Scivaismo kashmiro e Red State: differenze tra le pagine

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{{Film
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|titolo italiano = Red State
Lo '''Shivaismo kashmiro''', è un sistema filosofico e teologico sorto nella regione del [[Kashmir]] fra l'ottavo<ref>Kashmir Shaivism: The Secret Supreme, Swami Lakshman Jee.</ref> e il nono secolo<ref>The Doctrine of Vibration: An Analysis of Doctrines and Practices of Kashmir Shaivism, By Mark S. G. Dyczkowski, pp. 4. Per quanto riguarda la fioritura dello Shivaismo kashmiro nel nono secolo vedi anche: Basham, p. 110.</ref> poi sviluppatosi fino alla fine del dodicesimo secolo d.C.<ref>The Trika Śaivism of Kashmir, Moti Lal Pandit, pp. 1.</ref>.
|titolo alfabetico = Red State
Al contrario delle pratiche religiose e spirituali diffuse all'epoca, lo Shivaismo kashmiro non prevedeva una disciplina predefinita e non condannava nessuna pratica a priori, l'unica base fondamentale richiesta era la coscienza con cui l'iniziato operava.
|immagine = RedState-Parks.png
Questo sistema proponeva un punto di vista in cui Cit – "coscienza" - è l'unica realtà. La materia non veniva considerata separata dalla coscienza, ma identica ad essa. Non era concepita alcuna separazione tra Dio e il mondo. Il mondo non veniva giudicato un'illusione (come nell'Advaita Vedanta), ma era la percezione della dualità ad essere reputata illusoria.
|didascalia = [[Michael Parks]] in una scena del film
|titolo originale = Red State
|lingua originale = inglese
|paese = [[Stati Uniti d'America]]
|anno uscita = [[2011]]
|aspect ratio = 1,85:1
|durata= 88 minuti
|genere = Thriller
|genere 2 = orrore
|genere 3 = Azione
|regista = [[Kevin Smith]]
|soggetto = <!-- non compilare, non accreditato separatamente da sceneggiatura -->
|sceneggiatore = [[Kevin Smith]]
|produttore = [[Jonathan Gordon]]
|produttore esecutivo = [[Elyse Seiden]], [[Nhaelan McMillan]], [[Victor Choy]], [[Jason Clark (produttore)|Jason Clark]], [[Philip Elway]], [[Shea Kammer]]
|casa produzione = [[The Harvey Boys]], [[NVSH Productions]], [[Smodcast Pictures]]
|casa distribuzione italiana =
|attori = * [[Michael Parks]]: Abin Cooper
* [[Michael Angarano]]: Travis
* [[Kerry Bishé]]: Cheyenne
* [[Nicholas Braun]]: Billy-Ray
* [[Kyle Gallner]]: Jared
* [[John Goodman]]: Joseph Keenan
* [[Melissa Leo]]: Sara
* [[Kevin Pollak]]: agente speciale Brooks
* [[Stephen Root]]: sceriffo Wynan
* [[Matt Jones]]: vice-sceriffo Pete
* [[Cooper Thornton]]: uomo avvolto nella plastica
* [[Kevin Alejandro]]: agente tattico Harry
* [[Marc Blucas]]: cecchino dell'ATF
* [[Ralph Garman]]: Caleb
* [[James Parks]]: Mordechai
* [[Betty Aberlin]]: Abigail
* [[Jennifer Schwalbach]]: Esther
* [[Patrick Fischler]]: agente Hammond
* [[Damian Young]]: agente Carol
* [[Anna Gunn]]: madre di Travis
* [[Deborah Aquila]]: Mrs. Vasquez
* [[John Lacy]]: padre di Travis
|doppiatori italiani = *[[Luigi La Monica]]: Abin Cooper
*[[Alessio De Filippis]]: Travis
*[[Stefano De Sando]]: Joseph Keenan
|fotografo = [[David Klein]]
|montatore = [[Kevin Smith]]
|effetti speciali =
|musicista =
|scenografo = [[Cabot McMullen]]
|costumista = [[Beth Pasternak]]
|truccatore = [[Elisabeth Fry]], [[Richard Redlefsen]]
}}
{{citazione|Ama il tuo prossimo|[[Tagline]] del film|Love thy neighbor|lingua=en}}
'''''Red State''''' è un [[film]] del [[2011]] scritto, diretto e montato da [[Kevin Smith]].
 
==Trama==
[[File:Shankaracharya temple.jpg|thumb|Santuario dedicato a [[Shiva|Śiva]], Srinagar nella valle del Kashmir, II sec. a.C.. Si suppone che il nome con cui oggi è noto, tempio di [[Adi Shankara]], sia dovuto al fatto che il filosofo qui soggiornò quando visitò la valle.]]
Jared, Travis e Billy-Ray decidono di andare da una donna matura che li ha invitati, attraverso un sito internet, per fare [[sesso di gruppo]]. I tre ragazzi arrivano alla [[roulotte]] della donna che li fa entrare e offre loro da bere, i giovani sono stati drogati e svengono. Jared quando si risveglia capisce di trovarsi nella chiesa del pastore Abin Cooper, noto nella zona per essere un fanatico, il quale inizia un sermone pieno d'odio nei confronti di un omosessuale, anch'egli prigioniero, che poi viene legato ad un crocefisso e barbaramente ucciso. Anche Jared sta per essere giustiziato, ma il pastore Cooper si ferma quando vede il vice-sceriffo guidare fino alla chiesa. Travis e Billy-Ray riescono a fuggire da dove erano stati tenuti in trappola, Billy-Ray viene inseguito da Caleb fino ad una stanza piena di armi dove finiscono per uccidersi a vicenda. Sentendo gli spari il vice-sceriffo riesce ad avvertire lo sceriffo Wynan prima di venire ucciso da uno degli adepti della chiesa, sul posto arrivano gli agenti della [[Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives|ATF]]. Travis, che era rimasto nascosto, si arma ed esce ma viene ucciso da Wynan che lo scambia per uno dei folli membri della congregazione. Quello che ne segue è una violenta sparatoria.
 
==Distribuzione==
== Origine mitica dello Shivaismo kashmiro ==
Il film è stato presentato al [[Sundance Film Festival]] il 23 gennaio [[2011]], in seguito il regista lo ha portato in altri festival sparsi per il mondo. Negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] è stato [[Direct-to-video|distribuito direttamente per il mercato dell'home-video]] il 18 ottobre [[2011]].<ref>{{cita web|url=https://www.imdb.com/title/tt0873886/releaseinfo?ref_=tt_ov_inf|titolo=Release dates for Red State (2011)|editore=[[Internet Movie Database|IMDb]]|accesso=31 marzo 2013|lingua=en}}</ref>. In [[Italia]], uscirà direttamente in home video il 30 giugno 2017, distribuito da [[Koch Media]]<ref>[http://www.cinemaitaliano.info/news/41480/koch-media-le-uscite-di-giugno-2017.html ]</ref>
Essendo la filosofia dello Shivaismo kashmiro profondamente radicata nei [[Tantra]], il suo lignaggio inizia con [[Shiva|Śiva]] stesso. Secondo la tradizione, Śiva stabilì 64 sistemi o filosofie. La maggior parte di questi sistemi andò perduta durante il periodo del [[Kali Yuga]] (era di Kali). Śiva allora andò sul Monte [[Kailash]], prese la forma di [[Shrikanthanath]], e iniziò il saggio Rsi [[Durvasa]] a tutte le forme di conoscenza Tantrika, tra cui abheda (senza differenziazione), bhedābheda (con e senza differenziazione), e bheda (con differenziazione), come descritto rispettivamente nel ''Bhairava Tantra'', nel ''Rudra Tantra'', e nello ''Śiva Tantra''. Chiese poi al saggio di riportare nel mondo questa conoscenza. Con la forza mentale, Rsi Durvasa procreò tre figli a cui insegnò tre diverse filosofie:, al primo figlio, Amardaka, affidò la conoscenza dualista, al secondo, Srikanta, l'ideologia monista-dualista, alla terza, Tryambaka, la filosofia monista (Abheda) del Bhairava Tantra. Proprio da quest'ultima si narra che ebbe origine lo Shivaismo del Kashmir<ref>Swami Lakshmanjoo, pp. 87-93.</ref>.
 
== Riconoscimenti ==
== Concetti dello Shivaismo del Kashmir ==
* [[Sitges - Festival internazionale del cinema fantastico della Catalogna]] [[2011]]
=== Anuttara, il Supremo ===
** Miglior film e miglior attore ([[Michael Parks]])
Anuttara è il principio ultimo dello Shivaismo kashmiro e, come tale, è la realtà fondamentale, supporto dell'intero Universo. Tra le molteplici interpretazioni (o traduzioni) di Anuttara troviamo: "supremo", "sopra tutto" e "realtà insuperabile"<ref>Para-trisika Vivarana, Jaideva Singh, pp. 20-27.</ref>. In sanscrito Anuttara è associato alla prima lettera, "A" (in devanagari "अ"). Poiché è il principio ultimo, Anuttara è identificato con Śiva, [[Shakti]], la coscienza suprema (''Cit''), la luce non creata (''prakāsha''), il soggetto supremo (''Aham'') e la vibrazione primordiale (''spanda''). Il praticante che ha realizzato Anuttara è considerato al di sopra della necessità di una pratica graduale. Egli conosce una realizzazione istantanea e una perfetta libertà (''svātantrya''). Anuttara è diverso dal concetto di trascendenza in quanto, anche se è al di là di tutto, non implica uno stato di separazione dall'Universo<ref>The Triadic Heart of Shiva, Paul Muller-Ortega, p. 88.</ref>.
 
==Note==
=== Aham, il cuore di Śiva ===
<references/>
Aham è il concetto di realtà suprema come cuore. È considerato come lo spazio non duale interno a Śiva, e anche come il supporto dell'intera manifestazione<ref>Parā-trīśikā Vivaraṇa, Jaideva Singh, p. 194.</ref>, il supremo [[mantra]]<ref>Ibidem, p. 180.</ref> e la Shakti<ref>Ibidem, p. 127.</ref> di Śiva.
 
==Collegamenti esterni==
=== [[Kaula|Kula]], la famiglia spirituale ===
* {{cita web|http://coopersdell.com/|Sito ufficiale|lingua=en}}
Kula è un concetto complesso, tradotto generalmente come "famiglia" o "gruppo". Come la trama di un tessuto si compone di tanti fili, così la via tantrica si presenta su vari piani come una totalità formata da molte parti, interconnesse e complementari (la parola "Tantra" può essere tradotta come "trama di un tessuto"). Questa totalità è chiamata famiglia in quanto i diversi elementi che la compongono hanno un legame comune unificante, che in definitiva è il Signore Supremo, Śiva<ref>The Triadic Heart of Shiva, Paul Muller-Ortega, p. 102.</ref>. Nelle pratiche relative al Kaula (o Kula), l'attenzione è lontana dalle elucubrazioni filosofiche complesse ed è più diretta verso la sperimentazione immediata. Per esempio, il Kaula propone una forma di alchimia del corpo in cui gli aspetti più grossolani del proprio essere (impulsi, istinti, ecc.) si dissolvono in quelli più sottili, in quanto tutti sono considerati come formanti un'unica famiglia (un kula), che si basa su Śiva come ultimo principio<ref>Ibidem, p. 60. Cfr. anche Abhinavagupta: The Kula Ritual, as Elaborated in Chapter 29 of the Tantrāloka, John R. Dupuche, p. 87.</ref>.
* {{Imdb}}
 
{{Film di Kevin Smith}}
=== ''Svātantrya'', la libera volontà autogenerata ===
{{Portale|cinema}}
Il concetto di libero arbitrio gioca un ruolo centrale nello Shivasimo kashmiro. Conosciuto sotto il nome di ''svātantrya'', esso è la causa della creazione dell'Universo&nbsp;– la forza primordiale che genera il mondo.
''Svātantrya'' è reputata una qualità di Dio; i soggetti coscienti possono partecipare in vari gradi a questa sovranità divina. Gli esseri umani hanno un grado di libero arbitrio limitato in base al loro livello di coscienza. In definitiva, lo Shivaismo kashmiro vede tutti soggetti come identici - "tutti sono uno" - e questo è Śiva, la coscienza suprema. Così, tutti i soggetti sono dotati di libero arbitrio, ma possono ignorare questo potere. Anche l'ignoranza è una forza proiettata da ''Svātantrya'' sulla creazione e può essere rimossa solo da questa stessa volontà divina.
Una funzione di ''Svātantrya'' è quella di concedere la grazia divina - [[Shaktipat|Shaktipāt]]. In questo sistema filosofico la liberazione spirituale non è garantita solo attraverso lo sforzo, ma dipende, in ultima analisi, dalla volontà di Dio. Così, il discepolo non può che offrire se stesso e lasciare che la grazia divina scenda e dissolva le limitazioni che imprigionano la sua coscienza.
Essendo ''Svātantrya'' la libera volontà di Śiva, Egli crea l'Universo per puro gioco e non conosce nessuna limitazione.
Nella pratica, infine, un iniziato è portato a sviluppare questa qualità in modo da diventare autonomo sulla via spirituale.
 
[[Categoria:Film thriller d'azione]]
== Classificazione della tradizione scritta ==
[[Categoria:Film horror]]
I primi testi dello Shivaismo kashmiro risalgono all'inizio del IX secolo d.C.<ref>Dyczkowski, p. 4.</ref>.
[[Categoria:Film thriller]]
Lo Shivaismo kashmiro trae insegnamento dagli ''shruti'' (letteralmente "quello che viene sentito", cioè di ispirazione diretta), tra cui il Bhairava Tantra, gli ''Śivasūtra'' di [[Vasugupta]], e anche la versione della ''Bhagavad Gita'' commentata da [[Abhinavagupta]], nota col nome di Gitartha Samgraha. Inoltre, è significativo per questa corrente il Tantraloka dello stesso Abhinavagupta.
[[Categoria:Film indipendenti]]
In generale, tutta la tradizione scritta dello Shivaismo può essere divisa in tre categorie fondamentali: ''Àgama Shāstra'', ''Spanda Shāstra'' e ''Pratyabhijñā Shāstra''<ref>The Trika Saivism of Kashmir, Moti Lal Pandit, pag. IX.</ref>. Il termine Shāstra significa regola, insegnamento e indica genericamente tutte le scritture sacre.
[[Categoria:Film diretti da Kevin Smith]]
''Àgama Shāstra'' sono gli scritti considerati rivelazione diretta di Śiva. Questi testi furono per lungo tempo trasmessi oralmente, da maestro a discepolo. Essi comprendono opere essenziali come gli ''Śivaūtra'', il ''[[Mālinīvijaya Tantra]]'', lo ''[[Svacchanda Tantra]]'', il ''Vijñānabhairava Tantra'', il ''[[Netra Tantra]]'', il ''[[Mṛgendra Tantra]]'', il ''[[Rudrayāmala Tantra]]'', gli ''Śivasūtra'' e altri. Ci sono anche numerosi commenti a queste opere, la maggior parte dei quali relativi agli ''Śivasūtra''<ref>Ibidem, p. X.</ref>.
Gli ''Spanda Shāstra'' sono composizioni che approfondiscono i principi degli ''Śivaūtra''. Contengono testi scritti dagli uomini con l'intento di fornire un'interpretazione filosofica alla rivelazione diretta del divino. ''Spanda'' significa "vibrazione", "palpitante". L'opera principale è la ''Spandakārikā'' di Vasugupta, con i suoi numerosi commenti, fra cui lo ''Spandasaṃdoha'' (commento dei primi versi), e lo ''Spandanirṇaya'' (commento del testo completo), entrambi del filosofo [[Kṣemarāja]].
I ''Pratyabhijñā Shāstra'' sono gli scritti che hanno un contenuto principalmente metafisico. Pratyabhijñā significa "riconoscimento" e si riferisce al riconoscimento spontaneo della natura divina nascosta in ogni essere umano ([[atman]]). A causa del suo alto livello intellettuale, questa parte della tradizione scritta Shivaita è la meno accessibile per i non iniziati. Tuttavia, essa fa riferimento alla modalità più semplice e diretta di realizzazione spirituale ovvero il riconoscimento della propria natura. Le opere più importanti di questo genere sono: ''Īśvarapratyabhijñākārikā'', l'opera fondamentale di [[Utpaladeva]] e Pratyabhijñā VimarShinī, il suo commento. ''Īśvarapratyabhijñākārikā'' significa di fatto "Strofe del Riconoscimento del Signore", il Signore (''Īśvara'') come cuore dell'uomo. Prima di Utpaladeva, il suo maestro [[Somānanda]] scrisse lo ''Śivadṛṣṭi'' (la visione di Śiva), poema di devozione elaborato su più livelli di comprensione<ref>Ibidem, p. XI.</ref>.
=== Gli ''Śivasūtra'' ===
Il primo grande iniziato conosciuto nella storia di questa corrente fu [[Vasugupta]]<ref>Per la collocazione cronologica di Vasugupta fra l'875 d.C. e il 925 d.C. vedi: Flood, p. 167.</ref> (circa 875-925). Vasugupta fu il primo a formulare per iscritto i principi e le dottrine principali di questo sistema.
Un'opera fondamentale dello Shivaismo, tradizionalmente attribuita a Vasugupta, sono gli ''Śivasūtra''<ref>Cfr. Tattwananda, p. 54.</ref>. La tradizione riporta che questi sūtra furono rivelati a Vasugupta da Śiva stesso<ref name=autogenerato1>Ibidem.</ref>. Secondo il mito, Vasugupta fece un sogno in cui Śiva gli disse di andare sulla montagna di Mahadeva in Kashmir (il monte Kailash). Su questo monte si racconta che egli trovò poi dei versi incisi su una roccia. Questi, secondo la tradizione, sarebbero gli insegnamenti del monismo Shivaita, gli ''Śivasūtra''. Questi scritti sono una delle fonti principali dello Shivaismo Kashmiro<ref>Relativamente all'importanza degli ''Śivasūtra'' come testo chiave cfr. Flood (1996), p. 167.</ref>. L'opera è una raccolta di aforismi (lett. sūtra) che espongono principi metafisici strettamente non-duali<ref>Tattwananda, p. 54.</ref> (filosofia advaita). Essi furono considerati rivelazione del divino Śiva e pertanto rientrano nella categoria degli [[Agama|Àgama]]; la parola Àgama significa "quello che è venuto". Gli ''Śivasūtra'' sono anche conosciuti come le ''Upanishad Shiva Samgraha'' o ''Shivarahasyagama Samgraha''<ref name=autogenerato1 />.
 
==I 36 ''tattva''==
[[File:36 tattva.pdf|thumb|350px|Schema esemplificativo raffigurante le 36 categorie dello Shivaismo kashmiro]]
Le scuole ''śaiva'' [[monismo|moniste]] del Kashmir intendono l'[[universo]] come il processo di espansione dell'[[Assoluto]] (lett.: ''anuttara'', "che non ha niente sopra"), indicato con molti termini, a seconda della scuola e dei testi: spesso con Paramaśiva ("Śiva supremo"), ma anche più semplicemente con [[Shiva|Śiva]]; o anche Maheśvara ("Grande Signore")<ref>Flood, ''Op. cit.'', p. 227.</ref>; Parameśvara ("Signore supremo").<ref name=T28>Torella, in Vasugupta 1999, p. 28.</ref><ref name=vas>Vassallo, ''cit.''</ref> Nelle tradizioni del [[Kaula]] è adoperato anche il termine Kula ("Famiglia", nel senso di "Totalità").<ref>Torella, in Vasugupta 1999, p. 88.</ref> Nella tradizione del [[Trika]] l'Assoluto è altresì personificato come divinità, riferendosi così a [[Bhairava]], ipostasi terrifica di [[Shiva|Śiva]].<ref>Gnoli in ''Vijñānabhairava. La conoscenza del tremendo'', ''Op. cit.'', p. 16.</ref>
 
L'Assoluto, essendo pertanto sia ente al di là di ogni altra cosa esperibile, sia il principio da cui tutto scaturisce e di cui ogni cosa è parte, è da intendersi come avente contemporaneamente le qualità di [[trascendenza]] e [[immanenza]]. L'espansione dell'Assoluto, la [[cosmogonia]], è descritta attraverso un insieme di principi costitutivi, categorie (''[[tattva]]'') intese come emanazioni dell'Assoluto stesso. Il numero e le caratteristiche di tali categorie variano a seconda della scuola.<ref name=T28/><ref>Padoux, ''Op. cit.'', nota 3, p. 66.</ref> Il filosofo [[Abhinavagupta]] (X-XI sec.), nel capitolo IX del suo ''[[Tantrāloka]]'', sistematizzando la dottrina del Trika, espone un processo costituito da 36 ''tattva''. Ma queste 36 categorie sono anche della scuola della [[Pratyabhijñā]].<ref name=T28/><ref name=Tucci>Tucci, ''Op. cit.'', pp. 116-120.</ref> Questo stesso insieme è poi interpretato, quando visto in senso inverso, come percorso spirituale, quella via salvifica che riconduce il singolo all'Uno, riunisce l'uomo a Dio.<ref name=Tucci/><ref name=vas/>
 
Le 36 categorie descritte da Abhinavagupta delineano due cammini: il puro e l'impuro. Al primo cammino, detto puro perché al di là di ogni [[dualismo|dualità]], appartengono cinque categorie effetti di altrettanti aspetti dell'Assoluto, aspetti che in letteratura vengono dette potenze (''[[shakti|śakti]]''). L'analogia adoperata per illustrare la connessione fra l'Assoluto e queste potenze è quella del fuoco: il fuoco possiede i poteri di illuminare, riscaldare, cuocere, bruciare, eccetera, ma il fuoco è e resta fonte unica di queste proprietà, che dal fuoco stesso non possono essere scisse come entità autonome.
 
Le potenze sono:<ref name=Tucci/>
*''[[cit (induismo)|cit]]'': "intelligenza"<ref>Così traduce Giuseppe Tucci, e d'altronde: vedi ''[http://spokensanskrit.de/index.php?script=HK&beginning=0+&tinput=cit+&trans=Translate&direction=SE spokensanskrit.de]'', e anche ''[http://dsal.uchicago.edu/cgi-bin/romadict.pl?page=68&table=macdonell&display=simple Mc Donnel A pratical sanskrit dictionary]'': "intelletto", "mente". Tuttavia in letteratura si incontra anche ''cit'' tradotto con "coscienza": così per esempio Padoux (''Op. cit.'', p. 84), Flood (''Op. cit.'', p. 227).</ref>
*''[[ānanda]]'': " beatitudine"
*''[[icchā]]'': "volontà"
*''[[jñāna]]'': "conoscenza"
*''[[kriyā]]'': "attività"
 
Il cammino puro è dunque costituito dalle seguenti cinque categorie:<ref name=Tucci/><ref name=vas/><ref>Torella, in Vasugupta 1999, p. 29.</ref>
<ol><li value=1><big>'''''śiva'''''</big> ("propizio", "benevolo"), effetto della intelligenza: ''śiva tattva'' è la coscienza pura, inattiva e non manifesta; è Śiva come coscienza assoluta, soggetto irrelato; è «Io».<br />
 
È questa la prima categoria che Abhinavagupta espone, lo ''śiva tattva'', che egli distingue pertanto dall'Assoluto, Paramaśiva o Śiva ''tout court'', ponendo quest'ultimo al di fuori delle 36 categorie. Non così il filosofo [[Utpaladeva]] (X sec.), esponente della scuola Pratyabhijñā, che intende Paramaśiva come la prima delle categorie.<ref name=T28/> Così commenta l'orientalista [[Raffaele Torella]]:
{{quote|Lo Śiva irrelato è la prima delle manifestazioni dello Śiva supremo. Mentre lo Śiva supremo è la realtà assoluta nel suo perenne pulsare di oggettività e soggettività (all'interno della omnicomprensività della Coscienza), il mondo della manifestazione è caratterizzato dalla scissione tra soggetto e oggetto e dal loro contrapporsi come due realtà separate.|Torella, in Vasugupta 1999, p. 51}}</ol>
 
<ol><li value=2><big>'''''śakti'''''</big> ("potenza", "energia"), effetto della beatitudine: ''śakti tattva'' è l'altro polo dell'Io, è la potenza che permette all'oggetto di manifestarsi e al soggetto di poter affermare "Io sono"; è «Questo».<br />
 
Mentre la prima categoria è il soggetto, la seconda, ''śakti tattva'', è l'oggetto: è l'insieme di tutte le potenze dell'Assoluto che in questo stadio del cammino cominciano a delinearsi. Tali potenze, o più semplicemente ''la'' potenza dell'Assoluto è indicata, nelle varie scuole, con molti nomi e spesso personificata come [[devi|dea]], compagna di Śiva o di sue manifestazioni; anche oggetto di culto in molte tradizioni, specie le ''śakta'', come le dee [[Kali|Kālī]], [[Tripurasundarī]], [[Kundalini|Kuṇḍalinī]], [[Parvati|Pārvatī]], eccetera. Nella scuola dello [[Spanda]], la Potenza è indicata anche col nome di ''spanda'' ("vibrazione"), realtà dinamica onnipresente nella manifestazione.<ref>Torella, in Vasugupta 1999, p. 24.</ref><ref>Padoux, ''Op. cit.'', p. 85.</ref> Nella scuola del Trika è descritta come avente un triplice aspetto, nelle tre dee Parā ("Suprema"), Parāparā ("Suprema-non suprema"), Aparā ("Non suprema").<ref>Flood, ''Op. cit.'', p. 228.</ref> Sulla personificazione della ''śakti'', così si esprime l'indologo francese [[André Padoux]]:
{{quote|Si tratta quindi di tradizioni che si possono definire ''śakta'', dal momento che le dee sono personificazioni della ''śakti'', incarnazioni dell'Energia divina. Questa è una, onnipresente, sovrana; le diverse dee adorate nei culti privati o pubblici, pur con le loro differenze a volte molto marcate, non sono altro che sue forme particolari.|Padoux, ''Op. cit.'', p. 80}}</ol>
 
<ol><li value=3><big>'''''[[sadāśiva]]'''''</big> (Śiva "eterno"), effetto della volontà: ''sadāśiva tattva'' è l'affermazione del soggetto sull'oggetto; è «Io sono questo».<br /></ol>
 
<ol><li value=4><big>'''''[[īśvara]]'''''</big> ("signore"), effetto della conoscenza: ''īśvara tattva'' è l'affermazione dell'oggetto sul soggetto; è «Questo sono io».</ol>
 
<ol><li value=5><big>'''''[[śuddhavidyā]]'''''</big> ("conoscenza pura"), effetto della attività: ''śuddhavidyā tattva'' è lo stadio in cui soggetto e oggetto si equilibrano e si conoscono distinti ma uniti; è «Io questo».</ol>
 
Queste prime cinque categorie rappresentano dunque il passaggio dall'unità indistinta «soggetto-oggetto» dell'Assoluto, alla coppia «soggetto e oggetto» identificabili e ancora uniti. L'universo non esiste ancora, ma l'Assoluto ha ora riconosciuto in sé la possibilità di farsi altro.
 
La sesta categoria, quella che pone termine al cammino puro aprendo l'impuro, è ''māyā'', altro aspetto della potenza divina stessa. ''Māyā tattva'' non è quindi "illusione" nel senso che il [[Advaita Vedānta|Vedanta]] dà a [[Māyā|questo termine]], ma potenza dell'Assoluto, potenza creatrice dell'universo esperibile. Questo potere è causa di una serie di cinque limitazioni, dette ''kañcuka'' ("corazza"). Sono dunque queste cinque limitazioni, insieme alla ''māyā'' stessa, a costituire la prima parte del cammino impuro, caratterizzato dalla comparsa di dualismi e incompletezze:<ref name=Tucci/><ref name=vas/><ref>Torella mette in evidenza che a volte le 36 categorie sono distinte in tre cammini, anziché due: il puro (i primi cinque ''tattva''); il puro-impuro (questi secondi sei ''tattva''); l'impuro (gli ultimi venticinque ''tattva''), p. 29.</ref>
 
<ol><li value=6><big>'''''[[māyā]]'''''</big> ("arte", "illusione"): abbandono dell'[[Uno (filosofia)|Unità]]; percezione del tutto come molteplice; pluralismo.<br />
 
''Māyā tattva'' separa l'unità indistinta «soggetto-oggetto» delineatasi nell'Assoluto in due entità separate: il soggetto e l'oggetto. Questa scissione provoca, nell'oggetto, la perdita dei poteri dell'Assoluto: sono le cinque limitazioni, le ''kañcuka''.
Così l'orientalista [[Giuseppe Tucci]]:
{{quote|Cotesta maya, che è un aspetto della stessa potenza divina, limita come soggetto ed oggetto, nel tempo e nello spazio, la unicità indiscriminata della coscienza: l'anima allora si rifrange illusoriamente come molti, dimentica ormai della propria essenza: e quei molti si riconoscono come individui (''puruṣa'').|Tucci, ''Op. cit.'', p. 118}}
</ol>
 
Le cinque limitazioni sono:
<ol><li value=7><big>'''''kalā'''''</big> ("frazione", ignoranza"): limitazione dell'[[onnipotenza]]; percezione del potere di azione come limitato.</ol>
 
<ol><li value=8><big>'''''vidyā'''''</big> ("conoscenza", "scienza"): limitazione dell'[[onniscienza]]; conoscenza parziale; dualismo conoscente-oggetto della conoscenza.</ol>
 
<ol><li value=9><big>'''''rāga'''''</big> ("passione", "desiderio"): limitazione della [[perfezione]], senso di incompletezza; dualismo soggetto-oggetto del desiderio.</ol>
 
<ol><li value=10><big>'''''niyati'''''</big> ("necessità", "destino"): limitazione dell'[[onnipresenza]]; senso di finitezza; [[principio di località|località]].</ol>
 
<ol><li value=11><big>'''''kāla'''''</big> ("tempo", "stagione"): limitazione dell'[[eternità]]; percezione del tempo come lineare; [[principio di causalità|causalità]].</ol>
 
La seconda parte del cammino impuro ricalca invece, con alcune differenze interpretative, l'insieme delle 25 categorie del [[Sāṃkhya]], con un processo di individuazione che dà luogo allo spirito (''[[puruṣa]]'', concetto plurale indicante il complesso di tutte le "anime", soggetti limitati), alla materia (''[[prakṛti]]'', intesa non soltanto come substrato materiale, bensì anche mentale), all'intelletto, al senso dell'io, al senso interno, ai cinque sensi di percezione, ai cinque sensi di azione, ai cinque elementi sottili e infine ai cinque elementi grossi.<ref>Torella, in Vasugupta 1999, p. 29.</ref>
{{vedi anche|Sāṃkhya}}
 
Nella molteplicità dei soggetti che sono così derivati dall'Assoluto, trovano quindi luogo gli individui, frazioni nelle quali la coscienza originaria si ritrova offuscata: l'Assoluto si riconosce cioè come insieme di singoli dalla consapevolezza limitata, individui in realtà dimentichi della propria condizione divina, ''schermati'' dalle cinque corazze, le ''kañcuka'' di cui sopra, che se da un lato hanno consentito all'universo e ai molteplici di manifestarsi, nel contempo limitano l'individuo impedendone il riconoscimento come emanazione di Dio.<ref>Torella, in Vasugupta 1999, pp. 29-30.</ref>
 
==L'Assoluto, il mondo e l'individuo==
{{RQuote||È Parameśvara colui che mette in scena il dramma del mondo, unico desto nel mondo addormentato.|''[[Pratyabhijñā]]''<ref>Così scrive Kṣemarāja nel suo ''Śivasūtravimarśinī'', commentando il ''sūtra'' III.9. Raffale Torella commenta in nota: «Il brano citato doveva appartenere al più lungo dei due commenti che [[Utpaladeva]] dedicò alla sua ''Īśvarapratyabhijñākārikā'', ora perduto.»</ref>; citato in [[Vasugupta]] 1999, p. 122.}}
 
Dunque, secondo le scuole dello shivaismo kashmiro, tutto ciò che è, è stato e sarà, ogni soggetto conoscente, ogni oggetto della conoscenza, ogni mezzo di conoscenza: tutto nell'universo è manifestazione dell'Assoluto, una forma di [[Shiva|Śiva]] (quando inteso come dio personale), un Suo riflesso (''ābhāsa''), l'incessante evolversi (''pariṇāma'') della Sua emanazione, della Sua coscienza.<ref name=vas/> Su questo, così si esprime uno dei testi fondamentali delle tradizioni kashmire, il ''[[Vijñānabhairava Tantra]]'':
{{quote|Quel principio che ha come qualità la coscienza è presente indifferentemente in tutti i corpi, sicché colui che mediti come il tutto sia essenziato di esso, diventa vincitore del mondo.|''[[Vijñānabhairava Tantra]]'' 98 (LXXV); in ''Vijñānabhairava. La conoscenza del tremendo'', ''Op. cit.'', 2002}}
 
E nelle ''[[Spandakārikā]]'' (VIII-IX sec.) leggiamo:
{{quote|L'anima individuale è sostanziata dal tutto, poiché è da essa che sorge ogni cosa, tale identità con il tutto essendo mostrata dalla natura del suo percepire la realtà; ne consegue che non v'è stato – nelle parole, negli oggetti significati, nel pensare – che non sia Śiva. A presentarsi come realtà fruibile è sempre e comunque il fruitore, e il fruitore soltanto.|''[[Spandakārikā]]'' II.3-4; citato in Vasugupta 1999}}
 
La [[coscienza (filosofia)|coscienza]] non è qui da confondersi con le forme di [[conoscenza]], come mette in guardia il filosofo [[Kṣemarāja]] (X-XI sec.) commentando il primo ''[[sūtra]]'' degli ''[[Śivasūtra]]'':
{{quote|Dal momento che la natura propria del tutto è la coscienza, proprio per questo le varie forme di conoscenza sono impotenti, inidonee a farla conoscere: è infatti sulla coscienza che anche la loro facoltà di rendere manifesto qualcosa si appoggia, e, inoltre, in base al principio su esposto<ref>Tutto è coscienza.</ref>, la coscienza non può essere velata da alcunché, proprio perché costantemente autoluminosa.|Kṣemarāja, ''[[Śivasūtravimarśinī]]'', commento a I.1; citato in Vasugupta 1999, p. 54}}
 
Quando Śiva è immanifesto, l'universo, tutti i possibili universi esistono ''in nuce'' in Śiva stesso, così un universo viene emanato non appena in Lui si ha uno schiudersi (''unmeṣa'') della coscienza. Con una significativa metafora così le ''[[Spandakārikā]]'' esprimono questo concetto:
{{quote|Rendiamo lode al Benigno<ref>''Śankara'' nel testo originale, appellativo di Śiva. La ruota delle potenze (''śakticakra'') sono le potenze dell'Assoluto, quelle che dànno origine al cammino puro.</ref>, da cui scaturisce la gloria delle potenze; al suo aprirsi e chiudersi di ciglia sorge l'universo e si dissolve.|''[[Spandakārikā]]'' I.1; citato in Vasugupta 1999, p. 64|yasyo'''nmesa'''nimeṣābhyāṃ jagataḥ pralayodayau taṃ śakticakravibhavaprabhavaṃ śankaramstumaḥ|lingua=sa}}
 
Similmente, l'universo viene riassorbito al chiudersi (''nimeṣa'') degli occhi di Śiva: quando la coscienza si richiude in sé stessa, l'universo scompare, e tutto può cominciare da capo. Questa [[cosmogonia]] ciclica è ben messa in evidenza dalla metafora della danza: Śiva è infatti il "Re della danza" (''naṭarāja''):
{{quote|Con una parte tu<ref>Maheśvara, il "Grande Signore", appellativo di Śiva.</ref> sei il sé interiore, il danzatore, l'occultatore del tesoro.|''[[Niśvāsa]]'' VII<ref>Uno dei diciotto ''Āgama'' dualistici-non dualistici: vedi [[Tantra (testi induisti)]].</ref>;citato in Vasugupta 1999, p. 122}}
 
Śiva Naṭarāja all'interno dell'arco di fuoco che simboleggia la distruzione, stringe il ''ḍamaru'', il tamburo che emette il suono primordiale che genera il creato, il tamburo a forma di clessidra che coi due triangoli vertice contro vertice, richiama all'unione del ''[[liṅga]]'' e dello ''yoni'', del fallo e della vagina, simboli delle prime due categorie, ''śiva tattva'' e ''śakti tattva'': il soggetto e l'oggetto (''aham'' e ''idam''), il dio e la sua potenza, la coppia (''yāmala'') cosmica. Così il filosofo [[Abhinavagupta]] (X-XI sec.), sistematore delle tradizioni ''śaiva'', descrive la coppia cosmica:
{{quote|La fusione, quella della coppia Śiva e śakti, è l'energia della felicità da cui emana tutto l'universo: realtà al di là del supremo e del non-supremo, essa è chiamata Dea, essenza e Cuore [glorioso]: è l'emissione, il Signore supremo.|[[Abhinavagupta]], ''[[Tantrāloka]]'' III, 68-69; citato in [[Lilian Silburn]] 1997, p. 45}}
 
La metafora dell'unione sessuale, spesso rappresentata nell'iconografia classica con la coppia Śiva e [[Pārvatī]] abbracciati in uno stato di beatitudine eterno, o con l'immagine della [[devi|dea]] [[Kālī]] che cammina sul corpo immobile di Śiva col pene eretto, si presta qui a indicare proprio quelle prime due categorie che aprono il cammino puro. È la Dea, [[Shakti|Śakti]], che, nella metafora, suscitando il desiderio di Śiva, apre il cammino, un nuovo ciclo di emanazione.<ref name=vas/>
 
Al termine del cammino puro, quando l'Assoluto si è ormai reso soggetto e oggetto insieme, è ''māyā tattva'' che opera la scissione di tale unità, dando quindi la possibilità all'Assoluto di farsi universo. Così Kṣemarāja:
{{quote|Nell'ambito del sé – che è simile all'etere – si manifesta infatti una contrazione, a cominciare dal piano dello Śiva irrelato fino al piano del soggetto illusorio, dovuto al potere della grande Māyā , tesa com'è all'occultamento della vera natura; potere, questo, che ha le sue radici nella potenza di Libertà, e dunque del Supremo Signore stesso.|[[Kṣemarāja]], ''[[Śivasūtravimarśinī]]'', commento a I.2; citato in Vasugupta 1999, p. 56}}
 
È dunque, anche nel cammino impuro, sempre e solo Paramaśiva che continua a operare in assoluta libertà (''svātantrya''): è Paramaśiva l'unico a possedere libera volontà. L'individuo è solo apparentemente libero, o meglio lo è fintanto che la sua coscienza non si riconosca come quella dell'Assoluto. In altre parole, il [[libero arbitrio]] dell'individuo è limitato finché egli non si ricongiunge con Paramaśiva:
{{quote|Il mondo è dunque come un raggio, un bagliore, per colui che ha raggiunto tale condizione; l'universo, in altre parole, gli appare come una sua propria irradiazione.|[[Kṣemarāja]], ''[[Śivasūtravimarśinī]]'', commento a III.8; citato in Vasugupta 1999, p. 121}}
O, come molto più sinteticamente si era già espresso [[Vasugupta]] nei suoi fondamentali ''Śivasūtra'':
{{quote|Il visibile è il corpo.|Vasugupta, ''Śivasūtra'' I.14; citato in Vasugupta 1999, p. 72}}
 
All'individuo, pur nella sua mancanza di libero arbitrio, non è allora preclusa la strada verso la beatitudine e la libertà: egli, in quanto emanazione dell'Assoluto, possiede natura divina ma ne è dimentico, inconsapevole:
{{quote|La natura divina che lo yogin raggiunge non è qualcosa che prima non fosse, ma null'altro che la sua stessa intima natura di cui egli era soltanto incapace di prendere coscienza benché fosse manifesta, per colpa delle costruzioni mentali suscitate dalla potenza di [[Māyā]]. Attraverso la graduale illustrazione dei mezzi suddetti proprio questa natura divina viene portata alla luce.|Kṣemarāja, ''[[Śivasūtravimarśinī]]'', commento a III.45; citato in Vasugupta 1999, pp. 158-159}}
 
La liberazione (''[[mokṣa]]'') dell'individuo, conseguibile secondo queste scuole con percorsi e mezzi differenti a seconda della tradizione, è perciò intesa come un processo inverso a quello di emanazione, un processo di regressione che può ricondurlo a Paramaśiva, riassorbirlo nell'unità originaria:
{{quote|Trasmigrare è permanere nella convinzione di essere separato.|Kṣemarāja, ''Pratyabhijñāhṛdayaṃ'' 12|tadaparijñāne svaśaktibhirvyāmohitatā saṁsāritvam|lingua=sa}}
 
Centrale, pur con molte differenze interpretative e operative, è spesso il ruolo di quella stessa entità che ha aperto il cammino puro cominciando a delineare la distinzione fra soggetto e oggetto, la ''[[Shakti|śakti]]'', la multiforme potenza di Dio, la [[Devi|Dea]]<ref name=vas/>:
{{quote|Essa è la forma di tutto ciò che è cosciente. L'origine della conoscenza, la percezione della realtà, l'istigatrice dell'intelletto.|''[[Devībhāgavata Purāṇa]]'' I.1.1<ref>Citato in [[Alain Daniélou]], ''Miti e dèi dell'India'', traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008, p. 293.</ref>}}
 
== Principali esponenti dello Shivaismo kashmiro ==
=== Vasugupta ===
Stante alla tradizione, Vasugupta (VIII – IX secolo) ricevette in sogno da [[Shiva|Śiva]] le indicazioni per recarsi sul monte Mahādeva e rinvenire là, su una lastra di roccia, gli aforismi che costituiscono gli ''Śivasūtra'', così come il Dio stesso li aveva incisi. Estremamente concisi e spesso enigmatici, gli ''Śivasūtra'' ("I sutra di Śiva") costituiscono il punto di avvio per le tradizioni ''śaiva'' esegetiche del Kashmir: l'opera viene considerata fondamentale da tutte queste scuole e ad essa fanno riferimento gran parte degli esponenti di queste medesime tradizioni.<ref name= Torella>Raffaele Torella, in Vasugupta 1999.</ref>
{{vedi anche|Vasugupta}}
 
=== Bhaṭṭa Kallaṭa ===
Autore, molto probabilmente, della ''[[Spandakārikā]]'' ("Le strofe dello Spanda"), opera fondamentale della scuola esegetica dello Spanda, Bhaṭṭa Kallaṭa (IX secolo) fu allievo diretto di Vasugupta.<ref name= Torella/>
 
=== Jñānanetra ===
[[Jñānanetra]] (IX secolo) (anche noto col nome di Śivānanda) è ritenuto il fondatore della scuola Krama, essendo stato, secondo la tradizione, direttamente iniziato dalla dea Maṅgalā, aspetto benevolente della dea [[Kali|Kālī]]. Di lui si conserva un'unica opera, il ''Kālikā-stotra'', inno dedicato alla Dea.<ref>Christopher Tompkins and Christopher Wallis, ''[http://shaivayoga.com/kashmir-manuscripts_files/Intro_Krama.pdf An Introduction to the Tantric 'Krama' lineage of Kashmir]'', ''shaivayoga.com''.</ref>
 
=== Somānanda ===
Somānanda (IX secolo) con la sua ''Śivadṛṣṭi'' ("La Visione di Śiva") è da ritenersi il fondatore della scuola [[Pratyabhijñā]].<ref name= Torella/>
{{vedi anche|Somānanda}}
 
=== Utpaladeva ===
Utpaladeva (X secolo), discepolo di Somānanda, portò a compimento l'opera del maestro con la ''Īśvarapratyabhijñākārikā'' ("Le Strofe di riconoscimento del Signore").<ref name= Torella/> Egli fu anche maestro del Krama e del Trika.<ref>Padoux, ''Op. cit.'', p. 83</ref>
{{vedi anche|Utpaladeva}}
 
=== Bhāskara ===
Bhāskara (X secolo) fu uno degli esponenti della scuola dello Spanda: egli si riallaccia a Bhaṭṭa Kallaṭa, e quindi a Vasugupta, attraverso la successione di maestri: Śrīkaṇṭa Bhaṭṭa, Mahādeva Bhaṭṭa, Prajñārjuna, Pradyumna Bhaṭṭa. Bhāskara scrisse un commento agli ''Śivasūtra'' di Vasugupta, lo ''Śivasūtravārttika''.<ref name= Torella/>
 
=== Abhinavagupta ===
Le tradizioni ''śaiva'' del Kashmir furono sistematizzate dal filosofo [[Abhinavagupta]] (X – XI secolo) nella sua opera più importante, il ''Tantrāloka'' ("La Luce dei Tantra"), un'opera in versi che si presenta come una sintesi originale delle tradizioni monistiche esistenti al suo tempo. Abhinavagupta riuscì ad appianare tutte le apparenti differenze e le disparità tra queste diverse scuole, offrendo così un'unitaria, coerente e completa visione di queste tradizioni. A causa della lunghezza eccezionale (5.859 versi<ref>[[Alexis Sanderson]], ''Tantric Studies in Memory of Hélène Burnner'', p. 371.</ref>) del ''Tantrāloka'', Abhinavagupta stesso fornì una versione più breve in prosa, nota come ''Tantrasāra'' ("L'Essenza dei Tantra").
 
Nel lignaggio della Pratyabhijñā Abhinavagupta fu allievo di Lakṣmaṇagupta, e costui di Utpaladeva, commentando con due testi l'opera di quest'ultimo: la ''Īśvarapratyabhijñāvirmaśinī'' e la ''Īśvarapratyabhijñāvivṛitivirmaśinī''.<ref name= Torella/> Ma Abhinavagupta si riallaccia anche alla scuola dello Spanda, essendo stato anche allievo di Bhāskara<ref name= Torella/>; e alla scuola del Krama, essendo stato allievo indiretto di Utpaladeva.<ref>Padoux, ''Op. cit.'', p. 83</ref>
{{vedi anche|Abhinavagupta}}
 
=== Kṣemarāja ===
Discepolo illustre di Abhinavagupta, Kṣemarāja (X – XI secolo) si mosse, come il maestro, fra più scuole e fu principalmente un prolifico autore di commenti. Nella tradizione dello Spanda commentò due volte le ''Spandakārikā'' con la ''Spandanirṇaya'' e lo ''Spandasaṃdoha''. Nella scuola della Pratyabhijñā scrisse il ''Pratyabhijñāhṛdya'' ("Il Cuore del Riconoscimento") cui accluse un commento. Kṣemarāja scrisse poi uno dei due commenti più importanti agli ''Śivasūtra'' di Vasugupta, lo ''Śivasūtravimarśinī'', nel quale fornisce un'interpretazione che si discosta dalla tradizione esegetica dello Spanda.<ref name= Torella/>
{{vedi anche|Kṣemarāja}}
 
=== Jayaratha ===
[[Jayaratha]] (1150-1200 d.C.<ref>Navijan Rastogi, ''Introduction to the Tantrāloka'', p. 92.</ref>), aggiunse il suo commento al ''Tantrāloka'' nella sua opera fondamentale, il ''Tantrālokavārttika'', compito di grande difficoltà che egli perseguì per tutta la sua vita<ref>Navijan Rastogi, ''Introduction to the Tantrāloka'', p. 102.</ref>. Il filosofo fornì così spiegazioni contestuali, numerose citazioni e chiarimenti, senza i quali certi passaggi del ''Tantrāloka'' sarebbero stati difficilmente accessibili al giorno d'oggi.
 
== Le quattro scuole dello Shivaismo del Kashmir ==
=== Il Kula e il Trika ===
Con il termine Kula, o [[Kaula]], gli studiosi così tendono oggi a etichettare un insieme variegato di tradizioni religiose originatosi da sette shivatite molto antiche, quali a esempio i [[Kāpālika]], i [[Pāśupata]] (II secolo) e i [[Lākula]], tradizioni lontane dall'ortoprassi dei ''[[Purāṇa]]'', sette che adottavano culti trasgressivi, visionari, prediligendo divinità terrifiche anziché benefiche.<ref>Padoux, ''Op. cit.'', p. 76.</ref> Non è propriamente corretto perciò definire il Kula una scuola, quanto piuttosto un alveo nel quale sono confluite visioni con alcuni fondamentali tratti in comune: lessico, teologia, pratiche rituali. Occorre però ricordare che tradizionalmente il Kula è ritenuta una tradizione fondata da [[Macchanda]], ritenuto discendente del mitico Tryambaka, enunciatore dei 64 [[tantra (testi induisti)|testi tantrici]] non dualisti.<ref name=Torella/>
 
''Kula'' in sanscrito significa "famiglia", nel senso di "totalità": con questo termine nella letteratura religiosa tradizionale ci si riferisce invece all'insieme delle potenze divine che dànno origine alla realtà sensibile, una totalità che è espressione della potenza dell'Assoluto, quindi realtà suprema e indifferenziata.<ref name=Torella/>
{{vedi anche|Kaula}}
 
Nell'insieme del Kula si sono successivamente distinte quattro correnti principali, che tradizionalmente sono associate ai quattro punti cardinali. Dalla tradizione orientale, la Pūrva-āmnāya, si ritiene sia originato il Trika, che in quanto scuola esegetica è stata successivamente sistematizzata dal filosofo Abhinavagupta.<ref>Padoux, ''Op. cit.'', p. 78.</ref> ''Trika'' vuol dire "triade": il sistema interpretativo della scuola è infatti caratterizzato da un insieme di triadi, espressioni del triplice aspetto della realtà: Śiva, Potenza, Uomo.<ref name=Torella/>
 
Fra i testi principali, oltre i ''Tantra'' non dualisti (fra i quali principalmente il ''Mālinīvijaya'', il ''Devyāyāmala'', il ''Tantrasadbhāva'' e il ''[[Vijñānabhairava Tantra]]''): il commento ''Śivasūtravimarśinī'' di Kṣemarāja agli ''Śivasūtra'' di Vasugupta; il ''Tantrāloka'' di Abhinavagupta, e il relativo commento di Jayaratha, il ''Tantrālokavārttika''.
{{vedi anche|Trika}}
 
=== Krama ===
Il termine ''krama'' significa "progressione", "gradazione" o "successione", termini intesi come "progressione spirituale", "perfezionamento graduale dei processi mentali" (''vikalpa''): "successione degli stati che la coscienza attraversa nel suo manifestarsi"<ref>Navijan Rastogi, ''The Krama Tantricism of Kashmir'', pp. 6-12.</ref>.
Questa scuola, riginaria dell'[[Uḍḍiyana]], nell'attuale [[Pakistan]], si è sviluppata a partire dal VII secolo d.C. come esegesi della tradizione [[tantra|tantrica]] del [[Kula (induismo)|Kula]] denominata Uttara-āmnāya ("tradizione settentrionale"), tradizione centrata sul culto della dea [[Kali|Kālī]].<ref>André Padoux, ''Op. cit.'', p. 79.</ref>
 
La scuola pone l'attenzione sui movimenti energetici, raffigurati come ruote che girano e tradizionalmente associati alle potenze Divine (''[[śakti]]''). Lo sviluppo della coscienza consiste nel ritrovare in ogni movimento la ruota principale, il cui centro è la Coscienza Suprema, attorno a cui girano le ruote secondarie. Il divino femminile risveglia e dirige il movimento, la Dea proietta l'universo – azione centrifuga – e Śiva, Coscienza Suprema, lo riassorbe – azione centripeta.
Concentrandosi sull'azione delle Potenze, il Krama pone particolare enfasi sulla trasmissione attraverso le donne.
 
I testi di questa corrente finora pervenuti sono assai pochi, tra questi senz'altro il ''Kālikā-stotra'' di Jñānanetra. Opera perduta di Abhinavagupta è invece il ''Kramakeli''. Occorre poi menzionare il ''Mahānayaprakāsha'', di autore ignoto, contemporaneo o di poco posteriore ad Abhinavagupta, che descrive i processi delle energie e le pratiche volte a prenderne coscienza.<ref>Introduzione all<nowiki>'</nowiki>''Essenza dei Tantra'' (Abhinavagupta), Raniero Gnoli.</ref>
{{vedi anche|Krama (induismo)}}
 
=== Spanda ===
Il sistema ''spanda'', che vuol dire "vibrazione", "energia vibrante", è stato introdotto da Vasugupta e ripreso dal suo discepolo Bhaṭṭa Kallaṭa nella ''Spandakārikā''<ref> L'attribuzione non è certa.</ref>. In questa scuola, il Principio ultimo è concepito come un movimento permanente, fonte di ogni creazione e dissoluzione. L'essenza di questa vibrazione è l'estatica coscienza, potenza di Śiva, in perpetuo rinnovo.<ref>Jaideva Singh, ''Spanda-Kārikās, The Divine Creative Pulsation'', p. XVIII.</ref>
 
Sebbene il metodo proposto sia graduale, il nucleo di questa filosofia è definito come un "salto" o un'improvvisa adesione al Reale che trascende completamente la divisione tra conoscente e conosciuto, e che consente allo yogi di vedere tutto l'universo come il proprio "corpo" o come l'espansione della propria energia. Chi raggiunge tale stato è chiamato Yogeśvara, "Signore degli yogi".
 
I testi più importanti di questa scuola sono il ''[[Vijñānabhairava Tantra]]'', di autore ignoto; gli ''Śivasūtra'' di Vasugupta, col commento ''Śivasūtravārttika'' di Bhāskara; la ''[[Spandakārikā]]'', coi commenti ''Spandanirṇaya'' e ''Spandasaṃdoha'' di Kṣemarāja, e lo ''Spandaviṛtti'' di Bhaṭṭa Kallaṭa.
{{vedi anche|Spanda}}
 
=== Pratyabhijñā ===
Il termine ''pratyabhijñā'' vuol dire "riconoscimento", con riferimento al fine spirituale della scuola: riconoscimento della propria natura come divina, il riconoscersi cioè in Śiva, Realtà Ultima, descritto come Suprema Coscienza e Signore Supremo.<ref name= Torella/>
 
La scuola Pratyabhijñā è stata fondata alla fine del IX secolo da Somānanda e sistematizzata dal suo discepolo Utpaladeva. Le opere fondamentali sono gli ''Śivadṛṣṭi'' e la ''Śāktavijñāna'' di Somānanda; la ''Īśvarapratyabhijñākārikā'' di Utpaladeva; i due commenti di Abhinavagupta a quest'opera: la ''Īśvarapratyabhijñāvirmaśinī'' e la ''Īśvarapratyabhijñāvivṛitivirmaśinī''; il ''Pratyabhijñāhṛdya'' di Kṣemarāja.
 
Questa scuola può essere definita come ''anupāya'', cioè "priva di mezzi", dal momento che l'identificazione dell'"io" individuale con l'"io" universale non richiede nessuna disciplina psico-fisica o pratica religiosa particolare, ma soltanto la comprensione metafisica della natura divina quale essenza unica nel mondo.
{{vedi anche|Pratyabhijñā}}
 
== Note==
{{references|2}}
 
==Bibliografia==
*''[[Vijñānabhairava Tantra|Vijñānabhairava]]. La conoscenza del tremendo'', traduzione e commento di Attilia Sironi, introduzione di [[Raniero Gnoli]], Adelphi, 2002.
*[[Gavin Flood]], ''L'induismo'', traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006.
*[[André Padoux]], ''Tantra'', a cura di Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi, 2011.
*[[Lilian Silburn]], ''La Kuṇḍalinī o L'energia del profondo'', traduzione di [[Francesco Sferra]], Adelphi, 1997.
*[[Giuseppe Tucci]], ''Storia della filosofia indiana'', Editori Laterza, 2005.
*Maria Vassallo, ''[http://www.mediaevalsophia.net/_fascicoli/04/art._Vassallo_Alcuni%20aspetti%20cosmogonici%20dello_ivaismo_MS4.pdf?phpMyAdmin=45359ee9ec0e3d22eaea414acdb2f07a Alcuni aspetti cosmogonici dello śivaismo tantrico kaśmīro]'', ''mediaevalsophia.net''.
*[[Vasugupta]], ''Gli aforismi di Śiva, con il commento di [[Kṣemarāja]]'', a cura e traduzione di [[Raffaele Torella]], Mimesis, 1999.
===Bibliografia in lingua non italiana===
*{{fr}} Danielou, A., Le Polythéisme indou.
*{{en}} Dyczkowski, M.S.G., The Doctrine of Vibration: An Analysis of Doctrines and Practices of Kashmir Shaivism.
*{{en}} Dupuche, J.R., Abhinavagupta: The Kula Ritual, as Elaborated in Chapter 29 of the Tantrāloka.
*{{en}} Gnoli, R., Introduzione all'Essenza dei Tantra.
*{{en}} Lal Pandit, M., The Trika Śaivism of Kashmir.
*{{en}} Lakshman Jee, Swami, Kashmir Shaivism: The Secret Supreme.
*{{en}} Muller-Ortega, P., The Triadic Heart of Shiva.
*{{en}} Rastogi, N., The Krama Tantricism of Kashmir.
*{{en}} Singh, J., Para-trisika Vivarana.
*{{en}} Spanda-Kārikās - The Divine Creative Pulsation.
 
[[Categoria:Discipline spirituali]]
 
[[de:Kaschmirischer Shivaismus]]
[[en:Kashmir Shaivism]]
[[es:Shivaísmo de Cachemira]]
[[fr:Shivaïsme du Cachemire]]
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