Tarda antichità e Il mondo vuole così: differenze tra le pagine

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{{Film
[[File:Musei Capitolini-statua di Costantino-testa-antmoose.jpg|thumb|Frammento della statua colossale di [[Costantino I]] ([[Musei Capitolini]], [[Roma]])]]
|titolo italiano= Il mondo vuole così
 
|immagine= Il mondo vuole così.jpg
La cosiddetta '''tarda antichità''' è una periodizzazione usata dagli storici moderni per descrivere il periodo di transizione dal [[storia antica|mondo antico]] a quello [[Medioevo|medievale]]. Generalmente va dalla fine del [[III secolo]] (più precisamente da [[Diocleziano]]) al [[VI secolo]]; la fine della tarda antichità in [[Europa]] viene quindi fatta coincidere più o meno con la fine della [[guerra greco-gotica]] promossa da [[Giustiniano I]], che rappresentò il tramonto della ''[[Restauratio Imperii]]'', ovvero di qualsiasi velleità di ripristinare l'Impero romano in Europa occidentale. Confini precisi del periodo sono però oggetto di dibattito: per altri storici si estenderebbe dal [[IV secolo]] al [[V secolo]] ([[Averil Cameron|Cameron]]), tra il 200 e il 600 ([[Henri-Irénée Marrou|Marrou]]), tra il 284 e il 602 ([[Arnold Hugh Martin Jones|Jones]]) o addirittura da [[Marco Aurelio]] a [[Maometto]] ([[Peter Brown|Brown]]).
|didascalia= [[Clara Calamai]] e [[Vittorio De Sica]]
 
|lingua originale= italiano
La definizione di questo periodo, ancora piuttosto radicata negli studi storici nonostante sia stata messa da tempo in discussione da molti importanti studiosi, presuppone tradizionalmente una valenza negativa: "tardo" indica, infatti, un concetto di decadenza. Il [[III secolo]] fu, soprattutto nei suoi decenni centrali, [[Crisi del III secolo|un'età di crisi politico-economica]] che in gran parte venne riassorbita solo nel secolo successivo, grazie all'energia di alcuni grandi imperatori (fra cui [[Diocleziano]], [[Costantino I]] e [[Teodosio I]]), che costruirono un ordine nuovo rispetto a quello del "[[Principato (storia romana)|Principato]]": il "[[Dominato]]". Fin dagli inizi del [[V secolo]], però, una nuova era di profondi sconvolgimenti interessò buona parte d'[[Europa]] e del [[bacino del Mediterraneo]]. Alle [[invasioni barbariche]] fecero seguito il tramonto o quantomeno le profonde e traumatiche trasformazioni del sistema e delle istituzioni politiche romane in [[Impero romano d'Occidente|Occidente]] e una crisi economica e demografica particolarmente accentuata, che si rifletté sulle condizioni generali di vita dell'Impero. Il [[VI secolo]] riportò una relativa stabilità nella parte orientale del mondo romano, ma non in Occidente, smembrato ormai in una serie di [[Regni romano-barbarici]] indipendenti. In [[Italia]] il processo di decadenza politica, sociale, demografica ed economica arrivò anzi al suo culmine proprio attorno alla metà del VI secolo, a seguito di una [[guerra gotica (535-553)|guerra]] particolarmente lunga e cruenta, combattuta da [[Giustiniano I]], imperatore dell'[[Impero bizantino]], per la liberazione della Penisola dagli [[Ostrogoti]].
|paese= [[Italia]]
 
|titolo alfabetico= Mondo vuole così, Il
Nonostante ciò la tarda antichità fu un'epoca dove non mancarono novità e significative evoluzioni in più discipline. In particolare fu proprio durante l'età tardo-antica, a partire dal IV secolo in poi (età di [[Costantino]]), che la [[Chiesa cristiana]], uscita di fatto rafforzata dall'ultima grande persecuzione (quella di [[Diocleziano]] e [[Galerio]]), cominciò ad essere protetta e a collaborare con quello stesso Stato che fino a poco prima l'aveva combattuta. L'epoca tardo-antica, quindi, segnò la definitiva vittoria del [[Cristianesimo]] sul [[Paganesimo]], ma anche la nascita di diverse [[dottrine cristologiche dei primi secoli|dottrine cristologiche antagoniste]] e dei primi [[concilio|concili]] per definire i [[dogma|dogmi]] di fede. Grazie, quindi, proprio ai cambiamenti intercorsi nell'epoca tardo-antica, la Chiesa diventerà una protagonista della successiva storia medievale, non solo come comunità religiosa, ma anche e soprattutto come vera e propria [[Stato pontificio|potenza politica]].
|anno uscita= [[1946]]
 
|tipo colore= B/N
==Contesto storico==
|aspect ratio= 1,37 : 1
[[File:Maximinus Thrax Musei Capitolini MC473.jpg|thumb|200px| L'imperatore [[Massimino Trace|Massimino il Trace]] iniziò il turbolento periodo dell'[[anarchia militare]], che terminò solo con [[Diocleziano]] cinquant'anni dopo.]]
|genere = Commedia
{{Vedi anche|Crisi del III secolo|anarchia militare}}
|regista= [[Giorgio Bianchi]]
{{Vedi anche|Invasioni barbariche del III secolo|Guerre romano-sasanidi (224-363)}}
|soggetto=
 
|sceneggiatore= [[Aldo De Benedetti]], [[Cesare Zavattini]]
Per meglio comprendere il periodo "tardo antico", vale la pena provare a ricostruire qui brevemente gli accadimenti politico-militari principali che lo precedettero. Alla [[dinastia dei Severi]] (193-235) successe un periodo durato cinquant'anni di [[anarchia militare]], denominato [[crisi del III secolo]] dove si assistette ad una sempre più chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore. Primo di questi "Imperatori-soldato" fu [[Massimino Trace]], figlio di un contadino che aveva fatto carriera per le straordinarie doti militari, venne scelto per acclamazione delle truppe della [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]], e uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di aumentare considerevolemente la paga dei soldati. Osteggiato dal Senato, riuscì a eliminare le congiure con ferma severità, ma la sua politica fiscale, molto dura soprattutto verso le classi abbienti e i contadini liberi, causò una frattura insanabile con l'aristocrazia romana, tanto che Massimino evitava l'Urbe ignorandola e risiedendo a ''[[Sirmio]]'' (l'odierna [[Sremska Mitrovica]] in [[Serbia]]).
|produttore=
 
|produttore esecutivo=
Quando le campagne contro i Germani sembravano dare i frutti sperati, con una maggiore tranquillità lungo i confini, il Senato appoggiò un nuovo imperatore, [[Gordiano II]], che durò però appena un mese. Massimino venne assassinato nel [[238]] e gli successe [[Gordiano III]], che, resosi inviso all'esercito, venne a sua volta assassinato nel [[244]], iniziando un periodo di instabilità politica caratterizzato dalla rapida successione al trono di vari imperatori. Con [[Aureliano]] ([[270]]-[[275]]), che riportò significative vittorie contro i Germani, gli Scito-sarmatici, i rivoltosi egiziani e [[Zenobia]], la regina ribelle di [[Palmira]], la situazione interna dell'Impero iniziò tuttavia a normalizzarsi. Un elemento comune a questi imperatori era la loro estraneità a Roma, essendo quasi tutti di origine pannonico-danubiana, le regioni più militarizzate perché esposte a maggiori pericoli dai confini. [[Filippo l'Arabo]], imperatore proveniente dalla recentemente annessa [[Arabia (provincia romana)|Arabia]], una delle regioni dell'impero quindi meno romanizzate, si trovò a dover festeggiare il primo millennio di storia romana nel [[248]].
|casa produzione= [[Aurea Film]]
 
|casa distribuzione italiana= [[Titanus Distribuzione]]
Nel [[260]] [[Valeriano]] fu sconfitto e catturato dal re [[sasanidi|sasanide]] [[Sapore I]], un re persiano; i Persiani avevano promosso rivoluzioni contro i Romani mossi da sentimenti nazionalisti già nel 250, volendo restaurare un impero morto a causa di [[Alessandro Magno|Alessandro il Grande]]. Il primo ad affrontarli fu [[Severo Alessandro]], cugino di [[Elagabalo]], ma nulla poté concludere, poiché premevano anche i barbari sul Danubio. Lasciò l'eredità della guerra agli imperatori che lo seguirono. Nessuno riuscì a risolvere il problema, anzi, i Persiani conquistarono la [[Siria]], mentre la [[Dacia (provincia romana)|Dacia]] andava perduta. Soltanto [[Aureliano]] ([[275]]-[[277]]) riportò la Siria ai Romani.
|attori=
 
* [[Vittorio De Sica]]: Paolo Morelli
[[File:Apollonia-82-villa.jpg|thumb|200px|left|Resti di una villa romana ad [[Apollonia (Israele)|Apollonia]], [[Israele]]]]
* [[Massimo Serato]]: Alberto
 
* [[Clara Calamai]]: Carla
Per tutto il III secolo i [[crisi del III secolo|segni di crisi]] si fecero sempre più evidenti: contrazione demografica, [[ristagno economico]] innescato dalla penuria di schiavi, guerre civili, scorrerie di barbari, [[brigantaggio]] nelle campagne e rivolte contadine (come quella delle ''[[bacaudae]]'' nelle [[Gallie]]). Le attività nelle città iniziarono a languire, le persone a spostarsi nelle campagne in cerca di cibo e rifugio, dove entrava spesso nelle ''villae'' fortificate, in uno Stato di semi-schiavitù da parte dei latifondisti, in cambio della sicurezza assicurata dai piccoli eserciti privati. Si svilupparono in tal modo bande di fuorilegge che trovarono lo Stato romano, turbato dall'anarchia politica e militare, incapace di reprimerle.
* [[Lauro Gazzolo]]: padre di Carla
 
* [[Lia Orlandini]]: madre di Carla
Contemporaneamente si assisteva allo spopolamento di intere regioni venne causato da vari fattori, tra i quali sono stati dimostrati alcuni elementi climatici e sociali: i contadini non conoscevano la [[rotazione delle colture]] e via via che la terra diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre aree. Mentre per questi fattori l'impero si andava gradualmente impoverendo, le situazioni ai confini si stavano facendo sempre più critiche, con richieste di tributi per sostenere la macchina militare che sempre con maggiori difficoltà venivano coperti. Le aree spopolate vennero in seguito concesse ad alcune popolazioni barbariche per prime si stabilirono nell'Impero come ''[[Socii e Foederati|foederati]]''.
* [[Enzo Biliotti]]: direttore della banca
 
* [[Dina Romano]]: Celestina
I [[Goti]] erano una popolazione germanica che si era insediata sul [[Mar Nero]] e che con le sue incursioni piratesche aveva infastidito non poco la navigazione nel Mediterraneo. A nord invece premevano varie orde [[barbari|barbare]] per potersi stabilire all'interno dell'Impero. Costoro avevano raggiunto il limes'' a seguito delle tensioni e dei sommovimenti causati dalle migrazioni di altri gruppi etnici in Europa orientale.
* Marina Doge: Giulia
 
* [[Carlo Romano]]: avocato Verdini
Oggi sappiamo che questi grandi movimenti di popoli furono causati sia da un peggioramento climatico, che raffreddò l'ambiente e inaridì i pascoli<ref>{{Cita|Cardini e Montesano 2006|p. 29|Cardini e Montesano 2006|harv=s}}.</ref>, sia, in epoca successiva, dalla pressione di altre etnie asiatiche (e in primo luogo degli [[Unni]]). In un primo tempo le popolazioni germaniche avevano generalmente intenzioni pacifiche, e vennero accolte dalle autorità romane in alcune zone ormai spopolate dell'Impero, secondo l'istituto dello ''[[ius hospitii]]'' e della ''foederatio''.
* [[Amilcare Pettinelli]]: vicedirettore della banca
 
* [[Gianfranco Bellini]]: dipendente della banca
== Accadimenti politici e militari (284-476) ==
* [[Loris Gizzi]]:
{{Vedi anche|Tardo Impero romano|Cronologia della tarda antichità|Storia delle campagne dell'esercito romano in età tardo-imperiale}}
* [[Enrico Glori]]:
{{Vedi anche|Impero romano d'Occidente|caduta dell'Impero romano d'Occidente|Impero romano d'Oriente}}
* [[Luciano Mondolfo]]:
 
|doppiatori originali=
Riguardo ai principali eventi politico militari si rimanda per ogni approfondimento alle voci riguardanti il [[tardo Impero romano]] ed alla [[storia delle campagne dell'esercito romano in età tardo-imperiale]].
* [[Giulio Panicali]]: Alberto
 
|fotografo= [[Arturo Gallea]]
==Società==
|montatore=
===Forme di governo===
|effetti speciali=
{|align=right
|musicista= [[Marceau Van Hoorebecke]]
|[[File:Prima tetrarchia Diocletianus.PNG|thumb|325px|left|Le 12 [[diocesi (impero romano)|diocesi]] nella nuova [[tetrarchia|divisione tetrarchica]] dell'[[impero romano]] voluta da [[Diocleziano]] attorno al [[300]].]]||[[File:Venice – The Tetrarchs 03.jpg|thumb|140px|Il [[Monumento ai Tetrarchi|gruppo in porfido dei Tetrarchi]], [[piazza San Marco]], [[Venezia]].]]
|scenografo=
|}
|costumista=
{{Vedi anche|Tetrarchia|Costantino I}}
|truccatore=
 
|sfondo=
Con l'elezione di [[Diocleziano]] ([[284]]-[[285]]) si consolidò la normalizzazione interna dell'Impero iniziata con Aureliano. Il nuovo sovrano inaugurò un programma di riforme che rafforzarono il carattere assolutistico e gerarchico dell'Impero che, attorno al [[300]], venne diviso in due grandi regioni amministrative, quella orientale, con capitale [[Nicomedia]], e quella occidentale, con capitale [[Milano]]. A capo di tali macroregioni pose due ''Augusti'' affiancati da un imperatori in sottordine, destinati a succedere loro in caso di necessità, i quali governavano a loro volta due sotto-aree, quella greco-balcanica con capitale [[Sirmio]], e quella nord-occidentale con capitale [[Treviri]]. Era la [[tetrarchia]], ideata per disinnescare le lotte ereditarie. In questo sistema Roma era sempre la capitale sacra e ideale, il ''Caput mundi'', ma la sua posizione geografica, lontana dalle bellicose zone di confine, non rendeva possibile un suo uso per funzioni politiche o strategiche.
 
Il nuovo imperatore nominò nel [[novembre]] del [[285]] come suo vice in qualità di ''[[Cesare (titolo)|cesare]]'', un valente ufficiale di nome [[Massimiano|Marco Aurelio Valerio Massimiano]], che pochi mesi più tardi elevò al rango di [[Augusto (titolo)|augusto]] il [[1º aprile]] del [[286]], formando così una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.<ref>[[Michael Grant]], ''Gli imperatori romani: storia e segreti'', Roma, Newton Compton, 1984, p. 265; Christopher Scarre, ''Chronicle of the roman emperors: the reign-by-reign record of the rulers of Imperial Rome'', New York, Thames and Hudson, 1995, pp. 197-198. ISBN 978-0500050774</ref> Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di [[Giove (divinità)|Giove]] (''Iovio''), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" di [[Ercole]] (''Erculio'', figlio di Giove), manteneva però la supremazia. Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.<ref name="LeBohecII,33">{{Cita|Le Bohec 2008|p. 33|Le Bohec 2008|harv=s}}.</ref>
 
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel [[293]] si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo Cesare per l'oriente [[Galerio]] e Massimiano fece lo stesso con [[Costanzo Cloro]] per l'occidente. Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i ''vicennalia'', ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di [[Antonino Pio]]. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "[[diocesi]]", tre per ognuno dei [[tetrarchi]]), rette da [[vicarii]] e a loro volta suddivise in 101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
 
In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a funzionari imperiali, scelti tra le file della [[cavaliere (storia romana)|classe dei cavalieri]] e tra i [[liberto|liberti]]. Tuttavia la stessa figura imperiale venne moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gli [[Augusto (titolo)|Augusti]], uno per la ''[[pars Occidentalis]]'' ed uno per la ''[[pars Orientalis]]'', spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo di [[Cesare (titolo)|Cesare]].
 
[[File:Byzantine Constantinople eng.png|thumb|300px|left|La nuova capitale dell'[[Impero romano]], [[Costantinopoli]], rifondata da [[Costantino I]] nel [[330]].]]
 
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero, governate ciascuna da uno dei tetrarchi, fecero capo ciascuna ad una distinta [[prefettura del pretorio]]: [[Prefettura del pretorio delle Gallie|Gallie]], [[Prefettura del pretorio d'Italia|Italia]], [[Prefettura del pretorio dell'Illirico|Illirico]], [[Prefettura del pretorio d'Oriente|Oriente]]. Da queste dipendevano poi le [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]], in tutto dodici, rette dai ''[[Vicario|Vicarii]]'', nelle quali erano raccolte le provincie, con a capo funzionari imperiali con il rango di ''[[corrector]]es'' o ''[[presides]]''. In pratica il nuovo ordine imperiale disarticolava le vecchie strutture repubblicane accentrando ogni funzione attorno alla figura del sovrano.
 
Nella pratica il sistema della tetrarchia durò ben poco, per via degli eserciti tutt'altro che disposti a deporre il potere politico che avevano avuto fino ad allora e che gli era valso numerosi vantaggi e privilegi. Già al primo passaggio, con la morte di [[Costanzo Cloro|Costanzo]] ([[306]]) le truppe stanziate in [[Britannia]] acclamarono suo figlio [[Costantino]], che diede il via a una guerra civile con gli altri tre pretendenti. Dopo aver battuto [[Massenzio]] e [[Massimino Daia|Massimino]], restarono [[Licinio]] e Costantino che stipularono una pace. Ma nove anni dopo, nel [[324]], Costantino attaccò e sconfisse Licinio, che venne relegato in [[Tessaglia]] dove morì in seguito, assassinato dopo essere stato accusato di complotto. Il sistema tetrarchico non venne più restaurato.
 
Costantino, dopo aver ristabilito l'unità della carica imperiale, iniziò a curarsi della politica istituzionale, economica e politica dell'Impero. Dovette presto constatare come l'asse dell'Impero si trovasse ormai a oriente e per questo fece di un piccolo insediamento sul [[Bosforo]] una nuova capitale, alla quale diede il nome di [[Nova Roma]]. Tale nome non si impose tuttavia, venendogli preferito, fin dai primi anni dalla sua fondazione, quello di Costantinopoli (''Città di Costantino''). Tra i vantaggi della città c'era l'ottima posizione strategica tra Asia e Europa, vicina alla frontiera difficile con la [[Persia]], le difese naturali, l'ottimo sistema viario e marittimo che vi transitava. Nella scelta di Bisanzio ci fu probabilmente anche la volontà di privilegiare la difesa del ricco e popoloso oriente rispetto al più provinciale e rurale occidente. La nuova capitale venne ufficialmente inaugurata nel maggio del [[330]]. Costantino abbandonò le altre tre capitali dell'epoca di Diocleziano e divise l'Impero in 14 diocesi e 117 province.
 
=== Barbari ===
[[File:German migrations 150 1066.jpg|thumb|310px|Le invasioni barbariche del [[II secolo|II]]-[[V secolo]].]]
{{Campagnabox Invasioni barbariche}}
 
Un nuovo elemento che mutò profondamente l'equilibrio dell'universo imperiale romano, oltre alla continua divisione dell'impero in due o più ''partes'' e la nuova fede del [[Cristianesimo]], fu l'arrivo di nuovi popoli entro i suoi confini. La tradizionale nomea di "invasioni" dei barbari ha forti connotati negativi. [[Barbaro]] di per sé era una parola dall'accezione negativa utilizzata dai greci in epoca pre-romana e che aveva il significato di balbuziente, incapace di parlare il [[lingua greca|greco]]. I Romani adottarono tale termine estendendolo a tutti coloro che non sapessero esprimersi compiutamente in [[Lingua latina|latino]], oltreché in greco. Gli insediamenti di popoli eurasiatici non sempre ebbero connotazioni cruente o negative. Varie etnie "barbare" diedero anzi origine ad entità statuali che, salvo rare eccezioni, si romanizzarono gradualmente dando vita, in età medievale, alle moderne nazioni europee. Per tale ragione alcune storiografie, come quelle di area germanica, hanno preferito usare la denominazione di "migrazioni di popoli" (''Völkerwanderung'').
 
==== Chi erano ====
{{Vedi anche|Germani|Sarmati|Sciti}}
Nel mondo antico si conoscevano popolazioni "barbariche" fin dall'[[VIII secolo a.C.]] I Greci indicavano come barbari un serie di popoli migratori stanziati tra il [[Danubio]], il [[Mar Nero]] e la zona nord-iranica. Essi erano di stirpe [[sciti]]ca, [[celti]]ca e [[traci]]a, seminomadi e dediti all'[[allevamento]] (soprattutto equino e ovino) ed alla raccolta di frutti spontanei. I greci li dividevano in due etnie fondamentali (in realtà piuttosto omogenee): i [[Geti]] e i [[Daci]].
 
Gli [[Sciti]] invece erano dei nomadi provenienti dal nord dell'[[Iran]], abili arcieri a cavallo, dediti a cerimonie sciamaniche che prevedevano stati di estasi prodotta forse da sostanze allucinogene (probabilmente l'[[hashish]]), che nei greci destavano stupore e timore. Essi erano suddivisi in tribù guerriere che avevano in comune la lingua, la religione, le armi, le tecniche di allevamento dei cavalli da guerra e quelle di fonditori di metalli ed orefici. Ritrovamenti di tumuli con ricchi corredi in oro e metallo sono stati ritrovati dalla [[Siberia]] al [[Caucaso]], dai confini con l'[[impero cinese]] all'[[Iran]]. Le loro continue migrazioni furono il motore di tutte le migrazione dell'eurasia centrale per tutto il primo millennio a.C., e non mancarono di preoccupare grandi imperi come quello cinese.
 
Analoghi per alcuni versi agli Sciti erano i [[Sarmati]], nomadi e cavalieri di origine nordiranica, che apparvero sulla scena del confine Europa/Asia verso il I-II secolo d.C. sospinti probabilmente da altre popolazioni asiatiche. Erano probabilmente sarmati gli [[Iazigi]] che si scontrarono con le truppe di [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]] nel [[II secolo]], mentre i [[Roxolani]] erano sarmati stanziati tra i [[Don (fiume russo)|Don]] e il [[Dnepr]]. Sarmati erano anche gli [[Alani]], originari della zona adiancente al [[lago d'Aral]], che cercarono di insediarsi in [[Cappadocia]] nel [[I secolo]]. I Romani sottolineano nei loro trattati militari la forza di questi guerrieri, grazie all'uso dei cavalli ed alla pesante armatura in [[ferro]], [[bronzo]], [[corno (biologia)|corno]] e [[cuoio]]. Queste tecniche, assimilate poi in Occidente, dovevano essere nate per proteggersi dalle frecce delle altre tribù nomadi delle steppe. Una volta che i Sarmati raggiunsero i territori degli scontri tra Persiani e Romani, vennero ingaggiati nei rispettivi eserciti, soprattutto in quello persiano.
 
I [[Germani]] combattevano sempre a piedi, almeno fino al II secolo. Inizialmemte essi non erano interessati ai territori romani, come riporta [[Tacito]]. Fra il II e il IV secolo essi iniziarono tuttavia a premere sul ''[[Limes romano|limes]]'', sospinti dalle tribù di nomadi delle steppe che, superiori militarmente, ne occupavano i pascoli. Le tribù nomadi erano a loro volta condizionate dai cambiamenti climatici, che rendevano più freddi e aridi i loro territori. Inizialmente essi vennero arruolati nell'esercito romano come [[ausiliari]], ottendo a fronte del graduale spopolamento il diritto di insediarsi in alcune zone dell'impero e trasformandosi in tal modo da pastori e cacciatori nomadi o seminomadi a agricoltori sedentari.
 
La carenza di documentazione scritta impedisce di conoscere a fondo la mitologia e la religione dei germani: le loro fonti (archeologiche, [[Alfabeto runico|rune]] e poemi) sono spesso di difficile interpretazione, mentre le fonti latine e greche sono tarde e scarsamente obiettive per l'implicita difficoltà di capire culture estranee al loro mondo.
 
====Romani e Barbari====
{{Vedi anche|Invasioni barbariche|Regni romano-barbarici}}
 
Verso la metà del IV secolo la pressione delle tribù germaniche sui confini del [[Danubio]] e del [[Reno]] era diventata molto forte. Tali tribù erano incalzate dagli [[Unni]] provenienti dalle [[steppe]], che costituivano probabilmente la stessa popolazione degli ''[[Hsiung-Nu]]'' che un secolo prima avevano insidiato l'Impero cinese presso la [[Grande Muraglia]]. Le [[invasioni barbariche]] furono un fenomeno di vasta portata e lunga durata, che ebbe probabilmente come epicentro le [[steppa|steppe]] dell'[[Asia centrale]]. La storiografia ci ha tramandato i nomi di [[Alemanni|Alamanni]], [[Suebi|Svevi]], [[Burgundi]], [[Franchi]], [[Vandali]], [[Ostrogoti]], [[Visigoti]] ed altri ancora.
 
Nel [[378]] i Visigoti sconfissero e uccisero l'Imperatore [[Valente (imperatore)|Valente]] nella [[Battaglia di Adrianopoli (378)|battaglia di Adrianopoli]]. [[Graziano]] non si sentiva in grado di controllare da solo la situazione, e affidò al genero [[Teodosio I|Teodosio]] la parte orientale dell'Impero. Teodosio venne a patti con i Visigoti, che minacciavano la stessa [[Costantinopoli]], accettandoli come ''foederati'' e ammettendoli come mercenari nell'esercito romano.
 
A questo proposito non va dimenticato che nelle stesse file dell'esercito militavano ormai molti mercenari barbari: l'ereditarietà del ruolo di soldato rendeva sempre più difficile trovare persone adatte ad indossare le nuove pesanti armature che, adottate dai [[Parti]], erano diventate necessarie anche per i Romani, senza contare la nuova cavalleria corazzata, sempre di origine partica, che comportava cavalli e cavalieri giganteschi.
 
I legionari romani, invece, erano sempre più attratti dal commercio o da altre attività non castrensi, cui sommavano i molti privilegi di cui continuavano a usufruire, tra i quali l'ambizione di essere sempre più spesso i veri arbitri dell'elezione imperiale. Alla penuria di forze realmente combattenti si fece fronte, all'inizio, con arruolamenti di [[Germani]] (legalmente liberi di arruolarsi come ''[[ausiliares]]'', a differenza dei cittadini romani) e poi con la stipula di contratti con gruppi di guerrieri accompagnati dalle relative famiglie, che ricevevano terre abbandonate dai cittadini oltre a somme di denaro annuali per il loro servizio.
 
È importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre fu distruttiva, nel senso che molti barbari non desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio oppure offrendosi al servizio di questo (si vedano i generali d'origini germane come il grande [[Stilicone]], o il caso di [[Magnenzio]], che tuttavia si autoproclamò imperatore, [[Arbogaste]], che dopo un'onorevole carriera in cui fece addirittura le veci dell'Imperatore in Occidente probabilmente fece assassinare l'imperatore [[Valentiniano II]], etc.).
 
Tuttavia, quando si accorgono che il rapporto di forze è loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito è indicativa la clamorosa sconfitta subita da [[Valente (imperatore romano)|Valente]] da parte dei [[Goti]] che successivamente distruggeranno anche [[Milano]] o il [[Sacco di Roma (410)|sacco di Roma]] da parte di [[Alarico]] frustrato nella sua ambizione di venir nominato [[maresciallo]] dell'Impero e sentitosi tradito dai Romani che lo avevano lusingato con fallaci promesse.
 
Guardando ai rapporti tra i re barbarici e l'Impero appare evidente come essi avessero relazioni, anche nei momenti più drammatici, che non si riducevano mai a uno scontro frontale. In realtà i barbari ammiravano e temevano le istituzioni imperiali, mentre la classe dirigente romana si avvaleva spesso delle forze di queste popolazioni vincolandole attraverso patti di varia natura e in particolare della ''foederatio'' ed ''[[hospitalitas]]''. Spesso i capi barbarici entravano in stretto contatto con la corte imperiale, imparentandosi con le grandi famiglie patrizie e con la stessa famiglia imperiale, accettando i titoli onorifici (come ''[[patricius]]'') e scegliendo per sé prenomi di tradizione romana, come ''Flavius''. Molti barbari fecero carriera nell'esercito romano e come guardie del corpo imperiali, come il generale [[Stilicone]], che aveva sposato una nipote di [[Teodosio I]].
 
====Barbarizzazione dell'esercito in Occidente====
{{Vedi anche|Foederati|Laeti}}
 
L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessità di dover rispondere rapidamente alla crescente pressione barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze di reclutamento attingendo unicamente dai territori imperiali, a causa della diffusa resistenza alle costrizioni<ref>Spesso, per non privarsi della manodopera necessaria alla coltivazione delle loro terre, i latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro contadini, versando al fisco una quota in denaro, che era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il problema è in realtà molto discusso; cfr. Jean-Michel Carrié, ''Eserciti e strategie'' in AA.VV.,''Storia di Roma'', II.2, Torino, Einaudi, 1991, pp. 137-139).</ref>.<ref>Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati.</ref> Per questa ragione si ricorse sempre di più a contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (''legiones'', ''vexillationes'' ed ''auxiliae''), ed in seguito, in forme sempre più massicce, come'' foederati'' che conservavano i loro modi nazionali di vivere e fare la guerra. Il risultato fu un esercito ''romano'' nel nome, ma sempre più estraneo alla società che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si può evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, come già sarebbe avvenuto all'epoca del ''magister militum'' [[Flavio Ezio]], quando probabilmente anche la maggior parte delle ''auxiliae palatinae'', esempio di riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono rimpiazzate da federati<ref name = "Giordane">{{Cita|Giordane|XXXVI, 192|Giordane|harv=s}}: ''...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes...''</ref>.
 
Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso dell'Impero (''deditio'') oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unità di popolo: alcuni venivano arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini non liberi. In questo modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava. In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette però venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come ''foederati'' semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e i loro re stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei Romani. Oltre ai Goti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che inflissero all'Impero, il permesso da parte dell'Impero di stanziarsi all'interno dell'Impero.
 
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito romano. Da un'attenta analisi della ''[[Notitia Dignitatum]]'', possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di ''limitanei'' promossi a ''comitatenses'', con conseguente declino dell'esercito sia in quantità che in qualità. La perdita dell'Africa dovette essere un altro duro colpo per le finanze dello stato e indebolì ulteriormente l'esercito, che intorno al 460 doveva essere l'ombra di sé stesso a causa della continua erosione del gettito fiscale. Di questo ne approfittarono i Vandali, i Visigoti, i Franchi che ridussero in pratica l'Impero all'Italia o poco più.
 
Nel 476 l'esercito sollevato da [[Odoacre]] contro il ''magister militum'' [[Flavio Oreste]] e l'ultimo imperatore in Italia, [[Romolo Augusto]], era costituito unicamente da federati germanici, perlopiù [[Sciri]] ed [[Eruli]]<ref>{{Cita|Giordane|XXXVI, 242|Giordane|harv=s}}: ''...Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit...''</ref>. Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla ''Pars Orientis'', come testimoniato dalla presenza dei ''[[Regii]]'', una ''auxilia palatina'' attiva sin dalla pubblicazione della ''[[Notitia Dignitatum]]'', a difesa delle [[Mura Aureliane]] minacciate dagli [[Ostrogoti]] durante la guerra di riconquista di [[Giustiniano]]<ref name = "Procopio di Cesarea">[[Procopio di Cesarea]], ''De bello gothico'', I, 23.</ref>.
 
==Religione==
[[File:Mithras tauroctony Louvre Ma3441b.jpg|thumb|left|250px|Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, Mitra che sacrifica il toro sacro]]
{{Vedi anche|Religione romana|mitologia romana|festività romane}}
 
La società romana era caratterizzata da un ''pantheon'' di divinità molto ampio, che spesso accoglieva gli dei delle culture assoggettate affiancandosi a quelli tipicamente latini, sebbene spesso (dopo il [[VII secolo a.C.]], ma con grande incisività tra III e II secolo a.C.) influenzati e sovrapposti a quelli dalla cultura greca: [[Giove (divinità)|Giove]], [[Marte (divinità)|Marte]], [[Quirino (divinità)|Quirino]], la [[Triade capitolina]] (Giove, [[Giunone]] e [[Minerva]]), ecc. Si trattava di culti che si esprimevano soprattutto nella vita esteriore, con una complessa serie di culti ben codificata, nei quali aveva un ruolo importante l'autorità pubblica.
 
Le influenze ellenistiche, egizie ed orientali portarono all'introduzione di [[culti misterici]] (''Mysteria''), culti "chiusi" ma non necessariamente segreti, che a loro volta entrarono velocemente nella religione pubblica istituzionale. Tra questi i principali erano quelli legati alla [[Dea Madre]] ([[Cerere]] o [[Venere (divinità)|Venere]] o [[Cibele]]) a [[Demetra]] (dea della fertilità e del ciclo della vita) e a [[Bacco]]. Se i primi due culti ricevettero larghi consensi anche a livello imperiale, l'ultimo venne proibito nel [[186 a.C.]] per motivi di carattere morale e di ordine pubblico legati ai ''[[bacchanalia]]''.
 
Una nuova ondata di culti misterici si ebbe a partire dal I secolo a.C.: arrivarono a Roma [[Iside]] e [[Osiride]]. La novità di queste religioni, importate dal [[Vicino Oriente]] e dall'[[Egitto]], era quella di offrire un carattere privato alla religione, a differenza di quello pubblico delle cerimonie, legato maggiormente alla salvezza individuale tramite il concetto [[platone|platonico]] dell'immortalità dell'[[anima]]. Nel [[I secolo]] d.C. arrivò invece il [[culto iniziatico]] di [[Mitra (divinità)|Mitra]], probabilmente importato dagli eserciti durante le campagne contro la [[Persia]]. Più contestato fu invece il culto siriaco di [[Helios]], introdotto dall'imperatrice [[Giulia Domna]] e sviluppato da [[Eliogabalo]]: l'affermazione del culto del ''[[Sol Invictus]]'' fu il segno più lampante dell'orientalizzazione della corte imperiale, che portò però ad una rivolta tradizionalista che costò la caduta a Eliogabalo.
 
[[Aureliano]] riprese alcuni elementi del culto solare, ma li adattò al culto dell'imperatore (sua madre era una sacerdotessa di Helios nell'[[Illiricum|Illirico]]), senza però proporre il culto come unico e assoluto, come aveva fatto Eliogabalo. Questa idea riprendeva il concetto di semidivinità del sovrano inaugurata da [[Alessandro Magno]]. Le figure delle varie divinità erano ormai dai contorni sfumati e sovrapposti zona per zona ad altre divinità locali: il [[Belenus]] celtico veniva identificato con Helios-Apollo, oppure il dio [[Odino|Wotan]] germanico veniva assimilato a [[Hermes]]-[[Mercurio (divinità)|Mercurio]].
 
===Cristianesimo===
[[Immagine:Missionsreisendespaulus.png|thumb|300px|I primi tre viaggi di Paolo di Tarso:
{{legenda|#228b22|primo viaggio}}
{{legenda|#b22222|secondo viaggio}}
{{legenda|#00008b|terzo viaggio}}]]
{{vedi anche|Cristianesimo|Storia del Cristianesimo}}
 
La diffusione del [[Cristianesimo]] nell'impero fu costante sin dal I secolo, quando giunse a [[Roma]] come una delle tante fedi orientali che in quel periodo erano popolari, suscitando consensi in vari strati sociali. Come altri tipi di conoscenze filosofico-religiose si diffuse in un primo tempo nelle grandi città portuali, per poi espandersi verso l'entroterra lungo le vie di comunicazione. L'Oriente, dotato di una fitta rete urbana, venne cristianizzato ben prima che l'Occidente. In Italia si pensa che i primi cristiani fossero probabilmente attraccati a [[Brindisi]] e insediatisi lungo la [[via Appia]] fino a Roma. [[Paolo di Tarso]] toccò [[Siracusa]], [[Reggio Calabria]] e [[Pozzuoli]] prima di arrivare a Roma, dove venne martirizzato nel [[67]]. Lo aveva preceduto, secondo la tradizione, [[Pietro apostolo]], del quale però non si conoscono gli spostamenti. Altre regioni occidentali con una precoce presenza cristiana furono [[Cefalonia]], la [[Sicilia]], la [[Betica]] (in Spagna del sud), la regione del [[Rodano (fiume)|Rodano]], dove sono state ritrovate le più antiche testimonianze archeologiche in occidente di comunità cristiane.
 
Paolo fu importante perché, secondo la tradizione, trasformò il cristianesimo da religione giudaica legata al [[Messia]] (l'atteso nuovo re, letteralmente l'"unto dal Signore"), a religione universale, che riguardava tutte le ''gentes'' e non solo gli ebrei.
 
Inizialmente la nuova religione non destò interesse nel governo imperiale, confusa tra i tanti culti orientali e scambiata per una setta ebraica, ma già nel [[49]] [[Claudio]] espelleva gli ebrei da Roma relativamente alla diffusione della fede cristiana, ma non è chiaro se fosse per i contrasti interni o per problemi legati al [[proselitismo]] a svantaggio di altre comunità. Nel [[63]] [[Tacito]] testimonia come [[Nerone]] accusò i cristiani del [[grande incendio di Roma]] come [[capro espiatorio]]. In effetti alcuni elementi della religione cristiana erano in netto contrasto con l'autorità imperiale, in particolare riguardo al loro rifiuto di considerare il giuramento di fedeltà all'imperatore alla stregua dell'[[idolatria]].
 
Tra la fine del I e l'inizio del II secolo, dopo alcuni blandi tentativi di repressione, la situazione divenne di portata ampia, tanto contro il rifiuto di onorare l<nowiki>'</nowiki>''[[alma Roma]]'' e il ''[[Genio (divinità)|genius]]'' dell'imperatore si coalizzò il malcontento popolare. [[Decio]] nel [[250]] decretò una dura [[Persecuzione dei cristiani nell'impero romano|persecuzione]], poi [[Valeriano]] nel [[255]] cercò di colpire i capi religiosi obbligandoli a partecipare ai riti del culto imperiale (probabilmente le disposizioni rimasero in larga parte sulla carta). Dal [[260]], secondo una volontà di [[Gallieno]], i cristiani, ormai molto diffusi in tutti gli strati sociali, dai governatori delle province all'esercito, vissero un periodo di pace, durato fino al [[303]].
 
====Persecuzione cristiana sotto Diocleziano====
[[File:Konstantin Flavitsky - Christian Martyrs in Colosseum.jpg|thumb|250px|left|[[Konstantin Flavitsky]], ''Martiri cristiani nel Colosseo'']]
{{vedi anche|Persecuzione di Diocleziano}}
 
A partire dal [[303]] [[Diocleziano]] e [[Galerio]] ordinarono una durissima repressione, che prevedeva la distruzione delle [[chiesa (architettura)|chiese]], il rogo delle [[Sacre scritture]], e pesanti misure contro chiunque fosse cristiano e svolgesse funzioni pubbliche. Le persecuzioni durarono fino al [[311]] e furono molto dure. Solo in quell'anno Galerio emanò un editto di tolleranza, mentre nel [[313]] [[Costantino I]], dopo aver sconfitto [[Massenzio]], proclamava l'[[editto di Milano]] e la definitiva cessazione delle ostilità e la libertà di culto per qualsiasi religione entro i confini dell'impero.
 
==== "Questione costantiniana" ====
[[File:Constantine-cameo.jpg|thumb|200px|Cammeo con Costantino I incoronato da Costantinopoli, IV secolo]]
{{Vedi anche|Concilio di Arles|Concilio di Nicea I|Primo concilio di Tiro}}
 
Molto si è scritto sulle reali intenzioni di Costantino, a prescindere dalla tradizione agiografica dell'apparizione della Croce che lo avrebbe guidato nella vittoria su [[Massenzio]]. Dopotutto un'altra visione del tutto pagana di Costantino era stata annotata precedentemente alla ''Vita Costantini'' di [[Eusebio di Cesarea]] (morto nel [[339]]), avuta nel [[310]] nel [[tempio di Apollo Granus]] tra [[Treviri]] e [[Lione]]<ref>''Incerti panegyricus Constantino Augusto dictus'' VI, 21, 4.</ref>.
 
Da una parte la scelta di Costantino di aprire ai cristiani si inseriva nel filone imperiale dalla promozione di culti più personali e meno legati al [[politeismo]] ufficiale (come i Misteri o i culti solari soprattutto nel III secolo); dall'altra la sua decisione era mediata dalla fede cristiana della madre [[Flavia Giulia Elena]]. In ogni caso Costantino non favorì il solo culto cristiano, fu [[battesimo|battezzato]] solo forse poco prima di morire e durante la sua vita non rinunciò mai al titolo di ''pontifex maximus'', vale a dire di capo supremo dei collegi sacerdotali pagani. Forse anche il suo presenziare nel [[325]] al [[Concilio di Nicea]] va ricondotto ad attività puramente politica riguardo a una religione che stava diventando una realtà troppo importante per essere trascurata.
 
La politica, infatti, di Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale nella stessa religione cristiana, di cui era dunque importantissima l'unità: per questo motivo, pur non essendo battezzato, indisse diversi [[Concilio (chiesa)|concili]], come "vescovo di quanti sono fuori della chiesa".
Il primo fu quello convocato ad Arelate ([[Concilio di Arles]]), in [[Francia]] nel [[314]], che confermò una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva condannato l'[[donatismo|eresia donatista]], intransigente nei confronti di tutti i cristiani che si erano piegati alla persecuzione dioclezianea: in particolare si trattava del rifiuto di riconoscere come vescovo di [[Cartagine]] [[Tascio Cecilio Cipriano|Cipriano]], il quale era stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri.
 
Ancora nel [[325]], convocò a [[Nicea]] il [[Primo concilio di Nicea|primo concilio ecumenico]], che lui stesso inaugurò, per risolvere la questione dell'[[arianesimo|eresia ariana]]: [[Ario]], un prete [[Alessandria d'Egitto|alessandrino]] sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma il concilio ne condannò le tesi, proclamando l<nowiki>'</nowiki>''omousia'', ossia la medesima natura del Padre e del Figlio.
Il [[Primo concilio di Tiro|concilio di Tiro]] del [[335]] condannerà tuttavia [[Atanasio di Alessandria|Atanasio]], vescovo di [[Alessandria d'Egitto|Alessandria]], il più accanito oppositore di Ario, soprattutto a causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte.
 
Per la sua sepoltura l'imperatore fece costruire un mausoleo vicino alla [[chiesa dei Santi Apostoli (Costantinopoli)|chiesa dei Santi Apostoli]], tra le reliquie di questi ultimi.
 
Costantino è considerato [[santo]] dalla [[chiesa cristiana ortodossa]] (ma non dalla [[Chiesa cattolica]]), che secondo il [[Sinassario Costantinopolitano]] lo celebra il [[21 maggio]] assieme alla madre [[Flavia Giulia Elena|Elena]]. La santità di Costantino non è riconosciuta dalla [[Cattolicesimo|chiesa cattolica]] (infatti non è riportato nel [[Martirologio Romano]]), che tuttavia celebra sua madre<ref>Anche se si pensa che la madre di Costantino propendesse più per la religione ebraica, tanto da restare delusa alla notizia della conversione al cristianesimo del figlio ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 156|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> il [[18 agosto]].
 
==== Giuliano restauratore del Paganesimo ====
Nel IV secolo si consumarono gli ultimi contrasti tra pagani e cristiani. Nel [[357]] ci fu la contesa dell'[[Altare della Vittoria]], fatto rimuovere da [[Costante I]], successore di Costantino, a discapito dei senatori che vi rendevano da diversi secoli i giuramenti di fedeltà allo Stato.
 
Dal [[361]] al [[363]] fu imperatore il nipote di Costantino I, [[Giuliano (imperatore romano)|Giuliano]], anche noto come "l'[[apostata]]" dall'epiteto conferitogli dalla tradizione cristiana a lui avversa. Egli era stato educato alla religione cristiana, ma tornò al Paganesimo favorendo i culti monoteistici legati al sole. Fu moderato e tollerante, non vessò i cristiani ma tolse loro i privilegi concessi da Costantino, cercando di contenere la loro influenza nella vita pubblica. La sua opposizione si manifestò, piuttosto che con la forza, con dotti [[trattato (opera)|trattati]] e con ostacoli alla carriera pubblica dei cristiani, sostenuto dai militari e dall'aristocrazia senatoria.
 
==== La persecuzione del Paganesimo ====
Morto Giuliano in battaglia contro i Persiani, i seguaci di Cristo ebbero due imperatori dalla solida fede cristiana: [[Graziano]] ([[375]]-[[383]]), che, consigliato da [[Sant'Ambrogio|Ambrogio di Milano]], fu il primo a rinunciare al titolo di ''pontifex maximus'', oltre a togliere la statua della [[Vittoria (divinità)|Vittoria]] dal Senato e ad abolire le esenzioni fiscali ai collegi sacerdotali pagani; e soprattutto [[Teodosio I]] ([[379]]-[[395]]), che dichiarò il cristianesimo religione di Stato. A questi va aggiunto [[Magno Massimo]], usurpatore che governò tumultuosamente tra il [[383]] e il [[388]], che sostenne con zelo la nuova fede, facendo giustiziare per esempio [[Priscilliano]], vescovo eretico molto popolare in [[Spagna]] meridionale.
 
Tra il [[391]] e il [[392]] il Paganesimo venne di fatto proibito in tutto l'Impero. In alcune zone come l'[[Egitto]] si svolsero negli anni seguenti delle vere e proprie [[persecuzioni dei pagani]], con uccisioni e distruzione degli antichi luoghi di culto, che restarono comunque un fenomeno circoscritto. Nel [[397]] [[Arcadio di Bisanzio|Arcadio]], imperatore d'Oriente, diede impulso alla demolizione dei vecchi templi ed anche in occidente si ebbero delle devastazioni, ma mai incoraggiate dall'autorità. Il vescovo di Roma cercò anzi di tutelare la sacralità dell'Urbe, senza rinnegare la memoria pagana dell'Impero, con la prospettiva di incarnarne anzi l'eredità. [[Papa Damaso I]] per esempio promosse un'edilizia dall'estetica augustea.
 
La differenza di approccio al Paganesimo tra Oriente e Occidente si può spiegare anche con la minore influenza degli estremismi monastici in Occidente (quindi una maggiore inclinazione a una via moderata) e la prospettiva della convivenza in Italia con la classe senatoria, roccaforte del Paganesimo, che ancora possedeva i grandi latifondi provinciali, importanti nell'economia del tempo.
 
==== Organizzazione delle prime Chiese ====
[[File:Affresco dell'aspetto antico della basilica costantiniana di san pietro nel IV secolo.jpg|thumb|250px|left|Ricostruzione dell'[[antica basilica di San Pietro in Vaticano]], fondata da Costantino I]]
 
Inizialmente le comunità cristiane avevano una struttura molto semplice. I nomi in greco di gran parte dei suoi elementi di base sono indice della diffuzione innanzitutto nell'Impero orientale del cristianesimo (derivano dal greco chiesa, vescovo, liturgia, clero, laico, bibbia, ecc.). I ''presbȳteroi'' erano letteralmente i più anziani, attorno ai quali si riunivano i fedeli per imparare le [[Sacre Scritture]]. I Cristiani adottarono il [[Vecchio Testamento]] ebraico, già <!-- prontamente esistente --> tradotto dal greco almeno dal II o III secolo a.C., al quale si aggiunsero i quattro [[Vangeli]] ufficiali, gli [[Atti degli Apostoli]], le [[Lettere degli Apostoli]] e l'[[Apocalisse]]. I nuovi testi erano tutti stati scritti nella ''[[koinè diàlektos]]'', il greco internazionale dell'era ellenistica. La traduzione in latino delle Sacre Scritture cristiane fu avviata più volte (ci restano frammenti del II e III secolo), ma completata solo tra il [[385]] e il [[405]], la cosiddetta ''[[Vulgata]]'' di [[Sofronio Eusebio Girolamo]], redatta dai testi originali in greco ed ebraico.
 
Tutti gli altri testi non compresi nelle Sacre Scritture, sebbene un "[[canone biblico]]" esista solo dal [[1546]], vennero detti "[[vangeli apocrifi|apocrifi]]" (in greco "nascosti"), redatti in epoche successive e in vari idiomi (aramaico, siriaco, arabo, armeno, copto...), che venivano variamente consultati e citati nei circoli cristiani.
 
Al periodo tra il II e il III secolo risalgono i resti archeologici delle prime ''[[domus ecclesiae]]'', case private con ambienti adattati alle riunioni dei cristiani ed al culto, mentre le prime [[basilica|basiliche]] cristiane risalgono all'inizio del IV secolo e riprendono l'omonimo edificio pubblico romano.
 
Dopo l'[[Editto di Tessalonica]] ([[380]]), che sanciva l'adozione del cristianesimo quale religione di Stato, la Chiesa si diede un'organizzazione in [[diocesi]], che ricalcava la gerarchia romana e l'organizzazione burocratica del territorio dei Romani. I [[concilio|concili]] si tenevano regolarmente quali grandi assemblee generali (''ecumeniche'', cioè universali, o regionali) durante le quali si discuteva di vari temi, che venivano poi applicati e verificati nel territorio con i singoli [[concilio|sinodi]] diocesani. Gli argomenti trattati nei concili andavano da questioni religioso-filosofiche a temi politici e ecclesiastici.
 
I sacerdoti esistevano nella cultura ebraica fino alla distruzione del [[tempio di Salomone]] e vennero ripresi dai cristiani attraverso quali punti di arrivo di un percorso iniziatico capaci di dispensare i [[sacramento|sacramenti]]. La "santa cena", sacramento dell'eucarestia, divenne presto il rito della [[celebrazione eucaristica]], canonizzata nella sua struttura nel IV secolo.
 
==== Dottrine cristologiche ====
[[File:THE FIRST COUNCIL OF NICEA.jpg|thumb|200px|Il primo concilio di Nicea, arte bizantina]]
{{vedi anche|Dottrine cristologiche dei primi secoli}}
 
Uno dei problemi che maggiormente afflisse la Chiesa dei primi secoli furono le questioni [[cristologia|cristologiche]], cioè inerenti alla natura di Cristo e collegate alla sostanza della nuova fede, cioè alla definizione e al senso da dare alla dottrina da professare. Una certa discordanza di dottrine a culti era naturale in un territorio così vasto e influenzato da molteplici culture, e si era manifestata fin dal I secolo, ma non era nuova per esempio anche per l'[[ebraismo]]. La passione per le dispute filosofiche era d'altronde anche radicata nella filosofia greca, diffusa a livello popolare nel mondo ellenistico.
 
Dallo [[gnosticismo]] derivò il [[manicheismo]], religione sincretica che fondeva vari elementi orientali. Ma la dottrina eretica di maggior rilievo fu l'[[arianesimo]], predicata nel IV secolo da [[Ario|Ario di Alessandria]], secondo la quale Cristo era il figlio di Dio a lui simile ma non identico, dal quale discendeva che Cristo non era un essere divino e Dio non si era sacrificato per l'umanità sulla Croce. Questa dottrina venne condannata nel [[Concilio di Nicea]] ([[325]]), mentre il [[nestorianesimo]] di [[Antiochia di Siria|Antiochia]], che teorizzava una doppia natura umana e divina distinta in Gesù, venne condannata nel [[concilio di Efeso]] ([[431]]). Il caso di Gesù come essere unicamente divino era invece predicato dal [[monofisismo]], condannato dal [[concilio di Calcedonia]] nel [[451]]. Il dilagare di queste dottrine alternative non poteva però essere arginato dai soli concili. Particolarmente preoccupante per gli esponenti della dottrina principale fu la conversione di intere popolazioni da parte di missionari che aderivano a una dottrina cristologica, come la conversione all'arianesimo di alcuni popoli germanici, o la diffusione del monifisismo in [[Siria]], [[Egitto]] e [[Etiopia]], dove ancora oggi esistono alcune comunità, o del nestorianesimo dall'[[Arabia Saudita|Arabia]] all'[[India]] fino alla [[Cina]].
 
Il monaco irlandese [[Pelagio]] sostenne sul finire del IV secolo l'irrilevanza del [[peccato originale]] rispetto al [[libero arbitrio]]; si oppose fermamente al [[pelagianesimo]] [[Agostino di Ippona]], fautore della "predestinazione" e della dipendenza dell'uomo dalla [[grazia divina]].
 
==== Chiesa di Roma e Chiesa di Costantinopoli ====
 
La divisione dell'impero si rifletté anche nella Chiesa. Sebbene già dal [[Concilio di Calcedonia]] fosse stato riconosciuto il primato (almeno morale) del vescovo di Roma (detto [[papa]] forse da un termine siriaco che indicava i sacerdoti), derivante dal prestigio di [[Pietro apostolo]], "Principe degli Apostoli" e primo vescovo dell'Urbe, nonché dal prestigio persistente del ''caput mundi'', avversavano questo primato sia i ''metropoliti'' (vescovi delle diocesi vicine), sia i vescovi delle diocesi d'Oriente, più orientati al patriarca di Costantinopoli, situato nella capitale politica dell'Impero.
 
Ma se da un lato la chiesa di Roma era esposta a mille pericoli per il disgregarsi delle istituzioni, dall'altro si insediò nel vuoto istituzionale iniziando ad occuparsi anche di vicende politiche, cosa impensabile per la Chiesa costantinopolitana, rigidamente controllata dall'imperatore che le concedeva spazio solo in materia religiosa.
 
Altre differenze risiedevano nell'uso del latino (a Occidente) piuttosto che del greco (a Oriente), o nell'attitudine pragmatica, meno speculativa e meno mistica della ''pars occidentis'' rispetto alla zona orientale.
 
Fu con [[papa Leone I]] (papa dal [[441]] al [[462]]) che la Chiesa di Roma rivendicò la sua supremazia, venendo accettata gradualmente dalle altre sedi vescovili. Presto la Chiesa divenne un potere parallelo a quello dell'imperatore, con un importante peso nella vita culturale, iniziando a inglobare individui di grande cultura, dalla casta senatoriale, come [[Cassiodoro]].
 
==== Monachesimo ====
[[File:Simeon Stylites stepping down.jpg|thumb|200px|left|Doppia rappresentazione di [[Simeone Stilita il Vecchio]]]]
 
Esperienza fondamentale nel panorama della cultura cristiana è quella del monachesimo, un modo di vivere la religione in maniera "regolare", cioè soggetta a seguire una regola. I monaci seguivano l'indicazione di Cristo a disprezzare i beni terreni, infliggendosi un "martirio incruento" fatto di rinunce e sacrifici.
 
Il monachesimo cristiano (dal greco ''monos'', solo) si sviluppò in [[Egitto]] nel III secolo, ed era di tipo [[anacoreta|anacoretico]], cioè eremitico. Essi abbandonavano le città oppure si isolavano dal mondo senza vagabondare, come gli [[stilita|stiliti]]. La Chiesa non amava molto queste espressioni, perché estremizzavano la fede dando spesso origine a deviazioni dottrinali ed a attriti con la società.
 
Venne invece favorito il monachesimo "[[Cenobita|cenobitico]]", cioè comunitario, che ebbe un primo esempio di rilievo con [[san Pacomio|Pacomio]] ([[292]]-[[346]]) che fondò una comunità nella regione egiziana del deserto della [[Tebaide (Egitto)|Tebaide]] ([[320]] circa), organizzata secondo una regola con norme di comportamento spirituale e pratico. Altrettanto importante fu il centro creato da [[Basilio Magno]] in [[Cappadocia]].
 
In Occidente il monachesimo fu quasi esclusivamente cenobitico, e seppe anche riorganizzare la produzione di generi alimentari nelle campagne.
 
==Diritto, usi e costumi==
{{Vedi anche|Diritto romano|Mos maiorum}}
 
Le novità dell'intero sistema di [[diritto romano]] del periodo (da Diolceziano alla caduta dell'Impero romano d'Occidente) sono qui sotto esposte:
 
*[[Codice Teodosiano]] ''(Imperatoris Theodosiani Codex)'': il contraltare alla codificazione Giustinianea, in sedici libri densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il ''Liber Legum Novellarum Imperatoris Theodosi'';
*''[http://ancientrome.ru/ius/library/ulpianus/tituli.htm Titvli ex corpore Ulpiani]'': la colossale opera di [[Eneo Domizio Ulpiano]], in 29 titoli; è un'opera di carattere piuttosto elementare, destinata soprattutto all'insegnamento del diritto, contenuta in un manoscritto della [[Biblioteca Vaticana]]. Secondo la [[dottrina]] prevalente, si tratta di una compilazione postclassica (con molta probabilità dell'epoca di Diocleziano o Costantino) di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere di Ulpiano.
*[[Editto di Costantino]] e Licinio del 311-313
*''[http://ancientrome.ru/ius/library/codex/theod/sirmond.htm Constitvtiones Sirmondianae]'': raccolta di 16 costituzioni imperiali, che disciplinano materie ecclesiastiche; presero il nome dal primo loro editore, il [[gesuita]] Sirmond ([[1631]]). Emanate fra il [[333]] e il [[425]], non furono tutte accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale vennero pubblicate da [[Theodor Mommsen]].
*''[[Fragmenta Vaticana]]'' [http://ancientrome.ru/ius/library/vatican/FragVat.htm Fragmenta Vaticana], frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni imperiali e di passi desunti dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto fu scoperto nel [[1821]] dal [[cardinale]] Mai nella Biblioteca Vaticana. Le costituzioni imperiali ivi riportate vanno dal 205 al 369 o al 372
*[[Codice Ermogeniano]] degli anni [[293]]-[[294]].
 
==Esercito==
{{Vedi anche|Esercito romano|Difesa in profondità (esercito romano)|limes romano}}
 
Il nuovo assetto organizzativo, tattico e strategico, che [[Diocleziano]] e [[Costantino I]] misero in atto, fu il frutto di una inevitabile evoluzione che nella [[crisi del III secolo]] aveva trovato la causa ed in [[Gallieno]] il primo artefice per la ricostruzione, due secoli dopo la [[Augusto|grande riforma di epoca augustea]]. Tale nuovo assetto, frutto di un lento e graduale ripensamento dell'intero apparato militare romano, fu poi conservato per tutto il [[IV secolo|IV]] ed il [[V secolo]] e presso l'[[Impero romano d'Oriente]] sopravvisse almeno fino al [[VI secolo]]. Vi è da aggiungere che la vera e propria riforma dell'esercito, nelle sue gerarchie di comando e nella sua struttura interna (dalla formazione di nuove unità, a quella di nuove tipologie di funzionari), fu inaugurata non tanto da [[Diocleziano]], ma da [[Costantino I]] e proseguita dai suoi successori.<ref name="LeBohecII,110">{{Cita|Le Bohec 2008|p. 110|Le Bohec 2008|harv=s}}.</ref>
 
La strategia dei due imperatori può essere considerata, col senno di poi, efficacissima nel breve termine (le [[invasioni barbariche del IV secolo|incursioni barbariche]], infatti, vennero respinte senza problemi per buona parte del IV secolo), ma deleteria quanto ai suoi effetti finali, dato che i costi enormi per il mantenimento dell'esercito finirono per pesare sempre di più su una struttura economica e produttiva già in grave crisi. La pressione fiscale, infatti, aumentò a dismisura e spesso le legioni romane non esitavano a procurarsi il necessario per mantenersi requisendo beni e depredando gli stessi cittadini che in teoria erano chiamate a proteggere<ref>{{Cita|Ruffolo 2004|harv=s}}.</ref>.
 
===Riforma di Diocleziano===
[[File:Diocletian bust.png|200px|thumb|Busto di [[Diocleziano]] (Museo Archeologico di [[Costantinopoli]]).]]
{{Vedi anche|Riforma dioclezianea dell'esercito romano}}
 
La vera grande riforma militare di [[Diocleziano]] fu soprattutto di tipo politico.<ref name="CascarinoIII,33"/> Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del [[Imperatore romano|sommo potere imperiale]], dapprima attraverso una [[diarchia]] (due ''[[augusto (titolo)|Augusti]]'', a partire dal [[285]]/[[286]]) e poi tramite una [[tetrarchia]] (nel [[293]], tramite l'aggiunta di due ''[[cesare (titolo)|Cesari]]''),<ref name="LeBohecII,33"/> compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di [[Augusto]]. Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi [[Guerra civile romana (306-324)|successiva guerra civile]]), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al [[Impero romano|mondo romano]].<ref name="LeBohecII,41">{{Cita|Le Bohec 2008|p. 41|Le Bohec 2008|harv=s}}.</ref>. La presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilità dell'Impero.
 
Diocleziano creò una vera e propria gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l<nowiki>'</nowiki>''Augusto'' ''Iovio'' (protetto da [[Giove (divinità)|Giove]]), assistito da un secondo ''Augusto'' ''Herculio'' (protetto da un semidio, [[Ercole]]), a cui si aggiungevano i due rispettivi ''Cesari'',<ref name="LeBohecII,33"/> ovvero i "successori designati".<ref name="CascarinoIII,33">Giuseppe Cascarino, ''L'esercito romano. Armamento e organizzazione'', Vol. III: ''Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente'', Rimini, Il Cerchio editore, p. 33. ISBN 88-8474-215-3</ref> In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle [[limes romano|frontiere]] che doveva controllare ([[Treviri]] e [[Milano]] in Occidente; [[Sirmio]] e [[Nicomedia]] in Oriente<ref name="CascarinoIII,33"/>), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche [[invasioni barbariche del III secolo|invasioni]] come quelle che si erano verificate nel [[crisi del III secolo|III secolo]].
 
La nuova forma di governo messa in atto non era del tutto nuova per l'[[Impero romano]]: basti pensare alla prima [[diarchia]] di [[Marco Aurelio]] e [[Lucio Vero]] della fine del [[II secolo]].<ref name="LeBohecII,41"/> È da aggiungere che la divisione interna del mondo romano in quattro diversi settori strategici (a sua volta suddiviso in 12 [[Diocesi (impero romano)|diocesi]], con l'aggiunta di numerose nuove [[province romane|province]]) portò, tuttavia, inevitabilmente ad un aumento del numero degli effettivi,<ref>[[Giovanni Lido]] stima le dimensioni dell'esercito di [[Diocleziano]] in 389.704 armati di terra, 435.266 comprendendo anche i reparti della [[marina militare romana]] (''De Mensibus'', I, 27), quest'ultima "ricostruita" durante la [[tetrarchia]], dopo la [[crisi del III secolo]] ([[Michel Reddé]], ''Mare nostrum: les infrastructures, le dispositif et l'histoire de la marine militaire sous l'Empire romain'', Paris, de Boccard, 1986, pp. 623-641. ISBN 27-2830-114-X).</ref> con il conseguente irrigidimento del servizio di leva obbligatorio<ref name="LeBohecII,41"/> e l'introduzione del servizio di leva ereditario. Il numero delle legioni non solo fu aumentato, ma fu meglio distribuito: si cominciarono a utilizzare sempre più spesso loro ''[[vexillationes]]'', riducendo il numero degli effettivi della "legione madre" a vantaggio di sue "parti" inviate in altri settori strategici, dai quali mai più avrebbero fatto ritorno al "[[castrum|campo base]]".<ref name="LeBohecII,41"/>
 
Anche il [[limes romano|sistema difensivo dei confini]] venne reso più elastico e "profondo": alla rigida difesa del ''[[vallum]]'' venne aggiunta una rete sempre più fitta di ''castella'' interni, collegati tra di loro da un più complesso sistema viario (un esempio su tutti: la ''[[strata Diocletiana]]'' in Oriente). In sostanza si passò da un sistema difensivo di tipo "lineare"<ref>{{Cita|Luttwak 1981|p. 75-170|Luttwak 1981|harv=s}}.</ref> ad uno "più profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla [[crisi del III secolo]], quando [[Gallieno]] e gli imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del ''limes'' a far ricorso a "riserve" strategiche molto "interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del ''[[limes romano|limes]]'', il quale fu esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, ''[[barbari|in Barbaricum]]'', attraverso la costruzione di numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi [[Reno (Germania)|Reno]], [[limes danubiano|Danubio]] ed [[Eufrate]]), avamposti con relative vie di comunicazione e strutture logistiche.<ref name="CascarinoIII,46-48">Cascarino, ''op. cit.'', pp. 46-48.</ref>
{{Quote|''Infatti, per la previdenza di [[Diocleziano]] tutto l'impero era stato diviso [...] in città, fortezze e torri. Poiché l'esercito era posizionato ovunque, i [[barbari]] non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed a respingerli''.|[[Zosimo (storico)|Zosimo]], II, 34.1.}}
 
Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessità non era così urgente nei primi due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono così ad essere costruite, o ricostruite, in modo più compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro complessivo), più solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si passò da uno spessore di 1,6 metri a 3,4 metri, come nel caso della [[castrum|fortezza]] di [[Sucidava]]) e con un maggior utilizzo di [[torre|torri]] esterne, per migliorarne la difesa.<ref name="CascarinoIII,46-48"/>
 
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi<ref>{{Cita|Zosimo|II, 34|Zosimo|harv=s}}; ''[[Panegyrici latini]]'' V, 18; {{Cita|Ammiano Marcellino|XXIII, 5.1-2|Ammiano Marcellino|harv=s}}.</ref> ed i moderni.<ref name="LeBohecII,41"/>.
 
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di [[Diocleziano]], lodato dallo storico [[Zosimo (storico)|Zosimo]], è quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere<ref name="ReferenceB">{{Cita|Zosimo|II, 34|Zosimo|harv=s}}.</ref>, che nello stesso tempo però manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso (un'evoluzione ulteriore di quanto aveva fatto [[Settimio Severo]], con il posizionamento della ''[[legio II Parthica]]'' nei [[castra Albana]], poco distante da Roma), il ''[[comitatus]]''. Diocleziano, infatti, perfezionò ciò che di buono era stato "riformato" sotto [[Gallieno]] e gli imperatori [[Illirico|Illirici]] (da [[Aureliano]] a [[Marco Aurelio Probo]], fino a [[Marco Aurelio Caro]]), i quali avevano adattato l'esercito alle esigenze della grande [[crisi del III secolo]]. Egli, difatti, trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da [[Gallieno]] in un vero e proprio "esercito mobile" detto ''[[comitatus]]''<ref>''Acta Maximiliani'': ''in sacro comitatu dominorum nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Maximiani'' (= Galerio) ''milites christiani sunt et militant''.</ref> ("compagnia"), nettamente distinto dall'"esercito di confine" o ''limitaneo''. Probabilmente il ''comitatus'' dioclezianeo era costituito da due ''[[vexillationes]]'' (''Promoti'' e ''Comites'') e da tre ''legiones'' (''[[Herculiani]]'', ''[[Ioviani]]'' e ''Lanciarii''), mentre la "riserva strategica mobile" di [[Gallieno]] era costituita unicamente da ''vexillationes''<ref>[[Simon MacDowall]]; [[Christa Hook]], ''Late Roman cavalryman'', 236-565 AD, London, Osprey, p. 4. ISBN 18-5532-567-5</ref>.
 
===Perfezionamento di Costantino===
[[File:Rome-Capitole-StatueConstantin-nobg.png|thumb|200px|left|[[Statua colossale di Costantino I|Testa colossale]] dell'[[imperatore romano]] [[Costantino I]], [[Riforma costantiniana dell'esercito romano|innovatore delle forze armate romane]].]]
{{Vedi anche|Riforma costantiniana dell'esercito romano}}
 
Le prime vere modifiche apportate da [[Costantino I]] nella nuova organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate subito dopo la vittoriosa [[battaglia di Ponte Milvio]] contro il rivale [[Massenzio]] nel [[312]]. Egli infatti sciolse definitivamente la [[guardia pretoriana]] ed il reparto di [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] degli ''[[equites singulares]]'' e fece smantellare l'accampamento del Viminale.<ref name="ZosimoII,17,2">{{Cita|Zosimo|II, 17, 2|Zosimo|harv=s}}.</ref> Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione delle [[schola palatina (Bisanzio)|schole palatine]], le quali ebbero lunga vita poi a [[Bisanzio]] ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi spostamenti, e non più alla Capitale.<ref name="LeBohec53">{{Cita|Le Bohec 2008|p. 53|Le Bohec 2008|harv=s}}.</ref>
 
Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico ''[[augusto (titolo)|Augusto]]'', subito dopo la sconfitta definitiva di [[Licinio]] nel [[324]].<ref name="LeBohec53"/> Il percorso che egli compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal [[324]] al [[337]], anno della sua morte). La guida dell'esercito fu sottratta ai [[prefetto del Pretorio|prefetti del Pretorio]], ed ora affidata a: il ''[[magister peditum]]'' (per la [[fanteria]]) ed il ''[[magister equitum]]'' (per la [[cavalleria]]).<ref name="ZosimoII,33.3"/> I due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si trasformava ''[[magister peditum et equitum]]'' o ''[[magister utriusque militiae]]''<ref>[[Giovanni Lido]], ''De magistratibus'', II, 10; {{Cita|Zosimo|II, 33.3|Zosimo|harv=s}}.</ref> (carica istituita verso la fine del regno, con due funzionari ''praesentalis''<ref name="LeBohecII,110">{{Cita|Le Bohec 2008|p. 110|Le Bohec 2008|harv=s}}.</ref>).
 
I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti [[centurione romano|centurioni]] e [[tribunus militum|tribuni]], anche i cosiddetti [[Duce (storia romana)|''duces'']],<ref name="ZosimoII,33.3">{{Cita|Zosimo|II, 33.3|Zosimo|harv=s}}.</ref> i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di [[limes romano|frontiera]] [[province romane|provinciale]], a cui erano affidate truppe di [[limitanei]].
 
Costantino, poi, aumentò ancora di più gli effettivi dell'esercito, che arrivarono a contare fino a 600.000 uomini (con Diocleziano erano circa 400.000 i legionari)<ref>Secondo Giorgio Ruffolo la cifra di un milione di uomini sotto Costantino è esagerata ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 137|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref>, e, come abbiamo visto sopra, suddivise l'"esercito mobile" in "centrale" (unità ''[[palatini|palatinae]]'') e "periferico" (unità ''[[comitatenses]]'').<ref>MacDowall e Hook, ''op. cit.'', p. 5.</ref><ref name="CascarinoIII,52">Cascarino, ''op. cit.'', p. 52.</ref>
 
Egli, oltre ad apportare la suddetta divisione dell'"esercito mobile", rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato bellico romano definito dal suo predecessore [[Diocleziano]]: fu espansa a dismisura la componente mobile ed indebolita quella di frontiera<ref name="ReferenceB"/>. In particolare, secondo lo storico [[Zosimo (storico)|Zosimo]], questo nuovo assetto fu la causa del progressivo stanziamento delle popolazioni barbariche nei territori imperiali, nonché il degrado dei centri urbani in cui venivano acquartierate truppe eccessivamente numerose. [[Zosimo (storico)|Zosimo]] si lamentava, infatti, che lo stesso imperatore avesse rimosso dalle frontiere la maggior parte dei soldati, per insediarli nelle città (si tratta della creazione dei cosiddetti ''[[comitatenses]]''):<ref>{{Cita|Zosimo|II, 34.2|Zosimo|harv=s}}.</ref>
{{Quote|''...città che non avevano bisogno di portezione, privò del soccorso quelle minacciate dai barbari'' [lungo le frontiere] ''e procurò alle città tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi molte città risultano deserte. Lasciò anche che i soldati rammollissero, frequentendo i teatri, ed abbandonandosi alla vita dissoluta.''|[[Zosimo (storico)|Zosimo]] II, 34.2.}}
 
Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre più le funzioni di una sorta di ministro della guerra, mentre vennero create le cariche del ''[[magister equitum praesentalis]]'' e del ''[[magister peditum praesentalis]]'' ai quali veniva affidato il comando effettivo sul campo.
 
In genere le unità ''palatinae'' costituivano l'esercito dedicato ad un'intera [[Prefettura del Pretorio]], mentre le unità ''comitatenses'' costituivano l'esercito dedicato ad una singola [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]] nell'ambito della Prefettura. Analogamente conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite ''[[limitanei|limitanee]]'' (stanziate lungo i ''[[Limes romano|limes]]'') e ''riparienses'' (operanti lungo i fiumi [[Reno]] e [[Danubio]]) (in epoca teodosiana alcune di esse furono rinominate ''[[pseudocomitatense]]s'' quando trasferite nell'"esercito mobile").
 
L'ultima profonda modifica apportata all'esercito, a seguito della quale esso assumeva definitivamente la forma riportata nella ''[[Notitia Dignitatum]]'', fu quella realizzata nel 365 da [[Valentiniano I]] (''Augustus senior'' presso [[Milano]]) e suo fratello [[Valente (imperatore romano)|Valente]] (''Augustus iunior'' presso [[Costantinopoli]]). Essi si spartivano presso la località di Naessus le unità militari dell'Impero, le quali venivano fisicamente smembrate in due metà dette rispettivamente "''senior''" (assegnate a Valentiniano I) e "''iunior''" (assegnate a Valente)<ref>{{Cita|Ammiano Marcellino|XXV, 5.1|Ammiano Marcellino|harv=s}}.</ref>.
 
===Organizzazione ai tempi della ''Notitia Dignitatum'' (inizi V secolo)===
[[File:Roman Empire with dioceses in 400 AD.png|300px|right|thumb|L'impero romano all'epoca della morte di [[Teodosio I]] nel [[395]], con la divisione amministrativa dell'impero in [[prefettura del pretorio|prefetture]] e [[diocesi (impero romano)|diocesi]].]]
{{Vedi anche|Diocesi (impero romano)|Notitia Dignitatum}}
 
La nuova organizzazione politico/militare descritta dalla ''[[Notitia Dignitatum]]'' fu certamente il frutto di una lunga evoluzione durata circa un secolo, dalle dodici [[Diocesi]] di [[Diocleziano]], passando attraverso il sistema [[Costantino I|costantiniano]], per concludersi con la definitiva divisione dell'[[Impero romano]] in [[Impero romano d'Occidente|Occidentale]] ed [[Impero romano d'Oriente|Orientale]] voluta da [[Teodosio I]] ed in tredici diocesi.
;Parte orientale:
Ecco come risulta suddivisa la scala gerarchica della parte Orientale, dove all'[[Imperatore romano|Imperatore]] rispondevano due [[Prefetto del Pretorio|prefetti del Pretorio]], oltre a un ''[[Praefectus urbis Constantinopolitanae]]'', un ''[[Magister officiorum]]'' ed un ''[[Comes domesticorum]]'':
#[[Praefectus praetorio Orientis]], da cui dipendevano tre [[Vicarius|Vicari]] per le [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]] [[Asia (diocesi)|Asiana]], [[Ponto (diocesi)|Pontica]] e [[Tracia (diocesi)|''Thracia'']], mentre quelle dell'[[Egitto (diocesi)|''Aegypttus'']] e d'[[Oriente (diocesi)|Oriente]] erano controllate direttamente dal Prefetto del Pretorio.<ref name="NotOrI">''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', I.</ref> Le quattro diocesi erano a loro volta divise in province, governate da un [[Proconsole|''Proconsul'']], dodici [[Console romano|''Consulares'']], un ''[[Corrector]]'' e trentadue ''[[Praesides]]''.<ref name="NotOrI"/> Le province dell'Egitto erano cinque,<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', II) le cinque province egiziane erano: ''Libya superior'', ''Libya inferior'', ''Thebais'', ''Aegyptus'', ''Arcadia''.</ref> dell'Asia dieci,<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', II) le dieci province asiatiche erano: ''Pamfylia'', ''Hellespontus'', ''Lydia'', ''Pisidia'', ''Lycaonia'', ''Frygia Pacatiana'', ''Frygia salutaris'', ''Lycia'', ''Caria'' e ''Insulae''.</ref> Pontiche dieci<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', II) le dieci province pontiche erano: ''Galatia'', ''Bithynia'', ''Honorias'', ''Cappadocia prima'', ''Cappadocia secunda'', ''Pontus Polemoniacus'', ''Helenopontus'', ''Armenia prima'', ''Armenia secunda'', ''Galatia salutaris''.</ref> e sei della Tracia,<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', II) le sei province tracie erano: ''Europa'', ''Thracia'', ''Haemimontus'', ''Rhodopa'', ''Moesia secunda'' e ''Scythia''.</ref> mentre le quindici province orientali erano governate direttamente dal Prefetto del Pretorio Orientis<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', II) le quindici province sotto il diretto controllo del [[prefetto del Pretorio d'Oriente]] erano: ''Palaestina'', ''Foenice'', ''Syria'', ''Cilicia'', ''Cyprus'', ''Arabia'' [''et dux et comes rei militaris''], ''Isauria'', ''Palaestina salutaris'', ''Palaestina secunda'', ''Foenice Libani'', ''Eufratensis'', ''Syria salutaris'', ''Osrhoena'', ''Mesopotamia'' e ''Cilicia secunda''.</ref>
#[[Praefectus praetorio Illyrici]], da cui dipendevano un ''[[Vicarius]]'' per la [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]] di [[Macedonia (diocesi)|Macedonia]], mentre quella della [[Dacia (diocesi)|Dacia]] era controllata direttamente dal Prefetto del Pretorio.<ref name="NotOrI"/> Le due diocesi erano a loro volta divise in province, governate da un [[Proconsole|''Proconsul'']], tre [[Console romano|''Consulares'']], un [[Correctores|''Corrector'']] e otto ''[[Praesides]]''.<ref name="NotOrI"/> Le province della Dacia erano cinque<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', III) le cinque province daciche erano: ''Dacia mediterranea'', ''Dacia ripensis'', ''Moesia prima'', ''Dardania'', ''Praeualitana et pars Macedoniae salutaris''.</ref> e quelle della Macedonia sei.<ref>Secondo la ''[[Notitia Dignitatum]]'' (''Orien.'', III) le sei province macedoniche erano: ''Achaia'', ''Macedonia'', ''Creta'', ''Thessalia'', ''Epirus vetus'', ''Epirus nova et pars Macedoniae salutaris''.</ref>
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, come segue:
#[[Magister militum praesentalis| Magister militum praesentalis I]], che controllava due [[Duce (storia romana)|Duci per l'Egitto]]<ref name="NotOrI"/> (''[[Dux Thebaidos]]''<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXI.</ref> e ''[[Dux Libyarum]]'') e un ''[[Comes limitis Aegypti]]'';<ref name="NotOrI"/>
#[[Magister militum praesentalis| Magister militum praesentalis II]], da cui dipendeva un [[Duce (storia romana)|Duce per il Ponto]]<ref name="NotOrI"/> (''[[Dux Armeniae]]'') ed un altro ''[[Comes per Isauriam]]'';<ref name="NotOrI"/>
#[[Magister militum per Orientem]], da cui dipendevano sei [[Duce (storia romana)|Duci per l'Oriente]] (''[[Dux Foenicis]]'',<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXII.</ref> ''[[Dux Syriae]]'',<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXIII.</ref> ''[[Dux Palaestinae]]'',<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXIV.</ref> ''[[Dux Osrhoenae]]'',<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXV.</ref> ''[[Dux Mesopotamiae]]'',<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXVI.</ref> ''[[Dux Arabiae]]''<ref>''Notitia Dignitatum'', ''Orien.'', XXXVII.</ref>);<ref name="NotOrI"/>
#[[Magister militum per Thracias]], da cui dipendevano due [[Duce (storia romana)|Duci per la Tracia]]<ref name="NotOrI"/> (''[[Dux Moesiae secundae]]'' e ''[[Dux Scythiae]]'');
#[[Magister militum per Illyricum]], da cui dipendevano due [[Duce (storia romana)|Duci per l'Illirico]]<ref name="NotOrI"/> (''[[Dux Daciae ripensis]]'' e ''[[Dux Moesiae primae]]'').
 
;Parte occidentale:
In Occidente la divisione era leggermente differente. All'[[Imperatore romano|Imperatore]] rispondevano sempre due [[Prefetto del Pretorio|prefetti del Pretorio]], oltre a un ''[[Praefectus urbis Romae]]'', un ''[[Magister officiorum]]'' e un ''[[Comes domesticorum]]'', come segue:
#''[[Praefectus praetorio Italiae]]'', da cui dipendevano tre [[Vicarius|Vicari]] per le [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]] della [[Italia Suburbicaria (diocesi)|città di Roma]], d'[[diocesi dell'Italia Annonaria|Italia]] e d'[[Africa (diocesi)|Africa]].<ref name="NotOccI">''Notitia Dignitatum'', ''Occ.'', I.</ref>
#''[[Praefectus praetorio Galliarum]]'', da cui dipendevano tre [[Vicarius|Vicari]] per le [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]] delle ''[[Septem Provinciae]]'', delle [[Spagna (diocesi)|Spagne]] e delle [[Britannia (diocesi)|Britannie]].<ref name="NotOccI"/>
A questa struttura seguiva parallelamente una conseguente divisione territoriale delle forze militari, ma considerando anche che le forze andavano suddivise tra [[fanteria]] (''[[Magister peditum praesentalis]]'') e [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] (''[[Magister equitum praesentalis]]''), come segue:
#un ''[[Numerus intra Italiam]]'',<ref name="Goldsworthy204">Adrian Keith Goldsworthy, ''Storia completa dell'esercito romano'', Modena, Logos, 2005, p. 204.</ref> a capo di: un ''[[Comes Italiae]]'' e un ''[[Dux Raetiae primae et secundae]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII">''Notitia Dignitatum'', ''Occ.'', VII.</ref>
#un ''[[Numerus intra Gallias]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> a capo dei seguenti funzionari militari: ''[[Magister equitum per Gallias]]'', ''[[Comes tractus Argentoratensis]]'', ''[[Dux Belgicae secundae]]'', ''[[Dux Germaniae primae]]'', ''[[Dux Mogontiacensis]]'', ''[[Dux Sequanicae]]'', ''[[Dux tractus Armoricani et Neruicani]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/>
#un ''[[Numerus intra Illyricum]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> alle cui dipendenze troviamo: il ''[[Comes Illyrici]]'', il ''[[Dux Pannoniae secundae]]'', il ''[[Dux Valeriae ripensis]]'' e il ''[[Dux Pannoniae primae et Norici ripensis]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/>
#un ''[[Numerus intra Hispanias]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> sottoposto al ''[[Magister militum praesentalis]]'',<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/> da cui dipendeva un ''[[Comes Hispaniae]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/><ref name="NotOccXLII">''Notitia Dignitatum'', ''Occ''., XLII.</ref><ref>[[Julio Rodríguez González]], ''Historia de las legiones Romanas'', Madrid, Almena Ediciones, 2003, p. 530. ISBN 84-9617-002-0</ref>
#un ''[[Numerus intra Tingitaniam]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> da cui dipendeva il ''[[Comes Tingitaniae]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/>
#un ''[[Numerus intra Africam]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> da cui dipendeva il ''[[Comes Africae]]'', il ''[[Dux limitis Mauretaniae Caesariensis]]'' ed il ''[[Dux limites Tripolitani]]'';<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/>
#un ''[[Numerus intra Britannias]]'',<ref name="Goldsworthy204"/> da cui dipendeva il ''[[Comes Britanniarum]]'', il ''[[Comes litoris Saxonici per Britannias]]'' ed il ''[[Dux Britanniarum]]''.<ref name="NotOccI"/><ref name="NotOccVII"/>
 
==Economia==
{{Vedi anche|Economia dell'Impero romano}}
 
A parte una breve ripresa all'inizio del IV secolo d.C., frutto del ritorno all'ordine politico con [[Diocleziano]] e [[Costantino]] dopo il disastroso periodo dell'[[anarchia militare]] del III secolo d.C., per il resto il quadro economico del Tardo Impero fu caratterizzato, soprattutto nella parte occidentale, da una lunga e progressiva decadenza ed agonia a livello di produzione agricola e di traffici commerciali, che insieme al calo demografico (dovuto a guerre, carestie ed epidemie) ed alla crisi delle città porterà gradualmente ad un sistema economico chiuso ed autarchico, ovvero il sistema economico [[Corte (storia)|curtense]] dell'[[Alto Medioevo]].
 
===Agricoltura: crisi della produzione, spopolamento delle campagne e colonato===
{{vedi anche|Crisi del III secolo|Iugatio-capitatio|Colonato}}
 
La crisi produttiva, i cui sintomi si erano già evidenziati durante l'Alto Impero, si manifestò in tutta la sua virulenza dal [[III secolo]] d.C. in poi con l'accentuarsi dell'instabilità politica. Le guerre civili e le [[Invasioni barbariche del III secolo|scorrerie barbariche]] finirono per devastare anche le regioni più fertili e le campagne cominciarono a spopolarsi (fenomeno degli ''agri deserti''),<ref>Gli imperatori furono costretti, specialmente nelle province danubiane, a chiamare popolazioni barbariche per ripopolare le campagne.</ref> anche perché i piccoli proprietari terrieri, che già non se la passavano bene, dovevano affrontare da una parte i costi dovuti al mantenimento di interi eserciti che transitavano sui loro territori, dall'altra un peso [[fisco|fiscale]] diventato sempre più intollerabile (basti pensare all'introduzione da parte di [[Diocleziano]] della [[iugatio-capitatio|''iugatio''-''capitatio'']]<ref>Ogni proprietario fu tassato sulla base di ciascuna persona che impiegava nel lavoro dei campi (''caput'') e per ogni pezzo di terra (''iugum'') sufficiente a produrre quanto necessario in un anno al mantenimento di una persona.</ref>). L'introduzione del ''[[colonato]]'' (i latifondi furono suddivisi in piccoli lotti, affidati a coltivatori o ''coloni'' provenienti dalla categoria degli schiavi o dei braccianti salariati, che si impegnavano a cedere una quota del prodotto al padrone e a non abbandonare il fondo) permise di recuperare alla produzione terreni prima trascurati: lo schiavo era incentivato ad accettare questa condizione giuridica perché aveva qualcosa in proprio per nutrire sé e la famiglia (evitando anche il rischio dello smembramento del nucleo familiare per vendite separate), il lavoratore libero invece ebbe di che vivere, anche se dovette rinunciare a gran parte della propria autonomia perché obbligato a prestare i propri servizi secondo le esigenze del latifondista che gli aveva affidato in affitto la propria terra. Tuttavia, nemmeno il ''colonato'' risolse la crisi dell'agricoltura.<ref>Del resto, legare il colono alla terra mediante la coercizione non era certo un modo per aumentare la produttività o per migliorare la sorte dei lavoratori ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 102|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> Molta gente, infatti, disperata ed esasperata dalle guerre e dagli eccessi della tassazione, si diede al [[brigantaggio]] (in [[Gallia]] i contadini ribelli furono detti [[bagaudi]], in [[Africa (provincia romana)|Africa]] nacque il movimento dei [[circoncellioni]]), taglieggiando viandanti e possidenti ed intercettando i rifornimenti, con grave aumento del danno per l'economia. Come se non bastasse, ricomparvero [[malaria]] e [[peste]] (tenute sotto controllo nell'Alto Impero), che infierirono su popolazioni ormai indebolite dalle guerre e dalle endemiche carestie. Il risultato fu una grave crisi demografica, che colpì non solo le campagne, ma anche le città, dove erano confluiti i contadini fuggiti dai campi.
 
Non tutti gli studiosi, tuttavia, concordano con questo quadro di un'economia agricola tardo-imperiale in declino, dedotto dalle fonti storiche e legali. Peter Heather, per esempio, sulla base di evidenze archeologiche e rilevamenti aerei, sostiene che, lungi dall'essere in declino, nel [[IV secolo]] la produzione agricola raggiunse forse il picco della sua produzione in tutta la storia romana. Il primo a smentire un'agricoltura in crisi nel IV secolo fu l'archeologo Tchalenko alla fine degli anni cinquanta: lo studioso scoprì nei pressi di [[Antiochia]] dei ruderi appartenenti a villaggi un tempo popolati da una popolazione di contadini abbastanza abbienti da potersi permettere case di ottima qualità; l'analisi dei resti permisero di ricavare che la popolazione di quei villaggi aveva raggiunto il massimo della sua prosperità proprio all'inizio del IV secolo, mantenendoli fino al [[VII secolo]] senza mai declinare. Rilevamenti aerei successivi, secondo Heather, "hanno confermato che i villaggi siriani scoperti da Tchalenko non sono affatto un caso isolato di prospera comunità agricola tardoimperiale".<ref>{{Cita|Heather 2005|p. 146|Heather 2005|harv=s}}.</ref> Per esempio, sia le province africane che quelle della Spagna e della Gallia meridionale, nonché la [[Britannia]], conobbero un periodo di crescita dei livelli di produzione agricola nel IV secolo. Secondo Heather, "le uniche zone in cui i livelli di prosperità non raggiunsero nel IV secolo il massimo o quasi dell'intera età romana sono l'Italia e... la Gallia Belgica e la Germania Inferiore..."<ref>{{Cita|Heather 2005|p. 147|Heather 2005|harv=s}}.</ref> Le province di frontiera sul [[Reno]], infatti, erano sottoposte a continue incursioni da parte dei barbari, mentre l'economia dell'Italia declinò nel tardo impero a causa della concorrenza con le province.<ref>{{Cita|Heather 2005|pp. 147-148|Heather 2005|harv=s}}.</ref> Secondo Heather le testimonianze delle fonti non necessariamente sono in contrasto con le evidenze archeologiche: gli "agri deserti", lungi dall'essere aree un tempo coltivate ma poi abbandonate a causa dell'eccessivo fiscalismo, potrebbero essere state zone perennemente incolte come ad esempio territorio desertico.<ref>{{Cita|Heather 2005|pp. 148-149|Heather 2005|harv=s}}.</ref>
 
===Commercio: disavanzo commerciale, crisi dei traffici ed inflazione===
[[File:Edict on Maximum Prices Diocletian piece in Berlin.jpg|thumb|250px|left|Lapide con parte del testo dell'[[editto sui prezzi massimi]] di [[Diocleziano]], al [[Pergamonmuseum]] di [[Berlino]].]]
 
Dato che nei primi secoli dell'età imperiale l'acquisto di enormi quantità di prodotti di lusso provenienti dalle regioni asiatiche era stato regolato con monete, soprattutto d'argento (monete romane sono state trovate anche in regioni molto lontane), la continua fuoriuscita di metallo prezioso (non bilanciata dalla produzione delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in esaurimento dopo secoli di sfruttamento) finì per determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro e dell'argento all'interno dei confini imperiali, accelerando così la perversa spirale di diminuzione della quantità effettiva di metallo prezioso nelle monete coniate dai vari imperatori.<ref>Una libbra d'oro (circa 327 grammi), equivalente a 1.125 denarii d'argento alla fine del II secolo, ne valeva 50.000 al tempo di Diocleziano ([[Arnaldo Momigliano]], ''Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico'', Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980, p. 637).</ref>
 
Il fenomeno della svalutazione monetaria, già praticato dagli imperatori nel corso dell'Alto Impero per diminuire la spesa pubblica reale, proprio negli anni settanta del III secolo cominciò a causare bruschi aumenti<ref>Anche del 700-900% ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 108|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> nell'inflazione (accentuata dalla rarefazione delle merci, dovuta all'insicurezza diffusa nei traffici e nella produzione) e maldestri tentativi di porvi rimedio: l'imperatore [[Diocleziano]]<ref>«Diocleziano - scrive Giorgio Ruffolo - non era certo un economista. Era sinceramente convinto che il disordine monetario fosse dovuto a una perversa combinazione di una moneta e di uomini entrambi cattivi. Una volta messe in circolazione delle buon monete e ristabilite le condizioni della fiducia occorreva castigare gli uomini cattivi con le maniere forti: quelle sulle quali in ultima analisi, da soldato rude, Diocleziano contava» ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 139|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> prima nel 286 tentò di stabilizzare la moneta coniando una buona moneta d'oro, l'''aureus''<ref>Equivaleva a un sessantesimo di libbra d'oro.</ref>, che tuttavia sparì subito dalla circolazione (venne tesaurizzata o fusa, in quanto non c'era fiducia nella stabilizzazione del mercato), poi nel 301 decise di imporre un [[calmiere]] ([[Editto sui prezzi massimi]]), che venne però subito eluso dalla speculazione (un fenomeno che adesso chiameremmo "mercato nero"). Un esempio dell'esplosione dei prezzi ce lo fornisce indirettamente Eberhard Horst:
{{Quote|''Due cammelli, che erano costati 500 [[dracma|dracme]] nel [[144]], ne costavano 134.000 nel [[289]]; una schiava, che nel [[129]] si poteva acquistare per 1.200 dracme, salì al prezzo di 90.000 nel [[293]]''.|Eberhard Horst, ''Costantino il Grande'', Milano 1987, p. 25.}}
 
Un secondo fattore che comportò la crisi commerciale, invece, furono le continue incursioni barbariche e lo sviluppo del brigantaggio, che provocarono gradualmente la chiusura dei circuiti commerciali mediterranei, a loro volta tendenti a circoscriversi progressivamente in aree più ristrette. Si arrivò, così, a ripristinare gli scambi e le tasse in natura e in natura si pagavano i soldati, mediante l'erario militare. Ma il problema è che cominciavano a scarseggiare anche le risorse naturali, a causa della crisi dell'agricoltura. La frammentazione politica seguita alle [[Invasioni barbariche del V e VI secolo|invasioni barbariche del V secolo d.C.]] provocò, infine, la definitiva rottura delle relazioni commerciali all'interno del Mediterraneo, che contribuì ad accelerare il rapido abbassamento delle condizioni di vita ed il netto calo demografico nella parte occidentale dell'Impero.
 
===Riforme monetarie===
[[File:Moneta tetrarchia 285-305 png.png|thumb|300px|Le [[zecche romane]] al tempo della [[tetrarchia]] di [[Diocleziano]] ([[285]]-[[305]]) e delle successive [[guerra civile romana (306-324)|guerra civile]] ([[306]]-[[324]]).]]
{{Vedi anche|Riforma monetaria di Diocleziano|zecche romane}}
 
La riforma monetaria di [[Diocleziano]], vide anche la creazione di una nuova serie di [[zecche romane|zecche imperiali]] dopo quelle sorte durante il precedente periodo dell'[[anarchia militare]]. Erano distribuite nelle diverse province, ad eccezione della ''[[Hispania]]'' (le principali): ad ''[[Zecca d'Alessandria d'Egitto|Alessandria]]'', ''[[zecca di Antiochia|Antiochia]]'', ''[[zecca di Aquileia|Aquileia]]'', ''[[zecca di Cartagine|Cartagine]]'', ''[[zecca di Londinium|Londinium]]'', ''[[zecca di Mediolanum|Mediolanum]]'', ''[[zecca di Nicomedia|Nicomedia]]'', ''[[zecca di Sirmium|Sirmium]]'' e ''[[zecca di Tessalonica|Tessalonica]]''.
 
L'aureo tornò ad un peso di 1/60 di libbra (= 5,45 [[grammo|g]]),<ref name="Savio206">[[Adriano Savio]], ''Monete romane'', Napoli, Jouvence, 2001, p. 206. ISBN 88-7801-291-2.</ref> fu introdotta una moneta in argento (attorno al [[294]]<ref name="Savio212-213">Savio, ''op. cit.'', pp. 212-213.</ref>), detta ''[[argenteo|denarius argenteus]]'', con un peso pari a 1/96 di libbra<ref name="Savio212-213"/> (= 3,41 g, tornando al peso della [[riforma monetaria di Nerone]], peraltro con un titolo pari al 95%, altissimo per quell'epoca.<ref name="Savio212-213"/> Riguardo poi alle monete in bronzo o rame, l'[[antoniniano]] venne sostituito da una moneta chiamata ''[[follis]]'' del peso medi di circa 9,72 (con valori compresi tra 11 e 8,5 g).
 
===Crisi delle città===
La forte instabilità politica, i saccheggi delle soldataglie romane (nel corso delle guerre civili) o barbariche, la stasi produttiva e l'insicurezza dei traffici impoverirono nel corso del Tardo Impero i ceti medi cittadini (artigiani e commercianti), i quali dovevano far fronte anche alla necessità di sfamare le moltitudini di contadini immigrati in città dalle campagne in seguito alla crisi dell'agricoltura. Nei primi secoli l'Impero era riuscito a sopperire in parte a questa esigenza grazie all'[[evergetismo]]<ref>Comprendeva non solo le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari, ma anche l'allestimento di giochi, feste e gare, oppure la realizzazione di templi, circhi, terme e teatri.</ref> dei notabili, ma di fronte alla crisi furono proprio le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari ad essere tagliate. Da [[Costantino]] in poi si preferì fare beneficenza alla [[Chiesa latina|Chiesa]], che nel V secolo d.C. ormai si era sostituita alle istituzioni statali nelle opere di carità, se non nell'amministrazione di gran parte delle città dell'[[Impero romano d'Occidente]]. I senatori latifondisti ed i ricchi imprenditori (banchieri, armatori, alti funzionari), che avevano privilegi esorbitanti e vivevano di rendita in un lusso sfarzoso, cominciarono a preferire la vita in campagna a quella in città. Nei loro stessi latifondi cominciarono a concentrarsi attività industriali ed artigianali, capaci di renderli autosufficienti (la conseguenza fu un'ulteriore riduzione delle opportunità di lavoro per i ceti medi cittadini, già in difficoltà per la crisi dei traffici commerciali) e, nel caos generale che anticipò la caduta dell'[[Impero romano d'Occidente]], cominciarono a provvedere da sé alla tutela delle loro proprietà, assoldando eserciti privati (i cosiddetti ''buccellarii''). Lo Stato finì per affidare loro quei compiti che non era più in grado di assolvere, come la riscossione delle tasse dei coloni e dei contadini rimasti liberi nei villaggi, che si affidavano ormai a loro per la protezione delle proprie famiglie (fenomeno del ''patronato''): su queste basi si svilupperà la [[signoria feudale]] nel [[Medio Evo]].
 
===Economia e società: fiscalità oppressiva, professioni coatte e disuguaglianza giuridica===
Il costo crescente dell'esercito nel Tardo Impero (erano necessari continui aumenti di stipendio ed elargizioni per tenerlo quieto)<ref>Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il 20% del [[Prodotto interno lordo|PIL]] ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 85|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> e le spese della corte e della burocrazia (aumentata anch'essa in quanto al governo servivano sempre più controllori che combattessero l'evasione fiscale ed applicassero le leggi nella vastità dell'Impero), non potendo più ricorrere troppo alla svalutazione monetaria che aveva causato tassi d'inflazione incredibili, si riversarono, soprattutto tra il III ed il IV secolo (quando le dimensioni dell'esercito furono vicine ai 500.000 uomini in armi, se non di più), sulle imposte con un intollerabile peso fiscale<ref>Ai tempi di Augusto la spesa pubblica (pari a circa il 5% del PIL era finanziata per un terzo dalle imposte dirette (fondiaria e personale) e per il resto da imposte indirette, dazi commerciali e redditi dei patrimoni imperiali: dunque la pressione fiscale si riduceva al 4% del PIL. Ai tempi di Diocleziano e [[Costantino]], invece, la pressione fiscale quadruplicò, fino ad arrivare a circa la metà del PIL intorno alla metà del IV secolo. Un indice quantitativo indiretto del fenomeno è costituito dal progressivo aumento dei ''reliquia'', ovvero gli arretrati delle tasse, che documentano una impossibilità di pagare o incapacità di incassare le tasse ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 109|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref> (riforma fiscale di [[Diocleziano]] attraverso l'introduzione della ''[[iugatio-capitatio]]'' nelle campagne e altre imposizioni fiscali per i centri urbani). Dato che i nullatenenti non avevano niente ed i ricchi contavano su appoggi e corruzione<ref>La corruzione nel Tardo Impero, a differenza che nell'Alto Impero, non era più semplicemente tollerata o dissimulata, ma ostentata ed acclamata. I poteri di fatto erano gestiti da una vera e propria categoria sociale (a Roma li chiamavano ''maiores'' o ''priores''), che comprava e vendeva tutto. C'era un vero mercato dei favori e dei delitti. Un verdetto di esilio costava 300.000 sesterzi, uno strangolamento in carcere 700.000. La rete dei poteri di fatto riusciva spesso a neutralizzare l'intervento correttivo dei funzionari e dello stesso imperatore. Agenti principali della corruzione erano gli esattori: quelli pubblici (''publicani'') e quelli semiprivati: «Richiedevano barche, cibo, cavalli; molestavano le spose». Arruolavano abusivamente contadini inermi, d'autorità, o intascavano dai latifondisti il prezzo del mancato arruolamento ([[Ramsay McMullen]], ''La corruzione e il declino di Roma'', Bologna, Il Mulino, 1991. ISBN 88-1503-265-7).</ref> chi ne pagò il costo furono il ceto medio (piccoli proprietari terrieri, artigiani, trasportatori, mercanti) e gli amministratori locali ([[decurione|decurioni]]), tenuti a rispondere in proprio della quota di tasse fissata dallo Stato (''indizione''<ref>L'indizione era una specie di finanziaria annuale, sulla base della quale erano calcolate le spese che l'Impero avrebbe dovuto sostenere l'anno seguente e quindi le entrate delle quali aveva bisogno.</ref>) a carico della comunità per evitare l'evasione fiscale. L'[[evergetismo]], che era un munifico e magnifico vanto, diventò sempre più una obbligazione imposta dal governo centrale. Le cariche pubbliche, che in precedenza erano ambite, significavano nel Tardo Impero gravami e rovina. Per arrestare la fuga dal decurionato, dalle professioni e dalle campagne, che divenne generale proprio con l'inasprimento della pressione fiscale tra il III ed il IV secolo, lo Stato vincolò ciascun lavoratore e i suoi discendenti al lavoro svolto fino ad allora<ref>Stazionaria era l'economia, stazionaria divenne anche la società.</ref>, vietando l'abbandono del posto occupato (fenomeno delle "professioni coatte", che nelle campagne finirà per dare avvio, attraverso il ''[[colonato]]'', a quella che nel [[medioevo]] verrà chiamata "[[servitù della gleba]]"). L'avanzamento sociale (possibile solo con la carriera militare, burocratica o ecclesiale) non derivava dalla competizione sui mercati, bensì dai favori provenienti dall'alto. È comprensibile, a questo punto, che molti considerassero l'arrivo dei barbari non tanto una minaccia, quanto una liberazione. Ormai si era scavato un solco profondo tra uno Stato sempre più invadente e prepotente (soprusi dell'esercito e della burocrazia) e la società. Lo Stato che nel V secolo crollò sotto l'urto dei barbari era uno Stato ormai privo di consenso<ref>{{Cita|Ruffolo 2004|p. 113|Ruffolo 2004|harv=s}}.</ref>.
 
Quando le popolazioni germaniche occuparono i territori dell'Impero d'Occidente, si trovarono di fronte una società profondamente divisa tra una minoranza di privilegiati e una massa di povera gente. La distanza sociale prima esistente tra lavoratori liberi e schiavi si era, infatti, ridotta notevolmente con l'istituzione del ''[[colonato]]'': entrambi erano dipendenti nella stessa misura dal ricco proprietario del fondo agricolo. Anche questo fenomeno, quindi, contribuì alla biforcazione della società nelle due principali categorie sociali del Tardo Impero, profondamente differenti non solo per il censo (poveri e ricchi), ma anche per le condizioni giuridiche (con il fenomeno delle professioni coatte, infatti, la distanza economica tra classi ricche e classi povere divenne anche una distinzione di diritto, fissata dalla legge): gli "inferiori" (''humiliores''), cui appartenevano la massa dei ''coloni'' e dei proletari urbani, e i "rispettabili" (''honestiores''), cui appartenevano i grandi proprietari terrieri ed i vertici della burocrazia militare e civile. Solo agli ''humiliores'' erano riservate le punizioni più dure ed infamanti, come la fustigazione e la pena di morte.
 
===Maggiore ricchezza dell'Impero Romano d'Oriente===
{{vedi anche|Impero bizantino}}
 
Quando nel IV secolo d.C. (324) [[Costantino]] trasformò [[Bisanzio]] in una nuova capitale, Roma cessò di essere il centro economico dell'impero. La nuova Roma, chiamata [[Costantinopoli]], fu dal punto di vista economico molto più vivace della prima. Non solo luogo del consumo, ma autentica capitale dei traffici e delle produzioni, mantenne questo ruolo, sia pure tra infinite vicissitudini, per un periodo di più di mille anni, fino alla caduta per mano turca nel 1453. Più in generale, nell'[[Impero bizantino|Impero romano d'Oriente]] il sistema produttivo era ancora efficiente, gli scambi commerciali più vivaci, ed il declino delle città molto meno accentuato che in Occidente (l'eccezione era rappresentata dalle città della Grecia, ormai impoverite da lunghi secoli di decadenza ed incapaci di riprendersi del tutto dopo i saccheggi dei Goti e dei Sarmati nel III secolo d.C.). L'economia urbana si reggeva sulla prosperità delle campagne, dove opportune misure garantirono la sopravvivenza della piccola proprietà (soprattutto in [[Anatolia]], [[Siria]], [[Palestina]] ed [[Egitto]]) contro l'estendersi dei latifondi<ref>Sia l'Asia minore che l'Egitto non avevano conosciuto lo sviluppo dell'economia schiavile di massa, con l'estensione del latifondo, e non furono quindi troppo toccate dal declino della schiavitù ({{Cita|Ruffolo 2004|p. 153|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref>, con notevoli vantaggi per la produzione e la demografia (oltre a Costantinopoli, vale la pena citare fra le città più popolose [[Antiochia di Siria|Antiochia]], [[Alessandria d'Egitto]] e [[Nicomedia]]). La disponibilità di moneta era poi garantita dalle esportazioni e sorresse l'artigianato e la piccola industria, gestiti o controllati dallo Stato. Furono così superate le difficoltà derivanti dall'alto costo dei trasporti e dalla stasi dei commerci durante i frequenti conflitti. Lo Stato non riuscì invece a risolvere il male tipico del Tardo Impero: l'eccessivo fiscalismo per le spese dell'esercito e della burocrazia. In ogni caso, l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino riuscì a resistere meglio agli assalti dei barbari, perché più ricco di uomini e di risorse, meglio difendibile e meglio organizzato sul piano politico (autocrazia e centralismo bizantini: l'imperatore d'Oriente si considerava il [[vicario di Dio]] in terra, il che lo poneva al vertice non solo della gerarchia civile, ma anche di quella ecclesiastica<ref>Si trattava di un dispotismo accettato senza problemi dalle popolazioni mediorientali ed egiziane, abituate da secoli alla adorazione sacrale del potere supremo. Il consenso all'imperatore era favorito, inoltre, anche dall'atteggiamento devoto della Chiesa orientale, che identificava le proprie fortune con la tenuta del governo centrale. Nella parte occidentale dell'Impero, invece, la Chiesa si sganciò presto dall'abbraccio di Costantino e, pur mantenendosi leale ai suoi successori cristiani, badò soprattutto a rafforzare la propria autonomia dal governo centrale, fino a diventare punto di riferimento istituzionale per le nuove nazioni barbare ({{Cita|Ruffolo 2004|pp. 153 e 159-160|Ruffolo 2004|harv=s}}).</ref>).
 
Nella parte occidentale dell'Impero, invece, la situazione economica durante il Tardo Impero era molto peggiore. L'Occidente era più lontano dalle grandi correnti commerciali del resto del mondo, il ceto medio contadino era stato distrutto e la struttura sociale si era polarizzata tra ricchissimi e poverissimi, i ceti medi urbani erano meno fitti e meno influenti. Nella [[Gallia]] e nella [[Rezia]], soggette a frequenti scorrerie barbariche, lo spopolamento e le devastazioni delle campagne furono molto più accentuate che in altre province. In Spagna la produzione di olio andò sempre più diminuendo, mentre le grandi miniere chiusero del tutto già verso la fine del IV secolo. La [[Pannonia]] da un lato poteva contare su vivaci mercati dovuti alla presenza dei soldati-consumatori delle legioni sul ''limes'' danubiano, dall'altra era spesso devastata dalle incursioni germano-sarmatiche, che precedettero l'invasione degli [[Unni]]. La [[Britannia (provincia romana)|Britannia]] non fu sfiorata dalla crisi del III secolo (nelle campagne attorno a [[Londra|Londinium]] sorsero ricche residenze rurali in quel periodo), ma tra IV e V secolo crollò del tutto sotto l'urto delle invasioni degli [[Angli]] e dei [[Sassoni]]. Tra le province della sezione occidentale quella più prospera fu sicuramente l'[[Africa (provincia romana)|Africa]] proconsolare, la cui maggiore ricchezza derivava dalla ingente produzione d'olio nei latifondi (la metà delle terre apparteneva a una decina di grandi latifondisti): [[Cartagine]] rimase a lungo la terza città dell'Impero, dopo Roma e Costantinopoli. Ma alla fine anche l'Africa non riuscì a resistere alle scorrerie dei beduini del deserto e all'invasione dei [[Vandali]]. L'Italia, infine, ormai da tempo non rappresentava più la regione più ricca dell'Impero, ancor prima delle invasioni barbariche del V secolo: la popolazione era drammaticamente calata e vaste terre erano state abbandonate già nel III secolo, a causa non solo delle incursioni barbariche, ma anche e soprattutto dei conflitti interni. A [[Ostia (città antica)|Ostia]] giungevano ancora intere flotte cariche di generi alimentari che l'[[Annona (economia)|Annona]] distribuiva alle plebi affamate e turbolente di Roma, ma ormai l'Urbe non era più il centro dell'Impero: la sede imperiale già sul finire del III secolo si era infatti trasferita in città strategicamente più importanti, come [[Treviri]] e [[Milano]] prima, [[Ravenna]] poi. Infine, le popolazioni occidentali erano più abituate di quelle orientali all'autonomia e all'autogoverno (favorito anche dal municipalismo romano) e proprio questa caratteristica finì per aumentare le distanze tra il governo centrale e la società, favorendo la disgregazione dell'Impero romano d'Occidente nel V secolo e conducendo all'emergere del [[feudalesimo]] medievale<ref>{{Cita|Ruffolo 2004|p. 154|Ruffolo 2004|harv=s}}.</ref>.
 
==Cultura==
===Letteratura latina===
[[File:Antonello da Messina 009.jpg|thumb|200px|left|[[Sant'Agostino]] in un dipinto di [[Antonello da Messina]].]]
{{Vedi anche|Letteratura latina|Storia della letteratura latina}}
 
Alla fine del [[IV secolo]], e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica, definitivamente sancita già in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di comunicazione. È il caso dello storico greco-siriano [[Ammiano Marcellino]], che decise, dopo un lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove morì attorno all'anno 400. Nella Città Eterna scrisse il suo capolavoro ''Rerum gestarum libri XXXI'', pervenutoci purtroppo in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).
 
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio [[Claudiano]] (nato nel 375 circa), adottò il latino nella maggior parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione, nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini ([[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Marco Anneo Lucano|Lucano]], [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] ecc.) e greci ([[Omero]] e [[Callimaco]]). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo dimenticare il gallo-romano [[Claudio Rutilio Namaziano]], che nel suo breve ''[[De reditu]]'' (417 circa) rese un vibrante e commosso omaggio alla città di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la Gallia.
 
L'ultimo grande retore che visse ed operò in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano [[Quinto Aurelio Simmaco|Simmaco]] spentosi nel 402. Le sue ''Epistulae'', ''Orationes'' e ''Relationes'' ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, così ben rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscitò la violenta reazione del cristiano [[Prudenzio]] che nel suo ''Contra Symmachum'' stigmatizzò i culti pagani del tempo. Prudenzio è uno dei massimi poeti cristiani dell'antichità. Nato a [[Calahorra|Calagurris]] in Spagna, nel [[348]], si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al già citato ''Contra Symmachum'', è autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica o di carattere teologico fra cui una ''Psychomachia'' (Combattimento dell'anima), una ''Hamartigenia'' (Genesi del Peccato) ed un ''Liber Cathemerinon'' (Inni da recitarsi giornalmente).
 
Nel [[III secolo|III]], [[IV secolo|IV]] e [[V secolo]] la letteratura latina declinò, non così il pensiero giuridico, filosofico e teologico che diede i propri frutti più alti in quel periodo. Ricordiamo fra i giuristi [[Ulpiano]], [[Papiniano]] e [[Giulio Paolo]] (inizi del III secolo) e, per ciò che riguarda la teologia e la filosofia, i Padri della Chiesa [[San Girolamo]], [[Sant'Ambrogio]] e [[Sant'Agostino]], massima espressione del pensiero cristiano del primo millennio dell'era volgare. Agostino, avvicinatosi alla filosofia leggendo l'''[[Ortensio]]'' di Cicerone e le opere di [[Platone]] a dei [[Neoplatonismo|neoplatonici]], cercò di conciliare la classicità pagana con il nuovo messaggio cristiano. Sviluppò negli anni maturi un poderoso ''corpus'' dottrinario la cui influenza si è fatta sentire in età medievale ([[Pietro Abelardo]], [[Ruggero Bacone]], [[Duns Scoto]] ecc.), moderna ([[Martin Lutero]], [[Giansenio]], ecc.) e contemporanea ([[Soren Kierkegaard]] in particolare). Il IV secolo è anche il secolo di [[Ammiano Marcellino]], un siro di madrelingua greca ma di espressione latina considerato il massimo storico romano di età tardo-imperiale.
 
===Urbanistica di Roma===
[[File:Plastico E.U.R. rom marts 2003.jpg|thumb|250px|Ricostruzione di Roma imperiale all'epoca di [[Costantino I]]: plastico conservato presso il [[Museo della Civiltà Romana]].]]
 
Con la [[Tetrarchia]] si ebbe una ripresa dell'attività edilizia, con la costruzione delle [[terme di Diocleziano]] (le più grandi di sempre), della [[Basilica di Massenzio|basilica]] e della [[Villa di Massenzio|grande villa]] di [[Massenzio]] sulla [[via Appia]]. L'[[incendio di Carino]] del [[283]], che aveva distrutto parte del centro cittadino, rese necessaria una ricostruzione, alacremente intrapresa, con i restauri al [[Foro di Cesare]], alla [[Curia (Roma)|Curia]], al [[Tempio di Saturno]], al [[Teatro di Pompeo|teatro]] e ai [[portici di Pompeo]]. Forse risalgono a quegli anni i [[cataloghi Regionari]], che contengono liste di edifici divisi per regione, dalla funzione non chiara, ma utilissimi per conoscere lo stato della città verso la fine del periodo antico.
 
Massenzio fu l'ultimo imperatore a scegliere la città come sua residenza e capitale, e fu lui ad iniziare una delle ultime stagioni edilizie imperiali: oltre alla già citata [[basilica di Massenzio|basilica]], ricostruì il [[Tempio di Venere e Roma]], innalzò una [[villa di Massenzio|nuova villa imperiale]], un [[circo di Massenzio|circo]] e un sepolcro per la sua dinastia sulla [[Via Appia antica|Via Appia]]. [[Costantino]] sconfisse Massenzio, impresa celebrata con la costruzione dell'[[arco di Costantino]] ([[315]] o [[325]]), completò la costruzione della [[basilica di Massenzio|basilica]] nei Fori e iniziò altri lavori come le [[Terme di Costantino]], sul Quirinale.
 
Alla sua epoca Roma, che continuava ad avere circa un milione di abitanti racchiusi in un perimetro di circa 20 chilometri, poteva contare su: 11 terme e 856 bagni privati, 37 porte, 29 grandi strade, centinaia di strade secondarie, 190 granai, 2 grandi mercati (''macella''), 254 mulini, 11 grandi piazze o fori, 1 152 fontane, 28 biblioteche, 2 circhi, 2 anfiteatri, 3 teatri, 2 naumachie, 10 basiliche e 36 archi di marmo<ref>{{Cita|Ruffolo 2004|harv=s}}.</ref>.
Presto però l'attenzione di Costantino si rivolse alla creazione di edifici cristiani e, soprattutto, decise di dedicarsi alla creazione di una nuova capitale monumentale, [[Costantinopoli]]. Del resto la scelta di [[Sedi imperiali romane|nuove capitali imperiali]] già da parte degli [[tetrarchia|imperatori tetrarchi]] e poi di Costantino, fece sì che altre città provinciali cominciarono ade essere abbellite di edifici pubblici, piuttosto che la stessa [[Roma]]. A [[Nicomedia]] in [[Bitinia]], ad esempio, [[Diocleziano]] fece erigere senza dubbio edifici monumentali. Ultima e gigantesca opera di pubblica utilità realizzata a Roma, furono le [[terme di Diocleziano]], costruite per servire i popolosi quartieri del [[Quirinale (colle)|Quirinale]], [[Viminale (colle)|Viminale]] e [[Esquilino]]. Per far posto alla gigantesca costruzione vennero demoliti molti edifici, alcuni dei quali vennero scavati in [[piazza della Repubblica (Roma)|piazza della Repubblica]] mentre si costruiva la [[Repubblica - Teatro dell'Opera (metropolitana di Roma)|fermata]] della [[metropolitana di Roma|metropolitana]].
 
A Roma si continuarono a innalzare monumenti e archi onorari per tutto il V secolo, come l'[[Archi antichi di Roma|arco di Graziano e Valente]], [[Archi antichi di Roma|quello di Teodosio]], [[Archi antichi di Roma|di Arcadio]], [[Archi antichi di Roma|di Onorio]] e [[Archi antichi di Roma|di Teodorico]] ([[405]]), dei quali oggi non resta però traccia. Tra il [[402]] e il [[405]] vennero rifatte le porte nelle [[mura aureliane]] con l'aggiunta di torri rotonde ancora oggi esistenti.
 
Da questo momento in poi le autorità urbane si limitarono a una semplice conservazione e restauro degli edifici della Roma antica, i quali, svuotati ormai di gran parte delle loro funzioni, andarono incontro a un inesorabile declino, con molti di essi distrutti volontariamente per usarne i materiali per nuovi edifici.
 
I primi edifici di culto [[Cristianesimo|cristiani]] della città furono soprattutto luoghi di riunione e centri comunitari organizzati in case private (''[[domus ecclesiae]]'' e ''[[Titulus|tituli]]''), che prendevano il nome dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato con il santo titolare. Altri luoghi di culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso terreni privati, senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani.
 
A partire da [[Costantino I|Costantino]] si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le basiliche di [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]], [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]] e le basiliche cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai mausolei della famiglia imperiale e con prevalente funzione cimiteriale ([[Basilica di San Sebastiano fuori le mura|San Sebastiano]] sulla [[via Appia]], [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura|San Lorenzo]] sulla [[via Tiburtina]], [[Basilica dei Santi Marcellino e Pietro]] sulla [[via Labicana]], [[Complesso monumentale di Sant'Agnese fuori le mura|Sant'Agnese]] sulla [[via Nomentana]] e la stessa [[Antica basilica di San Pietro in Vaticano|basilica di San Pietro]] in [[Vaticano]]). Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di proprietà imperiale, pur riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente [[basilica|basiliche]] e [[Terme romane|sale termali]]).
 
Fino alla fine del [[V secolo]] si continuarono inoltre a restaurare nella città gli edifici pubblici e i templi pagani, ad opera della potente aristocrazia [[Senato (storia romana)|senatoriale]], rimasta in gran parte legata alle tradizioni [[Paganesimo|pagane]].
 
Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di [[Basilica di San Paolo fuori le mura|San Paolo fuori le mura]] (iniziata nel [[384]] per intervento diretto degli imperatori cristiani [[Valentiniano II]], [[Teodosio I]] e [[Arcadio]]) e di [[Basilica di Santa Maria Maggiore|Santa Maria Maggiore]] (iniziata intorno al [[420]]).
 
Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi ''tituli'' e le nuove costruzioni venivano finanziate da papi e presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case più antiche, e con la scelta di luoghi più vicini al centro cittadino. Il papa esercitava forse sin dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla metà del [[V secolo]] l'erezione di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero così le chiese dei [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio|Santi Giovanni e Paolo]], di [[Basilica di San Vitale (Roma)|San Vitale]], di [[Basilica di San Marco (Roma)|San Marco]], di [[San Lorenzo in Damaso]], di [[Chiesa di Sant'Anastasia|Sant'Anastasia]], di [[Basilica di Santa Sabina|Santa Sabina]], di [[Basilica di San Pietro in Vincoli|San Pietro in Vincoli]], di [[Basilica di San Clemente|San Clemente]], di [[Santo Stefano Rotondo]].
 
La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava accentuando in seguito all'inizio dello spopolamento della città, fece sì che numerose altre chiese cittadine fossero dotate di [[Battistero|battisteri]], che si aggiungevano al costantiniano [[Battistero Lateranense]].
 
[[Alarico]] dei [[Visigoti]] marciò verso Roma e la [[sacco di Roma (410)|saccheggiò]] clamorosamente nel [[410]]. Il sacco di Alarico non fu il più drammatico della storia della città: vi furono episodi cruenti, ma il re visigoto era cristiano (a differenza della sua popolazione) e rese omaggio alle tombe degli Apostoli, rispettando la sacralità del ''caput mundi''. Al sacco seguì una certa flessione demografica, ma ancora attorno alla metà del [[V secolo]] sembra che Roma continuasse ad essere la città più popolosa delle due parti dell'Impero, con una popolazione non inferiore ai 650.000 abitanti<ref>«...alla metà del V secolo...si può immaginare che il totale della popolazione [di Roma] dovesse essere qualcosa di più dei due terzi di un milione». Cit. da [[Arnold Hugh Martin Jones]], ''Il tramonto del mondo antico'', Bari, Giuseppe Laterza & figli, 1972, pp. 341-342 (titolo originale: Arnold H. M. Jones, ''The Decline of the Ancient World'', London, Lonmans, Green and Co. Ltd, 1966).</ref>. Nonostante ciò la violazione dell'Urbe sconvolse il mondo antico, ispirando il ''[[De civitate Dei]]'' di [[Sant'Agostino]], che si chiedeva come Dio avesse potuto permettere una profanazione così inaudita.
 
Di nuovo [[Genserico]] dei [[Vandali]] guidò via mare il suo popolo dal Nord-Africa verso Roma nel [[455]]. Sebbene essi fossero cristiani (anche se convertiti all'[[arianesimo]]), [[sacco di Roma (455)|saccheggiarono Roma]] in forma molto più spietata di quanto avesse fatto Alarico quarantacinque anni prima. Tale saccheggio fu formalmente giustificato da Genserico con il desiderio di riprendere la città dall'usurpatore [[Petronio Massimo]], assassino di [[Valentiniano III]].
 
La caduta dell'[[Impero Romano d'Occidente]] nel [[476]] non cambiò molto le cose per Roma. Gli [[Eruli]] di [[Odoacre]] e quindi gli [[Ostrogoti]] di [[Teodorico il Grande|Teodorico]] continuarono, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l'Italia da [[Ravenna]]. L'amministrazione della città era affidata al [[Senato (storia romana)|Senato]], da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e sempre maggiore importanza acquistava il [[Papa]], che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il regno di Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.
 
===Architettura di Roma antica sotto Diocleziano e Costantino===
[[Immagine:Rome, Forum Romanum, Basilica of Maxentius.jpg|thumb|300px|left|I resti della [[basilica di Massenzio]], inaugurata da [[Costantino I]] nel 315.]]
{{Vedi anche|Arte dioclezianea e della tetrarchia|Arte costantiniana}}
 
[[Roma antica|Roma]] fu ornata dalle [[terme di Diocleziano]], inaugurate nel [[306]]. Egli provvedette soprattutto a ristrutturare preesistenti edifici pubblici di epoche precedenti come la [[Basilica Giulia]] e la [[Curia (storia romana)|Curia]] (entrambe nel [[303]]). [[Massenzio]], l'ultimo imperatore realmente romano, quando fu residente a Roma, dal [[306]] al [[312]], fece erigere: la [[basilica di Massenzio]], il [[tempio del Divo Romolo]] in onore del figlio [[Valerio Romolo]] (nel [[307]]-[[309]]), la [[villa di Massenzio|propria villa]] lungo la [[via Appia]], con annesso [[circo di Massenzio|omonimo circo]] ([[311]] ca.) e il mausoleo di Valerio.
 
Le [[terme di Diocleziano]] (''Thermae Diocletiani''), le più grandi [[Terme di Roma antica|Terme della Roma antica]], furono iniziate nel [[298]] dall'imperatore [[Massimiano (imperatore)|Massimiano]], nominato ''Augustus'' dell'Occidente da [[Diocleziano]], e aperte nel [[306]], dopo l'abdicazione di entrambi. L'edificio in mattoni, posto sul [[Viminale (colle)|colle Viminale]], in un recinto di 380 x 365 m, occupava quasi 14 [[ettari]], e ancora nel [[V secolo]] [[Olimpiodoro]] affermava che contavano 2400 vasche. Il blocco centrale misurava 250 x 180 m e potevano accedere al complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Per dare l'idea della loro maestosità, è sufficiente ricordare che il colonnato semicircolare dell'attuale [[Piazza della Repubblica (Roma)|piazza della Repubblica]] (già piazza Esedra), realizzato alla fine dell'Ottocento da [[Gaetano Koch]], ricalca esattamente l'emiciclo dell'[[esedra]] delle Terme. Erano alimentate da un ramo dell'[[Acqua Marcia]] che partiva da [[Porta Tiburtina]] e conduceva l'acqua in una cisterna lunga più di 90 m, detta la ''botte di Termini'', che poi fu distrutta nel [[1876]] per fare spazio alla [[stazione Termini]], che prese il nome niente meno che dalle "terme" stesse. La straordinaria vastità dell'impianto, e la sua distanza dai luoghi in cui si era ristretta la scarsa popolazione romana dopo la caduta dell'impero, fecero sì che dal [[XVI secolo]] in poi diverse strutture edilizie si annidassero nel grande recinto che - ancora integro nel XVIII secolo, come si vede nella pianta del Nolli - è giunto tuttavia fino ai nostri giorni ancora ben riconoscibile.
 
[[File:Campitelli - 010218 campidoglio cortile dei conservatori 1.JPG|thumb|300px|Resti della [[statua colossale di Costantino I]], ora presso il [[Palazzo dei Conservatori]], un tempo all'interno dell'abside della [[basilica di Massenzio]].]]
 
Il [[tempio del Divo Romolo]] si trova nell'area archeologica del [[Foro Romano]] lungo la [[Sacra via summa]], alle spalle del cosiddetto "carcer" repubblicano, tra il [[tempio di Antonino e Faustina]] e la [[basilica di Massenzio]]. In origine venne costruito come vestibolo circolare di accesso al [[Tempio della Pace]] ([[75]]), ma dopo l'abbandono del complesso imperiale, [[Massenzio]] lo riutilizzò come tempio dedicato al figlio, [[Valerio Romolo]], prematuramente scomparso nel [[309]] e divinizzato. In seguito, quando un'aula del Tempio della Pace venne trasformata nella [[basilica dei Santi Cosma e Damiano]] nel [[VI secolo]], fu utilizzato come vestibolo della chiesa.
 
Il [[circo di Massenzio]], detto anche ''circo di Romolo'' era un [[Circo (antica Roma)|circo romano]], fatto edificare intorno al [[311]] dall'imperatore [[Massenzio]], all'interno del complesso edilizio inscindibile costruito al terzo miglio della [[via Appia]], e che includeva la [[villa di Massenzio]] e il [[tempio del Divo Romolo|mausoleo]] del figlio [[Valerio Romolo]]. La villa si configurano come l'ultimo atto della trasformazione di un'originaria villa rustica repubblicana del [[II secolo a.C.]], costruita in posizione scenografica sul declivio di una collina rivolta verso i [[Colli Albani]]. Dopo una fase risalente al primo impero, nel [[II secolo]] la villa subì una radicale trasformazione ad opera di [[Erode Attico]] che la inglobò nel suo Pago Triopio.
 
La [[Basilica di Massenzio]] o, più propriamente, ''di Costantino'', fu l'ultima e la più grande [[basilica civile]] del centro monumentale di [[Roma]] (100 x 65 metri), posta all'estremità nord-est su quella che anticamente era il colle della [[Velia]] e che raccordava il [[colle Palatino|Palatino]] con l'[[Esquilino]]. Non faceva parte del [[Foro Romano]] propriamente detto (pur rientrando oggi nell'area archeologica che lo comprende, estesa fino alle pendici della Velia), ma era nelle immediate adiacenze di esso. Nelle fonti antiche la basilica è ricordata come ''Basilica Nova''<ref>''[[Curiosum urbis Romae regionum XIIII]]'', IV.</ref>, o ''Basilica Constantini''<ref>[[Polemio Silvio]], ''Laterculus'', pubblicato in [[Theodor Mommsen]] (a cura di), ''Chronicorum minorum saec. IV. V. VI. VII'', I, Berlino 1892, p. 545 ([http://mdz10.bib-bvb.de/~db/bsb00000798/images/index.html?id=00000798&nativeno=545 testo in rete]).</ref>, o ''Basilica Constantiniana''.<ref>''[[Cronografo del 354|Chronographus anni 354]]'', p. 146; ''[[Notitia urbis Romae]]'', IV.</ref> La basilica fu inizialmente fatta costruire da [[Massenzio]] agli inizi del [[IV secolo]] e fu terminata e modificata da [[Costantino I]]<ref>{{Cita|Aurelio Vittore, ''De Caesaribus''|XL, 26|Aurelio Vittore, ''De Caesaribus''|harv=s}}.</ref> in prossimità del [[tempio della Pace]], già probabilmente in abbandono, e del [[tempio di Venere e Roma]], la cui ricostruzione fece parte degli interventi massenziani. La sua funzione era prevalentemente di ospitare l'attività giudiziaria di pertinenza del [[praefectus urbis|prefetto urbano]]. Nell'abside venne collocata una [[Statua colossale di Costantino I|statua colossale]], [[acrolito]] costruito parte in marmo e parte in [[legname]] e [[bronzo]] dorato, alto 12 m. La statua raffigurava in origine lo stesso Massenzio e in seguito venne rilavorata con i tratti di Costantino. Alcune parti marmoree superstiti furono scoperte nel [[1487]] e sono ora nel cortile del [[palazzo dei Conservatori]] sul [[Campidoglio]] ([[Musei Capitolini]]). La sola testa misura 2,60 m e il piede 2 m.
 
L'architettura dell'[[arco di Costantino]], inaugurato nel [[315]], è grandiosa, di equilibrata armonia, con un corredo scultoreo in buona parte di spoglio da monumenti anteriori (fregio spezzato e Daci prigionieri di epoca traianea, tondi adrianei, pannelli aureliani), in una sorta di commemorazione di tutti gli imperatori più amati, dopo Augusto, che concorrevano a onorare Costantino. Di nuova fabbricazione furono alcuni rilievi in vari punti dell'arco e soprattutto uno stretto fregio ricco di figure che inizia nell'angolo verso il [[Foro Romano|Foro]], si inserisce tra i fornici minori e i tondi adrianei e si conclude sul lato nord con le grandi composizioni dell<nowiki>'</nowiki>''Oratio'' e della ''Liberalitas'' di Costantino, nel punto dove in precedenza si trovavano di solito scene di sacrificio e processioni pagane. Le scene raccontano le principali vicende della guerra contro Massenzio: la ''partenza da [[Milano]], l'[[Assedio di Verona]], la [[battaglia di Ponte Milvio]], l'ingresso a [[Roma]]'' e le due già citate scene di cerimonia pubblica.
 
Le [[terme di Costantino]] erano un [[Terme di Roma antica|complesso termale]] costruito sul [[colle Quirinale]], da [[Costantino I]] intorno al [[315]], e forse iniziato sotto [[Massenzio]]. Si trovavano in corrispondenza del terrapieno sorretto da muraglione di [[villa Aldobrandini]], tagliato poi da via Nazionale. I resti delle terme furono distrutti con la costruzione di [[Palazzo Pallavicini Rospigliosi|Palazzo Rospigliosi]] e con l'apertura della via. Le terme erano piuttosto piccole ed esclusive, soprattutto se confrontate con le vicine [[terme di Diocleziano]], grandiose ma dalla clientela sicuramente "popolare". Da queste terme provengono le statue dei [[Dioscuri]] poste attualmente alla base dell'[[obelisco del Quirinale]] nella omonima piazza, due statue di Costantino (una oggi nella [[basilica di San Giovanni in Laterano]] e una sulla balaustra di [[piazza del Campidoglio]]), una di suo figlio [[Costantino II]] come [[cesare (titolo)|cesare]].
 
A [[Roma]] Costantino fece costruire la prima basilica cristiana, [[San Giovanni in Laterano]] ([[314]]-[[324]]?), posta accanto al [[palazzo Lateranense]] che assegnò al vescovo, dove forse aveva risieduto già [[Massenzio]]. Altri edifici di culto furono la [[Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro ad Duas Lauros|chiesa dei Santi Marcellino e Pietro]], il [[Mausoleo di Elena|mausoleo per la madre Elena]] (oggi [[Tor Pignattara]]) e una piccola basilica sul luogo della tomba dell'[[apostolo Pietro]], poi trasformata in grande basilica a cinque navate, modellata su San Giovanni, a partire dal [[324]] e terminata da [[Costantino II]]. Altre basiliche del periodo furono la [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura]] (dal [[315]]) e l'[[antica basilica di San Pietro in Vaticano]] ([[326]]-[[333]]). Novità delle basiliche costantiniane rispetto al loro modello (le basiliche civili romane) furono il [[transetto]], di origine ancora discussa, e l'arco trionfale che inquadra l'[[abside]] sul lato minore. Si diffuse inoltre la copertura a [[capriata|capriate]] piuttosto che con le volte di gittate in [[opera cementizia]].
 
La [[chiesa di Santa Costanza]] era il [[Mausoleo di Santa Costanza|mausoleo per la figlia di Costantino]], [[Costantina]], ed era impostato a pianta centrale con una cupola poggiante su un anello di doppie colonne. Oggi è una chiesa sita in [[via Nomentana]], all'interno del [[complesso monumentale di Sant'Agnese fuori le mura]]. Fu fatto costruire nel [[350]], come proprio mausoleo, da [[Costantina]], figlia di [[Costantino I]], a ridosso della [[Complesso_monumentale_di_Sant'Agnese_fuori_le_mura#La_basilica_costantiniana|Basilica costantiniana]], presso la sepoltura di [[sant'Agnese]], della quale Costantina era una devota. Vi furono sepolte sia Costantina sia la sorella [[Elena (figlia di Costantino)|Elena]]. L'edificio fu detto "di Santa Costanza" a seguito del fatto che Costantina erroneamente fu scambiata per una santa.
 
{{Cassetto|titolo=Principali monumenti del periodo|testo=
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File:Baths of Diocletian-Antmoose2.jpg|Veduta del grande complesso delle [[terme di Diocleziano]] (inaugurate nel [[306]]).
Immagine:3222 - Roma - Santa Maria degli Angeli - Interno - Foto Giovanni Dall'Orto 17-June-2007.jpg|Interno di [[Santa Maria degli Angeli e dei Martiri|Santa Maria degli Angeli]] (Basilica delle ex-''[[tepidarium]]'' delle [[terme di Diocleziano]]).
Immagine:RomaForoRomanoTempioDivoRomolo.JPG|Il [[tempio del Divo Romolo]], visto dal Palatino (databile attorno al [[307]]-[[309]]).
File:Roma Appia Antica - Circo di Massenzio Torri.JPG|[[Circo di Massenzio]], fatto edificare attorno al [[311]].
File:Rome-Villa of Maxentius.JPG|La [[villa di Massenzio]] sulla [[via Appia]] ([[311]] ca.).
Image:Campitelli - basilica di Massenzio 01051.JPG|Veduta della [[basilica di Massenzio]] da via dei Fori imperiali ([[312]]-[[315]]?).
File:010218 Massenzio 02.JPG|Volta della navata nord della [[basilica di Massenzio]] ([[312]]-[[315]]?).
File:Dehio 6 Basilica of Maxentius Floor plan.jpg|Pianta della [[basilica di Massenzio]] ([[312]]-[[315]]?).
File:Campitelli - 010218 campidoglio cortile dei conservatori 1.JPG|Resti della [[statua colossale di Costantino I]] nel cortile del [[Palazzo dei Conservatori]] a [[Roma]].
Immagine:ArcoCostantinoRoma.jpg|L'[[arco di Costantino]] ([[315]]).
Immagine:Constantine arch datation-it.svg|Schema dei rilievi dell'[[arco di Costantino]] ([[315]]).
Immagine:RomaObeliscoQuirinale.JPG|I Dioscuri delle [[Terme di Costantino]] ([[315]]), ora in paizza del Quirinale.
Immagine:Constantine in the Lateran Basilica.JPG|Statua di [[Costantino I]] in [[San Giovanni in Laterano]], proveniente dalle [[Terme di Costantino|omonime terme]] ([[315]]).
File:Campidoglio, Roma - Costantino I augusto lato sx.jpg|Statua di [[Costantino I]] proveniente dalle [[terme di Costantino]], oggi in [[piazza del Campidoglio]].
File:Campidoglio, Roma - Costantino II cesare fronte.jpg|Statua di [[Costantino II]], figlio di [[Costantino il Grande]], proveniente dalle [[terme di Costantino]], oggi in [[piazza del Campidoglio]].
Immagine:Santa Costanza - vista dalla basilica costantiniana.jpg|Vista esterna [[Mausoleo di Santa Costanza]], figlia di [[Costantino I]] (del [[350]]).
 
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}}
 
'''''Il mondo vuole così''''' è un [[film]] del [[1946]], diretto dal regista [[Giorgio Bianchi]].
===Arte===
[[File:Horses of Basilica San Marco bright.jpg|thumb|250px|I [[cavalli di San Marco]] (oggi a [[Venezia]]), in origine nell'[[ippodromo di Costantinopoli]]. Unico esempio di [[quadriga]] romana o [[ellenismo|ellenistica]] a noi pervenutaci.]]
[[File:Missorium Theodosius whole.jpg|thumb|250px|[[Missorio di Teodosio]], datato [[388]]]]
{{Vedi anche|Arte tardoantica|arte dioclezianea e della tetrarchia}}
{{Vedi anche|Arte costantiniana|arte teodosiana|arte paleocristiana}}
 
L'[[arte dioclezianea e della tetrarchia]] rappresentò la produzione artistica all'epoca di [[Diocleziano]] e della sua [[tetrarchia]] (indicativamente dal [[284]] al primo decennio del [[IV secolo]], quando [[Costantino I]] prese il potere e sconfisse i [[guerra civile romana (306-324)|rivali ripristinando il sistema del sovrano unico]]). In questo periodo permasero alcune tendenze classicheggianti dell'[[arte nell'età di Gallieno|età di Gallieno]], come i rilievi attribuiti all<nowiki>'</nowiki>''Arcus Novus'' del [[294]] con figure di Vittorie e barbari ([[Firenze]], [[giardino di Boboli]]). La vera novità fu la moltiplicazione delle [[sedi imperiali romane|capitali imperiali]],che furono, quindi, abbellite di importanti monumenti, anche in una sorta di gara tra i vari imperatori. [[Diocleziano]] a [[Nicomedia]], in [[Bitinia]], fece erigere senza dubbio edifici monumentali, ma malauguratamente i loro resti sono insignificanti e non sono mai stati studiati adeguatamente.
 
L'[[arte costantiniana]], che si colloca nel [[IV secolo]] durante il dominio dell'imperatore [[Costantino I]] (indicativamente dal[[312]]) al [[337]]), rappresentò l'affermazione dello [[arte plebea|stile plebeo]] nell'arte ufficiale anche prodotta da Senato, soprattutto a partire dal fregio dell'[[Arco di Costantino]]. Ma accanto allo stile "plebeo" sopravvive la corrente espressionistica del III secolo (uso del trapano, accentuato chiaroscuro) e prende il via una corrente classicismo aulico ispirata all'[[arte augustea]], la cosiddetta "rinascenza costantiniana".
 
L'[[arte teodosiana]] (indicativamente dal [[379]] al [[450]]), sviluppò una corrente classicheggiante, dai toni aulici e preordinati a una precisa etichetta che dettava forme e contenuti, ancora più che nel precedente periodo dell'[[arte costantiniana]]. Le reminiscenze ancora presenti durante il regno di [[Anastasio I]] ([[491]]-[[518]]) sono considerate, forse erroneamente, uno stile ''tardo-teodosiano''.
 
L'[[arte paleocristiana]] designa, invece, la produzione artistica dei primi secoli dell'[[Cristianesimo|era cristiana]], compresa entro limiti di spazio e di tempo convenzionali: le testimonianze più importanti risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia a parlare anche di arte dei singoli centri artistici: [[arte bizantina]], [[arte ravennate]], ecc. L'arte paleocristiana comunque si situa nell'orbita di [[Roma antica|Roma imperiale]] ed ha il suo momento di massimo splendore fra i primi decenni del [[IV secolo]] e gli inizi del [[VI secolo]], fino al [[604]], anno della morte di [[Gregorio Magno]], tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi inizi, le forme offerte dall'[[arte tardoantica|arte della tarda antichità]]. Una specifica [[iconografia cristiana (origini)|iconografia cristiana]] si sviluppò solo gradualmente e in accordo col progredire della riflessione teologica.
 
== Note ==
{{references|2}}
 
== Bibliografia ==
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;Fonti primarie
*{{cita libro|autore=[[Ammiano Marcellino]]|titolo=[[Wikisource:la:Res Gestae Libri XXXI|''Res Gestae'']]|cid=Ammiano Marcellino}} [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]
*[[Annales Valesiani]]. Testo latino e trad. inglese [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Excerpta_Valesiana/home.html qui].
*{{cita libro|autore=[[Aurelio Vittore]]|titolo=Epitome de Caesaribus|url=http://www.thelatinlibrary.com/victor.caes2.html|cid=Aurelio Vittore, ''De Caesaribus'' }}
*{{cita libro|autore=[[Aurelio Vittore]]|titolo=De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum|url=http://archive.org/stream/devitaetmoribusi00vict#page/8/mode/2up|cid=Aurelio Vittore, ''De vita et moribus'' }}
*''[[Consolaria costantinopolitana]]'', s.a. 325.
*{{cita libro|autore=[[Erodiano]]|titolo=Τῆς μετὰ Μάρκον βασιλείας ἰστορίαι (Storia dell'impero dopo Marco Aurelio|cid=Erodiano }} Trad. inglese [http://www.livius.org/he-hg/herodian/hre000.html qui]
*{{cita libro|autore=[[Eutropio]]|titolo=[[Wikisource:la:Breviarium historiae romanae|''Breviarium historiae romanae'', VII-X]]|cid=Eutropio }} [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]
*{{cita libro|autore=[[Giordane]]|titolo=[[De origine actibusque Getarum]]|url=http://www.thelatinlibrary.com/iordanes1.html|cid=Giordane }}
*''[[Historia Augusta]]'', [[Wikisource:la:Historia Augusta|''Vite degli imperatori da Adriano a Caro, Carino e Numeriano'']] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]
* {{cita libro|autore=[[Lattanzio]]|titolo=[[De mortibus persecutorum]]|url=http://www.thelatinlibrary.com/lactantius/demort.shtml|cid=Lattanzio }}
* ''[[Notitia dignitatum]]''. Testo [http://la.wikisource.org/wiki/Notitia_dignitatum qui] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]
* {{cita libro|autore=[[Paolo Orosio]]|titolo=[[Historiarum adversus paganos libri septem]]|url=http://www.thelatinlibrary.com/orosius.html|cid=Orosio }}
*[[Socrate Scolastico]], ''[[Storia ecclesiastica (Socrate Scolastico)|Storia ecclesiastica]]'', I.
* {{cita libro|autore=[[Sozomeno]]|titolo=[[Storia ecclesiastica (Sozomeno)|Storia ecclesiastica]]|cid=Sozomeno}} [[s:en:Ecclesiastical_history_%28Sozomen%29|Trad. inglese]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]
* {{cita libro|autore=[[Giovanni Zonara]]|titolo=Ἐπιτομή Ἱστορίων (Epitome delle storie)|url=http://www.documentacatholicaomnia.eu/30_20_1050-1150-_Ioannes_Zonaras.html|cid=Giovanni Zonara }}
* {{cita libro|autore=[[Zosimo (storico)|Zosimo]]|titolo= Ἱστορία νέα (Storia nuova)|cid=Zosimo}} Trad. in inglese del [http://www.tertullian.org/fathers/zosimus01_book1.htm libro I] e del [http://www.tertullian.org/fathers/zosimus01_book2.htm libro II].
 
;Fonti epigrafiche
* ''[[L'Année épigraphique]]'' (AE)
* ''Corpus Inscriptionum Graecarum'' (''CIG''), [[August Böckh]] e [[Barthold Georg Niebuhr]], [[1825]]-[[1859]]
* ''[[Corpus Inscriptionum Latinarum]]'' (''CIL''), AA.VV., [[1863]]-...
 
;Storiografia moderna
* [[Peter Brown]], ''Genesi della tarda antichità'', Torino, Einaudi, 2001. ISBN 88-0615-830-9
* Peter Brown, ''Società romana e impero tardo-antico'', Roma-Bari, Laterza, 1986.
* [[John Bagnell Bury]], [http://archive.org/stream/historyofromanem00buryuoft#page/n3/mode/2up ''A History of the Roman Empire from its Foundation to the death of Marcus Aurelius (27 B.C.-180 A.D.)''], New York Harper, 1893.
* [[Averil Cameron]], ''Il tardo impero romano'', Bologna, Il Mulino, 1995. ISBN 88-1504-887-1
* Giovanni A. Cecconi, ''La città e l'impero. Una storia del mondo romano dalle origini a Teodosio il Grande'', Roma, Carocci, 2009. ISBN 88-4305-114-8
* [[Franco Cardini]] e [[Marina Montesano]], ''Storia medievale'', Firenze, [[Le Monnier]] Università, 2006. ISBN 88-0020-474-0
* [[Domenico Carro]], ''Classica (ovvero "Le cose della Flotta") - Storia della Marina di Roma - Testimonianze dall'antichità'', Rivista Marittima, Roma, 1992-2003 (12 volumi)
* [[Pierre Grimal]], ''Storia di Roma'', Lecce, Argo, 2004.
* [[Edward Gibbon]], ''[[Storia del declino e della caduta dell'Impero romano]]'' ([[1776]]-[[1788]])
* {{cita libro|autore=Peter J. Heather|titolo=La caduta dell'Impero romano: una nuova storia|città=Milano|editore=Garzanti|data=2005|id=ISBN 88-1169-402-7|cid=Heather 2005 }}
* [[John Scheid]] e [[François Jacques]], ''Roma e il suo impero. Istituzioni, economia, religione'', Roma-Bari, Laterza, 1992. ISBN 88-4203-988-8
* [[Arnold Hugh Martin Jones]], ''Il tardo impero romano. 284-602 d.C.'', Milano 1973-1981.
* {{cita libro|autore=[[Yann Le Bohec]]|titolo=Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero romano|città=Roma|editore=Carocci|data=2008|id=ISBN 978-88-430-4677-5|cid=Le Bohec 2008}}
* {{cita libro|autore=[[Edward Luttwak]]|titolo=La grande strategia dell'impero romano dal I al III secolo d.C.|città=Milano|editore=Rizzoli|data=1981|id=|cid=Luttwak 1981 }}.
* [[Henri-Irénée Marrou]], ''Decadenza romana o tarda antichità? III-VI sec.'', Milano, Jaca Book, 1979.
* [[Santo Mazzarino]], ''L'impero romano'', Roma-Bari, Laterza, 1995.
* [[Roger Rémondon]], ''La crisi dell'impero romano'', Milano, Mursia, 1975.
* [[Michael Rostovtzeff]], ''Storia economica e sociale dell'Impero romano'', Firenze, Sansoni, 1980.
* {{cita libro|autore=[[Giorgio Ruffolo]]|titolo=Quando l'Italia era una superpotenza: il ferro di Roma e l'oro dei mercanti|città=Torino|editore=Einaudi|data=2004|id=ISBN 88-0616-804-5|cid=Ruffolo 2004 }}.
* [[Andrea Schiavone]], ''Il mondo tardoantico'' in AA.VV., ''Storia medievale'', Roma, Donzelli editore, 1998.
* [[Antonio Saltini]], ''I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane'', prefazione di Luigi Bernabò Brea, Bologna, Avenue media, 1995.
* [[John Wacher]] (a cura di), ''Il mondo di Roma imperiale'', Roma-Bari, Laterza, 1989.
* [[Mortimer Wheeler]], ''La civiltà romana oltre i confini dell'impero'', Torino, Einaudi, 1963.
* AA.VV., ''Il mondo bizantino, Vol. I: L'Impero romano d'Oriente (330-641)'', Torino, Einaudi, 2007.
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== Trama ==
{{Storia romana}}
Accusato di aver sottratto 3 milioni, un impiegato di banca sconta cinque anni di carcere. Scontata la pena e creduto ricco, viene ricoperto di premure e attenzioni da tutti, anche dalla moglie. Quando però il vero autore del furto lo riabilita, è disprezzato e deriso. Allora ruba davvero del denaro e fugge con la moglie.
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