Seconda guerra mondiale e Giacomo Maria Manzoni (politico): differenze tra le pagine

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Il Codice di Leonardo
 
Riga 1:
{{S|politici italiani|Leonardo da Vinci}}
{{Avvisounicode}}
{{Bio
{{nota disambigua|l'album di Waylon Jennings|[[WWII (album)]]|WWII}}
|Nome = Giacomo Maria
{{Infobox conflitto
|TipoCognome = GuerraManzoni
|Sesso = M
|Nome del conflitto=Seconda guerra mondiale
|LuogoNascita = Lugo
|Immagine=WW2Montage.PNG
|LuogoNascitaLink = Lugo (Italia)
|Didascalia=''Da sinistra a destra e dall'alto in basso'': truppe del Commonwealth nel deserto; civili cinesi sepolti vivi da soldati giapponesi; sommergibile tedesco sotto attacco; forze sovietiche durante un'offensiva invernale; truppe sovietiche in azione a Berlino; aerei su una portaerei giapponese si preparano per il decollo.
|GiornoMeseNascita = 24 ottobre
|Parte_di=
|AnnoNascita = 1816
|Casus= [[Campagna di Polonia|Invasione della Polonia]], [[conferenza di Monaco]]
|LuogoMorte = Lugo
|Data=[[1º settembre]] [[1939]] - [[2 settembre]] [[1945]]
|LuogoMorteLink = Lugo (Italia)
|Luogo=[[Europa]], [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]], [[Africa]], [[Medio Oriente]], [[Asia|Sud-est Asia]], [[Cina]], [[Oceano Atlantico|Atlantico]], [[Oceano Pacifico|Pacifico]]
|GiornoMeseMorte = 30 dicembre
|Esito=Vittoria [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleata]]
|AnnoMorte = 1889
* Fine del [[Terzo Reich]]
|Attività = bibliografo
* [[Occupazione del Giappone]]
|Attività2 = politico
* Caduta del regime [[Italia Fascista|fascista]] in Italia.
|Nazionalità = italiano
* Creazione dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]]
|Epoca = 1800
* Divisione dell'Europa in sfere d'influenza statunitense e sovietica con la creazione della [[NATO]] e del [[Patto di Varsavia]]
|Immagine = Giacomo Manzoni.jpg
|Schieramento1={{Bandiera|Unione Sovietica 1923-1955}} [[Unione Sovietica]]<br />{{Bandiera|USA 1912-1959}} [[Stati Uniti d'America]]<br />{{Bandiera|GBR}} [[Impero britannico]]<br />[[File:Flag of the Republic of China.svg|20px|border]] [[Storia della Repubblica di Cina (1912-1949)|Repubblica di Cina]]<br />{{Bandiera|FRA|}} [[Terza Repubblica francese]]/[[France libre|Francia libera]]<br />'''... [[Alleati della seconda guerra mondiale|e altri]]'''
|Schieramento2={{Bandiera|DEU 1933-1945}} [[Terzo Reich]]<br />{{Bandiera|JPN}} [[Impero giapponese]]<br />{{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] (fino al 1943)</br>{{Bandiera|RSI}} [[Repubblica Sociale Italiana]]
<br />'''... [[Potenze dell'Asse|e altri]]'''
|Comandante1={{Bandiera|Unione Sovietica 1923-1955}} [[Stalin]]<br />{{Bandiera|USA 1912-1959}} [[Franklin Delano Roosevelt]] †<br />{{Bandiera|USA 1912-1959}} [[Harry Truman]]<br />{{Bandiera|GBR}} [[Winston Churchill]]<br />[[File:Flag of the Republic of China.svg|20px|border]] [[Chiang Kai-shek]]<br />{{Bandiera|FRA|libre}} [[Charles de Gaulle]]
|Comandante2={{Bandiera|DEU 1933-1945}} [[Adolf Hitler]] †<br />{{Bandiera|JPN}} [[Hirohito]]<br />{{Bandiera|ITA 1861-1946}}
{{Bandiera|RSI}} [[Benito Mussolini]] †
|Effettivi1=
|Effettivi2=
|Perdite1='''Totale''': 50 milioni<br />Militari: 17 milioni<br />Civili: 33 milioni
|Perdite2='''Totale''': 12 milioni<br />Militari: 8 milioni<br />Civili: 4 milioni
}}
{{CampagnaBox Seconda guerra mondiale}}
 
== Cenni biografici ==
La '''seconda guerra mondiale''' fu il [[guerra|conflitto armato]] che tra il 1939 e il 1945 vide contrapporsi da un lato le [[potenze dell'Asse]] e dall'altro i paesi [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]. Viene definito "mondiale" in quanto, così come già accaduto per la [[prima guerra mondiale|Grande Guerra]], vi parteciparono nazioni di tutti i [[continenti]] e le operazioni belliche interessarono gran parte del pianeta.
Appartenente alla nobile famiglia dei conti [[Manzoni (famiglia)|Manzoni]], nacque da Giambattista e Caterina Monti, nipote del celebre poeta [[neoclassicismo|neoclassicista]] [[Vincenzo Monti|Vincenzo]]. Studiò al collegio "Carlo Ludovico" di [[Lucca]] fino al [[1835]]; si perfezionò in [[ebraico]] a [[Roma]] da monsignor Nicola Wiseman<ref name="Baldini">Giovanni Baldini, ''Un agrario ai vertici della Repubblica Romana fino a un dorato esilio'', «Giornale di massa», ottobre 2016, p. 24.</ref>.
 
A Lugo fu insegnante di [[greco antico]] al Collegio Trisi, istituzione accademica locale. Fu il primo presidente della Cassa di Risparmio cittadina (1845)<ref name="Baldini"/>. Nel [[1846]] la famiglia Manzoni acquistò una villa in località Frascata appartenente ai [[Bentivoglio (famiglia)|Bentivoglio d'Aragona]]<ref>La villa sarà teatro dell'[[Eccidio dei conti Manzoni|eccidio]] avvenuto il 7-8 luglio 1945.</ref>.
Iniziò il 1º settembre 1939 con l'[[campagna di Polonia|attacco della Germania nazista alla Polonia]] e terminò, nel [[Teatro europeo della seconda guerra mondiale|teatro europeo]], l'8 maggio 1945 con la resa tedesca e in [[Guerra del Pacifico (1941-1945)|quello asiatico]] il successivo 2 settembre con la resa dell'[[Impero giapponese]] a seguito dei [[bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki]].
 
Nel [[1848]] divenne membro del Consiglio dei Deputati (la Camera bassa del parlamento pontificio) e segretario del primo ministro [[Pellegrino Rossi]]; l'anno seguente fu [[ministro]] delle finanze della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana del 1849]].
È considerato il più grande conflitto armato della storia, costato all'umanità sei anni di sofferenze, distruzioni e massacri per un totale di 55-60 milioni di morti. Le popolazioni civili si trovarono direttamente coinvolte nel conflitto a causa dell'utilizzo di armi sempre più potenti e distruttive (spesso deliberatamente adoperate contro obiettivi non militari) o perché invise all'occupante: ad esempio il [[Terzo Reich]] portò avanti con metodi ingegneristici l'[[Olocausto]] per annientare le genti di origine o etnia [[Ebrei|ebraica]], (affiancando a questo sterminio l'uccisione in massa di [[Rom (popolo)|Rom]], [[Sinti]], [[omosessualità|omosessuali]], [[Testimoni di Geova]], [[polacchi]], portatori di disabilità, infermi, ecc.), mentre gli Alleati bombardarono intensivamente con l'aviazione le città più grandi dello schieramento opposto.
 
Dopo la repressione dei repubblicani fu in esilio in [[Grecia]], [[Inghilterra]] e [[regno di Sardegna]] e solo nel [[1859]] poté ritornare in [[Romagna]], dove si stabilì.
Al termine della guerra l'[[Europa]], ridotta ad un cumulo di macerie, completò il processo di involuzione iniziato con la prima guerra mondiale e perse definitivamente il primato politico-economico mondiale, che fu assunto in buona parte dagli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]; a essi si contrappose l'[[Unione Sovietica]] uscita vincitrice dal conflitto e il confronto tra le due [[Superpotenza|superpotenze]] si sviluppò per oltre quarant'anni nello scenario noto come "[[guerra fredda]]".
 
Ebbe un figlio, Luigi (1844-1905).
== Il contesto storico ==
{{Vedi anche|Eventi precedenti la seconda guerra mondiale in Europa}}
[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|thumb|[[Benito Mussolini]] e [[Adolf Hitler]]]]
 
[[Bibliografo]], pubblicò nel [[1882]] gli ''Studi di bibliografia analitica''. Il prezioso ''Codice sul volo degli uccelli'' di [[Leonardo da Vinci]], oggi conservato alla [[Biblioteca Reale di Torino]] appartenne per molti anni alla sua biblioteca privata. Il Manzoni ne realizzò una copia di propria mano, attualmente custodita a Lugo in una collezione privata.
=== Germania ===
Il durissimo trattamento subìto in seguito alla sconfitta nella [[prima guerra mondiale]] in base a quanto stabilito dal [[Trattato di Versailles (1919)|Trattato di Versailles]] (''[[Dolchstoßlegende]]''), le successive difficoltà economiche, aggravate dalla crisi mondiale del [[giovedì nero]], causarono un profondo malcontento nel popolo tedesco e favorirono la diffusione delle idee [[Nazionalsocialismo|nazionalsocialiste]] di [[Adolf Hitler]] e del suo [[Partito Nazista|movimento politico]]. Dopo una rapida ascesa politica, il movimento nazista prese le redini del potere in Germania, assumendo il controllo totale dello Stato. La politica estera hitleriana divenne via via sempre più aggressiva: ignorando i vincoli imposti dal trattato di Versailles, nel corso di pochi anni venne riarmato l'esercito, il 7 marzo [[1936]] fu rimilitarizzata la zona di confine con la [[Francia]] (la [[Renania]]), il 12 marzo [[1938]] fu sancita l'annessione dell'[[Austria]] (''[[Anschluss]]''); con la [[Conferenza di Monaco]], il 1º ottobre 1938, venne annessa la regione dei [[Sudeti]] e, il 13 marzo [[1939]], quella di [[Protettorato di Boemia e Moravia|Boemia e Moravia]], costituita in [[protettorato]], entrambe le regioni rappresentando la parte occidentale della [[Cecoslovacchia|Repubblica cecoslovacca]] che cesserà di esistere per l'intero periodo della guerra.<ref>Il restante territorio cecoslovacco venne costituito in una nuova entità, la [[Repubblica Slovacca (1939-1945)|Repubblica Slovacca]] di [[Jozef Tiso]], uno stato [[Fascismo clericale|clericale]] e filonazista che si degraderà durante la guerra a mero stato fantoccio.</ref>
 
Poco prima dell'inizio del conflitto, il 23 agosto 1939, la Germania aveva stipulato un [[patto di non aggressione]] ([[Patto Molotov-Ribbentrop]]) con l'[[Unione Sovietica]], mentre ripresentava le sue pretese territoriali su parte della [[Polonia]] (il [[corridoio di Danzica]]). La Polonia rigettò tali pretese e la Germania, il 1º settembre 1939, la invase con un pretesto, il cosiddetto [[incidente di Gleiwitz]].
 
=== Italia ===
In [[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] il 30 ottobre [[1922]] era salito al [[governo Mussolini|governo]] [[Benito Mussolini]]. Con questo il 2 ottobre [[1935]] prese il via la [[campagna d'Etiopia|campagna d'Etiopia.]] Il 9 maggio [[1936]] venne proclamato l'Impero. Il 7 aprile [[1939]] l'Italia occupò l'[[Albania]] e due giorni dopo ne sancì l'annessione. Nonostante la tensione tra Italia e Germania creatasi al momento dell'annessione dell'[[Austria]], nel maggio [[1939]] Mussolini strinse il "[[Patto d'acciaio]]" con la Germania, per poi dichiararsi, allo scoppio del conflitto, non belligerante. Nel ventennio si fece promotore di un [[blocco latino]] che, all'interno dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], si contrapponesse alla [[Germania nazista]] per equilibrare i rapporti di forza.
 
=== Giappone ===
L'[[Impero giapponese]] invase la [[Cina]] nel settembre del [[1931]], usando la [[incidente di Mukden|messa in scena]] del [[sabotaggio]] ferroviario di [[Mukden]] come pretesto per l'invasione della [[Manciuria]]. Anche se il governo giapponese si oppose all'azione, l'esercito fu in grado di agire in maniera indipendente e instaurò un [[governo fantoccio]], creando uno Stato separato: il [[Manciukuò]].
 
=== Spagna ===
La [[Spagna]] di [[Francisco Franco]], appena uscita da una sanguinosa [[Guerra civile spagnola|guerra civile]] durante la quale era stata aiutata da italiani e tedeschi, decise di restare neutrale nei confronti dei belligeranti della Guerra mondiale, ma offrendo per esempio l'utilizzo di basi navali alle navi tedesche, fino al ritorno alla completa neutralità nel [[1943]], quando le sorti della guerra apparvero decisamente sfavorevoli all'Asse. Franco inviò truppe della [[Divisione Blu|División Azul]] (o Divisione Blu, dal nome del colore del partito della [[Falange spagnola]], i cui membri erano chiamati "camicie blu") per combattere sul fronte orientale contro l'[[Unione Sovietica]]. Successivamente truppe spagnole affiancarono quelle statunitensi nella liberazione delle [[Filippine]] dall'occupazione giapponese.
 
== Le cause ==
{{vedi anche|Anschluss|Conferenza e accordo di Monaco|Patto d'Acciaio}}
In tutti i 6 anni che, prima dello scoppio del conflitto, videro Hitler cancelliere della nazione tedesca, egli lanciò numerose sfide a [[Francia]] e [[Regno Unito]], i vincitori della [[prima guerra mondiale]]. La Grande Guerra, costata 2 milioni di soldati morti ai tedeschi e 3 agli anglofrancesi<ref>[[Martin Gilbert]]: ''La grande storia della prima guerra mondiale''</ref> si era conclusa con la firma del [[trattato di Versailles (1919)|trattato di Versailles]] che conteneva punizioni estremamente dure per i tedeschi: cessione dell'[[Alsazia]]-[[Lorena (regione francese)|Lorena]] alla Francia e di vaste zone orientali alla [[Polonia]], smantellamento dell'aviazione, divieto di possedere mezzi corazzati in un esercito di non più di 100.000 effettivi, consegna della flotta e un risarcimento di 132 milioni di marchi in oro. Condizioni estremamente punitive per una nazione che, all'11 novembre [[1918]] aveva le sue truppe ancora attestate nel territorio francese e che contribuirono a creare il mito secondo cui a far perdere la guerra all'[[Impero germanico|impero]] sarebbero stati pochi "traditori" non nazionalisti (è il mito della cosiddetta [[Dolchstoßlegende|"pugnalata alle spalle"]]), contro i quali Hitler e il suo [[NSDAP]] (''Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori'') promettevano di vendicarsi una volta saliti al potere, cosa che avvenne nel [[1933]]. L'anno dopo, con la morte del cancelliere, l'anziano maresciallo [[Paul von Hindenburg]], Hitler assunse poteri dittatoriali.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1969-065-24, Münchener Abkommen, Ankunft Mussolini.jpg|upright=1.6|thumb|Hitler e Mussolini in parata a [[Monaco di Baviera]] dopo i famosi accordi del [[1938]].]]
 
Cominciarono subito reiterate violazioni della pace del 1919: in primo luogo, dopo l'uscita della Germania dalla [[Società delle Nazioni]], antesignana dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]], nel [[1935]] fu reintrodotta la coscrizione obbligatoria e venne posta al comando di [[Hermann Goring]] una nuova forza aerea, la [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]]. Successivamente, al comando di poche, simboliche forze, Hitler rioccupò nel [[1936]] la smilitarizzata [[Renania]] e cominciò a formarsi un sodalizio con l'Italia quando questa, isolata dagli ex alleati durante la [[guerra d'Etiopia]], si riavvicinò alla Germania, sfruttando anche la comunanza ideologica (il nazismo aveva preso molto dal fascismo: il [[saluto romano]] e la creazione di veri e propri "eserciti di partito", come le [[Schutzstaffel|SS]], a modello delle [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|Camicie Nere]] italiane sono i due esempi più significativi). Questo ottimo rapporto tra i due regimi fu cementato prima dall'intervento comune a favore di [[Francisco Franco]] durante la [[guerra civile spagnola]], in cui i tedeschi sperimentarono il bombardamento a tappeto di varie città, come [[Guernica]], e, successivamente, dalla firma, il 25 ottobre [[1936]], dell'[[Potenze dell'Asse|asse]] [[Roma]]-Berlino, preludio all'alleanza militare.
 
Mentre il riarmo tedesco continuava, concentrandosi specialmente sulle divisioni corazzate e sull'aviazione, Hitler cominciò a cercare di espandere territorialmente la Germania, per farle ottenere quello spazio vitale (''[[Lebensraum]]'') di cui, secondo quanto asseriva nel suo libro, il ''[[Mein Kampf]]'', aveva assoluto bisogno per trovare nuove terre in cui concentrare la sua crescente popolazione: come primo passo, sfruttando la scarsa vena combattiva delle potenze occidentali (fautrici dell'[[appeasement]], politica che cercava l'accordo a qualunque costo), nel marzo [[1938]] l'[[Austria]], paese natale del ''Fuhrer'', fu annessa al Reich, nonostante il divieto a un'unione austro-tedesca contenuto nel trattato di Versailles. Più resistenza oppose la [[Cecoslovacchia]], altro stato creato nel dopoguerra, a cedere la regione dei [[Sudeti]], zona di confine popolata a maggioranza da popolazioni di origine germanica (i cosiddetti "[[tedeschi dei Sudeti]]"). Hitler tentò in ogni modo di convincere i cecoslovacchi ma questi rifiutarono, forti dell'alleanza con la Francia e del fatto di essere un avversario decisamente ostico: il loro esercito era composto da circa 30-35 divisioni<ref name="hart">[[Basil Liddell Hart]]: ''Storia militare della seconda guerra mondiale''</ref>, possedevano una delle migliori industrie produttrici di armi e mezzi corazzati (la [[Škoda Holding|Skoda]]) e avevano approntato nei Sudeti una [[fortificazioni di confine cecoslovacche|serie di difese]] difficilmente superabili. Conquistare la regione, come ammisero molti alti esponenti della politica tedesca, sarebbe stato un compito arduo<ref>[[Albert Speer]]: ''Memorie dal Terzo Reich''</ref>. Hitler era però deciso ad annettersi con la forza la regione e l'invasione era già programmata per gli ultimi giorni del settembre 1938. Tuttavia, grazie al provvidenziale intervento di Mussolini, si riuscì a organizzare una conferenza a Monaco di Baviera, con la presenza di Hitler, di Mussolini, del primo ministro inglese [[Neville Chamberlain]] e di quello francese [[Edouard Daladier]]. I rappresentanti cecoslovacchi, non invitati, attesero in anticamera la decisione, che vide i Sudeti assegnati alla Germania. Chamberlain e Mussolini tornarono in patria acclamati come eroi e salvatori della pace, mentre la Cecoslovacchia era ormai finita: pochi mesi dopo, a marzo [[1939]], la [[Boemia]] e la [[Moravia]] furono dichiarati "[[Protettorato di Boemia e Moravia|protettorato del Reich]]", mentre in [[Repubblica Slovacca (1939-1945)|Slovacchia]] venne istituito un governo [[stato fantoccio|fantoccio]] della Germania.
 
Successivo obiettivo dei tedeschi fu la Polonia. Il trattato del 1919 aveva separato dal resto della Germania la regione della [[Prussia orientale]], circondata da territorio polacco. Hitler reclamò allora la restituzione della città di [[Danzica]] e del territorio ad essa vicina, il "[[corridoio polacco]]". A causa del cambio di rotta delle diplomazie occidentali, che divennero fermamente decise a ostacolare questo passo di Hitler, la Polonia rifiutò. Inglesi e francesi credevano di aver fermato definitivamente l'espansione nazista, contando anche sull'appoggio dell'Unione Sovietica in caso di invasione tedesca della Polonia. Ma il governo tedesco rispose con un abile colpo diplomatico (dopo aver già firmato un'alleanza con l'Italia, il "[[Patto d'Acciaio]]"): il 24 agosto 1939 il ministro dell'esteri russo, [[Vjačeslav Michajlovič Molotov]], e quello tedesco, [[Joachim von Ribbentrop]] firmarono un [[patto di non aggressione]] tra le due nazioni della durata di dieci anni, il [[patto Molotov-Ribbentrop]]. Un protocollo segreto dell'accordo divideva l'Europa orientale in due sfere d'influenza, lasciando mano libera all'URSS sulle repubbliche baltiche e in [[Finlandia]], e prevedeva una spartizione della Polonia, dando mano libera a Hitler per lanciare l'offensiva. Il 1º settembre, alle 4 del mattino, le truppe tedesche attraversavano la frontiera polacca, e due giorni dopo Francia e Gran Bretagna dichiaravano guerra alla Germania. Era iniziata la seconda guerra mondiale.
 
== Cronologia del conflitto ==
[[File:Second world war europe animation small.gif|thumb|Il teatro di guerra europeo {{Legenda|#C55050|Potenze dell'Alleanza}} {{Legenda|#419A59|URSS}} {{Legenda|#4068B8|Potenze dell'Asse}} {{Legenda|#FFFFFF|Paesi neutrali}}]]
{{Vedi anche|Cronologia della seconda guerra mondiale|Guerra lampo|Strana guerra}}
L'inizio della guerra viene indicato da gran parte della [[storiografia]] nel 1º settembre del 1939, quando la Germania invase la Polonia.
 
Altre periodizzazioni, meno tradizionali, fanno risalire concretamente l'inizio del conflitto con eventi bellici precedenti scatenati da altre nazioni: l'[[Guerra d'Etiopia|aggressione italiana all'Etiopia]], la [[guerra civile spagnola]] o l'[[Seconda guerra sino-giapponese|attacco giapponese alla Cina]].
 
=== Teatro europeo ===
{{Vedi anche|Teatro europeo della seconda guerra mondiale}}
==== 1939 ====
===== L'invasione della Polonia =====
{{vedi anche|Campagna di Polonia}}
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1979-056-18A, Polen, Schlagbaum, deutsche Soldaten.jpg|thumb|1º settembre 1939, soldati tedeschi rimuovono la barriera del confine tedesco-polacco]]
 
Il 1º settembre 1939 alle 04:45 la Germania iniziò le [[Fall Weiss|operazioni militari contro la Polonia]]: cinque armate della [[Wehrmacht]] forti di {{formatnum:1850000}} uomini, {{formatnum:2650}} [[carro armato|carri armati]] e {{formatnum:2085}} aerei della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]]<ref name="ReferenceA" />, invasero la Polonia con un attacco a tenaglia, impiegando l'innovativa [[tattica militare]] della [[guerra lampo]] o ''Blitzkrieg''. Il 2 settembre il Regno Unito e la Francia inviarono alla Germania un [[ultimatum]] che rimase senza risposta; il 3 settembre, rispettivamente alle 11:45 e alle 17:00, le dichiararono guerra.
 
L'esercito polacco contava un milione di uomini (circa il 30% in meno degli effettivi previsti, ma non ebbe il tempo di mobilitarsi completamente), diverse centinaia di [[Autoblindo|autoblinde]] e carri armati di modelli leggeri o antiquati, con l'appoggio di seicento aerei di modesta qualità<ref name="ReferenceA">Fonte: Rivista ''Eserciti nella Storia'', nº 22 marzo-aprile 2004, Delta Editrice, Parma.</ref>. La resistenza dei polacchi fu tenace e ostinata, ma non sufficientemente consistente e coordinata, in particolare per fronteggiare la nuova Blitzkrieg. Gli anziani generali polacchi commisero l'errore strategico di disperdere l'esercito su una lunghissima linea difensiva, ritenendo di dover combattere una [[guerra di trincea]]. Invece, dopo i primi giorni di scontri violenti, specie nelle battaglie di ''Mlawa'' e di ''Pomerania''<ref name="ReferenceA"/>, il 3 settembre i [[Panzer]] tedeschi riuscirono a penetrare nelle retrovie nemiche ed iniziarono le [[Aggiramento|manovre di accerchiamento]].
 
Già l'8 settembre i primi carri armati tedeschi giunsero alle porte dalla capitale polacca, dando il via alla [[battaglia di Varsavia (1939)|battaglia di Varsavia]], mentre la maggior parte dell'esercito polacco veniva metodicamente accerchiata in [[Sacca (militare)|sacche]] isolate ed annientata nel giro di due o tre settimane, a seconda delle zone. Tuttavia, per la [[Wehrmacht]], la conquista della capitale polacca si rivelò più lunga e complessa del previsto. Nel timore di un attacco della [[Francia]] da ovest i tedeschi decisero di accelerare i tempi della sconfitta polacca ed iniziarono a colpire [[Varsavia]] con la tattica del [[bombardamento a tappeto]]. Come conseguenza, nell'arco di una ventina di giorni, la città soffrì quasi {{formatnum:26000}} morti ed oltre {{formatnum:50000}} feriti tra la popolazione civile. Da quel momento, l'impresa militare voluta da [[Hitler]] assunse il carattere di ''[[guerra totale]]'': i militari e i civili furono ugualmente coinvolti, lottando disperatamente per la vittoria e la sopravvivenza.
 
[[File:Schleswig Holstein firing Gdynia 13.09.1939.jpg|thumb|left|13 settembre [[1939]], la vecchia [[Nave da battaglia|corazzata]] [[Germania nazista|tedesca]] ''[[Schleswig-Holstein (nave da battaglia)|Schleswig-Holstein]]'' apre il fuoco contro la fortezza polacca di [[Westerplatte]]]]
 
Il 17 settembre l'[[Unione Sovietica]], improvvisamente, ma in linea con il [[patto Molotov-Ribbentrop]], aggredì la Polonia da est con {{formatnum:466000}} soldati, {{formatnum:3740}} carri armati e {{formatnum:2000}} aerei<ref>S.J. Zaloga, ''Poland 1939'', Osprey publ. 2002. Altre fonti (rivista ''Eserciti nella storia'') riportano cifre più alte: 1,8 milioni di soldati sovietici e oltre {{formatnum:6000}} carri armati.</ref>, incontrando scarsa resistenza. Alcuni storici ritengono che in realtà [[Stalin]] volesse evitare che la Germania occupasse i territori polacchi orientali (che erano però abitati in maggioranza da bielorussi e come tali vennero annessi alla omonima repubblica), altri riportano volontà espansionistiche russe (avvalorate, tra l'altro, dalla guerra successivamente scatenata contro la [[Finlandia]], e dal fatto che, a conflitto finito, Stalin non volle cedere questi territori). L'attacco dell'[[URSS]] segnò definitivamente il destino della [[Polonia]]. Tuttavia, il 18 settembre, le forze corazzate polacche tentarono una coraggiosa battaglia contro i Panzer tedeschi a [[Tomaszów Lubelski]], ma dovettero soccombere sia per inferiorità numerica che qualitativa. Con la popolazione civile ridotta allo stremo, Varsavia si arrese alle truppe tedesche il 27 settembre [[1939]]. Pochi giorni dopo, il 30 settembre, a [[Parigi]] si costituì il [[Governo polacco in esilio]]. L'Esercito polacco fu completamente disarmato entro il 6 ottobre, dopo la battaglia di ''Koch''.
 
Complessivamente, le perdite polacche assommarono a circa: {{formatnum:66300}} militari morti, {{formatnum:133700}} militari feriti, {{formatnum:420000}} militari divenuti prigionieri di guerra, {{formatnum:150000}} civili morti ed un numero imprecisato di feriti. Circa {{formatnum:20000}} civili polacchi riuscirono a fuggire in [[Lettonia]] e [[Lituania]], altri {{formatnum:100000}} fuggirono in [[Ungheria]] o [[Romania]]. Le perdite tedesche assommarono a circa {{formatnum:13000}} militari<ref name="ReferenceA"/><ref>The Times, ''Atlas of the Second World War'', Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1989.</ref>.
 
Nella parte della Polonia occupata dall'[[URSS]], le forze sovietiche catturarono circa {{formatnum:242000}} polacchi, parte dei quali furono sospettati di essere [[Anticomunismo|anticomunisti]]. Nel corso dell'anno successivo, la Polizia politica sovietica [[NKVD]], a seguito di processi sommari, iniziò a giustiziare migliaia di prigionieri. Stime accreditate parlano di un totale di {{formatnum:21857}} morti, dei quali {{formatnum:4243}} furono i cadaveri rinvenuti nelle [[Massacro di Katyń|Fosse di Katyń]] dai tedeschi nel [[1943]]<ref name="ReferenceA"/>.
 
===== La strana guerra =====
{{vedi anche|strana guerra}}
[[File:Sitzkrieg.jpg|thumb|Novembre 1939, soldati britannici e francesi giocano a carte in un campo d'atterraggio durante la [[strana guerra]].]]
 
Al termine delle operazioni contro la Polonia, Hitler lanciò messaggi di pace a Francia e Gran Bretagna, che furono respinti dai rispettivi primi ministri l'11 ed il 12 ottobre<ref>Il primo ministro francese trasmise anche un messaggio radiofonico in cui, con «tono sprezzante», esprimeva il suo diniego sui propositi di pace provenienti da Hitler e furono parimenti respinte dai due primi ministri, il mese successivo, le offerte di mediazione della [[Guglielmina dei Paesi Bassi]], di re [[Leopoldo III dei Belgi|Leopoldo del Belgio]] e di re [[Carlo II di Romania|Carlo di Romania]]. Vedi {{Cita|Salmaggi, Pallavisini 1989|p. 28.}}</ref>. Il periodo che seguì vide una preparazione da ambo le parti per l'inizio di un'offensiva terrestre tedesca sul [[Fronte occidentale (1939-1945)|fronte occidentale]], preparazione che fu tuttavia priva di significative operazioni, tanto da passare alla storia come la "[[strana guerra]]".<ref> Nei vari paesi il termine ebbe diverse allocuzioni e significati: in tedesco ''Sitzkrieg'', "guerra seduta", in francese ''drôle de guerre'', "guerra buffa", in polacco ''dziwna wojna'', "guerra strana", in inglese ''bore war'', "guerra noiosa", ed in italiano "guerra fittizia", termine coniato da [[Benito Mussolini]]; lo storico William Shirer, il 9 ottobre 1939, percorse in treno la ferrovia che costeggiava la riva orientale del Reno e commentò: «vedo i tedeschi issare sulla linea ferroviaria cannoni e provviste senza che i francesi li disturbino; che buffa guerra!». Vedi {{Cita|Biagi 1995|p. 146.}}</ref>.
 
Il Consiglio supremo Alleato decise di presidiare la linea [[Mosa (dipartimento)|Mosa]]-[[Anversa]] in caso di attacco tedesco attraverso il [[Belgio]] mentre la Germania, con la direttiva numero 6 del 6 ottobre 1939, stabilì i piani di invasione della Francia, utilizzando la medesima strategia messa in atto durante la prima guerra mondiale, ossia la violazione della neutralità del Belgio e dei [[Paesi Bassi]], piani che vennero tuttavia scoperti dalle autorità belghe il 10 gennaio 1940 a seguito di un incidente aereo<ref>L'aereo tedesco fu costretto ad un atterraggio di fortuna nei pressi di Mechelen; i due ufficiali a bordo, il maggiore Reinberger ed il maggiore Hoenmans, stavano trasportando gli ordini destinati al comando del gruppo d'armate B relativi al piano d'attacco in occidente. Vedi {{Cita|Salmaggi, Pallavisini 1989|p. 40.}}</ref> che permise il recupero dei documenti segreti relativi al cosiddetto "[[Fall Gelb]]", il "caso giallo". Ma anche a fronte di questo importante ritrovamento, il Belgio non permise alle truppe britanniche e francesi l'attraversamento del confine, per non offrire un ''casus belli'' alla Germania.
 
===== Prime battaglie navali ed aeree =====
Dal settembre [[1939]] all'aprile [[1940]], le prime battaglie tra [[Germania nazista|Germania]] e gli alleati [[Gran Bretagna]] e [[Francia]] avvennero quasi esclusivamente nei mari e nei cieli. Essendo la Gran Bretagna una grande isola, e dipendendo quindi dal mare per i collegamenti commerciali con il resto del mondo e con le sue [[colonie]], la [[Kriegsmarine]] si mobilitò per intercettare il traffico marittimo da e per la Gran Bretagna, per mettere in difficoltà l'economia e la popolazione britannica. I tedeschi impiegarono sommergibili [[U-Boot]], navi da guerra e alcune [[incrociatore ausiliario|navi corsare]], realizzando una massiccia operazione di posa di [[Mina navale|mine magnetiche]] sulle rotte che portavano agli approdi per le navi britanniche<ref>La corazzata ''[[HMS Nelson (28)|Nelson]]'' fu gravemente danneggiata da una di queste mine prima che i britannici trovassero il modo di neutralizzarle, smagnetizzando lo scafo per mezzo di un cavo elettrico chiamato ''degaussing''. Vedi {{Cita|Peillard 1992|p. 47.}}</ref>, mentre la [[Royal Navy]] si attivò per pattugliare le rotte commerciali dal [[mare del Nord]] all'[[oceano Atlantico]].
 
La [[Kriegsmarine]] ottenne alcuni importanti successi iniziali: il 17 settembre 1939, l'affondamento della portaerei ''[[HMS Courageous (50)|Courageous]]'' ad opera dell'[[U 29]] nel Mare del Nord; il 14 ottobre l'affondamento della corazzata ''[[HMS Royal Oak (08)|Royal Oak]]'' a [[Scapa Flow]] ad opera dell'[[U 47]], comandato dal [[Gradi della Kriegsmarine|tenente di vascello]] [[Günther Prien]]; il 23 novembre l'affondamento dell'incrociatore ausiliario ''[[HMS Rawalpindi|Rawalpindi]]'' al largo tra [[Islanda]] e [[isole Fær Øer]], ad opera degli incrociatori da battaglia ''[[Scharnhorst (incrociatore da battaglia)|Scharnhorst]]'' e ''[[Gneisenau (incrociatore da battaglia)|Gneisenau]]''. Ma gli Alleati realizzarono a loro volta un successo inducendo, il 17 dicembre, la [[Classe Deutschland (incrociatore)|corazzata tascabile]] ''[[Admiral Graf Spee]]'', [[Battaglia del Río de la Plata#L'autoaffondamento dell'Admiral Graf Spee|ad autoaffondarsi]] nell'[[estuario]] del [[Río de la Plata]].
 
Va inoltre ricordato che la [[Kriegsmarine]], già la sera del 3 settembre 1939, si rese responsabile di una delle prime [[strage|stragi di civili]]<ref>La prima strage in assoluto della guerra fu ad opera della Luftwaffe, la mattina del 1º settembre 1939: i bombardieri tedeschi colpirono la città di [[Wieluń]], causando 1200 morti. Fonte: Rivista ''Eserciti nella Storia'', nº 22 marzo-aprile 2004, Delta Editrice, Parma.</ref>, nonché primo grave incidente diplomatico della guerra: l'[[U-30]] affondò il transatlantico [[SS Athenia|SS ''Athenia'']] (probabilmente scambiandolo per una nave da guerra britannica, poiché non vi era nessun interesse strategico-militare in una simile azione), con 1103 civili a bordo, tra i quali 300 civili statunitensi – e gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] erano allora una Nazione neutrale. I tedeschi tentarono poi di negare ogni responsabilità riguardo l'accaduto, arrivando perfino ad accusare i britannici di aver affondato loro stessi la ''Athenia'' per diffamare i tedeschi. La piena verità fu resa nota solo nel [[1946]]<ref>Riguardo l'accaduto, il comandante dell'U 30 si giustificò, con i suoi superiori, sostenendo che aveva scambiato il transatlantico per un [[incrociatore ausiliario|incrociatore mercantile armato]]; in quanto il transatlantico stava navigando di notte con tutte le luci spente e a zig-zag (andatura tipica delle navi da guerra in navigazione notturna, per evitare la caccia dei sommergibili nemici). [[Hitler]] impose che l'incidente rimanesse segreto, per motivi politici. I britannici, invece, sostennero sempre che l<nowiki>'</nowiki>''Athenia'' fu probabilmente attaccato da un sommergibile tedesco; e che l'attacco era presumibilmente intenzionale, basandosi sull'esperienza della prima guerra mondiale, durante la quale i sommergibili tedeschi erano soliti attaccare le navi passeggeri che sospettavano trasportassero truppe nemiche. Nel [[1946]], al [[processo di Norimberga]], gli alti comandanti della [[Kriegsmarine]] dichiararono che l'affondamento del transatlantico era stato effettivamente opera dell'U 30, ma che era avvenuto senza alcuna intenzionalità, per un errore di identificazione della nave passeggeri. Fonte: Enciclopedia ''Il Terzo Reich''.</ref>.
 
Nel tentativo di ostacolare le operazioni della Kriegsmarine, numericamente inferiore alla Royal Navy ma molto aggressiva, nell'arco di vari mesi fra il 1939 e il 1940 la [[Royal Air Force]] effettuò numerosi raid di bombardieri contro i porti militari tedeschi, le fabbriche di U-Boot, i cantieri navali e i depositi di munizioni navali, in particolare a [[Wilhelmshaven]] e [[Kiel]]. Le conseguenti battaglie aeree contro la [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]] furono molto sanguinose: la [[Royal Air Force|RAF]] arrivò a perdere fino al 50% dei bombardieri [[Vickers Wellington]] ad ogni sortita, poiché i velivoli britannici erano costretti ad effettuare le loro missioni senza alcun [[Aereo da caccia|caccia]] di scorta, dato che la RAF non disponeva ancora di caccia a lungo raggio; e i bombardieri, da soli, non riuscivano a difendersi efficacemente dai [[Messerschmitt Bf 109|Bf 109]] e [[Messerschmitt Bf 110|Bf 110]] della Luftwaffe. Ciò risultò molto evidente, ad esempio, il 18 dicembre 1939 durante la [[Battaglia della Baia di Heligoland (1939)|Battaglia della Baia di Heligoland]]; e, per i britannici, la situazione peggiorò in altre battaglie aeree successive.
 
Nel frattempo, sempre tra il 1939 ed il 1940, numerosi scontri aerei avvennero sopra la [[linea Maginot]] e la [[linea Sigfrido]], tra i caccia e i ricognitori della [[Armée de l'air]] francese e della Luftwaffe tedesca, poiché gli eserciti di ciascun lato tentavano di spiare dal cielo gli schieramenti delle truppe avversarie.
 
===== L'attacco dell'Unione Sovietica alla Finlandia =====
{{Vedi anche|guerra d'inverno}}
Al culmine di una crisi diplomatica che durava ormai da molti anni, il 30 novembre l'[[Unione Sovietica]] diede il via alla [[guerra d'inverno]], sferrando un massiccio attacco contro la [[Finlandia]], dopo che questa aveva rifiutato la richiesta di [[Stalin]] di installare basi militari sovietiche nel suo territorio e soprattutto la richiesta di rettifica del confine nei pressi di Leningrado che era allora molto vicina alla frontiera Sovieto-Finlandese e metteva la città russa a rischio artiglieria nemica anche da colpi sparati oltre confine. Alla base di questo attacco vi erano vari fattori: la fretta di acquisire territori da porre sotto la propria sfera di influenza, facendovi rientrare la Finlandia, in passato parte dell'[[Impero russo]] ma distaccatasi a seguito della [[rivoluzione russa]]; la volontà di vendetta contro i finlandesi, i quali avevano appoggiato i partigiani bianchi; e fornire una dimostrazione di forza alla Germania, tentando di conseguire un rapido successo militare simile a quello di Hitler in Polonia.
 
[[File:Winter war.jpg|thumb|Soldati finlandesi durante la Guerra d'inverno, con equipaggiamento invernale e mitragliatrice pesante]]
 
Le intenzioni di Stalin tuttavia si scontrarono con la tenace resistenza finlandese e, nonostante l'impiego di un milione di uomini, tremila carri armati e quasi quattromila aerei, l'Armata Rossa non riuscì a realizzare una rapida invasione, a causa di strategie di attacco sbagliate, delle efficaci tattiche di guerriglia adottate dai finlandesi, pur numericamente molto inferiori, e delle difficoltà dovute al terribile [[inverno]] nordico, con suolo ghiacciato e temperature fra i −30&nbsp;°C e −50&nbsp;°C: l'Armata Rossa, che tra l'altro era stata qualitativamente indebolita dalle [[grandi purghe|grandi purghe staliniane]] degli [[anni 1930|anni trenta]], evidenziò enormi carenze organizzative e subì scacchi umilianti sul campo di battaglia. La Finlandia, diversamente da ciò che era successo alla Polonia contro i tedeschi, non cedette all'urto iniziale delle forze sovietiche, ma riuscì a creare un fronte e, come conseguenza, la Guerra d'inverno durò diversi mesi, durante i quali i Finlandesi, combattendo una vera guerra di popolo contro un aggressore ben più potente, riuscirono ad accattivarsi la simpatia di molti paesi occidentali.
 
L'attacco sovietico fu percepito dall'opinione pubblica mondiale come una brutale aggressione, del tutto ingiustificata e, pertanto, l'Unione Sovietica venne espulsa dalla [[Società delle Nazioni]] e molte nazioni si prodigarono per aiutare la Finlandia: Francia, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Paesi Bassi, Ungheria, Italia e Stati Uniti vendettero o cedettero gratuitamente alla Finlandia vari armamenti e rifornimenti e molti volontari, soprattutto [[danesi]], [[norvegesi]] e [[finlandesi d'Ingria]], ma anche oltre 200 volontari di altre Nazioni, si offrirono per la causa finlandese.
 
Dopo mesi di battaglia l'Armata Rossa riuscì a sfondare una parte delle difese finlandesi in [[Carelia]], ma la protesta internazionale contro l'URSS era giunta al culmine e, non volendo rischiare il completo isolamento diplomatico, Stalin accettò infine di intavolare trattative. Il 12 marzo 1940 Finlandia e Unione Sovietica giunsero così alla [[trattato di Mosca (1940)|pace di Mosca]], con la cessione di alcuni territori finlandesi all'Unione Sovietica.
 
==== 1940 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1940}}
===== L'occupazione della Danimarca e della Norvegia =====
{{vedi anche|incidente dell'Altmark|operazione Weserübung|campagna di Norvegia|Teatro scandinavo della seconda guerra mondiale}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-754-051N-23, Dänemark, Panzer II und I.jpg|thumb|Aprile [[1940]], [[Panzer II]] [[Germania nazista|tedeschi]] a [[Copenaghen]]]]
 
All'inizio del 1940 il [[Führer]] decise di rimandare a primavera l'attacco alla Francia, per concentrare la propria attenzione sulla [[penisola scandinava]], come stavano facendo gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]. Il ''casus belli'' che gli permise di giustificare agli occhi del mondo l'attacco alla [[Danimarca]] ed alla [[Norvegia]] ([[operazione Weserübung]]) fu trovato il 16 febbraio con l'[[incidente dell'Altmark]], [[Altmark (nave)|nave tedesca]] che venne abbordata nello [[Jøssingfjord]], in [[acque territoriali]] norvegesi, dal [[cacciatorpediniere]] inglese [[HMS Cossack (F03)|HMS Cossack]]: circa 300 prigionieri inglesi che si trovavano a bordo furono liberati e ciò offrì ad Hitler il pretesto per accusare la Norvegia di connivenza con gli Alleati e di iniziare i preparativi per l'attacco<ref>La Norvegia protestò presso il governo britannico per la violazione delle sue acque territoriali, ma Londra rispose lamentando l'atteggiamento miope del governo norvegese; il Führer invece accusò apertamente il paese scandinavo di connivenza con gli inglesi, a dispetto dei loro propositi di neutralità, e decise definitivamente di dare il via all'Operazione Weserübung, l'attacco alla Norvegia passando attraverso l'occupazione della Danimarca. Le direttive del piano furono preparate il 19 febbraio e completate ai primi di marzo. Vedi {{Cita|Biagi 1995|p. 178.}}.</ref>.
 
Le truppe tedesche iniziarono l'invasione dei due paesi alle 5:20 del 9 aprile: [[Re]] [[Cristiano X di Danimarca]], ritenendo inutile la resistenza in un paese quasi totalmente privo di forze armate, firmò la capitolazione alle ore 14:00 dello stesso giorno, mentre la Norvegia, nonostante l'aiuto portato da Francia e Gran Bretagna<ref>Il 29 aprile il governo norvegese venne trasferito a [[Tromsø]] e, dopo che gli Alleati riuscirono ad occupare [[Narvik]], giunse l'ordine di reimbarco che venne completato durante la prima settimana di giugno. Vedi {{Cita|Biagi 1995|p. 47.}}.</ref>, resistette solo fino al 10 giugno, quando, a seguito della resa, venne instaurato un governo fantoccio guidato dal collaborazionista [[Vidkun Quisling]]<ref>Dal 5 maggio Re [[Haakon VII di Norvegia]] aveva abbandonato il paese per costituire a [[Londra]] un governo in esilio. Vedi {{Cita|Salmaggi, Pallavisini 1989|p. 48.}}</ref>. La campagna Norvegese costò alla Kriegsmarine rilevanti perdite di navi da guerra, tra le quali l'incrociatore pesante [[Blücher (incrociatore)|Blücher]], a causa delle artiglierie pesanti della difesa costiera norvegese, nonché dei ripetuti scontri con la Royal Navy che soffrì alcune perdite, tra cui la portaerei [[HMS Glorious (77)|HMS Glorious]], mentre la [[Svezia]] mantenne la sua neutralità e continuò a fornire materie prime all'industria bellica tedesca per il resto della guerra.
 
Come conseguenza dell'occupazione tedesca della Danimarca, il 12 aprile [[1940]] la Gran Bretagna occupò le [[isole Fær Øer]] e, il 10 maggio, l'[[Islanda]]; le isole erano [[Colonia (territorio)|colonie]] danesi di notevole interesse strategico per la [[Battaglia dell'Atlantico (1939-1945)|Battaglia dell'Atlantico]] e già dagli [[anni 1930|anni trenta]] i tedeschi avevano iniziato un lungo corteggiamento diplomatico all'Islanda, dove tra l'altro era nato un partito nazista locale. La [[Groenlandia]], terza colonia danese nell'Atlantico, il 9 aprile era invece già stata volontariamente ceduta come [[protettorato]] agli Stati Uniti, che successivamente l'avrebbero utilizzata come [[Groenlandia durante la seconda guerra mondiale|base per le operazioni in Atlantico]].
 
===== L'invasione della Francia =====
{{vedi anche|Campagna di Francia|Fall Gelb|Battaglia della Mosa|Battaglia di Sedan (1940)|Battaglia di Lille|Battaglia di Dunkerque|Governo di Vichy}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-124-0250-39, Im Westen, Panzer IV.jpg|thumb|I panzer avanzano in profondità.]][[File:Bundesarchiv Bild 146-1991-042-32A, Westfeldzug, Pontonfähre.jpg|thumb|left| I carri armati tedeschi oltre la Mosa.]]
Il 10 maggio [[1940]], sempre impiegando la tattica militare della [[guerra lampo]] ([[Blitzkrieg]]), le truppe tedesche attaccarono i [[Paesi Bassi]] e il [[Belgio]] e da qui, passando per la [[Foresta delle Ardenne]] e aggirando completamente la [[linea Maginot]], entrarono in Francia dando il via alla [[Campagna di Francia]] (in codice ''[[Fall Gelb]]'', 'Caso Giallo'). Fu una straordinaria dimostrazione di potenza militare: il formidabile cuneo corazzato raggruppato nella regione delle [[Ardenne]] (composto da oltre {{formatnum:2500}} carri armati divisi in sette [[Panzer-Division]]en<ref>W. Shirer, ''La caduta della Francia'', Einaudi 1971.</ref>), al comando del generale [[Paul Ludwig Ewald von Kleist|von Kleist]], penetrò fulmineamente in Belgio spazzando via le deboli difese franco-belghe nella foresta (considerata dagli alleati impenetrabile per le forze corazzate); la notte del 12 maggio la 7ª ''Panzer-Division'' del generale [[Erwin Rommel|Rommel]] sbucò sulla [[Mosa (fiume)|Mosa]] a [[Dinant]]. Il giorno dopo il grosso del cuneo corazzato raggiunse in forze la Mosa, dove erano schierate le principali forze francesi, passando subito all'attacco per attraversare il fiume.
 
In soli tre giorni i [[panzer]] tedeschi formarono profonde teste di ponte ad ovest della Mosa – a [[Dinant]], a [[Monthermé]] e soprattutto a [[battaglia di Sedan (1940)|Sedan]], dove i carri armati del generale [[Heinz Guderian]] svolsero un ruolo decisivo – e sbaragliarono le deboli resistenze francesi<ref>W. Shirer ''La caduta della Francia'', Einaudi 1971; A. Horne ''Come si perde una battaglia'', Mondadori 1971.</ref>. Dopo aver respinto alcuni sconnessi tentativi di contrattacco delle scarse riserve corazzate francesi ancora disponibili, a partire dal 16 maggio i panzer ebbero via libera ad ovest del fiume, dopo il crollo definitivo della 9ª Armata francese: vi fu una scorribanda di mezzi corazzati tedeschi attraverso la pianura franco-belga in direzione delle coste del[[la Manica]]. La situazione degli Alleati si rivelò drammatica, come confermato dai tempestosi colloqui tra [[Churchill]], [[Paul Reynaud|Reynaud]], [[Édouard Daladier|Daladier]] e i generali inglesi e francesi: il raggruppamento franco-inglese, penetrato in Belgio, rischiò di essere tagliato fuori e di venire completamente distrutto.
 
Tutti i tentativi di contrattacco alleati a nord del corridoio tedesco (contrattacco inglese di [[Arras]] il 21 maggio) o a sud (a partire dalle precarie posizioni francesi sulla [[Somme (fiume)|Somme]]) fallirono. I panzer ebbero via libera e fin dal 20 maggio i primi reparti corazzati raggiunsero le coste della Manica ad [[Abbeville (Francia)|Abbeville]]. La trappola si era chiusa: quasi 600&nbsp;000 soldati franco-inglesi furono accerchiati con le spalle al mare, con l'unica speranza di reimbarcarsi via mare con l'aiuto delle flotte inglesi e francesi e sotto gli attacchi della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]]. La situazione peggiorò ulteriormente dopo l'improvvisa resa dell'esercito belga il 28 maggio, che lasciò scoperte le difese alleate nella sacca. I [[Paesi Bassi]], attaccati fin dal 10 maggio da altre forze corazzate con un lancio di paracadutisti tedeschi sull'[[L'Aia|Aja]] e sui ponti sulle numerose vie d'acqua dei Paesi Bassi (in parte fallito), avevano già abbandonato la lotta fin dal 15 maggio, anche in seguito al bombardamento aereo di [[Rotterdam]]; la [[Guglielmina dei Paesi Bassi|regina Guglielmina]] si rifugiò nel Regno Unito, a differenza del [[Leopoldo III dei Belgi|re Leopoldo del Belgio]] che decise di rimanere sul territorio occupato dai tedeschi.
 
Il 26 maggio Churchill autorizzò il corpo di spedizione inglese a ripiegare senza indugio verso la costa e il porto di [[Dunkerque]], dove nel frattempo si era radunata una numerosa flotta di navi militari, mercantili e di naviglio privato civile per l'evacuazione dei soldati<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 3, Mondadori 1953; W. Shirer ''La caduta della Francia'', Einaudi 1971.</ref>. I francesi, dopo molta confusione e divergenze a livello politico e di comando, ripiegarono a loro volta verso la costa, abbandonando una parte delle loro forze, ormai circondate a [[Lilla]], città che cadde il 29 maggio.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-055-1599-31, Frankreichfeldzug, Panzer IV.jpg|thumb|Un [[Panzer IV]] avanza in territorio francese nel maggio 1940.]] [[File:British troops lifeboat dunkerque.png|thumb|Una fase drammatica della ritirata inglese a Dunkerque.]]
 
La situazione apparve compromessa: le colonne corazzate tedesche giunte fino al mare avevano progredito lungo la costa verso nord in direzione di [[Boulogne]], [[Calais]] (occupate il 25 e il 26 maggio) e Dunkerque, ma il 24 maggio un improvviso ordine di Hitler impose di fermare l'avanzata dei panzer e di proseguire solo con la fanteria. La decisione del Führer derivava apparentemente dal desiderio di risparmiare le sue forze migliori in vista delle future campagne, consentendo allo stesso tempo a [[Hermann Göring]] di mostrare la potenza della sua Luftwaffe a cui sarebbe stato lasciato il compito di impedire l'evacuazione; ma forse vi era anche la segreta intenzione del dittatore di risparmiare un'umiliante disfatta agli inglesi, anche per favorire future trattative di pace anglo-tedesche<ref>Sulla interminabile diatriba storiografica, vedere: {{cita libro
|autore = I. Kershaw
|titolo = Hitler. Vol. 2: 1936-1945.
|editore = Bompiani
|anno = 2001}}; {{cita libro
|autore = D. Irving
|titolo = La guerra di Hitler
|editore = Settimo Sigillo
|anno = 2001}}; {{cita libro
|autore = W. Shirer
|titolo = Storia del Terzo Reich
|editore = Einaudi
|anno = 1990}}; {{cita libro
|autore = Jacobsen
|coautore = Rohwer
|titolo = Le battaglie decisive della seconda guerra mondiale
|editore = Baldini & Castoldi
|anno = 1974}}.</ref>.
 
Dal 26 maggio al 4 giugno le forze anglo-francesi riuscirono in gran parte a trarsi in salvo ([[Operazione Dynamo]]) grazie all'abnegazione delle flotte (bersagliate dalla Luftwaffe), alla resistenza dei reparti di retroguardia e all'efficace intervento della [[Royal Air Force|RAF]] (a partenza dalle basi in Inghilterra). I tedeschi si lasciarono sfuggire, anche per loro errori, una grossa parte delle truppe alleate accerchiate. Durante il cosiddetto ''miracolo di Dunkerque'' furono evacuati, dopo aver abbandonato tutte le armi e l'equipaggiamento, circa {{formatnum:338000}} soldati alleati<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', vol. 2, Mondadori 1953; Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi 1974.</ref>, di cui circa {{formatnum:110000}} francesi; altri {{formatnum:40000}} soldati (principalmente francesi) rimasero nella sacca e quindi vennero catturati. I circa {{formatnum:220000}} britannici scampati, al momento privi di armi, avrebbero costituito un nucleo di truppe addestrate ed esperte su cui ricostruire l'esercito inglese per il proseguimento della guerra.
 
Il bilancio finale della prima fase della Campagna di Francia, nonostante questa delusione, fu comunque trionfale per la Germania e per Hitler: circa 75 divisioni alleate distrutte (tra cui le migliori divisioni francesi e inglesi), {{formatnum:1200000}} prigionieri totali e una enorme quantità di armi ed equipaggiamenti catturati, il Belgio ed i Paesi Bassi costretti alla resa, l'esercito inglese cacciato dal continente, la Francia ormai sola, ridotta in grave inferiorità numerica e di armamenti; tutto questo al costo di soli {{formatnum:10000}} morti e {{formatnum:50000}} tra feriti e dispersi<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 2, De Agostini, 1971.</ref><ref>Ottime narrazioni della prima fase della campagna di Francia in: A. Horne ''Come si perde una battaglia'', Mondadori 1970; W. Shirer, ''La caduta della Francia'', Einaudi 1971; L. Deighton, ''La guerra lampo'', Longanesi 1979.</ref>.
 
===== L'intervento dell'Italia e la campagna delle Alpi Occidentali =====
{{vedi anche|Battaglia delle Alpi Occidentali|Storia militare d'Italia durante la seconda guerra mondiale}}
Poiché Mussolini credeva che la guerra volgesse ormai al termine e pensando che l'Italia restasse esclusa da quello che lui definiva il "tavolo della pace", il 10 giugno scese in campo contro gli Alleati. Nella dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra, Mussolini cercò di dare un significato più ampio all’intervento, come si evince da un estratto del discorso pronunciato il 10 giugno:
 
{{Citazione|Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano.<br />Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta tra due secoli e due idee.}}
 
Il 14 giugno, dopo soli quattro giorni dalla dichiarazione di guerra, [[Genova]] fu bombardata da britannici e francesi, senza che la [[Regia Marina|marina italiana]] riuscisse ad intervenire. Inoltre, a causa del mancato preavviso riguardo l'imminenza della dichiarazione di guerra, la flotta mercantile perse tutto il naviglio che si trovava nei porti di nazioni divenute ostili, pari a circa il 35% dell'intera flotta mercantile: una perdita non facilmente recuperabile, soprattutto in vista di una guerra da combattere prevalentemente su scacchieri lontani con la conseguente necessità di mantenere lunghe vie di comunicazione e di rifornimento marittime.
 
Il 18 giugno la Francia venne investita dall'attacco italiano: reparti di quattro armate italiane attaccarono il fronte alpino difeso da appena una divisione coloniale e tre divisioni di fanteria francesi. Presunte contestazioni (peraltro velocemente rientrate alla fine di maggio di fronte agli spettacolari successi tedeschi) da parte dell'establishement militare italiano ([[Pietro Badoglio|Badoglio]] ''in primis'') riguardo l'impreparazione italiana e quindi il rischio di un'entrata in guerra prematura, vennero sbrigativamente rigettate da Mussolini, conscio dell'impreparazione bellica italiana, ma convinto di un'imminente vittoria tedesca e quindi dell'impellente necessità di entrare in guerra a fianco del Führer per motivi di prestigio personale e anche di convenienza geostrategica<ref>Fonti fondamentali:
* [[Renzo De Felice]], ''Mussolini il Duce'', Einaudi 1981;
* [[Giorgio Bocca]] ''Storia d<nowiki>'</nowiki>Italia nella guerra fascista'', Mondadori 1996;
* Piero Pieri e Giorgio Rochat, Rochat ''Pietro Badoglio'', Mondadori 2002.</ref>. A livello di propaganda e di opinione pubblica mondiale l'attacco italiano (considerato una vera ''pugnalata alla schiena'', secondo la definizione di Roosevelt)<ref>Nel dopoguerra divenne famosa la frase che l'ambasciatore francese [[André François-Poncet]] avrebbe pronunciato quando il ministro degli Esteri [[Galeazzo Ciano]] gli consegnò la dichiarazione di guerra. Nelle memorie dell'ambasciatore si legge: «E così, avete aspettato di vederci in ginocchio, per accoltellarci alle spalle», mentre nel diario di Ciano: «È un colpo di pugnale ad un uomo in terra. Vi ringrazio comunque di usare un guanto di velluto».</ref>, e il suo evidente fallimento, provocarono un indebolimento del prestigio del Duce, della popolarità italiana ed una prima stima della debolezza imprevista dell'apparato militare italiano<ref>Sulle forze armate italiane nella seconda guerra mondiale: Knox McG, ''Alleati di Hitler'', Garzanti 2002.</ref>.
 
Infatti, nonostante la rotta generale dell'esercito francese di fronte ai tedeschi, le truppe italiane non riuscirono a sfondare le linee nemiche, favorite dall'impervio terreno alpino. Gli italiani subirono perdite maggiori e dimostrarono scarsa organizzazione, arretratezza tattica e mediocre morale. Al termine della [[battaglia delle Alpi Occidentali]] a favore dell'Italia ci sarebbero stati solo alcuni modesti aggiustamenti territoriali ([[Mentone]]) e la smilitarizzazione della fascia di confine; svanirono subito, dopo i colloqui Hitler-Mussolini di Monaco, i grandiosi progetti del Duce di spartizione della Francia (linea del [[Rodano (fiume)|Rodano]] e [[Corsica]]), e di acquisizione dell'Impero coloniale africano francese<ref>Fonti fondamentali:
* [[Renzo De Felice]], ''Mussolini il Duce'', Einaudi 1981;
* [[Giorgio Bocca]] ''Storia d<nowiki>'</nowiki>Italia nella guerra fascista'', Mondadori 1996;
* Piero Pieri e Giorgio Rochat, ''Pietro Badoglio'', Mondadori 2002
* Renzo De Felice, ''Mussolini l'alleato'', Einaudi 1990;
* Giorgio Rochat, ''Le guerre italiane 1935-1943'', Einaudi 2005.</ref>.
 
===== La resa della Francia =====
{{vedi anche|Campagna di Francia|Fall Rot}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-125-0251-08A, Belgien, Einmarsch deutscher Truppen.jpg|thumb|I tedeschi vincono su tutti i fronti.]]
Il 5 giugno [[1940]] con un violento bombardamento aereo sulla linea della [[Somme (dipartimento)|Somme]] e sull'[[Aisne]], nonché sulle truppe francesi dislocate ad [[Abbeville (Francia)|Abbeville]] e sulla [[Linea Maginot]], i tedeschi iniziarono la battaglia per la conquista di [[Parigi]].
 
Il 10 giugno i tedeschi attraversarono la Senna, l'esercito francese si ritirò disordinatamente sulla [[Loira]], il generale [[Maxime Weygand|Weygand]] annunciò che il fronte era stato definitivamente sfondato. Il governo francese si trasferì allora da Parigi a [[Tours]], mentre lo raggiunse la notizia che l'Italia stava per dichiarare guerra alla [[Francia]] e alla [[Gran Bretagna]].
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-126-0347-09A, Paris, Deutsche Truppen am Arc de Triomphe.jpg|thumb|left| L'esercito tedesco a Parigi.]]
L'11 giugno il generale francese [[Pierre Héring]], governatore militare di Parigi, annunciò che la città era stata dichiarata "[[città aperta]]"; Parigi venne occupata dai tedeschi il 14 giugno, risparmiando così la città da incursioni aeree o di artiglieria.
Nel frattempo anche [[Reims]] cadde in mani tedesche, e l'esercito francese era ormai decimato e praticamente inoffensivo.
 
Nella notte del 16 giugno Reynard si dimise dall'incarico di Presidente del Consiglio francese a causa di divergenze con il Consiglio dei ministri in merito alla discussione sulla proposta di [[De Gaulle]] (trasferitosi a [[Londra]] il giorno prima) di un "Unione franco-britannica", in sostanza la fusione dei due stati in uno solo.
Il maresciallo [[Philippe Pétain]] formò subito un nuovo gabinetto e alle 23 incaricò il suo Ministro degli Esteri [[Paul Baudouin]] di chiedere l'armistizio ai tedeschi.
Alle 24, tramite l'ambasciatore spagnolo a Parigi, il governo francese presentò ufficialmente la richiesta di armistizio.
Intanto la [[Wehrmacht]] conquistava [[Digione]], aggirava la Linea Maginot e nel giro di pochi giorni invadeva [[Brest (Francia)|Brest]], [[Nantes]] e [[Saumur]] dopo aver già conquistato tra le altre [[Caen]], [[Rennes]] e [[Le Mans]].
 
Il 19 giugno il governo tedesco si dichiarò pronto a far conoscere le clausole per la cessazione delle ostilità e richiese l'invio di plenipotenziari suggerendo al governo francese di mettersi in contatto con l'Italia per trattative analoghe. Il suggerimento fu applicato già dal giorno seguente; ciò fece in modo di fermare l'attacco armato delle truppe italiane iniziato tre giorni prima.
 
Alle 15:30 del 21 giugno Hitler ricevette i plenipotenziari francesi; le condizioni della resa furono molto pesanti: 3/5 del territorio nazionale furono occupati dall'invasore, non furono resi i prigionieri, le spese di occupazione furono fissate a discrezione del vincitore, l'esercito dovette essere ridotto a {{formatnum:100000}} uomini.
 
Il 22 giugno alle ore 18:30 il generale [[Charles Huntziger]], rappresentante della delegazione francese, e il generale [[Wilhelm Keitel]], capo di Stato Maggiore della Wehrmacht, firmarono l'armistizio. Per volere di [[Hitler]], l'Armistizio venne simbolicamente firmato allo stesso modo di quello che era stato stipulato alla fine della [[prima guerra mondiale]]: delegati e generali tedeschi e francesi si riunirono su un treno parcheggiato in aperta campagna, nella stessa posizione geografica, nella stessa carrozza di lusso e con le stesse poltrone di quel giorno del [[1918]], quando la [[Germania]] aveva firmato l'armistizio della prima guerra mondiale, arrendendosi alla Francia.
 
Vennero lasciate alla Germania il possesso di Parigi, del nord e di tutta la costa atlantica, mentre la Francia centro-meridionale rimaneva indipendente con le sue colonie, e il governo si insediava nella cittadina di [[Vichy]].
 
Nonostante le assicurazioni francesi che in nessun caso la flotta sarebbe stata consegnata ai tedeschi o agli italiani, l'Ammiragliato britannico diede avvio ad un'azione (nota come [[Operazione Catapult]]) volta a devitalizzare le navi da guerra francesi che, lasciata la Francia, erano ancorate nelle basi algerine di [[Mers-el-Kébir]] e [[Orano]]. Il risultato di questa azione, che causò oltre mille morti fra i marinai francesi, fu controproducente in termini materiali per gli inglesi: le navi francesi che furono in grado di farlo, rientrarono a [[Tolone]], mentre quelle alle quali fu impossibile (come la corazzata ''Richelieu'') reagirono energicamente a qualunque tentativo alleato di penetrare in Nordafrica. Tuttavia, la dimostrazione di impavida risolutezza della Gran Bretagna e del suo governo, nella tragica situazione di isolamento, non mancò di avere benefici effetti sul morale dell'opinione pubblica inglese e anche americana (e questo sembra fosse effettivamente uno degli scopi principali dell'operazione<ref>Vedere: W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 2, Mondadori 1948.</ref>). Una minima percentuale dei marinai francesi internati in Gran Bretagna aderì in seguito alla [[Francia libera]].
 
Il 24 giugno alle 19:15 a [[Villa Olgiata]] presso [[Roma]], il generale Huntziger e il generale Badoglio firmarono l'armistizio tra [[Italia]] e Francia, mentre poche ore più tardi alle 1:35 del 25 giugno entrò ufficialmente in vigore l'armistizio franco-tedesco.
 
Negli stessi giorni di quel giugno del 1940 l'Unione Sovietica occupò la [[Lituania]], l'[[Estonia]] e la [[Lettonia]].
 
===== La Battaglia d'Inghilterra =====
{{vedi anche|Battaglia d'Inghilterra}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-402-0265-03A, Flugzeug Junkers Ju 88, Startvorbereitung.jpg|thumb|I bombardieri tedeschi si preparano per una nuova incursione sull'Inghilterra.]]
Non trovando terreno fertile per una pace con la [[Gran Bretagna]], [[Hitler]] iniziò a considerare l'idea di invaderla, per piegarla definitivamente. Tuttavia, per preparare la gigantesca operazione di sbarco navale, denominata in codice [[operazione Leone marino]] (''Seelöwe''), i tedeschi dovevano prima ottenere il controllo dei cieli britannici e indebolire le difese costiere della Gran Bretagna. Pertanto la [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]], a partire dal 10 luglio [[1940]], iniziò una numerosa serie di incursioni diurne e notturne contro gli aeroporti della [[Royal Air Force]], nonché contro le difese costiere, i porti e le industrie di aerei ed armamenti della Gran Bretagna. La campagna aerea tedesca di bombardamenti strategici, passata alla storia con il nome di ''[[battaglia d'Inghilterra]]'', sembrò avere un moderato successo sino alla fine di agosto, seppur con gravi perdite di aerei da parte della Luftwaffe. In settembre, tuttavia, un cambiamento degli ordini di guerra da parte di Hitler, per rappresaglia al bombardamento di [[Berlino]] del 26 agosto [[1940]]<ref>Giuseppe Federico Ghergo, ''Dresda, 13-15 febbraio 194''5, su ''Storia Militare'' N° 239, Agosto 2013, pag 43</ref>, mutò il carattere della campagna aerea da ''strategica'' a ''terroristica'': i tedeschi, iniziando a bombardare le città britanniche, in particolare [[Londra]], vollero costringere i britannici a chiedere la pace colpendo direttamente la popolazione civile nel tentativo di demoralizzarla.
 
Questo cambio di tattica da parte dei tedeschi consentì alla Royal Air Force di non essere più direttamente nel mirino del nemico e di poter quindi riorganizzare e rinforzare la difesa aerea. Come conseguenza, i tedeschi soffrirono perdite di aerei sempre crescenti, finché il 31 ottobre 1940 lo stesso Hitler si rese conto che ormai l'invasione della Gran Bretagna non era più realizzabile per quell'anno e decise di rinviare a tempo indeterminato l'operazione Leone marino. {{cn|Come rabbiosa vendetta per l'insuccesso della Luftwaffe nel piegare la RAF e il morale dei britannici, nonché come risposta ai primi bombardamenti notturni della RAF ai danni di [[Berlino]], per i quali Hitler pretendeva terribili rappresaglie, nella notte tra il 14 ed il 15 novembre 1940 la Luftwaffe effettuò il [[bombardamento di Coventry]] che distrusse pressoché completamente la [[Coventry|città britannica]]}}. In seguito però la Luftwaffe, per limitare la perdita di aerei, fu costretta a ridurre notevolmente il numero di incursioni contro la Gran Bretagna, che divennero esclusivamente notturne e sempre più rare nel corso degli anni successivi.
 
Allo scopo di portare la Gran Bretagna alla sottomissione, la Germania attuò anche un blocco navale, la [[battaglia dell'Atlantico (1939-1945)|battaglia dell'Atlantico]], ad opera soprattutto dei temibili [[U-Boot]]. Secondo una teoria accreditata, in realtà Hitler perseguì malvolentieri tutta la campagna contro la Gran Bretagna, ritenendo che l'avversario inglese fosse ormai fuori combattimento e che prima o poi avrebbe chiesto un armistizio. Prima della battaglia d'Inghilterra, Hitler sottovalutava le capacità di resistenza della Gran Bretagna e sperava persino di coinvolgerla, dopo l'armistizio, in una futura alleanza contro l'Unione Sovietica. Tutti i piani di Hitler erano rivolti all'Est ed alla futura campagna contro l'Unione Sovietica e pertanto non impiegò nella battaglia d'Inghilterra tutte le risorse che avrebbe potuto, né dedicò alla battaglia aerea tutta l'attenzione che essa avrebbe meritato. Nel dopoguerra, molti generali tedeschi ed alleati intervistati da scrittori e giornalisti, nonché la maggior parte degli storici, concordarono sul fatto che «la mancata effettuazione dell'operazione Seelöwe negò alla Germania l'unica concreta possibilità di vincere la seconda guerra mondiale».
 
===== Campagna italiana di Grecia =====
{{Vedi anche|campagna italiana di Grecia}}
[[File:Albania.jpg|thumb|I soldati italiani durante l'inverno in Albania.]]
Il 28 ottobre [[1940]], su personale iniziativa di [[Benito Mussolini]] e senza avvisare l'alleato tedesco, l'[[Italia]] [[campagna italiana di Grecia|attaccò la Grecia]] partendo dalle basi in [[Albania]].
L'iniziativa nasceva principalmente dalle esigenze di prestigio del Duce (ottenere un successo militare da contrapporre ai trionfi di Hitler) e dall'insipienza di [[Galeazzo Ciano]] e dei generali sul posto.
L'attacco alla nazione ellenica era basato sul presupposto che la Grecia sarebbe crollata senza combattere: organizzato frettolosamente, con mezzi e uomini assolutamente insufficienti (appena 100&nbsp;000 soldati nella fase iniziale) e sferrato in condizioni climatiche pessime, si rivelò molto più difficile del previsto. I greci non solo si batterono accanitamente, ma, sfruttando le caratteristiche del terreno, respinsero rapidamente l'attacco italiano; inoltre, sfruttando la temporanea superiorità numerica, passarono al contrattacco rigettando le forze italiane in Albania. Si sviluppò quindi un'aspra guerra di montagna tra eserciti appiedati e poco mobili, una specie di riedizione della prima guerra mondiale, snervante e demoralizzante per le truppe.
 
Di fronte alla sconfitta (caduta di [[Coriza (città)|Coriza]] il 22 novembre), Mussolini costrinse Badoglio alle dimissioni e procedette a sostituire i comandanti, oltre ad inviare i rinforzi disponibili. L'avanzata greca venne fermata, ma il fronte rimase bloccato in terra albanese per tutto l'inverno, senza che vi fosse la possibilità di passare al contrattacco. Peraltro i britannici, aspettandosi questa mossa da parte italiana, decisero di accorrere in aiuto delle forze greche, loro alleate sin dai tempi della [[prima guerra mondiale]]: venne organizzato un contingente di {{formatnum:56000}} uomini a rinforzo delle truppe greche, anticipando un previsto intervento tedesco in aiuto degli italiani, con la [[Royal Air Force]] che disponeva già di basi in Grecia. Gli Alleati conseguirono così la loro prima vittoria politico-propagandistica mentre Mussolini, costretto a chiedere l'intervento di Hitler dopo i ripetuti fallimenti di riprendere l'offensiva, subì una significativa perdita di prestigio e di consenso interno e internazionale.
 
L'intervento della [[Germania]] si fece attendere per diversi mesi, essendo Hitler impegnato fin dall'autunno 1940 in un complesso gioco diplomatico per organizzare un sistema di alleanze in vista della progettata invasione dell'Unione Sovietica (colloqui con i dirigenti rumeni, ungheresi, bulgari e finlandesi). Il Fuhrer era molto contrariato dall'intervento italiano in Grecia, temendo che gli inglesi potessero intervenire a difesa di Atene approfittandone per occupare i pozzi di petrolio di [[Ploesti]], e il 28 ottobre era accorso a Firenze per dissuadere Mussolini:
 
{{Citazione|Duce, volevo pregarvi di ritardare l'intervento, possibilmente a stagione più propizia, in ogni caso fin dopo l'elezione del presidente statunitense. Alcune nazioni a nostro favore si sono già impegnate a non intervenire prematuramente, mentre l'Inghilterra potrebbe portarsi nelle immediate vicinanze del bacino petrolifero di Ploesti<ref>''Immagini di storia - Grecia'' (pagina 58). Italia Editrice 1995</ref>.}}
 
Ora, la nuova campagna lo costringeva ad una diversione resa necessaria per stabilizzare la regione, cacciare gli inglesi dal continente per la seconda volta e rafforzare il fianco meridionale dello schieramento dell'Asse contro l'URSS<ref>Fonti in:
* [[Giorgio Bocca]], ''Storia d'Italia nella guerra fascista'', Mondadori 1996;
* [[Giorgio Rochat]], ''Le guerre italiane 1935-1943'', Einaudi 2005;
* [[Mario Cervi]], ''Storia della guerra di Grecia'', Rizzoli 1986;
* [[Renzo De Felice]], ''Mussolini l'alleato'', Einaudi 1990;
* Ian Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945.'', Bompiani 2001.</ref>.
 
==== 1941 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1941}}
 
===== L'invasione della Juogoslavia e della Grecia =====
{{vedi anche|Battaglia di Creta|Campagna italiana di Grecia|Invasione della Jugoslavia|Operazione Marita}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-770-0280-20, Jugoslawien, Panzer IV.jpg|thumb|I tedeschi dilagano anche nei Balcani]]
 
A primavera Hitler aveva ormai messo a punto il sistema di alleanze necessario per risolvere la situazione greca e per rafforzare lo schieramento contro l'Unione Sovietica: l'[[Ungheria]], la [[Romania]] e la [[Bulgaria]] si affiancavano ufficialmente all'Asse e aprivano le porte all'esercito tedesco; la stessa [[Jugoslavia]], anch'essa obiettivo delle ambizioni mussoliniane, firmava in un primo tempo un trattato con la Germania. Ma il 27 marzo si verificava un golpe interno a [[Belgrado]] e un rovesciamento di Alleanze a favore degli inglesi. La risposta di Hitler fu fulminea, avviando l'[[Operazione Marita]] con l'obiettivo di vendicare l'affronto e di sbaragliare il corpo di spedizione inglese. Il 6 aprile la Germania invase la Jugoslavia, dichiarò guerra alla Grecia e scatenò un selvaggio bombardamento aereo su Belgrado che causò {{formatnum:17000}} vittime. Fu l'inizio di una nuova guerra lampo tedesca: le [[Panzer-Division]] dilagarono in tutte le direzioni partendo dalle loro basi in Bulgaria, in Romania e in Austria, mentre gli italiani irruppero dalla Venezia-Giulia e dall'Albania occupando Spalato e Mostar. L'esercito jugoslavo – minato da contrasti etnici interni – si disgregò in pochi giorni, Belgrado venne occupata il 13 aprile e la resa venne firmata il 17 aprile. Contemporaneamente, altre forze corazzate tedesche, passando per la Macedonia, aggiravano lo schieramento difensivo anglo-greco, occupavano [[Salonicco]] (8 aprile) e tagliavano fuori le forze greche che affrontavano gli italiani in Albania (presa di [[Giannina]] il 21 aprile), costringendo infine la Grecia ad arrendersi il 24 aprile. L'esercito italiano ebbe parte minore in queste vicende belliche, dimostrando ancora una volta la sua assoluta inferiorità rispetto all'alleato tedesco.
 
Le spoglie delle nazioni balcaniche vennero divise tra Germania ([[Serbia]], Grecia continentale e isole), Italia ([[Slovenia]] e [[Croazia]], dove venne costituito il regime fantoccio di [[Ante Pavelić]], e isole greche), Ungheria e Bulgaria. Ormai in rotta, il 25 aprile il corpo di spedizione inglese riuscì a effettuare una nuova miracolosa evacuazione via mare dai porti greci. Il nuovo trionfo hitleriano veniva suggellato (dal 20 al 29 maggio) dalla spettacolare conquista per via aerea dell'isola di [[Creta]] occupata da truppe australiane e neozelandesi, ottenuta pur con gravi perdite da parte dei paracadutisti tedeschi<ref>Vedere: I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; Irving, ''La guerra di Hitler'', Edizioni Settimo Sigillo 2001; R. De Felice, ''Mussolini l'alleato'', Einaudi 1990; F. DeLannoy, ''La guerre dans les Balkans'', Heimdal 1999; AA. VV., ''Il Terzo Reich-La conquista dei Balcani'', Hobby & Work 1993.</ref>. Nonostante la perdita di tempo causata da queste campagne balcaniche, l'esercito tedesco era ora al massimo della sua efficienza e pronto al grande attacco contro l'Unione Sovietica.
 
===== L'invasione della Russia =====
{{vedi anche|operazione Barbarossa|Battaglia di Kiev (1941)|Battaglia di Stalingrado|Battaglia di Uman'}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-265-0040A-22A, Russland, Panzer IV und Panzer II.jpg|thumb|Le Panzer-Division avanzano nella steppa]]
La pianificazione operativa iniziò quasi contemporaneamente all'[[Oberkommando des Heeres|OKH]] (il cosiddetto 'piano Marcks', che poneva particolare enfasi all'obiettivo [[Mosca (Russia)|Mosca]]) e all'[[Oberkommando der Wehrmacht|OKW]] (i contributi del generale von Lossberg, con il progetto di un attacco principale sulle due ali); le decisioni definitive, pesantemente condizionate dal pensiero strategico di Hitler (ostile ad una marcia diretta sulla capitale), vennero cristallizzate nella famosa ''Direttiva N. 21'' del 18 dicembre 1940 (''Fall Barbarossa'', inizialmente denominato ''piano Otto''): l'attacco sarebbe stato sferrato contemporaneamente su tutto il fronte e il primo obiettivo sarebbe stata la linea [[Dvina]]-[[Dnepr]]; Mosca sarebbe stata attaccata solo dopo la conquista di [[Leningrado]] e dell'[[Ucraina]]; la vittoria era attesa entro quindici settimane<ref>A. Hillgruber, ''La strategia militare di Hitler'', Rizzoli 1986.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-070-61, Hitler mit Generälen bei Lagebesprechung.jpg|thumb|Al quartier generale del Führer a [[Rastenburg]] (Prussia Orientale): [[Wilhelm Keitel|Keitel]], [[Walther von Brauchitsch|von Brauchitsch]], Hitler, [[Franz Halder|Halder]]]]
 
La decisione di Hitler di rompere il [[patto di non-aggressione Molotov-Ribbentrop]] e di scatenare un attacco generale all'est (manifestata per la prima volta già nel luglio [[1940]]) nasceva in primo luogo dalle concezioni ideologico-razziali del dittatore, delineate già nel ''[[Mein Kampf]]''; a questi fondamenti ideologici si accompagnavano complesse motivazioni strategiche, politiche ed economiche, alcune utilizzate da Hitler tatticamente solo per convincere i suoi collaboratori:
 
* sconfiggere anche l'ultima potenza terrestre europea per poi poter riversare senza timori l'intera potenza della Wehrmacht contro l'Inghilterra;
* sconfiggere l'[[URSS]] nel [[1941]], prima dell'intervento americano (previsto per il [[1942]]);
* organizzare un'area di sfruttamento economico autosufficiente essenziale per condurre una lunga guerra transcontinentale;
* raggiungere un collegamento diretto con l'alleato giapponese.
 
A queste motivazioni se ne aggiungeva un'altra, controversa e recentemente riproposta da molti storici nell'ambito di una diversa interpretazione:
 
* proteggere la Germania e, ideologicamente, l'intero occidente dal probabile futuro attacco da parte della potenza bolscevica, che Stalin andava segretamente preparando nel corso degli anni<ref>Fonti principali: D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Ed. Settimo Sigillo 2001; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990; A. Hillgruber, ''La strategia militare di Hitler'', Rizzoli 1986.</ref>.
 
Contemporaneamente Hitler si impegnò per molti mesi in un'estenuante campagna diplomatica, le cui tappe principali furono indubbiamente la firma a [[Berlino]] il 27 settembre 1940 del [[Patto Tripartito]] tra [[Germania]], [[Italia]] e [[Giappone]] (diretto in primo luogo a paralizzare l<nowiki>'</nowiki>''aggressività'' americana in [[Europa]] con la minaccia giapponese, ma in parte pericoloso implicitamente anche per l'URSS); e la visita di [[Vjačeslav Michajlovič Molotov|Molotov]] nella capitale tedesca (12 novembre 1940) in cui fallirono, di fronte alla brutale concretezza eurocentrica del ministro sovietico, i tentativi del dittatore di dirottare le mire russe verso mirabolanti prospettive indiane o persiane. Convinto dell'impossibilità di un nuovo accordo meramente tattico con Stalin e della ristrettezza del tempo rimasto a sua disposizione, Hitler prese la sua decisione<ref>I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990; A. Hillgruber, ''La strategia militare di Hitler'', Rizzoli 1986.</ref>.
 
La situazione di [[Stalin]] stava diventando evidentemente sempre più difficile: il rafforzamento militare tedesco all'est proseguiva, le piccole nazioni ai confini dell'URSS si alleavano alla Germania, il Giappone era minaccioso in [[Estremo Oriente]]; i rapporti con Inghilterra e USA erano difficili (nonostante i tentativi di riavvicinamento dell'ambasciatore inglese [[Stafford Cripps]], che al contrario avevano sollecitato la sospettosità staliniana). L'URSS era impegnata in una frenetica corsa contro il tempo per ricostruire e riorganizzare le sue forze militari, modernizzando nel contempo i suoi armamenti e le sue tattiche. Prevedendo la guerra solo per il [[1942]], Stalin contava di riuscire a completare i suoi preparativi e di poter trattenere Hitler con concessioni economiche o diplomatiche: considerando insensato un attacco tedesco a est con l'Inghilterra ancora in armi all'ovest, sopravvalutava la prudenza e l'accortezza strategica di Hitler<ref>[[John Erickson]], ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1966.</ref>.
 
Il 13 aprile 1941 Stalin mise a segno un grande successo strategico-diplomatico: firmò con il Giappone il [[Patto nippo-sovietico di non aggressione]], di durata quinquennale, con il quale si coprì le spalle da un attacco giapponese che, in caso di guerra con la Germania di Hitler, avrebbe esposto l'Unione Sovietica alla minaccia di un attacco da dietro<ref>Sarà lo stesso Stalin, nel giugno del 1945, a rompere il patto, attaccando un Giappone ormai allo stremo, secondo gli accordi stabiliti con Roosevelt a Teheran e a Jalta.</ref>. Il Giappone, male informato dai tedeschi sui propositi offensivi contro l'URSS (secondo la volontà di Hitler, desideroso al momento di condurre da solo la guerra all'est), aveva a sua volta firmato il Patto per proteggersi le spalle in caso di una sua avanzata offensiva nel Sud-Est asiatico contro le potenze anglosassoni<ref>Sulla complessa diplomazia giapponese e sui retroscena del Patto, tutti i dettagli in: P. Herde, ''Pearl Harbor'', Rizzoli 1986.</ref>.
 
Il 22 giugno la Germania, rompendo il patto di non aggressione del 1939, invadendo la Russia ([[operazione Barbarossa]]): Hitler mirava a distruggere rapidamente l'Unione Sovietica; in pochi mesi la schiacciante potenza della Wehrmacht avrebbe dilagato ad est con l'obiettivo di occupare il territorio, stabilendo una linea che da [[Arcangelo (città)|Arcangelo]] sarebbe arrivata ad [[Astrachan']], ed instaurando nel paese il dominio totale germanico, le popolazioni locali sottomesse, sterminate o deportate, le terre orientali ridotte a terre di colonizzazione e sfruttamento per la razza superiore tedesca<ref>I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990; H. U. Thamer, ''Il Terzo Reich'', il Mulino 1993.</ref>. Stalin, nonostante i numerosi avvertimenti diplomatici e di intelligence ricevuti, venne colto di sorpresa: fino all'ultimo aveva interpretato i segni di un attacco tedesco come semplici pressioni intimidatorie di Hitler per costringerlo a trattare da posizioni di debolezza e quindi le forze sovietiche in prima linea non furono tempestivamente allertate e, lasciate senza ordini precisi, vennero attaccate di sorpresa dalle schiaccianti forze nemiche; oltre 3 milioni di soldati tedeschi parteciparono all'attacco appoggiati dai contingenti degli stati satelliti della Germania – Romania, Ungheria, Slovacchia, Italia e Finlandia – e dalle formazioni volontarie reclutate nei Paesi Bassi, in Francia, in [[Scandinavia]] ed in Spagna.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-185-0139-20, Polen, Russland, Panzer in Bereitstellung.jpg|thumb|left|La nuova guerra lampo]]
 
Fin dall'inizio la situazione dei sovietici si rivelò drammatica. I potenti cunei corazzati tedeschi (quattro gruppi con circa {{formatnum:3500}} carri armati) avanzarono subito in profondità, progredirono per decine di chilometri nelle retrovie delle truppe sovietiche rimaste ferme sulle linee di confine e conquistarono d'assalto ponti sui fiumi più importanti ([[Dvina]], [[Niemen]] e [[Buh Occidentale]]) e altri punti strategici. Il caos regnava nelle retrovie e nella catena di comando sovietica; le comunicazioni erano interrotte, le incursioni aeree devastavano i depositi e i centri di comando, a Mosca né Stalin né lo [[Stavka]] percepirono subito la catastrofe che si profilava. Mentre le prime linee sovietiche si battevano accanitamente e disordinatamente, le colonne corazzate tedesche manovravano per richiudere in grandi sacche le forze nemiche. Le ingenti riserve corazzate sovietiche presenti nelle retrovie vennero gettate subito allo sbaraglio contro le molto più esperte [[Panzer-Division]]en: si scatenarono numerose [[battaglia d'incontro|battaglie d'incontro]] sia a nord ([[Raseniai]]) sia al centro ([[Alytus]]), dove i carri armati russi subirono perdite spaventose, impiegati allo scoperto, confusamente e sotto gli attacchi della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]] (con un riuscito attacco di sorpresa sugli aeroporti russi, l'aviazione tedesca guadagnò subito il dominio del cielo). A sud le forze corazzate sovietiche si batterono meglio ([[battaglia di Dubno|battaglia di Brody-Dubno]]) e misero in difficoltà i panzer del cuneo corazzato tedesco, ma la superiorità tedesca si impose e anche in questo settore i mezzi corazzati tedeschi, dopo aver inflitto grandi perdite, continuarono ad avanzare. Ai primi di luglio le grosse riserve corazzate sovietiche erano state malamente impiegate dal comando sovietico e quindi distrutte quasi completamente<ref>Sull'attacco di sorpresa e le prime drammatiche battaglie vedere: J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975.</ref>. I carri armati tedeschi poterono così proseguire l'avanzata negli stati Baltici, avvicinandosi addirittura a Leningrado, progredire verso [[Žytomyr|Žitomir]] e [[Kiev]], chiudere la sacca di [[Uman]] e soprattutto accerchiare tre armate sovietiche nella gigantesca trappola di [[Minsk]]-[[Białystok]] il 28 giugno (quasi {{formatnum:400000}} perdite<ref name="J.House 1995">D. Glantz/J. House, ''When titans clashed'', 1995.</ref>).
 
Il 3 luglio, dopo un'eclissi di oltre dieci giorni, Stalin rientrava in campo con un celebre discorso radiofonico in cui delineava realisticamente le difficoltà della situazione e l'entità della minaccia che incombeva sull'URSS e i suoi popoli. L'intervento del dittatore servì, accompagnato da misure draconiane (secondo i ben noti metodi staliniani), a rafforzare la disciplina, mobilitare tutte le risorse e organizzare nuove armate per ricostituire un fronte difensivo. Infatti, alla metà di luglio, lo schieramento iniziale sovietico era stato praticamente distrutto dall'attacco tedesco (oltre un milione di prigionieri solo nel primo mese di guerra<ref name="J.House 1995" />). I tedeschi, dopo aver rastrellato la sacca di Minsk, procedevano rapidamente lungo la strada di Mosca. A [[Smolensk]] anche il secondo scaglione sovietico, frettolosamente organizzato, venne accerchiato (18 luglio); si scatenò una sanguinosa battaglia, la resistenza sovietica fu aspra e, anche se al costo di gravi perdite ({{formatnum:350000}} uomini) servì a rallentare e contenere la progressione tedesca verso Mosca (fine luglio)<ref>Secondo alcuni autori già questa battaglia di Smolensk, con il ritardo che impose ai piani tedeschi, segnò un momento decisivo per gli esiti futuri dell'operazione Barbarossa; vedere A. Hillgruber, ''La distruzione dell'Europa'', il Mulino 1991.</ref>.
 
Nel frattempo i tedeschi avevano conquistato completamente gli Stati Baltici (accolti favorevolmente dalla popolazione) e marciavano su Leningrado; l'intervento finlandese da nord (1º luglio) aggravò ancora la situazione della ex-capitale. Agli inizi di agosto la precaria linea difensiva di [[Luga]] venne superata; con manovra aggirante le colonne tedesche (pur duramente contrastate dalle raccogliticce forze sovietiche) raggiunsero il [[Lago Ladoga]] a [[Schlissenburg]] l'8 settembre, i finlandesi avevano riconquistato parte della Carelia, Leningrado era totalmente isolata. Cominciava la tragedia della grande città, decimata dalla fame e dai bombardamenti, ma determinata a non arrendersi<ref>Vedere H. S. Salisbury, ''I 900 giorni'', il Saggiatore 2001.</ref>; durante l'inverno solo la ''via della vita'' sul ghiaccio del Ladoga avrebbe permesso la precaria sopravvivenza della popolazione. A sud, dove i tedeschi erano rafforzati dai contingenti satelliti rumeno (che marciò lungo la costa del [[Mar Nero]] verso [[Odessa]]) e italiano ([[CSIR]]), la resistenza sovietica era più solida, in difesa di Kiev e della linea del Dnepr; quindi, essendo le forze tedesche più deboli, l'avanzata venne rallentata.
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-020-1262-26, Russland-Süd, Soldaten mit Zivilbevölkerung.jpg|thumb|left|Soldati tedeschi e popolazione civile sovietica nel sud della Russia, all'inizio dell'invasione nazista.]]
 
Alla fine di luglio Stalin fece mostra di un certo ottimismo, durante i colloqui con l'inviato di Roosevelt [[Harry Hopkins]]<ref>Vedere G. Vitali, ''F. D. Roosevelt'', Mursia 1991.</ref>, esprimendo la sua sicurezza di fermare la ''guerra lampo'' tedesca; pur non sconsiderato, l'ottimismo staliniano (basato anche sulla riuscita mobilitazione delle risorse umane e militari sovietiche e sulla pianificata evacuazione degli impianti industriali negli [[Urali]] e in [[Siberia]]) era certamente prematuro: i tedeschi erano ancora molto potenti, nonostante le dure perdite ({{formatnum:390000}} uomini al 13 agosto<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della Seconda guerra mondiale'', vol. 3; De Agostini 1971.</ref>) ed erano in grado di proseguire l'avanzata verso il cuore della Russia.
[[File:Russian POW (1941).jpg|thumb|Una colonna di prigionieri sovietici]]
 
In questa fase sorsero contrasti anche nell'Alto Comando tedesco tra Hitler, ostile a seguire il miraggio di Mosca e quindi a proseguire direttamente verso la capitale, e alcuni generali ([[Franz Halder|Halder]] e [[Heinz Guderian|Guderian]] principalmente) determinati invece a marciare subito su Mosca sperando anche negli effetti psicologici derivanti dalla caduta della città<ref>P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', Rizzoli 1966; H. Guderian, ''Ricordi di un soldato'', 1955; Jacbsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi, 1974.</ref>. Hitler impose la sua decisione; preoccupato dalle difficoltà verificatesi nel settore meridionale architettò una nuova gigantesca manovra accerchiante con l'afflusso verso sud di una parte delle forze corazzate del raggruppamento centrale. La manovra avrebbe dato origine alla 'micidiale sacca di Kiev'<ref name="G. Boffa, 1979">G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979.</ref>, in cui l'intero concentramento di forze sovietico del settore meridionale venne accerchiato e distrutto con la perdita di oltre {{formatnum:600000}} soldati<ref name="J.House 1995"/> (24 settembre [[1941]]). La catastrofe, in parte scaturita da alcune decisioni errate di Stalin (deciso a non cedere [[Kiev]] anche per motivi di prestigio) sembrò confermare la correttezza delle decisioni del Führer.
 
Alla fine di settembre la situazione sembrava decisa a favore dei tedeschi: Leningrado era stretta nel mortale [[Assedio di Leningrado|assedio tedesco-finlandese]]; le difese di Mosca, imperniate sulle precarie linee fortificate a est di Smolensk, apparivano vulnerabili; a sud si apriva il vuoto di fronte alle colonne corazzate tedesche. L'[[Ucraina]] era completamente conquistata (presa di [[Charkiv|Char'kov]] il 24 ottobre), la [[Crimea]] era invasa (dal 18 ottobre), i tedeschi si spingevano in direzione di [[Battaglia di Rostov (1941)|Rostov]], porta del [[Caucaso]] (che sarebbe caduta provvisoriamente il 20 novembre)<ref>Fonti per l'operazione Barbarossa: P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', Rizzoli 1966; D. Glantz/J. House, ''When titans clashed'', 1995; J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1968; R. Overy, ''Russia in guerra'', il Saggiatore 2000; S. Bialer, ''I generali di Stalin'', Rizzoli 2003; D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Edizioni Settimo Sigillo 2001; A. Bullock, ''Hitler e Stalin, vite parallele'', Garzanti 2000; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979; Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi, 1974</ref>.
 
===== La battaglia di Mosca =====
{{Vedi anche|battaglia di Mosca}}
Il 2 ottobre, dopo il rafforzamento del raggruppamento centrale tedesco portato a 1 milione di uomini e 1&nbsp;700 carri armati<ref name="Y.Buffetaut 1987">Y. Buffetaut, ''La bataille de Moscou'', Heimdal 1987.</ref>, Hitler scatenava l'[[Operazione Tifone]]: una potente offensiva diretta a conquistare [[Mosca (Russia)|Mosca]], distruggere le forze sovietiche a difesa della capitale e concludere vittoriosamente la guerra all'Est prima dell'inverno. Nonostante le gravi perdite già subite dai tedeschi ({{formatnum:551000}} perdite totali alla data del 30 settembre<ref name="Y.Buffetaut 1987"/>) il Führer e l'alto comando tedesco mantenevano la piena fiducia di vincere questa ultima grande battaglia contro le superstiti forze sovietiche, che avevano subito perdite enormi di uomini (oltre 2,7 milioni di perdite, secondo le stesse fonti sovietiche<ref name="J.House 1995"/>) ed equipaggiamenti. L'inizio dell'Operazione Tifone sembrò confermare l'ottimismo tedesco: i cunei corazzati penetrarono subito le cinture difensive sovietiche (malamente schierate e organizzate) e progredirono con grande velocità chiudendo due nuove gigantesche sacche di accerchiamento a [[Brjansk]] e [[Vjaz'ma (città)|Vjaz'ma]] (7 ottobre); un'altra colonna di panzer entrò di sorpresa a [[Orël]] (2 ottobre). La situazione dei russi si aggravò rapidamente: le forze poste a difesa di Mosca erano accerchiate (queste truppe si batterono coraggiosamente fino alla fine del mese, ma subirono perdite molto pesanti, almeno {{formatnum:500000}} uomini<ref name="J.House 1995"/>), i carri armati tedeschi avanzavano sulla capitale direttamente dalla strada maestra di Smolensk, da nord passando per [[Kaluga]] (occupata il 12 ottobre) e anche da sud<ref name="G. Boffa, 1979"/>. Stalin per la prima volta mostrò segni di disperazione; il 14 ottobre esplose il panico a Mosca, mentre il corpo diplomatico e il governo si trasferivano a [[Kujbyšev (Oblast' di Novosibirsk)|Kujbyšev]]. Il momento di scoramento del dittatore sovietico fu breve; decise quindi di rimanere personalmente nella capitale e organizzare la difesa di Mosca richiamando dal fronte di Leningrado l'abile generale [[Georgij Konstantinovič Žukov|Georgij Žukov]] e, soprattutto, schierando numerose divisioni siberiane ben equipaggiate provenienti dall'Estremo Oriente (a questo punto Stalin, anche grazie alle notizie fornite dalla spia [[Richard Sorge]], si convinse che il [[Giappone]] non avrebbe attaccato l'URSS alle spalle<ref>P. Herde, ''Pearl Harbor'', Rizzoli 1986.</ref>). L'intervento di queste truppe scelte, l'energia dispiegata da Stalin e Žukov e anche l'arrivo sul campo di battaglia del ''periodo del fango'' che intralciò enormemente la progressione delle colonne tedesche, concorsero a fermare la marcia sulla capitale (fine ottobre)<ref name= Erickson1975 />. [[File:Soviet troops (battle of Moscow 1941).jpg|thumb|I russi, ben equipaggiati per l'inverno, contrattaccano durante la battaglia di Mosca.]] Ma i tedeschi non rinunciarono e, dopo aver atteso che i primi geli solidificassero il terreno, ripresero l'attacco, nonostante l'approssimarsi dell'inverno russo a cui erano totalmente impreparati (per decisione di Hitler l'equipaggiamento invernale era stato ottimisticamente escluso dalle dotazioni delle truppe combattenti). Anche quest'ultimo tentativo tedesco (iniziato il 16 novembre), nonostante qualche successo (alcuni reparti tedeschi giunsero in vista della periferia della capitale sovietica il 4 dicembre), sarebbe fallito di fronte alla solida resistenza sovietica e al progressivo peggioramento del clima.
 
Stalin e Žukov disponevano ancora di forze di riserva efficienti e ben equipaggiate per l'inverno, con cui sferrarono a partire dal 5 dicembre un improvviso contrattacco, sia a nord che a sud di Mosca, contro le punte avanzate tedesche ormai bloccate anche dall'arrivo del gelo. Il colpo cadde totalmente inaspettato sulle truppe tedesche ormai esauste; in mezzo alle intemperie invernali i russi passarono all'offensiva, liberarono molte importanti città intorno a Mosca, e rigettarono i tedeschi a oltre 100&nbsp;km dalla capitale; la Wehrmacht subì la sua prima pesante sconfitta della guerra; ci furono crolli del morale tra le truppe e i generali tedeschi; enormi quantità di equipaggiamento furono persi. L'Operazione Barbarossa si concludeva alla fine dell'anno con un fallimento; l'URSS, nonostante le enormi perdite (4,3 milioni di perdite totali nel 1941<ref name="J.House 1995"/>), non era crollata ed era passata al contrattacco, i tedeschi erano costretti a combattere una dura battaglia difensiva invernale, la situazione geostrategica complessiva cambiava a sfavore della Wehrmacht (molto indebolita: {{formatnum:831000}} perdite al 31 dicembre; quasi un quarto dei suoi effettivi<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 3, De Agostini 1971.</ref>). Per Hitler, forse già presago della futura sconfitta<ref>In J. Lukacs, ''Dossier Hitler'', TEA 2000, che cita le dichiarazioni di Jodl a Norimberga.</ref> ma tenacemente deciso a continuare la guerra su tutti i fronti (organizzò personalmente la difesa ad oltranza sul fronte orientale per evitare una ritirata incontrollabile dell'Esercito tedesco), il futuro diventava oscuro<ref>Sulla battaglia di Mosca vedere: J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975; P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', Rizzoli 1966; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979; W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990; I. Kershaw, 'Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; R. Braithwaite, ''Mosca 1941'', Mondadori 2008; Y. Buffetaut, ''La bataille de Moscou'', Heimdal 1987.</ref>.
 
===== Mediterraneo e Africa =====
 
La politica di guerra mussoliniana consisteva nella “guerra parallela” ma distinta da quella tedesca, con l’obiettivo di ottenere il più possibile mentre la Germania si sarebbe trovata alle prese coi maggiori avversari<ref>''Grande Dizionario Enciclopedico'', volume X, pagina 124. UTET 1988.</ref>. Analogamente all’attacco alla Grecia, Mussolini aveva quindi ordinato l’invasione dell’Egitto, muovendo dalla Libia il 13 settembre 1940. Entro febbraio, però, la reazione dell’esercito inglese ricacciò gli italiani al punto di partenza e penetrò in [[Cirenaica]], conquistando [[Tobruk]], [[Bengasi]] e catturando circa {{formatnum:60000}} prigionieri. Anche nell’Africa orientale, "l’Impero d’Etiopia” fu rapidamente conquistato dagli inglesi (dopo un effimero successo italiano nella [[conquista di Cassala]] e nella [[Somalia britannica]]), imprigionando [[Amedeo di Savoia-Aosta|Amedeo Duca d’Aosta]] ed entrando in [[Addis Abeba]] nel maggio del 1941. L'ultima piazzaforte italiana a cadere in mano inglese fu [[Gondar]], dopo strenua difesa da parte del colonnello [[Guglielmo Nasi]] (27 novembre [[1941]] [[Battaglia di Gondar]]).
 
Ora Hitler pensò che fosse necessario sostenere l’alleato che da alcuni mesi non faceva che accumulare disastri<ref>Grande Dizionario Enciclopedico, volume X, pagina 124. UTET 1988.</ref>, e decideva l’invio in Libia di due divisioni corazzate e due divisioni motorizzate ("[[Afrika Korps]]"), al comando di [[Erwin Rommel]]. Questi, in una lettera all’OKW (Alto Comando tedesco), il 2 marzo scrisse:
{{Citazione|Gli italiani sono ottimi camerati e valorosi soldati, se avessero i nostri mezzi potrebbero gareggiare con le nostre truppe. Ma la loro antiaerea risale alla guerra ‘15-’18, i fucili si chiamano “modello ’91” perché risalgono al 1891 e i carri armati da 3 tonnellate sono semplicemente ridicoli<ref>''Immagini di Storia - Tobruk'' (pagina 44). Italia Editrice 1995.</ref>.}}
 
Comunque, in Africa settentrionale la situazione si rovesciò a favore dell’Asse, che riconquistò la Cirenaica preparando l’invasione dell’Egitto, mentre alla rapida azione dei paracadutisti tedeschi si dovette la conquista della base strategica di [[Creta]] (maggio 1941) e delle [[isole egee]]. Le perdite tedesche a Creta, però, indussero Hitler a rinunciare ad analoghi assalti secondo i piani del generale [[Kurt Student]] (comandante delle truppe aviotrasportate), che prevedevano la conquista dell’isola di [[Cipro]] e del canale di [[Suez]]<ref>''La Seconda Guerra Mondiale, immagini dal fronte'', di David Boyle (pagina 113). Edizioni White Star 1999.</ref>.
 
Per la [[Royal Navy]] la situazione nel Mediterraneo si fece difficile. Nonostante la brillante vittoria contro gli italiani presso [[battaglia di Capo Matapan|Matapan]] (27 marzo '41), la ''Mediterranean Fleet'' subì pesanti perdite durante le operazioni per l'evacuazione della Grecia. In autunno il [[sottomarino]] tedesco U311 colò a picco la corazzata ''Barham'', e in dicembre andarono perdute anche la ''Valiant'' e la ''Queen Elizabeth'', ad opera dei mezzi d'assalto della marina italiana. Nel corso dello stesso anno la ''Mediterranean Fleet'' aveva perduto la portaerei ''[[HMS Ark Royal (91)|Ark Royal]]'', l'incrociatore pesante ''[[HMS York (90)|York]]'', gli incrociatori ''[[HMS Gloucester (C62)|Gloucester]]'', ''[[HMS Calcutta (D82)|Calcutta]]'', ''[[HMS Neptune (20)|Neptune]]'', ''[[HMS Fiji (58)|Fiji]]'' e numerosi cacciatorpediniere e unità minori. Gravi danni avevano subito anche la corazzata ''[[HMS Nelson (28)|Nelson]]'', silurata da aerei italiani, e le portaerei ''[[HMS Illustrious (R87)|Illustrious]]'' e ''[[HMS Formidable (R67)|Formidable]]'', gravemente danneggiate da bombardieri tedeschi. Le difficoltà create dalle pesanti perdite non impedirono alla flotta britannica di infliggere a sua volta gravi danni al traffico di rifornimenti tra Italia e Libia. Per quanto duramente provata dai bombardamenti aerei, la piazzaforte di [[Malta]] rimase una pericolosa spina nel fianco dei rifornimenti italo-tedeschi.
 
===== Battaglia dell'Atlantico =====
{{Vedi anche|Battaglia dell'Atlantico (1939-1945)}}
 
==== 1942 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1942}}
 
===== Controffensiva invernale sovietica =====
L'anno iniziò sul gigantesco fronte orientale con le nuove offensive sovietiche invernali ordinate da [[Stalin]] (convinto della possibilità di un crollo "napoleonico" dell'esercito tedesco e quindi desideroso di non dare respiro all'invasore) in tutte le direzioni: dopo la vittoriosa battaglia di [[Mosca (Russia)|Mosca]], l'[[Armata Rossa]] proseguì la sua avanzata, in mezzo alle intemperie dell'inverno russo e a costo di terribili perdite, soprattutto nella regione a ovest della capitale. I tedeschi si trovarono spesso in drammatiche difficoltà, persero ancora parecchio terreno, ma non crollarono (in parte per l'ordine di [[Hitler]] di resistenza sul posto ed anche per aver mantenuto la loro coesione e combattività). [[Leningrado]] rimase bloccata, [[Ržev]] e [[Vjaz'ma (città)|Vjaz'ma]] divennero capisaldi sulla via di Mosca, la linea del [[Donec]] venne mantenuta<ref>Resoconti dettagliati in P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', Rizzoli 1966 e in J. Erickson, ''The Road to Stalingrad'', Cassel 1975.</ref>; le due sacche di [[Demjansk]] e [[Cholm (Russia)|Cholm]] vennero tenacemente difese dalle truppe tedesche accerchiate che, rifornite per via aerea, resistettero fino a primavera (quando vennero liberate dalle colonne di soccorso)<ref>P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', Rizzoli 1966.</ref>.
 
===== Operazione "Blu" =====
{{Vedi anche|Seconda battaglia di Char'kov|Battaglia di Crimea|Operazione Blu}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-748-0088-02A, Russland, Panzer III und Besatzung.jpg|thumb|Una nuova avanzata verso est.]]
A costo di gravi perdite, con oltre 1 milione di soldati morti o feriti dal 22 giugno [[1941]] al 30 marzo [[1942]]<ref>W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990.</ref>, la [[Wehrmacht]] riuscì a fermare la prima controffensiva dell'[[Armata Rossa]], altrettanto provata: 1,5 milioni di perdite<ref name="J.House 1995"/>. Hitler, consapevole del fatto che il tempo lavorasse contro di lui (dopo l'entrata in guerra della potenza nordamericana) e erroneamente convinto che i russi dopo la loro sanguinosa offensiva invernale avessero definitivamente esaurito le loro forze, impose una nuova offensiva concentrata nel solo settore meridionale dell'immenso fronte orientale allo scopo di schiacciare le forze residue sovietiche e di conseguire quegli obiettivi strategico-economici (il bacino del [[Donbass]], la regione del [[Volga]], il [[petrolio]] del [[Caucaso]], il grano del [[Kuban]]) ritenuti essenziali per proseguire una lunga guerra aeronavale contro le potenze anglosassoni. Dopo alcuni contrasti<ref>AA. VV., ''Germany and the Second World War'', volume VI, Oxford University Press 1991.</ref> a livello dell'Alto comando tedesco tra alcuni generali, favorevoli ad un nuovo attacco diretto su [[Mosca (Russia)|Mosca]] o addirittura ad un mantenimento della difensiva, e Hitler, deciso a concludere a tutti i costi la guerra all'est entro il 1942, l'[[Operazione Blu]] veniva definitivamente stabilita (''Direttiva 41'' del 5 aprile).
 
Il 28 giugno 1942 la Wehrmacht ripartiva all'offensiva, puntando verso Sud-Est. Dopo alcune rilevanti vittorie tedesche preliminari, quali la conquista della [[Crimea]] e del grande porto di [[Sebastopoli]] (già assediati da diverse settimane), e la [[Seconda battaglia di Char'kov]], che frustrò i tentativi di attacco sovietici, iniziava la spinta decisiva in direzione del fiume [[Don (fiume russo)|Don]], del fiume [[Volga]] e contemporaneamente anche del Caucaso. La Wehrmacht, favorita anche da contrasti nelle alte sfere sovietiche sulle strategie da seguire, a seguito degli errori commessi da [[Stalin]] e dai suoi Generali in primavera, per alcuni mesi sembrò nuovamente trionfante e vicina alla vittoria definitiva: l'Armata Rossa batteva in ritirata in disordine; sempre nuovi territori venivano conquistati; e con la presa di [[Battaglia di Rostov (1941)|Rostov]] (23 luglio), si erano aperte le porte del Caucaso. [[Hitler]], convinto che ormai il crollo sovietico fosse imminente, impose di accelerare i tempi, con un'avanzata contemporanea sia verso il Volga e il grande centro industriale di [[Stalingrado]], sia verso il Caucaso e i pozzi di petrolio di [[Groznyj]] e [[Baku]]<ref>Sull'offensiva d'estate tedesca, fonti in: P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', 1966; J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', 1975; AA. VV., ''Germany and the Second World War'', Volume VI, 1991</ref>.
 
===== La Battaglia di Stalingrado =====
{{Vedi anche|Battaglia di Stalingrado|Operazione Urano|Operazione Piccolo Saturno|Operazione Tempesta Invernale|Operazione Anello}}
Per Stalin era un momento drammatico: la città che portava il suo nome era minacciata, l'esercito appariva scoraggiato, i tedeschi invincibili, gli alleati anglosassoni sembravano osservare la situazione: nessun [[Secondo fronte]] in Europa nel 1942. Nonostante i progetti di [[George Catlett Marshall|Marshall]] e [[Eisenhower]] per intervenire subito in [[Francia]] per alleggerire la pressione sui Russi, [[Churchill]], sempre timoroso dei tedeschi e forse desideroso di un dissanguamento reciproco russo-tedesco, ebbe partita vinta con [[Franklin Delano Roosevelt|Roosevelt]] e impose l'abbandono dei piani americani e l'adozione del piano di sbarco in [[Nordafrica]]<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 4, Mondadori 1953; AA. VV., ''Germany and the second world war'', volume VI, Oxford University Press 1991.</ref>.
 
Il 28 luglio Stalin emanava il suo famoso ordine del giorno "[[Ordine numero 227|Non un passo indietro]]": era l'inizio della ripresa militare, organizzativa e morale dell'Armata Rossa; fin dal 17 luglio era cominciata la dura e sanguinosa [[battaglia di Stalingrado]]. Il 23 agosto i tedeschi raggiunsero il Volga ma la resistenza sovietica fu subito tenace, Stalin mobilitò tutte le risorse, nella città, aspramente difesa dalla 62ª Armata del generale [[Vasilij Ivanovič Čujkov|Vasilij Čujkov]], infuriò per due mesi una violenta battaglia stradale che dissanguò la potente [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]] tedesca del generale [[Friedrich Paulus]]<ref>Per i combattimenti all'interno della città: J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975; A. Beevor, ''Stalingrado'', Rizzoli 1998; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1968.</ref>. Contemporaneamente anche nel Caucaso l'avanzata tedesca rallentava (nonostante alcuni spettacolari successi propagandistici tedeschi come la scalata del monte [[Elbrus]] in agosto) e finiva per fermarsi alle porte di Groznij e di [[Tbilisi]] e [[Tuapse]], esaurita dalle prime intemperie, dalle difficoltà del terreno e dalla tenace difesa sovietica.
[[File:T-34 Urano.jpg|thumb|left|Un carro [[T-34 (carro armato)|T-34]] sovietico in azione durante l'[[operazione Urano]]]]
A metà novembre i tedeschi erano avvinghiati in un sanguinoso scontro a Stalingrado, bloccati definitivamente nel Caucaso, ridotti alla difensiva su tutto il resto del fronte Orientale. Il fronte dell'Asse si estendeva pericolosamente su quasi 3&nbsp;000&nbsp;km, con i due raggruppamenti più potenti bloccati a Stalingrado e nel Caucaso. Il pericolo principale risiedeva nel lungo fianco settentrionale sul Don; ma Hitler decise di mantenere le posizioni raggiunte (del resto anche molti generali tedeschi ritenevano l'Armata Rossa ormai indebolita ed incapace di offensive strategiche<ref>Per una dettagliata analisi delle varie concezioni strategiche all'interno dei comandi tedeschi in questa fase della campagna vedere: AA. VV., ''Germany and the Second World War'', volume VI: ''The global war'', Oxford University Press 1991 e anche Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi 1974</ref>). Al contrario Stalin e i suoi generali più importanti ([[Aleksandr Michajlovič Vasilevskij|Aleksandr Vasilevskij]] e [[Georgij Konstantinovič Žukov|Georgij Žukov]]) già da settembre avevano iniziato ad organizzare grandi controffensive, previste per il tardo [[autunno]] e l'[[inverno]] per ottenere una vittoria decisiva e rovesciare completamente l'equilibrio strategico sul fronte orientale<ref>Sulla pianificazione sovietica e l'organizzazione dell'offensiva, dettagli in J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975.</ref>. Erano le offensive "planetarie" dell'Armata Rossa, denominate con nomi di pianeti, per sottolineare il massiccio numero di forze impiegate.
[[File:Operazione Piccolo Saturno.jpg|thumb|Le colonne corazzate sovietiche avanzano nella neve durante l'[[operazione Piccolo Saturno]]]]
Il 19 novembre 1942 si scatenava l'[[operazione Urano]]: in quattro giorni i corpi corazzati e meccanizzati sovietici travolsero le difese tedesco-rumene sul Don e sbaragliarono le indebolite [[Panzer-Division]] tedesche di riserva che per la prima volta nella guerra furono nettamente sconfitte dai carristi dell'Armata Rossa<ref>D. Glantz/J. House, ''Endgame at Stalingrad'', book one: november 1942, pp. 378-379.</ref>. Il 23 novembre i corpi carri e meccanizzati si congiunsero a [[Kalač (Oblast' di Voronež)|Kalač]], accerchiando completamente la 6ª Armata bloccata a Stalingrado (quasi {{formatnum:300000}} uomini<ref>J. Erickson, ''The road to Stalingrad'', Cassel 1975; A. Beevor, ''Stalingrado'', Rizzoli 1998; Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi 1974.</ref>).
 
Mentre falliva l'[[Operazione Marte]] sulla direttrice di Mosca, a metà dicembre Stalin sferrò il nuovo attacco sul Don ([[operazione Piccolo Saturno]]), mentre i tedeschi tentavano disperatamente di venire in soccorso delle truppe rimaste accerchiate a Stalingrado anche per ordine di Hitler (risoluto a tenere le posizioni sul posto fino all'ultimo). La catastrofe colpì in pieno anche le truppe italiane del corpo di spedizione in Russia (impiegato fin dal [[1941]] come [[CSIR]] e rinforzato nel 1942 come 8ª Armata o [[ARMIR]]), schierate a difesa del Medio Don con mezzi e equipaggiamenti inadeguati. Dal 19 dicembre la ritirata degli italiani, inseguiti nella neve dalle colonne corazzate sovietiche, si trasformò in tragedia (quasi 100&nbsp;000 perdite<ref>G. Scotoni, ''L'Armata Rossa e la disfatta italiana'', Editrice Panorama 2007.</ref>). Alla fine dell'anno la situazione dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] sul fronte orientale era molto critica: la 6ª Armata tedesca accerchiata a Stalingrado, isolata, affamata e ormai senza più speranze, le truppe satelliti rumene e italiane in rotta, l'esercito tedesco nel Caucaso in piena ritirata (dal 30 dicembre) per evitare un nuovo accerchiamento, i sovietici in avanzata generale. L'Asse perse circa 1 milione di uomini<ref name=Erickson1975 >J. Erickson, ''The Road to Stalingrad'', Cassel 1975.</ref> tra il novembre 1942 e il 2 febbraio [[1943]], data della resa definitiva a Stalingrado<ref>Sulla grande campagna invernale del 1942-43 sul fronte Est, consultare: J. Erickson, ''The Road to Stalingrad'', 1975, e ''The Road to Berlin'' 1983; E. Ziemke, ''The german defeat in the East'', 1971; P. Carell, ''Operazione Barbarossa'', 1966; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', 1979; AA. VV., ''Germany and the Second World War'', Volume VI, 1991; A. Werth, ''La Russia in guerra'', 1968; A. Beevor, ''Stalingrado'', Rizzoli 1998; G. Scotoni, ''L'Armata Rossa e la sconfitta italiana'', 2007; Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi 1974.</ref>.
 
===== Il problema del "Secondo Fronte" e l'incursione di Dieppe =====
{{Vedi anche|Secondo fronte}}
Il problema di un ''Secondo Fronte'' in Europa occidentale che attirasse e logorasse una parte della Wehrmacht (impegnata quasi completamente a est) e alleviasse la pressione tedesca sui russi era sorto praticamente fin dalla prima lettera di [[Stalin]] a [[Churchill]] del 18 luglio [[1941]] (in risposta alla missiva del Primo Ministro inglese del 7 luglio). Le richieste di Stalin, riguardo ad un impegno immediato inglese in forze sul continente, erano irrealistiche: in primo luogo a causa della debolezza dell'esercito britannico (reduce dalle disfatte in [[Francia]], [[Norvegia]], [[Grecia]] e [[Creta]]) ed inoltre perché il piano di guerra di Churchill del 1941 (prima dell'entrata in guerra degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]) era completamente differente. Esso partiva dalla convinzione (presente soprattutto nell'establishment militare) di un rapido crollo dell'[[URSS]] e si fondava su: potenziamento massimo dei rifornimenti di armi dagli USA (secondo la Legge [[Lend-Lease]] ''Affitti e Prestiti'' dell'11 marzo 1941), continuo incremento dei bombardamenti strategici terroristici del [[Bomber Command]] per scuotere il morale dei civili tedeschi e distruggere l'industria bellica del Reich, organizzazione di piccole operazioni periferiche dirette a logorare il nemico e a provocare il crollo dei suoi alleati (secondo il vecchio schema adottato dagli inglesi contro [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] nella [[guerra d'indipendenza spagnola]]). Erano quindi state pianificate le operazioni: ''Crusader'' (in [[Cirenaica]]), ''Acrobat'' ([[Tripolitania]]), ''Gymnast'' ([[Nordafrica]] francese), ''Jupiter'' (Norvegia) e ''Whipcord'' ([[Sicilia]])<ref>La fonte fondamentale rimane: W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', vol. 3, Mondadori 1953.</ref>.
 
Due eventi capitali verificatesi alla fine del 1941 cambiarono radicalmente la situazione: Stalin e l'[[Armata Rossa]] riuscirono a fermare l'avanzata tedesca e passarono al contrattacco dal 5 dicembre (con conseguente necessità per l'Esercito tedesco di rimanere in gran parte sul fronte est) e dal 7 dicembre gli Stati Uniti entrarono in guerra.
 
Nel gennaio del [[1942]] Churchill e [[Franklin Delano Roosevelt|Roosevelt]] si incontrarono in America: l'accordo fu immediato sul concetto del ''Germany first'' (sconfiggere prima la Germania e poi occuparsi del [[Giappone]]), ma nel campo della pianificazione operativa sorsero ampi contrasti tra inglesi (desiderosi di non correre rischi e di coinvolgere gli USA in [[Africa]] – piano 'Super-Gymnast') e gli americani<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 4, Mondadori 1953; AA. VV., ''Germany and the second world war'', volume VI, Oxford University Press 1991; R. Overy, ''La strada della vittoria'', il Mulino 2002.</ref>. Nell'aprile 1942 [[George Catlett Marshall|Marshall]] inviò in Europa [[Eisenhower]] e [[Mark Wayne Clark|Clark]] che subito pianificarono operazioni per un rientro in forze sul continente fin dal 1942, per alleviare i russi di nuovo sotto pressione (piano 'Sledgehammer'), e poi nel 1943 con offensive in grande stile (piano 'Round-up')<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 4, De Agostini 1971.</ref>.
 
[[File:Canadian POWs, Dieppe.jpg|thumb|left|Dieppe: un gruppo di soldati canadesi prigionieri.]]
 
Durante il viaggio di [[Vjačeslav Michajlovič Molotov|Molotov]] a [[Washington]] (maggio) Roosevelt diede precise assicurazioni positive in questo senso (forse anche per evitare impegni politico-territoriali precisi), ma Churchill e gli strateghi inglesi riuscirono, negli incontri del 18-20 luglio 1942, a imporre l'abbandono di questi progetti americani (anche a causa della disfatta di [[Tobruch]] in Africa e delle nuove ritirate sovietiche) e a stabilire come unico impegno positivo angloamericano per 1942 il piano 'Torch'-ex Super-Gymnast (sbarco nel Nordafrica francese)<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 4, Mondadori 1942; AA. VV., ''Germany and the second world war'', volume VI, Oxford University Press 1991.</ref>.
 
Tuttavia l'ipotesi di aprire un "Secondo Fronte" che minacciasse direttamente la [[Germania]], magari partendo da un'invasione della Francia occupata dai tedeschi, non poteva essere del tutto trascurata. A tal proposito, i dubbi strategici e logistici dei generali [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] risiedevano, soprattutto, nel cercare di capire se fosse possibile occupare un porto marittimo francese sul [[Canale della Manica]], da utilizzare sia come punto di lancio per un'invasione su vasta scala, sia come punto di approdo sicuro per i rifornimenti alle truppe impegnate nell'invasione. Gli Alleati concordarono nell'effettuare un esperimento, per sondare la capacità di reazione della [[Wehrmacht]]: avrebbero tentato l'invasione del porto di [[Dieppe]], sulla costa francese. Le truppe alleate avrebbero dovuto conquistarlo il più rapidamente possibile; quindi avrebbero tentato di mantenerlo occupato e controllato per almeno 48 ore; dopodiché sarebbero state evacuate. Se la Wehrmacht avesse dimostrato incapacità a reagire efficacemente, la futura ipotetica invasione della Francia avrebbe potuto iniziare da un porto.
 
Il 18 agosto fu messo in azione il Piano ''Jubilee'' a Dieppe, che però si risolse in un completo disastro. Non solo le truppe sbarcate (principalmente canadesi) non riuscirono ad occupare il porto, ma furono in gran parte distrutte dalle truppe tedesche in difesa (soltanto una minoranza di soldati alleati riuscì ad essere evacuata dal campo di battaglia) e la battaglia aerea sopra le spiagge terminò con una netta vittoria della Luftwaffe. Pertanto i Generali alleati ebbero la conferma che non sarebbe stato possibile invadere la Francia attaccando direttamente un porto marittimo; ma sarebbe stato necessario inventare nuove soluzioni tattiche, che sarebbero state poi impiegate nello sbarco in [[Normandia]] del 6 giugno [[1944]]. Per contro, il fallimento alleato a Dieppe mise comunque in allarme [[Hitler]], che diede ordine di iniziare la costruzione di un imponente [[Vallo Occidentale]] o [[Vallo Atlantico]], una lunghissima catena di fortificazioni difensive che, teoricamente, si sarebbe dovuta estendere sulle coste di tutto il Nord Europa occupato dai tedeschi: dalle coste della Norvegia alle coste meridionali francesi sino ai confini con la [[Spagna]], creando così una [[Fortezza Europa]]. Da questo punto di vista, la sanguinosa incursione alleata su Dieppe risultò un discreto successo "indiretto", in quanto la conseguente decisione di Hitler, di costruire una quantità impressionante di fortificazioni ad Ovest, comportò il dispendio di enormi quantità di risorse industriali, quali ad esempio l'[[acciaio]], che altrimenti l'industria bellica tedesca avrebbe potuto impiegare per produrre più carri armati e cannoni, da destinare al Fronte Orientale.
 
Poco prima, durante il suo soggiorno a [[Mosca (Russia)|Mosca]] (12-17 agosto 1942), Churchill aveva illustrato ad un furibondo Stalin le motivazioni delle nuove decisioni alleate: l'URSS sarebbe rimasta da sola a combattere il [[Terzo Reich]] sul continente almeno per un altro anno, mentre gli Alleati avrebbero preso la strada per l'Africa, in attesa di un ulteriore logoramento tedesco all'Est, nonché in attesa della costituzione di adeguate forze americane in [[Inghilterra]], per un ipotetico attacco in forze in Francia nel [[1943]] o più probabilmente nel 1944<ref>Sui colloqui: J. Erickson, ''The Road to Stalingrad'', Cassel 1975; W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', Mondadori 1953; E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', De Agostini 1971.</ref>.
 
==== 1943 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1943}}
 
===== La controffensiva tedesca ad est =====
{{vedi anche|Offensiva Ostrogorzk-Rossoš|Operazione Stella|Terza battaglia di Char'kov}}
Il 2 febbraio 1943, i resti della 6ª Armata tedesca si arresero a Stalingrado. Mentre si consumava il drammatico finale dell'interminabile battaglia, Stalin e il Comando supremo ampliarono le dimensioni e gli scopi dell'offensiva invernale sovietica. Coscienti delle enormi perdite inflitte alle truppe dell'Asse (quasi 70 divisioni distrutte&nbsp;– almeno 30 tedesche, 18 rumene, 10 italiane e 10 ungheresi<ref name="J.Erickson 1983" />) e di fronte ai segni di ritirata generale dei tedeschi (il 30 dicembre era iniziato il ripiegamento dal Caucaso e il 12 gennaio era cominciata con un grande successo l'[[Offensiva Ostrogorzk-Rossoš|offensiva sul medio Don]] contro le truppe ungheresi e il [[Alpini|Corpo Alpino]] italiano<ref>G. Scotoni, ''L'Armata Rossa e la disfatta italiana''. Ed. Panorama 2007.</ref>) i comandi sovietici sperarono di respingere il nemico, prima del disgelo di primavera, almeno fino al [[Dnepr]] e alla [[Desna]]. Le vittorie sovietiche, in effetti, si succedettero: sul Medio Don le colonne corazzate sovietiche procedevano verso [[Kursk]] e [[Char'kov]], il Caucaso venne progressivamente liberato, [[Rostov sul Don]] tornò in mano russe il 14 febbraio, il 30 gennaio erano iniziate due nuove operazioni (''Operazione Galoppo'' e [[Operazione Stella]]) dirette verso il Dnepr e il [[mar d'Azov]] e il 16 febbraio cadde anche Char'kov dopo una dura battaglia contro alcuni reparti scelti tedeschi.
 
Stalin e lo Stavka organizzarono contemporaneamente altre offensive sul fronte di Leningrado, che venne parzialmente sbloccata il 18 gennaio, sul fronte di Ržev-Vjaz'ma, dove i tedeschi ripiegarono ordinatamente ai primi di marzo e anche sul fronte di [[Orël]] e [[Smolensk]]. Ma ormai anche i sovietici erano esauriti dopo tre mesi di offensive ed estenuanti inseguimenti: i reparti erano stanchi e le carenze logistiche si aggravavano. I comandi e lo stesso Stalin sottovalutarono le difficoltà e i pericoli. I tedeschi, dopo un momento di sbandamento, mantennero la loro efficienza combattiva e con l'afflusso di forti reparti corazzati provenienti dalla Francia, organizzarono una controffensiva per tagliare fuori le punte avanzate sovietiche e ristabilire la situazione su tutto il fronte Orientale.
 
A partire dal 19 febbraio le ''Panzer-Divisionen'' tedesche del feldmaresciallo von Manstein sferrarono il loro contrattacco: i sovietici furono colti di sorpresa (era convinzione generale che i tedeschi avrebbero continuato la loro ritirata) e sconfitti. Tutte le colonne di testa vennero messe in grave difficoltà e cominciarono a ripiegare. I tedeschi riguadagnarono la linea del Donec e del [[Mius]], a marzo riconquistarono anche Char'kov, prendendosi una sanguinosa rivincita ([[Terza battaglia di Char'kov]]). Anche i tentativi sovietici verso Orël e Smolensk vennero respinti. A metà marzo con l'arrivo della ''rasputizsa'' (disgelo primaverile) le operazioni si fermarono e il fronte si stabilizzò momentaneamente<ref>Vedere: P. Carell, ''Terra bruciata'', 1966; J. Erickson, ''The Road to Berlin'', 1983; D. Glantz, ''From Don to the Dniepr'', 1991.</ref>.
 
===== La battaglia di Kursk e l'avanzata generale Sovietica =====
{{vedi anche|Battaglia di Kursk|Quarta battaglia di Char'kov}}
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-219-0595-20, Russland-Mitte-Süd, Panzer III in Fahrt.jpg|thumb|left|Battaglia di Kursk: l'ultima speranza tedesca.]]
Nella primavera del [[1943]], la nuova linea del Fronte presentava nel settore centrale un grosso [[saliente (militare)|saliente]] sovietico profondamente spinto verso ovest, presso [[Kursk]]: situazione potenzialmente pericolosa e favorevole ad un nuovo attacco tedesco a tenaglia. Tuttavia [[Hitler]], scosso dalla catastrofe di Stalingrado e dalle sconfitte subite in Africa Settentrionale dall'[[Afrika Korps]], con conseguente ulteriore indebolimento dell'alleato italiano, mostrò per una volta indecisione nella pianificazione strategica<ref>I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Ed. Settimo Sigillo 20001.</ref>. Timoroso di un nuovo fallimento, e di fronte ai pareri ampiamente divergenti dei suoi generali, Hitler decise successivi rinvii della prevista offensiva a tenaglia, per dare tempo all'industria bellica tedesca di fornire alla [[Wehrmacht]] un grande numero di carri armati, tra i quali i nuovi [[Panzer V Panther|Panther]] e [[Panzer VI Tiger|Tiger]] dai quali si aspettava risultati decisivi.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-J14813, Bei Orel, Panzer VI (Tiger I).jpg|thumb|I carri armati 'Tiger' a Kursk.]]
Il ritardo tedesco nello scatenare l'offensiva fornì ai sovietici l'opportunità di rafforzare e fortificare il Saliente di Kursk. Anche [[Stalin]] stava pianificando nuove offensive, per liberare il territorio sovietico ancora occupato, ma di fronte ai giganteschi preparativi tedeschi decise, su consiglio anche dei suoi Generali, di mantenersi in un primo tempo sulla difensiva, per poi passare in un secondo momento ad una controffensiva generale. L'[[Armata Rossa]] ebbe tutto il tempo di prepararsi allo scontro. Il Saliente di Kursk fu riempito di mine anticarro e cannoni anticarro sovietici; trasformandosi da potenziale punto debole del Fronte sovietico in autentica trappola per la Wehrmacht<ref>Per l'organizzazione delle difese sovietiche, vedere: J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983.</ref>.
 
Il 5 luglio i tedeschi iniziavano l'[[Battaglia di Kursk|Operazione Cittadella]] per schiacciare il saliente di Kursk: furono otto giorni di battaglia durissimi tra i [[panzer]] tedeschi e le difese anticarro e i carri armati sovietici. Il 12 luglio i tedeschi, dopo aver subito grosse perdite, non erano ormai più in grado di insistere nell'attacco. La gigantesca mischia corazzata di [[Prochorovka]] suggellò la sconfitta tedesca, proprio mentre nello stesso momento, secondo i progetti di Stalin, i sovietici passavano a loro volta all'attacco nella regione di Orël e sul Mius. I tedeschi, avendo perso circa il 60% delle forze corazzate disponibili sul fronte orientale<ref>Sulle perdite effettive di carri armati delle due parti da molti anni non c'è accordo; per i dati più recenti, che limitano molto le perdite di carri tedesche 'definitive' (circa 350 mezzi in confronto con i 1600 carri perduti dai sovietici) vedere D. Glantz/J. House, ''The battle of Kursk'', 1999.</ref>, dovettero rinunciare definitivamente all'iniziativa ad Est: cominciava ora per loro una lunga e sanguinosa ritirata.
 
L'offensiva di Stalin si sviluppò progressivamente su tutti i settori principali dell'immenso fronte orientale: fin dal 12 luglio era cominciata la battaglia di Orël, il 3 agosto i sovietici passarono all'attacco, dopo aver ricostituito con grande rapidità grosse forze corazzate offensive (nonostante le pesanti perdite di Kursk) anche nel settore di [[Belgorod]]. La battaglia fu sempre durissima: i tedeschi non ripiegarono senza combattere e, al contrario, organizzarono continui ridispiegamenti delle loro esperte [[Panzer-Division]] per rafforzare le difese e effettuare aspri contrattacchi. Ma l'avanzata sovietica fu inesorabile anche se duramente contrastata: il 5 agosto veniva liberata Orël, il 23 finiva con la vittoria russa la [[Quarta battaglia di Char'kov]], dopo nuovi furiosi scontri di carri armati; ai primi di settembre crollava anche il fronte sul Mius (presa di [[Taganrog]] e [[Donec'k|Stalino]]). A questo punto Hitler accolse, pur con riluttanza, la proposta del feldmaresciallo [[Erich von Manstein]] di un ripiegamento strategico fino alla linea del [[Dnepr]] (l'ipotizzato ''Ostwall''), poiché le perdite tedesche erano state ingenti, le riserve corazzate erano esaurite e i russi apparivano nettamente superiori. [[File:Orel43.jpg|thumb|upright=1.4|left|Carri armati e fanti sovietici avanzano durante l'offensiva dell'estate 1943.]]
Cominciò così la grande [[battaglia per il Dnepr]]: le truppe sovietiche, energicamente spronate da Stalin, inseguirono subito l'esercito tedesco in ritirata che tentava di attestarsi saldamente sul grande fiume. Il progetto tedesco fallì: i sovietici costituirono rapidamente numerose teste di ponte da cui partire per liberare anche l'[[Ucraina]] occidentale; l'obiettivo più importante era [[Kiev]], che venne liberata il 6 novembre dopo un'audace manovra aggirante delle truppe corazzate sovietiche. Anche più a sud i sovietici si attestarono sulla riva occidentale del Dnepr e liberarono progressivamente (dopo duri scontri) i grandi centri di [[Dnipropetrovs'k|Dnepropetrovsk]], [[Zaporižžja|Zaporož'e]], [[Kremenčuk]]. Infine anche a nord, nella regione centrale, l'Armata Rossa passò all'offensiva e, nonostante la resistenza tedesca e le difficoltà del terreno, liberò anche [[Brjansk]] (17 settembre) e [[Smolensk]] (25 settembre).
 
Tuttavia i tedeschi, pur fortemente indeboliti, mantennero ancora il possesso della [[Crimea]], degli importanti centri minerari di [[Kryvyj Rih|Krivoy Rog]] e [[Nikopol]] e sferrarono anche una nuova controffensiva (con l'afflusso di rinforzi dall'ovest e dall'Italia) che mise in grosse difficoltà le truppe sovietiche che avanzavano dopo la liberazione di Kiev, (controffensiva di [[Žytomyr]]: novembre-dicembre 1943). Nonostante questi rovesci locali e le gravi perdite (oltre 1 milione di morti solo nel secondo semestre del 1943<ref name="J.House 1995"/>), Stalin e l'Armata Rossa conclusero il 1943 con pieno successo: l'esercito tedesco era stato gravemente danneggiato ({{formatnum:1400000}} morti, feriti o dispersi tra luglio e dicembre<ref name= Bauer5 >E. Bauer, ''Storia controversa della Seconda guerra mondiale'', volume 5, De Agostini 1971.</ref>) ed era ora inferiore numericamente e tecnicamente, gran parte delle regioni occupate erano state liberate, l'offensiva invernale, già in preparazione, prometteva nuovi successi, l'intervento in forze sul continente degli anglosassoni era imminente<ref>La fonte principale è J. Erickson, ''The Road to Berlin'', 1983; utili anche P. Carell, ''Terra bruciata'', 1966; E. Ziemke, ''The German Defeat in the East'', 1971, G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', 1979.</ref>.
 
===== Il fronte mediterraneo e la campagna d'Italia =====
{{vedi anche|Operazione Achse|Campagna d'Italia (1943-1945)|Guerra di liberazione italiana|Resistenza italiana}}
[[File:ItalySalernoInvasion1943.jpg|thumb|Truppe americane durante lo sbarco di Salerno (9 settembre 1943).]]
Intanto, nel 1942, in Africa settentrionale le forze italo-tedesche avevano ripreso l’iniziativa ricacciando gli inglesi dalla Libia e penetrando in Egitto. Rommel si vedeva aperta la strada verso Il Cairo e fece balenare ad Hitler la possibilità di raggiungere il canale di Suez entro l’autunno. L’estate del 1942 fu l'ultimo periodo dell’espansione tedesca, con la conquista del Caucaso in Unione Sovietica e la corsa di Rommel verso Suez, ciò che per pochi mesi aveva dato l’illusione di un’unica e gigantesca manovra a tenaglia dalla Russia all’Egitto. Il 27 giugno 1942 Rommel raggiunse El Alamein, a 80&nbsp;km da Alessandria, ma qui aspettò invano le divisioni corazzate di supporto che aveva chiesto per vincere la battaglia decisiva: la guerra in Unione Sovietica assorbiva infatti tutto lo sforzo produttivo della Germania. Mussolini stesso era arrivato in Egitto, pronto per entrare trionfalmente al Cairo. Dal 23 ottobre al 3 novembre la battaglia infuriò accanita ad El Alamein, ma la superiorità aerea alleata e la penuria di munizioni e carburante<ref>''Grande dizionario Enciclopedico'', volume X, pagina 128. UTET 1988</ref> da parte dell’Asse costrinse Rommel ad una lunga ritirata. Il 23 gennaio 1943 gli inglesi entrarono a Tripoli, mentre gli avversari continuarono a ritirarsi dalla Libia alla Tunisia, dove resistettero fino a primavera perdendo circa {{formatnum:200000}} uomini. Nel maggio del ’43 la guerra in Africa era finita e gli anglo-americani poterono usarne le basi per invadere la Sicilia in luglio ([[Sbarco in Sicilia]]).
 
In realtà le decisioni definitive alleate riguardo alla pianificazione operativa avevano scatenato nuovi duri contrasti tra gli americani, desiderosi di un pronto ritorno in forze in Europa occidentale ([[Operazione Round-Up]] per un attacco in [[Francia]] nel 1943, che poi sarebbe diventata l'[[operazione Overlord]] del 1944) e Churchill, più interessato a consolidare gli interessi inglesi nello scacchiere orientale e meridionale, quindi propenso (in attesa di un ulteriore dissanguamento tedesco all'est) per l'esecuzione di operazioni marginali nel [[Mediterraneo]], nei [[Balcani]], nell'[[Mar Egeo|Egeo]] (il ''ventre molle dell'Europa'' secondo Churchill). Comunque, le decisioni della [[Conferenza di Casablanca]] portarono allo sbarco in Sicilia del 10 luglio '43, anche nell'intento di provocare un crollo del regime fascista già fortemente indebolito. Le rapida dissoluzione delle difese italiane in Sicilia provocò una svolta decisiva in [[Italia]]: il 25 luglio Mussolini venne destituito dal re [[Vittorio Emanuele III]], imprigionato in una località segreta e sostituito dal maresciallo Pietro Badoglio. Il ventennale regime fascista si dissolse in pochissime ore senza opporre resistenza.<br />
Hitler previde la possibile resa dell'Italia e organizzò rapidamente le truppe e i piani per fare fronte alla defezione, liberare "l'amico" Mussolini e organizzare un fronte difensivo tedesco in Italia per rallentare la progressione alleata da sud e proteggere le frontiere meridionali del Reich.
 
{{Citazione|Dopo la caduta e la scomparsa del capo di stato italiano, parve sorgere in Hitler una specie di fedeltà nibelungica. Non c'era "gran rapporto" in cui non tornasse a chiedere che fosse fatto tutto il possibile per ritrovare l'amico disperso<ref>''Memorie del Terzo Reich'', di Albert Speer, pagina 368. Oscar Mondadori 1997</ref>.}}.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-567-1503C-14, Gran Sasso, Mussolini vor Hotel.jpg|thumb|left|La liberazione di Mussolini.]]
Dopo confuse manovre diplomatiche Badoglio e il re decisero di accettare l'[[Armistizio]] imposto dagli Alleati: l'Italia si arrese, firmando l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] il 3 settembre, reso poi pubblico l'8 settembre, ma le truppe tedesche si mossero con grande velocità e risolutezza e riuscirono, anche a causa del completo crollo militare e politico della struttura statale italiana, a disarmare l'esercito italiano (oltre {{formatnum:600000}} soldati italiani furono catturati e deportati in Germania), occuparono [[Roma]] e affrontarono anche con abilità l'invasione alleata della penisola. Lo [[sbarco di Salerno]] (8 settembre [[1943]]) venne quindi fortemente contrastato delle truppe tedesche del feldmaresciallo [[Albert Kesselring]]; dopo aver rallentato l'avanzata angloamericana, i tedeschi ripiegarono metodicamente, infliggendo dure perdite, sulle varie linee difensive stabilite sugli [[Appennini Meridionali]]. Alla fine dell'anno le intemperie invernali e l'abile condotta dell'esercito tedesco condussero alla definitiva stabilizzazione del fronte sulla cosiddetta [[Linea Gustav]], imperniata sulle difese di [[Cassino]]. L'avanzata era, almeno per il momento, finita. Nel frattempo, nell'Italia occupata dai tedeschi, Hitler (dopo la liberazione di Mussolini il 12 settembre) organizzò un governo fascista fantoccio ([[Repubblica di Salò]]) con il redivivo Duce alla sua testa: il duro comportamento delle truppe e delle autorità tedesche (e di quelle fasciste) nell'Italia occupata favorì l'inizio dei primi fenomeni di resistenza contro l'occupante. La situazione dell'Italia divenne tragica: trasformata in campo di battaglia, era occupata dai tedeschi a nord e dagli alleati a sud, preda dei bombardamenti e ridotta in miseria<ref>Su questi avvenimenti la bibliografia è sterminata, per esempio: F. W. Deakin, ''La brutale amicizia'', Einaudi 1990; R. De Felice, ''Mussolini l'alleato'', Einaudi 1990 e 1996; G. Bianchi, ''Perché e come cadde il fascismo'', Mursia 1963; C. D'Este, ''Lo sbarco in Sicilia'', Mondadori 1988; E. Morris, ''La guerra inutile'', Longanesi 1993; G. Rochat, ''Le guerre italiane 1935-1943'', Einaudi 2007; M. Patricelli, ''Settembre 1943'', Laterza 2008.</ref>.
 
{{Multimedia|file=Bombing of Hamburg.ogg|titolo=Bombardamento di Amburgo}}
 
==== 1944 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1944}}
 
===== L'offensiva invernale sovietica =====
{{Vedi anche|Battaglia di Korsun'|Offensiva Uman-Botoşani}}
Fin dal 24 dicembre, dopo la breve pausa imposta dalla controffensiva tedesca di [[Žytomyr]], l'[[Armata Rossa]] riprese la sua offensiva nel settore meridionale del fronte orientale. Nonostante il peggioramento delle condizioni climatiche, i sovietici, partendo dalla loro grande testa di ponte a [[Kiev]], progredirono nell'Ucraina occidentale nel tentativo di schiacciare le forze tedesche sulla costa del [[Mar Nero]]. La resistenza tedesca, ancora una volta basata sulle forze corazzate, riuscì a frenare l'avanzata, ma le truppe che [[Hitler]] aveva ostinatamente lasciato nella testa di ponte sul [[Dnepr]] di [[Kanev]], vennero accerchiate e distrutte dopo una nuova terribile battaglia invernale ([[battaglia di Korsun'|battaglia della sacca di Korsun']], terminata il 18 febbraio con quasi {{formatnum:50000}} perdite tedesche<ref name="J.Erickson 1983">J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983.</ref>).
[[File:Marcia nel fango.jpg|thumb|upright=1.4|left|Le colonne sovietiche avanzano in Ucraina occidentale nell'inverno 1943-1944.]]
Questo nuovo disastro tedesco facilitò la successiva avanzata di tutto lo schieramento meridionale sovietico: a sud vennero liberate [[Kryvyj Rih|Krivoy Rog]] (22 febbraio) e [[Nikopol']] (8 febbraio) e rimase isolato il raggruppamento tedesco in [[Crimea]]; il maresciallo [[Ivan Konev|Konev]] iniziò la sua celebre [[Offensiva Uman-Botoşani|''marcia nel fango]] e, a dispetto delle intemperie, liberò [[Uman']] e proseguì a valanga superando in successione il [[Buh Meridionale]], il [[Dnestr]] e il [[Prut]]. Il maresciallo [[Georgij Konstantinovič Žukov|Žukov]] manovrò in profondità verso [[Černivci]] e i [[Balcani]]. A [[Kam'janec'-Podil's'kyj]] i carri armati dei due marescialli riuscirono a chiudere in una sacca un'intera armata tedesca (28 marzo); per i tedeschi sembrò giunta la catastrofe finale a sud ma l'armata accerchiata riuscì, con una ritirata di centinaia di chilometri e aiutata da un efficace contrattacco di truppe corazzate affluite dall'ovest al comando del generale [[Model]] (che aveva sostituito von Manstein), a uscire dalla sacca e a trarsi in salvo (4 aprile). In questo modo i tedeschi riuscirono ad evitare il crollo ma tutta l'Ucraina fu ormai persa con i sovietici già penetrati in [[Romania]] (dopo aver liberato [[Odessa]]) e in [[Polonia]] orientale. Anche a Nord i sovietici riuscirono a rompere in modo definitivo la presa tedesca su [[Leningrado]] il 26 gennaio (dopo un terribile assedio di 900 giorni<ref>Vedere il classico: H. E. Salisbury, ''I 900 giorni'', il Saggiatore 2001.</ref>) e a progredire, con grosse difficoltà e gravi perdite, verso gli [[Stati baltici]] fino a raggiungere la linea [[Pskov]]-[[Battaglia di Narva (1944)|Narva]] ancora saldamente tenuta dai tedeschi.
Alla vigilia di Overlord, ai Russi rimanevano da liberare solo la [[Bielorussia]] e gli Stati baltici; a costo di incredibili sacrifici e spaventose perdite (oltre {{formatnum:700000}} morti da gennaio a giugno<ref name="J.House 1995"/>), l'esercito tedesco era stato dissanguato (quasi 1 milione di perdite dell'Asse durante l'inverno 1943-44<ref name="J.Erickson 1983" />), [[Stalin]] poteva ora guardare con fiducia ai suoi vasti progetti geostrategici di riorganizzazione della carta europea<ref>Per il punto di vista tedesco, vedere: P. Carell, ''Terra bruciata'', 1966; per la parte sovietica: J. Erickson, ''The Road to Berlin'', 1983 e A. Werth, ''La Russia in guerra'', 1968.</ref>.
 
===== Lo sbarco in Normandia e la liberazione della Francia =====
{{vedi anche|sbarco in Normandia|battaglia di Normandia|operazione Cobra|sacca di Falaise}}
[[File:Landings on Utah beach.jpg|thumb|''D-Day'', 6 giugno 1944 Normandia]]
 
Dopo quasi due anni di preparativi e di pareri discordanti tra gli Alleati, durante la [[conferenza di Teheran]]<ref>Sulla conferenza è ora disponibile: C. Fracassi, ''Quattro giorni a Teheran'', Mursia 2007.</ref> venne presa la decisione di attaccare il cosiddetto [[Vallo Atlantico]], allo scopo di aprire il [[secondo fronte]], insistentemente richiesto da Stalin dall'inizio dell'operazione Barbarossa, con il duplice intento di liberare la Francia e di sottrarre risorse alle forze tedesche impegnate sul fronte orientale contro l'Armata Rossa. L'[[Operazione Overlord]] prese il via il 6 giugno 1944, con lo [[Sbarco in Normandia]] ed ebbe termine il 26 agosto con la [[liberazione di Parigi]].
 
Dopo lo sbarco le truppe Alleate, disponendo di una schiacciante superiorità aerea, riuscirono dapprima ad attestarsi sulle spiagge e successivamente ad avanzare verso sud e nella [[penisola di Cotentin]]; i primi tentativi di sfondamento da parte della [[Second Army (United Kingdom)|2ª armata britannica]], comandata dal generale [[Miles Dempsey]], nel settore di [[Caen]] furono respinti dalle divisioni corazzate tedesche e la città cadde solo il 9 luglio, mentre nel settore di competenza della [[First United States Army|1ª armata americana]], comandata dal generale [[Omar Bradley]], l'avanzata fu ostacolata dal [[bocage]] normanno e solo il 26 giugno fu conquistato l'obiettivo del porto di [[Cherbourg]].
 
[[File:Sherman tanks passing through Bayeux.jpg|thumb|left|I carri armati alleati dilagano in Francia]]
 
L'attacco in profondità sul fronte tedesco venne portato dagli americani con la cosiddetta [[operazione Cobra]] nel settore di [[Saint-Lô]]: l'attacco ebbe successo e, oltre a sfondare il fianco sinistro del fronte tedesco, permise alla [[Third United States Army|3ª armata americana]], comandata dal generale [[George Smith Patton]], di aprirsi un varco verso la [[Bretagna]]; Hitler, reduce dall'[[Attentato a Hitler del 20 luglio 1944|attentato del 20 luglio]], proibì qualunque ripiegamento ed ordinò un contrattacco, la cosiddetta [[operazione Lüttich]], che venne interrotto dopo soli quattro giorni a causa dell'impossibilità di perseguire l'obiettivo di respingere gli americani verso [[Avranches]].
 
Il 14 agosto la 1ª armata canadese, comandata dal generale [[Harry Crerar]], sferrò un'offensiva verso [[Falaise]], allo scopo di congiungersi con le forze americane che a sud avevano occupato [[Argentan]]; la cosiddetta [[operazione Tractable]], nonostante i ritardi dovuti alla resistenza tedesca, consentì di perseguire l'obiettivo ma una larga parte delle forze nemiche riuscì a sottrarsi alla [[sacca di Falaise]], ripiegando verso la [[Senna]]. Sconfitte le forze tedesche poste a difesa della Normandia, le forze Alleate poterono dirigersi verso Parigi che venne liberata il 25 agosto, con l'ingresso nella capitale della [[2e division blindée (Francia)|2ª divisione corazzata francese]], comandata dal generale [[Philippe Leclerc de Hauteclocque]], alla quale venne consentito, a seguito di accordi intercorsi tra il comando alleato ed il generale [[Charles de Gaulle]], comandante delle forze della [[France Libre|Francia libera]], di entrare per prima, sfilando in parata il giorno successivo.
 
Fin dal 15 agosto un nuovo sbarco alleato in [[Provenza]] ([[Operazione Dragoon]]) suggellava la disfatta tedesca all'ovest: ai primi di settembre l'avanzata sembrava ormai inarrestabile (nonostante la perdita di circa {{formatnum:210000}} uomini<ref name="M.Hastings 1984">M. Hastings, ''Overlord'', Mondadori 1984.</ref>) e la sconfitta tedesca definitiva (oltre {{formatnum:500000}} perdite subite<ref>M. Hastings 'Overlord', Mondadori 1984 e E. Bauer 'Storia controversa della Seconda guerra mondiale', volume 6, De Agostini 1971.</ref>). Il 3 settembre gli inglesi entravano a [[Bruxelles]], l'11 settembre le prime truppe alleate raggiungevano il confine tedesco, i reparti corazzati americani del generale [[George Smith Patton|Patton]], estremamente mobili, superavano la [[Mosa (fiume)|Mosa]] e la [[Mosella]] e raggiungevano la [[Lorena (regione francese)|Lorena]]<ref>Fonti principali: M. Hastings, ''Overlord'', Mondadori 1983; C. D'Este, ''Decision in Normandy'', 2000 (1981); C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953; P. Carell, ''Arrivano!'', Rizzoli 1998(1960); G. L. Weinberg, ''Il mondo in armi'', UTET 2007; Jacobsen/Rohwer, ''Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale'', Baldini & Castoldi, 1974 e C. Ryan, ''Il giorno più lungo'', Rizzoli 1960.</ref>.
 
===== L'offensiva sovietica d'estate =====
{{vedi anche|Operazione Bagration|Offensiva Lvov-Sandomierz|Rivolta di Varsavia|Offensiva Iași-Chișinău}}
[[File:MINSK44.jpg|thumb|upright=0.8|I carri armati sovietici liberano Minsk (3 luglio 1944).]]
Ancor prima dell'inizio dell'[[Operazione Overlord]] (6 giugno), i russi ottennero una nuova vittoria liberando la [[Crimea]] (compreso il grande porto di [[Sebastopoli]]) schiacciando le ingenti forze tedesco-rumene rimaste intrappolste nella penisola sul Mar Nero (9 maggio). Il 10 giugno [[Stalin]] sferrò una nuova offensiva all'estremo nord del fronte orientale (nell'istmo di [[Carelia]]) per regolare i conti con la [[Finlandia]]: dopo una dura resistenza, le forze sovietiche, nettamente superiori, ebbero ragione delle difese finniche (presa di [[Vyborg]] il 20 giugno). La Finlandia abbandonò l'alleanza con la Germania e accettò di firmare la pace con L'URSS (19 settembre) conservando la propria indipendenza a prezzo di nuove perdite territoriali.
 
Il 22 giugno (a tre anni esatti dall'inizio dell'[[Operazione Barbarossa]]) Stalin diede il via all'[[Operazione Bagration]] che si dimostrò una spettacolare dimostrazione della potenza dell'Armata Rossa. L'attacco venne sferrato contro le forze tedesche in [[Bielorussia]] e fin dall'inizio ottenne pieno successo. Con manovra a tenaglia, le potenti unità corazzate sovietiche (4&nbsp;000 mezzi corazzati<ref>S. J. Zaloga 'Bagration', Osprey 1995.</ref>) prima travolsero i capisaldi tedeschi di [[Vitebsk]] sulla [[Dvina]] (26 giugno) e di [[Babrujsk]] sulla [[Beresina]] (27 giugno) e quindi serrarono velocemente su [[Minsk]]. I tedeschi, molto indeboliti, tentarono disperatamente di rallentare l'avanzata per permettere il deflusso delle forze che rischiavano di rimanere tagliate fuori a est della Beresina, ma l'avanzata sovietica fu inarrestabile: Minsk cadde il 3 luglio, nei giorni seguenti le armate tedesche rimaste isolate vennero progressivamente distrutte (oltre {{formatnum:100000}} prigionieri<ref name="J.Erickson 1983"/>). L'intero raggruppamento centrale tedesco era crollato; a questo punto le colonne corazzate sovietiche proseguirono l'avanzata in due direzioni contemporaneamente: verso nord-ovest (presa di [[Vilnius]] il 13 luglio e di [[Kaunas]] il 1º agosto) per raggiungere la costa baltica; e direttamente verso ovest in direzione del [[Niemen]] e della [[Vistola]] (presa di [[Lublino]] il 23 luglio e di [[Brest-Litovsk]] il 28 luglio, raggiungimento del confine tedesco in [[Prussia Orientale]] il 31 luglio). Inoltre, fin dal 13 luglio, l'Armata Rossa [[Offensiva Lvov-Sandomierz|passò all'attacco]] anche più a sud (in [[Volinia]]); dopo duri scontri, i carri armati russi occuparono [[Leopoli|Lvov]] (27 luglio) e proseguirono a valanga verso la Vistola che attraversarono d'assalto a [[Sandomierz]] e a [[Magnuszew]]. Ma ora i tedeschi, con l'arrivo di forti riserve corazzate e nonostante lo sbandamento dell'attentato a Hitler del 20 luglio, riuscirono miracolosamente a riprendersi, a fermare l'avanzata sovietica verso il golfo di [[Riga]], a contenere le teste di ponte sulla Vistola e ad arrestare l'avanzata su [[Varsavia]].
[[File:LVOV1944.jpg|thumb|left|L'Armata Rossa entra a Leopoli (luglio 1944).]]
 
Il 30 luglio l'[[Armia Krajowa]] polacca (filoccidentale e legata al governo polacco di Londra) iniziò la drammatica rivolta di Varsavia; ma i tedeschi riuscirono a controllare la situazione, a schiacciare progressivamente l'insurrezione e a respingere, con l'intervento di alcune Panzer-Divisionen, le esauste colonne corazzate sovietiche in avvicinamento alla capitale polacca ([[battaglia di Radzymin]]). Stalin certamente non si dispiacque del fallimento della rivolta e contava di trarre profitto dalla sconfitta degli insorti nazionalisti, tuttavia il mancato intervento sovietico in aiuto fu dovuto in parte anche all'esaurimento delle truppe e alla violenza del contrattacco tedesco<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1968; R. Overy, ''Russia in guerra'', il Saggiatore 1998; per una interpretazione fortemente polemica verso Stalin e i sovietici: W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', vol. 5, Mondadori 1953.</ref>. Dopo un'avanzata di oltre 500&nbsp;km e dopo aver inflitto ai tedeschi perdite enormi ({{formatnum:900000}} uomini da giugno a agosto<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della Seconda guerra mondiale'', volume 6, De Agostini 1971.</ref>), l'Armata Rossa si fermò sulla Vistola e sul [[San (fiume)|San]]: anche le sue perdite erano state ingenti (quasi {{formatnum:500000}} morti<ref name="J.House 1995"/>) inoltre Stalin ora era ancor più interessato alla conquista del Baltico e a "liberare" le nazioni balcaniche già alleate di Hitler.
 
Il 20 agosto le forze sovietiche a sud dei [[Carpazi]] sferrarono la terza grande offensiva dell'estate 1944; una nuova manovra a tenaglia si chiuse rapidamente su tutto lo schieramento tedesco-rumeno (24 agosto). La [[Offensiva Iași-Chișinău|battaglia di Iași-Chișinău]] si concluse con un nuovo trionfo per Stalin: dopo la perdita di altri {{formatnum:200000}} soldati tedeschi<ref name="J.Erickson 1983"/>, il vuoto si apriva per i carri armati sovietici; le alleanze della Germania franarono: il 23 agosto la [[Romania]] abbandonò l'alleato germanico e le colonne sovietiche dilagarono senza incontrare resistenza (il 31 agosto i russi entrarono a [[Bucarest]]), il 9 settembre la [[Bulgaria]] (a cui l'URSS aveva dichiarato guerra il 5) passò al fianco degli Alleati e aprì le porte all'Armata Rossa, solo l'[[Ungheria]] rimase alleata dei tedeschi (dopo il colpo di Stato filonazista di Szalasi del 15 ottobre). Le residue forze tedesche ripiegarono attraverso i Carpazi e iniziarono l'abbandono della [[Grecia]] e della [[Jugoslavia]] ([[Belgrado]] venne liberata dai carri armati sovietici provenienti dalla Bulgaria, insieme alle truppe di Tito, il 14 ottobre)<ref>Fonti principali in: J. Erickson, ''The Road to Berlin'', 1983; P. Carell, ''Terra bruciata'', 1966; A. Werth, ''La Russia in guerra'', 1968; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', 1979; R. Overy, ''Russia in guerra'', 1998; E. Ziemke, ''The German Defeat in the East'', 1971; Jacobsen/Rohwer, 'Le battaglie decisive della Seconda guerra mondiale', Baldini & Castoldi, 1974.</ref>.
 
===== La guerra in Italia =====
{{Vedi anche|Campagna d'Italia (1943-1945)|Guerra civile in Italia (1943-1945)}}
Contemporaneamente all'invasione della Francia, gli Alleati conquistarono [[Roma]] (il 4 giugno) e, in poche settimane, il resto dell'[[Italia centrale]]. In novembre, raggiunto l'importante obiettivo simbolico-propagandistico, obiettivo a cui gli inglesi molto tenevano, della conquista-liberazione di [[Forlì]], la cosiddetta "Città del Duce", le operazioni conobbero un rallentamento, dovuto all'arrivo dell'inverno.
 
===== La ripresa tedesca e l'offensiva delle Ardenne =====
{{vedi anche|Operazione Market Garden|Offensiva delle Ardenne}}
Alla metà di settembre la situazione del Terzo Reich sembrava disperata: ad ovest, dopo il crollo del fronte di Normandia, le mobilissime colonne alleate progredivano rapidamente nelle pianure franco-belghe disperdendo i demoralizzati resti dell'esercito tedesco dell'ovest; in [[Italia]] le forze del feldmaresciallo [[Albert Kesselring|Kesselring]] ripiegavano verso nord, dopo aver perso tutta l'Italia centrale, cercando di attestarsi sulla cosiddetta [[Linea Gotica]] apprestata per sbarrare agli Alleati l'accesso alla valle Padana; nell'aria i bombardamenti strategici, sempre più devastanti, provocavano enormi distruzioni e intralciavano la produzione bellica tedesca di armi e carburanti sintetici; ad est (dove combatteva ancora il grosso della Wehrmacht) il fronte sembrava provvisoriamente stabilizzato sulla linea della [[Vistola]] e in Prussia Orientale, ma il raggruppamento tedesco nel Baltico rischiava di essere completamente isolato, mentre nei [[Balcani]], l'inarrestabile avanzata dell'Armata Rossa, con il conseguente cambio di alleanza di [[Romania]] e [[Bulgaria]], progrediva verso le pianure ungheresi e metteva a rischio tutte le forze tedesche presenti in [[Jugoslavia]] e in [[Grecia]].
 
Contro tutte le previsioni, tuttavia, a questo punto si assistette ad una sorprendente ripresa tedesca autunnale su tutti i fronti, che avrebbe portato a nuove sanguinose battaglie ed anche ad un ultimo tentativo tedesco di controffensiva strategica. I fattori politico-strategici che resero possibile questa imprevista ripresa tedesca furono principalmente: la spietata volontà di [[Hitler]] di continuare a battersi, di rastrellare tutte le risorse umane e materiali, di non rassegnarsi alla sconfitta<ref name="D. Irving, 2001">D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Ed. Settimo Sigillo 2001.</ref>; la capacità dell'esercito tedesco di ripiegare senza perdere la coesione e la combattività dei reparti; l'abilità dei comandanti tedeschi nelle improvvisazioni tattiche; alcuni errori alleati nella pianificazione operativa e logistica; l'esaurimento momentaneo delle risorse alleate all'ovest (in attesa della liberazione del porto di Anversa) e la decisione di Stalin (probabilmente corretta) di dare priorità alle avanzate Balcaniche e nel Baltico, per motivi politici ma anche strategici<ref>Sulla ripresa tedesca: M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-J28477, Ardennenoffensive, Lagebesprechnung.jpg|thumb|Offensiva delle Ardenne: gli ufficiali tedeschi studiano le rotte di marcia.]]
All'ovest, gli alleati, dopo uno spericolato attacco combinato terrestre e aviotrasportato (organizzato dal [[Bernard Law Montgomery|generale Montgomery]]) per occupare in un sol colpo tutti i ponti strategici su i vari rami del [[Reno]] ([[Operazione Market Garden]]), fallito dopo l'aspra battaglia di [[Arnhem]]<ref>C. Ryan, ''Quell'ultimo ponte'', Mondadori 2001.</ref> (17-25 settembre), si ridussero durante l'inverno ad operazioni limitate dirette alla completa liberazione del porto di [[Anversa]] (a opera dei Canadesi), all'attacco alle fortificazioni della cosiddetta ''Linea Sigfrido'' (precariamente riorganizzata dai tedeschi) che portò alle logoranti battaglie di [[Aquisgrana]] (21 ottobre) e della foresta di [[Battaglia della foresta di Hürtgen|Hürtgen]]; alla liberazione, a opera di americani e francesi, di [[Alsazia]] e Lorena. I tedeschi persero altro terreno, ma nel complesso riuscirono a stabilizzare solidamente il fronte occidentale, infliggendo dure perdite agli alleati (cosiddetto ''miracolo dell'ovest'')<ref>M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004; B. H. Liddell Hart, ''Storia militare della seconda guerra mondiale'', Mondadori 1996; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953;</ref>.
 
In Italia, il feldmaresciallo Kesselring, con la sua consumata abilità tattica, contenne sulla Linea Gotica, l'avanzata alleata, indebolita da notevoli prelevamenti di truppe a favore del fronte occidentale; alcuni ulteriori tentativi offensivi alleati ottennero solo mediocri successi locali (presa di [[Rimini]] il 21 settembre)<ref>E. Morris, ''La guerra inutile'', Longanesi 1993.</ref>.
 
All'est, dove rimaneva oltre il 60% delle forze della Wehrmacht, l'offensiva sovietica nei paesi Baltici venne duramente contrastata; [[Riga]] cadde il 13 ottobre, solo il 15 ottobre (al secondo tentativo) le forze corazzate sovietiche raggiunsero la costa a [[Klaipėda|Memel]], isolando tutto il raggruppamento tedesco settentrionale<ref name="J.Erickson 1983"/>; ma queste forze continuarono a battersi, rifornite via mare, e ripiegarono progressivamente in [[Curlandia]] dove sarebbero rimaste asserragliate fino alla fine della guerra; in Prussia Orientale un primo attacco sovietico venne respinto. Nei Balcani, con l'intervento di nuovi reparti corazzati e con l'aiuto del governo fantoccio ungherese, Hitler organizzò un'aspra difesa nelle pianure ungheresi. Le forze sovietiche, esauste, subirono in questa regione numerosi scacchi a opera dei panzer (battaglie di [[Debrecen]] 22-25 ottobre). Dopo un nuovo raggruppamento di forze, e con l'afflusso delle armate provenienti da Belgrado, i russi ripresero l'offensiva e riuscirono, dopo nuovi scontri di carri armati, ad avvicinarsi a [[Budapest]], dove sarebbe stata combattuta fino al febbraio [[1945]] una lunga e durissima battaglia<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; E. Ziemke, ''Stalingrad to Berlin: German Defeat in the East'', 1995.</ref>.
[[File:101st Airborne troops move out of Bastogne.jpg|thumb|left|[[Paracadutista|Paracadutisti]] americani della [[101ª Divisione Aviotrasportata]] in ricognizione nei pressi del villaggio di [[Bastogne]] durante l'offensiva delle Ardenne]]
Il 16 dicembre l'Esercito tedesco sferrava l'Operazione Herbstnebel: era l'inizio della [[Offensiva delle Ardenne]] (nella storiografia anglosassone ''the battle of the bulge'': la ''battaglia della sacca''), il disperato tentativo di Hitler di ottenere una clamorosa vittoria all'ovest, scuotere il morale anglosassone e ribaltare la situazione strategica<ref>Sui preparativi e i propositi di Hitler: D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Ed. Settimo Sigillo 2001; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001.</ref>. L'attacco, sferrato da tre armate e oltre 1&nbsp;000 carri armati<ref>J. P. Pallud, ''The Battle of the Bulge, then and now'', 1984; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953.</ref>, colse di sorpresa i comandi alleati (convinti dell'impossibilità di una nuova offensiva tedesca<ref>Sull'intelligence alleata: E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971.</ref>) e provocò confusione ed anche cedimenti tra le truppe americane attaccate. Alcune colonne corazzate tedesche penetrarono in profondità, superando i deboli sbarramenti americani; i panzer di testa, rallentati dalle intemperie climatiche (che tuttavia avevano anche impedito interventi massicci dell'aviazione alleata) e dal terreno boscoso, il 24 dicembre giunsero in vista della [[Mosa (fiume)|Mosa]]<ref>M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953; B.H. Liddell Hart, ''Storia militare della seconda guerra mondiale'', Mondadori 1995.</ref>. Ma i comandi alleati nel frattempo erano riusciti a mobilitare tutte le riserve e, grazie alla coraggiosa resistenza di alcuni reparti americani e all'efficace difesa dei nodi di comunicazione più importanti ([[Bastogne]]), poterono gradualmente chiudere la breccia e poi contrattaccare. Alla fine dell'anno l'avanzata tedesca era ormai bloccata. Di fronte alla crescente superiorità numerica e materiale alleata, i tedeschi ripiegarono lentamente sulle posizioni di partenza; a metà gennaio la battaglia, sanguinosa per tutte e due le parti (oltre {{formatnum:80000}} perdite per parte<ref>Dettagli sulle perdite materiali e umane in J. P. Pallud, ''The Battle of the Bulge, then and now'', 1984.</ref>) era finita; essa segnava la fine delle ultime speranze di Hitler (era già fallito anche un nuovo tentativo offensivo in Alsazia, l'operazione ''Nordwind'').
 
==== 1945 ====
{{Vedi anche|Cronologia della seconda guerra mondiale (1945)}}
 
===== L'offensiva sovietica sul fronte orientale =====
{{vedi anche|Assedio di Budapest|Operazione Vistola-Oder|Battaglia di Kielce (1945)|Battaglia di Königsberg}}
Mentre si combatteva la [[battaglia delle Ardenne]], in [[Ungheria]] continuavano i duri scontri tra tedeschi (con l'aiuto dei reparti dell'esercito ungherese) e sovietici (appoggiati dai contingenti rumeni); dopo nuove complesse manovre delle colonne meccanizzate sovietiche a cavallo del [[Danubio]] e grosse battaglie di mezzi corazzati, il 27 dicembre le tenaglie sovietiche si chiudevano accerchiando completamente [[Budapest]] e le cospicue forze tedesche e ungheresi poste a difesa della capitale magiara<ref>Vedere J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; E. Ziemke, ''Stalingrad to Berlin. The German Defeat in the East'', 1984.</ref>. Ben lontano da rinunciare, [[Hitler]] (mentre conduceva la battaglia all'ovest) organizzò ripetuti tentativi di sbloccare la città con l'afflusso di nuove forze tedesche. Dopo nuovi aspri scontri (e notevoli difficoltà e perdite per i sovietici) alla fine di gennaio i tedeschi dovettero rinunciare al tentativo di soccorrere Budapest. Nel frattempo dentro la città stava infuriando una micidiale battaglia stradale (quasi altrettanto feroce di quella di Stalingrado) tra le truppe scelte tedesche accerchiate (tra cui notevoli reparti di [[Waffen-SS]]) e le potenti truppe d'assalto sovietiche. Fu una battaglia durissima combattuta fanaticamente, le perdite furono ingentissime per tutte e due le parti, le devastazioni della città sul Danubio enormi; [[Pest]] cadde il 18 gennaio ma la città vecchia di [[Buda]] venne difesa ancor più accanitamente. Dopo scontri furibondi e un tentativo fallito di sortita, le residue truppe tedesche e ungheresi si arresero il 13 febbraio [[1945]]<ref>Narrazione dettagliata della battaglia dentro Budapest in J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983.</ref>. La vittoria era stata raggiunta e il bottino dell'[[Armata Rossa]] notevole ({{formatnum:50000}} morti e {{formatnum:138000}} prigionieri tedesco-ungheresi complessivi da novembre a febbraio<ref name="J.Erickson 1983"/>) ma le perdite erano state pesanti anche per i russi ({{formatnum:320000}} uomini in tutta la campagna ungherese<ref name="J.House 1995"/>).
[[File:BUDAPEST 45 VI.jpg|thumb|Soldati sovietici durante i furiosi combattimenti a Budapest.]]
Mentre infuriavano i combattimenti nelle strade di Budapest, le enormi forze sovietiche ammassate sulla [[Vistola]] e in [[Prussia Orientale]] avevano già ottenuto una schiacciante vittoria e stavano marciando, apparentemente inarrestabili, direttamente su [[Berlino]]. L'ultima grande offensiva invernale dell'Armata Rossa era cominciata il 12 gennaio (in apparenza in anticipo sui piani per ordine di [[Stalin]], sollecitato da [[Churchill]] il 6 gennaio a iniziare senza indugio la nuova offensiva per alleggerire gli Alleati sul fronte ovest<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 6, Mondadori 1953; E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971.</ref>) a partenza dalle teste di ponte sulla Vistola di Baranow e [[Sandomir]]. Una vera valanga di uomini, cannoni ({{formatnum:32000}}), carri armati (6&nbsp;400) e aerei (4&nbsp;800)<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', De Agostini 1971; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1966.</ref> si abbatté sulle precarie difese tedesche (recentemente indebolite da Hitler, ingannato sulle intenzioni sovietiche<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001.</ref>, con trasferimenti di truppe in Ungheria). Le prime linee sulla [[Vistola]] vennero rapidamente travolte, [[Varsavia]] (città fantasma) cadde senza combattere, le riserve corazzate tedesche, schierate troppo vicine alla prima linea, [[battaglia di Kielce (1945)|vennero distrutte]] dai corpi meccanizzati del maresciallo [[Ivan Konev|Konev]]<ref>J. Erickson ''The road to Berlin'', Cassel 1983; A. Beevor ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; A. Read/D. Fisher, ''La caduta di Berlino'', Mondadori 1995, G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979.</ref>.
 
Un enorme vuoto si apriva davanti alle colonne dei marescialli [[Georgij Konstantinovič Žukov|Žukov]] e Konev che si lanciarono rapidamente in profondità aggirando i capisaldi di resistenza tedeschi di [[Breslavia]] e [[Poznań|Posen]] (difesi dai tedeschi secondo la tecnica dei "frangiflutti" (''wellenbrecher''), ideata da Hitler<ref name="D. Irving, 2001"/>). L'avanzata in [[Polonia]] fu rapidissima: il 17 gennaio venne raggiunta [[Częstochowa]], il 19 [[Łódź]] e [[Cracovia]], il 28 gennaio [[Katowice]] (il bacino industriale della [[Slesia]] cadde intatto in mano dei sovietici, secondo gli intendimenti di Stalin<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; A. Read/D. Fisher, ''La caduta di Berlino'', Mondadori 1995.</ref>); alla fine di gennaio l'Armata Rossa raggiungeva, dopo un'avanzata forsennata, il fiume [[Oder]] (ultima protezione naturale per [[Berlino]]) e costituiva subito teste di ponte sulla riva occidentale a [[Küstrin]] e a [[Opole]]: la capitale tedesca era distante appena 80&nbsp;km; la catastrofe tedesca era stata enorme (quasi {{formatnum:400000}} perdite in un mese<ref name="E.Bauer 1971">E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971.</ref>), le devastazioni immense, i civili tedeschi avevano abbandonato in massa i territori invasi della [[Pomerania]], della [[Prussia]] e della Slesia, i soldati sovietici si erano spesso abbandonati al saccheggio e alla vendetta sulle popolazioni<ref>A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971; J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983.</ref>.
[[File:VIstola-Oder 1945.jpg|thumb|left|I carri armati sovietici durante la 'corsa all'Oder' (gennaio 1945).]]
Molto più combattuta fu la battaglia in [[Prussia Orientale]] (attaccata dal 13 gennaio da un altro massiccio raggruppamento sovietico): i tedeschi, in difesa del suolo patrio, si batterono con abilità e efficacia, sfruttando il terreno boscoso e le solide fortificazioni. I russi dovettero impegnarsi in estenuanti e sanguinosi attacchi frontali, impiegando grandi quantità di artiglieria pesante<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983, A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondadori 1966.</ref>; alcune colonne corazzate raggiunsero la costa Baltica presso [[Marienburg]] il 27 gennaio, ma i tedeschi contrattaccarono e una parte delle truppe riuscì a ripiegare in Pomerania<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971; A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002.</ref>. Le superstiti navi da guerra della [[Kriegsmarine]] intervennero con le loro artiglierie in aiuto delle truppe a terra e inoltre eseguirono numerose evacuazioni di reparti militari e soprattutto di civili in fuga davanti alla valanga devastatrice dei russi<ref name=BauerErickson>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971; J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983.</ref>. La lotta si prolungò fino ad aprile; progressivamente le forze tedesche vennero frammentate e distrutte dopo lotta accanita e ingenti perdite ({{formatnum:585000}} perdite russe<ref name="J.House 1995"/>). La poderosa fortezza di [[Königsberg in Bayern|Königsberg]] venne attaccata a partire dal 1º aprile dalle forze sovietiche, guidate personalmente dal maresciallo [[Vasilevsky]] e conquistata il 9 aprile, grazie all'impiego in massa dell'artiglieria pesante e di grandi rinforzi di aviazione ({{formatnum:150000}} perdite tedesche<ref name=BauerErickson />)<ref name="J.Erickson 1983"/>. Piccoli nuclei di resistenza tedeschi rimasero attivi nella regione del [[Frisches Haff]] fino alla capitolazione del [[Terzo Reich]].
 
Mentre si prolungava l'aspra battaglia in Prussia Orientale, le potenti forze russe giunte all'[[Oder]] avevano interrotto in febbraio la loro avanzata verso Berlino. Questa inattesa tregua era dovuta alla capacità di Hitler e dei tedeschi di ricostituire un nuovo fronte difensivo con i resti delle forze sconfitte e con l'afflusso di circa 20-25 divisioni dall'ovest e dall'[[Italia]]; all'esaurimento e alle difficoltà logistiche delle forze sovietiche (dopo un'avanzata di 600&nbsp;km); alla decisione di Stalin, impegnato in quel momento nel "grande gioco" della [[conferenza di Jalta]]<ref>Sulla conferenza: J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 6, Mondadori 1953; G. Vitali, ''Franklin D. Roosevelt'', Mursia 1991; G. Boffa, ''Storia dell'unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979.</ref>, di non rischiare un balzo immediato su Berlino, per timore di uno scacco a causa dei fianchi esposti delle avanguardie sull'Oder. Durante febbraio e marzo, quindi, l'Armata Rossa si impegnò nel rastrellamento delle sacche di resistenza tedesche rimaste indietro (che si batterono con accanimento) e nella sconfitta delle forze nemiche in Pomerania e in Slesia, in preparazione dell'ultima grande battaglia di Berlino<ref>J. Erickson, ''The road to Berlin'', Cassel 1983; A. Werth, ''La Russia in guerra'', Mondaodri 1966; G. Boffa, ''Storia dell'unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979.</ref>.
 
===== Il crollo del fronte occidentale =====
Dopo la [[battaglia delle Ardenne]] e il crollo della linea della [[Vistola]] (con conseguente trasferimento di numerose divisioni tedesche verso il fronte orientale), l'esercito tedesco dell'ovest era ormai in schiacciante inferiorità numerica e materiale nei confronti delle forze alleate, continuamente potenziate dall'afflusso di nuovi reparti americani da oltre oceano<ref>C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953; E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971.</ref>. Dopo una fase di riorganizzazione e pianificazione (ed anche di scontri tra generali inglesi e americani sulle priorità strategico-operative<ref>E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971; M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004.</ref>), gli alleati poterono quindi ripartire all'offensiva, a partire dall'8 febbraio, per superare la ''Linea Sigfrido'' e conquistare tutto il territorio renano a ovest del grande fiume. I tedeschi combatterono ancora con tenacia, ma la superiorità aereo-terrestre alleata era troppo grande; dopo aspri scontri le truppe tedesche cercarono di ripiegare dietro il [[Reno]]. Il 6 marzo gli americani entravano in [[Colonia (Germania)|Colonia]]; sfruttando la crescente confusione tra le file del nemico, già il 7 marzo, con un colpo di mano si impadronivano del grande ponte sul Reno di [[Remagen]] e costituivano una prima testa di ponte a est del fiume<ref name="M. Hastings, 1953">M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953.</ref>. Nel frattempo altri reparti americani penetravano in [[Germania]] più a sud; il 21 marzo occupavano [[Magonza]] e il 23 superavano anch'essi di sorpresa il Reno a [[Oppenheim]], organizzando una seconda testa di ponte. La resistenza tedesca dava segni di collasso ({{formatnum:280000}} prigionieri dall'8 febbraio al 23 marzo<ref name="E.Bauer 1971" />); la linea del Reno era già intaccata e il morale dei soldati stava cedendo.
[[File:Bundesarchiv Bild 173-0422, Remagen, beschädigte Brücke.jpg|thumb|Le truppe americane al ponte di Remagen.]]
Il 23 marzo anche gli inglesi superavano il [[Reno]] (alla presenza di [[Churchill]]) a [[Wesel]], con una mastodontica operazione aeroterrestre (forse inutile visti i segni di dissoluzione nel campo tedesco)<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 6, Mondadori 1953.</ref>. A questo punto il fronte tedesco a ovest cedette definitivamente; il raggruppamento centrale venne accerchiato il 2 aprile nella 'sacca della Ruhr' dalle veloci colonne americane sbucate dalle teste di ponte; la resistenza nella sacca fu debole e cessò già il 17 aprile ({{formatnum:325000}} prigionieri<ref name="E.Bauer 1971" />). Con deboli perdite, i mezzi corazzati alleati poterono dilagare quasi a volontà nella Germania occidentale (sfruttando anche l'eccellente rete autostradale tedesca), contrastati solo da una sporadica resistenza di alcuni reparti fanatici di [[Waffen-SS]] e della ''Hitlerjugend''. Il grosso dei tedeschi si arrese o ripiegò in rotta<ref name="M. Hastings, 1953"/>.
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1971-052-27, Rheinland, Deutsche Kriegsgefangene.jpg|thumb|left|I soldati tedeschi si arrendono ('sacca della Ruhr')]]
Mentre gli anglo-canadesi puntavano su [[Brema (città)|Brema]] e [[Amburgo]] (raggiunta il 2 maggio) per anticipare i russi in [[Danimarca]], le mobilissime unità americane al centro (quasi 4&nbsp;000 carri armati<ref name="E.Bauer 1971" />) puntavano verso il fiume [[Elba (fiume)|Elba]]; il 10 aprile raggiunsero [[Hannover]], il 14 cadde [[Lipsia]]; il 13 aprile costituivano una prima testa di ponte sul fiume vicino [[Magdeburgo]] (a 120&nbsp;km da [[Berlino]]). In questa zona alcune divisioni tedesche "fantasma" opposero resistenza e bloccarono l'avanzata americana; del resto, secondo le disposizioni di [[Eisenhower]], la linea dell'Elba doveva costituire il limite massimo dell'avanzata americana su cui incontrare i russi<ref>M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004, A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; A. Read/D. Fisher 'La caduta di Berlino', Mondadori 1995.</ref>. Più a sud le colonne del generale [[George Smith Patton|Patton]] avanzarono in [[Sassonia]] e [[Baviera]], in direzione dell'[[Austria]], mentre altre forze americane e francesi penetrarono in Baviera (il 19 aprile cadde [[Norimberga]] e il 2 maggio [[Monaco di Baviera|Monaco]]) alla ricerca di un fantomatico e inesistente ''Ridotto nazista alpino'' in cui, secondo l'intelligence alleata, Hitler e i suoi fedelissimi avrebbero dovuto opporre l'ultima resistenza<ref>M. Hastings, ''Apocalisse tedesca'', Mondadori 2004; C. Wilmot, ''La lotta per l'Europa'', 1953; E. Bauer, ''Storia controversa della seconda guerra mondiale'', volume 7, De Agostini 1971.</ref>. In realtà l'esercito tedesco a ovest aveva ormai cessato di combattere; milioni di soldati si consegnarono spontaneamente agli alleati per non cadere in mano ai russi. La guerra in [[Europa]] era finita. Durante la loro avanzata gli alleati liberarono i vari campi di concentramento e sterminio nazisti, che svelarono pienamente la follia omicida del [[Terzo Reich]]; del resto, fin dal 27 gennaio le truppe sovietiche erano entrate nel campo di [[Auschwitz]] in Polonia. Il primo collegamento, molto amichevole, tra russi e americani avvenne a [[Torgau]] sul fiume Elba il 25 aprile.
 
La capitolazione tedesca all'ovest venne firmata ufficialmente da [[Alfred Jodl]] il 7 maggio a [[Reims]] alla presenza del generale Eisenhower, comandate in capo delle forze alleate.
 
===== Battaglia di Berlino e fine del Terzo Reich =====
{{vedi anche|Battaglia di Berlino|Offensiva di Praga}}
Fino all'ultimo [[Hitler]], ormai disperato e quasi farneticante, pianificò fantomatiche offensive e proclamò propositi di resistenza ad oltranza, utilizzando i miseri resti delle armate sconfitte, vecchi e giovanissimi del ''[[Volkssturm]]'' e divisioni "fantasma" (create frettolosamente con nomi altisonanti e pochi mezzi). Ancora il 6 marzo le divisioni corazzate [[Waffen-SS]] ritirate dalle Ardenne sferravano un'ultima offensiva in [[Ungheria]] nella zona del [[lago Balaton]]; dopo duri scontri le forze sovietiche contennero l'attacco e passarono all'offensiva (16 marzo). Ormai in disfacimento, le armate tedesche ripiegavano per coprire [[Vienna]]; le colonne corazzate russe proseguirono superando tutti gli sbarramenti. Vienna cadde il 13 aprile dopo alcuni aspri scontri dentro la città; i russi si congiunsero il 4 maggio con gli americani provenienti da ovest nella regione di [[Linz]]<ref name="J.Erickson 1983"/>.
[[File:News. V.E. Day BAnQ P48S1P12270.jpg|thumb|''Montreal Daily Star'': "Germany Quit", 7 maggio 1945.]]
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R83900, Kapitulation der deutschen Wehrmacht.jpg|thumb|Il maresciallo Žukov firma il documento di resa della Germania l'8 maggio 1945.]]
Il 16 aprile [[1945]] l'[[Armata Rossa]] sferrava la sua ultima offensiva generale con obiettivo [[Berlino]]; l'attacco venne sferrato in gran fretta sotto la pressione di [[Stalin]]: di fronte al crollo del fronte occidentale tedesco, ai segni evidenti di dissoluzione della resistenza all'ovest e alla rapidità dell'avanzata, scarsamente contrastata, alleata, c'era il rischio che gli alleati occidentali precedessero i russi a Berlino (del resto nelle alte sfere tedesche c'erano piani assurdi per aprire la Germania agli anglosassoni e tentare un rocambolesco rovesciamento di alleanze<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 6, Mondadori 1953; G. Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', parte II, Mondadori 1979.</ref>). Al contrario, la resistenza tedesca sul fronte est si stava rafforzando (con l'afflusso di rinforzi terrestri e aerei dagli altri fronti) e le truppe nemiche erano intenzionate a battersi fino all'ultimo per difendere la capitale e il [[Führer]], ma anche per salvaguardare la popolazione civile e guadagnare tempo in attesa dell'arrivo angloamericano da ovest<ref>A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; A. Read/D. Fisher, ''La caduta di Berlino'', Mondadori 1995.</ref>.
La massa offensiva sovietica (agli ordini dei marescialli [[Georgij Konstantinovič Žukov|Žukov]] e [[Konev]]) era imponente e nettamente superiore a quella nemica, ma inizialmente venne impiegata male e confusamente; le perdite, di fronte alle difese fortificate tedesche furono altissime; lo sfondamento decisivo (ottenuto con la forza bruta di migliaia di carri armati impiegati in massa) fu ottenuto solo il 20 aprile<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983; A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002.</ref>. Dopo queste difficoltà iniziali, la velocità dell'avanzata aumentò; in campo aperto le armate corazzate sovietiche superarono tutti gli ostacoli e manovrarono per accerchiare Berlino; il 25 aprile iniziò la [[Battaglia di Berlino|battaglia dentro l'enorme abitato della capitale]]. Hitler, ormai rassegnato e deciso a terminare la sua vita e quella del [[Terzo Reich]] con un vero "Crepuscolo degli Dei" nibelungico<ref>D. Irving, ''La guerra di Hitler'', Ed. Settimo Sigillo 2001; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001.</ref>, decise di rimanere dentro la città e di organizzare la difesa contando su reparti raccogliticci di Waffen-SS straniere, resti di [[Panzer-Division]] disciolte e truppe del ''Volkssturm'' e della ''Hitlerjugend''. La battaglia casa per casa fu durissima e sanguinosa, i sovietici avanzarono passo passo da tutte le direzioni lentamente e a costo di pesanti perdite; dall'esterno alcuni tentativi di soccorrere Berlino da parte delle modeste forze dei generali Wenck e Steiner fallirono; il cerchio di ferro sovietico era impenetrabile. Sempre il 25 aprile l'Armata Rossa si congiungeva a [[Torgau]] sull'Elba con l'Esercito Americano arrivato sul fiume fin dal 13 aprile.
 
La battaglia finale nel centro di Berlino terminò il 2 maggio con la resa della guarnigione; Hitler si era suicidato già il 30 aprile dopo aver sposato il 29 aprile [[Eva Braun]]<ref>J. Erickson, ''The Road to Berlin'', Cassel 1983, A. Beevor, ''Berlino 1945'', Rizzoli 2002; D. Irving 'La guerra di Hitler', Ed. Settimo Sigillo 2001; W. Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', Einaudi 1990; I. Kershaw, ''Hitler. Vol. 2: 1936-1945'', Bompiani 2001; A. Bullock, ''Hitler e Stalin. Vite parallele'', Garzanti 2004.</ref>. I sovietici avevano così concluso vittoriosamente, dopo grandi sacrifici, nel cuore della capitale nemica la [[Grande Guerra Patriottica]]; solo in quest'ultima battaglia persero {{formatnum:135000}} uomini<ref name="J.House 1995"/>; le perdite tedesche furono di {{formatnum:400000}} morti e feriti e {{formatnum:450000}} prigionieri<ref name="J.House 1995"/>.
L'ultima manovra sovietica in [[Europa]] fu la [[Offensiva di Praga|marcia su Praga]], insorta contro i tedeschi il 5 maggio, organizzata da Stalin anche per anticipare l'arrivo degli americani; le colonne corazzate russe diressero su [[Dresda]] e arrivarono nella capitale cecoslovacca il 9 maggio<ref name="J.Erickson 1983"/>. Sul Baltico le forze sovietiche si erano già congiunte con le truppe inglesi provenienti dallo [[Schleswig-Holstein]], dove si era rifugiato l'ultimo governo del Reich guidato (secondo le disposizioni testamentali di Hitler) dall'ammiraglio [[Karl Dönitz]].
 
La notte dell'8 maggio, al quartier generale del maresciallo Žukov a Berlino (alla presenza dei rappresentanti alleati [[Carl Spaatz|Spaatz]], [[Arthur Tedder|Tedder]] e [[Jean de Lattre de Tassigny|de Lattre]]) il feldmaresciallo [[Wilhelm Keitel|Keitel]] firmava il documento di resa incondizionata della Germania. Per volontà di Stalin (volendo egli sottolineare il ruolo preponderante dell'Unione Sovietica nella vittoria), i rappresentanti del Reich avevano dovuto ripetere davanti ai russi la resa già firmata il 7 maggio al quartier generale di Eisenhower a [[Reims]].
 
=== Teatro del Pacifico e asiatico ===
{{Vedi anche|Guerra del Pacifico (1941-1945)}}
==== Premesse ====
{{Vedi anche|Seconda guerra sino-giapponese|Patto tripartito}}
Il Giappone [[Seconda guerra sino-giapponese|aveva invaso la Cina nel 1937]], prima che la seconda guerra mondiale iniziasse in Europa. L'avanzata delle truppe nipponiche aveva costretto l'esercito nazionalista [[Kuomintang]] di [[Chiang Kai-shek]] e l'[[Armata Rossa Cinese]] di [[Mao Tse-tung]] a una tregua di fatto nella [[guerra civile cinese|guerra civile]] per costituire un fronte unito che, pur reso labile dalla mancata collaborazione tra le due fazioni, si oppose all'invasione. Fu in quegli anni che l'ondata di [[nazionalismo]] che aveva cominciato a scuotere il Giappone a cavallo degli [[anni 1930|anni trenta]] raggiunse il suo apice: dopo le dimissioni da primo ministro nel luglio del 1940 di [[Mitsumasa Yonai]], contrario all'alleanza con Germania e Italia, l'incarico venne affidato al nazionalista moderato [[Fumimaro Konoe]]; questi nominò ministro degli esteri il radicale [[Yōsuke Matsuoka]], fautore dell'entrata in guerra del paese, che precedentemente aveva elaborato i piani per la realizzazione della "[[Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale]]", un progetto che voleva l'Impero giapponese padrone assoluto dell'Unione dell'Asia orientale, composta da paesi alleati od occupati militarmente.
 
Tra il 24 e il 26 settembre 1940 il Giappone, approfittando dei successi della Germania, occupò con il consenso forzato della [[Francia di Vichy]] (erede della [[Terza Repubblica francese]] sconfitta nel giugno 1940) il nord della colonia dell'[[Indocina]]: il Giappone si assicurò un territorio dal quale avrebbe potuto lanciare operazioni militari contro la "[[Strada di Birmania (seconda guerra mondiale)|Strada della Birmania]]", l'unica via terrestre dalla quale Chiang Kai-Shek riceveva armi, munizioni e rifornimenti dagli Stati Uniti e dall'impero britannico.<ref>{{en}} Weinberg, Gerhard L.: ''A World at Arms: A Global History of World War II'' (seconda ed.). Cambridge: Cambridge University Press, 2005. ISBN 0-521-85316-8.</ref>. Il giorno seguente il primo ministro Konoe siglò il Patto Tripartito con Germania e Italia: la forza principale che spinse alla stipula furono i radicali nazionalisti, rappresentati dal ministro degli esteri Matsuoka, che voleva così assicurare al Giappone un ruolo di primo piano nella nuova ripartizione delle colonie in Asia. Per la frazione moderata di Konoe, il patto rappresentava soprattutto una forma di assicurazione alla politica giapponese in Cina, osteggiata dagli Stati Uniti e dall'URSS.
 
Il ministro degli Esteri Matsuoka incontrò Hitler nel marzo 1941, che sollecitò una spinta offensiva giapponese verso sud contro le potenze anglosassoni, ma non informò il diplomatico dei progetti tedeschi di offensiva generale contro l'Unione Sovietica. Matsuoka, ignaro dei piani tedeschi, il 13 aprile firmò a Mosca il [[Patto nippo-sovietico di non aggressione]], che riduceva la pressione sovietica sulla Manciuria e liberava le forze di Tokyo per la spinta verso sud<ref>{{cita|Herde 1986|pp. 27-29, 43-56}}.</ref>. Nella prima metà del 1941 gli Stati Uniti, pur rafforzando il sostegno alla Cina, si concentrarono principalmente sulla guerra in Europa e in Atlantico, potenziando gli aiuti al Regno Unito sulla base della [[Lend-Lease|Legge Affitti e Prestiti]] dell'11 marzo 1941 e del concetto strategico che vedeva nella Germania il nemico principale da sconfiggere. L'inizio dell'[[operazione Barbarossa]] il 22 giugno 1941 provocò una svolta della situazione generale e impose scelte decisive sia alla dirigenza americana che a quella giapponese<ref>{{cita|Herde 1986|pp. 99-101}}.</ref>. Il governo Konoe scelse di non intervenire nella guerra tedesco-sovietica ma di estendere il dominio giapponese a sud per acquisire importanti materie prime strategiche e isolare completamente la Cina<ref>{{cita|Smith 2009|p. 24}}.</ref> e fu messa in minoranza la fazione radicale guidata da Matsuoka, favorevole all'intervento in Estremo Oriente contro i sovietici<ref>{{cita|Herde 1986|pp. 103-111}}.</ref>; il ministro degli Esteri venne poi destituito il 16 luglio e il 21 luglio Konoe formò un nuovo gabinetto con il generale [[Hideki Tōjō]] ministro della Guerra. Il 24 luglio truppe giapponesi iniziarono a penetrare in [[Cocincina]] (Indocina meridionale), occupando la [[baia di Cam Ranh]] e [[Saigon]]<ref>{{cita|Herde 1986|pp. 119-132}}.</ref>.
 
Gli Stati Uniti reagirono subito all'occupazione dell'Indocina<ref>{{en}}Irvine H. Jr., Anderson: ''The 1941 De Facto Embargo on Oil to Japan: A Bureaucratic Reflex'', articolo del giornale ''The Pacific Historical Review'' n° 44 del 1975, pag. 201</ref> imponendo l'embargo petrolifero al Giappone, imitati nei giorni successivi dal Regno Unito e dal governo olandese in esilio<ref>{{Cita libro|titolo=Kaigun: Strategy, Tactics, and Technology in the Imperial Japanese Navy|autore=Peattie, Mark R. e Evans, David C.|editore=Naval Institute Press|data=1997|pagina=456|isbn=0-87021-192-7}}</ref>. Tale sanzione fu vista come un'indiretta dichiarazione di guerra dal governo di Tokyo, costretto a scegliere se abbandonare le ambizioni in Asia e la guerra in Cina o procurarsi i carburanti con l'uso della forza<ref>{{Cita libro|autore=Lightbody, Bradley|titolo=The Second World War: Ambitions to Nemesis|data=2004|editore=Routledge|isbn=0-415-22404-7|pagina=125}}</ref>. Dopo mesi di inutili trattative per assicurarsi la neutralità di Washington, trovandosi a corto di carburante per l'embargo petrolifero, e rischiando di trovarsi con la flotta bloccata, il governo moderato di Konoe cadde il 18 ottobre: il nuovo gabinetto fu presieduto dal generale Tōjō, che mantenne anche la carica di ministro della Guerra e fu nominato anche ministro degli Interni. Egli promosse un nuovo ciclo di trattative che però si rivelarono ancor una volta sterili.
 
==== 1941 ====
{{Vedi anche|Attacco di Pearl Harbor}}
[[File:USS Arizona burning-Pearl Harbor.jpg|thumb|left|La {{nave|USS|Arizona|BB-39}} in fiamme]]
 
La fazione favorevole alla guerra ebbe così campo libero e l'offensiva giapponese scattò il 7 dicembre 1941 con il bombardamento della base navale statunitense di [[Pearl Harbor]], senza una preventiva [[dichiarazione di guerra]]. Il danno per la [[United States Pacific Fleet|Flotta del Pacifico]] fu grave, anche se le [[portaerei]] si trovavano al largo e non furono coinvolte. Immediata fu la risposta degli Stati Uniti, che il giorno dopo dichiararono guerra al Giappone: furono imitati dal Regno Unito, dal movimento [[France libre]] e dal governo olandese.
 
Le forze giapponesi invasero simultaneamente i possedimenti britannici in [[Malesia]] ed il [[Borneo]] e le [[Filippine]] occupate dagli americani, con l'intenzione di conquistare i pozzi petroliferi delle Indie olandesi. Il 10 dicembre venne distrutta la "forza Z", una squadra navale britannica composta dalla corazzata {{nave|HMS|Prince of Wales|53|6}} e dall'incrociatore da battaglia {{nave|HMS|Repulse|1916|6}}, preda dell'aviazione della [[marina imperiale giapponese]]. Dopo il rapido crollo delle difese britanniche in Malesia anche l'isola fortezza di [[battaglia di Singapore|Singapore]] (difesa da truppe britanniche, indiane e australiane) si arrese il 15 febbraio [[1942]], dopo una breve resistenza, alle forze giapponesi provenienti via terra dalla penisola malese. Oltre {{formatnum:130000}} prigionieri dell'Impero Britannico caddero in mano all'Esercito giapponese: fu quella che lo stesso [[Winston Churchill|Churchill]] definì la più umiliante sconfitta britannica e la più grande capitolazione inglese di tutti i tempi<ref>W. Churchill, ''La seconda guerra mondiale'', volume 4, Mondadori 1953.</ref>.
 
{{Multimedia
|allineamento = destra
|file = 1941 Roosevelt speech pearlharbor p1.ogg
|titolo = ''Day of infamy''
}}
 
==== 1942 ====
{{Vedi anche|cronologia della seconda guerra mondiale#1942}}
Nel 1942 i giapponesi conquistarono le Filippine dopo una resistenza accanita ma senza prospettive da parte delle forze filippino-statunitensi che si sarebbe conclusa con la [[marcia della morte di Bataan]]; anche [[Singapore]], la [[Malesia]] e il [[Borneo]] caddero nelle mani dei giapponesi che arrivarono a minacciare la frontiera indiana e la strada che collega l'[[India]] alla [[Cina]], lungo la quale passavano i rifornimenti alleati a [[Chiang Kai-shek]]. Subito dopo, anche l'[[Australia]] venne minacciata e soggetta ad una serie di attacchi aerei e di unità subacquee, ma gli Alleati raccolsero le forze per fronteggiare un'eventuale invasione e respingere la minaccia.
 
===== La Battaglia del Mar dei Coralli e Midway =====
{{Vedi anche|Battaglia delle Midway|Battaglia del Mar dei Coralli}}
Durante il periodo di espansione, le forze giapponesi iniziarono anche la spinta verso gli Stati Uniti. L'obiettivo finale era mettere a terra una forza di invasione, dapprima nelle [[isole Hawaii]], e comunque di allargare il perimetro difensivo della cosiddetta [[Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale]]. In questa ottica, le forze navali nipponiche si scontrarono con la flotta alleata nella [[battaglia del Mar dei Coralli]], che fu interlocutoria rispetto alla più importante [[battaglia di Midway]], ma che comunque vide per la prima volta le forze navali giapponesi non riuscire a prevalere su quelle alleate. Nella battaglia di Midway, le forze giapponesi vennero invece duramente colpite dall'aviazione imbarcata statunitense perdendo quattro portaerei di squadra contro una statunitense e soprattutto non riuscendo a conseguire l'obiettivo primario, l'[[atollo di Midway]], che avrebbe avvicinato di molto le forze nipponiche alle isole Hawaii.
 
===== Salomone Orientali, Guadalcanal e Santa Cruz =====
{{Vedi anche|Campagna di Guadalcanal}}
Se la battaglia delle Midway segnò la fine dell'avanzata giapponese, la [[campagna di Guadalcanal]] fu l'inizio dell'arretramento. Nel teatro delle [[Isole Salomone]] le forze alleate e quelle giapponesi si combatterono per terra e in mare, con vicende alterne ma che alla fine spostarono gli equilibri di forze verso gli alleati, per il semplice motivo che questi avevano dalla loro parte delle risorse economiche e umane molto superiori a quelle nipponiche, e pertanto, col tempo, i giapponesi non riuscirono più a rimpiazzare le perdite subite in mezzi e, per quanto riguarda gli uomini, soprattutto in termini di [[aviatori]] addestrati. Inoltre, la strategia del "salti di rana" di [[Douglas Mac Arthur|Mac Arthur]] tagliò fuori, gradualmente, dall'industria bellica nipponica le aree ricche di [[materie prime]] come il [[Borneo]].
 
=== Teatro del Mediterraneo e africano ===
[[File:Rommel with his aides.jpg|thumb|Rommel, la ''Volpe del deserto'']]
{{Vedi anche|campagna del Nordafrica}}
La guerra in Nordafrica iniziò nel [[1940]], quando, dopo molte esitazioni, le truppe italiane avanzarono in [[Egitto]], fino a [[Sidi el Barrani]], a circa 90&nbsp;km dal confine libico. Le truppe italiane, sebbene molto superiori di numero, erano mal comandate e scarsamente equipaggiate. In autunno una controffensiva condotta dal generale sir [[Archibald Wavell, I conte Wavell|Archibald Wavell]] con un [[Corpo d'armata]] di circa {{formatnum:30000}} uomini sbaragliò una forza di oltre {{formatnum:200000}} italiani, facendo decine di migliaia di prigionieri e avanzando fino al [[golfo della Sirte]]. Nei primi mesi del [[1941]] le prime forze tedesche comandate da [[Erwin Rommel]] sbarcarono in Libia. Il generale tedesco assunse il comando delle operazioni sul campo, mentre il comando supremo, piuttosto pavido e indeciso, rimase ai generali italiani. La controffensiva italo-tedesca portò a controllare nuovamente la Cirenaica, eccettuata la città di Tobruch, che rimase in mano britannica e sotto assedio. In compenso, nel giugno 1941 le forze alleate invasero la [[Siria]] e il [[Libano]], occupando [[Damasco]] il 17 giugno e prevenendo una penetrazione italo-tedesca in Siria. Allo stesso modo le forze britanniche presero il controllo dell'[[Iraq]], e congiuntamente con l'[[Armata Rossa]] (l'Unione Sovietica era stata attaccata il 22 giugno), invasero l'[[Iran]]. Entrambi i paesi erano fonti petrolifere irrinunciabili.
 
L'[[Afrika Korps]] di Rommel avanzò rapidamente ad est, portando l'assedio al vitale porto di [[Tobruch]]. Le truppe, principalmente australiane, che difendevano la città, resistettero finché vennero rilevate, ma una rinnovata offensiva dell'Asse portò alla cattura della città e spinse indietro l'Ottava Armata Britannica fino alla linea di [[El Alamein]].
 
La [[prima battaglia di El Alamein]] ebbe luogo tra il 1º luglio e il 27 luglio [[1942]]. Le truppe dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] avanzarono fino all'ultimo punto difendibile prima di [[Alessandria d'Egitto]] e del [[Canale di Suez]], ma rimasero a corto di rifornimenti e i britannici ebbero modo di allestire una solida linea difensiva. La [[seconda battaglia di El Alamein]] avvenne tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942 dopo che il generale [[Bernard Montgomery]] sostituì [[Claude Auchinleck]] come comandante dell'Ottava Armata. Le forze del Commonwealth lanciarono l'offensiva e nonostante la disperata resistenza delle divisioni italiane (tra le quali ricordiamo la [[Brigata paracadutisti "Folgore"|"Folgore"]] e l'[[132ª Divisione corazzata "Ariete"|"Ariete"]]) e tedesche sfondarono il fronte facendo migliaia e migliaia di prigionieri. Rommel venne respinto indietro, e questa volta non si fermò fino a che non giunse in Tunisia.
 
A complemento di questa vittoria, l'8 novembre 1942, truppe americane e britanniche sbarcarono in [[Marocco]] e [[Algeria]] durante l'[[operazione Torch]]. Le forze locali della [[Francia di Vichy]] opposero poca resistenza prima di unirsi alle forze alleate. Infine, le truppe tedesche e italiane vennero prese nella morsa di una doppia avanzata dall'Algeria e dalla Libia. Avanzando da est e da ovest, gli Alleati spinsero le forze dell'Asse completamente fuori dall'Africa e il 13 maggio [[1943]], i resti delle truppe italiane e tedesche in Nordafrica si arresero. Furono presi circa {{formatnum:200000}} prigionieri<ref>Sul numero reale dei prigionieri è sorta una complessa diatriba; i dettagli in B. Liddel-Hart, ''Storia militare della seconda guerra mondiale'', Mondadori.</ref>; l'intero raggruppamento italo-tedesco in Africa era stato distrutto (8 divisioni tedesche e 7 italiane<ref name= Bauer5 />).
 
Il Nordafrica venne usato come punto di partenza per l'[[operazione Husky|invasione della Sicilia]] e dell'[[Italia]] nel 1943.
 
== Fine del conflitto ==
* Con il [[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943]] venne reso pubblico l'[[armistizio di Cassibile]]: il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] fu la prima, fra le potenze maggiori, ad abbandonare il campo (più precisamente, l'Italia dichiarerà guerra, il 13 ottobre del [[1943]], all'ex alleato tedesco).
* Il 23 agosto del [[1944]] venne arrestato [[Ion Antonescu]], ''[[conducător]]'' della [[Romania]]. Sette giorni dopo, la Romania dichiarò guerra alla Germania. L'armistizio, per lo più dettato dai sovietici, fu firmato dai rumeni il 12 settembre. Il colpo di Stato ai danni di Antonescu, secondo alcuni<ref>{{ro}} Florin Constantiniu, ''O istorie sinceră a poporului român'' ("Una schietta storia del popolo rumeno"), Ed. Univers Enciclopedic, Bucureşti, 1997, ISBN 973-9243-07-X.</ref>, potrebbe aver accorciato la seconda guerra mondiale di circa sei mesi, rendendo più rapida l'avanzata sovietica.
* Il 17 agosto 1944 [[Pierre Laval]] diede le dimissioni da capo del governo della [[Governo di Vichy|Francia di Vichy]], mentre tre giorni dopo [[Philippe Pétain]] venne condotto in Germania, pressoché prigioniero dei tedeschi. La [[liberazione di Parigi]] (25 agosto) segnò la fine dell'[[operazione Overlord]].
* Il 4 settembre 1944, la [[Finlandia]] pattuì con i sovietici un cessate il fuoco. Il 19 settembre le due parti firmarono l'[[armistizio di Mosca]], che pose fine alla "[[guerra di continuazione]]". Tra gli accordi, l'impegno dei finlandesi a scacciare tutti i nazisti presenti in patria: la Finlandia dichiarò guerra alla Germania il 28 settembre, impegnandosi contro di essa nella [[guerra di Lapponia]].
* Il 15 ottobre 1944 [[Miklós Horthy]], capo provvisorio dello Stato [[Ungheria|ungherese]], avviò colloqui di resa coi sovietici; venne arrestato e sostituito da [[Ferenc Szálasi]]. Il 4 aprile [[1945]] si conclusero ufficialmente le operazioni sovietiche per scacciare i nazisti dall'Ungheria.
* Il 6 aprile 1945 gli alleati danno inizio all'[[Offensiva di primavera del 1945 in Italia|offensiva di primavera]] nell'[[Italia settentrionale]] con l'obiettivo di liberare tutto il nord Italia dall'occupazione nazista e far crollare il regime della [[Repubblica Sociale Italiana]].
* Il 25 aprile 1945 i [[Resistenza Italiana|partigiani italiani]] liberarono [[Milano]] e [[Torino]]. La fine della [[Repubblica di Salò]] venne sancita da Benito Mussolini: militari e civili vennero sollevati dal vincolo di giuramento. Mussolini venne fucilato il 28 aprile. La resa ufficiale dell'RSI avvenne il 29 aprile con la firma della [[resa di Caserta]] il cui dispositivo entrò in vigore il 2 maggio.
* Il 7 maggio 1945 [[Alfred Jodl]] firmò la resa incondizionata delle forze armate tedesche a [[Reims]], di fronte ai rappresentanti militari degli Alleati occidentali. Il giorno dopo finì formalmente la guerra in Europa. Le forze dell'[[Impero giapponese]] si ritirarono ovunque ma non si arresero.
* L'8 maggio 1945 [[Wilhelm Keitel]] firmò la resa definitiva della Wehrmacht a [[Berlino]] di fronte ai capi militari dell'Armata Rossa.
* Il 6 agosto 1945 il [[Boeing B-29 Superfortress|quadrimotore B-29]] [[Enola Gay]] sganciò una [[Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki|bomba atomica]] sulla città di [[Hiroshima]] ([[Giappone]]).
* Il 9 agosto 1945 l'[[Unione Sovietica]], rispettando [[Conferenza di Jalta|quanto concordato con gli alleati a Jalta]], attaccò su tre fronti la Manciuria con un esercito formato da un milione e mezzo di uomini, ma tale offensiva passò in secondo piano perché nello stesso giorno, 9 agosto 1945, un secondo [[Bomba atomica|ordigno nucleare]] fu sganciato su [[Nagasaki]].
* Il 15 agosto l'[[Hirohito|Imperatore Hirohito]] annunciò la [[resa incondizionata]] del [[Giappone]], ponendo fine alla guerra.
 
 
== Conseguenze della guerra ==
{{F|conflitti|arg2=storia contemporanea|luglio 2011}}
 
[[File:Yalta summit 1945 with Churchill, Roosevelt, Stalin.jpg|thumb|upright=1.6|I tre grandi a Jalta: [[Winston Churchill|Churchill]], [[Franklin Delano Roosevelt|Roosevelt]] e [[Stalin]]]]
 
L'Italia dovette cedere alla [[Jugoslavia]] [[Fiume (Croazia)|Fiume]], il territorio di [[Zara]], le isole di [[Lagosta (isola)|Lagosta]] e [[Pelagosa]], gran parte dell'[[Istria]], del [[Carso]] triestino e goriziano, l'alta valle dell'[[Isonzo]] e alla Francia territori nell'[[Regione alpina|area alpina]]<ref>[[File:Wikisource-logo.svg|link=Wikisource|15px]] {{cita web|url=http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_di_pace_fra_l%27Italia_e_le_Potenze_Alleate_ed_Associate_-_Parigi,_10_febbraio_1947|editore=[[Wikisource]]|titolo=Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate|anno=1947 (pagina web elaborata nel 2006)|autore=Governo della Repubblica francese}}.</ref>.
 
L'Unione Sovietica, che ebbe un ruolo preponderante nella distruzione del Nazismo, invece, ottenne cospicui guadagni territoriali ritenuti indispensabili da Stalin per costituire un nuovo bastione difensivo contro possibili nuove aggressioni (con l'accordo di Churchill e Roosevelt).
 
Nel dettaglio Stalin ottenne dalla Germania gran parte della [[Prussia orientale]], dalla Finlandia circa un decimo del suo territorio sia a sud ([[Carelia]]) che a nord ([[Petsamo (regione storica)|Petsamo]] e lo sbocco sull'[[Mar Glaciale Artico|Artico]]), il raggiungimento della [[Linea Curzon]] sul confine orientale polacco (con l'aggiunta di [[Leopoli|Lvov]]), che la Polonia compensò ad ovest (sul [[confine tra la Germania e la Polonia]]) le perdite dei territori ad est (gran parte dei quali occupati con la forza al momento della [[caduta dello zarismo]] ed abitati in larga maggioranza da popolazioni di etnia [[Lituani|lituana]], [[Bielorussi|bielorussa]] ed [[ucraini|ucraina]]); le [[repubbliche baltiche]] (Estonia, Lettonia e Lituania), persero l'indipendenza; la Romania, che aveva partecipato in forze all'[[operazione Barbarossa]] nel [[1941]], perse la regione [[Moldavia|moldava]] ad est del [[Prut]] e la [[Bucovina]] settentrionale; la [[Cecoslovacchia]] perse la sua regione orientale.
 
La Bulgaria, alleata della Germania nelle operazioni militari nei [[Balcani]], ma che si astenne dalla partecipazione all'aggressione all'Unione Sovietica (con la quale non era confinante), ottenne dalla Romania la [[Dobrugia]] meridionale. A differenza di quanto era avvenuto dopo il primo conflitto mondiale, si ebbero nel secondo dopoguerra spostamenti di milioni di persone che abbandonarono (o che andarono a ripopolare), i territori ceduti (o acquisiti). Un piano creato dal [[Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America|segretario di stato statunitense]] [[George Marshall]], il ''Piano di Recupero Economico'', meglio noto come [[piano Marshall]], chiese al [[Congresso degli Stati Uniti d'America|Congresso degli Stati Uniti]] di assegnare miliardi di dollari per la ricostruzione dell'[[Europa]].
 
La [[Società delle Nazioni]] che aveva chiaramente fallito nel prevenire la guerra, fu abolita e al suo posto venne costruito un nuovo ordine internazionale. Nel [[1945]] vennero fondate le [[Nazioni Unite]]. Alla porzione di Europa occupata o dominata dall'Unione Sovietica (Finlandia inclusa) non fu consentito di beneficiare del Piano Marshall.<ref>{{cita|Schain 2001|p. 132.}}</ref> Nel [[Trattati di Parigi (1947)|Trattato di Pace di Parigi]], ai nemici dell'Unione Sovietica ([[Ungheria]], [[Finlandia]] e [[Romania]]) venne richiesto di pagare le [[riparazioni di guerra]] per {{formatnum:300000000}} di dollari ciascuna (in dollari del 1938) all'[[URSS]] e ai suoi [[Paesi satelliti|satelliti]]. All'[[Italia]] ne furono chiesti {{formatnum:360000000}}, destinati principalmente a [[Grecia]], [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]] e [[Unione Sovietica]].
 
Nelle aree occupate dall'Unione Sovietica alla fine della guerra, vennero installati progressivamente (con la fine dell'accordo tra i Tre grandi e l'inizio della costituzione di [[sfere di influenza]] politico-militare) regimi comunisti filosovietici (Ungheria e [[Cecoslovacchia]] furono inizialmente escluse dal processo), nonostante le obiezioni degli altri alleati e dei governi in esilio. La Germania venne divisa in due stati, con la [[Repubblica Democratica Tedesca|parte orientale]] che divenne uno Stato comunista. Per usare le parole di Churchill, "una [[cortina di ferro]] è calata attraverso l'Europa". Per impedire il propagarsi dell'[[Comunismo|ideologia comunista]] nell'[[Europa occidentale]] gli USA si impegnarono direttamente e fu fondata la [[NATO]] in contrapposizione al [[Patto di Varsavia]] legato all'Unione Sovietica. La fase di tensione che ne derivò negli anni successivi è ricordata come [[Guerra Fredda]].
 
Il rimpatrio, conformemente ai termini della [[Conferenza di Jalta]], di due milioni di soldati russi [[Prigioniero di guerra|prigionieri]] dei tedeschi, che erano stati liberati dalle forze armate britanniche e americane in avanzata da ovest, risultò per molti di loro in una condanna alla [[deportazione]] o alla morte nei vari [[Gulag|campi di rieducazione e lavoro]]. Stalin, e anche molti cittadini sovietici, vedevano questi sventurati, prevalentemente caduti in mano tedesca durante il primo anno di guerra a causa degli errori dei vertici militari, quasi come dei [[disertori]] o elementi infidi passati al nemico; comunque meritevoli di punizione per non aver combattuto fino alla morte contro l'invasore.
 
L'imponente azione di ricerca e sviluppo che caratterizzò nel [[Progetto Manhattan]], finalizzata all'ottenimento in tempi rapidi di un'[[arma nucleare]] funzionante, ebbe un profondo effetto sulla comunità scientifica, sia dal punto di vista puramente tecnico, che dal punto di vista filosofico e morale. Nella sfera militare, sembrò che la seconda guerra mondiale avesse marcato l'avvento dell'era della potenza aerea, principalmente a spese delle [[navi da guerra]]: tuttora, l'[[Aeronautica militare|aviazione]] è una delle componenti fondamentali di ogni azione militare.
 
La guerra fu, anche, una linea di demarcazione per gli eserciti di massa. Anche se enormi eserciti composti da truppe scadenti si sarebbero visti ancora (durante la [[guerra di Corea]] e in diversi conflitti africani), dopo questo conflitto le principali potenze occidentali si affidarono maggiormente a piccoli eserciti altamente addestrati.
 
Dopo la guerra, molti alti esponenti della [[Germania nazista]] vennero processati per [[crimine di guerra|crimini di guerra]], così come per gli omicidi di massa dell'[[olocausto]] (commessi principalmente nella zona del [[Governatorato Generale]]), al [[processo di Norimberga]]. Similarmente, i capi giapponesi vennero giudicati nel [[Processo di Tokyo|processo per crimini di guerra di Tokyo]]. In altre nazioni, ad esempio in [[Finlandia]], gli Alleati chiesero che la [[leadership]] politica venisse giudicata in un "[[processo per le responsabilità di guerra]]", ovvero non per ''crimini'' di guerra. Una delle poche eccezioni è rappresentata dall'Italia, dove non si arriverà mai ad un processo contro i criminali di guerra.
 
La sconfitta del Giappone, e la sua occupazione da parte delle forze americane, portò a un'''[[Civiltà occidentale|occidentalizzazione]]'' del paese che fu molto più estesa di quanto non sarebbe stato altrimenti. Il Giappone si avvicinò di più alla [[democrazia]] di stampo occidentale. Questo grande sforzo portò il Giappone del [[dopoguerra]] al miracolo economico ed a diventare la seconda economia mondiale.
Anche la [[Germania Ovest]] e l'[[Italia]], pur uscendo sconfitte dalla seconda guerra mondiale, riuscirono a risollevarsi nel dopoguerra, tornando ad essere potenze economiche e politiche nella nuova Europa.
 
== Riepilogo delle operazioni militari ==
{{Vedi anche|Lista di operazioni militari durante la seconda guerra mondiale}}
 
== Aspetti politici e sociali della guerra ==
{{vedi anche|Aspetti politici e sociali della seconda guerra mondiale}}
Oltre agli aspetti bellici, vi furono anche vari impatti e sconvolgimenti dal punto di vista sociale su scala mondiale, diretta conseguenza del conflitto; tra questi, la fine dell'[[Impero britannico|impero coloniale inglese]] e, in generale, del [[colonialismo]].
 
== Tecnologia e logistica ==
{{vedi anche|Tecnologia e logistica nella seconda guerra mondiale}}
[[Tecnologia]] e [[logistica]] svolsero un ruolo decisivo per lo svolgimento e gli esiti della seconda guerra mondiale. Anche in questi settori, per la prima volta, fu [[guerra totale]]. Se, infatti, durante la [[Grande Guerra]] comparvero già molte innovazioni, spesso a livello di prototipo, fu solo nel secondo conflitto che esse acquistarono un'importanza cruciale. Ricordiamo, tra le altre, l'[[aeronautica militare]], con l'arma micidiale del [[bombardamento aereo]], i [[carri armati]], i [[sottomarini]], la [[crittografia]], e, infine, la [[bomba atomica]].
 
Anche le strutture economico-logistiche ebbero un ruolo fondamentale, insieme con le dinamiche [[Demografia|demografiche]] (la consistenza delle forze armate, a fronte dei milioni di morti).
Sicuramente tra le ragioni che decretarono l'esito del conflitto fu fondamentale il fatto che gli Alleati ebbero a disposizione molte più risorse produttive rispetto all'Asse, e furono in grado di utilizzarle efficacemente a sostegno dello sforzo bellico. Gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] ebbero un ruolo-chiave in questa dinamica economica e [[Tecnologia|tecnologica]].
 
== Note ==
{{<references|2}}/>
 
== Bibliografia ==
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* {{en}} Ziemke E. – ''Stalingrad to Berlin: the german defeat in the east'', 1971.
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== Voci correlate ==
{{Div col|cols=2|small=no}}
* [[Alleati della seconda guerra mondiale]]
* [[Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki]]
* [[Cronologia della seconda guerra mondiale]]
* [[Conferenza di Jalta]]
* [[Dudley Clarke]]
* [[Eventi precedenti la seconda guerra mondiale in Europa]]
* [[Evoluzione in mappe della seconda guerra mondiale]]
* [[Espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale]]
* [[Guerra civile spagnola]]
* [[Impiego dei carri armati nella seconda guerra mondiale]]
* [[Lista di nazioni coinvolte nella seconda guerra mondiale]]
* [[Lista delle vittime della seconda guerra mondiale per nazione]]
* [[Lista di armi comuni della seconda guerra mondiale]]
* [[Modifiche territoriali causate dalla seconda guerra mondiale]]
* [[Personalità della seconda guerra mondiale]]
* [[Patto tripartito]]
* [[Potenze dell'Asse]]
* [[Statistiche correlate alla seconda guerra mondiale]]
* [[Tecnologia e logistica nella seconda guerra mondiale]]
* [[Teatro dell'Africa e del Medio Oriente della seconda guerra mondiale]]
* [[Velivoli di produzione italiana 1935-1945]]
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
*{{DBI|giacomo-manzoni_res-c47aa0ff-395f-11dd-904a-0016357eee51}}
* [http://italia.aula365.com/permalink/infografia/Eventi-storici-la-II-Guerra-Mondiale-3745575.aspx Riassunto per immagini della seconda guerra mondiale]
* [http://www.treccani.it/enciclopedia/seconda-guerra-mondiale/ Enciclopedia Treccani]
* [http://timelines.com/battles#world-war-2 Cronologia delle battaglie della seconda guerra mondiale]
 
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