Lorenzo Davidico e Wikipedia:Pagine da cancellare/Conta/2019 maggio 8: differenze tra le pagine

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'''Lorenzo Davidico''' ([[Castelnovetto]], [[1513]] – [[Vercelli]], [[29 agosto]] [[1574]]) fu un [[prete]] [[italiano]].
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Imprigionato nel [[1555]] per malversazioni, [[bestemmia|bestemmie]] e [[sodomia]] dall’[[Inquisizione]] di [[Roma]], interrogato e [[tortura]]to, evase dal [[carcere]], continuando liberamente a pubblicare scritti devozionali concepiti secondo l’ortodossia cattolica.
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== Biografia ==
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Lorenzo Davidico, il cui vero nome era '''Paolo Lorenzo Castellino de David''', <ref>È lui stesso a ricordare i suoi tre nomi nel ''Columba animae'', Milano 1562, p. 21r. Era abitualmente chiamato con il nome di Castellino, al quale preferiva tuttavia quello di Lorenzo. Nel suo ''Monte d'oratione'', Roma 1550, p. 68r, scrive di sperare di divenire «de Castellino, cioè di un picciolo castello, un castello inespugnabile quale fu Laurentio sancto»</ref> nacque nel 1513 nel piccolo borgo di Castelnovetto da Giorgio de David e da Giovanna, forse piccoli proprietari terrieri. Le guerre, che devastarono la pianura padana nella prima metà del secolo, portarono, nel [[1528]], alla distruzione della casa de David, costringendo la famiglia a emigrare nella vicina [[Vercelli]].
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Qui studiò con un prete [[Torino|torinese]] di nome Felice, <ref>Ricordato nel ''Tractatulus de cellae'', Padova 1568, p. 13r</ref> che gli impartì i consueti insegnamenti di [[latino]], di [[grammatica]] e di [[logica]]. Risalgono a questi anni la [[morte]] del [[padre]] e la perdita dei beni di [[famiglia]], evento che egli vorrà interpretare come primo segno di un disegno provvidenziale che lo destinava alla [[santità]]. <ref>''Tractatulus de cellae'', p. 10</ref> Nel [[1531]] Lorenzo fu a Roma, presso un suo parente, Cristoforo Corneto, «inserviens» di [[papa Clemente VII]], dal quale fu raccomandato al servizio del [[cardinale]] [[Lorenzo Pucci]], morto quello stesso anno, e dei nipoti Antonio e Roberto Pucci, che gli fecero ottenere dei «benefici», rendite la cui natura non è meglio nota.
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Prese gli ordini minori e, a suo dire, <ref>''Columba animae'', p. 20v-21r</ref> si laureò in [[teologia]] e in [[diritto canonico]] ma, poiché «desiderava ardentemente un profondo cambiamento della sua vita», <ref>''Columba animae'', p. 23r: «vitaeque meae reformationem sitirem»</ref> fattosi prete, nel [[1534]] lasciò Roma per [[Milano]], intenzionato a far parte della congregazione [[barnabita]], che appena l'anno prima, il [[18 febbraio]] [[1533]], aveva conseguito il primo breve di approvazione da parte di Clemente VII. È molto probabile che a suggerirgli quella scelta sia stato Basilio Ferrari, presente a Roma in qualità di scrittore apostolico nella curia papale e fratello di [[Bartolomeo Ferrari|Bartolomeo]], fondatore della nuova congregazione insieme con [[Antonio Maria Zaccaria]] e [[Giacomo Antonio Morigia]].
 
=== I chierici regolari di san Paolo ===
Antonio Maria Zaccaria, [[cappellano]] della contessa di [[Guastalla]], [[Ludovica Torelli]], insieme con il Morigia e il Ferrari, aveva fondato a Milano la nuova ''Compagnia dei Figlioli e delle Figliole di Paolo Santo'', costituita da tre collegi di sacerdoti, di suore e di laici. Il collegio femminile di suore ''Angeliche'' si costituì con approvazione del [[15 gennaio]] [[1535]] di [[papa Paolo III]], mentre quello maschile, di [[chierici regolari]], venne approvato definitivamente con successiva bolla del [[25 luglio]], insieme con un'altra casa di laici, i ''Maritati di san Paolo''.
 
Lo Zaccaria era un devoto allievo del frate domenicano [[Battista da Crema]] ([[1460]]-[[1534]]) e sollecitava ai suoi compagni la lettura dei libri del frate come, se «ben intesi e con le mani operati», capaci di «condurre alla perfezione». <ref>Orazio Premoli, ''Le lettere e lo spirito religioso di S. Antonio Zaccaria'', Roma 1909, pag. 70</ref> Tuttavia le opere di fra' Battista erano già sospette di eresia, come allude un breve di Clemente VII del [[1525]] e ancor più [[Gian Pietro Carafa]], che alla notizia della morte del domenicano, nel 1534, si augurava che «Dio [avesse] misericordia di lui», <ref>Lettera a Gaetano Thiene, in O. Premoli, cit., p. 43</ref> provvedendo poi, una volta eletto papa, a mettere le sue opere all'Indice. Infatti, nel [[1536]] si avviava a Roma un'inchiesta sulle conventicole milanesi, sospettate di perseguire le eresie di ''[[beghine]]'' e di ''[[Valdesi|poveri di Lione]]'' che avrebbe portato alla condanna per [[pelagianesimo]] nel [[1552]] della dottrina di fra' Battista, giudicata «scandalosa in più punti, temeraria in altri e in molti eretica».
 
Fra' Battista aveva mosso un'aspra polemica contro il desiderio di ricchezza e la ricerca del piacere, indicando ad antidoto contro il pericolo di cadere nei vizi del mondo un'estrema austerità di vita, improntata al massimo controllo delle proprie passioni, favorito da opportune penitenze ma escludendo il formalismo devoto delle «tante compagnie con suoi stendardi, tante processioni et simili altre fantasie, che è uno caos infinito [ ... ] offici de morte, letanie et altre hore canonice». <ref>Battista da Crema, ''Specchio interiore'', 55v</ref> La sua polemica si estendeva alla corruzione di frati e preti, «avari et amatori de robba» <ref>Battista da Crema, ''De la cognitione et vittoria di sé stesso'', p. 83v</ref> la cui indifferenza e ipocrisia dava alimento all'eresia luterana. Occorreva recuperare un'autentica esperienza religiosa, «imparare ogni scientia et sapientia et etiam li secreti de Dio, li quali li soli spirituali possono conoscere» <ref>Battista da Crema, ''Via de aperta verità'', p. 17v</ref> fino a «farse anzoli insieme con Paulo» <ref>Battista da Crema, ivi, 121v</ref>
 
La ''Compagnia dei Figlioli e delle Figliole di Paolo Santo'' era intenzionata a tradurre in pratica gli insegnamenti di fra' Battista; gli slanci di spiritualismo misticheggiante, il fervore penitenziale e lo zelo caritativo avrebbero dovuto condurre al raggiungimento di quella quiete mentale in cui avrebbe riposava la perfetta perfezione. Alla morte del domenicano, fu una donna, l'''angelica'' [[Paola Antonia Negri]] ad assumere il ruolo di punto di riferimento della Compagnia, chiamata dagli aderenti «divina madre maestra» a testimonianza del suo eccesionale carisma.
 
In una comunità di tanta severità fu accolto il Davidico, dopo aver dovuto rinunciare ai suoi benefici romani. Nel [[1537]] fu inviato a [[Vicenza]] per occuparsi, con il Ferrari, di raccogliere nuove adesioni alla congregazione mentre, dopo aver provveduto, nel [[1539]], alla dote di una sorella, nel [[1542]] era a [[Verona]] per collaborare, con i maggiori padri barnabiti, all'opera di riforma avviata dal vescovo [[Gian Matteo Giberti]]. Nulla tuttavia si sa dell'opera da lui svolta nei primi dieci anni di appartenenza alla congregazione, finché non fu convocato, il [[19 gennaio]] [[1545]], di fronte al Capitolo, per rendere conto del comportamento da lui tenuto a Varona e il [[24 gennaio]] fu severamente ripreso, essendo stato giudicato pieno di «uno desiderio grande de libertà et di ambitione, dalli quali causava in esso molti defetti contro la obedientia [ ... ] si resentiva in grandissimo odio et sdegno; fu trovato pieno de suspitioni [ ... ] captivo della vanagloria [ ... ] de infidelità verso la obedientia, pieno de duplicità, pieno di amor proprio [ ... ] di persuasione di sapere e potere, come saria in predicar, in convertir anime componer et di poter uscir grande [ ... ] di escusationi et duplicità, senza contritione: et in conclusione fu trovato tanto confuso et in tanta ruina che il capitolo non sepe che far di lui» <ref>''Atti capitolari'', in «Archivio Generalizio Barnabitico (AGB)», II, c. 8rv</ref>
 
==== Note ====
<references/>
 
== Opere ==
*Monte d'oratione [...], Roma MDL
*Columba animae [...], Mediolani [...] MDLXII, comprendenti tre brevi trattati in latino: il ''De columba animae in Deo proficientis'', il ''De congrua gratioris nominis electione'', e il ''De mira summi Pontificis dignitate''
*Tractatulus de cellae verae veneris laudibus, Patavii, MDLXVIII
 
== Bibliografia ==
*Battista da Crema, ''Specchio interiore. Opera divina per la cui lettione ciascuno devoto potrà facilmente ascendere al colmo della perfettione'', Milano 1540
*Battista da Crema, ''Via de aperta verità'', Venezia 1522
*Battista da Crema, ''De la cognitione et vittoria di sé stesso'', Milano 1531
*O. Premoli, ''Le lettere e lo spirito religioso di S. Antonio Zaccaria'', Roma 1909
 
 
[[Categoria:Presbiteri italiani|Davidico, Lorenzo]]