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{{Carica pubblica
|nome=Galeazzo Ciano
|immagine= Galeazzo Ciano01.jpg
|carica=[[Ministro degli affari esteri]] del [[Regno d'Italia]]
|mandatoinizio=9 giugno [[1936]]
|mandatofine=6 febbraio [[1943]]
|presidente=[[Benito Mussolini]]
|partito=[[Partito Nazionale Fascista]]
}}
{{Membro delle istituzioni italiane
|nome = Galeazzo Ciano
|istituzione=Camera dei Fasci e delle Corporazioni
|immagine =
|luogo_nascita = Livorno
|data_nascita = 18 marzo 1903
|luogo_morte = Verona
|data_morte = 11 gennaio 1944
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|professione = Diplomatico
|partito = [[Partito Nazionale Fascista|PNF]]
|legislatura = [[XXX Legislatura del Regno d'Italia|XXX]]
|gruppo_parlamentare = Fascista
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{{Bio
|Nome = Gian Galeazzo
|Cognome = Ciano
|PostCognomeVirgola = detto '''Galeazzo''', conte di [[Cortellazzo]] e [[Buccari]]
|Sesso = M
|LuogoNascita = Livorno
|GiornoMeseNascita = 18 marzo
|AnnoNascita = 1903
|LuogoMorte = Verona
|GiornoMeseMorte = 11 gennaio
|AnnoMorte = 1944
|Attività = diplomatico
|Epoca = 1900
|Attività2 = politico
|Nazionalità = italiano
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|Didascalia =
}}
Figlio dell'ammiraglio [[Costanzo Ciano]] e di Carolina Pini, nel [[1930]] sposò [[Edda Ciano|Edda Mussolini]].
== L'ascesa ==
Durante la [[prima guerra mondiale]] si trasferì con la famiglia a [[Venezia]], dove frequentò il liceo ginnasio Marco Polo; in seguito si trasferì a [[Genova]], dove conseguì la maturità classica. Durante gli studi universitari fece pratica di giornalismo presso ''[[Il Nuovo Paese]]'', ''[[La Tribuna]]'' e, nel [[1924]], ''[[L'Impero]]'', organo fascista intransigente, occupandosi però non di politica ma di critica teatrale: scrisse anche un dramma (''Felicità d'Amleto'') e un atto unico (''Fondo d'oro'') che una volta rappresentati non ottennero alcun successo; in un'occasione, durante la messa in scena, egli e la sua compagnia furono oggetto di lanci d'ortaggi da parte del pubblico<ref>G. Bruno Guerri, ''Galeazzo Ciano. Una vita. 1903-1944'', pag. 42</ref>. Frequentava in quel tempo ambienti artistici, giornalistici e mondani<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/galeazzo-ciano_%28Dizionario-Biografico%29/ Dizionario Biografico degli Italiani - Ciano, Galeazzo]</ref>.
Dopo aver conseguito la [[laurea]] in [[giurisprudenza]], fu ammesso in [[diplomazia]] e inviato come addetto di ambasciata a [[Rio de Janeiro]]. Il 24 aprile [[1930]] sposò Edda Mussolini, con la quale subito dopo partì per [[Shanghai]] come [[Agente consolare|console]]. Rientrato in [[Italia]], il 1º agosto [[1933]] venne nominato capo dell'Ufficio stampa da [[Benito Mussolini|Mussolini]] (per il controllo e la guida dei mezzi di comunicazioni di massa) con il titolo di sottosegretario alla stampa e alla cultura. Nel [[1935]] divenne ministro della Cultura popolare, il [[Ministero della Cultura Popolare|MINCULPOP]], competente anche per la Stampa e la Propaganda, quindi partì volontario per la [[guerra d'Etiopia]], ove si distinse come pilota di [[bombardiere|bombardieri]] e fu decorato.
Nel [[1936]] fu nominato Ministro degli Esteri, subentrando, nella carica, allo stesso Mussolini (sottosegretario, dal 1932 al 1936, era stato Fulvio Suvich, che in ossequio alla nuova linea di politica estera del Duce era stato "allontanato" in qualità di ambasciatore a Washington, così come Grandi, quattro anni prima, era stato "spedito" ambasciatore a Londra). Nel [[1937]], su {{Citazione necessaria|probabili pressioni del Duce}}, fu coinvolto nel duplice omicidio dei fratelli [[Carlo Rosselli|Carlo]] e [[Nello Rosselli]], colpevoli d'essere i fondatori del movimento antifascista [[Giustizia e Libertà]] (come testimonia lo storico [[Giordano Bruno Guerri]] e trucidati in Francia da sicari della Destra estrema, anche se le relative pagine del Diario sono state manomesse).
[[File:Galeazzo Ciano-Pd-italy-473.jpg|thumb|Galeazzo Ciano e [[Benito Mussolini]] passano in rassegna un reparto militare al rientro in Italia di Ciano dall'[[Africa Orientale Italiana]] - [[Brindisi]], 17 maggio [[1936]]]]
Ciano si era guadagnato una certa confidenza da parte di [[Umberto II d'Italia|Umberto di Savoia]], il figlio di [[Vittorio Emanuele III]], con il quale condivideva una certa mentalità e un notevole ''charme'', anche se Ciano era certamente meno discreto del principe. Divenne il corrispondente preferito tra Umberto (e [[Maria José del Belgio|Maria José]]) e il movimento fascista. Questa amicizia era considerata produttiva sia dal re che dal [[dittatore]], poiché i due sarebbero stati i rispettivi eredi della Corona e del governo e i buoni rapporti fra i futuri eredi rassicuravano i congiunti circa la tenuta futura degli equilibri raggiunti. Il sovrano lo aveva insignito del [[Collare della Santissima Annunziata]], una delle più alte onorificenze regali.
Probabilmente con una qualche approvazione da parte di Umberto, Ciano tenne l'Italia distante dalla [[Germania]] hitleriana il più a lungo possibile, con l'aiuto dell'ambasciatore a [[Berlino]], [[Bernardo Attolico]]. Ciano percepì chiaramente il pericolo che [[Adolf Hitler|Hitler]] rappresentava anche per l'Italia, quando i [[Nazismo|Nazisti]] uccisero il [[Primo Ministro]] [[austria]]co [[Engelbert Dollfuss|Dollfuss]], che aveva avuto degli stretti legami con la famiglia Mussolini (la moglie e i figli di Dollfuss si trovavano in vacanza in Italia a casa del Duce quando il marito fu assassinato), e poté scorgere in questa azione di forza un freddo avviso delle intenzioni del ''[[Führer]]''.
Poco a poco, in seguito a una sequela di incontri con [[Joachim von Ribbentrop]] e Hitler che portarono il 22 maggio [[1939]] alla sottoscrizione del [[Patto d'Acciaio]], Ciano (praticamente costretto dal suocero a sottoscriverlo, malgrado i suoi tentativi di temporeggiare, per le informazioni che il Ministro degli Esteri britannico [[Anthony Eden]] sollecitato da Dino Grandi, gli aveva fatto pervenire) consolidò i suoi dubbi sulla nazione alleata, ed ebbe diverse divergenze col suocero. Alla fine, come scrisse nei suoi diari, non era sicuro se augurare agli italiani "una vittoria o una sconfitta tedesca".
Il 23 marzo [[1939]] Ciano divenne Consigliere nazionale della [[Camera dei Fasci e delle Corporazioni]]<ref>[http://storia.camera.it/deputato/galeazzo-ciano-19030318/leg-regno-XXX#nav Galeazzo Ciano: XXX Legislatura del Regno d'Italia. Camera dei fasci e delle corporazioni / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
== Il regno d'Albania ==
[[File:Galeazzo-Ciano.jpg|thumb|Ciano con re Zog d'Albania]]
Nel frattempo, il 7 aprile del [[1939]], un [[venerdì santo]], l'Italia aveva invaso e poco dopo conquistato il Regno d'[[Albania]]. [[Tirana]] era da tempo nella sfera di influenza italiana e l'impresa, militarmente non impegnativa, e resa non ardua dall'irrisoria resistenza incontrata, consistette in pratica solo dello sbarco di un piccolo contingente di truppe italiane nei quattro principali porti albanesi, e provocò una decina di morti in scontri con bande di resistenza civile.
Il progetto, già proposto in precedenza, fu prestamente approntato allorché la Germania, nel marzo 1939, inviò le sue truppe in [[Cecoslovacchia]] e vi stabilì il protettorato di [[Boemia]] e [[Moravia]]; all'interno dell'Asse, queste operazioni avevano - a effetti di [[opinione pubblica]] - consolidato l'immagine dei tedeschi e allo stesso tempo indebolito quella degli italiani, integrando una sorta di gerarchia di fatto. Ciano annotò che Mussolini reagì con stizza alla notizia delle conquiste tedesche, non preventivamente concordate e preannunciategli solo per cenni sommari, e che fu particolarmente urtato dalle entusiastiche comunicazioni che il cancelliere nazista gli trasmise, giudicandole irritanti "partecipazioni". Sotto quindi primariamente un profilo di immagine, le azioni tedesche segnalavano con imbarazzante evidenza una disparità di potenza cui occorreva rimediare, sia per mantenere il consenso in patria, sia per evitare di perdere autorevolezza (e conseguentemente i contatti) con le altre potenze europee.
Di un'espansione verso l'Albania o verso il [[Regno di Jugoslavia]], a [[Roma]] si era già discusso a fondo da molto tempo; per quanto riguardava l'Albania, il discorso era stato anzi affrontato proprio con [[Belgrado]], con Stojadinović prima e con Cvektoviĉ poi, ma quest'ultimo aveva declinato l'offerta di una spartizione, anche per l'elevata presenza di albanesi sul territorio jugoslavo, e ne era sortito un trattato (1937) contenente un patto di non aggressione che in realtà era un ''nulla osta'' a un'eventuale azione italiana su Tirana (oltre che un tentativo di re Paolo di tener lontane Italia e Germania). Sebbene anche l'Italia avesse sul proprio suolo molti immigrati albanesi, questa condizione fu interpretata da Ciano come una facilitazione: se era agevole, sostenne, gestirli in patria, forse ancora più agevole, concluse, doveva essere gestirli a casa loro, e organizzò personalmente l'intera operazione, che sarebbe restata tutta segnata dalla sua impronta.
La Germania, del resto, aveva più volte indicato di non nutrire interessi su queste aree, quindi l'operazione non avrebbe creato imbarazzi con l'alleato; e quantunque l'Italia avesse nel frattempo sviluppato, con Ciano buon protagonista, la più importante attività diplomatica su tutta l'area dei [[Balcani]], la Germania preservava un controllo di fatto sull'intera economia della regione, potendo quindi guardare con una certa indifferenza alle faccende politiche locali.
Il paese, neanche 150 chilometri dalle coste [[Puglia|pugliesi]], era di fatto fin dalla [[prima guerra mondiale]] profondamente influenzato dall'Italia, che aveva accettato nel settembre del [[1928]] l'auto-proclamazione di re [[Zog I di Albania|Zog I]] (Ahmed Bey Zogu), in seguito accusato di essere un [[tiranno]] incline all'arricchimento personale e al [[nepotismo]]. Mentre Zog, all'arrivo degli italiani, riparava in [[Grecia]], la conquista fu perfezionata con l'offerta della corona d'Albania a [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] il 16 aprile 1939, con una piccola cerimonia svoltasi al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]].
Il governo dell'Albania fu affidato al luogotenente del re [[Francesco Jacomoni di San Savino]], che lo mantenne fino all'8 settembre del 1943; si trattò di un governo di facciata, con ministri albanesi affiancati da consiglieri italiani con poteri di controfirma. Circa il ruolo di Ciano nella vicenda albanese, quantunque non formalmente onorato di alcuna carica specifica diretta, soprattutto nella storiografia anglosassone è comunemente ritenuto il vero "reggente" della colonia, e anche nella storiografia italiana lo si menziona spesso come "viceré", poiché di fatto come tale ebbe a condursi. L'intitolazione alla moglie di un porto (Porto Edda), ma più ancora la scoperta promozione della soppressione del Ministero degli Esteri e di quello della Difesa di Tirana, ruoli devoluti al governo di Roma con un "trattato" del 3 giugno, indicano la centralità del suo ruolo; anche la costituzione del Partito Fascista Albanese, sollecitata da [[Achille Starace]] già dal mese di aprile (quando trionfalmente sbarcò in Albania salutato da 19 salve di cannone), fu sottoposta all'autorizzazione di Ciano, che la concesse solo nel mese di giugno, e che ne permise la formalizzazione solo nel marzo dell'anno successivo ponendovi a capo l'amico personale [[Tefik Mborja]].
Il 13 aprile, Ciano si rivolse subito agli albanesi come gestore diretto della loro Nazione, garantendo loro che le loro aspirazioni nazionali sarebbero state sostenute dall'Italia anche in ordine all'espansione dei confini, questione che in pratica si riferiva al recupero delle zone asseritamente "albanesi" nei territori greco e jugoslavo; essendo i proclami diretti al Ministero degli Esteri albanese (che di lì a poco sarebbe stato soppresso) fonte di inquietudini per i paesi vicinanti, a questi Ciano si affrettò a segnalare (una settimana dopo, a [[Venezia]]) il disinteresse italiano per l'argomento e la strumentalità delle dichiarazioni. Ciò nonostante, fece istituire un ufficio speciale per l'irredentismo che fra i suoi compiti non palesi aveva anche quello di preparare una struttura militare clandestina per il momento, ritenuto non lontano, in cui fosse esplosa una crisi in Jugoslavia. Da molte fonti è stato asserito che in coincidenza temporale con l'annessione, le fortune personali di Ciano siano cresciute in modo oscuro quanto rapido.
== La guerra ==
All'inizio della [[seconda guerra mondiale]], quando le sue posizioni anti-tedesche erano oramai note (Hitler avrebbe avvisato Mussolini tempo dopo: ''Ci sono dei traditori nella tua famiglia''), molti osservatori ritengono che sia stata di Ciano la maggiore influenza nella formulazione della "non belligeranza", locuzione a effetto cui corrispondeva una posizione dell'Italia assolutamente fumosa, per un verso non concorde nell'aggredire, per un altro non discorde con l'aggressore; ma al contempo d'accordo con gli aggressori e solidale con gli aggrediti.
A questa morbida quanto inconcludente situazione si era giunti con una sua intuizione, tradottasi nell'invio di una famosa lettera a Hitler (il quale premeva perché l'Italia aprisse il fuoco) in cui si chiedevano alla Germania una mole incredibile di mezzi e armamenti (che si calcolò avrebbero richiesto per il solo trasporto ben 11.000 treni), e dinanzi a questa richiesta i nazisti allentarono le pressioni, almeno per un po'. Ciano aveva sommessamente invitato i responsabili militari a non fare, nello stilare la loro lista della spesa, "del criminoso ottimismo".
L'Italia, però, non era in guerra, e questo - considerati i patti - parve comunque un ottimo risultato. Il Patto d'Acciaio prevedeva infatti l'obbligo di prestare immediato ausilio militare (indipendentemente dalle eventuali cause di conflitto):
:Art. 3. - ''Se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti contraenti, dovesse accadere che una di esse venisse a essere impegnata in complicazioni belliche con un'altra o con altre Potenze, l'altra Parte contraente si porrà immediatamente come alleata al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari, per terra, per mare e nell'aria.".''
Quando l'Italia entrò in guerra fu Ciano, dato il ruolo, a consegnare le dichiarazioni agli ambasciatori di [[Francia]] e [[Regno Unito]]. Pochi mesi dopo fu l'ideatore della [[Guerra Greco-Italiana|guerra alla Grecia]]. Forse - è stato ipotizzato - ingannato dalla troppo facile conquista albanese, e considerando che ad [[Atene]], retto dal generale [[Ioannis Metaxas]], vigeva un regime militare non ostile all'Italia (e che anzi mostrava simpatie verso la formula totalitaristica e, in piccolo, cercava di apprendere dall'esperienza italiana), Ciano ritenne che si sarebbe trattato di un'altra operazione facile, e anzi così la definì nei suoi Diari, "utile e facile". Utile sarebbe stata perché avrebbe completato un arco di influenza sui Balcani che avrebbe costituito l'appoggio meridionale alle espansioni tedesche nella [[Mitteleuropa]]. Facile fu considerata perché il paese, ritenuto non ostile, ed effettivamente povero, fu valutato male armato e peggio motivato per poter resistere. Qualcuno ha sostenuto che Ciano abbia utilizzato denaro per corrompere esponenti greci, ma non ve ne sono prove, mentre è certo che partecipò ai primi bombardamenti sulla Grecia nella sua veste di pilota militare.
L'invasione si trasformò in breve tempo in un disastro militare, che vide le truppe italiane ricacciate in Albania, ciò che non era stato messo in conto: infatti i greci ebbero una reazione di orgoglio e, pur se in condizioni di inferiorità tecnologica, reagirono all'attacco con imprevista partecipazione, respingendo gli italiani e causando anche le dimissioni (prontamente accolte) di [[Pietro Badoglio]], su cui ebbero un loro peso anche le scomode ma sincere osservazioni scandalizzate di [[Roberto Farinacci]].
Dinanzi alle difficoltà che invece furono incontrate, registrando le prime avvisaglie di negatività delle vicende belliche, Ciano non tardò a tornare su posizioni più dubitative, esprimendo le sue perplessità sia "in famiglia" che ad altri gerarchi. Anche a causa delle cariche ricoperte, con particolare riguardo ai rapporti con il Regno Unito, una più intensa frequentazione operativa lo condusse a ispessire il rapporto con Grandi, che, morto [[Italo Balbo]], restava l'esponente più indipendente del vertice del fascismo.
Nel 1942 Vittorio Emanuele III lo nomina Conte di Buccari, in aggiunta al titolo di Conte di Cortellazzo che era stato conferito a suo padre Costanzo dopo la prima guerra mondiale. Nella primavera del [[1943]], in occasione di una minirivoluzione delle cariche istituzionali con la quale Mussolini sperava di riaffidare i posti-chiave a uomini di certa fiducia, Ciano venne mandato come ambasciatore in [[Città del Vaticano|Vaticano]]. Con la fine dell'incarico di ministro finì anche la stesura dei celebri Diari, terminata l'8 febbraio 1943.
È in questo momento che il suo rapporto con [[Papa Paolo VI|Monsignor Montini]] - in seguito papa - raggiunse la maggiore intensità, tenendo il fascismo in contatto con tutte le principali potenze internazionali, attraverso la mediazione dell'influente sacerdote. La gestione di questo importantissimo canale diplomatico in questa fase era tutt'altro che un compito secondario: malgrado il [[Concordato]], la Chiesa preservava una pesantissima influenza sull'Italia, che esercitava di fatto condizionando il consenso dei credenti, e inoltre si muoveva autonomamente per intessere rapporti e relazioni internazionali capaci di salvaguardare i suoi propri interessi. Interlocutore estraneo abitante nella stessa casa, il Vaticano rappresentava per l'Italia un singolarissimo problema: non si poteva porvisi in antagonismo, ma nemmeno se ne potevano condividere le mire, che essenzialmente tendevano a garantire alla Chiesa la preservazione dei suoi privilegi inducendola a preferire quella fazione che, vincendo, più sontuosamente avesse potuto concedergliele, e non si poteva quindi farvi affidamento. Se per un verso la Santa Sede era infatti un ponte non ufficiale verso i paesi avversari, per altro verso era in grado, attraverso questa interposizione, di filtrare (e opportunamente condizionare) gli eventuali contatti secondo il suo interesse.
== Il 25 luglio ==
Il 25 luglio [[1943]], quando l'opposizione interna guidata da [[Dino Grandi]] (che si coordinava con il Quirinale) stava infine per sconfiggere Mussolini, Ciano vi si unì. Al [[Gran Consiglio del fascismo]], infatti, votò l'ordine del giorno di Grandi (insieme ad altri diciotto gerarchi), approvando perciò l'indicazione contenuta nella mozione, volta a che il re riprendesse in mano l'esercito e il governo della nazione; in pratica, quello di Ciano fu un voto pesantissimo e dalle conseguenze irreversibili contro il suocero. Va notato che questi avrebbe avuto modo di fermare l'azione di questa [[Fronda (movimento)|fronda]], invece, rinunziando in un certo senso a opporsi, la agevolò sia convocando il Gran Consiglio (che non si riuniva da diversi anni e che non era ritenuto da autorevoli giuristi dell'epoca competente a deliberare sul tema dei rapporti istituzionali tra Governo e Monarchia), sia consentendo di mettere ai voti la mozione.
Si è a lungo congetturato sulle reali motivazioni dell'adesione di Ciano alla proposta di Grandi, tenuto conto che al voto sul famoso ordine del giorno, dovrebbe esser giunto dopo averne discusso col Duce, informatone dallo stesso Grandi con qualche giorno di anticipo (ma anche Mussolini, è stato fatto notare, doveva essere ben al corrente dell'adesione del genero). Probabilmente Ciano condivideva con gli altri due gerarchi la considerazione che il tempo del fascismo fosse venuto a esaurimento, ma magari ritenendosi ancora candidato alla successione, pensava che in una nuova gattopardesca riformulazione poco sarebbe cambiato e che sarebbe rimasto in auge.
Il voto di Ciano fu, sotto un profilo di pubblica immagine, il colpo più grave inferto al prestigio del capo del regime, cui di fatto pareva che nemmeno il genero desse più fiducia. Le previsioni ottimistiche di Ciano, che si prefigurava rimpasti e aggiustamenti all'italiana dopo questa sorta di ''golpe'' (disse infatti a Bottai di attendersi che ci si sarebbe "aggiustati"), naufragarono insieme alla disillusione di Grandi, che credeva di aver operato per consegnare il comando al generale Caviglia e che invece vide salire al potere il poco gradito Badoglio.
Badoglio avrebbe d'un tratto bruciato tutte le aspettative dei gerarchi, schierando una compagine d'apparato tutta "del re" e iniziando immediatamente la defascistizzazione dello [[Stato]]. Se Bottai ne era quasi contento, Grandi ne era sorpreso (ma più che altro del poco nitido atteggiamento del sovrano); Ciano fu invece quello che si trovò maggiormente spiazzato e, a differenza degli altri due, tardò a mettersi in salvo. Nello sconcerto, acuito poco dopo dall'[[armistizio di Cassibile]], cercò invano di organizzare un esilio protetto per la sua famiglia, ma il Vaticano si rifiutò di nasconderli. Nei giorni convulsi dell'agosto [[1943]] fuggì a [[Monaco di Baviera]] convinto di trovarvi protezione e un aereo per la [[Spagna]]<ref>Giuseppe Silvestri, Il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100</ref>.
Non sapeva che, nel frattempo, [[Vittorio Mussolini]], [[Roberto Farinacci]] e [[Alessandro Pavolini]] stavano accusando alla radio i traditori del fascismo ed in particolare lui, che divenne il bersaglio principale.
== La fine ==
Ciano fu infatti estradato in [[Italia]], sotto esplicita richiesta del neonato [[Partito Fascista Repubblicano]], il 17 ottobre [[1943]] per essere incarcerato; Edda e i figli erano rientrati in Italia alcuni giorni prima.
[[File:Processo Verona 1944.gif|thumb|upright=1.3|Galeazzo Ciano al processo di Verona]]
A opera di [[Alessandro Pavolini]]<ref>Pavolini era stato un grande amico di Ciano, con una straordinaria confidenza, e a cui deve in toto la sua carriera politica, scaturita appunto, dall'amicizia con il potente genero del Duce; da piccolo uomo discreto e riservato si trasformò, durante la R.S.I. in un fanatico e feroce giustizialista proprio contro Ciano, di cui forse temeva il ritorno in auge.</ref> si allestiva infatti il processo ai "traditori" del 25 luglio, e il voto al Gran Consiglio fu considerato [[alto tradimento]] (sebbene si trattasse giuridicamente di una grossolana forzatura, resa peraltro di improbabile giustificabilità procedurale con l'applicazione di norme penali retroattive). Durante il processo gli inquirenti trattarono Ciano quasi con benevolenza, come a preludere una possibilità di scagionamento; in realtà si fece questo per il timore che urtando Ciano, lui raccontasse cose sgradite del regime, non certo convenienti in quel momento.
Dopo un veloce processo pubblico, noto come il [[processo di Verona]], Ciano venne invece riconosciuto colpevole insieme a Marinelli, Gottardi, Pareschi e al vecchio Maresciallo [[Emilio De Bono]] (oltre che a molti altri gerarchi [[contumacia|contumaci]]). La sera prima dell'esecuzione Ciano si rifiutò in primo momento di firmare la petizione di grazia al Duce ma poi pressato dai suoi compagni di carcere finì per accettare. Pavolini indispettito passò l'intera notte a cercare un funzionario che firmasse la respinta a tale domanda di grazia. Tutti si rifiutavano di firmare e alla fine trovò o meglio costrinse un piccolo funzionario a firmare contro la sua volontà. Cosa sarebbe successo se la petizione di grazia fosse arrivata a Mussolini? Probabilmente nulla e forse Mussolini stesso cercò di evitare che tale documento arrivasse nelle sue mani.
L'11 gennaio [[1944]] avvenne l'esecuzione di Ciano al poligono di tiro di Verona, insieme agli altri quattro ex-gerarchi, legati a sedie e fucilati alla schiena come in uso ai traditori. La morte fu affrontata dal genero del Duce con grande fermezza d'animo e dignità. Prima degli spari si girò verso il plotone di esecuzione, un gesto di sfida di chi non ha paura della morte. Un cineoperatore tedesco riprendeva tutta la scena e sicuramente il film serviva ai tedeschi malfidati per controllare se al posto di Ciano non ci fosse stato un sosia e probabilmente una copia dello spezzone fu inviata a Berlino per essere visionata da Hitler in persona che voleva assicurarsi del grado di affidabilità del suo alleato.<ref>Ciano fu il prezzo pagato da Mussolini per ricostruirsi una credibilità agli occhi di Hitler dopo i tradimenti italiani dell'8 settembre.</ref> Ciano non morì immediatamente e del resto i fucilati seduti e di schiena offrirono un bersaglio più difficile per gli organi vitali ed il plotone di esecuzione sparò non a distanza ravvicinata e fu necessario il [[colpo di grazia]] con due proiettili alla testa. Il crudo filmato, realizzato dal cineoperatore tedesco, scomparso nel nulla durante i primi governi [[De Gasperi]], è stato ritrovato grazie a [[Renzo De Felice]].
Si è molto discusso se questa conclusione significò che Mussolini non volle proteggere il suo congiunto, o semplicemente che non poté, impaurito dalla probabile sconsiderazione agli occhi di Hitler. Il generale [[Karl Wolff]] alla domanda di Mussolini: "Se grazio mio genero, il Führer la prenderebbe male?" rispose: "Sicuramente si, Duce." Molti osservatori fanno notare che se Mussolini avesse commutato la [[condanna a morte]] di Ciano, lui stesso avrebbe perso ogni residua credibilità. Edda, sinceramente innamorata di Ciano, attraversò mezza Italia con mezzi di fortuna per raggiungere il quartier generale della RSI e quindi la prigione, ma tutti i suoi tentativi di soccorso, comprese le intuibili drammatiche suppliche al padre (che pure la teneva per figlia prediletta), furono vani.
A ogni modo, dopo l'esecuzione Edda fuggì in [[Svizzera]] portando con sé i diari del marito, nascosti sotto la camicetta. Il corrispondente di guerra [[Paul Ghali]] del ''[[Chicago Daily News]]'' apprese del suo segreto internamento in un convento svizzero e organizzò la pubblicazione dei diari. Essi rivelano la storia segreta del regime fascista dal 1937 al 1943 e sono considerati una fonte storica primaria (i diari sono strettamente politici e contengono poco della vita privata di Ciano).
==="''L'operazione Conte''"===
[[File:Galeazzo Ciano nel carcere degli Scalzi.jpg|thumb|upright|Galeazzo Ciano nel [[carcere degli Scalzi]]]]
{{vedi anche|Frau Beetz}}
A cavallo tra il [[1943]] e il [[1944]] si venne a sviluppare un piano che puntava alla liberazione di Ciano in cambio dei suoi diari<ref>Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.112</ref> che vedeva coinvolti il tenente colonnello [[Wilhelm Höttl]], capo del servizio segreto tedesco in Italia e [[Ernst Kaltenbrunner]], comandante in capo del [[Reichssicherheitshauptamt]], responsabile delle operazioni dei [[servizi segreti]] in [[Germania]] e all'estero. Si prevedeva un'azione di forza tedesca per liberare Ciano ed acquisire i diari, così come [[Frau Beetz]] la propose il 28 dicembre al generale Harster<ref>A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.108</ref>. L'operazione che avrebbe dovuto svolgersi mantenendo Hitler all'oscuro di tutto fu denominata "Operazione Conte"<ref>A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.110</ref>. L'operazione fu bloccata da Hitler il quale venuto a conoscenza della cosa decise di non concedere il suo avallo<ref>Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.114</ref><ref>A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.111</ref>.
===I diari===
I diari che Ciano scrisse nel periodo in cui fu Ministro degli Esteri, nella loro minuziosità rappresentano una fonte storica di primaria importanza.
Considerati in genere (a partire dallo studio di [[Mario Toscano]]) come vergati con una certa sincerità di fondo, descrivono la fase storica più critica del Novecento italiano, disvelando ragioni e motivi di molti fatti che ebbero capitale importanza. Grazie a questi dati è oggi possibile ricostruire (intanto con massima utilità cronologica) gli avvenimenti del periodo visti dall'interno dell'apparato del regime.
Va detto però che, quasi ovviamente, diversi approfondimenti hanno cercato di indagare la fedeltà storica di quanto narratovi. A partire da una banale confusione di nomi fra Roma e [[Erwin Rommel|Rommel]] (il generale tedesco), che conteneva in sé un [[anacronismo]] foriero di più di qualche dubbio. La circostanza, precisamente, riguarda il racconto del notissimo telegramma inviato a Mussolini dal generale [[Rodolfo Graziani]] dall'[[Africa]], e si legge il nome di Rommel al 12 dicembre del 1940 (peraltro erroneamente indicato al giorno 13), ma il generale non ebbe a che fare con materie italiane (escluse le vicende di [[Caporetto]] della prima guerra mondiale) se non con il suo arrivo in Africa nella primavera del 1941 e il testo si riferiva evidentemente a Roma.
La discrepanza fu scoperta da [[Andreas Hillgruber]] e portò [[David Irving]] a negare l'attendibilità addirittura dell'intera opera, ma anche a ritenere responsabile dell'errore [[Renzo De Felice]], curatore di un'edizione abbastanza nota e in posizione quantomeno isolata rispetto alle tendenze storiografiche del tempo.
Si era raccolta l'informazione - rilasciata da parte di persone del suo ''entourage'' - che Ciano, dopo la rimozione dal Ministero (febbraio '43), avesse dedicato molto tempo alla riscrittura di alcuni brani e l'ipotesi (che al tempo riscosse numerosi conforti testimoniali) allarmò gli storici, i quali appena possibile effettuarono confronti fra le copie che erano state [[microfilm]]ate da [[Allen Dulles]] dalle agende di Edda; si scoprirono in effetti diverse manipolazioni apportate dallo stesso Ciano, che alla grossa aveva cancellato un certo numero di date, ma proprio la grossolanità delle cancellazioni portò a escludere che si fosse dedicato a una riscrittura integrale (che, si desunse, non avrebbe lasciato evidenze).
Anche una lettura contenutistica, del resto, fa escludere che possa aver operato riscritture di comodo: nel '43 era già assai imbarazzante la sua notissima affermazione del 12 ottobre 1940, quando definiva "utile e facile" la guerra alla Grecia che stava per cominciare, ma la frase non fu rimossa (così come altre ugualmente rivelatesi infelici) e questo contrasterebbe almeno col carattere dell'autore, reputato vanitoso da diversi critici. Pare invece alquanto probabile che abbia riscritto le pagine relative al 26, 27 e 28 ottobre 1940.
== Un personaggio controverso ==
La figura di Ciano è tra le più controverse dell'intero regime. Considerato da molti un ''enfant prodige'' e da altri un fatuo ''enfant gâté'', uno ''snob'', aperto alla [[speculazione]] e al cinismo, fu anche visto come un traditore (e fu condannato e giustiziato per questo). [[Giuseppe Bottai]] lo definì "un uomo diviso in due metà, una eccezionale l'altra sciatta e superficiale, un uomo colto e dotato e uno ignorante delle cose anche più note, una parte raffinata e distinta, l'altra bassa e volgare, due metà faticosamente tenute insieme..." Aveva una brutta voce nasale e infantile, una voce "di testa" come gli veniva definita allora; il suo grande complesso che a detta di molti gli impediva di essere un roboante oratore come il suocero.<ref>Da Giuseppe Bottai - Diario 1935-1944, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2001</ref>
Ciano aveva due grandi "amori", il padre e Mussolini; a volte sentendo alla radio i discorsi del suocero, veniva preso da un irrefrenabile pianto di devozione.<ref>Da ''I diari'' di Galeazzo Ciano.</ref> Ciano adulava Mussolini al quale piaceva essere adulato dal genero, così fantasioso e intelligente nell'esaltazione del personaggio; considerava tacitamente Galeazzo il suo testimone diretto, una specie di "registratore" vivente della Storia che lui si pavoneggiava di scrivere, affinché si potesse tramandare ai posteri e ai suoi familiari successori, ogni possibile sfaccettatura della grandezza del "personaggio" Mussolini, tanto che un giorno regalò al genero una pagina dei suoi misteriosi diari.
A lui sciorinava commenti e battute spesso salaci e brutali su personaggi, avvenimenti e cose, e amava stupirlo con le sue orchestrazioni oratorie nelle oceaniche adunate di partito. E Ciano prendeva nota, ogni giorno, affinché nulla della sua incredibile esperienza "storica" andasse perduta; così presero corpo i suoi celebri diari, che alla fine divennero forse l'unico sfogo sincero delle sue tempeste e delle sue delusioni. In questo binomio genero-ministro e suocero-Duce, il consigliere fidato Ciano divenne alla fine un abile condizionatore e manipolatore che sapeva suggestionare e frenare il suo capo, imparando le battute e punti di vista che faceva più effetto e portandolo dove lui non avrebbe mai pensato di andare; si può dire che ad un certo punto le briglie del potere le tenesse indirettamente in mano Ciano che fu, in buona parte, il "catalizzatore" della politica fascista fino al 1943.<ref>Da Giordano Bruno Guerri, “Galeazzo Ciano. Una vita (1903-1944)”, Mondadori Editore, Milano 2001.</ref>
Ciano a un certo punto si era accorto che le manie di grandezza di Mussolini avevano preso il sopravvento sulle reali possibilità e necessità dell'Italia, che il suocero aveva più paura di perdere il suo prestigio mondiale che di dichiarare una guerra. Ciò era scaturito dal pericoloso avvicinamento con la Germania nazista che lo indusse ad abbandonare le politiche intraprese fino a quel momento per lasciar posto a una sorta di rivalità e, al momento stesso, di cinica esaltazione per i sogni di potenza sul mondo tedeschi, che andavano ben oltre i suoi vanti di bonifiche, ponti o autostrade o guerre coloniali. La concorrenza di Hitler lo rendeva furioso e intrattabile; la sua esaltazione aveva ricevuto un colpo duro con le nuove espansioni e vittorie tedesche che cercò, nei limiti del possibile di pareggiare. Al colpo tedesco di Praga oppose la conquista dell'Albania. Si legò al carro del vincitore con il [[Patto d'Acciaio]], per sbattere in faccia alle demo-plutocrazie uno strumento con cui poteva incutere timori e paure. Nei primi giorni del settembre del 1939, allo scoppio del conflitto, Mussolini spedì la dichiarazione di guerra all'ambasciata italiana a Berlino pronto ad entrare in campo immediatamente. Ciano compie il miracolo e ferma la guerra alle porte agendo sul suocero.
Poi l'[[Europa]] crolla sotto il tallone tedesco e Mussolini è furioso di aver perso la grande occasione personale e incolpa e insulta Ciano per questo, definendolo un "imbecille". Su due piedi entra in guerra il 10 giugno 1940 e Ciano annota che vi sarebbe entrato lo stesso anche se gli avessero dato tutto quello che rivendicava. Poi continua l'atteggiamento delle invasioni a sorpresa per rinverdire gli allori della sua megalomania; come Hitler agisce, lui controbatte; l'Egitto e la Grecia sono le sue mosse sullo scacchiere che si gioca con Hitler. Il cancelliere tedesco [[operazione Barbarossa|invade l'Unione Sovietica]] e avvisa Mussolini, tirandolo giù dal letto nel cuore della notte, ad operazione già iniziata. Mussolini va ancora su tutte le furie, c'è da pensare che Hitler lo faccia apposta come per dirgli che "[[chi dorme non piglia pesci]]".
È un'altra onta che lo consuma di rabbia ed invidia e subito si sbriga a dichiarare anche lui guerra all'URSS senza che nessuno glielo avesse chiesto; pensa di aver capito la lezione del 1º settembre del [[1939]] quando anche il re gli aveva detto che gli assenti hanno sempre torto. Nel dicembre del 1941 dal fatidico balcone di [[Palazzo Venezia]] arriva a dichiarare guerra persino agli [[Stati Uniti d'America]], che invece in passato avevano avuto chiare simpatie per lui. Ma la macchina bellica italiana è talmente impreparata e insufficiente che non regge certo tutti quei fronti e ha bisogno del sostegno tedesco per non soccombere. Quella che sembrava a Mussolini la [[guerra lampo]] diventa una lacerante guerra lunga, che sprofonda l'Italia nel baratro di un disastro senza precedenti. Ciano vede concretizzarsi lo spettro dell'invasione nemica, il [[bombardamento di Roma]], la disperazione popolare; la commedia del duce mai soddisfatto e avido è diventata una tragedia senza fine.
Ciano cercò di essere il realizzatore dei sogni di [[megalomania]] e degli ordini mussoliniani ("Si fa del tutto per farlo contento...") e ciò rende la sua figura servile e cortigiana. A lui si deve, tra l'altro, il pieno appoggio all'intervento nella [[guerra civile spagnola|guerra di Spagna]], l'ignobile attuazione del [[delitto dei fratelli Rosselli]] decisa da Mussolini, la defenestrazione di [[Achille Starace|Starace]] da segretario del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] e la sua sostituzione con il difficile amico [[Ettore Muti]], l'impresa della conquista d'Albania, la "non belligeranza" italiana dei 10 mesi, la disastrosa [[campagna di Grecia]], che fu sicuramente l'abnorme errore della vita politica di Ciano. Non riuscì a fermare, o forse non volle, il [[Patto d'Acciaio]] anche se Ciano nei suoi scritti a posteriori lo condanna come una grande sciagura per il popolo italiano.
A lui si deve in parte anche il [[colpo di Stato]] del 25 luglio, dove un nutrito gruppo di gerarchi doveva votare la sfiducia a Mussolini al fine di costringerlo di conseguenza a rassegnare le dimissioni nelle mani del re. Odi, rancori da troppo tempo sopiti e una crescente intolleranza acuta verso la irresponsabilità guerrafondaia e disastrosa di Mussolini, portarono Ciano a preparare la trappola al suocero; forse sperava di succedergli ma di certo lo fece più per la salvezza dell'Italia e del regime non immaginando neanche lontanamente di fare il gioco della corona che aveva preparato a sua volta un proprio capovolgimento della scena con Badoglio. Alla notizia delle "dimissioni di Mussolini" il popolo, esasperato dalla guerra, insorse distruggendo sedi e simboli del partito fascista che in poche ore letteralmente scomparve. Ciano piombò nella disperazione più totale e chiese persino a Edda di sparargli, voleva suicidarsi.<ref>Dalle interviste ad Edda Ciano, raccolte nel 1989</ref>
L’[[OVRA]], la [[polizia segreta]] di Mussolini, presentava molte note confidenziali sulle disinvolte abitudini sessuali con il gentil sesso di Ciano, tradimenti aperti alla moglie ma questo piaceva a Mussolini perché nel ruolo [[adulterio|adulterino]] ci si riconosceva anche lui. Lo si è accusato di essere persino un abituale consumatore di [[cocaina]]<ref>[http://www.storiainrete.com/1949/luci-rosse-e-rosa/da-crispi-a-scelba-lo-scandalo-sessuale-imperversa-in-politica/ Da Crispi a Scelba, lo scandalo sessuale imperversa in politica – Storia In Rete<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> benché Ciano fosse un igienista nato e nemmeno beveva o fumava, e l'uso di cocaina negli anni Trenta fosse quasi del tutto inesistente. Ciano era sempre considerato un ricchissimo figlio di papà, fatuo, pavone e frivolo, un raccomandato di eccellenza dedito dal [[golf]] ad ogni lusso della bella vita e questo poteva alimentare facili invidie e odi che confluivano in pettegolezzi, ripicche, maldicenze più di fantasia che altro; ma questa era la punta dell'iceberg visibile della vita di Ciano, in realtà era una furia motoria sotterranea di calcoli, politiche invisibili ma micidiali, personaggi, situazioni ed antipatie da abbattere e pensieri costanti verso le sue mete bramate, una mente assai raffinata e una sottile astuzia, machiavellica e all'occorrenza cinica; il posto che aveva glielo concedeva.<ref>Tutti gli uomini del Duce - di Nicola Caracciolo Ed. Mondadori</ref>
In realtà la sua introspezione nascondeva anche una natura timida e remissiva, che non raggiunse mai crudeltà ed efferatezze gratuite, tipiche in molti personaggi dell'epoca; la stessa timidezza lo rendeva inoltre facile bersaglio agli attacchi di avversari anche in seno al partito fascista. Più di una volta dovette intervenire il suocero a pugno duro a difenderlo. Non avrebbe mai potuto essere un capo assoluto essendo caratterialmente inadatto e poco capace per occupare un incarico del genere ma sapeva diventare un potente secondo lavorando all'ombra di un leader principale, come in effetti fu. Uomo di indubbia intelligenza, che visse le propria vita a volte coerentemente, a volte in maniera debole, ma seppe sempre avere una certa dignità nei momenti gravi come nel giorno della sua morte. Si è appurato anche che Ciano, agendo indirettamente con le ambasciate europee, salvò la vita a circa diecimila ebrei, condannati ai campi di sterminio.<ref>Notizia ricavata dalla trasmissione RAI Storia, documentario "Tutti gli uomini di Benito Mussolini" 1982</ref>
Ebbe la capacità di una visione politica futura assai più acuta e lungimirante di quella del ''Duce'' e dei tedeschi prevedendo avvenimenti e fatti che si rivelarono poi rigorosamente esatti; ciò alla fine gli procurò odi e defenestramenti di ripicca. Aveva un coraggio personale maggiore di Mussolini nel trattare con Hitler: a lui il cancelliere tedesco creava poca soggezione. Nel 1939 pronunciò un discorso alla [[Camera dei Fasci e delle Corporazioni]] "intriso di sottile odio antitedesco" che gli procurò grandi ovazioni di uditorio e una lettera di protezione da Mussolini a Hitler in cui il Duce affermava che "Questo discorso è di mia approvazione dalla prima all'ultima parola...". Il ministro per la propaganda nazista [[Josef Goebbels]] definiva Ciano "Fungo velenoso da estirpare...". E quest'odio dei tedeschi gli costò la testa.<ref>"Ciano. Il fascista che sfidò Hitler", saggio di Marco Innocenti edito da Mursia.</ref>
Non va dimenticato che fino al 1940 Ciano si mise "di traverso" e tenne l'Italia fuori dal conflitto hitleriano, risparmiandogli ben 10 mesi di guerra. È indubbiamente, dopo Mussolini, l'uomo più famoso e discusso del fascismo fino ai giorni nostri; ciò è anche dovuto alla sua romanzesca fine come una tragedia d'amore. Il Duce riceveva settimanalmente lettere anonime e non, di [[delazione]] sulla sua condotta scellerata di spendaccione e viveur, e sul suo nepotismo senza freni ma il Duce legato a Ciano da un sincero affetto filiale lasciava correre. Nei suoi diari Ciano svicola su tutto ciò quasi fosse una nota a margine, parte di un gioco umano più ampio dove tutto, in vista del fine ultimo, è giustificato, ma in realtà Ciano stesso non dava eccessiva importanza alla vita mondana che considerava un uditorio dove sfoggiare la sua importanza politica. Forse amava di più il suo titolo nobiliare, residenze lussuose ricche di antiquariato che amava collezionare, il colossale "Monumento Ciano", il mausoleo per sé e i suoi, che stava costruendosi sulle colline sopra [[Livorno]] e che avrebbe dovuto immortalare la dinastia dei Ciano nei tempi.
Nei circoli mondani Ciano era chiamato con il brutto nomigliolo di "Gallo", e si lasciava andare a confidenze politiche assai riservate per strabiliare il suo uditorio tanto da meritarsi il titolo di "ministro chiacchierone". Salottiero, epicureo e godereccio e anche un lussurioso reiterato; fisicamente si piaceva e usava il suo fascino per sedurre, oltre che aristocratiche, anche semplici donne del popolo. La vita delle agiatezze e dei lussi lo ricaricava e la considerava un po' un "dopolavoro" meritato dove "ritemprare le forze e lo spirito per il lavoro di domani", un privilegio dorato del suo rango ma non era per lui certamente lo scopo primario della sua esistenza. Nel bene o nel male, altri erano i suoi obiettivi assai meno frivoli; altri ideali meno politici, gli furono inculcati con forza dal severo padre Costanzo, l'onore, l'amor di Patria e verso la famiglia erano tra questi. È strano come la figura di questo personaggio storico sia incentrata quasi più sulla sua vita privata che su quella politica. Un efficace ritratto di Galeazzo sulla sua vita mondana si trova nel libro [[Autobiografia|autobiografico]] ''[[Kaputt]]'' dello scrittore [[Curzio Malaparte]].
==Eredi==
Galeazzo e [[Edda Mussolini]] ebbero tre figli:
* Fabrizio Ciano, 3º conte di Cortellazzo e Buccari ([[Shanghai]], 1º ottobre [[1931]] - [[San José (Costa Rica)|San José]], ([[Costa Rica]]), 8 aprile [[2008]]), sposò Beatriz Uzcategui Jahn, senza eredi.
* Raimonda Ciano ([[Roma]], 12 dicembre [[1933]] - [[Roma]], 24 maggio [[1998]]), sposata al nobile Alessandro Giunta ([[1929]]), figlio di [[Francesco Giunta]] e di Zenaida del Gallo Marchesa di [[Roccagiovine]] ([[Roma]], [[1902]] - [[San Paolo (città)|San Paolo]], [[1988]])
* Marzio Ciano, ([[Roma]], 18 dicembre [[1937]] - 11 aprile [[1974]]), sposò Gloria Lucchesi dalla quale ebbe:
** Pietro Francesco, 4º conte di Cortelazzo e Buccari (18 luglio [[1962]]), che da Alessandra Monzini ha avuto due gemelli:
***Carlo e Marzio ([[Roma]], 21 novembre [[2009]]), gli ultimi eredi di Galeazzo Ciano
** Lorenzo (15 marzo [[1965]]).
== Onorificenze ==
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== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* Fabrizio Ciano, ''Quando il nonno fece fucilare papà''. Milano, Mondadori, 1991. ISBN 8804349948.
* [[Giordano Bruno Guerri]]. ''Galeazzo Ciano. Una vita. 1903-1944''.
* [[Giordano Bruno Guerri]]. ''Fascisti. Gli italiani di Mussolini''.
* [[Giordano Bruno Guerri]]. ''Un Amore Fascista: Benito, Edda e Galeazzo''
* [[Duilio Susmel]]. ''Vita sbagliata di Galeazzo Ciano''.
* [[Rosaria Quartararo]]. ''Roma tra Londra e Berlino. La politica estera fascista dal 1930 al 1940''.
* [[Orio Vergani]]. ''Ciano, una lunga confessione''. Longanesi
===In lingua inglese===
* [[H. James Burgwyn]]. ''Italian Foreign Policy in the Interwar Period 1918-1940: 1918-1940''
* [[Barbara Jelavich]]. ''Storia dei Balcani''.
* [[Bernd J. Fischer]]. ''Albania at war 1939-1945''.
* [[Mario Cervi]]. ''Storia della guerra di Grecia''.
* [[Gerhard L. Weinberg]] ''The foreign policy of Hitler's Germany 1937-1939''.
* Gerhard L. Weinberg. ''A World at Arms: A Global History of World War II''.
* Renzo De Felice. ''Le interpretazioni del fascismo''.
* [[Mario Donosti]]. ''Mussolini e l'Europa. La politica estera fascista''.
* Mario Toscano. ''The history of treaties and international politics''.
* David Irving. ''Hitler's war''.
=== Edizioni critiche dei Diari ===
*[[Hugh Gibson]]. ''The Ciano Diaries 1939-1943'', New York, 1946
*[[Ugo d'Andrea]]. ''Diario I 1939-1940'', ''Diario II 1941-1943'', Milano, 1946
*[[Renzo De Felice]]. ''Diario 1937-1943'', Milano, 1980 (include gli appunti dal 23 agosto 1937 al 31 dicembre 1938, già editi a Bologna nel 1948 con il titolo ''1937-1938. Diario'')
*[[Denis Mack Smith]]
*[[Malcolm Muggeridge]]
=== Testi di Galeazzo Ciano editi ===
* ''L'Europa verso la catastrofe'', Mondadori, Milano-Verona, 1948
* ''L'Italia di fronte al conflitto'', Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano, 1939
* ''Il Ministero per la Stampa e la Propaganda'', Società Editrice di Novissima, Roma, 1936
== Voci correlate ==
* ''[[Edda (miniserie televisiva)|Edda]]''
* [[Costanzo Ciano]]
* [[Edda Ciano]]
* [[Benito Mussolini]]
* [[Processo di Verona]]
* [[Fascismo]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Galeazzo Ciano|q}}
== Collegamenti esterni ==
*[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/il-caso-ciano/396/default.aspx Il Caso Ciano - puntata della trasmissione "La storia siamo Noi] - La storia del processo di Verona dell'8 gennaio 1944 nel quale furono condannati i cosiddetti “traditori” del regime fascista (documenti filmati )
* [http://www.treccani.it/enciclopedia/ciano_(Dizionario-Biografico)/ Dizionario biografico Treccani]
{{Box successione|carica=[[Ministero della Cultura Popolare|Ministro delle Cultura popolare]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
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{{Box successione|carica=[[Elenco dei Ministri degli Esteri del Regno d'Italia|Ministro degli Esteri]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
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{{Ministri dell'Italia fascista}}
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{{Portale|biografie|Fascismo}}
[[Categoria:Politici del Partito Nazionale Fascista]]
[[Categoria:Persone giustiziate per fucilazione]]
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[[Categoria:Diaristi italiani]]
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