Agatocle e Cratere Sullivan (Venere): differenze tra le pagine

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{{nds|esogeologia}}
{{Esogeologia
{{Avvisounicode}}
|categoria = Crater
{{Monarca
|nome_corpo = Venere
|nome = Agatocle
|lat_dec = -1.4
|immagine = Agatocle re di Siracusa. 18 sec.png
|legendalong_dec = 110.9
|titolo = [[Tiranni di Siracusa|Tiranno di Siracusa]]
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|inizio regno = [[316 a.C.]]
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|predecessore = [[Oligarchia]] guidata da [[Sosistrato di Siracusa|Sosistrato]]
|erede = Popolo di Siracusa<ref>{{Treccani|agatocle_(Enciclopedia-Italiana)/|AGATOCLE|accesso=19 aprile 2017|v=|citazione=A. diseredò l'omicida e dichiarò suo erede lo stesso popolo siracusano}}</ref>
|successore = Anarchia
|titolo1 = [[Basileus]] di [[Sicilia]]
|inizio regno1 = [[307 a.C.]]
|fine regno1 = [[289 a.C.]]
|data di nascita = [[361 a.C.]]
|luogo di nascita = [[Thermai Himeraìai]]
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|coniuge 1 = Alcea
|coniuge 2 = [[Teossena]]
|figli = [[Lanassa]]<br />[[Arcagato (figlio di Agatocle di Siracusa)|Arcagato]]<br />[[Teossena d'Egitto]]<br />[[Arcagato di Libia]]
}}
{{Bio
|Nome = Agàtocle
|Cognome =
|PreData = {{lang-grc|Ἀγαθοκλῆς}}, {{latino|Agathŏcles}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Terme
|LuogoNascitaLink = Termini Imerese
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 361 a.C.
|LuogoMorte = Siracusa
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 289 a.C.
|Attività = sovrano
|Nazionalità = siceliota
|Categorie = no
|FineIncipit = è stato tiranno di [[Siracusa]] dal [[316 a.C.]], e [[monarchia|re]] di [[Sicilia]] dal [[307 a.C.]] o dal [[304 a.C.]] alla morte
|Immagine =
|Didascalia =
}}
 
'''Sullivan''' è un [[Cratere meteoritico|cratere]] sulla [[superficie di Venere]].
== Fonti storiografiche ==
{{Vedi anche|Fonti e storiografia su Agatocle}}
{{...}}
 
== Biografia ==
La biografia di Agatocle è burrascosa e complessa; egli, divenuto famoso e considerato uno degli uomini più influenti del suo tempo, viene descritto dagli storici come colui che diede un prosieguo importante alla storia del [[Mediterraneo]] dopo la morte di [[Alessandro Magno]].
 
=== Origini e giovinezza ===
[[File:Teste leonine tempio di Himera.png|thumb|upright=1.0|Resti del [[Tempio della Vittoria (Himera)|Tempio della Vittoria di Himera]], fatto erigere da [[Gelone I]] e distrutto dai Cartaginesi nel 409 a.C.]]
Agatocle nacque a [[Termini Imerese|Terme]], figlio di un [[vasaio]] (''kerameus'') esule di [[Reggio Calabria|Reghion]] emigrato in Sicilia, il cui nome era Carcino, e di una donna del luogo.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX, 1, 6}}. Cfr. {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 294, n. 21}}.</ref> Terme (in seguito detta Thermai Himeraìai), situata nella [[Sicilia occidentale]] (che ha rappresentato la [[Storia della Sicilia punica|parte punica dell'isola]]), fu una polis fondata per concessione dei [[Cartaginesi]] con coloni [[Libia|Libici]]<ref>[[Diodoro Siculo|Diod. Sic.]], XIII, 79, 8.</ref> e con i superstiti di [[Himera]]<ref>[[Marco Tullio Cicerone]], ''[[In Verrem]]'' III, 35. Cfr. {{Cita|De Vincenzo|pp. 95-96}}.</ref> (distrutta da Cartagine nel [[409 a.C.]]), per cui tenuta saldamente sotto l'influenza dei Punici. Agatocle nacque nell'[[Epicrazia|epicrazia cartaginese]].<ref>[[Diodoro Siculo|Diod. Sic.]], XIII, 79. Cfr. {{Cita|Anna|p. 153}}.</ref>
 
==== Presagio sulla nascita ====
[[File:Delphi - Apollotempel.jpg|miniatura|left|Il [[Tempio di Apollo (Delfi)|tempio di Apollo a Delfi]], dove si recarono i ''theoroi'' cartaginesi]]
La sua nascita è stata tramandata dagli antichi con particolari che si connotano nella leggenda; come del resto è consuetudine che avvenga per i condottieri divenuti celebri (la vicenda della sua nascita ricalca quella edificata per [[Cipselo]] tiranno di [[Corinto]] e per il persiano [[Ciro il Grande]]<ref>{{Cita|Anna|p. 153}}.</ref>). Narra Diodoro Siculo che il padre di Agatocle, tormentato da oscuri presagi sulla futura nascita di questo bambino, affidò a dei ''theoroi'' (ambasciatori sacri) cartaginesi il compito di recarsi presso l'[[oracolo di Delfi]] per sapere a cosa fosse dovuto questo suo senso di tormento; i ''theoroi'', di ritorno da Delfi, gli comunicarono il responso che condannava il nascituro, poiché egli avrebbe rappresentato crescendo la sventura di Cartagine e della Sicilia.<ref name=Diod.>{{Cita|Diod. Sic.|Diod. Sic|XIX, 2, 2-7}}.</ref> Il padre, spaventato, decise di esporre pubblicamente il neonato e di affidarlo alle guardie cartaginesi, affinché queste ne potessero verificare la morte. La madre, tuttavia, colta da pietà, riuscì a sottrarre il bambino e a metterlo in salvo, facendolo crescere nella casa di un suo parente di nome Eraclide.<ref name=Diod./> Tempo dopo, Carcino rivide suo figlio e pentito lo accettò.
 
==== Arrivo a Siracusa ====
[[File:Luftpanorama von Syrakus.jpg|thumb|upright=1.4|Siracusa: l'[[isola di Ortigia]], il golfo del [[Porto di Siracusa|porto Grande]] e la [[penisola della Maddalena]] viste dall'alto]]
Secondo la versione diodorea, la famiglia di Agatocle sarebbe giunta a [[Siracusa (città antica)|Siracusa]] per scappare da Thermai, avendo il padre timore delle ripercursioni dei Cartaginesi nei loro confronti, colpevoli di non aver ucciso l'Agatocle bambino.<ref name=Diod./>
 
Diodoro afferma che Agatocle giunse a Siracusa quando aveva sette anni.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX, 2, 6}}.</ref> Alcuni storici fanno risalire la sua nascita al [[360 a.C.|360]]/[[359 a.C.]]; per questa datazione tarda si è proposto anche un più tardo arrivo di Agatocle a Siracusa, che risalirebbe al [[342 a.C.|342]]/[[341 a.C.]], ovvero a diciotto anni, stando a quanto afferma [[Polibio]].<ref>{{Cita|Polibio|12, 15, 6 e 15, 35, 2}}.</ref> Il 342 a.C. è anche l'anno del bando emesso dal generale corinzio [[Timoleonte]], con il quale si invitavano i [[Sicelioti]], i [[Greci]] della [[Magna Grecia]] e quelli dell'[[Ellade]] a ripopolare Siracusa; fortemente provata dopo la [[Assedio di Siracusa (343 a.C.)|caduta]] della [[Età dionigiana|tirannide dionisiana]]. Timeo informa, tramite Polibio, che fu questo bando che permise a Carcino e la sua famiglia di giungere nella polis aretusea.<ref>{{cita|Polibio|XII, 15}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|pp. 16, 23, 24}}.</ref>
 
La madre di Agatocle, della quale non si conosce il nome, nel prosieguo della sua vita a Siracusa, ebbe un presagio sul figlio: sognò la statua che lo raffigurava, da lei stessa fatta erigere, avvolta da uno sciame d'api; chiaro simbolo di fama e potere (le api sono notoriamente un presagio positivo; si vedano le similitudini con le [[Dionisio I#Gli aneddoti su Dionisio|api che avvolgono la mano di Dionisio I]] e il responso dei [[Galeoti|Galeoti di Ibla]]).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX, 2, 9}}. Cfr. {{Cita|Anna|p. 154, n. 6}}.</ref> Dalle fonti risulta anche che Agatocle ebbe un fratello di nome [[Antandro di Siracusa|Antandro]], il quale sarà al suo fianco con ruoli di elevato livello durante gli eventi postumi.
 
==== Cittadinanza e ingresso nell'alta società ====
L'arrivo in città non coincide con l'assegnazione della cittadinanza siracusana, infatti in Diodoro le due cose sono ben separate; Agatocle e suo padre si iscrissero alla lista per ottenere la cittadinanza quando il giovane compì gli anni necessari, ovvero diciotto anni (a prescindere dalla dubbia data di arrivo di Agatocle a Siracusa), e ciò non avvenne che dopo i [[Battaglia del Crimiso|fatti del Crimiso]] (la battaglia tra i Siracusani guidati da Timoleonte e i Cartaginesi di Amilcare e Asdrubale).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 2, 8}}; {{Cita|Plutarco|34, 2}}.</ref> La sua gioventù venne molto discussa:
 
{{Citazione|Sia in Timeo che in Giustino (XXII 1, 2-3) Agatocle ''pais'', comunque ''prima'' di uscire dalla [[pubertà]], si abbandona al piacere altrui, fidando su quella bellezza e forza fisica che doveva attrarre l'attenzione di smodati amanti (''forma et corporis pulchritudine egregius diu vita stupri patientia exhibuit'').<ref>{{cita|Riccardo Vattuone|p. 292, n. 18}}.</ref>|}}
 
La versione di Diodoro appare in questo caso quella più accreditata e cioè: Agatocle venne presto notato per la sua bellezza da una delle più influenti cariche dell'[[esercito siracusano]], il generale [[Damas di Siracusa|Damas]], che lo portò con sé offrendogli la sua protezione e togliendolo dal mestiere del vasaio, che egli praticava con umiltà insieme al padre.<ref>{{cita|Diod. Sic.|XX, 63, 4}}</ref> (la figura di Damas è nota anche a Polibio, tramite Timeo<ref name=POL/> )
 
Tuttavia dalla cronaca successiva sulle vicende di Agatocle, si apprende che egli non lasciò il mestiere di vasaio se non dopo che ne apprese alla perfezione tutte le tecniche (in tal senso, un aneddoto curioso racconta di come l'Agatocle già al potere si fabbricasse egli stesso, da solo, le sontuose coppe d'oro nelle quali beveva, grazie alle sue doti artistiche apprese durante l'umile giovinezza).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX, 63, 1-4}}. Cfr. {{Cita|Anna|p. 158}}.</ref>
 
[[File:Diver Paestum 09.JPG|thumb|upright=1.2|L'amore tra due uomini, dipinto nella [[tomba del tuffatore]] ([[Paestum]], [[V secolo a.C.]])]]
 
Damas, divenuto suo tutore, fece di lui un buon militare e rappresentò per Agatocle la porta d'accesso per l'alta società di Siracusa. I due avrebbero praticato quello che gli antichi Greci chiamavano [[pederastia greca|pederastia]], ovvero l'amore maschile tra un ragazzo ([[Eromenos|eròmenos]]) e un amante ([[erastès]]), ma poiché non si è certi dell'età di Agatocle durante il rapporto con Damas, la loro relazione potrebbe non rientrare nella pederastia, dato che il giovane sarebbe stato già sui vent'anni.<ref>Cfr. {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 292, n. 18}}.</ref>
 
Il duraturo legame tra i due sembrerebbe essere provato dal fatto che Agatocle quando Damas morì, era abbastanza maturo da poterne sposare la vedova; una siracusana, il cui nome sfugge, che gli diede tre figli: il primogenito [[Arcagato (figlio di Agatocle di Siracusa)|Arcagato]] e i più piccoli [[Eraclide (figlio di Agatocle di Siracusa)|Eraclide]] e [[Agatarco (figlio di Agatocle di Siracusa)|Agatarco]].<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 3,1-2}}.</ref> Trattandosi di una delle donne più ricche di Siracusa, Agatocle unendosi a lei si inserì nei primissimi livelli della società siracusana.
 
Timeo invece afferma senza mezzi termini che Agatocle era un [[prostituto]], che faceva ciò spinto dal desiderio di «abbandonare la ruota, il fumo, l’argilla».<ref>Timeo, F. 124c. Cfr. {{Cita|Anna|p. 156}}.</ref> Nel prendere come valida, ovviamente, anche la fonte di Polibio (ripresa poi alla lettera da Giustino<ref group=N>Cfr. Consolo Langher - la quale definisce come «ostilità e falsità» le accuse di Timeo mosse ad Agatocle, in ''Storiografia e potere: Duride, Timeo, Callia e il dibattito su Agatocle'', 1998, p. 233.</ref>), bisogna però considerare che Timeo era noto per la cocente avversione che nutriva nei confronti della tirannide siracusana, per cui non risparmiava, ed anzi enfatizzava o esagerava, le critiche (va ricordato che proprio Agatocle fu il tiranno che conquistando la città di origine dello scrittore, [[Tauromenion]], lo costrinse all'esilio, facendolo giungere ad Atene). Timeo asserisce che Agatocle andò con molti uomini per ottenere i propri scopi, uomini dei quali non ricordava nemmeno l'origine.<ref name=POL>{{cita|Polibio|XII, 15}} = Timeo, FGrHist F 124b.</ref>
 
Secondo diversi studiosi, la figura del giovane Agatocle è vittima della «deformazione da teatro» (ovvero dell'eccessiva aggiunta di particolari falsi che colpiscono il lettore), orchestrata ai suoi danni principalmente da Timeo, riportato in fonti d'epoca più tarda.{{#tag:ref|Cit. Riccardo Vattuone, ''Sapienza d'occidente: il pensiero storico di Timeo di Tauromenio'', 1991, p. 192. Langher definisce l'arte teatrale appresa da Timeo ad Atene come un'arma che lo storico utilizzò per screditare Agatocle.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher (2005)|p. 165}}.</ref>|group=N}}
 
=== Le prime battaglie ===
[[File:Templo de Hércules (Agrigento).jpg|thumb|upright=1.2|Akragas, la valle dei templi]]
Quando era ancora in salute, Damas inserì Agatocle all'interno di una [[chiliarchia]]; al suo fianco, secondo Diodoro, Agatocle fece il suo ingresso in campo militare, combattendo per la prima volta in una guerra tra Siracusa e [[Agrigento]], della quale però si ignora il ''casus belli''. Siracusa e Agrigento erano comunque due poleis che andavano spesso in conflitto tra loro;<ref>Cfr. {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 293, n. 19}}.</ref> probabilmente i Siracusani volevano tenere sotto controllo le mosse degli Agrigentini, che a loro volta ambivano a sostituirsi al ruolo egemone ricoperto dalla polis aretusea, dando vita a dei veri e propri conflitti bellici (Agatocle infatti si riscontrerà con Agrigento qualche decennio più avanti).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX, 3, 1}}. Cfr. {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 295}}.</ref>
 
Giustino, che non menziona Agrigento nella sua narrazione (ma in Giustino si sente la mancanza di altri particolari rilevanti della biografia di Agatocle), ricorda tuttavia un altro importante evento che va collocato sul finire dell'età timoleontea o poco tempo dopo la morte del generale corinzio: lo storico romano rende note le lotte dei Siracusani contro la polis di [[Aitna|Etna]] (fondazione del primo [[Gerone I di Siracusa|Gerone]]) e i mercenari [[Campania|Campani]] (situazione che va inquadrata nella volontà di pacificare il [[Monte Etna|territorio etneo]] dopo la cacciata del tiranno di [[Katane]], [[Mamerco]]); ciò accadde verso il [[339 a.C.]] e il giovane Agatocle era in quell'occasione tra le fila dell'esercito siracusano.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 1, 11-12}}. Cfr. {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 293}}.</ref>
 
=== Ascesa al potere e guerra civile (323-316 a.C.) ===
{{Vedi anche|Guerra civile di Siracusa (316 a.C.)}}
==== Agatocle e Antandro: ruoli influenti nell'esercito ====
[[File:Il governo di Timoleonte.jpg|thumb|upright=1.2|left|Timoleonte condanna gli stranieri che varcano impunemente i confini del suo regno: egli governò la pentapolis con una linea politica che a detta di molti era assolutamente filo-[[Platone|platonica]]<ref group=N>Cfr. es.: ''Greci e punici in Sicilia tra V e IV secolo a.C.'', 2008, p. 24, dove Timoleonte viene descritto come «imbevuto di ideologia panellenica e antibarbarica»; M. Sordi, ''Timoleonte'', 1961, p. 21, per «l'influenza di Platone su Timoleonte»; Consolo Langher, ''Un imperialismo tra democrazia e tirannide'', 1997, la quale sostiene che «è certamente notevole un riecheggiamento di motivi della VIII Lettera platonica nella propaganda timoleontea». Su come dovesse essere governata Siracusa secondo Platone vd.: [[Viaggi di Platone in Sicilia]].</ref>]]
Con la morte di Timoleonte, avvenuta nel [[335 a.C.]], finisce quel periodo di pace, e soprattutto prosperità, che aveva permeato Siracusa e in particolar modo la [[Sicilia orientale]].<ref>{{Cita|Riccardo Vattuone|p. 291}}.</ref> Sotto la guida di Timoleonte - che era stata non priva di ingerenza della madrepatria, [[Corinto]] (a sua volta influenzata dalla [[Regno di Macedonia|Macedonia]]<ref>Cit. {{Cita|Gaetano De Sanctis|pp. 207-208}}.</ref>), la quale aveva comunque cercato di limitare, dove possibile, la sovranità di Siracusa<ref name=nota21>{{Cita|Riccardo Vattuone|p. 294, n. 21}}.</ref> - non vi erano più stati tiranni in Sicilia. Le poleis si reggevano in maniera democratica, o comunque con una moderata oligarchia, riconoscendo un ruolo egemone a Siracusa, sede del corinzio,<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 16}}.</ref> ma senza dipendere da questa; in sostanza erano città libere. Tuttavia, con la morte di Timoleonte e un nuovo ricambio generazionale, nacquero nuove insofferenze e all'interno del partito democratico di Siracusa, il partito del popolo, vi era chi rimpiangeva i tempi passati della potente tirannide dei Dionisii.<ref name=sanctis>{{Cita|Gaetano De Sanctis|pp. 16-17}}.</ref> Costoro, alla ricerca di un capo forte che potesse guidarli contro l'oligarchia dominante, videro in Agatcole l'uomo di cui avevano bisogno.<ref name=sanctis/>
 
Gli oligarchici misero a capo del partito i siracusani [[Sosistrato di Siracusa|Sosistrato]] e [[Eraclide di Siracusa (politico)|Eraclide]], essi guidarono una spedizione militare siracusana nella [[Magna Grecia]], intervenendo a favore della polis di [[Crotone]] contro i [[Bruzi]] (in un contesto che vedeva la grecità dell'Italia attaccata dalle [[Italici|popolazioni barbare]] che la circondavano); tornati alla carica dopo la morte di [[Alessandro I (re dell'Epiro)|Alessandro il Molosso]] (lo zio di Alessandro Magno, dal Macedone mandato a combattere in Italia).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX, 3, 3}}.</ref>
 
Dalle fonti si apprende che Agatocle e il fratello Antandro facevano parte della spedizione con ruoli di primissimo piano: Agatocle era stato eletto capo [[chiliarca]] (comandante di mille uomini), occupando il ruolo che fu di Damas, ed aveva acquisito molta popolarità per la sua bravura nel combattimento; anche il fratello si era fatto notare, poiché lo ritroviamo all'interno dell'assemblea militare con poteri decisionali, in quanto era diventato uno degli strateghi dell'esercito. Agatocle pur non facendo parte di quell'assemblea ebbe comunque un ruolo fondamentale nella spedizione.<ref>{{Cita|Riccardo Vattuone|p. 295}}.</ref>
 
[[File:Casques grecs Arverniales 2011.JPG|thumb|upright=1.2|Esempio di armamento in [[Elmo corinzio|stile corinzio]]; il medesimo usato dall'esercito siracusano]]
 
Proprio l'alta carica ricoperta dal fratello nell'esercito è l'elemento che fa dubitare della veridicità della narrazione sulle umili condizioni socio-economiche della famiglia di Agatocle; pur non mettendo in dubbio che Agatocle trovò fortuna a Siracusa grazie alla protezione di Damas (tralasciando quello che aggiunge Timeo), è quanto meno curioso che anche il fratello abbia raggiunto, tra l'altro prima di Agatocle,<ref name=nota21/> un così elevato ruolo - Diodoro lo nomina insieme ai ''leader'' Sosistrato e Eraclide - senza il sostegno di un buon patrimonio economico alle spalle.<ref name=nota21/>
 
Si è quindi avanzata l'ipotesi che la narrazione diodorea - e le altre due condordi: giustiniana e polibiana - abbia risentito di una tradizione antica venutasi a formare intorno alla figura di Agatocle e più precisamente intorno alle sue origini: in quanto straniero e non di [[Gentilizio|origine gentilizia]], egli non poteva vantare una nobile discendenza, ecco quindi che secondo la ricostruzione si enfatizzarono le precarie condizioni della sua famiglia.<ref name=nota21/>
 
A favore di una reale agiatezza della famiglia, del tutto ignorata dalle fonti primarie, vi è l'accordo degli studiosi moderni nel ritenere che il mestiere di ceramista intrapreso dal padre di Agatocle fosse all'epoca uno dei più redditizi.<ref name=nota21/> Tuttavia va tenuto sempre in grande considerazione il ''topos'' delle umili origini, poiché è uno dei pochi punti che mette d'accordo le tre fonti antiche principali su Agatocle (Diodoro, Polibio, Giustino).<ref>Cfr. {{Cita|Anna|p. 158}}.</ref>
 
=== Dall'esilio all'incoronazione ===
In quel momento tutti i fuoriusciti della pentapolis erano nuovamente rientrati: oligarchici e democratici; compreso ovviamente Agatocle. Cartagine, dopo essersi schierata per due volte accanto al governo oligarchico (una prima volta al fianco di Sosistrato e una seconda volta la fianco del pacificatore Acestoride<ref>{{Cita|Giustino|XXII 4}}.</ref>), adesso si mostrava alleata dei democratici, assecondando le mosse di Agatocle.
 
La situazione non era certamente rilassata: Sosistrato aveva riposto le sue speranze in Cartagine, supponendo che la potenza africana avrebbe fatto di tutto per impedire a una nuova figura carismatica, come lo era quella di Agatocle, di prendere il posto che fu di Dionisio I e riportare una tirannide insidiosa nel Mediterraneo centrale; certamente non si aspettava che i [[Punici]] gli aprissero piuttosto le porte della pentapolis.<ref>Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 212}}.</ref>
 
Non va tuttavia tralasciata la versione diodorea che invece sembra non conoscere questo patto segreto tra Agatocle e Amilcare: lo storico di Agira afferma infatti che furono i Siracusani stessi a richiamare all'interno Agatocle.<ref>Cfr. le due antiche fonti e le loro versioni in {{Cita|Riccardo Vattuone|p. 306}} e {{Cita|Raffaele Ruggiero|pp. 217-219}}.</ref>
 
[[File:Demetra Castello Ursino.png|thumb|upright=0.8|Busto di Demetra, di ignota provenienza, situato al [[Castello Ursino|museo Ursino]] di [[Catania]]]]
 
Al suo rientro egli fu portato al tempio di [[Demetra]] ([[Culti e templi dell'antica Siracusa#Demetra e Kore|divinità fortemente sentita]], della quale i [[tiranni di Siracusa]], a partire dai [[Dinomenidi]], si dicevano [[Ierofantia|ierofanti]]<ref>[[Walter Burkert]], ''La religione greca di epoca arcaica e classica'', p. 214.</ref>) e qui gli fecero fare giuramento: egli si impegnava di fronte a Demetra a lasciare libere le città greche minori, a rispettare la democrazia di Siracusa e a mantenere la pace con Cartagine e i suoi confini al di là del fiume siciliano [[Platani|Alico]].<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 5, 4}}; {{Cita|Giustino|XXII 2, 7-8}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 74}}.</ref> A seguito del giuramento Agatocle venne eletto dal consiglio dei 600 (una sorta di [[sinedrio]] o [[boulé]] di Siracusa) «stratego con pieni poteri delle fortezze del territorio»; fino a quando non si sarebbe ristabilita la pace.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 5, 5-6}}.</ref> Tuttavia Agatocle non tenne fede al giuramento e senza preavviso fece arrestare e trucidare i 600 consiglieri, poi, con il supporto delle truppe cartaginesi e dell'esercito morgantino e indigeno, diede il sacco alla città di Siracusa.<ref>Qui anche Diodoro ricorda che l'esercito di Morgantina che affiancò Agatocle aveva nella fase precedente combattuto contro Cartagine: {{Cita|Diod. Sic.|XIX 6, 2}}.</ref>
 
Le case vennero date al saccheggio dei soldati, le porte della pentapolis vennero chiuse e solamente pochi riuscirono a sottrarsi all'ira di Agatocle e a trovare rifugio presso Agrigento. Dopo tre giorni di violenze, [[Stupro|stupri]] e uccisioni politiche, Agatocle mise fine a tutto ciò placando l'eccidio che egli stesso aveva provocato.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 6, 9}}.</ref>
 
{{Citazione|E la guerra civile avrà, nei suoi orrori, messo questo figlio della terra alla vetta delle grandezze.|[[Voltaire]] su Agatocle di Siracusa in ''Agathocle''<ref>{{fr}} [https://fr.wikisource.org/wiki/Agathocle Pièce ''Agathocle'' de Voltaire (Œuvres complètes de Voltaire)]</ref>|Et la guerre civile aura, dans ses horreurs, mis ce fils de la terre au faîte des grandeurs.|lingua=fr}}
 
Il marmo dell'isola di Paro data la nascita di una tirannide a Siracusa nell'anno [[316 a.C.|316]]-[[315 a.C.]];<ref>IG XII v 444: 113 3 115 = FGr Hist 239 B 12 e 14.</ref> Diodoro tramanda a sua volta il [[317 a.C.|317]]-[[316 a.C.]] La data coincide anche se la si confronta con la notizia data da Giustino: Agatocle sbarcò in [[Africa]] nell'agosto del [[310 a.C.]], sette anni dopo aver preso il potere a Siracusa; quindi ciò avvenne verso la fine del 317 a.C.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 5, 2}}. Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 214}}.</ref>
 
=== L'assoggettamento delle poleis di Sicilia (315-312 a.C.) ===
{{Vedi anche|Lega di Agrigento, Gela e Messana}}
[[File:Milazzo Castello Friedrich II.jpg|thumb|upright=1.2|La [[Castello di Milazzo|rocca di Mile]] presa da Agatocle]]
Il governo di Agatocle non venne riconosciuto dalle poleis più forti che attorniavano Siracusa: [[Agrigento]], [[Gela]] e [[Messana]], alle quali si aggiunse la polis d'origine di Timeo: Tauromenio. Queste poleis, che mal digerivano la prospettiva di una nuova egemonia totalitaria come ai tempi dei Dionisii, si schierarono al fianco dei fuoriusciti oligarchici siracusani e li ospitarono entro le loro mura, offrendo così ad Agatocle il pretesto per attaccarle e conquistarle.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 65}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 36}}.</ref>
 
Il dinasta siracusano tra il [[315 a.C.|315]] e il [[314 a.C.]] svolse due campagne contro Messana - importante per il controllo dello [[Stretto di Messina|Stretto]] (Reggio, governata dai democratici, gli era amica<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 4, 2}}. Cit. {{Cita|Consolo Langher|p. 38}}</ref>) e per essere un luogo ricolmo di esuli oligarchici siracusani.<ref>{{Cita|Consolo Langher|pp. 36-37}}.</ref> Nella prima fase dell'offensiva si limitò a dei movimenti bellici in territorio messanico, in seguito navigò fino a [[Milazzo|Mile]] e a prenderne la rocca (oltrepassando quindi Messana);<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 65, 3}}.</ref> due mesi dopo pose un vero e proprio assedio alle mure messaniche, ma ad interromperlo giunse un'[[Ambasciata|ambasceria]] dei Cartaginesi guidati da Amilcare i quali gli ricordarono il giuramento che aveva prestato tempo addietro (rispettare la ''eleutheria'' - libertà - delle minori poleis di Sicilia), esortandolo a togliere l'assedio.<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 37}}; {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 217}}.</ref> In questa occasione Agatocle, di ritorno verso Siracusa, devastò la città sicula di [[Abaceno]] (odierna [[Tripi]]).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 65,6}}.</ref> La pace tuttavia si rivelò effimera: Sosistrato, rifugiatosi con altre migliaia di siracusani dentro le mura di Agrigento, fomentò la rivolta dell'oligarchia in questa polis - già di suo desiderosa di prendere il comando dell'isola - e con i suoi abitanti si misero a capo di una lega che comprendeva le altre poleis dalla forte oligarchia, il cui obiettivo era rovesciare la tirannide popolare di Agatocle.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 70, 1-3}}.</ref>
 
==== L'intervento di Sparta ====
 
[[File:Greek warrior, Spartan hoplite phalanx.jpg|thumb|upright=0.7|left|Ricostruzione di un [[oplita]] spartano]]
 
Non potendo contare sul sostegno dei Cartaginesi (poiché questi avevano riconosciuto ufficialmente il governo di Agatocle<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 43}}.</ref>) nel 314 a.C. si rivolsero alle poleis dell'[[Ellade]], in quel momento poste sotto pressione dalle guerre dei Macedoni,<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 217}}; {{Cita|Consolo Langher|p. 45}}.</ref> e fu infine [[Sparta]] a offrire il proprio aiuto e i propri soldati contro il governo agatocleo, mandandoli in Sicilia sotto il comando del principe [[Acrotato (figlio di Cleomene II)|Acrotato]], figlio di [[Cleomene III]].<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 70, 1-4 }}.</ref> Questo principe, che riuscì a coinvolgere anche [[Taranto]] nella lotta contro Agatocle,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 70, 8}}.</ref> giunse ad Agrigento con poche navi (poiché gli [[Eforo|Efori]] non lo avevano appoggiato); la sua vicenda ci è narrata in modo superficiale;<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 44}}.</ref> egli entrò in contrasto con Sosistrato e infine lo uccise. L'uccisione del Siracusano gli inimicò Agrigento e lo costrinse all'abbandono della missione.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 65, 6; 71, 2-5}}.</ref> Rimasti senza alleati potenti, gli oligarchici dovettero arrendersi e la lega venne sciolta. Cartagine decise di rinnovare la pace con Siracusa nel [[313 a.C.]],<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 71, 7}}.</ref> riconoscendole il primato egemonico su tutte le poleis di Sicilia: nessuna lega sarebbe più potuta sorgere senza il consenso siracusano. Agatocle in cambio si impegnava “ufficialmente” a lasciare loro l'autonomia; principio basilare di ogni polis.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher|pp. 42, 49}}.</ref>
 
==== Gli armamenti di Agatocle e sue intenzioni ====
{{Doppia immagine|destra|Museo archeologico regionale paolo orsi, corazza in bronzo, da tomba 5 necropoli della fossa, 370-340 ac. 02.JPG|150|Spada in metallo.jpg|253|Corazza in bronzo, punte di frecce e spada ellenistica provenienti da Siracusa}}
Sciolta la lega agrigentina, Agatocle non perse tempo e si dedicò ad ampliare le sue forze militari: arruolò 13.500 [[mercenari]] e li unì ai contingenti provenienti dalle città sue alleate, inoltre attuò la [[Servizio militare|coscrizione militare]] per i cittadini di Siracusa (per legge poteva farlo) e si dedicò all'acquisto di grandi quantità di armi e dardi. In questo modo si mise al comando di un notevole esercito la cui costituzione non passò inosservata ai suoi nemici.<ref name=dio72>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 72, 1-2}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 50}}.</ref> Diodoro, riportando probabilmente una fonte dei circoli agatoclei, afferma che tali armamenti erano a scopo preventivo, poiché Agatocle temeva dopo la pace con Amilcare - la quale non era troppo conveniente per Cartagine - un improvviso attacco dei Punici.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 72, 2}}.</ref>
 
Va detto che quello di Agatocle era considerato nel panorama ellenistico, occidentale e orientale, uno dei migliori eserciti in circolazione.<ref name=anthony>Cfr. Anthony M. Snodgrass, Arnold M. Snodgrass, ''Armi ed armature dei Greci'', 2004, p. 163.</ref> Il mercenariato era una pratica già abbondantemente sperimentata dai dinasti siracusani; fu Dionisio il primo a trasformare radicalmente il volto dell'esercito siracusano, capendo che là dove la guerra era di conquista il soldato di professione rendeva di più del cittadino obbligato a prendere le armi. Senza tralasciare oltre a ciò le truppe speciali, o truppe scelte (gli λογάδες); un tempo provenienti esclusivamente dalla forza civica della polis<ref>Per approfondire sull'identità e il ruolo degli λογάδες siracusani vd. {{Cita web|url=http://www.unipa.it/dipartimenti/beniculturalistudiculturali/riviste/hormos/.content/documenti_Hormos_2/M.VinciReclutamento_di_truppe_scelte_a_Siracusa_in_etx_classicaHormos2_2010_55-66.pdf|titolo=Reclutamento di truppe scelte a Siracusa in età classica|accesso=7 maggio 2017}}.</ref> e adesso scelti tra i mercenari che si arruolavano nell'esercito siracusano.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 11, 1}}.</ref> Agatocle, ritrovandosi questa eredità, ne fece largo utilizzo.<ref name=anthony/>
 
Agatocle sembrava intenzionato a far risorgere l'imperialismo siracusano dell'epoca dei Dionisii (che fu oggetto di aspre [[Viaggi di Platone in Sicilia|critiche da parte di Platone]], ma non solo), assoggentando sempre più territorio, ma il suo governo passava la cosa come una questione puramente politica: si trattava di sconfiggere i governi oligarchici, alleati dei fuoriusciti siracusani, e di imporre alle città governi democratici, che però erano estremamente radicali e scelti da Agatocle.<ref name=dio72/>
 
==== L'avanzata di Agatocle e l'organizzazione della resistenza ====
{{Vedi anche|Assedio di Messina (313 a.C.)}}
Gli oligarchici siracusani, cacciati dopo la cruenta presa di potere da parte di Agatocle, non smisero mai di tentare di rovesciare il governo agatocleo, appoggiandosi ai vari governi delle poleis che li ospitavano. Dal canto suo Agatocle non smise mai di dar loro la caccia, estromettendoli dalle città che andava conquistando. Messana in tal senso era divenuta un posto estremamente pericoloso per Agatocle, poiché gli esuli cacciati da Agrigento, dopo lo scioglimento della lega, si erano riuniti in grande quantità e Messana e la vicinanza di questa polis con la regione geografica dell'Italia rendeva il tutto ancora più rischioso per Agatocle (anche se dall'altro lato la polis di Reggio era sua alleata). Il dinasta aretuseo decise quindi di assediare Messana e di obbligarla a cacciare dalle sue mura tutti gli esuli siracusani, pena la sua totale conquista e perdita di autonomia (nel frattempo si era già impossessato di Taormina).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 102, 1-7}}; {{Cita|Polieno|V 15}}.</ref>
 
Agatocle riuscì nel suo intento e sistemato con le armi a Messana un suo governo di stampo democratico-radicale, si diresse ad assediare Agrigento; probabilmente perché qui stava avvenendo un'alleanza tra Agrigentini e Punici, nella quale erano immischiati gli esuli siracusani che si ritrovano tra le fila dell'esercito della polis [[Rodi|rodio]]-[[Creta|cretese]].<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 61}}.</ref> Infatti, informa Diodoro, il nuovo capo degli oligarchici esiliati da Agatocle, [[Dinocrate di Siracusa]] (amico d'infanzia del tiranno e per questo graziato da lui durante il massacro del ''golpe''<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 8, 6}}.</ref>), aveva chiesto aiuti a Cartagine per sconfiggere il dinasta.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 103, 1}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|pp. 52, n. 60, 65}}.</ref>
 
L'abbandono della politica di non-intervento attuata da Cartagine è visibile da due importanti fattori: la comparsa di una flotta di ben 60 navi cartaginesi spedite nella rada di Agrigento, evidentemente rivolte contro le operazioni di Agatocle,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 102, 8}}.</ref> e dall'improvviso cambiamento militare degli esuli oligarchici siracusani; essi sono stati armati e dispongono di una propria forza bellica (finanziata con ogni probabilità da Cartagine).<ref>{{Cita|Consolo Langher|pp. 61-62}}.</ref>
 
==== L'ambasceria al senato di Cartagine e il processo ad Amilcare ====
[[File:Tunis Carthage Musée 8.jpg|thumb|upright=1.1|Ricostruzione dell'[[Byrsa|acropoli cartaginese]] ([[museo nazionale di Cartagine]])]]
Ci sono due tradizioni differenti sulle mosse di Agatocle dopo la presa di potere: la tradizione diodorea, come visto, conosce tutta una serie di eventi che sono invece ignorati dalla tradizione timaica, confluita in Trogo-Giustino; in questa altra versione si dice solamente che Agatocle aggredì i “soci” di Cartagine (senza chiarire chi essi fossero<ref>Sulla possibile identità dei ''socii'' vd: {{Cita|Consolo Langher|p. 52, n. 60}}.</ref>) e che questi mandarono un'ambasceria nella capitale africana raccontando quanto accaduto.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 3, 1-5}}.</ref>
 
A questo punto viene narrato il processo segreto ai danni di Amilacare (evento sconosciuto alla versione diodorea, il quale rende nota solo la perplessità di Cartagine per la gestione della situazione siciliana da parte di Amilcare<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 72, 2}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 54, n. 66}}.</ref>), poiché il senato di Cartagine lo accusò, a sua insaputa, di essere responsabile dell'avanzata di Agatocle, non avendolo fermato all'inizio quando ne aveva avuto l'occasione (coerentemente con quanto narrato per il ''golpe''). Morto misteriosamente Amilcare<ref>{{Cita|Giustino|XXII 3, 6-8}}.</ref> (si sospetta un delitto di Stato<ref>Rudolf Schubert, ''Geschichte des Agathokles'' cit. in {{Cita|Consolo Langher|p. 52, n. 62}}.</ref>), si ordinò la partenza del nuovo generale punico di Sicilia: [[Amilcare (figlio di Gisgone)|Amilcare]] figlio di [[Giscone (figlio di Annone)|Gisgone]].<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 52}}.</ref>
 
=== Fine della pace tra Cartagine e Siracusa (312 a.C.) ===
Giustino afferma che Agatocle appena seppe della morte di Amilcare volle aprire le ostilità con Cartagine.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 3, 8}}.</ref> Diodoro fornisce invece una differente sequenza dei fatti: lo storico di Agira informa che Agatocle reagì ad una violazione degli accordi verificatasi nel [[312 a.C.]] da parte di Cartagine, la quale incurante dei confini stabiliti prima dal trattato timoleonteo e poi da quello recentissimo del 313 a.C., aveva dispiegato la sua flotta nella rada di Agrigento, per ostacolare i movimenti di Agatocle, tradendo quindi la riconosciuta egemonia di Siracusa sulle poleis siceliote. Da qui la reazione di Agatocle che, conscio di non potere affrontare l'impero cartaginese sul mare (in quel momento Agatocle non disponeva del denaro necessario per costruire una grande flotta<ref>Cfr. motivazioni in {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 220}}.</ref>), decise di provocarlo sfruttando la superiorità terrestre della quale disponeva; tolse l'assedio ad Agrigento e portò i suoi soldati all'interno della provincia cartaginese di Sicilia, espugnandone le piazzeforti.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 102, 8}}.</ref>
 
Appariva ormai evidente che l'equilibrio che aveva stabilito la pace per oltre un ventennio tra Siracusa e Cartagine si era rotto. Indubbiamente le due versioni appartengono alle due opposte fazioni: una filo-cartaginese (Cartagine deve reagire in difesa dei suoi ''socii'' e si vede aggredita da Agatocle)<ref>{{Cita|Giustino|XXII 3, 8}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|pp. 54-55}}.</ref> e una filo-agatoclea (è Cartagine ad aggredire per prima Agatocle, intromettendosi nelle questioni egemoniche di Siracusa, Agatocle non vuole tollerarlo oltre).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 104, 3}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 53}}.</ref>
 
=== Scontri nella Sicilia interna ===
{{Vedi anche|Assedio di Centuripe e Galaria}}
[[File:Vaso ellenistico Centuripe.png|thumb|upright=0.6|left|Vaso ellenistico da Centuripe]]
[[File:Etna, tre pennacchi.png|thumb|upright=1.2|Il [[vulcano]] Etna visto dal territorio di Centuripe; non distante da Galaria]]
 
Dinocrate approfittando del blocco che la flotta cartaginese impose all'esercito siracusano, prese parte delle sue truppe e si diresse nella zona interna dell'isola, nei pressi dell'[[Monte Etna|Etna]], a [[Galaria]], mentre spedì il suo lungotenente [[Ninfodoro (condottiero)|Ninfodoro]] con le restanti truppe a [[Centuripe]]. Questa azione combinata aveva lo scopo di sottrarre al dominio di Agatocle le città dei Siculi.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|103-104}}.</ref>
 
Le popolazioni indigene aprirono le porte agli esuli armati di Siracusa, sostenendoli contro Agatocle (va infatti ricordato che dopo un iniziale accordo con il dinasta, questi aveva dimostrato ostilità nei confronti dei siculi di Abaceno, alienandosi probabilmente l'intero ''ethnos''). L'assalto di Centuripe fallì e Agatocle punì tutti coloro che gli si erano ribellati.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 103, 3-4}}.</ref>
 
{{Citazione|La punizione dei Centuripini è presentata in Diodoro con tono distaccato: non c'è nè sdegno verso Agatocle nè pietà verso i ribelli siculi che pure lottavano per l'autonomia.<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 66, n. 98}}.</ref>|}}
 
A Galaria lo scontrò durò più a lungo: Dinocrate mise sul campo un esercito di 3.000 fanti e 2.000 cavalieri, i quali si scontrarono con le forze agatoclee, pari per numero e valore.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 104, 1}}.</ref> Dopo aver lasciato molti morti sul campo, Galaria, inizialmente conquistata dagli oligarchici, passò nuovamente sotto il comando di Agatocle.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 104, 2}}.</ref>
 
Durante questi assalti si verificò inoltre il primo vero atto di ostilità cartaginese nei confronti della Siracusa di Agatocle: 50 delle 60 navi giunte ad Agrigento fecero il loro ingresso nel [[Porto di Siracusa|porto grande di Siracusa]] e dopo aver fatto prigioniere due navi alla fonda, mozzarono le mani all'equipaggio di quella proveniente da Atene. Agatocle, informa Diodoro, non concesse perdono ai Cartaginesi: anch'egli, catturate le navi di Cartagine che erano giunte nel [[Bruzi|Bruzio]], fece amputare le mani all'equipaggio.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 103, 5}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 67}}.</ref>{{#tag:ref|La presenza di navi siracusane nel Bruzio non deve stupire, poiché Agatocle aveva solidi rapporti in Magna Grecia e altrettanti interessi, commerciali e territoriali, con le popolazioni barbariche che l'abitavano (saranno rivolte ai Bruzi le sue future operazioni belliche). In tal senso il gesto di Agatocle, oltre che una vendetta, poteva rappresentare un ammonimento per i Cartaginesi a stare lontani dalla sua area di interesse. Altresì appariva ormai evidente che il conflitto siracusano aveva interessato tutta l'area greca, oltrepassando lo Stretto (si veda ad esempio la rivolta di [[Crotone]]).<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher|pp. 67-68, n. 101}}; {{Cita|Giovanna De Sensi Sestito|pp. 14-15}}.</ref>|group=N}}
 
=== La battaglia di colle Ecnomo (311 a.C.) ===
{{Vedi anche|Battaglia del monte Ecnomo}}
[[File:Piana di Gela.jpg|thumb|upright=1.2|I fertili campi geloi ([[piana di Gela]])]]
Giustino ricorda brevemente e succintamente due battaglie combattute da Agatocle prima che questi decidesse di trasferire il conflitto bellico in Africa.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 3, 8}}.</ref> La prima di queste battaglie si è ipotizzata essere la scorreria che compì Agatocle nella provincia cartaginese di Sicilia per provocazione; la seconda è invece generalmente riconosciuta nella battaglia dell'Ecnomo (il colle Scellerarto del [[toro di Falaride]]<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 108, 1}}.</ref>), avvenuta nella ''[[chora]]'' [[Gela|geloa]] (nei pressi dell'odierna [[Licata]]).<ref>{{Cita|Consolo Langher|pp. 81-82}}.</ref>
 
Ma è Diodoro ad aver conservato le testimonianze sull'Ecnomo: egli narra che Cartagine spedì in Sicilia una forza poderosa composta da 130 [[trireme]], numerosissime navi da cargo, 45.000 fanti e 5.000 cavalieri (tra cui figure molto influenti: cittadini e proprietari terrieri cartaginesi, soldati provenienti dal [[Libia|territorio libico]], dall'[[Etruria]] e i rinomanti frombolieri delle [[isole Baleari]]). L'esercito di Amilcare gisgonio approdò nella ''chora'' geloa dopo aver perso molti uomini e mezzi in mare (vicenda che portò Cartagine ad appendere il drappo nero in segno di lutto nelle sue mura), ma riuscì ugualmente a incutere timore nel dinasta eretuseo e nel suo esercito.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 106, 3-6}}.</ref> Dopo [[Occupazione di Gela (311 a.C.)|aver preso Gela]] con la violenza (4.000 cittadini geloi vennero trucidati dai Siracusani, colpevoli di non aver voluto accettare il presidio armato di Agatocle),<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 102, 2-5}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 73}}.</ref> fondamentale per la sua posizione strategica ai fini della battaglia, Agatocle si accampò con i suoi uomini di fronte all'Ecnomo, presso le colline di [[Falaride]], nel ''Phalarion''; nel mezzo tra i due eserciti, come un [[baluardo]] naturale, vi era il [[Imera meridionale|fiume Himera]].<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 108, 2-4}}.</ref>
 
Per due volte Agatocle tentò di sconfiggere i Cartaginesi sull'Ecnomo, e in entrambi gli scontri sembrava stesse pre trionfare definitivamente, ma i nuovi rinforzi giunti dal mare a favore di Cartagine, furono decisivi per decretare la sconfitta del tiranno e il trionfo di Amilcare. L'esercito siracusano lasciò sul campo 7.000 dei suoi soldati.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 108-109}}.</ref> Agatocle cercò quindi rifugio all'interno di Gela, sperando con la sua presenza di trattenere nella ''chora'' geloa i Cartaginesi, in modo da dare a Siracusa il tempo di compiere il raccolto del [[grano]] senza trascinarsi dietro l'intero esercito dell'Ecnomo.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 110, 2}}. Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 221}}.</ref> (la battaglia si svolse durante la [[canicola]], a giugno, il tempo della raccolta per la Sicilia<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 109, 5}}. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 221, n. 2}}.</ref>). Amilcare gisgonio vedendo che Gela resisteva benissimo al suo assedio (i soldati di Agatocle erano colmi di viveri), la oltrepassò e si portò ad insidiare la ''chora'' siracusana.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 110, 3}}.</ref>
 
=== L'assedio di Siracusa ===
{{Vedi anche|Assedio di Siracusa (311 a.C.)}}
[[File:Grano in città.jpg|thumb|upright=0.7|left|Grano nei campi di Siracusa]]
Amilcare gisgonio non si portò subito sotto le mura di Siracusa, prima volle accerchiarla, sottraendole le città della sua ''chora''; potenziali bacini di riarmo per Agatocle: [[Camarina]], [[Leontinoi]], [[Catane]], la già precedentemente citata Taormina (alle ribelli si aggiunse anche Messana) e numerose altre piccole città che mal sopportavano da sempre il dominio siracusano su di esse<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 110, 3-4}}.</ref> e che quindi accolsero volentieri Amilcare e la sua promessa di «''eleutheria'' ed autonomia».<ref>Cit. {{Cita|Consolo Langher|p. 86}}.</ref>
 
Agatocle nel frattempo portò i sopravvissuti della battaglia dell'Ecnomo all'interno di Siracusa, fece riparare le parti delle mura rovinate e fece portare dentro la pentapolis la raccolta di grano, in modo da essere abbastanza fortificati e forniti di cibo per resistere all'assedio dei Punici.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XIX 110, 5}}.</ref>
 
==== La decisione di portare il conflitto sul suolo africano ====
Agatocle all'Ecnomo non aveva solo subito una sconfitta miliatare, ma anche una grave sconfitta politica, poiché la sua lotta all'oligarchia si basava proprio sulla sua supremazia bellica; con essa era riuscito fino a quel momento a sopraffare i governi delle città che gli si erano opposte. Amilcare con il suo esercito aveva sconfessato questa sua verità<ref name=consolotre>Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 88}}.</ref> ed Agatocle, essendo un tipo molto orgoglioso e combattivo, non glielo avrebbe perdonato né sarebbe rimasto a guardare passivamente il suo assedio. Ecco qundi che sorprese tutti prendendo una decisione che nessun esercito greco di Sicilia e dell'[[Ellade]] aveva ancora osato prendere: attaccare l'impero cartaginese direttamente in casa sua, sul suolo d'[[Africa]] (va ricordato che nemmeno i Macedoni di Alessandro si erano rivolti contro Cartagine, poiché diedero la precedenza alla lotta contro i Persiani<ref>Il De Sanctis ipotizza che proprio le storie di Alessandro, molto sentite all'epoca, potessero avere influito nella decisione ardimentosa presa da Agatocle. Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 222}}.</ref>).
 
{{Citazione|Se gli storici discordano sulle finalità dell'impresa, quasi tutti mostrano di ritenere che essa fosse l'unica possibilità di salvezza che si offriva ad Agatocle, abbandonato dagli alleati ed assediato in Siracusa dalle ingenti forze nemiche (Diod. XX 3,2).<ref name=consolotre/>|}}
 
[[File:Localizzazione di Siracusa e Cartagine.png|thumb|upright=1.4|Posizione geografica di Siracusa e Cartagine; il viaggio di Agatocle dalla Sicilia all'Africa durò 6 notti e 7 giorni]]
 
Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che Agatocle volesse distruggere Cartagine e che nutrisse delle mire imperialistiche persino superiori a quelle dionisiane (il quale va ricordato si spinse a fondare colonie con la sua flotta sia nell'[[Mare Adriatico|alto adriatico]] che nell'[[Mar Tirreno|alto tirrenico]] e compì grandi battaglie contro i Cartaginesi, tuttavia non si spinse fino all'Africa<ref>Sulle imprese e sull'operato di Dionisio I vd. es.: [[Lorenzo Braccesi]], Mario Luni, ''I Greci in Adriatico'', 2002; [[Marta Sordi]], ''La dynasteia in occidente. Studi su Dionigi I'', Esedra, 1992.</ref>), ma Agatocle ribadirà egli stesso con i suoi gesti (es. il suo rifiuto di colonizzare la Libia,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 40, 2-4}}.</ref> o la conquista e poi la concessione delle [[isole Ionie]] all'[[Epiro]] quando invece poteva tenerle per sé<ref>Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 243}}.</ref>) che il suo sbarco in Africa non era il preludio di una sua volontà imperialistica sul Mediterraneo.
 
Per cui le ragioni che lo spinsero a prendere la decisione di spostare il conflitto sul suolo africano vanno ricercate altrove: ad esempio nella sua strategia bellica - Agatocle era soprattutto uno stratega militare - ed egli voleva quindi alleggerire il peso dell'assedio su Siracusa, distrarre il grosso delle truppe di Cartagine che in quel momento erano riversate sulla pentapolis aretusea. In sostanza, il suo obiettivo era quello di indebolire Cartagine, riportarla entro i suoi confini, affinché non si intromettesse oltre negli affari siciliani. Ciò era possibile attuarlo solo se fosse riuscito a imporre a Cartagine un governo moderato, non-interventista, come quello rappresentato da Amilacare I.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 88}}; {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 222}}.</ref>
 
Certamente non era il momento più felice per organizzare una partenza, poiché Siracusa era assediata per mare e per terra, ogni attività commerciale era quindi momentaneamente cessata. Ad Agatocle serviva denaro e se lo procurò con estreme misure d'emergenza, ovviamente impopolari: prestiti forzati del denaro dei templi, delle finanze sociali, dei gioielli.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 4, 5}}.</ref> Riuscì ad allestire 60 navi e disse all'esercito di tenersi pronto ed armato. La preparazione alla partenza avvenne nel segreto più assoluto, favorito dal generale stato di agitazione per l'assedio.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 4, 5}}.</ref> Per sopperire alla mancanza di uomini, periti all'Ecnomo, Agatocle diede l'ordine di liberare tutti gli schiavi della città che fossero in età militare, poi li fece giurare e li integrò tra i soldati.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 4, 8}}; {{Cita|Giustino|XXII 4, 5}}.</ref> Arruolò anche molti mercenari, tra cui numerosi gruppi di [[Sanniti]], [[Etruschi]] e [[Celti]].<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 11, 1}}</ref> Infine nel redigere le liste della leva per i cittadini si premurò di separare i componenti familiari (il fratello dal fratello, il padre dal figlio, ecc...), in modo che chi fosse rimasto in città si sarebbe guardato bene dall'attuare una qualsiasi ribellione che avrebbe portato a gravi ritorsioni contro il soldato membro della famiglia in Africa tra le fila di Agatocle.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 4, 3}}.</ref>
 
Il comando della pentapolis venne affidato a suo fratello Antandro, al quale affiancò un suo fedelissimo: l'[[Etolia|etolo]] [[Erimnone]]; costoro con un sufficiente numero di guardie, avevano il compito di difendere Siracusa da Amilcare gisgonio durante la sua assenza.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 4, 1}}.</ref>
 
=== La spedizione agatoclea in Africa (310-307 a.C.) ===
{{Vedi anche|Spedizione siracusana in Africa}}
==== La conquista di Capo Bon e l'alleanza con Ofella ====
[[File:Sun eclipse clouds.jpg|thumb|upright=0.9|left|L'eclissi solare osservata dagli uomini di Agatocle, verificatasi il [[15 agosto]] [[310 a.C.]], è definita l'eclissi più antica della storia d'Italia]]
Tenuta a battesimo da un'[[eclissi solare]] che impressionò negativamente l'esercito di Agatocle,<ref>{{Cita|Giustino|XXII 6, 1-3}}; {{Cita|Diod. Sic.|XX 5, 5}}.</ref> la spedizione siracusana in terra d'Africa cominciò nella maniera più anomala e movimentata possibile: non solo l'astro, fonte di luce e simbolo di vittoria, si oscurò in maniera sinistra agli occhi dei Siracusani e «le stelle furono viste splendere per tutto il cielo» in pieno giorno,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 5, 5}}.</ref> ma una volta approdati nei pressi della penisola africana di [[Capo Bon]], in una zona detta Latomiae,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 6, 3}}.</ref> Agatocle diede l'ordine di bruciare tutte le navi; fece ciò perché asserì di aver fatto un voto alle divinità maggiori della Sicilia, Demetra e Kore, le quali avevano permesso loro di approdare sani e salvi sulle rive della ''Libye''.<ref name=diod.due>{{Cita|Diod. Sic.|XX 7, 2-5}}.</ref> In verità vi erano altri motivi, afferma Diodoro, che spinsero Agatocle a un simile gesto: anzitutto l'obbligare i soldati a combattere; essi infatti non avevano via di fuga e non li rimaneva altra scelta se non quella di vincere, per poter costruire delle nuove navi e così tornare a casa, e inoltre in questo modo Agatocle non doveva dividere le sue truppe per lasciarne una parte a guardia delle navi.<ref name=diod.due/>
 
Dopo la solenne cerimonia che con un grande incendio si portò via il mezzo con il quale erano approdati, Agatocle e il suo esercito si misero in marcia addentrandosi nella campagna cartaginese; una regione geografica che Diodoro descrive come un giardino incantato, ricolmo di ogni bene, fertile e con una popolazione ricca che non aveva mai conosciuto la guerra; tutto ciò grazie all'imperialismo inviolato di Cartagine.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 8, 3}}.</ref>
 
[[File:Awes Valley.jpg|thumb|upright=1.2|Ad Agatocle giunsero i rinforzi dalla Cirenaica: Ofella con i soldati di Cirene e di Atene attraversò il deserto in un viaggio che durò due mesi]]
 
I Siracusani conquistarono [[Tunisi]] e qui vi allestirono il quartiere generale delle operazioni belliche.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 8, 7}}.</ref> Non passò molto tempo prima che si arrivasse allo [[Battaglia di Tunisi (310 a.C.)|scontro diretto]] con gli uomini di Cartagine, i quali ebbero la peggio, mentre trionfarono i più esperti soldati di Siracusa e suoi alleati.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 11-12}}.</ref>
 
Il primo anno di guerra fu un vero successo per Agatocle, rovinato solamente da uno screzio pericoloso avvenuto tra suo figlio Arcagato (Agatocle infatti condusse in Africa i suoi due figli maggiori: Arcagato ed Eraclide) e un suo capitano, [[Licisco]], il quale aveva accusato il primogenito agatocleo di avere una relazione con [[Alchia]]; compagna di Agatocle.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 33, 5}}.</ref> Finita in tragedia, Agatocle dovette usare tutte le sue doti carismatiche per riportare la calma nel suo esercito.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 33, 5-8; 34, 1-5}}.</ref> Nonostante stesse conseguendo delle splendide vittorie contro Cartagine, Agatocle sentì la necessità di avere dei solidi alleati e quindi [[Alleanza tra Agatocle e Ofella|mandò i propri ambasciatori]] presso l'antica capitale dei Greci in terra d'Africa: [[Cirene]];<ref>Secondo Giustino invece fu Cirene a contattare per prima Agatocle: {{Cita|Giustino|XXII 7, 4}}.</ref> qui vi risiedeva il governatore [[Ofella]], rappresentante del [[satrapo]] d'[[Egitto]] [[Tolomeo I Sotere]].<ref group=N>Sull'effettivo ruolo di Ofella cfr.: {{Cita|Consolo Langher (2006)|p. 2033}} (già in {{Cita|Consolo Langher (1992)|p. 101}}) e {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 226 con ampia nota 1}}, i quali sostengono che Ofella fosse un rappresentante di Tolomeo, e [[Attilio Momigliano]] in {{Treccani|ofella_(Enciclopedia-Italiana)/|Ofella}}, {{Cita|Edouard Will (1964)|pp. 328-329}} che invece sostengono che fosse un principe indipendente dall'Egitto.</ref> Agatocle si legò a entrambi e Ofella, che coinvolse in questa spedizione anche le città dell'Ellade e particolarmente [[Atene (città antica)|Atene]]<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 40, 5-7}}.</ref> (egli era infatti il marito di [[Euridice di Atene]], figlia di una delle famiglie più in vista dell'Atene costretta a soggiacere al dominio dei Macedoni<ref>Sui rapporti tra Ofella e Atene vd.: Carla Ravazzolo in ''Hesperia 7'' (a cura di [[Lorenzo Braccesi]]), ''Ofella, Atene e l'avventura libica'', pp. 121-124.</ref>), mise in marcia nel deserto la ragguardevole cifra di 20.000 persone, più innumerevoli beni logistici; tuttavia una metà di questa gente non erano soldati, bensì coloni: donne, bambini e civili in genere che erano stati attratti dal progetto di Agatocle che sembrava promettere terre nuove nell'Africa occidentale; ben lontane dallo strapotere macedone.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher (1992)|pp. 104-105}} (cfr. anche ''Siracusa e la Sicilia greca: tra età arcaica ed alto ellenismo'', Langher 1996, p. 176); {{Cita|Edouard Will (1964)|p. 330}}.</ref>
 
[[File:Utique deblais.jpg|thumb|upright=1.2|left|Rovine di [[Utica (Tunisia)|Utica]], la seconda città più potente dell'impero cartaginese conquistata da Agatocle]]
 
Tuttavia una colonizzazione non rientrava nei piani di Agatocle,<ref group=N>Agatocle aveva infatti detto a Ofella che in caso di vittoria non era interessato a mantenere il dominio sulla ''Libye'', che gli avrebbe ceduto, tenendo per sé solo quello sull'intera Sicilia. {{Cita|Diod. Sic.|XX 40, 1-4}}.</ref> e men che meno in quel momento, quando la potenza di Cartagine era ancora reattiva e minacciosa, quindi, dopo aver ucciso per oscuri motivi il suo alleato Ofella (Agatocle lo sorprese con i suoi uomini armati e lo fece uccidere) inviò nelle coste di Sicilia tutti coloro che non erano adatti a combattere; la loro destinazione finale doveva essere Siracusa, ma una serie di violente tempeste verificatesi durante la navigazione li fece naufragare alle [[Pithecusa|isole delle Pithcusse]], in [[Italia]]. Agatocle divenne l'unico comandante di un esercito che adesso si era raddoppiato.
 
==== Basileia e vittorie di Agatocle nella ''Libye'' ====
[[File:Ptolemy I Soter Louvre Ma849.jpg|thumb|upright=0.8|Busto di Tolomeo I, alleato di Agatocle]]
Le fonti odierne sono discorde nello stabilire se Agatocle abbia preso il titolo di re durante la sua permanenza in Africa , [[307 a.C.]], o se ciò sia avvenuto qualche anno dopo il suo rientro: verso il [[305 a.C.|305]]-[[304 a.C.]] L'incertezza nasce da una discordia tra le fonti primarie: Diodoro afferma che Agatocle si auto-incoronò re prima di [[Spedizione siracusana in Africa#La caduta di Utica|prendere Utica]]; nel momento di sua massima forza in Africa e dopo aver constatato che anche gli altri diadochi, che egli considerava suoi pari, avevano preso il diadema. Tuttavia il Marmo Parium differisce dalla notizia diodorea poiché afferma che il re d'Egitto, Tolomeo Sotere, aveva preso il titolo di basileus nell'anno 305-304 a.C. (anche il [[Canone di Tolomeo|Canone dei re]] non fa cominciare il suo regno prima del 305 a.C.) e sono in diversi a sostenere che se il Marmo Parium ha ragione, Agatocle non poteva aver scavalcato, anticipandolo, il sovrano egizio,<ref>Così sostiene {{Cita|De Sanctis|p. 228, n. 2}}.</ref> quindi l'incoronazione di Agatocle si posticiperebbe alla pace con Cartagine (che non avverrà prima del 304 a.C.)
 
Tuttavia sono in molti a sostenere piuttosto la notizia diodorea e quindi a porre la presa del titolo di basileus da parte di Agatocle durante il suo ultimo anno di guerra in Africa: nel 307 a.C. Va notato inoltre come Agatocle nella propria monetazione non incida mai la frase “Basileus di Sicilia” ma faccia scrivere solamente “Basileus”; il che avrebbe senso se si considera la nascita in terra africana di tale titolo, dove egli aveva la necessità di far riconoscere il proprio dominio non solamente ai Siracusani e Sicelioti in genere, ma anche a una lunghissima schiera di truppe mercenarie delle più svariate nazionalità (si consideri che sul campo di battaglia nella ''Libye'' rispondevano agli ordini di Agatocle soldati di origine [[Celti|celtica]], [[Etruschi|etrusca]], [[Liguri|ligure]], [[Sanniti|sannita]]) e alll'ex-esercito di Ofella composto da soldati greci; in prevalenza Ateniesi e Cirenei. Con il solo titolo di “Basileus”, senza specificare a quale nazione egli si riferisse, acquistava un potere decisamente più universale agli occhi del suo esercito multi-nazionale (già dai tempi di Dionisio I l'esercito di Siracusa era diventato il più variegato del mondo greco).
 
Agatocle in Africa aveva ottenuto una serie ininterrotta di vittorie che avevano gettato Cartagine nel panico: a cusa della sua minacciosa presenza la capitale fenicia dovette affrontare una pericolosissima guerra civile all'interno delle sue mure, capitanata dal sufeta Bomilcare che aveva intenzione di prendere il potere assoluto approfittando del momento di caos attraversato dai Cartaginesi; spaesati dalle mosse del Siracusano. Pur con numerose e gravi perdite, Cartagine riuscì a non cadere nella tirannia e il sufeta Bomilcare venne crocifisso.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 43-44}}; {{Cita|Giustino|XXII 7, 7-11}}.</ref>
 
Passati quattro anni sul suolo africano, l'esito complessivo del conflitto volgeva decisamente a favore di Agatocle: sembrava che mancasse davvero poco per porre l'assedio alla stessa Cartagine, poiché i Siracusani erano diventati superiori al nemico sia per numero di soldati e sia per numero di alleati, inoltre avevano accerchiato quasi del tutto la capitale punica tramite il possesso dei vari confini dell'impero cartaginese: da oriente a occidente.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 55, 5}}.</ref> Ma il prosieguo del cammino di Agatocle in Africa venne stravolto dal sopraggiungere di notizie allarmanti dalla Sicilia che informavano il dinasta della grave situazione in cui versava il suo dominio oltremare.
 
==== Primo ritorno di Agatocle in Sicilia ====
{{Vedi anche|Primo sbarco di Agatocle nella Sicilia occidentale}}
{{...}}
 
==== Ripartenza per l'Africa ====
[[File:Tunisise Carthage Tophet Salambo 03.JPG|thumb|upright=0.7|left|[[Tofet]] di Cartagine]]
Approdato a Tunisi, Agatocle trovò la situazione che aveva lasciato totalmente capovolta: l'esercito, che sotto la guida di Arcagato aveva inizialmente allargato persino il suo dominio [[Spedizione siracusana in Africa#La spedizione di Eumaco|inoltrandosi verso la zona dei monti atlantici]], era d'improvviso stato attaccato dai Punici che erano riusciti a fare uscire dalle mura di Cartagine la considerevole cifra di 30.000 soldati, puntando il tutto per tutto sulla frammentazione dei soldati agatoclei e sull'effetto sopresa. I Cartaginesi erano riusciti nel loro intento e quando Agatocle giunse al campo generale trovò i suoi uomini decimati (durante le imboscate erano morti oltre 8.000 dei suoi soldati) e con un malumore dovuto alla situazione di assedio che il nemico stava loro infliggendo; avendoli bloccato ogni via di comunicazione con la regione libica.
 
Agatocle secondo Giustino dovette in questi frangenti sedare un'altra pericolosa ribellione dei propri uomini che pretendevano la paga del soldato, calmando i loro animi con promesse di denaro elargite dalla futura preda africana che avrebbero conquistato in battaglia. Secondo Diodoro, che non conosce tale sedizione, Agatocle spronò i suoi uomini a reagire, non contemplando minimamente la resa per fame - come si aspettavano invece i Cartaginesi -, conducendoli quindi in una nuova estenuante battaglia dove il suo esercito ebbe la peggio: sia a causa della sfavorevole posizione logistica (i Cartaginesi trincerati su di una collina li vedevano giungere da sotto, mentre i Siracusani dovevano avanzare scoperti, in salita, su di un terreno accidentato) e sia a causa della troppa differenza numerica, la quale stavolta influì, portando ad un primo cedimento dei mercenari, seguito a ruota dalle restanti truppe siceliote e greche.
 
La sconfitta di questa battaglia causò ad Agatocle la perdita di altri 300 uomini, l'immolazione da parte dei Cartaginesi di 3.000 prigionieri di guerra e l'allontanamento degli ultimi 10.000 soldati degli alleati Libici che avevano combattuto dalla sua parte e che avevano deciso, a seguito della sconfitta, di ritornare fedeli a Cartagine.
 
==== Definitivo rientro di Agatocle in Sicilia ====
Giustino e Diodoro, le due fonti primarie principali, sono discordi sul finale dell'avventura libica di Agatocle: secondo lo storico romano il Siracusano tentò la fuga portando con sé solo suo figlio Arcagato e gli uomini necessari a guidare le 17 navi con le quali erano approdati l'ultima volta,<ref>{{Cita|Giustino|XXII 8, 4-8}}.</ref> ma il suo piano iniziale fallì e venne catturato il figlio con il quale stava fuggendo; egli non fu inseguito perché un attacco dei Numidi impedì ai suoi uomini di corrergli dietro.<ref>{{Cita|Giustino|XXII 8, 8-10}}.</ref> Nella versione di Diodoro si afferma invece che Agatocle fuggì dall'accampamento portando con sé il figlio Eraclide;<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 68, 3}}.</ref> anche qui il piano iniziale del dinasta venne scoperto ed egli fu catturato dai suoi soldati che con l'accusa di tradimento lo legarono e lo tennero prigioniero al campo di Tunisi;<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 68, 2-4}}.</ref> tuttavia l'allarme per un'imminente battaglia contro i Cartaginesi mandò nel panico l'esercito che vedutosi senza una guida decise di liberare Agatocle per farsi guidare, ancora una volta, in battaglia dallo stimato generale.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 69, 1-2}}.</ref> Agatocle però tradì il ruolo offertogli e, risoluto nel suo piano di fuga, arrivò senza essere visto alle navi e fece salpare una sola di esse. In entrambe le versioni i due figli rimangono infine in Africa, perché catturati dai soldati siracusani, i quali, per vendicarsi della fuga di Agatocle, li uccidono.<ref name=diod.18>{{Cita|Diod. Sic.|XX 69, 3}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 241}}; {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 233}}.</ref>
 
[[File:Segesta, tempio greco.JPG|thumb|upright=1.4|Il tempio di Segesta; città conquistata e ripopolata da Agatocle al suo ritorno dall'Africa]]
 
La narrazione lascia diversi dubbi negli studiosi moderni e pur dando per credibile la fuga di Agatocle, poiché egli evidentemente vi fu costretto dal rifuito dei suoi soldati alla prospettiva di rimanere una seconda volta in Africa senza di lui, si fatica piuttosto a credere che Agatocle abbia potuto preferire l'uno o l'altro figlio (la cui identità è incerta nelle stesse fonti primarie) e si sospetta invece che Agatocle si sia messo d'accordo con i propri figli che decidendo spontaneamente di restare a Tunisi avrebbero atteso il ritorno del padre che sarebbe giunto con nuove truppe per sbloccare la complicata situazione.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 236}}; {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 232-233, n. 2}}.</ref>
 
Agatocle navigò per la Sicilia quando stava per giungere l'[[inverno]], tra ottobre e novembre o tra novembre e dicembre: «quando le stelle [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]] tramontano», asserisce il resoconto diodoreo.<ref name=diod.18/> Approdò nuovamente nella parte punica dell'isola, giungendo quasi subito nella città [[Elimi|elima]] di [[Segesta]].
 
Gli Elimi erano alleati di Agatocle, poiché durante il suo precedente sbarco il dinasta aveva già portato dalla sua parte la maggior parte delle città puniche o filo-puniche; infatti Segesta è detta da Diodoro «sua alleata».<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 71, 1}}.</ref> Agatocle quindi pretese dai Segestani che si prodigassero per la sua causa, cedendogli tutti i loro beni, affinché il dinasta aretuseo potesse riarmarsi velocemente e riprendere la lotta contro Cartagine e gli oligarchici che ormai lo superavano di numero. Ma gli abitanti di Segesta rifiutarono la richiesta di Agatocle, [[Strage di Segesta|andando così incontro all'ira del tiranno]].<ref>Sulla vicenda vd. {{Cita|Giovanna Bruno Sunseri|pp. 181-183}}.</ref>
 
Agatocle, dopo aver fatto sterminare numerosi Segestani, imbarcò i sopravvissuti (per lo più donne, ragazzi e bambini) in delle navi dirette nel [[Bruzio]] e qui li vendette alla popolazione barbarica con la quale era evidentemente in ottimi rapporti (sempre nel Bruzio infatti Agatocle aveva precedentemente fatto punire i marinai cartaginesi che si erano spinti fino alle sue postazioni italiche).<ref>Sui rapporti tra Agatocle e i Bruzi vd.: Consolo Langher, ''La politica di Siracusa verso Bruzi, Italioti e Punici nell'età di Agatocle'', in ''I Brettii'', I, Catanzaro 1995, I, 93-108.</ref> Agatocle mutò il nome di Segesta in Diceopoli (Dikaiopolis) che vuol dire “Città giusta”;<ref>{{Cita|Giovanna Bruno Sunseri|p. 184}}.</ref> rifondandola con una popolazione mista di Elimi e Greci che aveva al suo seguito.<ref>Cfr. {{Cita|Giovanna Bruno Sunseri|p. 182; 188}}.</ref>
 
=== La vendetta di Agatocle sui Siracusani ===
Appena ad Agatocle giunse notizia che l'esercito rimasto in Africa gli aveva ucciso entrambi i figli, la sua vendetta fu repentina e tremenda: egli, che in quel momento si trovava impossibilitato a raggiungere Siracusa poiché una folta schiera di truppe ai comandi di Dinocrate gli sbarrava la strada, diede l'ordine dalla Sicilia occidentale di fare uccidere tutti i siracusani che avevano legami di sangue con i soldati che con lui erano partiti per la ''Libye'': egli si era già premunito per una simile eventualità (infatti all'inizio della spedizione si era assicurato di dividere con la lista dei proscritti le famiglie di Siracusa), per cui Antandro e i suoi soldati non dovettero fare altro che tenere fede a quella famigerata lista per compiere il più grave degli eccidi di massa ordinati dal dinasta<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 72, 2-3}}.</ref>:
 
{{Citazione|Ancora scene di violenza e di dolore con stragi, lacrime e gemiti per l'uccisione di una moltitudine, sono presentate: “Avendo Antandro [in Siracusa] eseguito prontamente gli ordini [di Agatocle] avvenne una strage imponentissima superiore alle precedenti... quando una folta e promiscua moltitudine fu condotta sul lido per essere punita e i carnefici si disposero presso di essa, allora lacrime, preghiere e lamenti si levarono, sia da coloro che erano spietatamente massacrati, sia da quelli che erano sbigottiti per le disgrazie dei loro vicini e per il (loro) imminente destino, in nulla differendosi per lo stato d'animo da quelli che erano morti da poco”.<ref>Cit. {{Cita|Mariella Livoti|p. 86}}.</ref>|}}
 
=== Agatocle tra Dinocrate e Cartagine (306 a.C.) ===
[[File:Ortigia dall'alto.jpg|thumb|upright=1.5|Siracusa, se pur stretta per mare dai Cartaginesi e per terra dagli esuli, resisteva all'assedio e rimaneva sotto il potere di Agatocle e Antandro]]
Agatocle non pensò di arrendersi, nonostante fosse accerchiato da tutti i lati (in Africa i Cartaginesi erano scesi a patti con i suoi soldati e avevano crocifisso quelli che ancora speravano in un suo ritorno; in Sicilia gli oligarchici di Dinocrate spadroneggiavano sulle città un tempo conquistate potendo contare su una solida superiorità numerica; a Siracusa le schiere di Cartagine, nonostante il peso dei quattro anni di guerra sofferti dalla patria, non avevano mollato la loro salda presa sulla pentapolis), fino a quando non lo tradì anche il suo fidato generale [[Pasifilo]]; questi defezionò da Agatocle consegnando a Dinocrate tutte le città della Sicilia orientale che erano rimaste sotto il dominio del dinasta; tutte tranne Siracusa, nella quale resisteva suo fratello Antandro.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 77 1-2}}.</ref>
 
A questo punto Agatocle disperò e non vide altra soluzione se non quella di arrendersi.<ref name=diod.tre>{{Cita|Diod. Sic.|XX 77 3}}.</ref> Tra i due fatali nemici però Agatocle non avrebbe scelto di arrendersi a Cartagine; gli eventi della guerra nella ''Libye'' erano ancora troppo freschi e consegnarsi nelle mani dei Punici sarebbe stato troppo umiliante per lui.<ref>Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 236}}.</ref>
 
Decise quindi di venire a patti con il siracusano Dinocrate,<ref name=diod.tre/> il quale rappresentava tutti coloro che dal tiranno erano stati massacrati o esiliati per l'appartenenza politica avversa. Agatocle disse a Dinocrate che avrebbe deposto il suo potere e lasciato Siracusa in mano agli oligarchici, in cambio chiedeva solamente che gli venissero lasciate le due fortezze site nella Sicilia occidentale; le sole che gli erano rimaste fedeli: Terme e Cefalù.<ref name=diod.tre/> Dinocrate a questo punto aveva nelle sue mani un potere enorme: l'intera Sicilia praticamente era a lui soggetta e adesso anche il nemico più pericoloso, Agatocle, veniva a rimettersi al suo volere.
 
Tuttavia Dinocrate prese tempo e rifiutò la resa di Agatocle, poiché non era una resa totale: fino a quando Agatocle avesse potuto contare sull'appoggio di una qualsiasi città, con le sue doti da stratego, sarebbe stato sempre pericoloso; una minaccia per la libertà dei popoli, anche se Agatocle insisteva nel dire che in quelle fortezze egli avrebbe semplicemente voluto terminarvi i suoi giorni.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 79, 1}}. Cfr. motivazione di Dinocrate in {{Cita|Gaetano De Sanctis|pp. 235-236}}.</ref>
 
[[File:Diodoro siculo, historiae, manoscritto S.XXIL.1, 1450 ca. 01.JPG|miniatura|left|Antico manoscritto contenente la narrazione storica di Diodoro Siculo]]
 
Diodoro, che non risparmia le critiche ad Agatocle per essersi arreso quando aveva ancora in suo potere Siracusa (egli qui elogia piuttosto il tiranno Dionisio I che in una simile circostanza non si era arreso ma aveva reagito e vinto, lasciando infine ai suoi figli quello che allora era «l'impero più grande d'Europa»<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 78, 1-3}}.</ref>), nel narrare il diniego che Dinocrate porse ad Agatocle aggiunge che il capo degli esuli era diventato troppo sicuro di sé, poneva la sua ambizione e il suo desiderio sopra il bene comune, ovvero sopra la necessità di chiudere quanto prima la partita.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 79, 1-4}}.</ref> Agatocle vedendosi le porte sbarrate dagli oligarchici, fu costretto a rivolgersi a Cartagine, accusando Dinocrate di essere il solo responsabile della mancata indipendenza del suo popolo.<ref name=diod.quattro>{{Cita|Diod. Sic.|XX 79, 5}}.</ref>
 
I Cartaginesi, che evidentemente - proprio come Diodoro - vedevano in Dinocrate un nemico fresco e potente (va infatti ricordato che Dinocrate aveva rotto l'alleanza con Cartagine dal momento in cui i Siracusani e Agatocle avevano portato la guerra in Africa; sposando in tal senso una secolare causa comune contro l'oppressore fenicio), preferirono non lasciare un vuoto di potere in Sicilia, il quale si sarebbe venuto a creare con la caduta di Agatocle, e al contempo intuirono che se avessero continuato il blocco marittimo, Siracusa, ormai stremata dalla troppa guerra, sarebbe presto caduta, ma poiché adesso le forze terrestri oligarchiche erano superiori, essa sarebbe finita sotto il controllo di Dinocrate; un'incognita troppo pericolosa da affrontare in un momento delicato come quello. Decisero quindi di accettare la proposta di pace che giungeva da Agatocle; certamente acerrimo nemico, ma almeno non rappresentava l'ignoto.<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 236}}</ref>
 
Le condizioni di pace tra i Cartaginesi e Agatocle prevedevano: la restituzione a Cartagine di tutte le città puniche di Sicilia; l'apporto di Cartagine ad Agatocle della cifra di 300 [[Talento (peso)|talenti]] d'argento (secondo Timeo furono 150) e 20.000 [[Medimno|medimni]] di grano.<ref name=diod.quattro/>
 
Agatocle in fin dei conti aveva strappato a Cartagine delle vantaggiose condizioni, poiché aggiungeva l'argento all'oro già sottratto da Segesta e con il grano poteva sfamare e pagare un nuovo esercito.
 
=== Fine della guerra civile (304 a.C.) ===
{{Vedi anche|Battaglia di Torgio}}
Agatocle volle dimostrare una volta per tutte la sua superiorità bellica e tattica agli esuli di Dinocrate invitandoli apertamente ad uno scontro diretto che si svolse presso un luogo della Sicilia che rimane tutt'oggi ignoto: il Torgion o Torgio. Agatocle poté mettere sul campo di battaglia 5.000 fanti e 800 cavalieri; Dinocrate disponeva di forze grandemente maggiori: 25.000 fanti e oltre 3.000 cavalieri, ma Agatocle, che in Africa si era temprato e non aveva più timore di affrontare numeri di molto maggiori ai suoi (per la quasi totalità della guerra libica era infatti stato in inferiorità numerica, senza per questo mai perdere una battaglia, tranne alla fine) affrontò serenamente gli esuli.
 
La battaglia durò a lungo poiché la superiorità numerica era compensata dall'esperienza bellica. Alla fine però a causa dei disertori che minarono l'integrità dell'esercito di Dinocrate, gli uomini di Agatocle poterono assicurarsi la vittoria.
 
La gran parte dell'esercito oligarchico trovò rifugio sulle alture della zona, ma i fanti vennero attirati dalle promesse di pietà e ritorno alla normalità elargite da Agatocle che li attendeva ai piedi della collina. Sbagliarono a fidarsi del dinasta, poiché questi una volta che li ebbe a portata di mano li fece trucidare tutti: 7.000 vittime secondo Timeo, 5.000 secondo Diodoro. Sorprendentemente Agatocle graziò Dinocrate per una seconda volta ed anzi lo volle sotto i suoi comandi. Dinocrate si volse quindi contro i suoi ex-alleati e in Gela uccise il generale traditore di Agatocle: Pasifilo.
 
Ci vollero altri due anni prima che la guerra civile giungesse al termine, ma con la caduta delle ultime roccaforti della Sicilia orientale (tra le città greche solamente Agrigento restò fuori dal suo regno), Agatocle poté dichiarare finalmente concluso il sanguinoso e decennale conflitto fratricida. Sciolse le liste dei proscritti e dimorò in Siracusa.
 
[[File:Eolo fonte Caserta.png|thumb|upright=1.5|left|Il dio dei venti, Eolo, che punì Agatocle per aver preso il denaro dalle isole a lui sacre, scolpito sulla fonte situata alla [[reggia di Caserta]]]]
[[File:Aeolian Islands.jpg|thumb|upright=0.9|Le Eolie fotografate dallo spazio]]
 
=== Agatocle nelle isole Eolie ===
Nell'anno 304 a.C.,<ref>Per l'anno vd.: {{Cita|Consolo Langher|p. 257}}.</ref> dopo aver concluso la pace con Cartagine e aver posto nuovamente sotto il suo dominio l'area greca di Sicilia, Agatocle, agevolato dal controllo che aveva sull'area di Messana, navigò verso le isole Lipari (odierne [[isole Eolie]]) e approdato [[Isola di Lipari|sulla più opulenta delle sette isole]] il dinasta aretuseo chiese agli abitanti di consegnargli le loro ricchezze, nella misura di 50 talenti d'argento;<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 101, 1}}.</ref> una mossa che Agatocle adottò affinché il suo dominio venisse riconosciuto sull'intera regione siciliana di lingua e costumi greci, isole comprese,<ref>Cfr. {{Cita|Gabba, Vallet|p. 338}}; {{Cita|Consolo Langher|p. 257}}.</ref> e che gli consentiva inoltre di risollevarsi dagli oneri della guerra.<ref>La R. Deputazione, ''Archivio storico per la Sicilia'', vo. 9, 1943, p. 29.</ref> Gli fu risposto che doveva concedere tempo ai Liparesi poiché essi non avevano quel denaro e non osavano andarlo a prendere dalle offerte dei templi, poiché mai avevano mutato le cose sacre in profane.<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 101, 2}}.</ref>
 
Agatocle non volle sentire ragioni e fece uscire dal [[pritaneo]] il metallo prezioso che, essendo materiale votivo, recava incise le dediche per gli dei [[Eolo]] ed [[Efesto]] ([[Vulcano (divinità)|Vulcano]]).<ref name="diod.sette" /> Fatto ciò si allontanò dall'arcipelogo, ma una violenta tempesta con venti fortissimi, creata, secondo la tradizione, dall'ira del dio Eolo - che era il protettore delle Lipari, poiché esse erano state la sua dimora - appositamente per punire il sacrilegio di Agatocle, fece sprofondare sott'acqua le 11 navi cariche di denaro.<ref name=diod.sette>{{Cita|Diod. Sic.|XX 101, 3}}.</ref> E, aggiunge Diodoro, non solamente il dio dei venti trovò la sua vendetta, ma anche il dio del fuoco, Efesto, farà pentire amaramente Agatocle delle sue malefatte (Agatocle, in seguito, quando era sul punto di morire, ma ancora cosciente, sarebbe stato arso vivo sopra ardenti carboni, per volere di Efesto).<ref name=diod.sette/>
 
=== Campagne belliche in Italia e in Adriatico (301-295 a.C.) ===
==== Breve cenno al contesto italico ====
Corrisponde al periodo in cui Agatocle decise di recarsi con il suo esercito in [[Magna Grecia]] ([[301 a.C.|301]]/[[300 a.C.]]<ref>{{Cita|Consolo Langher|p. 75}}.</ref>) la fine della spedizione in quel luogo del principe [[Sparta|spartano]] [[Cleonimo]] (fratello minore di quell'Acrotato che circa un decennio prima aveva cercato di spodestare Agatocle dal governo di Siracusa), il quale era stato mandato a chiamare da [[Taranto]] ([[302 a.C.]] circa<ref>Vd. {{Cita|G. Marasco|p. 99, n. 8}}.</ref>) affinché l'aiutasse a tenere a bada i [[Lucani]] e i [[Roma (città antica)|Romani]];<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 104, 1}}.</ref> questi ultimi erano stretti alleati dei Lucani (un'alleanza tuttavia che non sarebbe durata, poiché proprio Taranto presto li avrebbe aizzati contro i Romani<ref name=sirago>Cfr. vicenda in [[Vito Antonio Sirago]], [[Giuliano Volpe]], ''Puglia romana'', 1993, pp. 39, 40; [[Marta Sordi]] (a cura di), ''Fazioni e congiure nel mondo antico'', 1999, p. 147.</ref> ) e non avevano ancora avuto grosse ingerenze con il mondo magnogreco - a parte la caduta di [[Napoli|Neapolis]] che però aveva interessato solo la [[lega italiota]], capitanata dalla stessa Taranto (dopo Dionisio I Siracusa non aveva più avuto rapporti con la lega), la quale aveva deciso in quell'occasione di non fare nulla.<ref name=sirago/>
 
[[File:Tomba lucana Paestum IV sec. a.C.png|thumb|upright=1.1|left|Guerrieri lucani a cavallo (affresco di [[Paestum]] IV sec. a.C.). I Lucani erano alleati dei Romani e secondo Strabone sarebbero stati loro a far giungere Agatocle in Italia]]
 
Essendo quello lucano-tarantino un conflitto che riguardava essenzialmente le antiche lotte interne dei loro alleati italici, i Romani decisero di non impegnare più di tanto le proprie forze nello scontro con i Tarantini<ref name=sanctisdue>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 240}}.</ref> e del resto in quei frangenti erano quasi del tutto presi dalle [[Guerre sannitiche|guerre contro i Sanniti]] - quando giungeva Agatocle i Romani avevano da poco terminato in maniera vittoriosa la seconda di tali guerre contro il popolo barbarico.<ref name=sanctisdue/> Sconfitti dunque insieme ai Lucani, i Romani stipularono un trattato di pace con la Taranto dello Spartano; con esso si impegnavano a non avvicinarsi alla zona d'influenza commerciale tarantina.<ref>App., Samn. 7, 1 (= H. H. Schmitt, Die Staatsvertràge des Altertums, IIt, Mùnchen 1969, nr. 444 con bibliografia: cit. {{Cita|G. Marasco|p. 98}}.</ref> Cleonimo proseguì la sua spedizione in Magna Grecia e ad un certo punto si portò nella costa adriatica riuscendo a conquistare il nodo strategico di [[Corcira]]. Egli sarebbe poi entrato in conflitto con i Tarantini e la sua missione finì per prendere una piega diversa.<ref>Per approfondire la vicenda di Cleonimo vd.: G. Marasco, ''La campagna di Cleonimo in Adriatico'', 1984, e Marta Sordi ''Cleonimo nella laguna veneta'', 2000.</ref>
 
==== L'arrivo di Agatocle in Magna Grecia ====
Non sembra improbabile, anzi tutt'altro, che l'improvvisa partenza di Cleonimo abbia a che vedere con l'arrivo di Agatocle.<ref name=langherquattro>Cfr. {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 75}}.</ref> Il basileus, adesso ufficialmente riconosciuto tale, dopo aver reso tributarie le Lipari si apprestava a ripercorrere le orme di Dionisio I sbarcando con propositi egemonici nelle coste dell'odierna [[Calabria]]; come fece il tiranno circa cento anni prima (''in ltaliam transcendit, etcemplum Dionysii secutus'').<ref>{{Cita|Giustino|XXIII 1, 1-2}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher|p. 75}}; {{Cita|G. Marasco|p. 99}}.</ref>
 
Agatocle aveva già numerosi contatti con il mondo magnogreco e anche con quello barbarico dell'[[Italia antica]]: aveva, ad esempio, difeso ai tempi del suo primo esilio Crotone e Reggio dall'oligarchia siracusana ed era stato uno dei generali di Taranto; numerose anche le testimonianze di rapporti di complicità con i popoli italici durante la sua ''dinasteia'': con [[Bruzi]] ed [[Etruschi]] soprattutto. Non stupisce quindi di ritrovarlo in Italia, con il suo esercito accampato nell'estrema [[Bruzio|regione bruzia]] settentrionale;<ref name=langherquattro/> del resto la volontà egemonica di Agatocle non era certo una novità. Tuttavia molto più complesso appare capire la precisa motivazione che spinse il basileus a lasciare nuovamente la Sicilia: Agatocle quando partiva per una spedizione aveva sempre delle solide motivazioni a suo supporto (come fu per gli attacchi alle città siceliote e lo sbarco in Africa, motivati dalla necessità di sconfiggere il nemico oligarchico e dal minare la solidità di Cartagine).
 
[[File:Metopa of funerary monument with solders in soft stone.jpg|miniatura|[[Metopa]] tarantina in onore di un soldato caduto (epoca ellenistica)]]
 
Secondo Giustino, Agatocle andò in Italia per combattere i Bruzi, suoi precedenti alleati; Diodoro conferma solo per metà l'affermazione timaica, poiché nei frammenti del suo XXI libro non si accenna al motivo che spinse Agatocle a venire in Italia ma lo si ritrova già sulla sponda Adriatica ed è a questo punto che si scopre che il basileus aveva precedentemente lasciato l'esercito siracusano ai confini del territorio tarantino<ref name=langherquattro/> sotto il comando di suo figlio Agatarco (da non confondere con Arcagato; il primogenito morto in Africa per mano dei suoi soldati circa un quinquennio prima).<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 3, 1}}.</ref> Gli unici spunti offerti dal frammento diodoreo sono l'improvvisa alienazione dei Bruzi nei confronti di Agatocle, per via di una sua azione ritorsiva nei confronti di mercenari italici, e il conseguente scoppio della guerra territoriale tra Bruzi e Siracusani (tutto ciò però si verificò dopo che Agatocle fece ritorno dal mare Adriatico, per cui si è già nella seconda fase della sua spedizione italica).
 
[[Strabone]] offre un differente punto di vista: lo storico di Amasea colloca il nome di Agatocle tra i generali e i re chiamati da Taranto per combattere i nemici della polis magnogreca; in particolare contro Lucani e [[Messapi]]. Il suo nome viene posto in un elenco cronologico dopo Cleonimo e prima di [[Pirro]]; appare quindi evidente che secondo Strabone Agatocle si trovava in Italia perché aveva risposto alla chiamata d'aiuto giunta dai Tarantini.<ref>[[Strabone]], VI 3, 4, p. 280. Cfr. {{Cita|G. Marasco|p. 101}}.</ref> La notizia straboniana però mal si concilia con un'altra notizia fornita da Diodoro: lo storico di Agira narra che Cleonimo durante la sua spedizione in Magna Grecia, dopo aver pacificato Lucani e Romani, aveva intenzione di dirigere le sue forze belliche contro il regno siracusano di Agatocle;<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 104, 4}}.</ref> dunque un premeditato sbarco in Sicilia, il quale, secondo diversi studiosi moderni, potrebbe avere avuto tutto l'appoggio di Taranto<ref>Cfr. {{Cita|Giovanna De Sensi Sestito|p. 50}}; {{Cita|G. Marasco|pp. 101-102}}.</ref> (che non era estranea a simili colpi di scena: sentendosi minacciata anche da Agatocle già in passato aveva mandato le sue navi contro Siracusa con il sostegno di Acrotato<ref>{{Cita|Diod. Sic,|XIX 77, 8}}.</ref>). A ciò si aggiunga che dopo Cleonimo difficilmente i Lucani potevano impensierire i Greci, poiché erano stati fortemente debilitati (secondo [[Tito Livio]] nel [[298 a.C.]] i Lucani erano minacciati dai Sanniti e andarono a chiedere l'aiuto di Roma; il loro pensiero non sembra quindi più rivolto contro Taranto).<ref>{{Cita|G. Marasco|pp. 101-102}}.</ref> Né del resto si hanno notizie di contrasti tra Lucani e Siracusani. Tuttavia molti studiosi ritengono veritiera e probabile l'affermazione di Strabone.<ref>Cfr. {{Cita|Giovanna De Sensi Sestito|p. 50, n. 117}}; {{Cita|G. Marasco|p. 101, n. 22}}.</ref>
 
Se si vuol dare fede alla notizia di Giustino, a chiamare Agatocle in Italia furono i Greci della Calabria (il quale usa il termine «implorato»: Agatocle fu implorato di passare in Italia):<ref>{{Cita|Giustino|XXIII 1, 17}}.</ref> i Bruzi non erano legati da alcun trattato a Roma, non erano quindi immischiati nelle vicende dei confini magnogreci che impegnavano gli altri popoli barbarici, né Taranto poteva impensierirli, poiché essa difficilmente poteva farsi promotrice della difesa dell'ellenismo e andare oltre gli interessi di città greche a lei vicine come [[Turii]] e [[Metaponto]]<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 241}}.</ref> (i fatti di Neapolis avevano ormai mostrato il decadimento egemonico della polis tarantina<ref>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito|pp. 49-50}}.</ref>). Gli Italioti quindi si rivolsero al re Agatocle per contrastare quello che Giustino definisce il popolo «più coraggioso e prospero» dell'Italia barbarica<ref>{{Cita|Giustino|XXIII 1, 3}}.</ref> (furono i Bruzi, difatti, a uccidere lo zio di Alessandro Magno, [[Alessandro I (re dell'Epiro)|Alessandro I d'Epiro]], il quale era giunto anni prima nella loro capitale, Cosentia<ref>{{Cita|Giustino|XXIII 1, 15}}. {{Treccani|alessandro-il-molosso-re-d-epiro_(Enciclopedia-Italiana)/|Alessandro il Molosso, re d'Epiro}}</ref>).
 
Altri studiosi hanno preferito conciliare le due notizie: quella timaica e quella straboniana, asserendo che Agatocle giunse in Italia per contrastare i Bruzi e in seguito rispose anche alla richiesta dei Tarantini.<ref>Es. Helmut Berve in {{Cita|G. Marasco|p. 101, n. 22}}.</ref>
 
[[File:Mediterraneo centrale 300 a.C. - epoca di Agatocle.png|thumb|upright=2.3|Situazione del Mediterraneo nell'epoca di Agatocle: sue mosse, sue allenaze e suoi scontri in Italia, nello Ionio e nell'Adriatico dopo la fine della guerra civile (300 a.C. circa)]]
 
Afferma la Langher - una delle principali studiose contemporanee del periodo agatocleo<ref>''Tyrannis, Basileia, Imperium'', ''Giornate seminariali in onore di S. Nerina Consolo Langher'' (a cura di), Pelorias, 2007.</ref> - sulle intenzioni del basileus in Italia:
 
{{Citazione|Queste operazioni si incentravano in un programma strategico che prevedeva la imposizione di guarnigioni nelle zone focali del territorio italiota, in funzione antibruzia, ma anche antipunica, onde garantire la fedeltà a Siracusa da parte dei centri greci più importanti [...] L'obiettivo era la [[talassocrazia]] sul basso Adriatico, e lungo le rive di entrambi i versanti ionico e tirrenico dell'Italia.<ref>{{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 75}}.</ref>|}}
 
I Bruzi, afferma Giustino, appena seppero dell'arrivo di Agatocle si preoccuparono e temendo la sua forza militare si affrettarono a mandargli ambasciatori, chiedendogli alleanza e amicizia.<ref>{{Cita|Giustino|XXIII 2, 1}}.</ref> Agatocle allora approfittò della loro disponibilità e li invitò a cena, affinché gli ambasciatori bruzi non vedessero che egli nel frattempo stava facendo traghettare il suo esercito nella loro terra.<ref name=giustino.tre>{{Cita|Giustino|XXIII 2, 2}}.</ref> Disse ai diplomatici dei ''barbaroi'' che si sarebbero rivisti l'indomani, ma non si presentò all'appuntamento, poiché era già salpato su una delle sue navi per raggiungere i suoi uomini armati. Così Agatocle ingannò i Bruzi, i quali avevano sperato di poter evitare lo scontro con i Siracusani.<ref name=giustino.tre/>
 
Purtroppo è impossibile ricostruire in maniera più dettagliata gli eventi di Agatocle in Italia fino alla sua decisione di sbarcare a Corcira, poiché Giustino non conosce null'altro di questa spedizione e il frammento di Diodoro dice troppo poco al riguardo.<ref>Cfr. {{Cita|Giovanna De Sensi Sestito|p. 50}}; {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 242}}.</ref>
 
==== Il basileus in Adriatico: lo scontro con Cassandro ====
Molteplici i motivi che spinsero Agatocle a navigare in assetto da guerra sul [[mare Adriatico]]. La notizia fornita da Diodoro offre infatti numerosi spunti per cercare di cogliere al meglio la situazione geopolitica, di assoluto respiro internazionale, nella quale Agatocle era ormai pienamente coinvolto.
 
Nel [[299 a.C.]] i Siracusani di Agatocle ingaggiarono uno scontro navale con i [[Regno di Macedonia|Macedoni]] di [[Cassandro]] per il possesso di Corcira (odierna [[Corfù]]);<ref name=diod.dieci>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 2, 1}}.</ref> o meglio per la sua difesa. L'isola si trovava in quel momento sotto l'assedio del re macedone;<ref name=diod.dieci/> egli forse l'aveva sottratta al principe spartano Cleonimo<ref name=langher2000uno>{{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 74}}.</ref> (con il quale aveva tentato di stringere alleanza intorno all'anno 302 a.C., quando cioè lo Spartano era alla guida di Taranto<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XX 105, 1}}. Cfr. {{Cita|G. Marasco|p. 98, n. 4}}; {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 74}}.</ref>), oppure l'aveva trovata indifesa, ad ogni modo l'assediò per mare e per terra.<ref>Sui precedenti rapporti tra Cassandro e l'area adriatica vd.: {{Cita|Maria Intrieri|pp. 432-438}}.</ref>
 
Il Macedone, come lo era stato prima lo Spartano, era vicinissimo all'antica zona d'influenza commerciale dei Siracusani, la quale era rimasta incustodita dopo la caduta dei Dionisii e se Agatocle non si fosse presentato nuovamente in Adriatico a reclamarne il possesso, essa sarebbe passata saldamente nelle mani dei nuovi contentendi;<ref name=langher2000uno/> così non fu però, perché, come informa Diodoro, i Siracusani affrontarono e sconfissero nelle acque di Corcira il re di Macedonia e i suoi soldati.
 
{{Doppia immagine verticale|sinistra|Cassandro.png|Македонски штит од Бонче.jpg|140|Effigie di Cassandro, figlio di [[Antipatro (generale)|Antipatro]], [[satrapo]] di Alessandro Magno e re di Macedonia|Scudo macedone con il [[Sole di Verghina]], simbolo del [[Regno di Macedonia|regno comandato da Cassandro]]}}
 
Mentre i Macedoni assediavano i Corciresi, i soldati di Agatocle riuscirono a dar fuoco all'intera flotta di Cassandro,<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 2, 1}}.</ref> generando il panico nell'esercito macedone, il quale prima cercò di salvare le navi dalle fiamme e poi si sparpagliò per l'isola. Agatocle dopo aver sbarcato i suoi uomini a Corcira non annientò totalmente, come invece poteva fare, i Macedoni, a causa di un mancato messaggio (di cui non è pervenuto il testo) che lo avvisava dello sbandamento dell'avversario.<ref name=diod.nove>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 2, 3}}.</ref> Il basileus siracusano eresse un trofeo sulla spiaggia e pose Corcira sotto la sua sorveglianza armata.<ref name=diod.nove/><ref>{{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 180}}; {{Cita|Maria Intrieri|p. 442}}.</ref>
 
Diodoro informa dell'orgoglio che provarono i Siracusani a seguito di questa vittoria, in quanto potevano dire di essere stati i soli ad aver sconfitto le lance dei Macedoni, le quali avevano sottomesso l'[[Asia]] e l'[[Europa]].<ref name=diod.dodici>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 2, 2}}.</ref> Essi con questa vittoria dimostravano ai Greci che i Sicelioti erano non soltanto superiori ai Cartaginesi e ai popoli barbarici dell'Italia, ma persino ai Macedoni: la più grande potenza dell'epoca.<ref name=diod.dodici/> E Agatocle poteva altresì affermare di essere stato il solo re greco ad aver sconfitto un basileus macedone nell'età dei Diadochi.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher (1992)|p. 120}}; {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 176, 179}}.</ref>
 
[[File:Ptolemy I or II, perhaps Terenuthis, Egypt, Early Ptolemaic Period, 323-246 BC - Royal Ontario Museum - DSC09764.JPG|thumb|upright=1.0|Il basileus macedone Tolomeo scolpito in [[Arte egizia|stile egizio]] (III sec. a.C., Royal Ontario Museum)]]
 
Poiché Agatocle giunse a Corcira come «salvatore» o «difensore»<ref>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 2, 1}}. Trad. {{Cita|Maria Intrieri|p. 438}}.</ref> è desumibile che egli sia stato chiamato da qualcuno per fermare i propositi di Cassandro. Secondo diversi studiosi dietro questa richiesta di soccorso vi era il lagide Tolomeo Sotere, basileus d'Egitto.<ref group=N>Non la pensa così il De Sanctis che sostiene invece che uno scontro tra Agatocle e Cassandro fosse inevitabile poiché uno, Agatocle, aveva da sempre rappresentato la speranza per i democratici mentre l'altro, Cassandro, lo era stato per gli oligarchici. Il De Sanctis sostiene inoltre che la capitale macedone, [[Pella (città antica)|Pella]], fosse stata persino sede di onorato rifugio per gli oligarchici siracusani durante la guerra civile; viceversa, Siracusa lo era stata per i democratici di Pella. Cfr. {{Cita|Gaetano De Sanctis|pp. 243-244}}.</ref> Agatocle aveva intrecciato rapporti con la corte tolemaica già durante il suo secondo anno di guerra in Africa, i quali furono poi rinsaldati con il matrimonio tra il Siracusano e la figlia adottiva del Lagide, Teossena (la quale era, tra l'altro, anche parente di Cassandro<ref>La madre di Teossena, [[Berenice I]], regina d'Egitto, era figlia di [[Antigone di Macedonia|Antigone]], cugina di Cassandro, in quanto nipote del generale Antipatro.</ref>).
 
Niente di strano quindi se Tolomeo, il quale aveva già mostrato di non gradire la vicinanza di Cassandro nell'occidente greco (vanno ricordate in tal senso le incursioni del satrapo d'Egitto contro lo stratego d'Europa proprio nel momento della siglata [[Alleanza tra Agatocle e Ofella#Connessioni con il conflitto tra Cassandro e Tolomeo|alleanza tra Agatocle e Ofella]]<ref>Cfr. al riguardo: {{Cita|Edouard Will (1964)|p. 330}}; {{Cita|Consolo Langher (1992)|p. 104}}.</ref>), abbia chiesto ad Agatocle di intervenire per evitare che il nodo strategico di Corcira finisse in mano alla Macedonia.<ref>Su un possibile intervento di Tolomeo nella vicenda di Corcira vd. {{Cita|Consolo Langher (2000)|pp. 75-79}}; {{Cita|Maria Intrieri|p. 439 e n. 50}}. Vd. anche ''Hesperìa 17'', 1990, p. 145.</ref> Da Corica all'Italia, e da lì alla Sicilia, il passo era infatti brevissimo (come del resto aveva già dimostrato lo spartano Cleonimo).<ref group=N>Tuttavia Cassandro potrebbe non avere avuto intenzioni egemoniche verso la grecità occidentale, piuttosto i suoi confini ideali si sarebbero fermati all'area [[Illiria|illirica]] e [[Corinto|corinzia]]. vd. a proposito: {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 179, n. 32}} e in maniera più approfondita l'''excursus'' di Cinzia Bearzot: {{Cita web|url=http://www.fupress.net/index.php/prometheus/article/viewFile/16813/15696|titolo=Pirro e Corcira nel 295 a.C.|accesso=7 luglio 2017}}, pp. su Cassandro: 248-257.</ref> Un'altra possibilità che non si può escludere è che a chiamare Agatocle siano stati gli stessi Corciresi; sempre in funzione anti-macedone.<ref>{{Cita|Maria Intrieri|p. 439}}.</ref>{{#tag:ref|Va tenuto presente a tal proposito che i Corciresi avevano molti legami con i Siracusani: secondo una tradizione essi avrebbero avuto anche lo stesso [[ecista]]; afferma infatti Strabone che fu il corinzio [[Archia (ecista)|Archia]], l'ecista dei Siracusani, a fondare Corcira.<ref>Così [[Strabone]], VI 2, 4, p. 269-270.</ref> Inoltre furono i Corciresi a riscattare i soldati siracusani fatti prigionieri dagli Atenisei nella loro isola, a seguito di una sconfitta subita insieme a Sparta, sotto Dionisio I; essi si fecero “garanti” dei Siracusani. Significativi precedenti tra le due ''polis'' non mancavano.<ref>L'episodio è narrato da [[Senofonte]] nelle ''[[Elleniche]]'', VI 2, 36. Vd. anche (su Corcira, Siracusa, Dionisio e Agatocle) {{Cita web|url=http://www.academia.edu/3556432/Corcira_fra_Corinto_e_lOccidente_rapporti_e_sincronismi_di_colonizzazione|titolo=Corcira fra Corinto e l'Occidente:rapporti e sincronismi di colonizzazione|accesso=9 luglio 2017}}.</ref>|group=N}} Ovviamente anche Agatocle aveva i suoi solidi interessi nello Ionio (la già citata tradizionale presenza siracusana in Adriatico e inoltre la necessità di evitare che l'isola divenisse una base operativa per operazioni ostili nei confronti dei Siracusani), per cui intervenne tempestivamente.<ref>Cfr. {{Cita|Maria Intrieri|pp. 439-440}}; {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 76}}.</ref>
 
Il controllo del [[canale d'Otranto]] presidiato da un lato dalle popolazioni apule (con le quali Agatocle stringerà patti di alleanza) e dall'altro dalle [[isole Ionie]] era fondamentale per permettere alle navi siracusane una tranquilla navigazione verso l'alto Adriatico; zona di sicura influenza siracusana.<ref>{{Cita|G. Marasco|pp. 108-110}}; {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 76}}.</ref> In tale contesto va notato come si risvegli proprio al tempo di Agatocle la circolazione della moneta siracusana nelle zone dell'alta Italia (monete di Agatocle sono state rinvenute a [[Padova]], [[Verona]], in altri centri della [[pianura padana]] e persino [[Alpi|oltralpe]] in [[Svizzera]]), a dimostrazione che i Siracusani dopo Corcira erano tornati nelle loro antiche aree di colonizzazione dionisiana,<ref>Sulle intenzioni di Agatocle nell'alta Italia, che non erano colonizzatrici, come al tempo di Dionisio, ma commerciali, vd. {{Cita|G. Marasco|pp. 108-110}}.</ref> tramite una rotta che da Corcira giungeva alle zone fluviali e da lì nell'entroterra adriatico.<ref>Cfr. {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 77}}; {{Cita|G. Marasco|p. 109}}. Vd. anche: Benedetta Rossignoli, ''L'Adriatico greco: culti e miti minori'', 2004, p. 381.</ref>
 
{{Citazione|L'episodio di Corcira in definitiva indica assai efficacemente come l'Adriatico, con le sue isole e le sue coste, costituisse intorno al 300 a.c. un crogiuolo in cui si coagulavano i molteplici interessi di Macedonia, Epiro, Siracusa ed Egitto e dei loro dinasti Cassandro, Agatocle, Tolomeo, Pirro, Neottolemo.<ref>{{Cita|Consolo Langher (1992)|p.125}}.</ref>|}}
 
==== Il possesso delle isole Ionie e i propositi sull'Epiro ====
[[File:Ionian Islands.svg|thumb|upright=1.1|left|Le isole Ionie evidenziate di giallo: Corcira, Paros, Leucade, Itaca, Cefalonia e Zacinto]]
[[File:20140412 cpt artistidis450.JPG|thumb|upright=1.2|Itaca che Plutarco dice essere stata sede delle incursioni agatoclee]]
{{Citazione|[...] viene narrato che il tiranno di Siracusa [Agatocle], con tono derisorio e in segno di beffa, avrebbe risposto ai Corciresi “che gli chiedevano perché saccheggiasse la propria isola: «Per Zeus! Perché i vostri antenati hanno accolto [[Ulisse]]», e alle genti di Itaca che si lamentavano ugualmente di vedere i suoi soldati derubare le loro greggi: «Ma il vostro re, quando venne presso di noi, accecò per di più il pastore».”|[[Plutarco]], ''De sera Numinis vindicta''.<ref>Plut. 12=''Mar''. 557b-c. Trad. ita in {{Cita|Maria Intrieri|p. 442}}.</ref>}}
Il pungente dialogo che Agatocle ebbe con gli abitanti di Corcira e di [[Itaca]] è molto importante per due motivi: anzitutto rivela che il basileus non limitò il suo raggio di azione alla sola Corcira ma, com'era logico che fosse, navigò e approdò anche nelle isole vicine. Inoltre grazie a Plutarco viene rivelata una tradizione ostile ad Agatocle:<ref>{{Cita|Maria Intrieri|pp. 442-443}}.</ref> il popolo che aveva salvato, improvvisamente si trova da esso attaccato (probabili polemiche corciresi sorte a causa della presenza armata e invasiva dei Siracusani,<ref group=N>Sul comportamento di Agatocle con i Corciresi: {{Citazione|La scioccante risposta messa in bocca al tiranno sembrerebbe, infatti, mirata a spostare il rapporto fra la ''polis'', o meglio la terra che egli con le sue truppe rappresenta, e i Corciresi su un piano altro, oppositivo, rispetto a quello del legame di συγγένεια, rinnovato al tempo di Timoleonte, e al quale i Corciresi, a mio parere, dovevano aver fatto appello.|{{Cita|Maria Intrieri|p. 443.}}}}</ref> mascherata da reminescenze epiche<ref name=landintrieri>{{Cita|Landucci Gattinoni|p. 158}}; {{Cita|Maria Intrieri|p. 443}}.</ref>).
 
Agatocle viene descritto come il «rappresentante delle forze 'barbare' siciliane»,<ref>Cit. Vattuone in {{Cita|Maria Intrieri|p. 443}}.</ref> poiché sia a Corcira che ad Itaca critica l'operato di Ulisse e rammenta agli Ioni i torti che i siciliani (nella figura di [[Polifemo]]<ref name=landintrieri/>) avevano subito oltre mezzo millennio prima a causa del loro re (un'inedita lettura negativa della figura di Odisseo/Ulisse, grazie alla quale Agatocle assumeva una sorta di «diritto di precedenza» per la conquista delle Ionie, poiché doveva rimediare all'antico torto subito dall'eroe [[Achei|acheo]]<ref>Per una critica nata in ambiente corcirese vd. {{Cita|Landucci Gattinoni|p. 158}}. Critica nata ad Atene, ad opera di Siracusani, vd. {{Cita|Maria Intrieri|p. 443}}. Per il concetto di diritto di precedenza vd. {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 186}}.</ref>). Dietro questa narrazione dei fatti vi è molto probabilmente la mano di un esiliato da Agatocle: gli indizi ricadono sul poeta [[Parodia|parodico]] siracusano di nome Beoto; costui era noto per la sua familiarità con i versi di [[Omero]] e si trovava esiliato ad Atene perché, come afferma [[Alessandro Etolo]], vi era giunto costretto «dal cuore feroce di Agatocle»<ref>[[Polemone di Ilio]], ''FHG'' III F 45=Ath. 15, 698a. Cfr. {{Cita|Maria Intrieri|p. 443}}.</ref> (la stessa insolita negatività per i personaggi dell'''[[Odissea]]'' si ritrova in [[Duride di Samo|Duride]], che significativamente è l'autore delle ''Storie su Agatocle''<ref name=landintrieri/>). Proprio il poeta esiliato ad Atene potrebbe inoltre essere stato d'ispirazione per un'altra nota figura avversa al dinasta: il tauromenita Timeo, il quale si trovava anch'egli in esilio nella capitale [[attica]], sempre a causa di Agatocle.<ref>{{Cita|Maria Intrieri|p. 444}}.</ref>
 
Plutarco nomina una terza città in contesto ionico assediata da Agatocle, della quale però tace il nome;<ref>''Reg. et Imp. Apoph.'' 3=''Mor.'' 176e. Cfr. {{Cita|Maria Intrieri|p. 444}}; {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 79}}.</ref> essa potrebbe essere [[Leucade (isola)|Leucade]] (posta tra Corcira e Itaca), in quanto si apprende da un passo di [[Democare]], conservato da [[Ateneo di Naucrati]], che l'isola ionia aveva ospitato la figlia di Agatocle, [[Lanassa]], la quale era in viaggio con il suo nuovo sposo, il re macedone [[Demetrio Poliorcete]], per giungere ad Atene, approdando prima a Leucade e poi a Corcira;<ref>[[Democare]], in Aten., VI, 253, b-c. Cfr. {{Cita|Maria Intrieri|p. 444}}.</ref> l'isola che la Siracusana già nel [[295 a.C.]] aveva portato in dote a Pirro.
 
[[File:Lefkada emblem.jpg|thumb|upright=0.8|I Pegasi di Leucade, rinvenuti in grande quantità sulla costa sud-orientale della Sicilia]]
 
Tale indizio unito al ritrovamento in Sicilia di un imponente numero di conii provenienti da Leucade,<ref>{{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 79}}.</ref> lascia supporre che Agatocle avesse assoggettato anche questa isola, per poterne disporre ed eventualmente donarla, al fine di concludere proficue alleanze, come sembra testimoniare Democare.<ref>Sul possesso anche di Leucade vd. {{Cita|G. Marasco|p. 99 e n. 11}}; {{Cita|Maria Intrieri|p. 444}}; {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 79}}; {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 180 e n. 39}}.</ref>
 
È altrettanto probabile, data la vicinanza a Itaca, che egli avesse preso [[Cefalonia]], la quale rientrava, tra l'altro, nel capitolo epico che i Corciresi, o i Siracusani in esilio,<ref group=N>Sulla rivisitazione dei testi epici con scopo politico da parte dei Siracusani: {{Citazione|Si potrebbe ipotizzare, allora, che tutti i lembi di racconto di argomento più o meno latamente ‘odissiaco’, pur frammentari, possano rimandare a un ambiente culturale omogeneo di matrice siracusana, abbastanza autonomo e spregiudicato da impugnare le più antiche tradizioni greche, mentre già si era consolidata, tra l’altro, la definitiva ambientazione ionica di Scheria e dell’Itaca odissiaca.|{{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 185}}.}}</ref> avevano usato per criticare le conquiste ioniche del basileus: nel ''[[Catalogo delle navi]]'', infatti, Ulisse compare come «''il capo dei Cefalleni che occupavano Itaca''»;<ref>Cit. in {{Cita|Maria Intrieri|p. 445, n. 91}}.</ref> isole che al tempo di Agatocle rispondevano comunque a Corcira; la principale. Se dunque lo scopo di Agatocle era la conquista del passato «regno di Odisseo»<ref>{{Cita|Maria Intrieri|p. 445}}.</ref> ci sono serie possibilità che egli non abbia trascurato nessuna delle principali isole.<ref>Sulla presa di Cefalonia si veda anche {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 180, n. 88}}.</ref>
 
Infine oggetto di discussione sono le intenzioni di Agatocle verso il [[regno d'Epiro]] che all'epoca era posto sotto il protettorato della Macedonia di Cassandro, il quale aveva imposto nel trono epirota un suo uomo di fiducia: [[Neottolemo II|Neottolemo]] (nipote di [[Filippo II di Macedonia]] e figlio del Molosso morto a Cosentia). Il protetto di Cassandro cacciò Pirro in esilio, il quale venne accolto ad Alessandria d'Egitto, alla corte di Tolomeo, che ambiva a rimetterlo sul trono d'Epiro.<ref>{{Cita|G. Marasco|pp. 104-105}}.</ref>
 
Stando a una notizia, definita controversa, di Polieno macedone, Agatocle con le sue truppe aveva organizzato una spedizione contro un luogo chiamato Φοινικήν che secondo alcuni sarebbe la nota [[Fenice (città)|città della costa epirota]], ma su ciò non vi è accordo, poiché secondo altri Polieno poteva riferirsi ad un centro della Sicilia o dell'Africa, date le numerose spedizioni militari organizzate e compiute dal Siracusano.<ref>{{Cita|Polieno|V 3, 6}}. Cfr. {{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 79}}; {{Cita|G. Marasco|p. 105 n. 46}}; {{Cita|Stefania De Vido (2015)|p. 180, n. 38}}. Al riguardo vd. anche G. Droysen, ''Geschichte des Hellenismus'', II, 1887-88, 2.</ref> Data la vicinanza con il territorio epirota è probabile che Agatocle vi abbia compiuto delle scorrerie,<ref>{{Cita|G. Marasco|p. 105}}.</ref> ma secondo il [[Gaetano De Sanctis|De Sanctis]] sarebbe stata una stoltezza, da parte di Agatocle, nutrire piani di invasione dell'Epiro o della Grecia, poiché egli stava mantenendo una fugace pace con i Cartaginesi che sarebbe terminata all'istante se i Siracusani avessero compiuto un'aggressione simile.<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 243}}.</ref>
 
==== Scontro con i Bruzi e presa di Crotone ====
[[File:Castiglione di Paludi Panorama.jpg|thumb|upright=1.4|Panorama del sito italico Castiglione delle Paludi, dove venne rinvenuta una grande quantità di monete di Agatocle]]
Di ritorno dall'Adriatico e diretto nuovamente in Italia, ad Agatocle giunse notizia di una rivolta di mercenari [[liguri]] ed [[etruschi]] posti sotto la guida di suo figlio Agatarco, i quali gli avevano richiesto con sedizione il denaro. Agatocle quindi ne fece mettere a morte circa 2.000. Questa azione gli inimicò i Bruzi.<ref name=diod.quattordici>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 3, 1}}.</ref> Il basileus allora per riportarli all'ordine cinse d'assedio la loro città, Ethe (o Ethai); suo probabile luogo di sbarco.<ref>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito (2015)|p. 17, n. 46}}.</ref>
 
Ma a nulla servì, poiché i Bruzi, che evidentemente nutrivano un forte senso di affiatamento e [[Camerata (politica)|cameratismo]] verso gli altri mercenari italici<ref name=sestitouno>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito (2015)|p. 18}}.</ref> (avendo anch'essi svolto il ruolo di mercenario per gli eserciti delle varie potenze dell'epoca<ref name=sestitouno/>), erano ormai decisi ad andare contro Agatocle, per cui raggrupparono un grande esercito e di notte attaccarono l'accampamento agatocleo, riuscendo a uccidere oltre 4.000 soldati siracusani, vendicando in questo modo l'eccidio del contingente mercenario.<ref name=diod.quattordici/>
 
Agatocle quindi lasciò Ethe, il cui sito archeologico corrisponde molto probabilmente con quello di [[Castiglione di Paludi]]: luogo ben fortificato che sorge a sud di Taranto, nell'odierno territorio [[Provincia di Cosenza|cosentino]] (nel lato ionico di quella che era l'area di maggiore forza per i Bruzi), a pochi chilometri dalla costa; qui infatti vennero rinvenute numerose monete agatoclee.<ref>{{Cita|Consolo Langher (2000)|p. 75}}.</ref> Agatocle dopo il massacro dei suoi uomini pose fine alla prima fase della sua spedizione in Italia e in Adriatico e se ne tornò a Siracusa. Da questo momento in avanti egli non nutrì più alcuna intenzione pacifica o amichevole nei confronti dei Bruzi.<ref name=diod.quattordici/> Infatti, quando nel 295 a.C. ritornò con nuove forze nel territorio italico, egli adoperò la forza contro le popolazioni barbariche della Calabria e in maniera preventiva anche contro le stesse città italiote.<ref name=diod.quindici>{{Cita|Diod. Sic.|XXI 4, 1}}.</ref>
 
Ufficialmente Agatocle era tornato in Italia perché aveva concluso un'alleanza con l'Epiro: Cassandro era morto nel [[297 a.C.]] e Pirro, dopo aver sposato una figliastra del re egizio Tolomeo, [[Antigone d'Epiro|Antigone]] (che era sorella della moglie di Agatocle, Teossena), si era legato alla corte tolemaica e aveva ottenuto il consenso e il sostegno di Alessandria per fare ritorno in Adriatico (secondo alcuni studiosi, dati gli stretti rapporti tra questi basilei, Agatocle prese parte alla lotta che rimise Pirro sul trono d'Epiro, anche se nelle fonti primarie non se ne è conservata memoria<ref>{{Cita|G. Marasco|p. 106 e n. 49}}.</ref>). Adesso il re epirota stava per contrarre il suo secondo matrimonio con la figlia di Agatocle: Lanassa, per cui il basileus siracusano era giunto con le sue navi a [[Crotone]] perché da qui, disse a [[Menedemo di Crotone|Menedemo]] - tiranno della polis e suo alleato -, stava per passare la scorta reale che accompagnava la principessa in Epiro; non doveva quindi allarmarsi Crotone alla vista dell'imponente sfilata della flotta siracusana<ref name=diod.quindici/> (ed effettivamente in epoca ellenistica la sposa veniva scortata da un vasto dispiegamento di mezzi militari<ref>{{Cita|Maria Intrieri|p. 448, n. 113}}.</ref>). Ma l'allentamento della tensione delle forze crotoniate faceva parte del piano di conquista di Agatocle: egli fece circondare completamente la polis e ci fece costruire un ''teichos'' (muro di legno), affinché i Bruzi, che controllavano il retroterra montano, non potessero correre in soccorso dei Crotoniati (Menedemo era infatti un amico dei Bruzi; con essi portava avanti una politica d'intesa).<ref name=sestitodue>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito (2015)|p. 18}}.</ref> Ricevuti con la forza all'interno della città, i Siracusani saccheggiarono le case e uccisero gli abitanti maschi. Dopodichè Agatocle lasciò un presidio armato e fece ritorno a Siracusa.<ref name=diod.quindici/><ref name=sestitodue/>
 
La traumatica presa di Crotone era anzitutto un messaggio per i Bruzi: Agatocle li aveva appena sottratto una delle città più ricche della Magna Grecia, con la quale essi avevano un florido rapporto commerciale<ref name=sestitodue/> (il porto di Crotone era infatti, dopo [[Porto di Taranto|quello di Taranto]], il più importante dell'Italia antica<ref>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito (2015)|p. 19}};</ref>), inoltre Agatocle, in ottica anti-punica, aveva bisogno di assicurarsi il totale controllo di Crotone (da qui l'atto di violenza), poiché essa era una delle città dove maggiormente confluivano i beni di prima necessità che Cartagine adoperava per militarizzarsi (il legno della [[Sila]], la pece, i minerali dell'alta [[Vallata dello Stilaro|valle dello Stilaro]])<ref>{{Cita|Giovanna De Sensi Sestito (2015)|p. 21}};</ref> ed era altersì fondamentale per assicurarsi il pieno controllo dell'area ionico-adriatica.<ref>{{Cita|Maria Intrieri|p. 448}}.</ref>
 
==== Alleanza con gli Apuli ====
{{...}}
 
==== Il legame con Pirro e Demetrio ====
{{...}}
 
==== ''Excursus'' su Agatocle e i Romani ====
[[File:Tivoli valle aniene sotto la cascata 1020879-81.JPG|thumb|upright=0.8|left|I monti di [[Tivoli]] vennero abitati dai [[Siculi]]; essi la fondarono. Notizia interessante che pone gli antenati dei Siracusani nella zona in cui in seguito sorse Roma; nel ''[[Latium vetus]]''{{#tag:ref|Non solamente Tivoli, i Siculi fondarono centri ancora più vicini a Roma come [[Gabi (città antica)|Gabi]].<ref name=alessandra.c.marta.s.>Alessandra Coppola, ''Archaiologhía e propaganda: i Greci, Roma e l'Italia'', 1995, cap. IV; [[Marta Sordi]], ''Scritti di storia romana'', 2002, pp. 171-175.</ref> Ma la loro presenza è anche attestata in Etruria: [[Pisa]] e [[Cerveteri|Cere]] sono secondo la tradizione fondazioni sicule.<ref name=alessandra.c.marta.s./> E in altri luoghi. Ulteriore attestazione sicula nelle fondamenta di una primissima Roma è data da [[Antioco di Siracusa]], il quale asserisce che [[Siculo (mitologia)|Siculo]], condottiero ed [[eponimo]] del suo popolo, proveniva dalla terza Roma, la più antica in ordine cronologico, il cui nucleo originario era composto da Siculi.<ref>Antioco ''FGrHist'' 555 F 9 in [[Dionigi di Alicarnasso|Dion. Hal.]], ''[[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]]'', I, 12, 3.</ref> Interessante il collegamento che gli studiosi moderni hanno fatto con l'epoca di [[Dionisio I]]; secondo loro infatti i Siracusani di Dionisio, in quel momento presenti in veste bellica in Italia, si erano molto interessati alla storia del popolo romano, [[Età dionigiana#Le origini di Roma e gli storici d'epoca dionisiana|legandosi ad esso]].<ref name=alessandra.c.marta.s./>|group=N}}]]
 
Non vi sono fonti primarie, tra quelle a noi pervenute, che attestino rapporti espliciti tra Agatocle e i Romani. Ciononostante, numerose fonti moderne hanno cercato di sopperire alla mancanza di informazioni antiche (in tal senso rimane compianta la perdita del testo diodoreo incentrato sulla spedizione italica di Agatocle che certamente avrebbe potuto rispondere a parecchie domande che con Giustino, data la sua estrema sintesi, sono rimaste insolute), basandosi sui singoli passaggi per tentare di chiarire alcune parti dell'ultima fase del percorso agatocleo.
 
Tale necessità ricostruttiva nasce dalla consapevolezza degli studiosi che riconoscono in Agatocle un personaggio decisamente spartiacque: egli rappresentò la fine e l'inizio di molti processi. Tra le novità del suo tempo rientrava certamente la crescente potenza di Roma. Secondo alcuni studiosi vi sono dei segnali che convergono sulla figura di Agatocle e questa progressiva espansione: il fatto che gli Etruschi, nel momento di massima difficoltà per il loro antico dominio che [[Guerre romano-etrusche|era stato ormai conquistato quasi del tutto dai Romani]], vengano ad aiutare Agatocle con le loro navi per consentirli di sbarcare nuovamente in Africa (ciò accadde nel 307 a.C.), è per alcuni un chiaro segno che l'[[Etruria]] vedeva in Agatocle l'ultima speranza per contrastare l'irrefrenabile ascesa romana.<ref>Cfr. al riguardo [[Marta Sordi]], ''Roma e i Sanniti nel IV secolo a. C.'', 1969, pp. 99-100; {{Cita|Decebal Nedu|p. 39}}. È invece contrario {{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 241, n. 1}}, il quale sostiene che l'aiuto etrusco fosse disinteressato.</ref>
 
Anche le alleanze che Agatocle ha stipulato con le popolazione apule (Iapigi e Peucezi) vengono interpretate in chiave anti-romana<ref>{{Cita| Giovanna De Sensi Sestito|p. 51}}.</ref> e c'è chi sostiene che alla fine gli interessi di Agatocle in Magna Grecia si sarebbero urtati, inevitabilmente, con quelli delle truppe romane.<ref>Così disse Allcroft A. H., Masom W. F., ''A history of Sicily 491-289 b. c.'', 1890, p. 163. Cit. in {{Cita|Decebal Nedu|p. 45, n. 48}}.</ref> Altri però auspicano prudenza nell'affermare una volonta anti-romana di Agatocle<ref>{{Cita|Decebal Nedu|p. 46}}.</ref> e altri ancora negano del tutto che il basileus siracusano possa aver nutrito delle intenzioni bellicose verso i Romani.<ref name=sanctistre>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 241, n. 1}}.</ref> Certamente l'egemonia di Agatocle sulla Magna Grecia era in contrasto con le intenzioni del popolo [[Lazio|laziale]],<ref name=sanctistre/> ma tra le due potenze a quel tempo non avvenne nessun contatto diretto (poteva forse esserci stato un contatto diplomatico;<ref>{{Cita|G. Marasco|p. 102}}: E. Bayer, ''Rom und die Westgriechen bis'' 280 v. Chr., in: ''Aufstieg und Niedergang der rómischen Welt'', I 1, Berlin-New Y ork L97 2, 338.</ref> difficilmente infatti la presenza di Agatocle in [[Puglia]] sarà sfuggita ai Romani<ref name=nedu.uno>{{Cita|Decebal Nedu|p. 46}}.</ref>).
 
Secondo il De Sanctis il basileus Agatocle non aveva alcun interesse a inimicarsi un popolo volitivo e pericoloso come quello romano,<ref name=sanctistre/> non in quel momento, il quale tra l'altro all'epoca non poteva minacciare in alcun modo il dominio marittimo e terrestre della regione posta sotto l'influenza di Siracusa. Per cui lo avrebbe ignorato;<ref name=nedu.uno/> ciò ovviamente non significa che Agatocle non fosse a conoscenza delle loro conquiste o che non ne avesse colto il potenziale in prospettiva futura, semplicemente in quegli anni egli aveva un nemico già ben più potente al quale dedicarsi: i Cartaginesi.<ref name=sanctistre/> Al riguardo sostiene sempre il De Sanctis che quando Agatocle, sul punto di morte, elesse suo erede il popolo di Siracusa, senza darli una guida, era cosciente che stava compromettendo irrimediabilmente la solidità di Siracusa che sconquassata da altre lotte intestine stavolta non si sarebbe ripresa, non potendo così adempiere al gravoso compito militare che invece l'avrebbe attesa da lì a poco: i Romani, oltre i Cartaginesi:
 
{{Citazione|E con la deliberazione che prese per vendicarsi di quel male che era impotente a rimediare preparò egli stesso lo sfacelo delll'impero da lui costituito, e ciò nel momento in cui questo impero sarebbe stato chiamato a una missione d'importanza gravissima, la lotta di rivincita col Fenicio per liberare la Sicilia e la lotta contro Roma per l'indipendenza dei Greci d'Italia. Troppo sagace era Agatocle per non intravedere gli effetti della sua vendetta.<ref>{{Cita|Gaetano De Sanctis|p. 247}}.</ref>|}}
 
=== Preparativi per un nuovo sbarco in Africa ===
[[File:Cervo Artemide.png|thumb|upright=1.1|Agatocle, afferma [[Aristotele]], prese dal collo del cervo di [[Diomede]] il monile bronzeo che l'eroe argivo aveva dedicato alla dea [[Artemide]] e a sua volta lo consacrò a Zeus]]
{{...}}
 
=== Lotte dinastiche e morte di Agatocle (289 a.C.) ===
{{...}}
 
== Regalità e discendenza di Agatocle ==
{{Citazione|Agatocle, quando seppe che i diadochi - [[Antigono]], [[Demetrio I Poliorcete|Demetrio]], [[Seleuco I|Seleuco]], [[Tolomeo I|Tolomeo]], [[Lisimaco]] e [[Cassandro]] - avevano deciso di fregiarsi del diadema, si proclamò egli pure [[Basileus|basiléus]], ritenendo di non essere per nulla a loro inferiore né quanto ad armamenti né quanto a possesso del territorio né quanto a imprese compiute.|[[Diodoro Siculo]], XX, 54, 1.<ref>Trad. in [[Lorenzo Braccesi]], Giovanni Millino, ''La Sicilia greca'', 2000, p. 176.</ref>}}
{{...}}
 
== La monetazione dell'età agatoclea ==
{{...}}
 
== Agatocle nella cultura di massa ==
{{S sezione|Siracusa|Antica Grecia}}
=== Plauto ===
Viene nominato nella commedia ''[[Pseudolus]]'' di [[Plauto]]. Simone, padre del protagonista Calidoro, dice a Pseudolo, suo servo:
 
{{Citazione|Se davvero, come vai proclamando, tu le compirai (riuscire ad affrancare l'amante di Calidoro, Fenicia, con le sue dracme), avrai superato quanto a valore il re Agatocle.}}
 
=== Machiavelli ===
[[Niccolò Machiavelli]] lo prese a modello per l'VIII capitolo de ''[[Il Principe]]'', dove parla di coloro che presero il potere attraverso i propri crimini.
{{Citazione|Agatocle Siciliano, non solo di privata ma di infima e abietta fortuna, divenne re di Siracusa. Costui, nato di uno figulo, tenne sempre, per li gradi della sua età, vita scellerata: nondimanco, accompagnò le sue scelleratezze con tanta virtù di animo e di corpo, che, voltosi alla milizia, per li gradi di quella pervenne ad essere pretore di Siracusa. [...] Non può chiamare virtù ammazzare è sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de' periculi, e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superare le cose avversa, non si vede perché egli abbia ad essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano; nondimanco, la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra gli eccellentissimi uomini celebrato.|[[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], ''[[Il Principe]]'' cap. VIII}}
 
== Curiosità ==
{{C|Notizie che non sono curiosità ma fanno pienamente parte della biografia di Agatocle: dietro questi matrimoni vi era una ponderata manovra politica, così come dietro la sua fine vi era un'altrettanta situazione complessa. Il passare ciò per semplice curiosità, invece di trattare gli argomenti in questione in maniera approfondita con le numerose fonti a disposizione, è un chiaro segnale che la voce non è stata formulata nella maniera giusta e che probabilmente chi l'ha compilata non si è prima documentato come si deve sul contesto storico che portò a tali "curiosità". Da rivedere.|storia|Aprile 2017}}
Quando si trattò di raggiungere i propri scopi, Agatocle fu spietato, ma fu considerato un tiranno popolare. Sposò [[Teossena]], figlia del [[faraone]] [[Tolomeo I]], e la figlia [[Lanassa]] sposò [[Pirro]], [[re dell'Epiro]]. Negli ultimi anni la sua salute peggiorò: è probabile che sia morto di vecchiaia, ma alcune fonti indicano che fu avvelenato da Arcagato e [[Menone]], con una penna d'oca che il tiranno utilizzava come stecchino. Durante la tremenda agonia, avrebbe restaurato la democrazia estromettendo il nipote dal potere.
 
== Note ==
=== Esplicative ===
<references group=N/>
 
=== Referenze ===
{{Note strette}}
 
== Bibliografia ==
=== Fonti primarie ===
;Le principali
* {{Cita libro|autore=[[Diodoro Siculo]]|titolo=[[Bibliotheca historica]], libri: XIX, XX, XXI|cid=Diod. Sic.}}
* {{Cita libro|autore=[[Marco Giuniano Giustino]]|titolo=Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi libri XLIV in epitomen redacti, libri: XXII, XXIII|cid=Giustino}}
* {{Cita libro|autore=[[Polibio]]|titolo=[[Storie (Polibio)|Storie]], librI XI, XII, XV|cid=Polibio}}
;Altre fonti primarie
* {{Cita libro|autore=[[Polieno (retore)|Polieno]]|titolo=Stratagemmi, Agatocle|cid=Polieno}}
* {{Cita libro|autore=[[Plutarco]]|titolo=[[vite parallele]]: notizie varie in ''vita di Pirro'' e ''vita di Demetrio''|cid=Plutarco}}
 
==== Contemporanei di Agatocle ====
* [[Callia di Siracusa]], ''Storia di Agatocle'', frammento.
* [[Duride di Samo]], ''Storia di Agatocle'', frammenti.
* [[Timeo di Tauromenio]], ''Historiai'', frammenti, libri: 34-38.
 
=== Fonti moderne ===
{{div col}}
* {{cita libro| Edouard | Will | wkautore= | Revue des Études Anciennes. Tome 6 | 1964| | capitolo=[http://www.persee.fr/docAsPDF/rea_0035-2004_1964_num_66_3_3727.pdf Ophellas, Ptolémée, Cassandre et la chronologie] | ISBN = | cid = Edouard Will (1964) | lingua=fr }}
* {{cita libro| Gaetano | De Sanctis | wkautore= Gaetano De Sanctis | Scritti minori, vol. 1 | 1970 | Ed. di Storia e Letteratura | capitolo=Agatocle | ISBN = no | cid = Gaetano De Sanctis }}
* {{cita pubblicazione |nome=Sebastiana Nerina|cognome=Consolo Langher|titolo=La politica di Agatocle e i caratteri della tradizione dal conflitto con Messana alla battaglia presso il fiume Himera (315-310 a.C.)|anno=1976 | rivista=Archivio storico messinese, Società messinese di storia patria|pp=29-61|cid=Consolo Langher| url=http://www.societamessinesedistoriapatria.it/archivio/34/02langher.pdf|accesso=22 aprile 2017}}
* {{cita libro | nome=| cognome=| editore=Società messinese di storia patria| anno=1980 | titolo=Archicio storico messinese. III Serie - Vol. XXXI - Anno 1980, vol. 38 (a cura di)| capitolo=Aspetti della storia di Agatocle nella tradizione diodorea - Diodoro e Duride| cid=Mariella Livoti}}
* {{cita libro | nome=Riccardo| cognome=Vattuone| editore=Nuova Italia | anno=1983 | titolo=Ricerche su Timeo: la "pueritia" di Agatocle| ISBN=9788822100597 | cid=Riccardo Vattuone (1983)}}
* {{cita pubblicazione |nome=G. Marasco|cognome=|titolo=Agatocle e la politica siracusana agli inizi del III secolo a.C.|anno=1984 | rivista=Prometheus, 10|pp=97-133|cid=G. Marasco| url=http://www.fupress.net/index.php/prometheus/article/viewFile/19066/17694|accesso=1 luglio 2017}}
* {{cita libro |nome=Jean-Paul|cognome=Riffaud | editore=Paris--Univ. de Paris IV-Sorbonne, U.E.R. d'hist. de l'art et d'archéol| anno=1989| titolo=Agathocles de Syracuse, 317-289 avant J.C.: témoignages numismatiques et historiques| url=|ISBN=no | lingua=fr|cid=}}
* {{cita pubblicazione |nome=Sebastiana Nerina|cognome=Consolo Langher|titolo=Oriente persiano-ellenistico e Sicilia, trasmissione e circolazione di un messaggio ideologico attraverso i documenti numismatici |anno=1990 | rivista=Revue des Études Anciennes |pp=29-44|cid=Consolo Langher (1990)| url=http://www.persee.fr/doc/rea_0035-2004_1990_num_92_1_4413|accesso=22 aprile 2017}}
*{{cita libro| Sebastiana Nerina Consolo Langher | | Archivio storico messinese, vol. 60, pp. 97-137 | 1992 | Società messinese di storia patria | capitolo=[http://www.societamessinesedistoriapatria.it/archivio/60/archivio%20storico%20messinese%2060.pdf Macedonia e Sicilia nell'età dei Diadochi e di Agatocle] | | cid = Consolo Langher (1992) }}
* {{cita libro |nome=Michael Francis Ierardi |cognome=| editore=University of California, Berkeley| anno1993| titolo=Agathokles of Syracuse and the Greek West: The Coinage| url=|ISBN=no| lingua=en|cid=}}
* {{cita libro | nome=Franca| cognome=Landucci Gattinoni| editore=L'ERMA di BRETSCHNEIDER| anno=1997 | titolo=Duride di Samo| capitolo=Le Storie su Agatocle| ISBN=9788870629859 | cid=Landucci Gattinoni}}
* {{cita libro | nome=(a cura di)| cognome=| editore=Centro Studi e Documentazione sull’Area Elima - Pisa, Gibellina| anno=2000 | titolo=Terze Giornate Internazionali di Studi sull’Area Elima| capitolo=Agatocle e la trasformazione di Segesta in Dikaiopolis| ISBN=88-7642-088-6 | cid=Giovanna Bruno Sunseri}}
* {{cita libro | nome=Sebastiana Nerina| cognome=Consolo Langher| editore=ETS| anno=1998 | titolo=Storiografia e potere: Duride, Timeo, Callia e il dibattito su Agatocle| ISBN=9788846701046 | cid=Consolo Langher (1998)}}
* {{cita libro | nome=Sebastiana Nerina| cognome=Consolo Langher| editore=Di.Sc.A.M. | anno=2000 | titolo= Agatocle: da capoparte a monarca fondatore di un regno tra Cartagine e i Diadochi | ISBN=9788882680046 | cid=Consolo Langher (2000)}}
* {{cita libro | nome=[[Herbert A. Cahn|Herbert Adolf Cahn]]| cognome=| editore=L'ERMA di BRETSCHNEIDER | anno=2000 | titolo= La moneta greca e romana | ISBN= 9788882650513 | cid=Herbert Adolf Cahn}}
* {{cita libro | nome=[[Lorenzo Braccesi]], Mario Luni (a cura di)| cognome=| editore=L'ERMA di BRETSCHNEIDER| anno=2002 | titolo=I greci in Adriatico| capitolo=Corcira e l'Adriatico negli equilibri interstatali del Mediterraneo tra il IV e III sec. (età di Agatocle e dei Diadochi)| ISBN=9788882651626 | cid=Consolo Langher (2002)}}
* {{cita libro | nome=Salvatore| cognome=De Vincenzo| editore=Walter de Gruyter| anno=2003 | titolo=Tra Cartagine e Roma: I centri urbani dell’eparchia punica di Sicilia tra VI e I sec. a.C.| ISBN=9783110290233 | cid=De Vincenzo}}
* {{cita libro | nome=Cinzia Bearzot, Franca Landucci Gattinoni (a cura di)| cognome=| editore=Vita e Pensiero | anno=2005 | titolo=Diodoro e l'altra Grecia: Macedonia, Occidente, Ellenismo nella Biblioteca storica : atti del convegno, Milano, 15-16 gennaio 2004 | capitolo=Fra Timoleonte e Agatocle | ISBN=9788834350065 | cid=Riccardo Vattuone }}
* {{cita libro |nome=Caroline|cognome=Lehmler| editore=Verlag Antike| anno=2005| titolo=Syrakus unter Agathokles und Hieron II.: die Verbindung von Kultur und Macht in einer hellenistischen Metropole| url=|ISBN= 9783938032077 | lingua=de|cid=}}
* {{cita libro | nome=Guido Schepens, Jan Bollansée (a cura di)| cognome=| editore=Peeters Publishers | anno=2005 | titolo=Du miel au café, de l'ivoire à l'acajou | capitolo=Polibio e gli storici contemporanei di Agatocle (Duride tra Polibio e Diodoro) | ISBN=9789042916586 | cid=Consolo Langher (2005)}}
* {{cita libro |nome=Günter|cognome=Pollach| editore=Ed. Fischer| anno=2008| titolo=Agathokles - der Tyrann von Syrakus: historischer Roman| url=|ISBN=9783899504002| lingua=de|cid=}}
* {{cita libro |nome=Decebal|cognome=Nedu| editore=| anno=2010 | titolo=Agathocles and the italic powers at the beginning of the 3rd century b.C.| url=http://revistapontica.files.wordpress.com/2011/09/pontica-43-pag-37-50.pdf|lingua=en|cid=Decebal Nedu}}
* {{cita pubblicazione |nome=Anna|cognome=Simonetti Agostinetti |titolo=Agatocle di Siracusa: un tiranno-operaio|anno=2008 | rivista=Aristonothos. Scritti per il Mediterraneo antico - Riviste UNIMI, n. 2|pp=153-160|cid =Anna| url=http://docplayer.it/36205419-Aristonothos-2-2008.html|formato=pdf|accesso=19 aprile 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Maria|cognome=Caccamo Caltabiano |titolo= La Nike/Nymphe di Agatocle e l’ideologia della Vittoria|anno=2010 | rivista=Pelorias - Tyrannis, Basileia, imperium. Forme, prassi e simboli del potere politico nel mondo greco e romano. Giornate seminariali in onore di S. Nerina Consolo Langher|pp=277-302|cid =Maria Caccamo Caltabiano| url=http://www.academia.edu/648273/La_Nike_Nymphe_di_Agatocle_e_l_ideologia_della_Vittoria_in_Tyrannis_Basileia_Imperium._Forme_prassi_e|formato=pdf|accesso=22 aprile 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Maria|cognome=Intrieri|titolo=Politica e propaganda: Corcira nelle lotte fra basileis - Un rapporto controverso: Agatocle e Corcira|anno=2011 | rivista=Ethne, identità e tradizioni: la "terza" Grecia e l'occidente (a cura di)|pp=438-450|cid=Maria Intrieri| url=http://www.academia.edu/3556412/Politica_e_propaganda_Corcira_nelle_lotte_fra_basileis|accesso=27 aprile 2017}}
* {{cita libro| Stefania De Vido | | wkautore= | Le guerre di Sicilia | 2013 | Carocci editore | capitolo= Il liberatore e il re, Guerra e potere, Guerra e pace, Guerra e territorio | ISBN =978-88-430-6788-6 | cid = Stefania De Vido }}
* {{cita pubblicazione |nome=Giovanna|cognome=De Sensi Sestito|titolo=Cartagine e la Magna Grecia da Agatocle a Pirro|anno=2015 | rivista=AIÔNOS - Miscellanea di studi storici, 18|pp=11-36|cid=Giovanna De Sensi Sestito (2015)| url=http://www.academia.edu/20141555/Cartagine_e_la_Magna_Grecia_da_Agatocle_a_Pirro|accesso=22 aprile 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Giovanna|cognome=De Sensi Sestito|titolo=Magna Grecia e Sicilia da Agatocle a Pirro|anno=2015 | rivista=Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia|pp=39-73|cid=Giovanna De Sensi Sestito| url=http://www.academia.edu/17962959/Magna_Grecia_e_Sicilia_da_Agatocle_a_Pirro_in_La_Magna_Grecia_da_Pirro_ad_Annibale_Atti_del_52_Convegno_internazionale_di_studi_Taranto_2015|accesso=23 aprile 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Stefania|cognome=De Vido|titolo=Il re Agatocle nello spazio ionico: prospettive e modelli|anno=2015 | rivista=Diabaseis - Prospettive corciresi|pp=169-191|cid=Stefania De Vido (2015)| url=http://iris.unive.it/retrieve/handle/10278/3551472/60073/De%20Vido%2c%20Agatocle%20re.pdf|accesso=27 aprile 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Raffaele|cognome=Ruggiero|titolo=Dalla parte di Agatocle: dualismo e analogia nel Principe|anno=2015 | rivista=Anselmi G.M. Caporali R. Galli C. (a cura di), Machiavelli Cinquecento. Mezzo millennio del Principe, Milano-Udine, Mimesis|pp=213-228|cid=Raffaele Ruggiero| url=http://www.academia.edu/27970166/Dalla_parte_di_Agatocle._Dualismo_e_analogia_nel_Principe_in_Anselmi_G.M._Caporali_R._Galli_C._a_cura_di_Machiavelli_Cinquecento._Mezzo_millennio_del_Principe_Milano-Udine_Mimesis_2015_pp._213-228|accesso=28 aprile 2017}}
* {{cita libro |nome=Sandra Péré-Noguès|cognome=| editore=Université Toulouse, Jean Jaurès| anno=| titolo=Les relations diplomatiques sous le règne d’Agathocle| url=http://ista.univ-fcomte.fr/geloi/images/geloi/gela1/article/Diplomatie_et_droit_dans_la_Sicile2.pdf|ISBN=| lingua=fr|cid=}}
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== Voci correlate ==
{{Colonne}}
;Luoghi ed eventi
* [[Assedio di Siracusa (311 a.C.)]]
* [[Cartagine]]
* [[Guerre greco-puniche]]
* [[Guerra civile di Siracusa (316 a.C.)]]
* [[Magna Grecia]]
* [[Sicilia]]
* [[Storia di Siracusa in epoca greca]]
* [[Storia dell'Africa]]
* [[Storia d'Italia]]
* [[Tiranni di Siracusa]]
{{Colonne spezza}}
;Personaggi
* [[Acrotato (figlio di Cleomene II)|Acrotato]]
* [[Alessandro Magno]]
* [[Bomilcare (IV secolo a.C.)|Bomilcare]]
* [[Ofella]]
* [[Pirro dell'Epiro]]
* [[Timoleonte]]
* [[Tolomeo I d'Egitto]]
* [[Niccolò Machiavelli]]
* [[Voltaire]]
{{Colonne fine}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Agathocles|q=Agatocle}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web|url=http://www.instoria.it/home/agatocle_I.htm|titolo=Agatocle - il tiranno che volle farsi re (Massimo Manzo) - parte I|accesso=22 aprile 2017}}: [http://www.instoria.it/home/agatocle_II.htm parte II]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_III.htm parte III]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_IV.htm parte IV]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_V.htm parte V]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_VI.htm parte VI]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_VII.htm parte VII]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_VIII.htm parte VIII]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_IX.htm parte IX]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_X.htm parte X]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_XI.htm parte XI]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_XII.htm parte XII]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_XIII.htm parte XIII]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_XIV.htm XIV]; [http://www.instoria.it/home/agatocle_XV.htm parte XV].
 
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