fu il [[minimo di Maunder]], durante il quale il Sole andò incontro a un settantennio di attività minima, in cui il numero delle [[macchia solare|macchie]] fu esiguo, se non quasi assente per diversi anni.<ref name="Vaquero">{{cita pubblicazione | autore=J. M. Vaquero|coautori= F. Sánchez-bajo, M. C. Gallego | titolo=A Measure of the Solar Rotation During the Maunder Minimum | rivista= Solar Physics | anno=2002 | volume=207 | numero=2 | pagine=219 | doi= 10.1023/A:1016262813525}}</ref>
 
=== Rotazione ===
{{vedi anche|Rotazione stellare}}
[[File:Achernar.jpg|thumb|L'aspetto schiacciato di [[Achernar]] (α [[Eridano (costellazione)|Eridani]]) è causato dalla rapida rotazione sul proprio asse]]
 
La rotazione stellare è il [[moto circolare|movimento angolare]] di una stella sul proprio [[asse di rotazione]], la cui durata può essere misurata in base al suo spettro o in maniera più accurata monitorando il [[periodo di rotazione]] delle strutture attive superficiali (macchie stellari).
 
Le giovani stelle hanno una rapida [[velocità angolare|velocità di rotazione]], superiore spesso a 100&nbsp;km/s all'equatore; ad esempio [[Achernar]] (α [[Eridano (costellazione)|Eridani]]), una stella di classe spettrale B, ha una velocità di rotazione all'[[equatore]] di circa 225&nbsp;km/s o superiore,<ref name="Achernar">{{cita web|url=http://www.focus.it/Notizie/2003/giugno/Una_stella_piatta.aspx|editore=Focus.it|titolo=Una stella piatta|accesso=17 giugno 2003}}</ref> il che conferisce all'astro un aspetto schiacciato, con il diametro equatoriale più largo del 50% rispetto al diametro polare.<ref name="Achernar"/> Tale velocità di rotazione è di poco inferiore alla velocità critica di 300&nbsp;km/s, raggiunta la quale la stella arriverebbe a frantumarsi;<ref name="Achernar2">{{cita web|url=http://www.scienzaesperienza.it/news/new.php?id=0087|editore=Scienza Esperienza on line| urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071014122846/http://scienzaesperienza.it/news/new.php?id=0087| dataarchivio=14 ottobre 2007| titolo=La curiosa forma di Achernar|accesso=29 marzo 2008}}</ref><ref name="flattest">{{cita web | titolo= Flattest Star Ever Seen | editore=ESO | data=11 giugno 2003 | url=http://www.eso.org/public/news/eso0316/ | accesso=3 ottobre 2006 }}</ref> il Sole, di contro, compie una rotazione completa ogni 25 – 35 giorni, con una velocità angolare all'equatore di 1,994&nbsp;km/s. Il campo magnetico e il vento della stella svolgono un'azione frenante sulla sua rotazione man mano che essa si evolve lungo la sequenza principale, arrivando a rallentarla, lungo questo arco di tempo, anche in maniera significativa.<ref name="Fitzpatrick">{{cita web | autore = Richard Fitzpatrick| data = 16 febbraio 2006 | url = http://farside.ph.utexas.edu/teaching/plasma/lectures/lectures.html | titolo = Introduction to Plasma Physics: A graduate course | editore = The University of Texas at Austin | accesso=4 ottobre 2006 }}</ref>
 
Le [[stella degenere|stelle degeneri]] hanno una massa elevata ed estremamente densa; ciò comporta una velocità di rotazione elevata, ma non sufficiente a raggiungere la velocità in grado di favorire la [[conservazione del momento angolare]], cioè la tendenza di un corpo in rotazione a compensare una contrazione nelle dimensioni con una crescita nella velocità di rotazione. La perdita di gran parte del [[momento angolare]] da parte della stella è il risultato della perdita di massa attraverso il vento stellare.<ref name="Villata">{{cita pubblicazione | autore = Massimo Villata | titolo=Angular momentum loss by a stellar wind and rotational velocities of white dwarfs | rivista=Monthly Notices of the Royal Astronomical Society | anno=1992 | volume=257 | numero= 3 | pagine=450–454 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1992MNRAS.257..450V }}</ref> Fanno eccezione le stelle di neutroni, che, manifestandosi come ''sorgenti radio pulsanti'' ([[pulsar]]), possono avere delle velocità di rotazione elevatissime; la [[pulsar del Granchio]] (posta all'interno della [[Nebulosa del Granchio]]), ad esempio, ruota 30 volte al secondo.<ref name="Crab Nebula">{{cita web | titolo=A History of the Crab Nebula | editore=ESO | data=30 maggio 1996 | url=http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/1996/22/astrofile/ | accesso=3 ottobre 2006 }}</ref> La velocità di rotazione di una pulsar è però destinata a diminuire nel corso del tempo, a causa della continua emissione di [[radiazione elettromagnetica|radiazioni]].<ref name="Crab Nebula"/>
 
=== Temperatura ===
[[File:Dgrhr.png|thumb|left|Diagramma H-R in cui è evidente la temperatura di ciascuna classe spettrale]]
 
La temperatura superficiale di una stella di sequenza principale è determinata dalla quantità di energia che viene prodotta nel nucleo e dal raggio del corpo celeste. Un valido strumento per la sua misurazione è l'[[indice di colore]],<ref name='astronomynotes'>{{cita web|url=http://www.astronomynotes.com/starprop/s5.htm|titolo=Properties of Stars: Color and Temperature |accesso=9 ottobre 2007 |autore=Nick Strobel|data= 2 agosto 2007 |editore=Astronomy Notes, Primis/McGraw-Hill Inc.}}</ref> che è normalmente associato alla [[temperatura effettiva (astrofisica)|temperatura effettiva]], vale a dire la temperatura di un [[corpo nero]] ideale che irradia la propria energia con una luminosità per area superficiale simile a quella della stella presa in considerazione. La temperatura effettiva è però solamente un valore rappresentativo: le stelle possiedono un [[gradiente di temperatura]] che diminuisce all'aumentare della distanza dal nucleo,<ref name="Seligman">{{cita web| autore= Courtney Seligman | anno= 2007| url=http://cseligman.com/text/stars/heatflowreview.htm| titolo =Review of Heat Flow Inside Stars|accesso=5 luglio 2007 }}</ref> la cui temperatura raggiunge valori di decine di milioni (talvolta persino miliardi) di [[kelvin]] (K).<ref name="aps_mss">{{cita web | data = 16 febbraio 2005 | url = http://www.astrophysicsspectator.com/topics/stars/MainSequence.html | titolo = Main Sequence Stars | editore = The Astrophysics Spectator | accesso=10 ottobre 2006 }}</ref>
 
La temperatura della stella determina l'entità della [[ionizzazione]] dei differenti elementi che la compongono, ed è pertanto misurata a partire dalle caratteristiche linee di assorbimento dello spettro stellare. Temperatura superficiale e [[magnitudine assoluta]] sono utilizzate nella [[classificazione stellare]].<ref name="new cosmos" />
 
Le stelle più massicce hanno temperature superficiali molto elevate, che possono arrivare fino a 50&nbsp;000&nbsp;[[Kelvin|K]], mentre le stelle meno massicce, come il Sole, hanno temperature nettamente inferiori, che non superano qualche migliaio di Kelvin. Le giganti rosse hanno temperatura superficiale molto bassa, di circa 3&nbsp;600-2&nbsp;800 K, ma appaiono molto luminose poiché la loro superficie radiante possiede un'[[area]] estremamente vasta.<ref name="zeilik">{{cita libro | autore=M. A. Zeilik| coautori=S. A. Gregory| titolo=Introductory Astronomy & Astrophysics|ed= 4| anno=1998 | editore=Saunders College Publishing | pagine=321 | isbn=0-03-006228-4}}</ref>
 
== Meccanismi delle reazioni nucleari ==
{{vedi anche|Nucleosintesi stellare}}
[[File:Fusion in the Sun it.svg|thumbnail|Schema della catena protone-protone]]{| style="float: right;"
 
|-
[[File:CNO Cycle it.svg|thumbnail|Schema del ciclo CNO]]
|}
 
Una grande varietà di reazioni nucleari ha luogo all'interno dei nuclei stellari e, in base alla massa e alla composizione chimica dell'astro, dà origine a nuovi elementi secondo un processo generalmente noto come [[nucleosintesi stellare]]. Durante la sequenza principale le reazioni prevalenti sono quelle di fusione dell'idrogeno, in cui quattro [[Atomo di idrogeno|nuclei di idrogeno]] (ciascuno costituito da un solo [[protone]]) si fondono per formare un nucleo di elio (due protoni e due [[neutrone|neutroni]]). La massa netta dei nuclei di elio è però minore della massa totale dei nuclei di idrogeno iniziali, e la conseguente variazione dell'[[energia di legame]] nucleare produce un rilascio di energia quantificabile per mezzo dell'equazione massa-energia di [[Albert Einstein]], [[E=mc²|''E''&nbsp;=&nbsp;''mc''²]].<ref name="sunshine" />
 
Il processo di fusione dell'idrogeno è sensibile alla temperatura, perciò anche il minimo sbalzo termico si riflette sulla velocità a cui avvengono le reazioni. Di conseguenza la temperatura dei nuclei delle stelle di sequenza principale ha dei valori, variabili da stella a stella, che vanno da un minimo di 4 milioni di K (nelle nane rosse) a un massimo di 40 milioni di K (stelle massicce di classe O).<ref name="aps_mss" />
 
Nel Sole, il cui nucleo raggiunge i 10-15 milioni di K, l'idrogeno è fuso secondo un ciclo di reazioni noto come [[catena protone-protone]]:<ref name="synthesis">{{cita pubblicazione | autore = G. Wallerstein|coautori= I. Iben Jr., P. Parker, A. M. Boesgaard, G. M. Hale, A. E. Champagne, C. A. Barnes, F. KM-dppeler, V. V. Smith, R. D. Hoffman, F. X. Timmes, C. Sneden, R. N. Boyd, B. S. Meyer, D. L. Lambert | titolo=Synthesis of the elements in stars: forty years of progress | rivista=Reviews of Modern Physics | anno=1999 | volume=69 | numero=4 | pagine=995–1084 | url=http://www.cococubed.com/papers/wallerstein97.pdf | formato=pdf |accesso=4 agosto 2006 }}</ref>
:4 [[Atomo di idrogeno|<sup>1</sup>H]] → 2 [[deuterio|<sup>2</sup>H]] + 2 [[positrone|e<sup>+</sup>]] + 2 [[neutrino|ν<sub>e</sub>]] (4,0 M[[elettronvolt|eV]] + 1,0 MeV)
:2 <sup>1</sup>H + 2 <sup>2</sup>H → 2 [[Elio-3|<sup>3</sup>He]] + 2 [[raggi gamma|γ]] (5,5 MeV)
:2 <sup>3</sup>He → [[Elio-4|<sup>4</sup>He]] + 2 <sup>1</sup>H (12,9 MeV)
 
Le precedenti reazioni possono essere riassunte nella formula:
 
:4 <sup>1</sup>H → <sup>4</sup>He + 2 e<sup>+</sup> + 2 ν<sub>e</sub> + 2 γ (26,7 MeV)
 
dove e<sup>+</sup> è un [[positrone]], γ è un [[fotone]] nella [[frequenza]] dei raggi gamma, ν<sub>e</sub> è un [[neutrino|neutrino elettronico]], H e He sono rispettivamente gli [[isotopo|isotopi]] dell'idrogeno e dell'elio. L'energia rilasciata da queste reazioni è espressa in milioni di [[elettronvolt]], ed è solo una minima parte dell'energia complessivamente liberata. La concomitanza di un gran numero di queste reazioni, che avvengono continuamente e senza sosta sino all'esaurimento dell'idrogeno, genera l'energia necessaria per sostenere la fuoriuscita delle radiazioni prodotte.<ref name="synthesis" />
<br />
{| class="wikitable" style="float: left; margin-right: 1em;"
|+ ''Massa minima per la fusione''
|-
!Elemento
![[Massa solare|Masse<br />solari]]
|-
| Idrogeno ||style="text-align: center;"| 0,01
|-
| Elio ||style="text-align: center;"| 0,4
|-
| Carbonio ||style="text-align: center;"| 4
|-
| Neon ||style="text-align: center;"| 8
|}
 
Nelle stelle più massicce, la fusione non è effettuata tramite la catena protone-protone, ma tramite il [[ciclo del carbonio-azoto|ciclo del carbonio-azoto-ossigeno]] (ciclo CNO), un processo più "efficiente", ma altamente sensibile alla temperatura, che richiede almeno 40 milioni di K per poter avvenire.<ref name="synthesis" /> Le singole reazioni che costituiscono il ciclo sono le seguenti:
 
:<sup>12</sup>C + <sup>1</sup>H → <sup>13</sup>N + γ + 1,95 MeV
:<sup>13</sup>N → <sup>13</sup>C + e<sup>+</sup> + ν<sub>e</sub> + 1,37 MeV
:<sup>13</sup>C + <sup>1</sup>H → <sup>14</sup>N + γ + 7,54 MeV
:<sup>14</sup>N + <sup>1</sup>H → <sup>15</sup>O + γ + 7,35 MeV
:<sup>15</sup>O → <sup>15</sup>N + e<sup>+</sup> + ν<sub>e</sub> + 1,86 MeV
:<sup>15</sup>N + <sup>1</sup>H → <sup>12</sup>C + <sup>4</sup>He + 4,96 MeV
 
I nuclei di elio delle stelle più evolute, che abbiano masse comprese tra 0,5 e 10 masse solari, hanno temperature prossime ai 100 milioni di K, tali da permettere di convertire questo elemento in carbonio per mezzo del [[processo tre alfa]], un processo nucleare che si serve come elemento intermediario del [[berillio]]:<ref name="synthesis" />
 
:<sup>4</sup>He + <sup>4</sup>He + 92 keV → <sup>8*</sup>Be
:<sup>4</sup>He + <sup>8*</sup>Be + 67 keV → <sup>12*</sup>C
:<sup>12*</sup>C → <sup>12</sup>C + γ + 7,4 MeV
 
La reazione complessiva è:
 
:3 <sup>4</sup>He → <sup>12</sup>C + γ + 7,2 MeV
 
Le stelle più massicce sono in grado di fondere anche gli elementi più pesanti, in un nucleo in progressiva contrazione, tramite i diversi processi nucleosintetici, specifici per ciascun elemento: [[processo di fusione del carbonio|il carbonio]], [[processo di fusione del neon|il neon]] e [[processo di fusione dell'ossigeno|l'ossigeno]]. La fase finale della nucleosintesi di una stella massiccia è la [[processo di fusione del silicio|fusione del silicio]], che comporta la sintesi dell'isotopo stabile ferro-56; la fusione del ferro è un [[processo endotermico]], che non può più andare avanti se non acquisendo energia: di conseguenza, le reazioni nucleari si arrestano e il [[collasso gravitazionale]] non è più contrastato dalla [[pressione di radiazione]];<ref name="synthesis" /> la stella, come già visto, esplode ora in supernova.
 
La tabella sottostante riporta il tempo che una stella di massa 20 volte quella solare impiega per fondere il proprio combustibile nucleare. Si tratta di una stella di classe O, con un raggio 8 volte [[raggio solare|quello del Sole]] e una luminosità 62&nbsp;000 volte [[luminosità solare|quella della nostra stella]].<ref name="woosley">{{cita pubblicazione | autore=S. E. Woosley|coautori= A. Heger, T. A. Weaver | titolo=The evolution and explosion of massive stars | rivista=Reviews of Modern Physics | anno=2002 | volume=74 | numero=4 | pagine=1015–1071 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2002RvMP...74.1015W }}</ref>
 
{{-}}
{| class="wikitable" style="margin: 1em auto 1em auto;"
!valign="bottom"| Combustibile<br />nucleare
!valign="bottom"| Temperatura<br />(in milioni di K)
!valign="bottom"| Densità<br />(kg/cm³)
!valign="bottom"| Durata della fusione<br />(τ in anni)
|-
|align="center"| H
|align="center"| 37
|align="center"| 0,0045
|align="center"| 8,1 milioni
|-
|align="center"| He
|align="center"| 188
|align="center"| 0,97
|align="center"| 1,2 milioni
|-
|align="center"| C
|align="center"| 870
|align="center"| 170
|align="center"| 976
|-
|align="center"| Ne
|align="center"| 1&nbsp;570
|align="center"| 3&nbsp;100
|align="center"| 0,6
|-
|align="center"| O
|align="center"| 1&nbsp;980
|align="center"| 5&nbsp;550
|align="center"| 1,25
|-
|align="center"| S/Si
|align="center"| 3&nbsp;340
|align="center"| 33&nbsp;400
|align="center"| 0,0315<ref group="N">0,0315 anni equivalgono a 11,5 giorni.</ref>
|}
 
== Radiazione stellare ==
[[File:Ngc1999.jpg|thumb|left|La [[nebulosa a riflessione]] [[NGC 1999]] è irradiata dalla variabile V380 Orionis (al centro), stella di 3,5&nbsp;M<sub>☉</sub>]]
 
L'energia prodotta tramite le reazioni nucleari viene irradiata nello [[spazio (astronomia)|spazio]] sotto forma di [[onda elettromagnetica|onde elettromagnetiche]] e [[particella (fisica)|particelle]]; queste ultime vanno a costituire il vento stellare,<ref name="Roach">{{cita news |autore= John Roach| titolo=Astrophysicist Recognized for Discovery of Solar Wind | pubblicazione=National Geographic News | giorno=27|mese= 08|anno= 2003| url=http://news.nationalgeographic.com/news/2003/08/0827_030827_kyotoprizeparker.html | accesso=13 giugno 2006 }}</ref> costituito da particelle sia provenienti dagli strati esterni della stella, come protoni liberi, [[Particella α|particelle alfa]], [[particella beta|beta]] e ioni di diverso tipo, sia dall'interno stellare, come i neutrini.
 
La produzione di energia nel nucleo stellare è il motivo per il quale le stelle appaiono così brillanti: in ogni momento due o più nuclei atomici vengono fusi assieme a formarne uno più pesante, mentre viene liberata una grande quantità di energia tramite radiazioni gamma. Durante l'attraversamento degli strati più esterni la radiazione gamma perde gradualmente energia trasformandosi in altre forme meno energetiche di [[radiazione elettromagnetica]], tra cui la [[luce visibile]].
 
Oltre che alle [[lunghezza d'onda|lunghezze d'onda]] del visibile, una stella emette radiazioni anche alle altre lunghezze dello [[spettro elettromagnetico]] invisibili all'[[occhio]] umano, dai [[raggi gamma]] alle [[onde radio]], passando per i [[raggi X]], l'[[radiazione ultravioletta|ultravioletto]], l'[[radiazione infrarossa|infrarosso]] e le [[microonde]].
 
Nota la distanza esatta di una stella dal Sistema solare, ad esempio tramite il metodo della parallasse, è possibile ricavare la luminosità della stella.
 
=== Luminosità ===
{{vedi anche|Luminosità (fisica)}}
[[File:Pistol star and nebula.jpg|thumb|La [[Stella Pistola]] (in quest'immagine di HST con la [[Nebulosa Pistola]]) è una delle stelle più luminose conosciute: infatti irradia nell'arco di 20 secondi la stessa energia che il Sole irradierebbe in un anno<ref name="Pistol">{{cita web|url=http://www.solstation.com/x-objects/pistol.htm|titolo= Pistol Star Fact Sheet|accesso=12 maggio 2007}}</ref>]]
 
In astronomia la luminosità è definita come la quantità di [[luce]] e di altre forme di [[energia radiante]] emessa da una stella per unità di tempo; essa dipende strettamente dal raggio e dalla temperatura superficiale della stella. Approssimando la stella a un [[corpo nero]] ideale, la luminosità (<math>L</math>) è [[Proporzionalità (matematica)|direttamente proporzionale]] al raggio (<math>R</math>) e alla temperatura effettiva (<math>T_{eff}</math>); tali parametri, messi in [[Relazione (matematica)|relazione]] tra loro, danno l'[[equazione]]:
 
:<math>L = 4 \pi R^2 \sigma T_{eff}^4 </math>
 
dove <math>4 \pi R^2</math> indica la superficie della stella (approssimata a una [[sfera]]) e <math>\sigma</math> la [[costante di Stefan-Boltzmann]].
 
Sono molte, tuttavia, le stelle che non emanano un [[flusso]] energetico (vale a dire la quantità di energia irradiata per unità di superficie) uniforme attraverso la propria superficie; ad esempio [[Vega]], che ruota molto velocemente sul proprio asse, emette un flusso maggiore ai [[polo geografico|poli]] che non all'[[equatore]].<ref name="vega">{{cita news| giorno=10|mese=01|anno= 2006| titolo=Rapidly Spinning Star Vega has Cool Dark Equator| pubblicazione=National Optical Astronomy Observatory| url=http://www.noao.edu/outreach/press/pr06/pr0603.html| accesso=18 novembre 2007}}</ref>
 
Le macchie stellari sono zone della fotosfera che appaiono poco luminose per via della temperatura inferiore al resto della superficie. Le stelle più grandi, le giganti, possiedono macchie molto vaste e pronunciate<ref name="Michelson Starspots">{{cita pubblicazione| autore=A. A. Michelson|coautori= F. G. Pease | titolo=Starspots: A Key to the Stellar Dynamo | rivista=Living Reviews in Solar Physics | editore=Max Planck Society | anno==2005 | url=http://www.livingreviews.org/lrsp-2005-8 }}</ref> e mostrano un importante [[oscuramento al bordo]], vale a dire la luminosità diminuisce man mano che si procede verso il bordo del disco stellare;<ref name="Manduca">{{cita pubblicazione | autore=A. Manduca|coautori= R. A. Bell, B. Gustafsson | titolo=Limb darkening coefficients for late-type giant model atmospheres | rivista=Astronomy and Astrophysics | anno=1977 | volume=61 | numero=6 | pagine=809–813 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1977A&A....61..809M }}</ref> le stelle più piccole invece, le nane come il Sole, hanno in genere poche macchie, tutte di piccole dimensioni; fanno eccezione le [[nana rossa|nane rosse]] [[stella a brillamento|a brillamento]] del tipo [[UV Ceti]], che possiedono delle macchie molto vaste.<ref name="Chugainov">{{cita pubblicazione | autore=P. F. Chugainov | titolo=On the Cause of Periodic Light Variations of Some Red Dwarf Stars | rivista=Information Bulletin on Variable Stars | anno=1971 | volume=520 | pagine=1–3 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1977A&A....61..809M }}</ref>
 
==== Magnitudine ====
{{vedi anche|Magnitudine apparente|Magnitudine assoluta}}
 
La luminosità di una stella è misurata tramite la magnitudine, distinta in [[magnitudine apparente|apparente]] e [[magnitudine assoluta|assoluta]]. La magnitudine apparente misura la luminosità della stella percepita dall'osservatore; essa dipende dunque dalla luminosità reale della stella, dalla sua distanza dalla Terra e dalle alterazioni provocate dall'atmosfera terrestre (''[[seeing]]''). La magnitudine assoluta o ''intrinseca'' è la magnitudine apparente che la stella avrebbe se si trovasse alla distanza di 10 parsec (32,6 [[anno luce|anni luce]]) dalla Terra, ed è strettamente correlata alla luminosità reale della stella.
 
{| class="wikitable" style="float: left; margin-right: 1em;"
|+ ''Numero di stelle per magnitudine''
!Magnitudine <br />apparente
!Numero&nbsp;<br />di&nbsp;stelle<ref name="magn">{{cita web | url = http://www.nso.edu/PR/answerbook/magnitude.html | titolo = Magnitude | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20080206074842/http://www.nso.edu/PR/answerbook/magnitude.html| dataarchivio =6 febbraio 2008| editore = National Solar Observatory—Sacramento Peak | accesso=23 agosto 2006 }}</ref>
|-
|style="text-align: center;"|0
|style="text-align: center;"|4
|-
|style="text-align: center;"|1
|style="text-align: center;"|15
|-
|style="text-align: center;"|2
|style="text-align: center;"|48
|-
|style="text-align: center;"|3
|style="text-align: center;"|171
|-
|style="text-align: center;"|4
|style="text-align: center;"|513
|-
|style="text-align: center;"|5
|style="text-align: center;"|1&nbsp;602
|-
|style="text-align: center;"|6
|style="text-align: center;"|4&nbsp;800
|-
|style="text-align: center;"|7
|style="text-align: center;"|14&nbsp;000
|}
 
Entrambe le scale di magnitudine hanno un andamento [[logaritmo|logaritmico]]: una variazione di magnitudine di 1 unità equivale a una variazione di luminosità di 2,5 volte,<ref name="radice">La [[radicale (matematica)|radice 5<sup>a</sup>]] di 100 è uguale a circa 2,512</ref><ref name="luminosity">{{cita web | url = http://outreach.atnf.csiro.au/education/senior/astrophysics/photometry_luminosity.html | titolo = Luminosity of Stars | editore = Australian Telescope Outreach and Education | accesso=13 agosto 2006 }}</ref> il che significa che una stella di prima magnitudine (+1,00) è circa 2,5 volte più brillante di una di seconda magnitudine (+2,00) e, quindi, circa 100 volte più brillante di una di sesta magnitudine (+6,00), che è la magnitudine limite sino alla quale l'occhio umano riesce a distinguere gli oggetti celesti.
 
In entrambe le scale, quanto più piccolo è il numero della magnitudine, tanto più luminosa risulta essere la stella e viceversa; di conseguenza, le stelle più brillanti arrivano ad avere dei valori di magnitudine negativi. La differenza di luminosità tra due stelle è calcolata sottraendo la magnitudine della stella più brillante (<math>m_b</math>) alla magnitudine della stella meno brillante (m<sub>f</sub>) e utilizzando il risultato come esponente del numero 2,512; cioè:
 
:<math>\Delta{m} = m_f - m_b</math>
:<math>2,512^{\Delta{m}} = \Delta{L}</math> (''Differenza di luminosità'')
 
La magnitudine apparente (m) e assoluta (M) di ciascuna stella non coincidono quasi mai, a causa sia della sua luminosità effettiva sia della sua distanza dalla Terra;<ref name="luminosity" /> ad esempio Sirio, la [[Lista delle stelle più brillanti del cielo|stella più brillante del cielo notturno]], ha una magnitudine apparente di −1,44 ma una magnitudine assoluta di +1,41, e possiede una luminosità circa 23 volte [[luminosità solare|quella del Sole]]. La nostra stella ha una magnitudine apparente di −26,7, ma la sua magnitudine assoluta è di appena +4,83; [[Canopo]], la seconda stella più brillante del cielo notturno, ha invece una magnitudine assoluta di −5,53 ed è quasi 14&nbsp;000 volte più luminosa del Sole. Nonostante Canopo sia enormemente più luminosa di Sirio, è quest'ultima ad apparire più brillante poiché è nettamente più vicina: dista infatti 8,6 anni luce dalla Terra, mentre Canopo è situata a 310 anni luce di distanza dal nostro pianeta.
 
La [[Lista delle stelle più luminose conosciute|stella con la magnitudine assoluta più bassa rilevata]] è [[LBV 1806-20]], con un valore di −14,2; la stella sembra essere almeno 5&nbsp;000&nbsp;000 di volte più luminosa del Sole.<ref name="LBV 1806-20">{{cita news | autore = Aaron Hoover | giorno = 5|mese=01|anno=2004 | url = http://www.napa.ufl.edu/2004news/bigbrightstar.htm | titolo = Star may be biggest, brightest yet observed | pubblicazione = HubbleSite | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070807141344/http://www.napa.ufl.edu/2004news/bigbrightstar.htm| dataarchivio = 7 agosto 2007|accesso=8 giugno 2006 }}</ref> Le stelle meno luminose conosciute si trovano nell'ammasso globulare [[NGC 6397]]: le più deboli si aggirano sulla 26<sup>a</sup> magnitudine, ma alcune arrivano persino alla 28<sup>a</sup>. Per avere un'idea della piccola luminosità di queste stelle, sarebbe come tentare di osservare dalla Terra la luce di una candelina da torta situata sulla Luna.<ref>{{cita news | giorno=17|mese=08| anno= 2006| url = http://hubblesite.org/newscenter/newsdesk/archive/releases/2006/37/image/a | titolo = Faintest Stars in Globular Cluster NGC 6397 | pubblicazione = HubbleSite | accesso=8 giugno 2006 }}</ref>
 
== Stelle variabili ==
[[File:Nasa EV Lacertae 250408.jpg|thumb|upright=1.3|Rappresentazione artistica della variabile eruttiva [[EV Lacertae]]]]
{{vedi anche|Stella variabile}}
Alcune stelle mostrano delle variazioni periodiche o improvvise nella luminosità, causate da fattori intrinseci o estrinseci. Le cosiddette ''variabili intrinseche'' possono essere suddivise in tre categorie principali:<ref name="variables">{{cita web | url = http://www.aavso.org/types-variables | titolo = Types of Variable Stars | editore = AAVSO | accesso=20 luglio 2006 }}</ref>
 
* ''[[Variabile pulsante|Variabili pulsanti]]''. Durante la loro evoluzione, alcune stelle passano attraverso delle fasi di instabilità durante le quali vanno incontro a pulsazioni regolari. Le variabili pulsanti variano oltre che nella luminosità anche nelle dimensioni, espandendosi e contraendosi in un arco di tempo che varia da alcuni minuti sino ad alcuni anni, a seconda delle dimensioni della stella. In questa categoria rientrano le [[variabile Cefeide|Cefeidi]], usate come [[candela standard|candele standard]] per misurare le distanze intergalattiche,<ref name="Allen">{{cita web|autore=N. Allen|titolo=The Cepheid Distance Scale: A History|mese=agosto|anno= 2005|url=http://www.institute-of-brilliant-failures.com|accesso=4 maggio 2008}}</ref> e altre variabili simili a breve periodo ([[Variabile RR Lyrae|RR Lyrae]] ecc.), come anche le variabili a lungo periodo, come quelle del [[Variabile Mira|tipo Mira]].<ref name="variables"/>
 
* ''[[Variabile eruttiva|Variabili eruttive]]''. Questa classe di variabili è costituita da stelle che manifestano improvvisi aumenti nella luminosità causati da [[Brillamento|flare]] o altri fenomeni eruttivi o esplosivi di lieve entità causati dal campo magnetico, come le espulsioni di massa e via dicendo.<ref name="variables" /> A questa categoria appartengono le protostelle, le stelle di Wolf-Rayet e le stelle a brillamento, alcune giganti e supergiganti rosse e blu.
 
* [[Variabile cataclismica|''Variabili cataclismiche'' o ''esplosive'']]. Le variabili cataclismiche, come dice il nome stesso, sono soggette a degli eventi cataclismatici che ne sconvolgono le proprietà originarie; questa classe comprende le [[nova]]e e le supernovae. Un sistema binario che sia costituito da una [[gigante rossa]] e da una [[nana bianca]], posta molto vicino alla primaria, può dar luogo ad alcuni di questi eventi tanto spettacolari quanto distruttivi, come le [[nova]]e e le [[Supernova di tipo Ia|supernovae di tipo Ia]].<ref name="Iben"/> La supernova di tipo Ia si innesca quando la nana bianca, assumendo sempre più idrogeno, raggiunge e supera la massa limite di Chandrasekhar. [[File:Accretion Disk Binary System.jpg|left|thumb|upright=1.3|Rappresentazione artistica della formazione di una variabile cataclismica]] A questo punto la nana inizia a collassare in una stella di neutroni o in un buco nero, mentre l'[[energia potenziale gravitazionale]] del collasso e la condizione di alta densità derivante dallo [[materia degenere|stato degenere]] della materia della stella innescano una rapida fusione nucleare degli atomi di carbonio e ossigeno rimanenti in un processo a ''feed-back'' positivo, regolato principalmente dalla temperatura del plasma coinvolto.<ref name="Mazzali2007">{{cita pubblicazione| autore=P. A. Mazzali|coautori= F. K. K. Röpke, S. Benetti, W. Hillebrandt| titolo=A Common Explosion Mechanism for Type Ia Supernovae | rivista=Science | anno=2007 | volume=315 | numero=5813 | pagine=825–828| doi=10.1126/science.1136259|accesso=24 maggio 2007|pmid=17289993}}</ref> L'improvviso rilascio di energia produce una potentissima onda d'urto che accelera i prodotti di fusione oltre la [[velocità di fuga]] della stella, la quale viene così fatta a pezzi.<ref name="Mazzali2007"/> Le supernovae di tipo Ia hanno tutte una luminosità simile; perciò gli astronomi le utilizzano come candele standard per determinare le distanze extragalattiche.<ref name="Mazzali2007"/> Il meccanismo di formazione di una nova è piuttosto simile, ma l'esplosione avviene prima che la nana raggiunga la massa di Chandrasekhar.<ref name="cataclismico">{{cita web | data = 1º novembre 2004 | url = http://imagine.gsfc.nasa.gov/science/objects/cataclysmic_variables.html | titolo = Cataclysmic Variables |editore = NASA Goddard Space Flight Center | accesso=8 giugno 2006 }}</ref> La fusione produce quindi abbastanza energia per aumentare drasticamente la luminosità della stella, ma questa sopravvive all'evento. Alcune novae sono [[Nova ricorrente|ricorrenti]], cioè vanno incontro a periodiche esplosioni di moderata intensità.<ref name="variables" />
 
Le stelle possono anche variare la propria luminosità per fattori estrinseci; in questo caso prendono il nome di ''variabili estrinseche''. Appartengono a questa classe le [[binaria a eclisse|binarie a eclisse]] e le stelle che, ruotando, mostrano periodicamente delle macchie che ricoprono una vasta area della loro superficie.<ref name="variables" /> Un esempio lampante di binaria a eclisse è [[Algol (astronomia)|Algol]], che varia regolarmente la propria magnitudine da 2,3 a oltre 3,5 in 2,87 giorni.
 
== Popolazione stellare dell'Universo ==
[[File:NGC290.jpg|thumb|L'ammasso aperto [[NGC 290]]]]
 
Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in [[sistema stellare|sistemi]] costituiti da due ([[stella binaria|stelle binarie]], il tipo più comune) o più componenti ([[sistema multiplo|sistemi multipli]]) legate tra loro da [[forza di gravità|vincoli gravitazionali]]. Per motivi connessi alla stabilità orbitale, i sistemi multipli sono spesso organizzati in gruppi gerarchici di binarie coorbitanti.<ref name="Szebehely">{{cita libro | nome=Victor G. | cognome=Szebehely | coautori=Richard B. Curran| anno=1985 | titolo=Stability of the Solar System and Its Minor Natural and Artificial Bodies | editore=Springer | isbn=90-277-2046-0 }}</ref> Esistono anche insiemi più vasti, detti [[ammasso stellare|ammassi stellari]], che vanno dalle poche decine o centinaia di stelle delle piccole [[Associazione stellare|associazioni]], fino alle migliaia di astri dei più imponenti [[ammasso aperto|ammassi aperti]] e [[ammasso globulare|globulari]]; questi ultimi arrivano a contenere persino decine di milioni di stelle, come nel caso di [[Omega Centauri]].<ref name="ammasso globulare">{{cita pubblicazione |autore= Harlow Shapley|linkautore = Harlow Shapley | anno = 1918 | titolo = Globular Clusters and the Structure of the Galactic System | rivista = Publications of the Astronomical Society of the Pacific | volume = 30 | numero = 173 | pagine = 42+ | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1918PASP...30...42S |accesso=30 maggio 2006 }}</ref>
 
È attualmente accertato che la gran parte delle stelle della nostra galassia, prevalentemente [[nana rossa|nane rosse]] (che costituiscono l'85% del totale), non facciano parte di alcun sistema stellare; si calcola che il 25% di questa categoria sia legato ad altre stelle in un sistema.<ref name="HSCA">{{cita news |pubblicazione=Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics |data=30 gennaio 2006 | url=http://www.cfa.harvard.edu/news/2006-11 |titolo=Most Milky Way Stars Are Single |accesso=16 luglio 2006 }}</ref> Tuttavia, è statisticamente dimostrato che, man mano che aumentano le masse delle stelle, esse tendono a raggrupparsi in associazioni: ciò si riscontra in modo particolare nelle [[stella blu|stelle massicce]] di classe O e B, che vanno a costituire le cosiddette [[Associazione OB|associazioni OB]].
 
Le stelle non sono distribuite uniformemente nell'Universo, ma sono normalmente raggruppate in galassie assieme a una certa quantità di [[mezzo interstellare|gas e polveri interstellari]]. Recentemente sono state scoperte dal [[telescopio spaziale Hubble]] alcune stelle nello [[spazio intergalattico]]: si tratta delle cosiddette [[stella iperveloce|stelle iperveloci]], la cui velocità orbitale è così elevata da consentire loro di vincere l'attrazione gravitazionale della galassia e fuggire nello spazio intergalattico.<ref name="stelle intergalattiche">{{cita news | titolo=Hubble Finds Intergalactic Stars | pubblicazione=Hubble News Desk | giorno=14|mese=01|anno=1997| url=http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/1997/02/text/ | accesso=6 novembre 2006 }}</ref>
 
Una galassia di medie dimensioni contiene centinaia di miliardi di stelle; tenendo conto che esistono più di 100 miliardi di galassie nell'[[Universo osservabile]]<ref name="galassie">{{cita web | titolo=What is a galaxy? How many stars in a galaxy / the Universe? | editore=Royal Greenwich Observatory | url=http://www.nmm.ac.uk/server/show/ConWebDoc.20495 | accesso=18 luglio 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071010122331/http://www.nmm.ac.uk/server/show/ConWebDoc.20495|dataarchivio = 10 ottobre 2007}}</ref>, gli astronomi ritengono che le stelle dell'Universo sarebbero nel complesso almeno 70&nbsp;000 miliardi di miliardi (7×10<sup>22</sup>),<ref name="numero stelle">{{cita news | titolo=Astronomers count the stars | pubblicazione=BBC News | data=22 luglio 2003 | url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/3085885.stm | accesso=18 luglio 2006 }}</ref> un numero 230 miliardi di volte superiore a quello delle stelle contenute nella Via Lattea (stimato in circa 300 miliardi).
 
La [[Lista delle stelle più vicine|stella più vicina]] alla [[Terra]], a parte il [[Sole]], è la nana rossa [[Proxima Centauri]] (parte del sistema di [[Alfa Centauri]]), che si trova a 39,9 [[bilione|bilioni]] (10<sup>12</sup>) di [[chilometro|chilometri]] (4,2 [[anni luce]]) dalla [[Terra]]; per avere l'idea di una simile distanza, se si intraprendesse un viaggio interstellare verso Proxima alla [[velocità orbitale]] dello [[Space Shuttle]] (circa 30&nbsp;000 [[chilometro orario|km/h]]), si giungerebbe a destinazione dopo almeno 150&nbsp;000 anni.<ref group="N">Il calcolo del tempo impiegato è il risultato della divisione della distanza in km tra Proxima Centauri e il Sole con la velocità media dello Shuttle moltiplicata per le ore complessive di un anno: <br />
<math> \begin{smallmatrix}\frac{3,99 \cdot 10^{13}} {3 \cdot 10^4 \cdot 24 \cdot 365,25} \cdot \frac {km} {\frac {km} {h} \cdot h \cdot d} = 1,5 \cdot 10^5 anni\end{smallmatrix}</math></ref> Simili distanze sono tipiche dell'interno del [[piano galattico]],<ref name="densità stelle">{{cita pubblicazione | autore=J. Holmberg|coautori= C. Flynn | titolo=The local density of matter mapped by Hipparcos | rivista=Monthly Notices of the Royal Astronomical Society | volume=313 | numero=2 | anno=2000 | pagine=209–216 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2000MNRAS.313..209H |accesso=18 luglio 2006 }}</ref> ma la densità stellare non è costante: infatti tende a essere maggiore negli ammassi globulari e nei nuclei galattici, mentre diminuisce nell'[[alone galattico]].
 
Per via delle distanze relativamente elevate che intercorrono tra le stelle al di fuori delle regioni dense, le collisioni stellari sono molto rare. Tuttavia, quando si verifica questo particolare avvenimento,<ref name="DarkMatter">{{cita news | titolo=Astronomers: Star collisions are rampant, catastrophic | pubblicazione=CNN News | data=2 giugno 2000 | url=http://edition.cnn.com/2000/TECH/space/06/02/stellar.collisions/index.html | accesso=21 luglio 2006 }}</ref> ha origine un particolare tipo di stelle, denominato ''[[stella vagabonda blu|vagabonda blu]]'', caratterizzato da una temperatura superficiale superiore a quella delle altre stelle di sequenza principale della regione (donde il colore spesso blu-azzurro, da cui deriva il nome).<ref name="Lombardi">{{cita pubblicazione | autore = J. C. Lombardi Jr.|coautori= J. S. Warren, F. A. Rasio, A. Sills, A. R. Warren | titolo = Stellar Collisions and the Interior Structure of Blue Stragglers | rivista=The Astrophysical Journal | anno=2002 | volume=568 | pagine=939–953 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2002ApJ...568..939L|accesso=31 dicembre 2007}}</ref>
 
== Pianeti e sistemi planetari ==
[[File:Fomalhaut with Disk Ring and extrasolar planet b.jpg|thumb|upright=1.2|left|Immagine ripresa dal telescopio spaziale Hubble che mostra la [[cintura asteroidale]] e [[Fomalhaut b|il pianeta]] che orbita attorno a [[Fomalhaut]] (α [[Pesce Australe|Piscis Austrini]])]]
{{vedi anche|Pianeta|Sistema planetario}}
 
La presenza di pianeti e [[sistema planetario|sistemi organizzati]] in orbita attorno a stelle è un'evenienza piuttosto frequente nell'universo.<ref name="ExoplanEncyclopedia"/> Il Sole stesso possiede un articolato sistema di pianeti, il [[sistema solare]], costituito dalla varietà di oggetti mantenuti in orbita dalla gravità della stella, tra cui gli otto pianeti e i cinque [[Pianeta nano|pianeti nani]], i rispettivi [[satellite naturale|satelliti]] e miliardi di [[Corpo minore|corpi minori]].<ref name="sis.solare">{{cita web |titolo=An Overview of the Solar System |editore=nineplanets.org |url=http://www.nineplanets.org/overview.html |accesso=15 febbraio 2007}}</ref>
 
La presenza di [[pianeta extrasolare|pianeti al di fuori del sistema solare]] è stata per lungo tempo oggetto di congetture, fino al 1992, quando furono scoperti due [[pianeta terrestre|pianeti rocciosi]] intorno alla pulsar [[PSR B1257+12]];<ref>{{cita pubblicazione| url=http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/bib_query?1994Sci...264..538W| autore= A. Wolszczan |titolo= Confirmation of Earth Mass Planets Orbiting the Millisecond Pulsar PSR B1257+12 |rivista= [[Science]]| volume=264|numero=5158 |pagine=538 – 542|anno=1994}}</ref> si trattava dei primi pianeti extrasolari a essere scoperti [[pianeti delle pulsar|intorno a una pulsar]],<ref>{{cita web| url= http://www.astro.psu.edu/users/alex/pulsar_planets.htm| titolo= Pulsar planets| accesso=4 dicembre 2008}}</ref> il che suscitò un grande interesse nella [[comunità scientifica]] in quanto si supponeva che solamente le stelle di sequenza principale potessero avere pianeti. Il primo esopianeta orbitante attorno a una stella di sequenza principale, [[51 Pegasi b]], fu scoperto nel 1995;<ref>{{cita pubblicazione|lingua=en |url=http://www.nature.com/nature/journal/v378/n6555/abs/378355a0.html |nome=M. |cognome=Mayor |linkautore=Michel Mayor |coautori=Queloz, D. |titolo=A Jupiter-mass companion to a solar-type star |rivista=[[Nature]] |volume=378 |anno=1995 |pagine=355-359 |doi=10.1038/378355a0 |accesso=21 settembre 2009}}</ref> Negli anni successivi le scoperte si sono moltiplicate; a ottobre 2011 si contano quasi 700 pianeti scoperti al di fuori del sistema solare,<ref name="ExoplanEncyclopedia"/> la maggior parte dei quali hanno masse pari o superiori a [[massa gioviana|quella di Giove]].<ref>{{cita web |lingua=en |titolo=Interactive Extra-solar Planets Catalog |sito=The Extrasolar Planets Encyclopedia |url=http://exoplanet.eu/catalog.php |cognome=Schneider |nome=Jean |data=11 dicembre 2006 |accesso=21 settembre 2009}}</ref> Il motivo di questa apparente difformità nella distribuzione di masse osservata è dato da un classico [[effetto di selezione]], in virtù del quale i nostri strumenti sono capaci di vedere solo pianeti molto grandi e prossimi alla rispettiva stella madre, perché i loro effetti gravitazionali sono maggiori e più agevoli da individuare.
 
== Nella cultura ==
=== Etimologia ===
Il termine "stella" è stato oggetto di numerose [[etimologia|etimologie]] e interpretazioni da parte dei [[linguistica|linguisti]]. Sino agli inizi del [[XX secolo]] due erano le etimologie prevalenti:<ref name="etimologia">{{cita web|url=http://www.etimo.it/?term=stella |titolo=Dizionario etimologico on-line - "Stella"|accesso=25 dicembre 2007}}</ref> la prima, proposta dal [[Germania|tedesco]] [[Adalbert Kuhn]], sosteneva che "stella" derivasse dal [[lingua latina|latino]] ''stella'' (originariamente ''sterla''), forma [[Sincope (linguistica)|sincopata]] di ''sterula'', che a sua volta deriverebbe dall'[[Lingua ittita|ittita]] ''shittar'' e dal [[Lingua sanscrita|sanscrito]] [[Alfabeto internazionale per la translitterazione del sanscrito|सितारा]] (''sitara''), la cui radice ''sit-'' è comune col verbo che significa ''spargere''; secondo quest'etimologia "stella" significherebbe ''sparsa'' (per il firmamento).<ref name="etimologia"/> Altri studiosi a lui contemporanei ritenevano che il termine derivasse invece da un arcaico ''astella'', a sua volta derivato dal [[lingua greca|greco]] {{Polytonic|ἀστήρ}} (''astér'', in latino ''astrum''), che mantiene la [[radice (linguistica)|radice]] [[Lingue indoeuropee|indoeuropea]] ''as-'', di accezione [[balistica]]; secondo questa seconda etimologia "stella" significherebbe ''che scaglia'' (raggi di luce).<ref name="etimologia"/>
 
Attualmente i linguisti propendono per due alternative etimologie. La prima tende a far derivare il termine da una radice protoindoeuropea, *h₂stḗr, da una radice *h₂Hs- che significherebbe ''ardere'', ''bruciare''; in alternativa, il termine deriverebbe da una parola [[Sumeri|sumera]] o [[Babilonesi|babilonese]], riconoscibile anche nel nome della dea [[Ištar]], con cui si indicava il pianeta [[Venere (astronomia)|Venere]].<ref name="etimo_stella">{{cita web| url=https://en.wiktionary.org/wiki/Appendix:Proto-Indo-European/h%E2%82%82st%E1%B8%97r|titolo=Appendix:Proto-Indo-European *h₂stḗr|accesso=9 giugno 2008}}</ref>
 
=== Letteratura, filosofia e musica ===
{{Citazione|Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me|Epitaffio sulla tomba di [[Immanuel Kant]] dalla ''[[Critica della ragion pratica]]'', 1788}}
[[File:Pleiades large.jpg|thumb|upright=1.3|L'[[ammasso aperto]] delle [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]] (M45), nella [[costellazione]] del [[Toro (costellazione)|Toro]]]]
 
Nell'avvicendarsi delle epoche storiche furono molti i [[filosofo|filosofi]], i [[poeta|poeti]], gli [[scrittore|scrittori]] e persino i [[musicista|musicisti]] a ispirarsi al cielo stellato; in diversi casi, essi stessi si sono interessati in prima persona allo studio dell'astronomia, con riscontri nelle loro opere.<ref name="cultura"/>
 
Numerosi sono i riferimenti sulle stelle fatti da importanti letterati dell'[[Grecia antica|antichità greca]] e [[Storia romana|romana]]. Secondo l'astronomo Kenneth Glyn Jones, il primo riferimento conosciuto alle [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]], un famoso ammasso aperto nella [[costellazione]] del [[Toro (costellazione)|Toro]], è una citazione di [[Esiodo]], risalente circa all'[[XI secolo a.C.]] [[Omero]] ne fa menzione nell<nowiki>'</nowiki>''[[Odissea]]'', mentre nella [[Bibbia]] compaiono addirittura tre riferimenti.<ref name="Pleiadi">{{cita web|url=http://astrolink.mclink.it/messier/m/m045.html|titolo=Oggetti di Messier - M45|accesso=6 giugno 2008}}</ref> <br />
Numerosi intellettuali del periodo scrissero inoltre opere incentrate sull'astronomia; basti pensare ad [[Arato di Soli]], autore dei ''Fenomeni'', al ''[[Somnium Scipionis]]'', parte del VI libro del ''[[De re publica]]'' [[Marco Tullio Cicerone|ciceroniano]], o ancora a [[Marco Manilio]] e il [[Poema didascalico|poemetto didascalico]] ''Astronomica'', alle ''Naturales Quaestiones'' di [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]], o a Claudio Tolomeo e al suo ''Almagesto'', il più completo catalogo stellare dell'antichità.<ref name="cultura"/>
 
Durante l'epoca medioevale si classificava l'astronomia come una delle [[Quadrivio|arti del quadrivio]], assieme all'[[aritmetica]], alla [[geometria]] e alla [[musica]].<ref name="cultura"/> [[Dante Alighieri]], nella ''[[Divina Commedia]]'', ha trattato diversi aspetti del sapere dell'epoca, indugiando particolarmente sulle conoscenze astronomiche del tempo; le tre cantiche del poema inoltre terminano con la parola "stelle": infatti esse, quali sede del [[Paradiso]], sono per Dante il naturale destino dell'uomo e della sua voglia di conoscenza, tramite il suo sforzo a salire a guardare verso l'alto.<ref name="sermonti">{{cita libro|autore=[[Vittorio Sermonti|V. Sermonti]]| titolo= L' Inferno di Dante| editore= Rizzoli |città= Milano |anno= 2006}}</ref>
 
Altri importanti letterati, quali [[Giacomo Leopardi]], si occuparono nelle loro opere di argomenti inerenti ad aspetti astronomici; il poeta di [[Recanati]] è autore nei suoi componimenti di un gran numero di riferimenti astronomici, come ad esempio in ''Canto notturno di un pastore errante dell'Asia'' o in ''Le ricordanze''; inoltre scrisse, durante la sua gioventù, un poco noto trattato intitolato ''Storia dell'astronomia''.<ref name="Leopardi_astro">{{cita web|url=http://www.astrofilitrentini.it/notiz/not14/leopardi.html|titolo=L'astronomia di Giacomo Leopardi|autore=Marco Murara|accesso=14 giugno 2008}}</ref> Celebre l'[[aforisma]] di [[Ralph Waldo Emerson|Emerson]]: "Aggancia il tuo carro a una stella".<ref>R. W. Emerson, ''American Civilization – The Atlantic Monthly'', 1862; citato in Guido Sgardoli, ''Piccolo Capo Bianco'', Milano, Rizzoli, 2013, [http://books.google.it/books?id=erEmAAAAQBAJ&pg=PT123 p. 123].</ref> Riferimenti astronomici sono presenti anche in diverse liriche del [[Giovanni Pascoli|Pascoli]] (come in ''Gelsomino notturno''), in [[Giuseppe Ungaretti]] (che compose una poesia intitolata ''Stella'') e nel romanzo ''[[Il piccolo principe]]'' di [[Antoine de Saint-Exupéry]].
 
[[File:VanGogh-starry night.jpg|thumb|left|[[Vincent van Gogh]], ''[[Notte stellata]]''.<br />o/t, 73x92 cm, 1889, [[Museum of Modern Art]], New York.]]
 
Nell'[[Romanticismo|epoca romantica]] la musica, come del resto le altre arti, poneva il suo fondamento su tutti gli episodi in grado di scatenare nell'animo umano quelle forti sensazioni che prendono il nome di "[[sublime]]"; in particolare la vista del cielo stellato influì sulla creazione dei cosiddetti ''[[Notturno (musica)|Notturni]]'', i più importanti dei quali furono composti dal [[Polonia|polacco]] [[Fryderyk Chopin]] (che ne scrisse 21). Diversi altri riferimenti astronomici sono presenti nelle opere per [[pianoforte]] e nella sesta sinfonia di [[Ludwig van Beethoven|Beethoven]]. Il genere del ''Notturno'' non si esaurì con il Romanticismo, ma proseguì nell'età postromantica; il riferimento importante è dato dai due ''Notturni'' nella settima sinfonia di [[Gustav Mahler]] e nelle atmosfere notturne ricorrenti nei poemi di [[Richard Strauss]], in particolare nella ''Sinfonia delle Alpi''.<ref>{{cita web|titolo=Il Notturno in musica|url=http://www.rivistazetesis.it/Notturno/Musica/Moderno.htm|accesso=6 giugno 2008}}</ref>
 
Nel campo delle arti figurative è sufficiente pensare a [[Leonardo da Vinci]] per comprendere le innumerevoli affinità tra scienza e arte e, sebbene Leonardo non si sia interessato di astronomia, nelle sue ricerche riuscì comunque ad abbracciare concetti scientifici inerenti alla natura dell'Universo comparandoli ad altri più "[[Umanesimo|umanistici]]" sulla natura umana.<ref name="cultura"/> Altri artisti, quali [[Albrecht Durer]], [[Étienne Léopold Trouvelot|Étienne L. Trouvelot]], [[Giacomo Balla]], [[Maurits Escher|Maurits C. Escher]], furono persino spinti ad approfondire gli studi astronomici per rappresentarne i concetti scientifici nelle loro opere. Anche Salvador Dalí restò fortemente influenzato dagli sconvolgimenti teorici arrecati alla fisica primo novecentesca da parte della [[teoria della relatività]] di Einstein.<ref name="cultura"/> Altri ancora, come [[Giotto]], [[Vincent van Gogh]] e [[Joan Miró]], subirono il fascino irresistibile della volta celeste e, semplicemente, vollero rappresentare il cielo stellato sulla tela o nelle elaborazioni stilistiche a loro più congeniali.<ref name="cultura"/>
 
=== Cultura di massa ===
 
Da tempo immemore le stelle trovano spazio nella [[Folclore|cultura popolare]].<ref name="cultura popolare">{{cita web|url=http://www.vecchiopiemonte.it/storia/curios_stor/cielo.htm|titolo=La conoscenza del cielo nella cultura popolare|autore=Diego Priolo|editore=Vecchio Piemonte|accesso=24 aprile 2008}}</ref> Sebbene le conoscenze popolari del cielo fossero piuttosto ridotte e commiste con numerose leggende, sia risalenti all'epoca precristiana, ma ancora più spesso legate alla [[Cattolicesimo|religione cattolica]], esse avevano un certo grado di complessità e rappresentavano, per così dire, la continuazione di quel sapere astronomico risalente alla preistoria e profondamente legato alla scansione temporale delle attività lavorative nel corso dell'anno.<ref name="cultura popolare"/>
 
Per questo motivo alcuni astri assunsero nomi particolari a causa della loro utilità pratica: il pianeta Venere, ad esempio, considerato una vera e propria stella, era denominato ''stella bovara'' perché il suo apparire coincideva con l'inizio della giornata lavorativa dei pastori; [[Marte (astronomia)|Marte]] (o forse [[Antares]], nella costellazione dello Scorpione) era invece detto ''la rossa'' e segnava il termine della [[mietitura]], mentre Sirio era la ''stella delle messi'' poiché ricordava, in base al momento e alla posizione in cui appariva, il tempo della [[semina]] [[autunno|autunnale]] o [[primavera|primaverile]].<ref name="cultura popolare"/>
 
[[File:Perseid and Milky Way.jpg|thumb|upright=1.2|La scia di stelle della [[Via Lattea]]. In quest'immagine si distingue l'[[asterismo]] del [[Triangolo Estivo]]; ben visibile è inoltre la [[Fenditura del Cigno]], una lunga fascia scura che divide la scia chiara della Via Lattea in senso longitudinale. Si notano in basso alcune [[Perseidi]].]]
 
Durante la [[inverno|stagione invernale]] era possibile scorgere con sicurezza, in direzione sud, ''i Tre Re'', [[Alnilam]], [[Alnitak]] e [[Mintaka]], ovvero le tre stelle che formano la [[Cintura di Orione]]. Altrettanto familiari erano gli [[asterisma|asterismi]] del [[Orsa Minore|Piccolo]] e [[Orsa Maggiore|Grande Carro]], i cui corrispettivi termini dialettali sono le traduzioni dall'italiano. La Via Lattea era definita in certi luoghi ''la Via di [[Giacomo il Maggiore|San Giacomo]]'', poiché indicava con una certa approssimazione la direzione del santuario di [[Santiago di Compostela]].<ref name="cultura popolare"/> Assai familiari erano anche le [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]], che, considerate a lungo una costellazione a sé stante, erano chiamate ''le Sette sorelle'', per via del numero delle stelle visibili a occhio nudo, oppure erano associate alla figura della [[Gallo (animale)|chioccia]] con i suoi pulcini, ragion per cui sono popolarmente note anche come ''Gallinelle''.<ref name="Pleiadi"/><ref name="cultura popolare"/>
 
L'apparizione delle [[cometa|comete]], considerate vere e proprie stelle, era un avvenimento piuttosto raro, ma quando si verificava era considerato un cattivo presagio, che suscitava sempre apprensioni e angosce.<ref name="cultura popolare"/> Nella tradizione popolare cristiana, invece, esse hanno assunto una valenza positiva: basti pensare alla [[Stella di Betlemme]], tradizionalmente considerata una cometa, che si ritiene abbia guidato i [[re magi]] sino a [[Betlemme]], dove sarebbe nato [[Gesù]]. Anche le [[meteora|meteore]], popolarmente dette ''stelle cadenti'', rivestivano un ruolo particolare nella cultura popolare: erano infatti considerate un buon auspicio, in particolar modo quelle che comparivano nella notte di [[San Lorenzo]], ovvero le [[Perseidi]].<ref name="cultura popolare"/>
 
Al giorno d'oggi, specialmente nei Paesi industrializzati o in via di forte sviluppo, questo stretto contatto fra la cultura popolare e la volta celeste si è perso, soprattutto a causa del sempre più crescente [[inquinamento luminoso]]. Nonostante diverse amministrazioni regionali stiano prendendo provvedimenti per cercare di arginare questa forma di inquinamento, oggi è molto difficile osservare le stelle dai [[Città|centri urbani]]; pertanto l'unico modo per compiere delle buone osservazioni resta quello di recarsi quanto più lontano possibile dalle luci cittadine, in luoghi dove gli effetti dell'inquinamento luminoso si facciano sentire il meno possibile.<ref name="inq_lum">{{cita web|autore=Lucrezia Aversa|url=http://www.astrofili-cremona.it/inquina.htm|titolo=Inquinamento luminoso|editore=Gruppo Astrofili Cremona|accesso=28 novembre 2014}}</ref>
 
==== Nella fantascienza ====
{{Vedi anche|Stelle e sistemi planetari nella fantascienza}}
[[File:Vulcan.jpg|thumb|upright=1.3|left|La Vulcan, replica della [[nave stellare Enterprise]], protagonista di numerosi episodi della serie fantascientifica ''[[Star Trek]]'']]
 
La nascita e lo sviluppo del [[genere letterario]] della [[fantascienza]], a partire dai primi anni del [[XX secolo]], ha ridestato nel pubblico l'interesse per le stelle. Alcune delle tematiche principali della narrazione fantascientifica sono infatti l'[[esplorazione dello spazio]], la sua [[colonizzazione dello spazio|colonizzazione]] e la realizzazione di [[viaggio interstellare|viaggi interstellari]] alla ricerca di mondi abitabili orbitanti intorno a stelle differenti dal Sole.<ref name="fantascienza">{{Cita web |url = http://www.britannica.com/EBchecked/topic/528857/science-fiction |titolo = Science fiction |autore = Bruce Sterling |editore = Encyclopædia Britannica |data = 2008 |lingua = en |accesso = 13 dicembre 2013 }}</ref> Gli autori iniziarono allora a immaginare delle tecnologie che consentissero di intraprendere viaggi interstellari a [[Velocità superluminale|velocità superluminali]] (superiori cioè a [[Velocità della luce|quella della luce]]) e ambientarono le loro storie su immaginari sistemi extrasolari; questa tendenza divenne predominante quando l'[[Esplorazione dello spazio|esplorazione]] del sistema solare mostrò l'improbabilità che nel nostro sistema planetario vi fossero delle forme evolute di [[vita extraterrestre]].<ref name="fantascienza"/>
 
Una delle saghe fantascientifiche più note, ambientata nel futuro tra le stelle della nostra Galassia, è [[Star Trek]], in cui l'uomo ha raggiunto un livello tale di tecnologia da poter intraprendere viaggi nello spazio interstellare ed entrare in contatto con civiltà aliene, riunendosi con loro in un corpo amministrativo chiamato [[Federazione dei Pianeti Uniti]].<ref name="star trek">{{cita pubblicazione|autore=Franco La Polla|titolo=Star Trek fra TV e cinema|rivista= Cineforum|mese=maggio|anno= 1985|pagine=21-26}}</ref>
 
Sebbene buona parte delle stelle nominate dagli autori fantascientifici siano puramente frutto della loro immaginazione, un discreto numero di scrittori e artisti ha preferito servirsi dei nomi di stelle realmente esistenti e ben note agli astronomi, sia tra le [[lista delle stelle più luminose|più brillanti]] del cielo notturno sia tra le [[lista delle stelle più vicine alla Terra|più vicine]] al sistema solare.<ref name="fantascienza"/><ref name="science fiction">{{cita libro|autore=Analog and Isaac Asimov's Science Fiction Magazine|anno=1993|titolo=Writing Science Fiction & Fantasy|editore= St. Martin's Griffin|url=http://www.amazon.com/Writing-Science-Fiction-Fantasy-Magazine/dp/0312089260/ref=sr_1_1/002-3273322-6088007?ie=UTF8&s=books&qid=1188250989&sr=1-1 |isbn=978-0-312-08926-9}}</ref> Alcune di esse tuttavia non sembrano essere, effettivamente, favorevoli allo sviluppo e al sostegno di forme di vita complesse. Stelle molto luminose, come Sirio e Vega, possono contare su una vita di circa un miliardo di anni, un tempo che gli [[Astrobiologia|astrobiologi]] ritengono insufficiente per consentire lo sviluppo di forme di vita complesse.<ref name="extraterr">{{en}} {{cita libro|autore=Steven J. Dick|anno=2001|titolo= Life on Other Worlds: The 20th Century Extraterrestrial Life Debate|città=Cambridge|editore=Cambridge University press}}</ref> Le giganti rosse sono ugualmente inadatte a supportare la vita, poiché si tratta di stelle fortemente instabili, spesso variabili.
 
Le stelle effettivamente idonee allo sviluppo della vita, come le deboli nane rosse,<ref name="extraterr"/> possiedono però una luminosità così bassa da renderle invisibili a occhio nudo; per tale motivo molte di esse non possiedono spesso specifici nomi propri, che le renderebbero interessanti per gli scrittori di fantascienza.<ref name="science fiction"/>
 
== Note ==
<references/>
;Note al testo
<references group="N"/>
;Fonti
{{references|2}}
 
== Bibliografia ==
[[File:V838 Mon HST.jpg|thumb|[[V838 Monocerotis]], una delle stelle più grandi conosciute. (immagine HST)]]
 
=== Titoli generali ===
* {{cita libro | nome=George|cognome= Forbes | titolo=History of Astronomy| editore=Watts & Co. (Free e-book from Project Gutenberg) | città= Londra | anno=1909| url=http://www.gutenberg.org/etext/8172 | lingua=en}}
* {{cita libro | nome=Albrecht |cognome=Unsöld | titolo=The New Cosmos | editore=Springer-Verlag | città=New York | anno=1969| lingua=en }}
* {{cita libro | cognome= Shipman| nome= H. L. | titolo= L'Universo inquieto. Guida all'osservazione a occhio nudo e con il telescopio. Introduzione all'astronomia| editore= Zanichelli| città= Bologna | anno= 1984| isbn= 88-08-03170-5}}
* {{cita libro | autore= [[Stephen Hawking]] | titolo=A Brief History of Time| anno=1988 | editore=Bantam Books | isbn=0-553-17521-1| lingua=en}}
* {{cita libro | cognome= Reeves| nome= H. | titolo= L'evoluzione cosmica| editore= Rizzoli–BUR| città= Milano | anno= 2000| isbn= 88-17-25907-1}}
* {{cita libro | nome = John | cognome = Gribbin| coautori=Mary Gribbin | anno=2001 | titolo=Stardust: Supernovae and Life—The Cosmic Connection | editore=Yale University Press | isbn=0-300-09097-8| lingua=en}}
* {{cita libro | cognome= AA.VV | titolo= L'Universo - Grande enciclopedia dell'astronomia| editore= De Agostini| città= Novara | anno= 2002}}
* {{cita libro | cognome= Gribbin| nome= J. | titolo= Enciclopedia di astronomia e cosmologia| editore= Garzanti| città= Milano | anno= 2005| isbn= 88-11-50517-8}}
* {{cita libro | cognome= Owen| nome= W. | coautori= et al| titolo= Atlante illustrato dell'Universo| editore= Il Viaggiatore| città= Milano | anno= 2006| isbn= 88-365-3679-4}}
 
=== Titoli specifici ===
* {{cita libro | autore= [[Subrahmanyan Chandrasekhar|S. Chandrasekhar]] | titolo= An Introduction to the Study of Stellar Structure | anno=1939 | editore= Dover | città= New York | isbn= 0-486-60413-6 | lingua= en }}
* {{cita libro | autore= S. Chandrasekhar | titolo=Principles of Stellar Dynamics | anno=2005 (1ª ed. 1942) | editore= Dover | città= New York | isbn=0-486-44273-X | lingua=en }}
* {{cita libro| autore= Martin Schwarzschild | titolo= Structure and Evolution of the Stars | editore= Princeton University Press | anno=1958 | isbn=0-691-08044-5 | lingua=en }}
* {{cita libro | nome=Robert G. | cognome=Aitken | titolo=The Binary Stars | editore=Dover Publications Inc. | città=New York | anno=1964 | lingua=en }}
* {{cita libro | nome=Victor G. | cognome=Szebehely | coautori=Richard B. Curran| anno=1985 | titolo=Stability of the Solar System and Its Minor Natural and Artificial Bodies | editore=Springer | isbn=90-277-2046-0 | lingua=en }}
* {{cita libro | cognome= Lada| nome= C. J. | coautori= N. D. Kylafits| titolo= The Origin of Stars and Planetary Systems| editore= Kluwer Academic Publishers| città= | anno= 1999| isbn= 0-7923-5909-7| lingua= en}}
* {{cita libro | nome = Cliff | cognome = Pickover| anno =2001 |titolo=The Stars of Heaven | città= Oxford| editore=Oxford University Press | isbn=0-19-514874-6| lingua=en}}
* {{cita libro | cognome= De Blasi| nome= A. | titolo= Le stelle: nascita, evoluzione e morte| editore= CLUEB| città= Bologna| anno= 2002| isbn= 88-491-1832-5}}
* {{cita libro | autore= [[Margherita Hack|M. Hack]] | titolo= Dove nascono le stelle. Dalla vita ai quark: un viaggio a ritroso alle origini dell'Universo| editore= Sperling & Kupfer| città= Milano | anno= 2004| isbn= 88-8274-912-6}}
* {{cita libro | cognome= Lindstrom| nome= J. | titolo= Stelle, galassie e misteri cosmici| editore= Editoriale Scienza| città= Trieste | anno= 2006 | isbn= 88-7307-326-3}}
* {{cita libro | cognome= Abbondi| nome= C. | titolo= Universo in evoluzione dalla nascita alla morte delle stelle| editore= Sandit| città= | anno= 2007| isbn= 88-89150-32-7}}
 
=== Carte celesti ===
* {{cita libro | cognome= Tirion, Rappaport, Lovi | titolo=Uranometria 2000.0 - Volume I & II| editore=Willmann-Bell, inc.| città=Richmond, Virginia, USA | anno=1987 | isbn=0-943396-15-8}}
* {{cita libro | cognome= Tirion, Sinnott| titolo=Sky Atlas 2000.0 | ed=2 | editore= Cambridge University Press | città= Cambridge, USA| anno= 1998| isbn=0-933346-90-5}}
* {{cita libro | cognome= Tirion| titolo=The Cambridge Star Atlas 2000.0 | ed=3 | editore= Cambridge University Press | città= Cambridge, USA| anno= 2001| isbn=0-521-80084-6}}
 
== Voci correlate ==
{{MultiCol}}
=== Generali ===
* [[Diagramma Hertzsprung-Russell]]
* [[Evoluzione stellare]]
* [[Fusore (astronomia)]]
* [[Lista di stelle]]
** [[Lista delle stelle più vicine]]
** [[Lista delle stelle più brillanti del cielo]]
** [[Lista delle stelle più luminose conosciute]]
** [[Lista delle stelle luminose più vicine]]
** [[Lista delle stelle più grandi conosciute]]
** [[Lista delle stelle più massicce conosciute]]
** [[Lista delle stelle meno massicce conosciute]]
** [[Lista delle stelle con pianeti extrasolari confermati]]
* [[Stelle e sistemi planetari nella fantascienza]]
* [[Tempo siderale]]
 
=== Raggruppamenti stellari ===
 
* [[Ammasso stellare]]
* [[Associazione stellare]]
* [[Galassia]]
* [[Sistema stellare]]
** [[Stella binaria|Sistema binario]]
** [[Stella tripla|Sistema triplo]]
{{ColBreak}}
=== Caratteristiche e fenomeni stellari ===
* [[Atmosfera stellare]]
* [[Campo magnetico stellare]]
* [[Cinematica stellare]]
* [[Ipernova]]
* [[Nebulosa planetaria]]
* [[Nova]]
* [[Oggetto di Herbig-Haro]]
* [[Rotazione stellare]]
* [[Struttura stellare]]
* [[Supernova]]
* [[Vento stellare]]
 
=== Osservazione ===
* [[Asterismo]]
* [[Astronomia stellare]]
* [[Costellazione]]
* [[Indice di colore]]
* [[Magnitudine apparente]] e [[Magnitudine assoluta|assoluta]]
* [[Osservazione astronomica]]
* [[Scintillazione]]
* [[Seeing]]
* [[Sistema fotometrico UBV]] e [[Sistema fotometrico uvby|uvby]]
{{EndMultiCol}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stars|commons_preposizione=sulle|commons_etichetta=stelle|wikt=stella|wikt_etichetta=stella|q|q_preposizione=riguardanti la|q_etichetta=stella}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|https://www.noao.edu/noao/staff/lauer/|Scheda di Tod R. Lauer dal sito del NOAO.|lingua=en}}
* [http://www.icgalilei-al.it/archivio/quarteve/stella.pdf ''Il ciclo della vita di una stella''] – Gruppo astrofili Alessandria
* [http://it.scribd.com/doc/67302942/Spettri-Stellari-HR-e-BV ''Spettri stellari, HR e indice di colore BV''] – Archiviato dal sito del CODAS su scribd.com
* {{en}} [http://science.howstuffworks.com/star1.htm How Stars Work] – HowStuffWorks
* {{en}} [http://science.nasa.gov/astrophysics/focus-areas/how-do-stars-form-and-evolve/ Stars] [[NASA]]
* {{en}} [http://stars.astro.illinois.edu/sow/sow.html Portraits of Stars and their Constellations] – ''Università dell'Illinois''
* {{en}} [http://simbad.u-strasbg.fr/sim-fid.pl Interrogazione al database SIMBAD sulle stelle per identificatore, coordinate o codice di riferimento] – ''Centre de Données astronomiques de Strasbourg''
* {{en}} [http://www.assa.org.au/sig/variables/classifications.asp Classifying Variable Stars] – ''Astronomical Society of South Australia''
* {{Thesaurus BNCF}}
 
{{Stelle più luminose}}
{{Stelle più vicine}}
{{Stelle più veloci}}
{{Stelle più grandi}}
{{portale|astronomia|fisica|stelle}}
{{vetrina|7|luglio|2008|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Stella|arg=astronomia}}
 
[[Categoria:Oggetti astronomici]]
[[Categoria:Stelle| ]]
 
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[[Categoria:Scopritori di asteroidi|Lauer, Tod R.]]
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