Teramene e Marcia su Roma: differenze tra le pagine

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{{nd|il film di Dino Risi del 1962|La marcia su Roma}}
{{Avvisounicode}}
{{Infobox conflitto
{{vetrina inserimento|arg=storia|arg2=biografie}}
|Tipo = Colpo di Stato
{{Infobox militare
|Nome_del_conflitto = Marcia su Roma
|Nome = Teramene
|Parte_di = della [[Rivoluzione fascista]]
|Immagine =
|Immagine = March on Rome 1922 - Alle porte di Roma.png
|Didascalia =
|Didascalia = Fascisti marciano verso Roma (28 ottobre [[1922]])
|Soprannome =
|Data = 28 - 31 ottobre [[1922]]
|Data_di_nascita = 450 a.C. circa
|Nato_aLuogo = [[CooRoma]]
|Data_di_morteCasus = [[404Rivoluzione a.C.fascista]]
|Esito = Vittoria fascista
|Morto_a = [[Atene]]
*Caduta del [[Governo Facta II]]
|Cause_della_morte = Suicidio obbligato
*Nascita del [[Governo Mussolini]]
|Luogo_di_sepoltura =
|Schieramento1 = {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Governo Facta II]]<br /> '''Supporto da:'''<br /> Partiti [[Liberalismo|liberali]] e [[Socialismo|socialisti]]
|Etnia =
|Schieramento2 = [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Partito Nazionale Fascista]]
|Religione =
* [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Camicia nera|Camicie nere]]
|Nazione_servita = [[Atene]]
 
|Forza_armata =
'''Supporto da:'''<br /> [[Borghesia]]
|Arma =
|Comandante1 = {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Luigi Facta]]<br /> {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Antonio Salandra]]
|Corpo =
|Comandante2 = [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Benito Mussolini]]<br /> [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Emilio De Bono]]<br /> [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Italo Balbo]]<br /> [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Cesare Maria De Vecchi]]<br /> [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Michele Bianchi]]<br /> [[File:Flag of the National Fascist Party (PNF).svg|20px]] [[Achille Starace]]
|Specialità =
|Effettivi1 = Centinaia di poliziotti e militari delle Forze armate
|Unità =
|Effettivi2 = Circa 50.000 [[Camicia nera|Camicie nere]]
|Reparto =
|Perdite1 =
|Anni_di_servizio =
|Perdite2 =
|Grado = [[Generale]] ([[Strategos]]), [[trierarchia|trierarca]]
|Ferite =
|Comandanti =
|Guerre = [[Guerra del Peloponneso]]
|Campagne =
|Battaglie = [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battaglia di Cizico]] (410)<br/>[[Assedio di Bisanzio (408 a.C.)|Assedio di Bisanzio]] (408)<br/>[[Battaglia delle Arginuse]] (406)
|Comandante_di =
|Decorazioni =
|Studi_militari =
|Pubblicazioni =
|Frase_celebre =
|Altro_lavoro = Politico
|Altro_campo =
|Altro =
|Note =
|Ref = Vedi bibliografia
}}
{{Bio
|Nome = Teramene
|Cognome =
|PreData = {{lang-grc|Θηραμένης|Theraménes}}, da θήρα, "caccia" e μένος, "forza vitale"
|Sesso = M
|LuogoNascita = Coo
|AnnoNascita = 450 a.C. circa
|LuogoMorte = Atene
|AnnoMorte = 404 a.C.
|Attività = politico
|Attività2 = oratore
|Attività3 = militare
|Nazionalità = ateniese
|PostNazionalità =
|Immagine = Pnyx.jpg
|Didascalia = In primo piano, la piattaforma degli oratori sulla [[Pnice]], dalla quale Teramene e gli altri politici ateniesi parlavano all'[[Ecclesia (assemblea)|Ecclesia]] (con l'[[Acropoli]] sullo sfondo).
}}
La '''marcia su Roma''' fu una [[manifestazione]] armata<ref>«Manifestazione armata organizzata dal Partito nazionale fascista (28-X-1922) per imporre un governo guidato da Mussolini»: {{cita libro|titolo=Enciclopedia Universale Garzanti|città=Milano|anno=1995|p=898}}</ref> organizzata dal [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF), guidato da [[Benito Mussolini]], il cui successo ebbe come conseguenza l'ascesa al potere del partito stesso in [[Italia]]. Il 28 ottobre [[1922]], circa 25.000 camicie nere si diressero sulla capitale rivendicando dal sovrano la guida politica del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e minacciando, in caso contrario, la presa del potere con la violenza.
 
La manifestazione eversiva<ref>{{Treccani|marcia-su-roma_%28Dizionario-di-Storia%29|Marcia su Roma}}</ref> si concluse con successo quando, il 30 ottobre, il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] cedette alle pressioni dei fascisti e decise di incaricare Mussolini di formare un nuovo governo. Vengono ricompresi nella medesima [[locuzione]] anche altri eventi collegati verificatisi, fra il 27 ed il 30 ottobre, in tutto il territorio nazionale.
Nato nell'isola di [[Coo]] da [[Agnone (Anfipoli)|Agnone]]<ref name=Plutarco2>{{Cita|Plutarco|2|Plutarco, Nicia|harv=s}}.</ref> ma cittadino [[Atene|ateniese]], Teramene fu uno dei fautori del [[colpo di stato]] oligarchico [[Atene|ateniese]] del [[411 a.C.]], che portò al governo la [[Boulé dei Quattrocento]].<ref name=Tucidide8-67>{{Cita|Tucidide|VIII, 67|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}</ref> Successivamente, si oppose a tale regime, favorendo la restaurazione democratica dell'assemblea dei Cinquemila.<ref name=Tucidide8-97-98>{{Cita|Tucidide|VIII, 97-98|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
La Marcia su Roma venne celebrata negli anni successivi come il prologo della "[[rivoluzione fascista]]" e il suo anniversario divenne il punto di riferimento per il conto degli anni secondo l'[[Fascismo#L.27era fascista|era fascista]].
Dopo aver ricoperto la carica di [[stratego]], fu [[trierarchia|trierarca]] durante la [[battaglia delle Arginuse]] del [[406 a.C.]], combattuta tra Atene e Sparta nelle fasi finali della [[guerra del Peloponneso]]. Nel conseguente [[Processo delle Arginuse|processo]], fu accusato assieme agli altri ufficiali di aver abbandonato i naufraghi al loro destino.<ref name=Diodoro-13-98-100>{{Cita|Diodoro|XIII, 98-100|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref> Teramene fu assolto a scapito degli strateghi suoi superiori che furono invece condannati a morte.<ref name=Senofonte7-1-34>{{Cita|Senofonte|I, 7,1-34|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
== Contesto storico ==
Dopo la sconfitta ateniese nella [[battaglia di Egospotami]] ([[405 a.C.]]), fu inviato a [[Sparta]] come ambasciatore per trattare la resa di Atene.<ref name=Diodoro-14-3>{{Cita|Diodoro|XIV, 3|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref> Tornato in patria, convinse l'assemblea ad accettare le condizioni degli Spartani, che implicavano la demolizione delle [[Lunghe Mura]].
La ''Marcia su Roma'' si inserì in un contesto di grave crisi e messa in discussione dello [[Stato liberale]], le cui istituzioni erano viste come non più idonee a garantire l'ordine interno principalmente da [[fascismo|fascisti]], [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] e [[Partito Comunista d'Italia|comunisti]]. La situazione di crisi cominciò poco prima del termine della [[Grande Guerra]], quando i rigori cui il popolo venne sottoposto ai fini del successo bellico avevano iniziato a destare un forte malcontento.
 
Finita la guerra, questo esplose in forme violente, caratterizzate dall'affiancamento dell'azione armata a quella politica da parte di partiti e gruppi politici o dalla loro trasformazione in vere e proprie forme paramilitari, creando disordini che sfociarono nel [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Nel novembre del [[1921]] i [[Fasci Italiani di Combattimento]] si trasformarono nel [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF), combattendo al proprio interno fra spinte volte a scelte rivoluzionarie ed istanze di crescita costituzionale. [[Benito Mussolini|Mussolini]] optò per una "via parlamentare"<ref>[[Renzo De Felice]], ''Breve storia del fascismo'', Milano, Mondadori, 2000</ref>, tenendo a freno le [[squadrismo|squadre d'azione]] ed iniziando la ricerca del consenso popolare.
Dopo la costituzione del regime oligarchico filo-spartano dei [[Trenta tiranni]], del quale fece parte, venne in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, per il suo governo repressivo e sanguinario e fu da questi costretto al suicidio ([[404 a.C.]]).<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,56|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
Approfittò perciò del coinvolgimento di [[Gabriele D'Annunzio]] nell'occupazione del Comune di [[Milano]] (3 agosto [[1922]]), per sottintenderne la sua adesione al partito. A partire dalla primavera del [[1922]], e poi soprattutto dal luglio quando avvennero gravi crisi e rapide alternanze di governo, la politica parlamentare seguì le manovre dei [[partito Popolare Italiano (1919)|popolari]] di [[Don Sturzo]] per un governo guidato da [[Vittorio Emanuele Orlando]] in coalizione con il [[Partito Socialista Italiano]].
[[Senofonte]]<ref name=Senofonte-2-3-31/> tramanda che fu soprannominato dai contemporanei "Coturno" per il suo trasformismo politico nel passare con disinvoltura dalla fazione oligarchica a quella democratica e viceversa: il [[coturno]], infatti, era un calzare utilizzato dagli attori di teatro che poteva essere indifferentemente indossato sia al piede destro che a quello sinistro.
 
Del resto, lo stesso [[Giovanni Giolitti]], in un'intervista al ''[[Corriere della Sera]]'', aveva sostenuto l'opportunità di una trasformazione in senso costituzionale del movimento. Nel frattempo, la propaganda affievoliva il carattere repubblicano del fascismo, onde non porsi troppo presto in aperto contrasto con la Corona e le Forze Armate, che Mussolini ed i fascisti ritenevano si sarebbero attenute al giuramento di fedeltà prestato al re, appoggiandoli.<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini il fascista'', Einaudi, 1966, p. 324</ref>
[[Plutarco]]<ref name=PlutCic>{{Cita|Plutarco|39|Plutarco, Cicerone|harv=s}}.</ref> testimonia invece come [[Caio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] espresse nei suoi scritti la sua stima verso Teramene, paragonandolo a [[Pericle]] e a [[Cicerone]], mentre secondo [[Aristotele]],<ref name=AthPol>{{Cita|Aristotele|28, 5|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|harv=s}}.</ref> Teramene fu, assieme a [[Nicia]] e a [[Tucidide]], uno dei tre soli ateniesi di nobili origini che abbiano nutrito affetto e benevolenza verso il popolo.
 
Mussolini iniziò una serie di incontri e contatti con gli esponenti politici più importanti, onde verificare possibili alleanze e, contemporaneamente, vi furono timidi sondaggi e più aperti abboccamenti anche con gli esponenti del mondo imprenditoriale ed economico. Da questi ultimi rapporti, sempre nell'agosto, nacque uno studio di [[Ottavio Corgini]] e [[Massimo Rocca]], che sarebbe stato pressoché direttamente mutuato in un nuovo programma economico fascista.
==Biografia==
===Origini===
Le fonti antiche non hanno riportato molto sulle origini di Teramene. [[Plutarco]]<ref name=Plutarco2/> tramanda che nacque nell'isola di [[Coo]] e sappiamo che era cittadino [[Atene|ateniese]] del [[demo (storia antica)|demo]] di Stiria<ref>{{SmithDGRBM|articolo=Theramenes|url=http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus:text:1999.04.0104:entry=theramenes-bio-2&highlight=steiria}}.</ref> e figlio di [[Agnone (Anfipoli)|Agnone]], il capo del gruppo di coloni che nel [[437 a.C.|437]]-[[436 a.C.]] fondarono [[Anfipoli]].<ref>{{Cita|Tucidide|IV, 106|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> Sappiamo da [[Tucidide]]<ref>{{Cita|Tucidide|I, 117|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref><ref>{{Cita|Tucidide|II, 58|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref><ref>{{Cita|Tucidide|II, 95|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> che Agnone militò nell'esercito ateniese come generale e che fu tra i firmatari della [[pace di Nicia]].<ref>{{Cita|Tucidide|V, 19|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
Il futuro Duce si risolse a considerare Giolitti probabilmente il più pericoloso dei suoi avversari e perciò dedicò le sue attenzioni a [[Luigi Facta]], "figlio" politico di Giolitti e assai devoto verso il suo mentore, che intendeva sganciare dallo statista per coinvolgerlo in ruoli governativi di massimo prestigio politico insieme a D'Annunzio, nel qual caso di Facta avrebbe potuto essere il merito di una eventuale "normalizzazione" dei fascisti; altra ipotesi è che fosse stato Facta, nei contatti avuti, a coltivare questa prospettiva, sfumata l'11 ottobre a [[Gardone Riviera|Gardone]] in un incontro fra Mussolini e D'Annunzio nel quale il PNF sottoscrisse accordi con una sorta di sindacato dei marittimi (Federazione del Mare, guidata da [[Giuseppe Giulietti (sindacalista)|Giuseppe Giulietti]]) che il poeta aveva preso sotto tutela, e questo accordo avrebbe legato anche i due esponenti<ref name=autogenerato1>De Felice, ''op. cit.''</ref>.
Secondo quanto riporta [[Lisia]]<ref>{{Cita|Lisia|65|Lisia, Contro Eratostene|harv=s}}.</ref>, la carriera politica di Agnone si incrociò con quella del figlio quando nel [[411 a.C.]], assieme ad altri nove commissari, fu incaricato dal governo oligarchico dei [[Boulé dei Quattrocento|Quattrocento]], del quale Teramene faceva parte, di redigere la nuova costituzione ateniese.
 
Facta aveva in realtà contattato direttamente D'Annunzio ed insieme avevano pensato ad una marcia su Roma di ex combattenti guidata proprio dal Vate e da tenersi il 4 novembre al fine di prevenire e rendere eventualmente inefficace quella fascista, di cui già si parlava. Mussolini sacrificò il sindacato fascista dei marittimi - che disciolse - in favore del sodalizio preferito dal poeta, rinunciò a qualche prebenda per il partito da parte della corporazione degli armatori, e l'accordo Facta-D'Annunzio restò senza seguito<ref>[[Indro Montanelli]], ''L'Italia in camicia nera'', Milano, Rizzoli, 1976.</ref>.
===Il colpo di stato oligarchico del 411 a.C.===
{{vedi anche|Boulé dei Quattrocento}}
[[File:Mosaico Alcibiade.jpg|thumb|right|[[Alcibiade]] fu l'ispiratore del colpo di stato del 411 a.C.]]
Teramene iniziò la carriera politica nel [[411 a.C.]] quando fu tra i fautori del [[colpo di stato]] che portò alla temporanea soppressione della democrazia ateniese a scapito di un governo oligarchico, la cosiddetta [[Boulé dei Quattrocento]].
 
Neutralizzato D'Annunzio, Mussolini fu ripreso dall'ansia di paralizzare anche Giolitti e i preparativi per un'azione spettacolare ebbero inizio. Se su un versante più nitidamente politico si cercava di far vacillare il [[governo Facta II|governo Facta]], indebolendolo così da poterne costituire sempre più lucidamente una valida e "forte" alternativa istituzionale, sul piano "operativo" la Marcia fu preparata in gran segreto fin nei minimi dettagli. Del proposito circolavano già molte voci che si rincorrevano da e per ogni direzione: d'altra parte, lo statista di [[Dronero]] era ben informato della situazione grazie ai suoi contatti personali ed era stato avvicinato dal ministro delle finanze [[Giovanni Battista Bertone]], che anche su incarico di Facta voleva chiedere a Giolitti di tornare a Roma e formare un nuovo ministero che fronteggiasse i fascisti sul campo.
I motivi di questo cambiamento politico ad Atene sono da ricercarsi da una parte nell'esilio di [[Alcibiade]] ([[415 a.C.]]), dall'altra nella clamorosa disfatta nella [[spedizione in Sicilia]] ([[413 a.C.]]), che portò alla perdita quasi completa della flotta e dell'esercito ateniese.
 
Giolitti, nell'incontro con Bertone all'Hotel Bologne a [[Torino]] il 23 ottobre, anche a proposito di un eventuale intervento della polizia sui fascisti durante la manifestazione di Napoli, rispose "Ma no, ma no. Vediamo cosa succede, poi se ne parla"<ref>{{Cita|La lunga notte del 28 ottobre|pp. 3-4|LungaNotte}}</ref> La Marcia su Roma ebbe un prodromo: il 2 agosto del 1922 i fascisti occupano militarmente [[Ancona]]; essi volevano saggiare la reazione del governo e del re, in vista di un successivo tentativo su [[Roma]]. Volevano inoltre rendersi conto anche della posizione che avrebbe preso l'esercito di fronte ad una occupazione armata di una città.
Alcibiade, infatti, secondo quanto riporta Tucidide<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 47-48|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>, persuase alcuni [[trierarchia|triearchi]] della flotta ateniese di stanza a [[Samo (isola)|Samo]] ed alcuni politici, tra i quali [[Pisandro di Atene|Pisandro]] e Teramene, a convincere l'assemblea dei cittadini a rinunciare al governo democratico, con la promessa che sarebbe riuscito a spingere il [[satrapo]] [[Tissaferne]], al cui seguito si trovava, a garantire l'appoggio [[dinastia achemenide|persiano]] ad Atene nella [[guerra del Peloponneso|guerra]] contro [[Sparta]]. Tissaferne, infatti, non avrebbe mai accettato, secondo Alcibiade, di allearsi con Atene se la città non avesse rinunciato al regime democratico.
 
Era stata scelta Ancona perché la città era nota per la sua avversione alle idee autoritarie; la fama di città ribelle era stata conquistata dalla città in seguito alla [[Settimana rossa]] del [[1914]] e alla [[Rivolta dei Bersaglieri]] del [[1920]]; se il tentativo di occupazione fosse riuscito in una città così, nuove imprese sarebbero state considerate più facili. L'occupazione avvenne senza ostacoli: il capoluogo marchigiano, che due anni prima aveva preso le armi contro il governo, cadde in mano ai fascisti quasi senza resistenza, lasciando tutti sorpresi; il governo e [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] tacquero. Perfino in una città ''calda'' come Ancona l'avvento del fascismo era sentito come ineluttabile e la resistenza era considerata inutile<ref>Oliviero Zuccarini, ''Il fascismo nelle Marche''</ref>.
Pisandro convinse quindi l'[[Ecclesia (storia greca)|Ecclesia]] ad accettare la proposta, e fu inviato un emissario ad Alcibiade, per comunicargli che gli venivano attribuiti, nonostante si trovasse in esilio, i pieni poteri per le trattative con Tissaferne.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 53-54|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
Il 14 ottobre, Mussolini scrisse su un giornale un articolo intitolato ''Esercito e Nazione'', nel quale attaccava [[Pietro Badoglio]] per una frase che gli era stata attribuita (l'interessato smentì all'epoca, ma l'avrebbe invece confermata dopo la caduta del [[regime fascista]]) e che suonava più o meno come «Al primo fuoco, tutto il fascismo crollerà». Questo scontro sarebbe poi pesato non poco nei sempre difficili rapporti fra l'ex direttore dell'''[[L'Avanti|Avanti!]]'' e il generale. Nel frattempo l'entusiasta e fedelissimo [[Vilfredo Pareto]] gli telegrafava sollecitando di accelerare i tempi, «Ora, o mai più».
Alcibiade, tuttavia, non riuscì a persuadere il satrapo, ma Pisandro e i suoi compagni, tra i quali Teramene,<ref name=Tucidide8-68>{{Cita|Tucidide|VIII, 68|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> ormai determinati al cambiamento istituzionale, si recarano a Samo<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 56|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>, dove si assicurarono l'appoggio della flotta ed incoraggiarono alcuni cittadini dell'isola a rovesciare il governo locale e ad instaurarvi un regime oligarchico.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 63|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
== Svolgimento ==
Nel frattempo, ad Atene, alcuni giovani aristocratici, cavalcando il malcontento generale per la sconfitta in Sicilia, presero il potere attraverso l'intimidazione e la forza, uccidendo chi si opponeva al colpo di stato<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 65-66|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> e preparando il ritorno da Samo di Pisandro e degli altri politici, tra i quali Teramene, che avevano appoggiato la rivolta.<ref name=Tucidide8-68/>
=== I preparativi ===
[[File:Mussolini adunata napoli 1922.jpg|thumb|left|24 ottobre 1922, adunata delle camicie nere di Napoli, Mussolini sul palco delle autorità]]
 
Quattro giorni prima della marcia, il 24 ottobre, a [[Napoli]] si tenne una grande adunata del [[Partito Nazionale Fascista]], raduno di [[camicie nere]] che doveva servire da prova generale. In quell'occasione, Mussolini proclamò pubblicamente: "O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma". Durante la sfilata, in via Museo, un mazzo di fiori con un sasso nascosto venne lanciato dalla folla che in massima parte acclamava e lanciava fiori verso il corteo ferendo un fascista; in risposta, un altro fascista dapprima colpì con un nerbo di bue tra la folla a casaccio e poi sparò una rivoltellata che ferì con esiti mortali la ottantenne [[Carolina Santini]], affacciata ad un balcone.
Pisandro e i suoi compagni convocarono l'assemblea ed annunciarono una serie di misure, tra le quali la formale abolizione della democrazia, che sarebbe stata sostituita dalla [[Boulé dei Quattrocento]],<ref name=Tucidide8-67/> composta da quattrocento ateniesi scelti da una lista più ampia di cinquemila cittadini.
Successivamente, abrogarono le leggi in vigore e promulgarono una nuova costituzione di stampo oligarchico.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 69-70|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
Quel giorno Mussolini annunciò la nomina dei quadrumviri che avrebbero condotto la marcia: [[Italo Balbo]] (uno dei ''ras'' più famosi), [[Emilio De Bono]] (futuro comandante della Milizia), [[Cesare Maria De Vecchi]] (un generale non sgradito al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]) e [[Michele Bianchi]] (segretario del partito e fedelissimo di Mussolini)<ref>[http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerGiorno.php?year=1922&month=10&day=24 Le notizie del 24 ottobre 1922<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Il 26 di quel mese il presidente del consiglio rispose a Mussolini (che aveva radunato a Napoli decine di migliaia di camicie nere e minacciava apertamente di marciare su Roma per occuparne militarmente le Istituzioni) in modo del tutto privo di senso: è in queste circostanze che, di fronte a chi gli prospettava il precipitare della situazione, Luigi Facta pronunciò la celebre frase con la quale passerà alla Storia: "Nutro fiducia!"<ref>[http://www.memorimese.it/la-marcia-su-roma-il-fascismo-al-potere.html ''La marcia su Roma: il fascismo al potere''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140520040120/http://www.memorimese.it/la-marcia-su-roma-il-fascismo-al-potere.html |data=20 maggio 2014 }}, 15 ottobre 2012</ref>.
===La restaurazione democratica===
[[File:Eetioneia Gate (Piraeus)2.JPG|thumb|right|L'[[Eezioneia]], il molo del [[Pireo]] dove i Quattrocento eressero la fortificazione che Teramene fece abbattere.]]
Il governo oligarchico non durò però a lungo. Innanzitutto, il colpo di stato a Samo fallì<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 73|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> e l'esercito di stanza nell'isola, una volta giunte le notizie, forse esagerate, delle intimidazioni e degli eccidi che venivano perpetrati ad Atene, giurò fedeltà alla democrazia.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 74-76|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
L'adunata di Napoli, al campo sportivo dell'Arenaccia, fu organizzata da [[Aurelio Padovani]], uno dei cinque comandanti di zona che vollero la marcia su Roma: Padovani comandò la sfilata per le vie cittadine ed, al teatro San Carlo, fu lui a presentare il Duce Mussolini ai cittadini napoletani. Mussolini tenne due discorsi, uno al [[Teatro San Carlo (Napoli)|teatro San Carlo]], diretto al ceto borghese, ed uno in piazza Plebiscito ai suoi uomini. Il capo dei fascisti si espresse abilmente evitando di far trasparire segnali di allarme, ma al contempo rassodando i crescenti consensi sia della popolazione che dei simpatizzanti. La stessa sera, all'Hotel Vesuvio, si riunì il Consiglio nazionale del partito che stabilì le direttive di dettaglio per la marcia. La mattina dopo Bianchi avrebbe lanciato ai suoi uomini il segnale convenuto: «Insomma, fascisti, a Napoli piove, che ci state a fare?» (secondo Montanelli questa frase l'avrebbe detta a [[Dino Grandi]], appena rimpatriato da una missione diplomatica all'estero) mentre Mussolini sarebbe prudentemente andato ad attendere a Milano gli sviluppi successivi.
Nel frattempo, ad Atene, il governo si divise tra i radicali, tra i quali [[Pisandro di Atene|Pisandro]], [[Frinico (oligarca)|Frinico]] ed [[Antifonte di Ramnunte]], che spingevano per la pace con Sparta ad ogni costo, e i moderati, tra i quali Teramene ed [[Aristocrate di Atene|Aristocrate]], figlio di Scelia, che intendevano invece allargare il potere ad una assemblea di cinquemila cittadini,<ref>{{Cita|Aristotele|29|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|harv=s}}.</ref> anche se quest'ultima ipotesi fu considerata da Tucidide pura propaganda.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 89|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
Il comportamento tutto sommato ordinato dei fascisti durante la manifestazione, che si concluse sotto il quartier generale di [[corpo d'armata]] dell'esercito con la richiesta di esposizione della bandiera, fece stilare al prefetto [[Angelo Pesce]] un telegramma sintetizzante gli eventi, che pervenne a Roma alle 19:30 del 24, in cui si diceva tra l'altro<ref>{{Cita|La lunga notte del 28 ottobre|p. 6|LungaNotte}}</ref>:
La fazione radicale della Boulé dei Quattrocento iniziò quindi a costruire una fortificazione sulla [[Eezioneia]], il molo posto all'ingresso del [[Pireo]], in modo che potesse affrontare un attacco sia dal mare che da terra. Gli oligarchi ammassarono inoltre all'interno della fortificazione grandi derrate alimentari.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 90|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
{{citazione|Manifestazione fascista si è svolta nell'ordine. Nulla da segnalare. Onorevole Mussolini ha pronunciato breve discorso ... se il governo non sarà dato ai fascisti il fascismo lo prenderà con la forza. (...) invitati [i fascisti] a sciogliersi portandosi prima sotto palazzo Corpo armata per dimostrazione simpatia all'esercito (...). Le squadre aderendo a tale invito hanno fatto una calorosa dimostrazione all'esercito (...) e ora vanno allontanandosi da piazza Plebiscito dirigendosi alcuni per stazione ferroviaria per partire, altri nelle varie località di concentramento loro assegnate.}}
 
Era quindi il preambolo al passo successivo. Il quadrumvirato avrebbe dichiarato l'assunzione di pieni poteri da [[Perugia]], dove si era installato presso l'''Hotel Brufani'', ed avrebbe assunto i poteri effettivi nella notte tra il 26 e il 27 ottobre. [[Dino Grandi]], di rientro da una missione a [[Ginevra]], era stato nominato capo di stato maggiore del quadrumvirato. Truppe fasciste avrebbero poi dovuto occupare uffici pubblici, stazioni, centrali telegrafiche e telefoniche.
Teramene protestò veementemente contro la costruzione di questa fortificazione, adducendo che era stata preparata per essere consegnata agli Spartani e ai loro alleati quando avessero attaccato il porto.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 90-91|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
Le squadre sarebbero confluite a [[Foligno]], [[Tivoli]], [[Monterotondo]] e [[Santa Marinella]] per poi entrare nella capitale. Si raccolsero - si stima - circa 25-30.000 fascisti, a fronte dei 28.400 soldati a difesa della capitale<ref name=autogenerato1 />. Facta era rassicurato dagli avvenimenti e dai discorsi tenuti a Napoli, nonché dal fatto che il raduno si era chiuso senza scontri, violenze ed altre degenerazioni. Il 26, però, [[Antonio Salandra]] (che si era incontrato con Mussolini quando questi andava a Napoli il 23, e che manteneva contatti con De Vecchi, [[Costanzo Ciano|Ciano]] e Grandi) gli riferì che la marcia su Roma stava per partire e che se ne volevano le dimissioni.
La situazione precipitò quando una flotta [[Peloponneso|peloponnesiaca]] si avvicinò al Pireo,<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 91|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> e Frinico, uno dei capi della fazione radicale dei Quattrocento, fu assassinato senza che si riuscissero ad identificare i mandanti dell'omicidio.
 
Facta in realtà non gli credette; la contrapposizione politica fra Facta e Salandra non rendeva l'ambasciata del secondo così influente sul primo, che si limitò ad indire un consiglio dei ministri nel quale cercò di riprendersi le deleghe affidate ai ministri, onde poter disporre di "valori" negoziabili, con Mussolini o con altri. Del resto, in seno al governo, bruciava la questione della posizione di [[Vincenzo Riccio (politico)|Vincenzo Riccio]], fedelissimo di Salandra, che si trovava in condizione di provocare la [[crisi di governo]]. Assenti [[Giovanni Amendola]] e [[Paolino Taddei]], gli altri ministri accettarono di presentare a Facta le dimissioni e acconsentirono al loro eventuale avvicendamento con nuovi ministri fascisti.
A quel punto Aristocrate, il comandante di un reggimento di opliti al Pireo, arrestò [[Alessicle]], un generale fedele alla fazione radicale e Teramene, a sorpresa, si offrì volontario per guidare un gruppo di militari al Pireo per liberare il generale. Teramene, giunto al porto, ordinò ai soldati di liberare Alessicle ma, quando gli opliti gli chiesero se la costruzione della fortificazione di Eezioneia fosse una mossa giusta, rispose che abbatterla sarebbe stata una buona idea, e quindi esortò i militari a farlo.<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 92|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref>
 
=== Il 27 ottobre ===
Qualche giorno dopo, la flotta peloponnesiaca arrivò davanti al Pireo ma, trovando la fortificazione dell'Eezioneia distrutta e il porto ben difeso, ripiegò verso l'[[Eubea]]<ref>{{Cita|Tucidide|VIII, 94|Tucidide, Guerra del Peloponneso|harv=s}}.</ref> ([[410 a.C.]]).
Il 27 ottobre Bianchi e De Vecchi vennero a contrasto e il primo mandò addirittura una lettera a Mussolini in cui definiva l'altro "disertore": la "colpa" del De Vecchi sarebbe consistita nel prosieguo - a fianco di Grandi - dei negoziati politici con Salandra, che avrebbe ambito ad un incontro diretto col Capo del Fascismo che ripetutamente chiese invano.
 
Intanto a [[Cremona]], a [[Pisa]] e a [[Firenze]] erano già in azione gli squadristi, che prendevano possesso non pacifico di alcuni edifici pubblici. Alle prime notizie Facta telegrafò al re Vittorio Emanuele III a [[San Rossore]] invitandolo a rientrare, cosa che il sovrano fece nella serata; andandolo a ricevere alla stazione, il Capo del Governo gli suggerì di applicare lo [[stato d'assedio]], ma il sovrano non accettò (riferì [[Marcello Soleri]]) rifiutandosi di deliberare, temendo che i molti militari, alcuni dei quali dalla parte di Mussolini, non avrebbero eseguito gli ordini.
Nei giorni successivi, la Boulé dei Quattrocento fu formalmente sciolta e fu istituito un nuovo governo sostenuto dai moderati e guidato da un'assemblea di cinquemila cittadini,<ref name=Tucidide8-97-98/> scelti tra coloro che avevano abbastanza denaro da "giovare alla città sia coi cavalli sia cogli scudi", cioè tra gli [[Oplita|opliti]]: questo, infatti, era l'ideale di Teramene (un governo che, pur non essendo composto solo da pochi, cioè un'oligarchia, escludesse comunque i nullatenenti dalle cariche pubbliche).<ref>{{cita|Senofonte|II, 3,48|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
La notte tra il 27 e il 28 il Presidente del Consiglio fu svegliato per essere informato che le colonne fasciste erano partite verso Roma, sui treni che avevano requisiti, mentre il re si consultava con i maggiori esponenti del [[Regio Esercito]] e della [[Regia Marina]], tra i quali [[Armando Diaz|Diaz]], [[Paolo Thaon di Revel|Thaon di Revel]], [[Guglielmo Pecori Giraldi|Giraldi]] e [[Roberto Bencivenga|Bencivenga]], per fare il punto della situazione. Il re chiese ai suoi generali se le forze armate sarebbero state fedeli alla monarchia in caso di stato d'assedio e quelli, per voce di Diaz, risposero che "l'esercito avrebbe certamente fatto il suo dovere, ma sarebbe stato bene non metterlo alla prova".<ref>Alberto Consiglio, ''Badoglio re di complemento'', Cino del Duca, Bologna, 1964, p.77</ref>
===Teramene stratego===
{{vedi anche|Battaglia di Cizico (410 a.C.)}}
[[Image:Battle of Cyzicus.svg|thumb|right|La strategia di Alcibiade nella [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battaglia navale di Cizico]]: attirata la flotta spartana in mare aperto, la chiuse fra tre fuochi con l'intervento delle flotte di Trasibulo e di Teramene.]]
Teramene fu nominato [[stratego]] dall'assemblea dei Cinquemila<ref>{{Cita|Senofonte|I, 7,5|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> e gli fu dato il comando di una flotta che operava nel [[Mare Egeo]] e nell'[[Ellesponto]].
 
Il ministro della Guerra Marcello Soleri, che si era fermato a dormire nei locali del proprio ministero, prontamente diede mandato al sottosegretario [[Aldo Rossini]] e al deputato [[Giuseppe Bevione]] di provvedere alla stesura di un manifesto auspicante «disarmo di spiriti», «disarmo di azioni» e contenente un chiaro appello a troncare, «senza indugio, una esasperazione produttrice soltanto di dolori e di rovine»; inoltre il detto documento doveva chiarire che il Governo intendeva «difendere lo Stato a qualunque costo e con qualunque mezzo e contro chiunque attentasse alle sue leggi», assumendo, se necessario, «ogni responsabilità per la inflessibile tutela della sicurezza e dei diritti dello Stato».<ref>Duccio Chiapello, ''Marcia e contromarcia su Roma. Marcello Soleri e la resa dello Stato liberale'', Aracne, Roma, 2012, p. 111</ref> Con questo manifesto, alle due e mezza circa del mattino Facta partì per Villa Savoia,<ref>ciò è confermato da una lettera di [[Amedeo Paoletti]], segretario particolare di Facta, a [[Efrem Ferraris]], pubblicata su «La Stampa» del 21 febbraio 1948</ref> ove si trovava il re, il quale, esaminatolo, si disse d'accordo.
Dopo la vittoria ateniese nella [[battaglia di Abido]] ([[410 a.C.]]) Teramene, al comando della sua flotta, attaccò i ribelli dell'[[Eubea]], soppresse alcune oligarchie che si erano formate nelle isole dell'Egeo e raccolse fondi per la madrepatria da diverse città costiere.<ref>{{Cita|Diodoro|XIII, 47|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref>
 
Il documento, pur molto fermo, non conteneva la proclamazione dello stato d'assedio, anche se ne prospettava implicitamente l'eventualità. Il sovrano, dunque, dando il proprio consenso a tale manifesto non ritenne di essersi impegnato - come Facta e Soleri invece pensarono - a dar corso allo stato d'assedio. Alle 6 del mattino del giorno 28, si riunì al [[Palazzo del Viminale|Viminale]] (allora sede della Presidenza del Consiglio) il consiglio dei ministri che decise di proclamare lo stato di assedio: il ministro dell'Interno Taddei stilò un proclama sulla falsariga di quello che [[Luigi Pelloux]] aveva stilato nel [[1898]] e il suo capo di Gabinetto Efrem Ferraris lo fece dare immediatamente alle stampe, inviandolo a tutte le prefetture senza attendere, «stante l'urgenza», che il re firmasse il relativo decreto<ref>Duccio Chiapello, ''Marcia e contromarcia su Roma. Marcello Soleri e la resa dello Stato liberale'', Aracne, Roma, 2012, p. 123</ref>.
Si diresse quindi verso le coste della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]], dove aiutò [[Archelao I di Macedonia|Archelao I]] nell'assedio di [[Pidna]] e raggiunse infine in [[Tracia]] la flotta del collega [[Trasibulo di Atene|Trasibulo]].<ref>{{Cita|Diodoro|XIII, 49|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref>
 
Verso le 8 e mezza, Facta si recò al Quirinale per la ratifica del proclama da parte del re ma, con sorpresa del primo ministro, il sovrano dichiarò "Caro Facta, sono cambiate molte cose da stanotte"<ref>{{cita|LungaNotte|p. 150}}</ref>. Facta ricordò al re che "tutti i ministri sono stati d'accordo nel diramare il manifesto..." (dello stato d'assedio), ma il re rispose "Non tutti, non tutti!" e "D'altronde avete fatto male! Il diritto costituzionale prescrive che decisioni del genere non hanno nessun valore senza la firma del sovrano: lei lo sapeva benissimo, Facta!"<ref name="ReferenceA">{{cita|LungaNotte|p. 151}}</ref>; aggiungendo che non era certo della capacità di resistenza degli 8000 militari presenti a Roma contro i "100.000 fascisti" in arrivo e che "in simili condizioni far scoppiare una guerra civile è da sanguinari e da scemi: io credo di non essere né una cosa né l'altra, caro Facta"<ref name="ReferenceA"/>, o secondo altre fonti:
Successivamente, partecipò alla [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|battaglia navale di Cizico]] (410 a.C.) agli ordini di Alcibiade, che era stato nel frattempo fatto rientrare dall'esilio. In quell'occasione, l'ammiraglio ateniese ebbe la meglio sulla flotta spartana, che, attirata in mare aperto, fu accerchiata dalle flotte di Teramene e di Trasibulo, che tagliarono ai Lacedemoni la possibilità di ripiegare verso la terraferma. Tutte le navi spartane furono distrutte o catturate e la vittoria ateniese fu completa.<ref>{{Cita|Diodoro|XIII, 50-51|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref><ref>{{Cita|Senofonte|I, 1,11-18|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
{{citazione|Queste decisioni spettano soltanto a me. Dopo lo stato d'assedio non c'è che la [[guerra civile]]. Ora bisogna che uno di noi due si sacrifichi|Vittorio Emanuele III<ref name="carabinieri">[http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Carabiniere/2013/05-Maggio/Speciale/073-00.htm La Marcia su Roma e l'avvio del Regime], [[Carabinieri]], maggio 2013</ref>}}
 
Successivamente disse "Io non firmo", e chiuse a chiave il decreto non firmato in un cassetto<ref name="ReferenceA"/>. Facta rispose:
Dopo questa battaglia, gli ateniesi costruirono a [[Cizico]] una fortificazione che controllava lo stretto del [[Bosforo]] e dalla quale veniva richiesto a tutte le navi mercantili in transito di pagare un dazio del valore della decima parte del carico. Teramene rimase con trenta navi a Cizico per controllare la riscossione del tributo<ref>{{Cita|Senofonte|I, 1,19-22|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> mentre nel frattempo ad Atene il governo dei Cinquemila veniva consensualmente destituito e ritornava la democrazia tradizionale.
{{citazione|Vostra Maestà non ha bisogno di dire a chi tocca la pena.|Luigi Facta<ref name=carabinieri/>}}
 
Dopo di che si dimise (i dettagli sul colloquio furono narrati nel dopoguerra dalla figlia di Facta)<ref>Raffaello Uboldi, ''La presa del potere di Benito Mussolini'', Mondadori, Milano, 2009, p. 249</ref>. Le ragioni del rifiuto di Vittorio Emanuele III alla proposta dello stato d'assedio non sono state dichiarate dal sovrano e sono ancora oggetto di varie interpretazioni, anche se oltre alle perplessità dei generali circa la fedeltà dell'esercito, si è vociferato di accordi segreti tra Mussolini e la Corona (ipotesi che però non gode di molto credito); altre voci sospettano che la presenza del filofascista [[Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta|Emanuele Filiberto Duca d'Aosta]] a [[Perugia]] (disobbedendo all'ordine del sovrano di restare a Torino) l'avesse portato a temere una crisi dinastica.<ref>Renzo De Felice, ''Mussolini: Mussolini, il fascista, [pt.] 1. La conquista del potere, 1921-1925; [pt.] 2. L'organizzazione dello Stato fascista, 1925-1929'', ed. Einaudi, 1965, pag. 360.</ref> Anche altre fonti accreditano Vittorio Emanuele che dichiara a Facta "Viene il Duca d'Aosta, volete questo? Volete che io abdichi?"<ref name="ReferenceA"/>
Nel [[408 a.C.]] Teramene partecipò, ancora al comando di [[Alcibiade]], all'[[Assedio di Bisanzio (408 a.C.)|assedio di Bisanzio]],<ref>{{Cita|Diodoro|XIII, 66|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref> vincendo l'esercito peloponnesiaco di [[Beozia|Beoti]] e [[Megara (Attica)|Megarasi]] di stanza nella città, comandato da [[Clearco di Sparta|Clearco]]. Teramene guidò l'ala sinistra dell'esercito ateniese, mentre Alcibiade comandava quella destra.<ref>{{Cita|Plutarco|31|Plutarco, Alcibiade|harv=s}}.</ref>
 
Alle 9 e mezza un pallido Facta tornò al Viminale per annullare lo stato d'assedio e per chiamare il vecchio Giolitti in suo aiuto, ma questi non sarebbe potuto arrivare a soccorrerlo a causa delle linee ferroviarie interrotte dallo stesso Facta a due chilometri dalla capitale; né sarebbe stato in grado di raggiungerlo a piedi, considerata la sua tarda età (aveva infatti festeggiato un giorno prima l'ottantesimo compleanno)<ref>[[Giovanni Ansaldo (giornalista)|Giovanni Ansaldo]], ''Giovanni Giolitti, il ministro della buon vita'', Firenze, Le Lettere, 2002 - L'Ansaldo menziona in realtà un telegramma del giorno 27.</ref>. Alle 11 e mezza Facta formalizzò le sue dimissioni ed il Re procedette come d'ordinario con le consultazioni.
===La battaglia delle Arginuse e il conseguente processo===
{{vedi anche|Battaglia delle Arginuse}}
[[File:Trireme.jpg|thumb|right|Un'antica [[trireme]]. Circa 25 triremi ateniesi affondarono o non erano in grado di navigare in seguito alla [[battaglia delle Arginuse]]. Teramene e Trasibulo furono incaricati dagli strateghi di soccorrere i naufraghi.]]
Nel [[406 a.C.]] Teramene partecipò come [[Trierarchia|trierarca]] alla [[battaglia delle Arginuse]], nella quale la flotta ateniese sconfisse quella spartana al prezzo di gravi perdite. Circa venticinque triremi ateniesi, infatti, affondarono o non erano in grado di navigare dopo la battaglia navale, e Teramene e il suo collega Trasibulo furono incaricati dagli strateghi (che nel frattempo stavano inseguendo la flotta nemica) di soccorrere i naufraghi. I due trierarchi furono però impossibilitati al salvataggio dei concittadini a causa di una forte tempesta che era nel frattempo sopraggiunta ed un numero imprecisato di naufraghi, probabilmente superiore al migliaio<ref>{{cita|Kagan|p. 459}}.</ref>, morirono annegati.
 
Non di meno il generale [[Emanuele Pugliese]], comandante la Divisione di Roma, autore di un piano di difesa della capitale redatto il 27 settembre 1922 col n.51 ed eluso senza alcuna risposta dai suoi superiori compreso il generale Soleri ministro della Guerra<ref>{{cita|LungaNotte|p. 137}}</ref>, il 28 ottobre 1922 alle 10.10 fece occupare la Casa del Fascio di via Avignonesi e fece bloccare treni che trasportavano 7000 fascisti verso Roma<ref>{{cita|LungaNotte|p. 154}}</ref>.
Ad Atene si istituì quindi un [[Processo delle Arginuse|processo]] contro gli otto strateghi che erano al comando della flotta per omesso soccorso.<ref name=Diodoro-13-98-100/><ref>{{Cita|Senofonte|I, 6,29-35|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> Gli strateghi accusarono invece i loro sottoposti Teramene e Trasibulo di non aver eseguito i loro ordini, il che fu, secondo Diodoro,<ref>{{Cita|Diodoro|XIII, 101|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref> un errore molto grave, in quanto in questo modo si inimicavano due personaggi molto abili nell'arte oratoria, con molti sostenitori ad Atene, e che avevano direttamente partecipato alle fasi cruciali della battaglia navale.
[[File:Illustrazione Italiana 1922 - Sul ponte Salario.jpg|thumb|Squadre fasciste alle porte di Roma]]
Mussolini intanto restava a Milano, dove veniva costantemente informato sulla situazione romana; i dettagli dal Viminale gli venivano da Vincenzo Riccio che, tramite Salandra li faceva arrivare ai notabili fascisti tra i quali si era aggiunto [[Luigi Federzoni]]. Quest'ultimo parlò a telefono sia con Mussolini sia con il quadrumivirato di stanza a Perugia e, in seguito, si recò a colloquio da Vittorio Emanuele, cercando di agire da mediatore<ref name=":0">{{Cita libro|nome=Erminio Fonzo|cognome=|titolo=Storia dell'Associazione nazionalista italiana (1910-1923)|url=https://www.worldcat.org/oclc/1001485208|editore=Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2017, pp. 179-199}}</ref>. Mussolini, dal canto suo, sapeva che De Vecchi e Grandi cercavano qualche accordo non coerente con il piano generale, ed anche se più tardi li avrebbe accusati d'aver tradito la rivoluzione (nel [[1944]] al [[processo di Verona]]), al momento non li sconfessò pensando che la trattativa avrebbe potuto costituire una buona possibilità di ripiego nel caso in cui le sue squadre si fossero trovate costrette a smobilitare per l'intervento dell'esercito.
 
Mussolini infatti sapeva bene che i suoi uomini erano sì una minaccia, ma non credeva alla loro forza militare. Una voce circolata successivamente asseriva che Facta avrebbe in realtà disposto per lo stato d'assedio nella serata del 27, ma che il re avrebbe respinto la proposta: la voce era stata diffusa da Federzoni, che diceva di aver chiamato al telefono egli stesso Mussolini, dal Ministero dell'Interno, e lasciava supporre che il sovrano l'avesse voluto mettere a parte degli accadimenti romani.
Senofonte tramanda che Teramene, in particolare, fece partecipare all'assemblea numerosi cittadini che avevano capelli rasati ed erano vestiti di nero, come se fossero tutti parenti delle vittime, mentre invece erano abbigliati in quel modo per la festa delle [[Apaturie]] che era in corso in quei giorni. Inoltre, Teramene convinse a sostenere l'accusa contro gli strateghi il politico [[Callisseno]], che pretese ed ottenne la votazione per la pena di morte per gli imputati con scrutinio palese e non segreto, come era da procedura in questi casi.<ref>{{Cita|Senofonte|I, 7,8-9|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
=== Il 28 ottobre ===
Teramene e Trasibulo furono assolti, mentre gli otto strateghi, nonostante l'opposizione di [[Socrate]], che in quell'occasione era stato sorteggiato come [[epistate]], furono tutti condannati a morte e alla confisca dei beni; i sei strateghi presenti (due, infatti, non si erano recati ad Atene, sparendo nel nulla) furono giustiziati subito dopo.<ref name=Senofonte7-1-34/>
[[File:March on Rome.jpg|thumb|upright=1.4|Lo stato maggiore fascista a Roma: (da sinistra a destra: [[Emilio De Bono]], [[Benito Mussolini]], [[Italo Balbo]] e [[Cesare Maria De Vecchi]])]]
La mattina del 28, a Milano, Mussolini riceveva nella sede del ''[[Popolo d'Italia]]'' ("protetta" da cavalli di frisia e rimpinguata di armi) una delegazione di industriali, fra i quali [[Camillo Olivetti]], che gli chiesero urgentemente di trovare un accordo con Salandra. Nello stesso momento, nella Capitale, quest'ultimo proponeva al re di dare l'incarico di formare il governo a [[Vittorio Emanuele Orlando]], ma De Vecchi informò il sovrano che l'unica persona con cui Mussolini avrebbe potuto raggiungere un'intesa sarebbe stato lo stesso Salandra.
 
A Mussolini fu quindi proposto di governare a fianco di Salandra, ma egli rifiutò. Qualche ora dopo, forse anche tentando una forzatura per convincere il capo dei fascisti, ''[[Il Giornale d'Italia (1901-1976)|Il Giornale d'Italia]]'' diffuse una edizione straordinaria in cui dava per raggiunto un accordo e per affidato un incarico a Salandra e Mussolini, il quale dopo aver resistito a pressioni di ogni provenienza, compresa una accorata telefonata del generale [[Arturo Cittadini]] (su espresso mandato del re), precisò telefonicamente a Grandi che ancora insisteva: «Non ho fatto quello che ho fatto per provocare la risurrezione di don Antonio Salandra»<ref name=carabinieri/>.
===La resa di Atene===
{{vedi anche|Guerra Deceleica}}
Nel [[405 a.C.]], ad [[battaglia di Egospotami|Egospotami]], la flotta ateniese fu duramente sconfitta e definitivamente distrutta dalla flotta peloponnesiaca, guidata dall'ammiraglio spartano [[Lisandro]].
 
La mattina seguente, dopo che le bozze dell'articolo scritto da Mussolini durante la notte erano state diffuse, Salandra vi poté leggere che non c'era niente da fare e, dopo un giro di telefonate di ultima conferma, decise di rimettere l'incarico. De Vecchi fu incaricato da Vittorio Emanuele di informare Mussolini che gli avrebbe conferito l'incarico. Il futuro dittatore rispose: «Va bene, va bene, ma lo voglio nero su bianco. Appena riceverò il telegramma di Cittadini partirò». Poche ore dopo gli giunse un telegramma del generale Cittadini:
Gli Ateniesi, privati della flotta e con gli Spartani accampati alle porte della città pronti all'assedio, mandarono ambasciatori prima al re lacedemone [[Agide II]], che si trovava nell'accampamento, e poi direttamente a Sparta dagli [[efori]], offrendo la resa della città in cambio del mantenimento del [[Pireo]] e delle [[Lunghe Mura]]. Gli Spartani rifiutarono però l'offerta.<ref name=Senofonte2-2-1-14>{{Cita|Senofonte|II, 2,1-14|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
{{Citazione|SUA MAESTÀ IL RE MI INCARICA DI PREGARLA DI RECARSI<br />A ROMA DESIDERANDO CONFERIRE CON LEI<br />&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;OSSEQUI<br />&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;GENERALE CITTADINI<ref>[[Antonio Spinosa]], ''Edda'', Mondadori, Milano, 1993, p. 63</ref>}}
 
== L'esito ==
Teramene chiese ed ottenne dall'assemblea di essere inviato come ambasciatore da Lisandro, dove restò per tre mesi a "spiare il momento in cui gli Ateniesi, totalmente privi di grano, avrebbero accettato qualunque proposta".<ref>{{Cita|Senofonte|II, 2,16|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> Il quarto mese tornò, dicendo che era stato trattenuto da Lisandro e che questi gli aveva detto di andare a Sparta a parlare cogli efori: per questa missione l'assemblea conferì eccezionalmente a Teramene pieni poteri di trattativa, tanto che lo Stiriense non rivelò ai concittadini il contenuto della proposta che intendeva offrire agli Spartani, e lo mandò dagli efori con altri nove ambasciatori a trattare la pace.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 23}}</ref> Il cosiddetto ''Papiro di Teramene'',<ref>{{cita|Merkelbach}}</ref> di recente scoperta, motiva questa segretezza con la volontà di evitare fughe di notizie prima dell'arrivo dell'ambasceria a Sparta.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 30}}</ref>
[[File:Marcia su Roma.jpg|left|thumb|[[Benito Mussolini]] partito da Milano e giunto a Roma il 30 ottobre 1922, prima di ordinare la smobilitazione e la consegna delle armi, sfila il 31 ottobre in testa alle squadre armate fasciste assieme ai quattro comandanti (i [[Quattuorviri|quadrunviri]]: da sinistra [[Emilio De Bono]], [[Cesare Maria De Vecchi]] e [[Italo Balbo]]) delle colonne che hanno "marciato su Roma". Il corteo, di circa 50.000 uomini, si reca all’Altare della Patria e al Quirinale a omaggiare il Re, Vittorio Emanuele III di Savoia<ref>[http://www.treccani.it/scuola/maturita/terza_prova/storia_contemporanea_in_immagini/2_20.html ''Treccani.it''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160221002234/http://www.treccani.it/scuola/maturita/terza_prova/storia_contemporanea_in_immagini/2_20.html |data=21 febbraio 2016 }} </ref>]]
[[File:Sfilata fascista (Quirinale).jpg|thumb|Le camicie nere sfilano il 31 ottobre 1922 davanti al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]], all'epoca residenza reale.]]
 
{|id="" style="clear:both; float:right; margin-top: 0.5em; margin-left: 0.5em; margin-bottom: 0.5em; text-align:center; width:36%; background-color:#FFFFE0; border:1px solid gray; font-size:90%; padding:5px; border-radius: 0.7em; -moz-border-radius: 0.7em"
Teramene negoziò la resa di Atene alle seguenti condizioni: abbattimento delle Lunghe Mura, limitazione del numero di triremi che potevano essere ricostruite e consegna di quelle rimaste (tranne 12), amnistia per gli ateniesi in esilio, che avrebbero potuto quindi tornare in città, e subordinazione di Atene a Sparta per ogni decisione riguardante la politica estera.<ref name=Senofonte2-2-1-14/> In cambio, Teramene ottenne che la città fosse risparmiata, e che potesse mantenere la costituzione democratica.<ref name=Diodoro-14-3/>
|''' L'Ordine di smobilitazione '''<br />
 
Il Partito Nazionale Fascista comunica:<br />
Teramene tornò ad Atene esponendo le condizioni della resa, e Plutarco racconta che quando il [[demagogo]] Cleomene gli rimproverò che stava consegnando ai Lacedomoni le mura che [[Temistocle]] aveva eretto per difendere la città dei Lacedomoni stessi, Teramene rispose:
Fascisti di tutta Italia!<br />
 
Il nostro movimento è stato coronato dalla vittoria. Il Duce ha assunto i poteri politici dello Stato per l'Interno e per gli Esteri. Il nuovo Governo, mentre consacra il nostro trionfo col nome di coloro che ne furono gli artefici per terra e per mare, raccoglie a scopo di pacificazione nazionale, uomini anche di altre parti perché devoti alla causa della Nazione.<br />
{{quote
Il Fascismo italiano è troppo intelligente per desiderare di stravincere.<br />
| Ma io non faccio nulla che contrasti con l'opera di Temistocle: quelle stesse mura che egli eresse per la salvezza dei cittadini, per la loro salvezza noi le abbatteremo. Se poi fossero le mura a rendere prospera una città, Sparta dovrebbe essere la più malmessa di tutte, visto che non ha mura.
Fascisti<br />
| Plutarco, ''Vita di Lisandro, 14, 6'' - traduzione di Carlo Carena, Mondadori 1981
Il Quadrumvirato supremo d'azione, rimettendo i suoi poteri alla Direzione del Partito, vi ringrazia per la magnifica prova di coraggio e di disciplina e vi saluta. Voi avete bene meritato dell'avvenire della Patria<br />
| ἀλλ᾽ οὐδέν ὑπεναντίον ἐγὼ πράττω Θεμιστοκλεῖ: τὰ γὰρ αὐτὰ τείχη κἀκεῖνος ἐπὶ σωτηρίᾳ τῶν πολιτῶν ἀνέστησε καὶ ἡμεῖς ἐπὶ σωτηρίᾳ καταβαλοῦμεν. εἰ δὲ τὰ τείχη τὰς πόλεις εὐδαίμονας ἐποίει, πασῶν ἔδει πράττειν κάκιστα τὴν Σπάρτην ἀτείχιστον οὖσαν.
Smobilitate con lo stesso ordine perfetto col quale vi siete raccolti per il grande cimento destinato -lo crediamo certamente- ad aprire una nuova epoca nella storia italiana. Tornate alle consuete opere poiché l'Italia ha ora bisogno di lavorare tranquillamente per attingere le sue maggiori fortune. Nulla venga a turbare l'ordine potente della vittoria che abbiamo riportato in queste giornate di superba passione e di sovrana grandezza<br />
|lingua = grc
Viva l'Italia! Viva il Fascismo".
}}
 
Messe ai voti le condizioni di resa, l'assemblea accettò e le Lunghe Mura furono abbattute. La guerra del Peloponneso era dunque terminata con la vittoria di Sparta ([[404 a.C.]]).<ref>{{Cita|Senofonte|II, 2,21-23|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
===I Trenta tiranni===
{{vedi anche|Trenta tiranni}}
Pur mantenendo formalmente la costituzione democratica, i politici ateniesi fautori del'oligarchia, tornati ad Atene dall'esilio ed appoggiati dagli Spartani, imposero alla città un governo nel quale il potere era esercitato esclusivamente da trenta magistrati, detti i "[[Trenta tiranni]]". Teramene inizialmente aveva avversato questa decisione,<ref name=Diodoro-13-98-100>{{Cita|Diodoro|XIV, 3,6-7|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|harv=s}}.</ref> ma poi fu convinto da Lisandro. Secondo Lisia dieci dei Trenta tiranni furono scelti dai fautori dell'oligarchia, dieci direttamente da Lisandro e dieci da Teramene, che incluse se stesso nel gruppo;<ref>{{Cita|Lisia|6|Lisia, Contro Eratostene|harv=s}}.</ref> secondo lo storico [[Luciano Canfora]], comunque, questa suddivisione è inverosimile.<ref>{{cita|Canfora 2|p. 69}}.</ref>
 
Ben presto Teramene si scontrò con la politica repressiva ed autoritaria dei suoi colleghi, in particolare di [[Crizia]], capo indiscusso del gruppo,<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,11-14|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> che instaurò un vero e proprio regime di terrore, mandando a morte parecchi cittadini col solo motivo di essere stati popolari durante il periodo democratico.<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,15|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
Teramene, visto che non poteva opporsi a Crizia con la forza, tentò di allargare il potere decisionale ad una cerchia più ampia di cittadini.<ref>{{Cita|Aristotele|36|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|harv=s}}.</ref> Crizia, col timore che lo Stiriense si guadagnasse il consenso popolare, lo prevenne scegliendo tremila ateniesi che furono associati al governo. Teramene obiettò che questo numero era troppo eseguo e Crizia, per tutta risposta, fece confiscare le armi di tutti gli ateniesi che non facevano parte di questa lista.<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,17-20|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
Successivamente, i Trenta decisero di arrestare e far uccidere altrettanti [[meteco|meteci]], scelti tra i più facoltosi, al solo scopo di confiscare loro i beni. Teramene si oppose e si rifiutò di eseguire l'ordine.<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,21-22|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
Crizia allora intuì che lo Stiriense era troppo pericoloso e decise di eliminarlo. Fattolo condurre davanti all'assemblea dei Tremila, lo accusò pubblicamente di seguire la fazione politica che gli convenisse a seconda delle circostanze,<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,23-24|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> ricordando, come testimonia Senofonte,<ref name=Senofonte-2-3-31>{{Cita|Senofonte|II, 3,31|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> il suo soprannome "Coturno", il [[coturno|calzare degli attori di teatro]] che può essere indossato indifferentemente sia al piede destro che a quello sinistro.
 
Nella sua replica, giudicata in ogni caso inverosimile dal filologo [[Luciano Canfora]] (che presume sia stata inventata da Senofonte stesso nel tentativo di contribuire alla creazione di un'immagine positiva dello Stiriense, che inevitabilmente avrebbe giovato anche a lui, cavaliere dei Trenta, sottolineando come una parte dei magistrati, guidata da Teramene, avesse in realtà avuto delle buone intenzioni),<ref>{{cita|Canfora|pp. 386-387}}.</ref> Teramene ribatté che si era sempre comportato da politico moderato, cercando di conciliare le tradizioni democratiche con una forma di governo che includesse nel potere decisionale solo i cittadini ateniesi che avessero almeno il grado militare di [[oplita]]. Il discorso di Teramene fece presa sull'assemblea e, secondo quanto riporta Senofonte,<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,35-49|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref> Crizia intuì che, se si fosse andati al voto, lo Stiriense sarebbe stato assolto. Il capo dei Trenta Tiranni fece quindi schierare dei soldati armati davanti all'assemblea, impedendo quindi ai cittadini di intervenire, e, dopo aver formalmente destituito Teramene dai Trenta, ordinò agli Undici, gli ufficiali addetti alle condanne a morte, di arrestarlo, negandogli la possibilità di difendersi in un regolare processo.<ref>{{Cita|Senofonte|II, 3,50-56|Senofonte, Elleniche|harv=s}}.</ref>
 
[[File:Kottabos Met 56.171.62.jpg|thumb|sinistra|Giocatore di [[cottabo]] raffigurato su una [[kylix]] attica a figure rosse: Teramene parodiò questo gioco prima di morire.]]
Senofonte testimonia che Teramene invocò gli dei a testimonianza del crimine che veniva commesso e, quando Satiro, uno dei collaboratori degli Undici, gli intimò che, se non fosse stato zitto, gli sarebbe capitato qualcosa di male, lo Stiriense, mantenendo un certo senso dell'umorismo, rispose:
 
{{quote
|E se invece starò zitto, andrà tutto bene?
|Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,56
| ἂν δὲ σιωπῶ, οὐκ ἄρ᾽ οἰμώξομαι;
|lingua = grc
}}
 
Fu quindi costretto a bere la [[cicuta]]. Senofonte racconta che, dopo aver vuotato quasi completamente la tazza, ebbe la presenza di spirito, negli attimi prima di morire, di parodiare il gesto del gioco del [[cottabo]], secondo il quale si doveva centrare un piatto con le gocce di vino rimaste nel bicchiere, e lanciò le ultime gocce del veleno a terra esclamando:
 
{{quote
|Alla salute del bel Crizia!
|Senofonte, ''Elleniche'', 2, 3,56
|Κριτίᾳ τοῦτ' ἔστω τῷ καλῷ
|lingua = grc
}}
{{-}}
 
Il Quadrumvirato<br />
==Storiografia==
|}
===Fonti antiche===
[[File:Vittorio Emanuele III incontra Mussolini.jpg|thumb|Il Re [[Vittorio Emanuele III]] incontra ufficialmente il presidente del consiglio Benito Mussolini il 4 novembre [[1922]].]]
[[File:Parc de Versailles, Rond-Point des Philosophes, Lysias, Jean Dedieu inv1850n°9452 03.jpg|thumb|right|L'oratore Lisia attribuisce a Teramene, in quanto membro effettivo dei Trenta, la responsabilità condivisa delle atrocità perpetrate durante il periodo della tirannide.]]
Mussolini partì da Milano in vagone letto con il direttissimo n.17 delle 20.30 del 29 ottobre alla volta di Roma, dove sarebbe giunto alle 11.30 del 30 ottobre; il convoglio patì un incredibile ritardo dovendo rallentare - e in qualche caso proprio fermarsi - in molte stazioni prese d'assalto da fascisti festanti che accorrevano a salutare il loro capo.<ref>Gianpasquale Santomassimo, ''La marcia su Roma'', Giunti Editore, 2000 p.85</ref>
Le fonti antiche che descrivono nel dettaglio la personalità e l'operato politico di Teramene sono le ''[[Elleniche]]'' di [[Senofonte]]<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 43-47}}.</ref> e l'orazione ''[[Contro Eratostene]]'' di [[Lisia]].<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 20-25}}.</ref>
 
La voce secondo cui Mussolini si sia presentato al Re (vi si recò in [[camicia nera]]) dicendogli «Maestà, vi porto l'Italia di Vittorio Veneto» sarebbe un falso storico, come testimoniato dallo stesso uomo politico alla moglie [[Rachele Mussolini|Rachele]]<ref>Rachele Mussolini, ''La mia vita con Benito'', Mondadori, Milano, 1948, p. 70.</ref>; tuttavia il Duce parlò per circa un'ora col re, promettendogli di formare entro sera un nuovo governo con personalità non fasciste e con esponenti di aree politiche "popolari".
Senofonte fa un ritratto apologetico di Teramene, evidenziando la sua ribellione alla tirannide di Crizia e l'eroica difesa nel processo da questi intentato nei suoi confronti. Secondo il filologo [[Luciano Canfora]], però, si nota una netta differenza tra il I e il II libro di Senofonte: mentre nel I si evidenziano chiaramente le sue responsabilità nell'ingiusto [[processo delle Arginuse]], nel II si fanno notare tutte le sue qualità positive; Canfora conclude, perciò, che il I libro è probabilmente fondato su un lascito di [[Tucidide]], che, come dimostrato nell'VIII libro della ''[[Guerra del Peloponneso (Tucidide)|Guerra del Peloponneso]]'' (dove si contrappone, nell'ambito della [[Boulé dei Quattrocento]], il voltafaccia di Teramene alla lealtà di [[Frinico (oligarca)|Frinico]]), è ostile a Teramene quanto Lisia.<ref>{{cita|Canfora|pp. 382-383}}.</ref>
Alle 18 presentò il [[governo Mussolini]], comprendente soltanto tre fascisti, [[Alberto De Stefani]], [[Giovanni Giuriati]] e [[Aldo Oviglio]], di orientamento moderato.
 
Le "Camicie Nere della rivoluzione" intanto erano accampate intorno alla Capitale e non attendevano che di entrarvi: furono autorizzati ad entrarvi solo il giorno 30 e la raggiunsero alla meglio, su mezzi di fortuna. Ma erano più che raddoppiati: dai circa 30.000 della marcia, erano ora più di 70.000<ref>Marco Palla, ''Mussolini e il fascismo'', Giunti Editore, 1994, p. 29.</ref>, cui si aggiunsero i simpatizzanti romani che erano già sul posto.
Lisia gli attribuisce, in quanto membro effettivo dei Trenta, la responsabilità condivisa delle atrocità perpetrate durante il periodo della tirannide, motivando la sua versatilità politica con la sete di potere che lo spinse a schierarsi prima con gli oligarchi, poi coi democratici, poi coi Tiranni, per rinnegarli infine nell'ultimo periodo della sua vita.
 
Ci furono scontri e incidenti; nel quartiere di San Lorenzo alcuni operai accolsero con colpi d'arma da fuoco la colonna guidata da [[Giuseppe Bottai]] e [[Ulisse Igliori]], proveniente da [[Tivoli]]. All'alba del giorno dopo, oltre 500 fascisti guidati da [[Italo Balbo]] attaccarono di sorpresa il quartiere e lo devastarono. I morti fra gli abitanti furono tredici (tra questi, i responsabili dell'agguato)<ref>Gianpasquale Santomassimo, ''La marcia su Roma'', Giunti Editore, 2000, p. 87</ref>, i feriti oltre duecento, alcuni dei quali, scaraventati giù dalle finestre delle abitazioni, riportarono lesioni permanenti<ref>Emilio Lussu, ''Marcia su Roma e dintorni'', Einaudi, 2002, p. 57.</ref>. Agli scontri parteciparono attivamente anche i "[[Sempre pronti per la patria e per il re]]", la milizia dell'Associazione nazionalista italiana, che in un primo momento erano restati in attesa degli eventi ma, dopo il conferimento dell'incarico di formare il governo a Mussolini, si unirono alle camicie nere<ref name=":0" />.
Secondo l'oratore ateniese, infatti, la scelta di schierarsi contro i Quattrocento, dei quali inizialmente era stato un fautore e uno dei principali artefici, era motivata dal fatto che costoro l'avevano relegato ad un ruolo di secondo piano nel governo della città,<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 22}}.</ref> mentre il voltafaccia nei confronti di Crizia non sarebbe stato motivato dalla lealtà nei confronti dei cittadini dopo la svolta autoritaria del regime, bensì dalla sete di potere che avrebbe spinto lo Stiriense a cercare una posizione di ''leadership'' nei gruppo, cercando di nuovo il consenso popolare.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 24}}.</ref>
 
Informato dell'accaduto, il Presidente del Consiglio ''[[in pectore]]'' diede alle forze dell'ordine immediate disposizioni per la repressione di qualsiasi incidente. Il 31 ottobre 1922 le camicie nere sfilarono per più di sei ore dinanzi al Re, poi Mussolini comandò che si iniziassero le operazioni di smobilitazione: l'ordine di rompere le righe venne infatti pubblicato sul quotidiano ''Il Popolo d'Italia'' dello stesso giorno.
Lisia insiste inoltre sulle responsabilità di Teramene nell'instaurazione del governo dei Trenta, evitando però accuratamente di dilungarsi sull'opposizione dello Stiriense a Crizia, ma soprattutto lo incolpa di aver tradito Atene in occasione della fine della Guerra del Peloponneso, costringendo i cittadini ad accettare le durissime condizioni di resa dei Lacedemoni, che prevedevano la demolizione delle mura e la perdita della flotta. A questo proposito, Lisia lo accosta in maniera negativa a [[Temistocle]], che aveva invece eretto le mura a difesa della città ingannando gli Spartani.<ref name=Nat21>{{cita|Natalicchio|pag. 21}}.</ref>
 
== Partecipanti ==
L'ostilità di Lisia nei confronti di Atene è facilmente spiegabile dal contesto dell'orazione che, formulata dall'oratore come accusa nel processo intentato, dopo la restaurazione democratica, contro [[Eratostene di Atene|Eratostene]], un membro dei Trenta che era stato direttamente responsabile dell'uccisione di [[Polemarco (filosofo)|Polemarco]], fratello di Lisia stesso. Eratostene apparteneva infatti allo schieramento moderato dei Trenta, che aveva Teramene come ''leader'' e Lisia, per cercare di aggravare le responsabilità dell'accusato, cerca in tutti i modi di screditare l'operato della fazione politica dello Stiriense, evidenziando come i Trenta Tiranni fossero tutti responsabili delle atrocità commesse durante il regime, nonostante le opposizioni interne al gruppo.<ref name=Nat21/>
=== Quadrumviri ===
* [[Italo Balbo]]
* [[Michele Bianchi]]
* [[Emilio De Bono]]
* [[Cesare Maria De Vecchi]]
 
=== Partecipanti famosi ===
La tradizione ostile dovuta all'orazione di Lisia non ha però impedito a Teramene di essere preso come esempio positivo dagli scrittori degli anni successivi: Aristotele<ref name=AthPol/> lo definisce un moderato e un cittadino modello<ref>{{cita|Perrin|pag. 668–689}}</ref> e lo associa a Nicia e a Tucidide come esempio di ateniese di nobili origini che abbia nutrito benevolenza ed affetto verso il popolo, mentre Plutarco<ref name=PlutCic/> testimonia come [[Caio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] espresse nei suoi scritti la sua stima verso lo Stiriense, paragonandolo a Pericle e a Cicerone.
* [[Giacomo Acerbo]]
Secondo [[Luciano Canfora]], anche la storiografia romana riguardante l'epoca di Teramene è stata influenzata dal giudizio positivo del II libro di Senofonte.<ref>{{cita|Canfora|p. 383}}.</ref>
* [[Giuseppe Bottai]]
* [[Giuseppe Mastromattei]]
* [[Piero Brandimarte]]
* [[Ather Capelli]]
* [[Ines Donati]]
* [[Roberto Farinacci]]
* [[Cesare Forni]]
* [[Igino Ghisellini]]
* [[Francesco Giunta]]
* [[Giovanni Giuriati]]
* [[Ulisse Igliori]]
* [[Alessandro Lessona]]
* [[Serafino Mazzolini]]
* [[Ettore Muti]]
* [[Aurelio Padovani]]
* [[Alessandro Pavolini]]
* [[Cesare Rossi]]
* [[Carlo Scorza]]
* [[Marcello Serrazanetti]]
* [[Bruno Spampanato]]
* [[Achille Starace]]
* [[Carlo Tiengo]]
* [[Harukichi Shimoi]]
* [[Attilio Teruzzi]]
 
=== Partecipanti che aderirono all'antifascismo ===
===Storiografia moderna===
* [[Aldo Finzi (politico)|Aldo Finzi]]
La storiografia moderna del diciannovesimo secolo, seguendo la tradizione ostile di Lisia, considera Teramene un voltagabbana e un traditore,<ref name=Harding>{{cita|Harding|pag. 101}}</ref><ref>{{cita|Andrewes|pag. 112}}</ref> soprattutto per il suo atteggiamento nel processo delle Arginuse. La scoperta della ''[[Costituzione degli Ateniesi]]'' di Aristotele nel 1890 consentì però una rivalutazione storica del personaggio perché, come abbiamo visto, il filosofo di [[Stagira]] presenta lo Stiriense come un cittadino moderato ed esemplare.<ref name=Harding/>
* [[Luigi Capello]]
 
Oggi tutti i partecipanti alla marcia su Roma sono scomparsi. L'ultimo sopravvissuto è stato [[Vasco Bruttomesso]] (1903-2009), imprenditore tessile e più volte sindaco di [[Carbonate]] nel [[Secondo dopoguerra]]: nel 1922 era studente di ingegneria a [[Firenze]] e si unì ai rivoluzionari "per amor di patria"<ref>Claudio Del Frate, ''È morto l'ultimo partecipante alla marcia su Roma. Aveva 105 anni'', quotidiano ''Corriere della Sera'' del 03/01/2009 pag.21</ref>.
Secondo il filologo e storico [[Luciano Canfora]], Aristotele si rifece prevalentemente ad [[Eforo di Cuma]], che a sua volta era stato fortemente influenzato da [[Isocrate]], sostenitore della teoria secondo la quale è dovere del bravo cittadino saper fare politico in ogni sistema politico, purché non deviante.<ref>{{cita|Canfora|p. 376}}.</ref>
 
==Riconoscimenti==
I lavori recenti accettano in genere l'immagine moderata di Teramene, fautore di un'idea di democrazia dove le decisioni debbano essere prese dai cittadini che siano almeno della condizione di oplita,<ref>{{cita|Kagan|pag. 379}}</ref> in contrasto quindi sia agli estremismi dell'oligarchia autoritaria che a quelli della demagogia populista.
[[File:Medaglia commemorativa Marcia su Roma.jpg|thumb|[[Medaglia commemorativa della Marcia su Roma]], istituita nel 1923.]]
Nel 1923 fu istituita una medaglia commemorativa della Marcia su Roma, e alle federazioni provinciale del PNF, fu affidato il compito di compilare un elenco ufficiale delle camicie nere che vi parteciparono. Furono 5 in oro (Mussolini e quadrumviri), 19 in argento (comandanti delle colonne) e in bronzo a tutti i partecipanti<ref>http://www.mymilitaria.it/liste/BrevettoMarciaRoma.htm</ref>.
Fu poi istituito il "Brevetto della Marcia su Roma", dal direttorio nazionale del Partito nazionale fascista; inizialmente per ricevere tale brevetto bisognava anche risultare iscritto al PNF alla data del 24 ottobre 1922.
Negli anni '30 assunse grande importanza in quanto dava titolo di preferenza nei concorsi e nelle promozioni.<ref>[http://www.altalex.com/documents/news/2014/02/12/legge-professionale-forense Altalex]</ref>
 
== Commemorazione ==
In conclusione, l'immagine di Teramene è stata sia idealizzata che disprezzata a partire dalla storiografia antica fino a quella moderna. La figura complessa di questo personaggio emerge in ogni caso come protagonista dei maggiori punti di controversia degli ultimi anni del V secolo a.C., dall'esperimento oligarchico della [[Boulé dei Quattrocento]] al [[processo delle Arginuse]], dalla [[Guerra del Peloponneso#La fase Deceleica (413-404 a.C.)|resa di Atene]] fino alla tirannide dei [[Trenta tiranni|Trenta]], dando adito alle più svariate interpretazioni sulla sua breve ed intensa carriera politica.
Il 1º agosto [[1931]] Mussolini ordinò a tutti i Prefetti di obbligare i [[Podestà (fascismo)|Podestà]] che governavano i Comuni italiani di intitolare, a partire dal 29 ottobre dello stesso anno (inizio dell'Anno <small>X E.F.</small>, ovvero decimo anno dell'Era Fascista), in prossimità del 10º anniversario della Marcia su Roma, una [[via Roma]].
 
==Cronologia degliNote eventi==
<references/>
*450 a.C. circa Teramene nasce nell'isola di [[Coo]] da [[Agnone (Anfipoli)|Agnone]]. È un cittadino ateniese del [[demo (Atene)|demo]] di Stiria.
*411 a.C. Teramene partecipa al colpo di stato oligarchico della [[Boulé dei Quattrocento]].
*410 a.C. Teramene fa demolire la fortificazione della [[Eezioneia]] fatta erigere dalla Buolé dei Quattrocento, che viene successivamente sciolta. Teramene viene eletto [[strategos|stratego]] e partecipa, alla guida di una flotta, alla [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battaglia navale di Cizico]].
*408 a.C. Teramene guida l'ala sinistra dell'esercito ateniese durante l'[[Assedio di Bisanzio (408 a.C.)|Assedio di Bisanzio]].
*406 a.C. Teramene partecipa come [[trierarca]] alla [[battaglia delle Arginuse]]. Nel conseguente [[Processo delle Arginuse|processo]], viene assolto mentre i suoi superiori vengono condannati a morte.
*404 a.C. Teramene viene inviato a Sparta come ambasciatore plenipotenziario per trattare la resa. Ad Atene viene instaurato il regime oligarchico dei [[Trenta Tiranni]] del quale Teramene fa parte. Venuto in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, viene da questi costretto al suicidio.
 
==Note Bibliografia ==
* [[Gian Franco Venè]], ''Il golpe fascista del 1922. Cronaca e storia della marcia su Roma'', con prefazione di [[Pietro Nenni]]
{{references|2}}
* {{cita libro | cognome=Lussu | nome=Emilio | wkautore=Emilio Lussu | titolo=[[Marcia su Roma e dintorni]] | anno=1931}}
* [[Gianpasquale Santomassimo]], ''La marcia su Roma'', Giunti Editore (2000)
* Antonino Répaci, ''La Marcia su Roma'', Rizzoli editore (1972)
* [[Giulia Albanese]], ''La marcia su Roma'', GLF editori Laterza (2006)
* {{cita libro | cognome=Venè | nome=Gian Franco | wkautore=Gian Franco Venè | titolo=La lunga notte del 28 ottobre | editore = Palazzi | anno=1972 | isbn=no |cid=LungaNotte}}
* Duccio Chiapello, ''Marcia e contromarcia su Roma. Marcello Soleri e la resa dello Stato liberale'', Aracne Editore, (2012)
 
==Bibliografia Filmografia ==
* ''[[La marcia su Roma]]'', regia di [[Dino Risi]] (1962)
;Fonti antiche
* ''[[Amori di mezzo secolo]]'', episodio ''Dopoguerra 1920 ''con [[Alberto Sordi]], regia di [[Mario Chiari]] (1954)
* {{cita libro|autore=[[Aristotele]] |titolo=[[Costituzione degli Ateniesi]] |cid=Aristotele}}
* ''[[Vecchia guardia (film)|Vecchia guardia]]'', regia di [[Alessandro Blasetti]] (1935)
* {{cita libro|autore=[[Diodoro Siculo]] |titolo=[[Bibliotheca historica]] |cid=Diodoro}}
* ''[[Tecnica di un colpo di Stato: la marcia su Roma]]'', miniserie TV regia di [[Silvio Maestranzi]] (1978)
* {{cita libro|autore=[[Lisia]] |titolo=[[Contro Eratostene]] |cid=Lisia}}
* {{cita libro|autore=[[Plutarco]] |titolo=[[Vite Parallele]]: Alcibiade, Cicerone e Nicia |cid=Plutarco}}
* {{cita libro|autore=[[Senofonte]] |titolo=[[Elleniche]] |cid=Senofonte}}
* {{cita libro|autore=[[Tucidide]] |titolo=[[Guerra del Peloponneso (Tucidide)|La Guerra del Peloponneso]] |cid=Tucidide}}
 
== Voci correlate ==
;Fonti moderne
* [[Benito Mussolini]]
*{{cita libro|nome=Luciano|cognome=Canfora|wkautore=Luciano Canfora|titolo=Il mondo di Atene|editore=Laterza|anno=2013|id=ISBN 978-88-581-0708-9|cid=Canfora}}
* [[Fascismo]]
*{{cita libro|nome=Luciano|cognome=Canfora|wkautore=Luciano Canfora|titolo=La guerra civile ateniese|editore=Rizzoli|anno=2013|id=|cid=Canfora 2}}
* [[Governo Mussolini]]
*{{cita libro|nome=Antonio|cognome=Natalicchio|titolo=Atene e la crisi della democrazia: i Trenta e la querelle Teramene/Cleofonte|editore=Dedalo|anno=1986|id=ISBN 88-22-06178-0|cid=Natalicchio}}
* [[Rivoluzione fascista]]
*{{cita pubblicazione|autore=Reinhold Merkelbach|titolo=Ein Michigan Papyrus über Theramenes|rivista=Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik|volume=2|anno=1968|pagine=161-169|lingua=tedesco|cid=Merkelbach}}
* [[Storia dell'Italia fascista]]
*{{cita pubblicazione|cognome=Andrewes|nome=A.|titolo=The Arginousai Trial|rivista=Phoenix|volume=28|numero=1|editore=Spring|anno=1974|pagine=112–122|lingua=inglese}}
*{{cita libro|cognome=Fine|nome=John V.A.|titolo=The Ancient Greeks: A critical history|editore=Harvard University Press|anno=1983|id=ISBN 0-674-03314-0|lingua=inglese|cid=Andrewes}}
*{{cita pubblicazione|cognome=Harding|nome=Phillip|titolo=The Theramenes Myth|rivista=Phoenix|volume=28|numero=1|editore=Spring|anno=1974)|pagine=101–111|lingua=inglese}}
*{{cita libro|cognome=Hornblower|nome=Simon|titolo=The Greek World 479–323 BC|editore=Routledge|anno=1991|id=ISBN 0-415-06557-7|lingua=inglese}}
*{{cita libro|nome=Donald|cognome=Kagan|titolo=The Peloponnesian War|editore=Penguin Books|anno=2003|id=ISBN 0-670-03211-5|lingua=inglese|cid=Kagan}}
*{{cita pubblicazione|cognome=Keaney|nome=John J.|titolo=A Source/Model of Aristotle's Portrait of Theramenes|rivista=The Classical Journal|volume=75|numero=1|data=ottobre-novembre 1979|pagine=40–41|lingua=inglese}}
*{{cita libro|cognome=Peck|nome=Harry Thurston|titolo=Harper's Dictionary Of Classical Literature And Antiquities|anno=1898|lingua=inglese}}
*{{cita pubblicazione|cognome=Perrin|nome=Bernadotte|titolo=The Rehabilitation of Theramenes|rivista=The American Historical Review|volume=9|numero=4|data=luglio 1904|pagine=649–669|lingua=inglese|cid=Perrin}}
 
==Voci correlateAltri progetti ==
{{interprogetto}}
*[[Antica Atene]]
*[[Boulé dei Quattrocento]]
*[[Battaglia delle Arginuse]]
*[[Trenta tiranni]]
 
== Collegamenti esterni ==
{{Statisti dell'antica Atene}}
* {{Collegamenti esterni}}
{{Portale|Antica Grecia|biografie|guerra|marina|politica}}
* [https://query.nytimes.com/gst/abstract.html?res=9802E6DD1F39EF3ABC4950DFB6678389639EDE L'entrata a Roma del 30 ottobre] in un articolo del ''[[New York Times]]''
* [https://query.nytimes.com/gst/abstract.html?res=9C03E0DE1F39EF3ABC4850DFB6678389639EDE ''La grande armata fascista pronta ad entrare a Roma''] articolo del ''New York Times'' del 30 ottobre.
* {{cita web|url=http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerGiorno.php?year=1922&month=10&day=28|titolo=Cinquantamila Giorni}}
 
{{Fascismo movimento (1914-1922)}}
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{{Controllo di autorità}}
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{{Portale|fascismo|italia|politica|storia d'Italia}}
 
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[[Categoria:Fascismo]]
[[Categoria:Fascismo (movimento)]]
[[Categoria:Storia di Roma nell'età contemporanea]]