Civiltà romana e Robert Michael Ballantyne: differenze tra le pagine

(Differenze fra le pagine)
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
rb a Epidosis
 
FrescoBot (discussione | contributi)
 
Riga 1:
{{F|scrittori britannici|luglio 2013}}
{{storiaroma}}
[[File:Robert Michael Ballantyne.jpg|right|thumb|Robert Michael Ballantyne]]{{Bio
Per '''civiltà romana''' si intendono tutti quegli aspetti della popolazione [[indoeuropei|indoeuropea]] chiamata '''Romani''' (inizialmente stanziata a [[Roma (città antica)|Roma]], poi diffusasi su gran parte d'[[Europa]] e nell'intero [[bacino del Mediterraneo]]), da sociali a religiosi, culturali, letterari, artistici, militari.
|Nome = Robert Michael
 
|Cognome = Ballantyne
== Etnonimo di Roma e Romani ==
|Sesso = M
{{Nota
|LuogoNascita = Edimburgo
|allineamento = destra
|GiornoMeseNascita = 24 aprile
|larghezza = 300px
|AnnoNascita = 1825
|titolo = Le origini del nome
|LuogoMorte = Roma
|contenuto = Sull'origine del nome Roma sono state formulate diverse ipotesi<ref>{{cita|Rendina, 2007|17}}.</ref>; il nome potrebbe derivare:
|GiornoMeseMorte = 8 febbraio
* da ''Roma'', figlia di Italo (o di Telefo figlio di Ercole), sposa di [[Enea]] o di suo figlio [[Ascanio]]<ref name=plut>L'ipotesi venne formulata da alcuni antichi cronisti di lingua greca e riportata dallo storico [[Plutarco]].</ref>;
|AnnoMorte = 1894
* da ''Romano'', figlio di [[Ulisse|Odisseo]] e [[Circe]]<ref name=plut/>;
|Epoca = 1800
* da ''Romo'', figlio di Ematione, che [[Diomede]] fece giungere da [[Troia]]<ref name=plut/>;
|Attività = scrittore
* da ''Romide'', tiranno dei [[latini]], che espulse gli [[etruschi]] dalla regione<ref name=plut/>;
|Nazionalità = britannico
* da ''Rommylos'' e ''Romos'' (Romolo e Remo), figli gemelli di Ascanio che fondarono la città<ref>L'ipotesi è una variante della leggenda troiana. Il nome avrebbe preso nome dai fondatori della città, anche se il vero fondatore fu solo uno dei due gemelli; cfr. {{cita|Rendina, 2007|17}}.</ref>;
* da ''Rumon'' o ''Rumen'', nome arcaico del Tevere, avente radice analoga a quella del [[verbo]] [[Lingua greca|greco]] ῥέω (rhèo) e del verbo latino ''ruo'', che significano "scorrere"<ref>Ipotesi formulata da [[Servio Mario Onorato]]: Roma avrebbe significato "città del fiume".</ref><ref>Plutarco scrisse: "sulle rive dell'insenatura sorgeva un fico selvatico, che i Romani chiamavano ''ruminalis'' perché i gemelli vi furono allattati; oggi ancora i Romani chiamano ''Rumilia'' una dea che viene invocata durante l'allattamento dei bambini".</ref>;
* dall'[[lingua etrusca|etrusco]] ''ruma'', che significa mammella, e potrebbe quindi riferirsi al [[mito]] di [[Romolo e Remo]], oppure anche alla conformazione della zona collinare del [[Palatino]] e dell'[[Aventino]]<ref>I due colli sono paragonabili, nella forma, a due mammelle.</ref>;
* dal greco ῤώμη (rhòme), che significa forza<ref>In questo caso Roma avrebbe significato "città forte"; Plutarco scrisse: "[...] i Pelasgi, che, dopo aver visitato quasi tutte le terre abitabili e soggiogati quasi tutti i viventi, si fissarono dove sorge Roma, e per la propria forza in guerra diedero il nome alla città".</ref>;
* da ''Roma'', una ragazza troiana che conosceva l'arte della magia, di cui troviamo accenni negli scritti del poeta [[Stesicoro]]<ref>{{cita|Liverotti|}}.</ref>;
* da ''Amor'', cioè la parola ''Roma'' se letta da destra verso sinistra: l'interpretazione è dello scrittore bizantino [[Giovanni Lido]], vissuto nel [[V secolo]]<ref>L'ipotesi venne ritenuta possibile durante il Medioevo, ma, tranne un graffito pompeiano, non è documentata in nessun luogo.</ref>.
}}
 
Ha scritto numerosi romanzi a tema avventuroso, il più importante dei quali, per l'influenza che ebbe su [[Robert Louis Stevenson]], è ''L'Isola di Corallo'' (''Coral Island'') del [[1858]]. Altri romanzi di rilievo sono ''La Scialuppa'' (''The Lifeboat'') del [[1864]] e ''Il Faro'' (''The lighthouse''), [[1865]].
L'origine del nome della città e quindi del popolo che lo abitava, era incerta anche in età arcaica. [[Servio Mario Onorato|Servio]], grammatico a cavallo tra il [[IV secolo|IV]] e il [[V secolo]] d.C., riteneva che il nome potesse derivare da un'antica denominazione del fiume Tevere, Rumon, dalla radice ''ruo'' (a sua volta proveniente dal greco ρεω), ''scorro'', così da assumere il significato di Città del Fiume. Ma si tratta di un'ipotesi che non ha riscosso molto successo.
 
Queste opere sono tutte caratterizzate dal fatto che l'autore si documentò in maniera autoptica, ossia esplorando personalmente le zone di ambientazione, da cui trasse una precisa e zelante documentazione topografica. Pur intessendo romanzi d'azione, Ballantyne eccede spesso in un rigido moralismo che alla fine va ad intaccare l'azione stessa.
Gli autori di origine greca, primo fra tutti [[Plutarco]], tendevano naturalmente ad autocelebrarsi come i civilizzatori e i colonizzatori del bacino del Mediterraneo, e quindi insistevano sulla lontana origine ellenica della città. Una prima versione fornita da Plutarco vede la fondazione di [[Roma (città antica)|Roma]] dovuta al popolo dei [[Pelasgi]], i quali una volta giunti sulle coste del Lazio, avrebbero fondato una città il cui nome ricordasse la loro prestanza nelle armi (''rhome'').<ref>[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 1, 1.</ref> Secondo una seconda ricostruzione dello stesso autore, i profughi troiani guidati da Enea arrivarono sulle coste del Lazio, dove fondarono una città presso il colle ''[[Palatino|Pallantion]]'' a cui diedero il nome di una delle loro donne, ''Rhome''.<ref>[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 1, 2-3.</ref> Una terza versione sempre di Plutarco offre altre ipotesi alternative, secondo le quali Rome poteva essere un mitico personaggio [[eponimo]], figlia di Italo, re degli [[Enotri]] o di [[Telefo]], figlio di [[Eracle]], sposò Enea o il di lui figlio, Ascanio.<ref name="Plutarco2.1">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 2, 1.</ref> Una quarta versione vede Roma fondata da Romano, figlio di [[Ulisse|Odisseo]] e di [[Circe]]; una quinta da Romo, figlio di Emazione, giunto da Troia per volontà dell'eroe greco [[Diomede]]; una sesta da Romide, tiranno dei [[Latini]], che era riuscito a respingere gli [[Etruschi]], giunti in Italia dalla [[Lidia]] ed in Lidia dalla [[Tessaglia]].<ref name="Plutarco2.1"/> Un'altra versione fa della stessa Rome la figlia di Ascanio, e quindi nipote di Enea. Ancora una Rome profuga troiana giunge nel Lazio e sposa il [[Latino (mitologia)|re Latino]], sovrano del popolo lì stanziato e figlio di [[Telemaco]], da cui ebbe un figlio di nome Romolo che fondò una città chiamata col nome della madre.<ref>[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 2, 3.</ref> In tutte le versioni si ritrova la stessa eponima chiamata Rome, la cui etimologia proviene dalla parola greca ''rhome'' con il significato di "forza". Le fonti citano anche altri possibili eroi eponimi come Romo, figlio del troiano Emasione, o ancora Rhomis, signore dei Latini e vincitore degli Etruschi.
 
È sepolto nel [[cimitero acattolico di Roma]].
Secondo altre interpretazioni di un certo interesse, il nome ''ruma'' sarebbe di origine etrusca, in quanto non ne è stato trovato l'etimo [[Lingue indoeuropee|indoeuropeo]] (e l'unica lingua non-indoeuropea della zona era appunto l'etrusco). Il termine sarebbe entrato come prestito nel [[latino arcaico]] e avrebbe dato origine al [[toponimo]] ''Ruma'' (più tardi ''[[Roma (città antica)|Roma]]'') e ad un prenome ''Rume'' (in latino divenuto ''Romus''), dal quale sarebbe derivato il gentilizio etrusco ''Rumel(e)na''<ref>Gentilizio ''Rumelna'' attestato dall'iscrizione sull'architrave della tomba 35 della Necropoli del Crocifisso del Tufo, a [[Orvieto]]. Iscrizione databile al [[VI secolo a.C.]]: ''Mi Velthurus Rumelnas''.</ref>, divenuto in latino ''Romilius''. Il nome Romolo sarebbe quindi derivato da quello della città, e non viceversa.
 
== Opere ==
[[File:Pompeia1a.jpg|thumb|left|Il [[fico ruminale]] sul ''retro'' di un [[denario]] del [[137 a.C.]] circa.]]
* ''Coral Island'' (1858).
* ''The Lifeboat'' (1864).
* ''The Lighthouse'' (1865).
* ''Fighting the flames'' (1867).
* ''Deep Down'' (1868).
 
== Voci correlate ==
In ogni caso la tradizione linguistica assegna al termine ruma, in etrusco e in latino arcaico, il significato di mammella, come è confermato da [[Plutarco]] il quale, nella ''"Vita di Romolo" '' racconta che:
*[[Scrittori scozzesi]]
{{Citazione|Sulle rive dell'insenatura sorgeva un fico selvatico che i Romani chiamavano [[Fico ruminale|Ruminalis]] o, come pensa la maggioranza degli studiosi, dal nome di Romolo, oppure perché gli armenti erano soliti ritirarsi a ruminare sotto la sua ombra di mezzogiorno, o meglio ancora perché i bambini vi furono allattati; e gli antichi latini chiamavano ruma la mammella: ancora oggi chiamano Rumilia una dea che viene invocata durante l'allattamento dei bambini|[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 4, 1.}}
Questa interpretazione del termine ''ruma'' è quindi strettamente collegata con i motivi che hanno portato alla scelta, come simbolo della città di Roma, di una lupa con le mammelle gonfie che allatta i due mitici gemelli fondatori.
 
== Storia ==
{{Vedi anche|Storia romana}}
 
=== Età regia ===
[[File:Albe planlatium.jpg|thumb|upright=1.4|[[Roma (città antica)|Roma]] e il ''[[Latium vetus]]'' settentrionale, in età arcaica.]]
 
{{Vedi anche|Età regia di Roma}}
 
I primi [[Età regia di Roma|Re di Roma]] appaiono soprattutto come figure mitiche. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e nella crescita socio-politica dell'urbe<ref>Alessandro Doveri, ''Istituzioni di diritto romano'', [[s:Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/39|pagina 36]] a [[s:Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/49|pagina 46]].</ref>. Contemporaneamente, venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne nel [[VII secolo a.C.]], al tempo attribuito ad [[Anco Marzio]], quando venne creato il primo ponte sul Tevere, il [[ponte Sublicio|Sublicio]] e venne protetta la testa di ponte ovest con un insediamento sul [[Gianicolo]]. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione, avrebbe fatto costruire il porto di [[Ostia (città antica)|Ostia]] alla foce del fiume, e lo avrebbe collegato con una strada che eliminò tutti i centri abitati sulla riva sinistra: lo scavo di [[Decima (zona di Roma)|Decima]] ha dato fondamento a questa tradizione, poiché è stato notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti bruscamente alla fine del VII secolo.
 
Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata dell'insediamento e la sua urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale degli Etruschi, divenuti consapevoli della posizione chiave della città: nel [[VI secolo a.C.]] i re appartennero a una dinastia etrusca, che segnò la definitiva urbanizzazione della città. Le [[mura serviane]] (nel tracciato che coincide quasi perfettamente con il rifacimento del [[IV secolo a.C.]]) cinsero una superficie di 426 ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (''Palatina'', ''Collina'', ''Esquilina'' e ''Suburbana'' o ''Succusana''),<ref name="DeFrancisci56">[[Pietro De Francisci]], ''Sintesi storica del diritto romano'', p.56.</ref> che era la più ampia della penisola italica di allora<ref>Coarelli, cit., pag. 10.</ref>. Il periodo di grande prosperità per la città sotto l'influenza etrusca degli ultimi tre [[Età regia di Roma|re]] è testimoniato anche dalle prime importanti opere pubbliche: il [[tempio di Giove Ottimo Massimo]] sul [[Campidoglio]] (il più grande tempio etrusco a noi noto<ref>ibidem.</ref>), il santuario arcaico dell'[[area di Sant'Omobono]], e la costruzione della [[Cloaca Massima|Cloaca Maxima]], che permise la bonifica dell'area del [[Foro Romano]] e la sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico, religioso e amministrativo della città. Un altro canale drenò [[Vallis Murcia]] e permise, sempre ad opera dei [[Tarquini]], di costruire il primo edificio per spettacoli al [[Circo Massimo]].
 
L'influenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia nelle forme architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto della [[Triade Capitolina]] ([[Giove (divinità)|Giove]], [[Giunone]] e [[Minerva]]) ripresa dagli dèi etruschi [[Uni (mitologia)|Uni]], [[Menrva]] e [[Tinia]]. Roma non perse mai però la sua forte componente etnica e culturale latina, per questo, anche alla fine dell'età regia, non si può mai parlare di città etrusca a tutti gli effetti.
 
=== Età repubblicana ===
[[File:Espansione di Roma, 2° secolo a.C..gif|thumb|left|Il mondo romano, al termine della [[seconda guerra punica]] (in verde), e poi attorno al [[100 a.C.]] (arancione).]]
{{Vedi anche|Repubblica romana}}
 
L'espansione territoriale nella zona circostante all'inizio dell'[[Repubblica romana|età repubblicana]] ci è tramandata dal testo del [[Trattati Roma-Cartagine|primo trattato]] con [[Cartagine]], riportato da [[Polibio]], dove si parla di un territorio dipendente da Roma che si estendeva fino al [[Circeo]] e a [[Terracina]].
 
Espulso dalla città l'ultimo re etrusco e instaurata una [[Repubblica romana|repubblica oligarchica]] nel [[509 a.C.]], per Roma ebbe inizio un periodo contraddistinto dalle lotte interne tra patrizi e plebei e da continue guerre contro le [[Popoli dell'Italia antica|popolazioni italiche]]: [[Etruschi]], [[Latini]], [[Volsci]], [[Equi]]. Divenuta padrona del Lazio, Roma condusse diverse guerre (contro [[Galli]], [[Osci|Osco]]-[[Sanniti]] e la colonia greca di [[Taranto]], alleatasi con [[Pirro]], re dell'[[Epiro]]) che le permisero la conquista della [[Penisola italiana|penisola italica]], dalla zona centrale fino alla [[Magna Grecia]]<ref>{{cita|Gabba|43-81}}.</ref>.
 
Il [[III secolo a.C.|III]] ed il [[II secolo a.C.]] furono caratterizzati dalla conquista romana del Mediterraneo occidentale, dovuta alle tre [[guerre puniche]] ([[264 a.C.|264]]-[[146 a.C.]]) combattute contro la città di [[Cartagine]], alla sconfitta dei [[Galli]] sul [[Po]] ed alla conquista di [[Numanzia]] nella [[Spagna romana|penisola iberica]]. Dal [[200 a.C.|200]] al [[133 a.C.]], Roma divenne anche una potenza nel Mediterraneo orientale, combattendo tre [[guerre macedoniche]] ([[212 a.C.|212]]-[[168 a.C.]]) contro la [[Regno di Macedonia|Macedonia]], una contro [[Guerra contro Antioco III e lega etolica|Antioco ed il regno seleucide]], conquistando e distruggendo [[Corinto]] (nel [[146 a.C.]]), nonché ereditando il [[Regno di Pergamo]] ([[133 a.C.]]). L'ammissione dei Romani ai [[giochi istmici]] di [[Corinto]] del [[228 a.C.]], equivaleva all'entrata di Roma nella società delle nazioni di civiltà greca. Vennero, pertanto, istituite, via via, le prime [[Provincia romana|province romane]]: la [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]], la [[Sardegna e Corsica]], la [[Spagna romana|Spagna]], la [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], la [[Grecia romana|Grecia]] ([[Acaia (provincia romana)|Acaia]]),<ref>L'annessione della Grecia segnò l'arrivo a Roma di architetti quali [[Ermodoro di Salamina|Hermodoro di Salamina]] e scultori quali quelli della famiglia di [[Polykles]].</ref> l'[[Africa (provincia romana)|Africa]]<ref>{{cita|Gabba|87-106}}.</ref>.
 
Fino alla [[seconda guerra punica]] Roma era sostanzialmente una città-stato a capo di una confederazione, a partire dal II secolo a.C. prese campo una crisi che si concluse con la creazione dell'[[Impero romano|impero]]. Tra le cause ci furono la crisi economica dovuta alla guerra, che rovinò la classe dei piccoli e medi proprietari terrieri. Il [[latifondo]] iniziò a dominare la scena agreste, sostituendo a poco a poco la piccola proprietà. La popolazione proletaria si riversò così in città, andando a ingrossare le file del [[clientelismo]] politico delle principali, poche, famiglie senatorie, detentrici anche del potere economico. L'andamento si rivelò inattaccabile e i tentativi di rovescio dei [[Gracchi]] o di [[Saturnino (usurpatore romano)|Saturnino]] fallirono miseramente. Assottigliatesi le leve militari tra i proprietari terrieri, si dovette creare un esercito di mercenari, che, slegato dalle sorti della Repubblica, finì poi per consegnare il potere nelle mani dei suoi capi.
 
[[File:Roman families 4 Nov 08.png|thumb|upright=3.4|center|Principali personaggi e [[gens]] della tarda repubblica romana.]]
 
Nella seconda metà del II secolo e nel [[I secolo a.C.]] si registrarono numerose rivolte, congiure, [[Guerre civili (storia romana)|guerre civili]] e dittature: sono i secoli di [[Tiberio Sempronio Gracco (tribuno della plebe 133 a.C.)|Tiberio]] e [[Gaio Sempronio Gracco|Gaio Gracco]], di [[Giugurta]], di [[Quinto Lutazio Catulo (console 102 a.C.)|Quinto Lutazio Catulo]], di [[Gaio Mario]], di [[Lucio Cornelio Silla]], di [[Marco Emilio Lepido (console 78 a.C.)|Marco Emilio Lepido]], di [[Spartaco]], di [[Gneo Pompeo]], di [[Marco Licinio Crasso]], di [[Lucio Sergio Catilina]], di [[Marco Tullio Cicerone]], di [[Gaio Giulio Cesare]] e di [[Augusto|Ottaviano]]<ref>{{cita|Gabba|107-147}}.</ref>, che, dopo essere stato membro del [[secondo triumvirato]] insieme con [[Marco Antonio]] e [[Marco Emilio Lepido|Lepido]], nel [[27 a.C.]] divenne ''[[Principato (storia romana)|princeps civitatis]]'' e gli fu conferito il titolo di [[Augusto (titolo)|Augusto]].<ref>{{cita|Gabba|277-279}}.</ref>
 
=== Età imperiale romana ===
[[File:Augusto 30aC - 6dC 55%CS jpg.JPG|thumb|upright=1.4|L'[[Impero romano]] in [[Augusto|epoca augustea]].]]
{{Vedi anche|Impero romano}}
 
Istituito ''de facto'' l'[[Impero romano|Impero]], che conobbe la sua massima espansione nel [[II secolo]], sotto l'imperatore [[Traiano]], Roma si confermò ''[[caput mundi]]'', cioè capitale del mondo, espressione che le era stata attribuita già nel periodo repubblicano. Il territorio dell'impero, infatti, spaziava dall'[[Oceano Atlantico]] al [[Golfo Persico]]<ref>Roma raggiunse formalmente il Golfo Persico solo dal [[115]] al [[117]]. Altrimenti, il confine orientale era rappresentato dall'Eufrate e dal deserto siriano.</ref>, dalla parte centro-settentrionale della [[Britannia]] all'[[Egitto]].
 
I primi secoli dell'impero, in cui governarono, oltre ad Ottaviano Augusto, gli imperatori delle dinastie [[Dinastia giulio-claudia|Giulio-Claudia]]<ref>{{cita|Gabba|303-314}}.</ref>, [[Dinastia flavia|Flavia]] (a cui si deve la costruzione dell'[[Colosseo|omonimo anfiteatro]], noto come ''Colosseo'')<ref>{{cita|Gabba|315-326}}.</ref> e gli [[Imperatori adottivi|Antonini]]<ref>{{cita|Gabba|326-395}}.</ref>, furono caratterizzati anche dalla diffusione della religione cristiana, predicata in [[Giudea]] da [[Gesù|Gesù Cristo]] nella prima metà del [[I secolo]] (sotto [[Tiberio]]) e divulgata dai suoi [[Apostoli di Gesù|apostoli]] in gran parte dell'impero<ref>{{cita|Gabba|413-416}}.</ref>.
 
Fu [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]] a scegliere come successore, [[adozione|adottandolo]], [[Antonino Pio|Tito Antonino]] (dopo la morte prematura di [[Lucio Elio Cesare|Elio Cesare]]), il quale era stato [[proconsole]] in [[Asia]] e che ricevette poi dal senato il titolo di ''Pio''. Quando Antonino scomparve nel [[161]] la sua successione era già stata predisposta con l'adozione del [[parentela#Gradi di parentela comuni|genero]] [[Marco Aurelio|Marco Aurelio Antonino]], già indicato da Adriano stesso.
 
Marco Aurelio, che era stato educato a Roma secondo una cultura raffinata e bilingue (di sua mano è un trattato di meditazioni filosofiche in [[lingua greca|greco]]), volle dividere il potere col genero, di nove anni minore, [[Lucio Vero]], già adottato da [[Antonino Pio]]. Con lui instaurò una [[diarchia]], dividendo il potere e affidandogli il comando militare nelle campagne in [[Impero partico|Parthia]] e in [[Armenia]]. Nel [[169]] Lucio morì e Marco Aurelio rimase l'unico sovrano. Scomparve nel [[180]] durante l'epidemia di [[peste]] scoppiata nel campo militare di [[Carnunto]], vicino l'attuale [[Vienna]] (''[[Vindobona]]''), durante le [[guerre marcomanniche|dure lotte]] contro i [[Quadi]] e i [[Marcomanni]]. Il principe-filosofo, che aveva cercato, ispirandosi a Adriano, di presentarsi come un imperatore saggio e amante della pace, aveva paradossalmente trascorso tutti gli ultimi anni di governo in dure campagne militari, nell'affannoso compito di riportare la sicurezza entro i confini dell'impero. Gli successe il figlio [[Commodo]], che cercò di imporre un'autocrazia ellenizzante. [[Commodo]], era stato associato al potere col padre [[Marco Aurelio]] nel [[177]]. Con lui si concluse il periodo degli [[imperatori adottivi]], anche se non c'era mai stato un preciso schema istituzionale dietro le adozioni e forse erano solo divenute indispensabili per la mancanza di eredi naturali ai sovrani del II secolo.
 
[[File:Roman Empire Trajan 117AD.png|thumb|upright=1.4|left|Impero romano al tempo della sua massima espansione sotto [[Traiano]].]]
 
Il governo di [[Commodo]] fu per molti versi irresponsabile e demagogico. Dopo aver [[guerre marcomanniche|condotto una pace frettolosa con le tribù germaniche]], contro le quali stava lottando al momento della morte del padre, tornò velocemente a Roma. Qui cercò di aumentare il proprio prestigio personale e la propria popolarità con una serie di iniziative discutibili, come le frequenti elargizioni pubbliche di denaro e di altri beni, i costosi spettacoli gladiatori, ecc., che dissanguarono in breve tempo le casse dello Stato. Egli cercò inoltre di imporre un'[[autarchia]] sul modello ellenistico-orientale, ammantando la propria personalità di significati religiosi (facendosi identificare col dio [[Ercole]]).
 
Sembrò ignorare i pericoli che si addensavano ai confini dell'impero e quando venne eliminato da una congiura di palazzo (nel [[192]]), lo Stato romano entrò in una profonda crisi per la successione, che viene spesso indicata come l'inizio della parabola discendente del dominio di Roma. Nonostante le prime avvisaglie della crisi, il periodo degli Antonini venne ricordato come un'epoca aurea, di benessere e giustizia rispetto alla grave crisi dei secoli successivi.
 
[[Settimio Severo]] fu il primo imperatore "militare" (e della [[dinastia dei Severi]]), poiché salito al potere grazie esclusivamente all'appoggio delle sue legioni, sconfiggendo gli altri pretendenti appoggiati da altre divisioni dell'esercito e imponendo la sua figura al [[Senato romano|senato]], che non poté fare altro che ratificare la sua carica. Il 9 giugno [[193]] entrò dunque vittorioso in Roma. Con queste premesse le successioni si svolsero da allora in poi quasi sempre in un clima di sovvertimento e di anarchia, con lotte molto spesso armate fra i contendenti e l'arrivo al potere talvolta anche di avventurieri senza scrupoli. La tradizione amministrativa e burocratica statale, corrotta dai favoritismi personali, si andò progressivamente allentando, accentuando la situazione di crisi.
 
Le contraddizioni interne, aggravate dall'urgenza dei problemi alle frontiere, minacciarono l'autorità imperiale e la sopravvivenza della società e degli assetti tradizionali precedenti, che ne uscirono profondamente sconvolti. La gran parte degli imperatori di questo periodo non fu niente più che una meteora, bloccando di fatto la possibilità di legiferare in maniera continuativa, visto il ridimensionamento di peso del Senato e la tendenza degli imperatori a accentrare nelle proprie mani tutti i poteri considerandosi autocraticamente al di sopra di qualsiasi legge. L'esercito divenne il principale strumento della politica, fautore della fortuna di ciascun imperatore, che per questo ne diveniva "schiavo", dovendo cedere a tutte le richieste dei militari per non soccombere. La prodigalità verso le truppe aggravò ulteriormente le casse dello Stato, già impoverite dall'economia stagnante, regredita in alcune aree a livello di sussistenza (soprattutto nelle province occidentali dove particolarmente frequenti furono le incursioni nemiche). A ciò va aggiunta la penuria di schiavi, per mancanza di guerre di conquista, e la tassazione più forte, resa necessaria per far fronte alle richieste delle legioni e alle necessità per far funzionare l'apparato statale. La moneta si svalutò pesantemente, tanto che Settimio Severo dovette dare impulso alle distribuzioni in natura istituendo l'[[annona (economia)|annona]] militare, quota fissa dei raccolti (indipendentemente dalla quantità dei raccolti) da destinare allo Stato.
 
Sotto Settimio Severo e poi [[Caracalla]] ed [[Eliogabalo]] avvenne una forte orientalizzazione della vita romana, con l'introduzione, tra l'altro, di culti misterici e orgiastici, che sfruttavano le esigenze di evasione mistica e irrazionale dal presente allora molto sentite e già coalizzate dallo [[stoicismo]] e dal [[Cristianesimo]], seppure con un'attitudine meno elitaria.
 
[[File:Impero romano 260.svg|thumb|upright=1.4|L'[[Impero romano]] nel periodo di massima [[crisi del III secolo]].]]
 
Nel [[III secolo]], al termine della [[dinastia dei Severi]]<ref>{{cita|Gabba|396-404}}.</ref> ([[193]]-[[235]]), iniziò la crisi del [[Principato (storia romana)|principato]], cui seguì un periodo di [[anarchia militare]] ([[235]]-[[284]]).
 
Quando salì al potere [[Diocleziano]] ([[284]]), la situazione di Roma era grave: i [[Barbaro|barbari]] premevano dai confini già da decenni e le province erano governate da uomini corrotti. Per gestire meglio l'impero, Diocleziano lo divise in due parti (nel [[286]]): egli divenne ''Augusto'' della parte orientale (con residenza a [[Nicomedia]]) e nominò [[Marco Valerio Massimiano|Valerio Massimiano]] ''Augusto'' della parte occidentale, spostando la residenza imperiale a ''[[Mediolanum]]''. Egli di fatto consolidava la normalizzazione interna dell'Impero, iniziata con [[Aureliano]]. L'impero venne suddiviso ulteriormente in quattro parti (nel [[293]]): i due ''Augusti'', infatti, dovevano nominare due ''Cesari'', a cui affidavano parte del territorio e che sarebbero diventati, successivamente, i nuovi imperatori.<ref>{{cita|Gabba|419-422}}.</ref>
Questi nuovi ''Cesari'' elessero come loro residenza, ''[[Sirmio|Sirmium]]'' per l'area greco-balcanica e ''[[Augusta Treverorum]]'' per quella nord-occidentale. Era la [[tetrarchia]], ideata per disinnescare le lotte ereditarie. In questo sistema Roma era sempre la capitale sacra e ideale, il ''Caput mundi'', ma la sua posizione geografica, lontana dalle bellicose zone di confine, non rendeva possibile un suo uso per funzioni politiche o strategiche. Molti aspetti della vita politica, economica e sociale dell'impero vennero riformati da Diocleziano, dall'esercito al commercio, dalla religione all'organizzazione amministrativa del territorio.
 
Nella pratica il sistema della tetrarchia durò ben poco, per via degli eserciti tutt'altro che disposti a deporre il potere politico che avevano avuto fino ad allora e che gli era valso numerosi vantaggi e privilegi. Già al primo passaggio, con la morte di [[Costanzo Cloro]] ([[306]]) le truppe stanziate in [[Britannia]] acclamarono suo figlio [[Costantino I]], che diede il via a una [[guerra civile romana (306-324)|guerra civile]] con gli altri tre pretendenti. Dopo aver battuto [[Massenzio]] e [[Massimino Daia|Massimino]], restarono [[Licinio]] e Costantino che stipularono una pace. Ma nove anni dopo, nel [[324]], Costantino attaccò e sconfisse Licinio, che venne relegato in [[Tessaglia]] dove morì in seguito, assassinato dopo essere stato accusato di complotto. Il sistema tetrarchico non venne più restaurato.
 
[[File:Roman Empire with dioceses in 400 AD.png|thumb|left|upright=1.4|L'[[Impero romano]] alla morte di [[Teodosio I]] ([[395]]), fu diviso tra i suoi due figli in [[Impero romano d'Occidente|Occidente]] ed [[Impero bizantino|Oriente]], con la relativa suddivisione amministrativa in [[prefetto del pretorio|prefetture]] e [[diocesi (impero romano)|diocesi]].]]
 
Una svolta decisiva si ebbe con [[Costantino I|Costantino]], il quale, soprattutto dopo il [[324]], centralizzò nuovamente il potere e, già prima con l'[[editto di Milano]] del [[313]], dette libertà di culto ai cristiani, impegnandosi egli stesso per dare stabilità alla nuova religione. Fece costruire diverse basiliche e consegnò il potere civile su Roma a [[papa Silvestro I]].<ref>{{cita|Gabba|428-435}}.</ref>
 
Costantino ebbe il merito di saper riconoscere le forze emergenti nella società e la capacità di assecondarle a suo favore, creando in prospettiva le premesse per una politica vittoriosa. Colse i sintomi delle richieste di spiritualità che da tempo agitavano la società, a differenza del rigetto delle novità della politica dioclezianea, e rivoluzionò la tradizionale posizione imperiale con l'[[editto di Milano]], che stabiliva una tollerante neutralità religiosa dell'autorità. In particolare (ma non esclusivamente) favorì il cristianesimo, influenzato anche da sua madre [[Flavia Giulia Elena|Elena]], ponendosi come primo sovrano protettore e seguace del nuovo dio, la cui sacralità ammantava la stessa carica imperiale. In questo senso l'imperatore presenziò al [[concilio di Nicea I|concilio di Nicea]] del [[325]] e si intromise nelle questioni dottrinali legate alle [[Dottrine cristologiche dei primi secoli|dottrine cristologiche]] per mantenere l'unità della Chiesa. Il cristianesimo così perse i suoi motivi rivoluzionari e, in parte, [[catarsi|catartici]] per dedicarsi sempre più alla discussione ideologica, abbandonando al potere civile l'uomo sulla terra.
 
Costantino inoltre si accorse della vitalità economica e politica dell'Oriente, ormai superiore a quella dell'Occidente, e decise di costruire una seconda capitale in una zona strategica nel punto di passaggio tra Europa e Asia Minore: [[Costantinopoli]]. Tra le questioni irrisolte ci furono quella dell'arruolamento dell'esercito, sempre più composto da germani, e le differenze sociali tra città e campagna.
 
Il cristianesimo divenne così [[Religione di Stato|religione ufficiale]] dell'impero grazie ad un [[Editto di Tessalonica|editto]] emanato nel [[380]] da [[Teodosio I|Teodosio]], che fu l'ultimo imperatore di un impero unificato: alla di lui morte, infatti, i suoi figli, [[Arcadio]] ed [[Onorio (imperatore romano)|Onorio]], si divisero l'impero. La capitale dell'[[Impero romano d'Occidente]] divenne [[Ravenna]]<ref>{{cita|Gabba|447-449}}.</ref>.
 
Roma, che non ricopriva più un ruolo centrale nell'amministrazione dell'impero, venne [[Sacco di Roma (410)|saccheggiata]] dai [[Visigoti]] comandati da [[Alarico I|Alarico]] ([[410]]); impreziosita nuovamente dalla costruzione di edifici sacri da parte dei papi (con la collaborazione degli imperatori), la città subì un [[Sacco di Roma (455)|nuovo saccheggio]] nel [[455]], da parte di [[Genserico]], re dei [[Vandali]]. La ricostruzione di Roma venne curata dai papi [[papa Leone I|Leone I]] (detto tradizionalmente ''defensor Urbis'' poiché avrebbe convinto [[Attila]], nel [[452]], a non attaccare Roma) e dal suo successore [[Papa Ilario|Ilario]], ma nel [[472]] la città fu saccheggiata per la terza volta in pochi decenni (ad opera di [[Ricimero]] e [[Anicio Olibrio]]).
 
La deposizione di [[Romolo Augusto]] del 22 agosto [[476]] decretò la fine dell'impero romano d'occidente e, per gli storici, l'inizio dell'[[Medioevo|era medievale]].<ref>{{cita|Gabba|450-458}}.</ref>
 
== Società ==
{{Vedi anche|Mos maiorum}}
 
=== Forme di governo ===
 
==== Età regia ====
[[File:Jean Auguste Dominique Ingres 019.jpg|thumb|left|upright=1.4|''[[Romolo]], il primo ''[[rex (storia romana)|rex]]'', uccisore di Acrone, porta le sue spoglie al tempio di Giove'' dipinto di [[Jean-Auguste-Dominique Ingres|Jean Auguste Dominique Ingres]], 1812.]]
{{Vedi anche|Rex (Roma antica)}}
 
Il ''rex'' era nella [[Roma (città antica)|Roma arcaica]] il supremo [[magistrato]], eletto (ad esclusione di Romolo, re in virtù di fondatore della [[città]]) dai ''patres'', i capifamiglia delle [[gentes originarie]], per reggere e governare la città. Non esistono riferimenti riguardanti un principio ereditario nell'elezione dei primi quattro re latini, mentre per i successivi tre re etruschi fu stabilito un principio di discendenza matrilineare. Di conseguenza gli [[storiografia|storici]] antichi ritennero che i re fossero scelti tenendo conto delle loro virtù. Per gli storici antichi è difficile definire con precisione i poteri dei re, a cui attribuiscono funzioni uguali a quelle dei successivi [[console (storia romana)|consoli]] d'[[Repubblica romana|età repubblicani]]. Alcuni studiosi moderni hanno ipotizzato che il potere supremo fosse del popolo e che il re fosse solo il capo esecutivo, mentre per altri il sovrano aveva il potere assoluto, mentre al [[Senato romano|Senato]] e al popolo non rimaneva che un ruolo secondario di controllo. Le insegne del potere del re erano dodici [[littore|littori]] recanti [[fasci]] dotati di asce, la [[sella curule|sedia curule]], [[Toga|toga rossa]], le scarpe rosse e il [[diadema]] bianco sul capo.
 
Presupponendo che il sovrano avesse avuto i poteri che tradizionalmente sono attribuiti a questa figura, egli sarebbe stato: capo con potere esecutivo, comandante in capo dell'[[esercito]], capo di [[Stato]], [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]], [[legislatore]] e [[giudice]] supremo. Quando un sovrano moriva, Roma entrava in un periodo chiamato ''[[interrex (storia romana)|interregnum]]''. Il supremo potere dello Stato andava al [[Senato romano|Senato]], che era responsabile di trovare un nuovo re e che si riuniva in assemblea, scegliendo uno dei suoi membri come interré per un periodo di [[5 (numero)|cinque]] [[giorno|giorni]] col compito di nominare il nuovo sovrano di Roma. Terminato questo periodo, l'interré doveva scegliere un altro senatore per un altro periodo di cinque giorni col placet del Senato. Questo processo continuava fino alla nomina di un nuovo sovrano. Una volta che l'interré aveva trovato un candidato adatto a salire sul trono, lo sottoponeva all'esame del Senato e se questo lo approvava, l'interré riuniva i [[Comizi curiati|Comizi Curiati]], presiedendoli come presidente durante l'[[elezione]]. I Comizi potevano accettare ma anche respingere il candidato, che se veniva eletto entrava subito in carica. Prima, però, egli doveva ottenere anche il placet degli [[dio|dei]] attraverso gli [[auspicia|auspici]] e poi doveva riunire di nuovo i Comizi per ricevere da loro lʾ''[[imperium]]'' (solo per i re etruschi, coincidente col comando militare; i re latini avevano invece la potestas). In teoria era dunque il popolo romano a eleggere i loro capi, ma in realtà il Senato aveva un ruolo molto importante nel controllare questo processo. Il re aveva inoltre funzioni sacrali, rappresentando [[Roma (città antica)|Roma]] e il suo popolo di fronte agli [[Religione romana|dei]]. Come tale egli aveva il controllo sul [[Calendario romano|calendario]]. Tali funzioni rimasero anche dopo la fine della monarchia nella figura del ''[[Rex sacrorum|Rex Sacrorum]]''.
 
==== Età repubblicana ====
[[File:Caesar.jpg|thumb|upright|left|Busto di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] che, secondo [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]] fu il primo vero [[Imperatore romano]], simbolo della ''Civiltà romana''.]]
 
Il comando dell'esercito e il [[potere giudiziario]], che in [[Età regia di Roma|età regia]] erano prerogativa del [[rex (storia romana)|re]], in epoca repubblicana, tranne che in poche occasioni, furono assegnati a due [[console (storia romana)|consoli]], mentre per quanto riguarda l'ambito religioso, prerogative regie furono attribuite al [[Pontefice massimo (storia romana)|pontifex maximus]]. Con la progressiva crescita di complessità dello Stato romano si rese necessaria l'istituzione di altre cariche ([[edile (storia romana)|edili]], [[censore|censori]], [[Questore (storia romana)|questori]], [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]]) che andarono a costituire le [[Magistratura (storia romana)|magistrature]].
 
Per ognuna di queste cariche venivano osservati tre principi: l'''annualità'', ovvero l'osservanza di un mandato di un anno (faceva eccezione la carica di censore, che poteva durare fino a 18 mesi), la ''[[collegialità]]'', ovvero l'assegnazione dello stesso incarico ad almeno due uomini alla volta, ognuno dei quali esercitava un potere di mutuo [[veto]] sulle azioni dell'altro, e la gratuità.
Ad esempio, se l'esercito romano scendeva in campo sotto il comando dei due consoli, questi alternavano i giorni di comando. Mentre i consoli erano sempre due, gran parte degli altri incarichi erano retti da più di due uomini - nella tarda Repubblica c'erano 8 [[pretore (storia romana)|pretori]] all'anno e 20 [[questore (storia romana)|questori]].
 
Tra i magistrati un'importante distinzione era quella tra magistrati dotati di [[imperium]] (''cum imperio''; ne facevano parte solo consoli, pretori e dittatori) e quelli che ne erano sprovvisti (''sine imperio'', tutti gli altri); ai primi erano affiancate delle speciali guardie, i [[littore|littori]]. Nel tempo, per amministrare i nuovi territori di conquista senza dover moltiplicare il numero dei magistrati in carica, fu istituita la figura del ''promagistrato'' ([[proconsole]], [[propretore]]), dotato della stessa autorità del magistrato di riferimento ma formalmente non tale.
 
[[File:Wnętrze Kurii Forum Romanum.jpg|thumb|Interno della [[Curia (storia romana)|Curia]], antica sede del [[Senato]].]]
 
Il secondo pilastro della repubblica romana erano le [[Assemblee romane|assemblee popolari]], che avevano diverse funzioni, tra cui quella di eleggere i magistrati e di votare le leggi. La loro composizione sociale differiva da assemblea ad assemblea; tra queste l'organo più importante erano comunque i [[comizi centuriati]], in cui il peso nelle votazioni era proporzionale al [[censo (storia romana)|censo]], secondo un meccanismo (quello della divisione delle fasce censitarie in [[centuria|centurie]]) che rendeva preponderante il peso delle famiglie [[patrizio (storia romana)|patrizie]].
 
Ciononostante il peso della plebe veniva comunque ad essere accentuato rispetto al periodo monarchico, in cui esisteva un solo organo assembleale (i ''comizi curiati'') costituito da soli patrizi. L'accesso della plebe all'esercito sancito dalla riforma centuriata, varata all'inizio del periodo repubblicano, spinse il ceto popolare a pretendere maggiori riconoscimenti, che nell'arco di due secoli (vedi più avanti) vide tra l'altro la costituzione della magistratura di [[tribuno della plebe]], eletto dal [[concili della plebe|concilio della plebe]].
 
Il terzo fondamento politico della repubblica era il [[Senato romano|Senato]], già presente nell'età della monarchia.
Costituito da 300 membri, capi delle famiglie patrizie (''Patres'') ed ex consoli (''Consulares''), aveva la funzione di fornire pareri e indicazioni ai magistrati, indicazioni che poi divennero ''de facto'' vincolanti. Approvava inoltre le decisioni prese dalle assemblee popolari.
 
Esisteva poi la carica di [[dittatore romano|dittatore]], che costituiva un'eccezione all'annualità e alla collegialità. In periodi di emergenza (sempre militari) un singolo dittatore veniva eletto con un mandato di 6 mesi in cui aveva da solo la guida dello Stato. Eleggeva un suo collaboratore (che comunque gli rimaneva subordinato) detto [[Magister equitum|maestro della cavalleria]] (''Magister equitum''). Caduto in disuso dopo il periodo delle grandi conquiste, il ricorso a questo incarico tornerà ad essere praticato nella fase della crisi della repubblica.
 
;Cariche politiche della Repubblica
{{colonne}}
* [[Console (storia romana)|Console]]
** [[Proconsole]]
* [[Pretore (storia romana)|Pretore]]
** [[Propretore]]
* [[Edile (storia romana)|Edile]]
* [[Questore (storia romana)|Questore]]
** [[Proquestore (storia romana)|Proquestore]]
* [[Censore]]
 
{{Colonne spezza}}
* [[Tribuno della plebe]]
* [[Tribuno consolare|Tribuno Consolare]]
* [[Tribuno militare]]
* [[Pontefice massimo (storia romana)|Pontefice massimo]]
* [[Dittatore romano|Dittatore]]
** [[Magister equitum|Maestro della cavalleria]]
* [[Princeps senatus|Princeps Senatus]]
 
{{Colonne spezza}}
* [[Duumviri]]
* [[Triumvirato|Triumviri]]
* [[Decemviri]]
* [[Vigintisexviri]]
* [[Tribuno erario]]
* [[Quinqueviri muris turribusque reficiendis]]
* [[Magister vicorum et pagorum]]
* [[Prefetto (storia romana)|Praefecti]]
{{Colonne fine}}
 
==== Età imperiale ====
 
;Principato:
[[File:Augusto sfondo trasparente.png|thumb|upright=0.7|Busto di [[Augusto]], simbolo del [[Principato (storia romana)|principato imperiale romano]].]]
{{Vedi anche|Principato (storia romana)}}
 
Con il termine di ''[[Principato (storia romana)|Principato]]'' si intende nell'ambito della [[roma (città antica)|storia romana]] la prima forma di governo dell'[[Impero romano|impero]]. Il principato instaurato nel [[27 a.C.]] da [[Augusto]] segnò il passaggio dalla [[repubblica romana|forma repubblicana]] a quella autocratica dell'[[Impero romano|Impero]]: senza abolire formalmente le istituzioni repubblicane, il ''principe'' assumeva la guida dello stato e ne costituiva il perno politico. Gradatamente rafforzatasi la forma assolutistica con i successivi imperatori della [[dinastia giulio-claudia|dinastia Giulio-Claudia]] e dei loro successori, il principato entrò in crisi con la fine della [[dinastia dei Severi]] nel [[235|235 d.C.]]. La successiva anarchia militare durante la [[crisi del III secolo]] condusse alla forma imperiale più [[tiranno|dispotica]] del [[Dominato]].
 
[[Augusto]], divenuto padrone indiscusso dello Stato romano, assunse progressivamente una serie di poteri che caratterizzarono poi costantemente la figura dell'imperatore:
* il ''[[Pontefice massimo (storia romana)|pontificatus maximus]]'', cioè il governo della [[religione romana]];
* la ''[[tribunicia potestas]]'', cioè la ''[[sacrosanctitas]]'' (inviolabilità e sacralità), il diritto di [[veto]] su tutti gli atti pubblici e le [[legge|leggi]] e la potestà di comminare la [[pena di morte|pena capitale]] a chiunque ostacolasse o interferisse con lo svolgimento delle sue mansioni;
* l<nowiki>'</nowiki>''[[Imperium#L'imperium proconsulare maius et infinitum di Augusto e la lex de imperio|imperium proconsulare maius et infinitum]]'', cioè il potere supremo su tutti i [[magistratura (storia romana)|magistrati]] e illimitato su tutto l'[[Impero romano|impero]] ed il potere di [[potere legislativo|legiferare]] attraverso le [[costituzione imperiale|costituzioni imperiali]];
* il ''[[Princeps senatus|principatus]]'', cioè la presidenza del [[Senato romano]].
A questi poteri l'imperatore poteva poi di volta in volta aggiungere le tradizionali potestà repubblicane facendosi regolarmente eleggere a seconda delle necessità nelle varie magistrature. La creazione del regime imperiale non cancellava infatti il precedente ordine repubblicano, ma vi si innestava anzi, sovrapponendovisi. La volontà di non contrapposizione con il precedente ordine veniva chiarita in particolare dalla concezione voluta da Augusto di un imperatore ''[[primus inter pares]]'', cioè primo tra uguali.
 
;Dominato:
 
Il ''[[Dominato|Dominato (storia romana)]]'' fu una nuova forma di governo dell'[[Impero romano|Impero]] successiva al [[principato (storia romana)|Principato]]. Tale forma di governo era caratterizzata dal [[tiranno|dispotismo]]: l'imperatore, non più contrastato dai residui delle antiche istituzioni della [[Repubblica romana]], poteva disporre dell'Impero come se fosse una proprietà privata, ovvero da padrone e signore, cioè ''dominus'', da cui la definizione di ''dominatus''. La transizione dalle due forme di governo, avviata già a partire con [[Settimio Severo]] (poiché è con Severo che compare la dicitura ''dominus'' in chiave ufficiale e propagandistica), e poi "amplificata" dal [[235]] con l'ascesa di [[Massimino Trace|Massimino il Trace]] e perdurata per tutto il periodo dell'[[anarchia militare]], può dirsi completata nel [[285|285 d.C.]] con l'inizio del regno di [[Diocleziano]], e l'inizio della [[Tetrarchia]]. Il ''dominato'' fu l'ultima forma assunta dal potere imperiale sino alla fine dell'[[Impero romano d'Occidente|Impero d'Occidente]].
 
;Tetrarchia:
[[File:Venice – The Tetrarchs 03.jpg|thumb|left|[[Monumento ai Tetrarchi|I tetrarchi]], una [[scultura]] di porfido saccheggiata a [[Bisanzio]] nel [[1204]] ([[Basilica di San Marco]] a [[Venezia]])]]
 
La [[tetrarchia]] fu una forma di governo voluto da [[Diocleziano]], imperatore romano dal [[284]] al [[305]]. Ottenuto il potere, il nuovo imperatore nominò nel novembre del [[285]] come suo vice in qualità di ''[[Cesare (titolo)|cesare]]'', un valente ufficiale di nome [[Massimiano|Marco Aurelio Valerio Massimiano]], che pochi mesi più tardi elevò al rango di [[Augusto (titolo)|augusto]] il 1º aprile del [[286]], formando così una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.<ref>Grant, p.265; Chris Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', New York 1999, pp.197-198.</ref> Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di [[Giove (divinità)|Giove]] (''Iovio''), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" di [[Ercole]] (''Erculio'', figlio di Giove), manteneva però la supremazia. Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.<ref>Y.Le Bohec, ''Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero'', Roma 2008, p.33.</ref>
 
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel [[293]] si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo Cesare per l'oriente [[Galerio]] e Massimiano fece lo stesso con [[Costanzo Cloro]] per l'occidente. Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i ''vicennalia'', ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di [[Antonino Pio]]. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "[[diocesi]]", tre per ognuno dei [[tetrarchia|tetrarchi]]), rette da [[vicarius|vicarii]] e a loro volta suddivise in 101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
 
In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a funzionari imperiali, scelti tra le file della [[cavalleria (storia romana)|classe dei cavalieri]] e tra i [[liberto|liberti]]. Tuttavia la stessa figura imperiale venne moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gli [[Augusto (titolo)|Augusti]], uno per la ''[[impero romano d'Occidente|pars Occidentalis]]'' ed uno per la ''[[impero bizantino|pars Orientalis]]'', spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo di [[Cesare (titolo)|Cesare]].
 
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero, governate ciascuna da uno dei tetrarchi, fecero capo ciascuna ad una distinta [[prefetto del pretorio|prefettura del pretorio]]: [[Prefettura del pretorio delle Gallie|Gallie]], [[Prefettura del pretorio d'Italia|Italia]], [[Prefettura del pretorio dell'Illirico|Illirico]], [[Prefettura del pretorio d'Oriente|Oriente]]. Da queste dipendevano poi le [[Diocesi (impero romano)|Diocesi]], in tutto dodici, rette dai ''[[Vicario|Vicarii]]'', nelle quali erano raccolte le provincie, con a capo funzionari imperiali con il rango di ''[[corrector provinciae|correctores]]'' o ''[[presides]]''. In pratica il nuovo ordine imperiale disarticolava le vecchie strutture repubblicane accentrando ogni funzione attorno alla figura del sovrano.
 
Il governo assolutistico di Diocleziano, tra le varie cose, non poteva tollerare in particolare atti di [[lesa maestà]] come il rifiuto dei [[sacrificio|sacrifici]] dovuti all'Imperatore, per cui il suo regno fu caratterizzato dalla grande persecuzione, l'ultima e la più violenta, contro i seguaci del [[Cristianesimo|culto cristiano]]. Terminata nel [[305]] la prima tetrarchia con l'abdicazione di Diocleziano e del collega [[Massimiano]], la seconda entrò presto in crisi nel [[306]] con la morte di [[Costanzo Cloro]], portando ad una serie di scontri in Occidente, dai quali emersero vittoriosi [[Costantino I|Costantino]] e [[Licinio]], che, facendo leva sul successo della nuova religione cristiana, la legalizzarono nel [[313]] con l'[[editto di Milano]]. Nel [[316]], poi, Costantino si rese unico imperatore, iniziando la costruzione di una nuova [[capitale (città)|capitale]] orientale per l'Impero, ''[[Costantinopoli|Nova Roma]]''.
 
Sotto la nuova [[dinastia costantiniana]] il Cristianesimo e la nuova capitale orientale prosperarono a scapito di Roma e dell'[[religione romana|antica religione]], fino all'avvento di [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], il quale tentò di ristabilire l'uguaglianza tra i culti. Dopo la morte di Giuliano, però, la successiva [[casata di Valentiniano|dinastia valentiniana]] tornò a favorire il Cristianesimo sino a quando, nel [[380]], gli imperatori [[Graziano]], [[Valentiniano II]] e [[Teodosio I|Teodosio]] non promulgarono l'[[editto di Tessalonica]], con cui venne reso [[religione di Stato|unica religione lecita]]. Nel [[392]] Teodosio, principale ispiratore dell'editto, rimase poi unico imperatore, ultimo a regnare sull'Oriente e l'Occidente.
 
Con la sua morte nel [[395]], infatti, tale suddivisione divenne definitiva e permanente, con la nascita di due separate linee imperiali: quella degli [[Imperatori romani#Impero d'Occidente|Imperatori romani d'Occidente]], poi interrottasi nel [[476]], e quella degli [[Imperatori bizantini|Imperatori romani d'Oriente]], interrottasi nel [[1453]].
 
=== Classi sociali di cittadini romani ===
 
Essere [[cittadinanza romana|cittadino romano]] comportava una notevolissima serie di privilegi, variabili nel corso della storia, a creare diverse "gradazioni" di cittadinanza. Nella sua versione definitiva e più piena, comunque, la cittadinanza romana consentiva l'accesso alle cariche pubbliche e alle varie [[magistratura (storia romana)|magistrature]] (nonché la possibilità di votarle nel giorno della loro elezione), la possibilità di partecipare alle [[Assemblee romane|assemblee politiche]] della [[roma (città antica)|città di Roma]], svariati vantaggi sul piano fiscale e, importante, la possibilità di essere soggetto di diritto privato, ossia di poter presentarsi in giudizio attraverso i meccanismi dello ''[[ius civile]]'', il [[diritto romano]] per eccellenza.
 
Alla base della società romana c'erano le ''[[gens]]'' ovvero gruppi di persone ([[clan]]), che condividevano lo stesso ''[[onomastica romana#Nomen|nomen]]'' [[gentilizio]],<ref>I differenti "rami" di una ''gens'', le famiglie (''familiae''), portavano un differente ''[[onomastica romana#Cognomen|cognomen]]'' (o soprannome) per distinguerle. Cfr. Jean-Claude Fredouille, ''Dictionnaire de la civilisation romaine'', Larousse, Parigi 1986, p.118.</ref> erano per lo più composte da più ''familiae'', a capo delle quali vi era un ''[[Pater familias]]''. Le ''gens'' formavano a loro volta le [[Tribù (storia romana)|tribù urbane e rustiche]].
 
I cittadini romani (uomini liberi) si dividevano, inoltre, in [[Patrizio (storia romana)|patrizi]] e [[Plebei]]. A loro volta i patrizi più facoltosi, avevano alle loro dipendenza una serie di ''[[Clientelismo|Clientes]]'', vale a dire cittadini che, per la loro posizione svantaggiata all'interno della società romana, si trovavano costretti a ricorrere alla protezione di un "''patronus''" o di un'intera "''gens''" in cambio di svariati favori, talvolta al limite della sudditanza (''applicatio'') fisica o psicologica. Il penultimo gradino della società romana era formato dai [[liberto|liberti]] (ex-schiavi), e più sotto ancora vi erano gli [[Schiavitù nell'antica Roma|schiavi]].
 
==== Epoca regia ====
Fu Romolo per primo a dividere la popolazione della [[Roma quadrata]] nelle tre tribù sopracitate dei ''Ramnes'', ''Tities'' e ''Luceres''. Fu in seguito il re [[Servio Tullio]] nel [[VI secolo a.C.]] avrebbe diviso la popolazione in [[classe sociale (storia romana)|cinque classi]], secondo il [[censo (storia romana)|censo]], ed in [[centuria|centurie]]. Con tale riforma furono istituite quattro ''[[tribù (storia romana)|tribù urbane]]'', stabilite quindi su base territoriale ed in cui si poteva entrare solo avendo possedimenti terrieri nella zona, quindi ciò escludeva a priori la [[plebei|plebe]].
 
E così le [[Tribù (storia romana)|tribù originarie]] della [[Roma (città antica)|Roma antica]], erano raggruppamenti sociali in cui erano inquadrati i cittadini romani. Istituite in età arcaica, erano originariamente in numero di tre. Esse erano costituite da dieci [[curia (storia romana)|curie]] (dal [[Lingua latina|latino]] ''coviria'', riunione di uomini; cfr. [[comizi curiati]]) ed erano indicate coi nomi di ''[[Tribù (storia romana)|Ramnes]]'', ''[[Tribù (storia romana)|Luceres]]'' e ''[[Tribù (storia romana)|Tities]]''. Ogni tribù aveva come capo un ''[[tribuno|tribunus]]'',<ref name="PlutarcoRomolo20,2">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 20, 2.</ref> ed era formata da 10 ''[[fratria|fratrie]]'' o [[Curia (storia romana)|curie]].<ref name="PlutarcoRomolo20,3">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 20, 3.</ref> Le tre tribù insieme formavano un complesso di un centinaio di [[gentes originarie]].
 
In una società fortemente militarizzata come quello [[roma (città antica)|romana]], [[Servio Tullio]] a mise in atto una prima riforma [[Timocrazia|timocratica]] dei [[cittadinanza romana|cittadini romani]] atti a prestare il servizio militare (obbligati ad armarsi a proprie spese e perciò chiamati ''[[adsidui]]''<ref name="Gabba2">[[Emilio Gabba]], ''Esercito e società nella tarda Repubblica romana'', p. 2.</ref>), suddividendoli in [[classe sociale (storia romana)|cinque classi]] (sei se consideriamo anche quella dei ''[[proletariato|proletarii]]''<ref>[[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi d'Alicarnasso]], ''Antiquitates Romanae'', 4, 18, 1-3.</ref>) sulla base del [[censo (storia romana)|censo]],<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', I, 42.</ref><ref name="ReferenceA">[[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi d'Alicarnasso]], ''Antiquitates Romanae'', 4, 19, 1-2.</ref> a loro volta ordinati in ulteriori quattro categorie: i ''seniores'' (maggiori di 46 anni: ''anziani'') e gli ''iuniores'' (tra 17 e 46 anni: ''giovani''), ovvero coloro che rientravano nelle liste degli abili a combattere; i ''pueri'' (di età inferiore ai 17 anni: i ''fanciulli'') e gli ''infantes'' (di età inferiore agli 8 anni: i ''bambini'') non ancora in età per prestare il servizio militare.<ref>[[Aulo Gellio|Gellio]], ''Noctes Atticae'', 10, 28, 1.</ref>
 
In [[comizi centuriati|questo nuovo sistema]] la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'[[panoplia|equipaggiamento completo]] da [[legionario romano|legionario]], mentre quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri, e dove le prime tre costituivano la fanteria pesante e le ultime due quella leggera:<ref name="Gabba2"/>
# la prima classe era formata da 80 [[centuria|centurie]] di fanteria (40 di ''iuniores'' che avevano il compito di combattere nelle guerre esterne,<ref name="Dionigi4,16,2-5">[[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi d'Alicarnasso]], ''Antiquitates Romanae'', 4, 16, 2-5.</ref> mentre le altre 40 di ''seniores'', rimanevano a difesa dell'''[[Roma (città antica)|Urbe]]''), che potessero disporre di un reddito di più di 100.000 [[Asse (moneta)|assi]]. Era la classe maggioritaria che costituiva il cuore della [[falange (militare)|falange oplitica]] dello schieramento [[età regia di Roma|romano regio]], la prima linea.<ref name="ConnollyGreece95">P. Connolly, ''Greece and Rome at war'', p. 95.</ref>
# La seconda da 20 centurie ed un reddito tra i 100.000 ed i 75.000 assi. Costituiva la seconda linea.<ref name="Dionigi4,16,2-5"/><ref name="LivioI,43">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', I, 43.</ref>
# La terza da altre 20 centurie di fanteria leggera ed un reddito tra i 75.000 ed i 50.000 assi.<ref name="Dionigi4,16,2-5"/><ref name="LivioI,43"/>
# La quarta composta da altre 20 centurie di fanteria leggera ed un reddito tra i 50.000 ed i 25.000 assi.<ref name="LivioI,43"/><ref name="Dionigi4,17,1-4">[[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi d'Alicarnasso]], ''Antiquitates Romanae'' 4, 17, 1-4.</ref>
# La quinta formata da 30 centurie di fanteria leggera ed un reddito di appena 25.000-11.000 assi.<ref name="LivioI,43"/><ref name="Dionigi4,17,1-4"/>
 
Chi era sotto la soglia degli 11.000 assi era organizzato in una sola centuria, dispensata dall'assolvere agli obblighi militari (i cui membri erano chiamati ''[[proletariato|proletarii]]'' o ''[[proletariato|capite censi]]''),<ref name="LivioI,43"/><ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], ''Antichità romane'', IV, 18.</ref><ref>[[Aulo Gellio]], ''[[Noctes Atticae]]'', XVI, 10, 10-11.</ref> tranne nel caso in cui non vi fossero particolari pericoli per la città di Roma. In quest'ultimo caso erano anch'essi armati a spese dello Stato, servendo in formazioni speciali estranee all'ordinamento [[legione romana|legionario]].<ref name="Gabba3">[[Emilio Gabba]], ''Esercito e società nella tarda Repubblica romana'', p. 3.</ref>
 
Dopo aver così organizzato la [[fanteria]], Servio Tullio passò alla [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]], che reclutò in 12 centurie di ''[[cavalleria (storia romana)|equites]]'' dal fiore dell'aristocrazia cittadina, a cui ne aggiunse altre 6 centurie, che potrebbero coincidere con quelle formate da [[Tarquinio Prisco]] e riconducibili ai ''[[sex suffragia]]'':<ref>[[Festo]], ''De verborum significatu'', sex suffragia(452).[[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], ''De re pubblica'', 2, 22, 39-40.</ref> in totale 18 centurie.<ref name="LivioI,43"/> Per l'acquisto dei cavalli l'[[aerarium|erario]] stabilì uno stanziamento annuo di 10.000 assi a [[centuria]], mentre sancì che fossero le donne non sposate a pagarne il mantenimento degli stessi con 2.000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche.<ref>[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'' I, 43, 8-10.</ref>
 
Aggiungiamo che all'interno di una singola ''tribus'' vi erano delle ''[[Gens|gentes]] originarie'', ovvero una sorta di arcaici [[clan]] familiari [[roma (città antica)|romani]] che sarebbero esistiti al momento della nascita di [[Roma]]. Secondo lo storico [[Tito Livio]], al tempo della [[fondazione di Roma]] sarebbe avvenuta la federazione di un gruppo di clan preesistenti sotto l'azione unificatrice di [[Romolo]], a cui si aggiunsero (per le vicende conseguenti al [[ratto delle Sabine|ratto delle sabine]]) molte famiglie venute al seguito di [[Tito Tazio]], realizzando la fusione del popolo romano con quello dei [[Sabini]]. Secondo Tito Livio le ''gentes originarie'' sarebbero state un centinaio, distribuite nelle tre antiche [[Tribù (storia romana)|Tribù]] dei ''[[Tribù (storia romana)|Ramnes]]'',<ref name="Livio1,13">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', I, 13.</ref> dei ''[[Tribù (storia romana)|Tities]]'',<ref name="Livio1,13"/> e dei ''[[Tribù (storia romana)|Luceres]]''.<ref name="Livio1,13"/><ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], ''Antichità romane'', II, 37, 2.</ref><ref>[[Marco Tullio Cicerone]], ''De Republica'', II, 14.</ref> Secondo questa interpretazione Roma sarebbe sorta dall'integrazione di ben tre popoli: [[Latini]], [[Sabini]] ed [[Etruschi]].
 
==== Età repubblicana ====
Più tardi (probabilmente in [[Repubblica romana|età repubblicana]]) alle ''tribù urbane'' furono aggiunte anche quelle ''rustiche''.<ref name="Ampolo170">Carmine Ampolo, ''La nascita della città'', vol.13, p.170.</ref> È, inoltre, verosimile che proprio la tribù sia stata culla della consapevolezza politica della plebe, i cui magistrati, detti ''[[tribuno|tribuni]]'', avevano come significato proprio "uomini della tribù". Non è un caso che proprio dal termine "tribus" derivino il nome sia i [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]], sia i [[tribuno militare|tribuni militari]].<ref>Carmine Ampolo, ''La nascita della città'', vol.13, pp.170-171.</ref>
 
Una nuova organizzazione tribale, al di là di quella istituita prima da [[Romolo]] (le tre tribù) e ridisegnata da [[Servio Tullio]] (con le quattro tribù urbane) risulta documentata solo a partire dal [[495 a.C.]]<ref name="Ampolo170"/> A questa data apparterrebbero ventuno tribù, le 4 urbane serviane (Collina, Esquilina, Palatina e Suburana<ref name="Ampolo170"/>) e 17 rustiche (Camilla, ecc.).<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', II, 21.</ref> I nomi delle antiche ''tribù rustiche'' corrispondevano a quelli delle antiche ''[[gentes originarie]]'' esistenti o anche estinte, sulla base di distretti territoriali che in origine avevano rappresentato località dove si trovavano le maggiori tenute delle casate gentilizie romane.<ref name="Levi175">[[Mario Attilio Levi]], ''L'Italia nell'evo antico'', p.175.[http://books.google.it/books?id=T3dKmSA7PhEC&pg=PA175&lpg=PA175&dq=origine+trib%C3%B9+Claudia&source=bl&ots=fQEl30AgSQ&sig=eBqJj3RyJzRoawRf-gIgEuUOGsk&hl=it&ei=flsISuzeFY7GsgbmgOGsCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1 L'Italia nell'evo antico - Mario Attilio Levi - Google Libri]</ref>
 
Nel [[IV secolo a.C.]] si stabilì che indipendentemente dalla loro collocazione territoriale, tutte le nuove conquiste fossero attribuite/iscritte ad una tribù esistente. Ciò accadde ad esempio per [[Monte Tuscolo|Tuscolo]] assegnata alla tribù ''Papiria'' o a [[Aricia]] assegnata a quella ''Orazia''.<ref name="Levi175"/>
 
Nel [[241 a.C.]] le tribù rustiche furono aumentate fino a 31 (per un totale di 35,<ref name="AAVVacca120">[[Famiano Nardini]], [[Antonio Nibby]], [[Ottavio Falconieri]], [[Flaminio Vacca]], ''Roma antica'', p.120.</ref> comprese quelle urbane), a causa dell'aumentare della popolazione, dell'estensione della cittadinanza e della fondazione di [[colonia romana|nuove colonie]], e rimasero tali fino all'[[Impero romano|età imperiale]].
 
Dopo la [[guerra sociale]] dell'[[88 a.C.]] l'iscrizione alle tribù fu estesa a tutti [[italici|gli italici]]. Ma la partecipazione di tutti gli italici alle tribù dette vita ad una frammentazione e dispersione che rese complicato il lavoro dei ''centuriones'', fu così che nel [[I secolo a.C.]] le loro funzioni furono trasferite al nuovo istituto del ''[[Municipio (storia romana)|municipium]]'', anche se la tribù non fu abolita, continuando ad avere un ruolo nelle elezioni ad esempio dei ''[[concili della plebe|concilia plebis tributa]]'' e dei ''[[comizi tributi|comitia tributa]]''.
 
=== La condizione delle donne ===
[[File:Pavel Svedomskiy 005.jpg|thumb|upright=1.4|Ricca [[matrona (antica Roma)|matrona]] romana in contemplazione nella sua [[villa romana|Villa]] che domina sul mare, da un dipinto di [[Pavel Svedomskiy]].]]
{{Vedi anche|Donna romana (I - II secolo d.C.)}}
 
Le condizioni sociali della [[Donna romana (I - II secolo d.C.)|donna romana tra la fine del I secolo e il principio del II]]<ref>J.Carcopino, ''La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'Impero'' (Bari 1971), p.4: «Questa è la generazione [quella di Traiano e Adriano] di cui i documenti concorrono ad offrirci il ritratto più preciso...L'immenso materiale archeologico ci viene dal Foro Traiano, dalle rovine di Pompei e Ercolano (79 d.C.) e di Ostia che risalgono ai tempi dell'attuazione dei piani urbanistici dell'imperatore Adriano. A tutto ciò si aggiungono a nostra maggiore informazione le testimonianze vivide e pittoresche, precise...offerte in abbondanza dal romanzo di Petronio, dalle ''Selve'' di Stazio, degli ''Epigrammi'' di Marziale delle ''Lettere'' di Plinio il Giovane, delle ''Satire'' di Giovenale.»</ref> mostrano che erano ormai molto diverse da quelle dei primi secoli della repubblica.
 
In questo periodo le donne romane godono di una conquistata dignità ed autonomia difesa anche da teorici del "[[femminismo]]" antico come [[Gaio Musonio Rufo]] nell'età dei [[Dinastia flavia|Flavi]].<ref>Il termine ''femminismo'' è desunto dall'opera di Ch.Favez, ''Un féministe romain: C. Musonius Rufus'', in "Bull. Soc. Et. de Lettres de Lausanne", ott. 1933 pp.1-9</ref> Molte imperatrici romane di questa età sono meritevoli di quel titolo di ''Augusta'' che fu dato a Livia solo dopo la morte del marito. Grande figura di donna è quella di Plotina, moglie di [[Traiano]] che aveva accompagnato il marito nella guerra contro i [[Impero partico|Parti]] e che, dopo la morte dell'imperatore, aveva così ben disposto le sue segrete volontà politiche testamentarie che [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]] ottenne la successione senza contrasti.
 
E così sotto l'Impero sembrano perpetuarsi gli eroici comportamenti dell'età repubblicana quando le grandi signore dell'aristocrazia seguivano i loro mariti nella buona e nella cattiva sorte. Se le donne romane dell'Impero, secondo i censori dei costumi, trascurano il loro compito di mettere al mondo figli si sono però appropriate di tutte quelle occupazioni che in età repubblicana erano riservate agli uomini.
 
[[Decimo Giunio Giovenale|Giovenale]] nella ''Satira'' sesta prende in giro quelle donne che si danno alla professione forense o che si appassionano di politica interna ed estera osando dare consigli a generali avvolti nel ''[[paludamentum]]'' di come condurre la guerra contro i Parti. Altre si appassionano alla letteratura affettando giudizi perentori anche a tavola e mettendo in imbarazzo grammatici e retori.<ref>GIOVENALE, VI, 243-247, 398-412, 434-456.</ref>
 
Le donne romane dell'epoca imperiale ora pretendono di ''vivere vitam'' e proclamano la loro parità di diritti nei confronti degli uomini:
{{Citazione|Si era d'accordo che tu facessi quel che volevi, ma che anch'io potessi darmi al bel tempo. Grida quanto ti pare, sconvolgi pure mare e cielo: sono un essere umano anch'io!||Ut faceres tu quod velle, nec non ego possem Indulgere mihi; clames licet et mare caelo Confundas, homo sum<ref>GIOVENALE, VI, 282-284</ref>|lingua=la}}
 
Era inevitabile che la donna emancipata assumesse anche la libertà sessuale degli uomini. Ancora non si parla degli adulteri come un problema sociale ma dovevano essere abbastanza diffusi se Giovenale considera normale avvertire un amico che ha invitato a cena di mettere da parte le amarezze quotidiane soprattutto quelle che gli derivano dal fatto che la moglie esce di casa alle prime luci del giorno e vi torna a notte fonda «...con le chiome scompigliate e col volto e con le orecchie tutte accese».<ref>GIOVENALE, XI, 186-189.</ref>
 
=== Conflitti sociali e secessioni ===
[[File:Maccari-Cicero.jpg|thumb|upright=1.4|left|Rappresentazione di una seduta del Senato: [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] attacca il cospiratore [[Lucio Sergio Catilina|Catilina]].<br />Titolo: ''[[Cicerone denuncia Catilina]]''.]]
{{Vedi anche|Conflitto degli Ordini|Secessio plebis}}
 
Le relazioni tra [[patrizio (storia romana)|patrizi]] e [[plebei]] arrivarono talvolta a punti di grande tensione nell'età dell'alta e media repubblica, tali da portare i plebei ad abbandonare la città, portandosi dietro famiglia e beni mobili, e accampandosi sulle colline fuori dalle mura. Queste [[secessio plebis|secessioni]] ebbero luogo nel [[494 a.C.]] ([[secessio plebis]]), nel [[450 a.C.]], e attorno al [[287 a.C.]] Il loro rifiuto di continuare a cooperare con i patrizi portò a cambiamenti sociali in ogni occasione. Nel [[494 a.C.]], a soli quindici anni dalla fondazione della Repubblica, i plebei per la prima volta poterono eleggere due rappresentanti, ai quali diedero il titolo di [[tribuno della plebe|tribuno]]. La "plebe" giurò di tenere i suoi capi 'sacrosanti', cioè inviolati, durante il mandato del loro incarico, e di uccidere chiunque avesse fatto loro del male. La seconda secessione condusse ad un'ulteriore definizione legale dei loro diritti e doveri (la redazione delle [[Leggi delle XII tavole|Dodici Tavole]] della legge) e portò il numero di tribuni a 10. Soltanto a metà del [[IV secolo a.C.]] le [[magistratura (storia romana)|magistrature]] furono aperte ai plebei. La terza secessione portò alle ''[[Lex Hortensia]]'', che diede al voto del ''Concilium Plebis'' (Concilio dei plebei) la forza della legge - chiamato oggi "[[plebiscito]]".
 
Il conflitto di classe interno, paradossalmente, favorì l'espansione esterna: la conquista di nuovi territori permetteva di distribuire nuove terre tra la plebe e di "incanalare" verso l'esterno le tensioni, stimolando la coesione sociale (non diversamente da quanto accadeva alle nazioni europee di inizio Novecento alle soglie della [[prima guerra mondiale]]). Questo contesto, unitamente alla spinta demografica, favorì la ripresa della Repubblica che avviò un processo di espansione e [[colonia (insediamento)|colonizzazione]] che l'avrebbe trasformata, in due secoli, nella prima potenza della penisola.
 
=== Condizione di cittadino latino, ''Socii'' e regni "clienti" ===
==== Latini ====
[[File:Ancient Latium.png|thumb|upright=1.4|L'antico ''[[Latium vetus]]''.]]
 
La condizione di cittadino ''[[Latini|latino]]'' stava a metà tra quella di ''[[cittadinanza romana|civis romanus]]'' e quella di straniero. La parola ''latini'' inizialmente indicava semplicemente le popolazioni abitanti del ''[[Latium vetus]]'' (''Latini prisci''), popolazioni che erano vicine a Roma politicamente ed etnicamente. Una volta inglobate nell'entità romana, si ritrovarono presto in una situazione privilegiata rispetto alle altre popolazioni sottomesse: in particolare i [[latini]] potevano:
# contrarre legalmente [[matrimonio]] con una Romana o un Romano (''ius conubii''),
# commerciare con i Romani con la garanzia di poter ricorrere al [[magistrato]] per la tutela dei propri atti negoziali (''ius commercii''),
# e, ma solo inizialmente, anche trasferirsi a Roma (''ius migrandi'') a condizioni di parità coi cittadini romani, e quindi di votare (''ius suffragii'') nei comizi elettorali.
 
Alle città i cui abitanti godevano del ''ius Latii'' era riconosciuta l'[[indipendenza]] per quanto riguardava la politica interna, quindi eleggevano i loro magistrati e si autogovernavano; però erano vincolate alla politica estera romana ed erano tenute a fornire un contingente di soldati che combattevano a fianco delle [[legione romana|legioni]], ma in reparti diversi.
 
Col passare del tempo, e con l'espansione del dominio romano ben oltre i confini del [[Lazio]], il "[[diritto latino]]" venne riconosciuto e applicato anche a città non laziali, e che non avevano abitanti di origine latina: il ''ius Latii'' passò allora a indicare una condizione giuridica e perse qualunque connotazione etnico-geografica; coloro che ne godevano (e che erano oramai divenuti troppo numerosi) persero però il diritto di votare a [[Roma]].<ref>{{cita web|http://alpiantiche.unitn.it/storia/roman/roman8.htm|L'adtributio e la tabula clesiana|19-04-2008}}</ref>
 
Altri privilegi erano legati alle sopraddette facilitazioni nell'ottenimento per merito della cittadinanza romana. Inoltre i latini che per qualsiasi motivo si trovassero a [[Roma (città antica)|Roma]] nel giorno in cui si fossero riuniti i comizi potevano esercitare il diritto di voto (''ius suffragii'').
 
Nel tempo lo ''status'' di latino stava genericamente ad individuare una condizione di cittadinanza privilegiata, ma non quanto quella romana (ancora era inibito l'accesso alle cariche pubbliche): erano quindi latini anche gli abitanti delle colonie create da Roma (''latini coloniarii'') e gli schiavi liberati in particolari circostanze.
 
Dopo la [[guerra latina]] ed il conseguente assorbimento del ''[[Latium vetus]]'' nello Stato romano ([[338 a.C.]]) si vennero a configurare colonie di [[diritto romano]] accanto a quelle di [[diritto latino]]. Ricordiamo che queste ultime erano assimilabili alle città federate con la perdita della cittadinanza originaria per tutti i colonizzatori (romani o latini che fossero) ma con diritto di commerciare liberamente e contrarre matrimonio con cittadini romani.
 
==== ''Socii'' italici ====
 
Oltre 200 anni più tardi fu la volta dei [[italici|popoli italici]], i quali già dal tempo dei [[Gracchi]], avanzarono le loro proposte d'estensione dei diritti di [[cittadinanza romana]] anche a tutti loro, fino ad allora solo ''[[Socii e foederati|Socii]]''. L'insuccesso di questa proposta portò nel [[91 a.C.]] alla cosiddetta [[guerra sociale]], che una volta terminata ([[88 a.C.]]), portò i [[italici|popoli italici]], a sud degli [[Appennini]],la tanto desiderata condizione di cittadini romani.
 
==== Regni/popoli "clienti" ====
[[File:Roman Empire in 14 AD-2.PNG|thumb|upright=1.4|left|Un tipico esempio di [[Regno cliente (storia romana)|regni "clienti"]] lo troviamo in questa cartina, ambientata all'epoca di [[Augusto]] (nel [[14]]), dove al di fuori dei confini imperiali (in rosso), sono indicati quei regni "clienti" di [[Impero romano|Roma]] (in giallino). Si trattava ad esempio del regno orientale di [[Cappadocia]], o a [[Regno di Mauretania|quello di Mauretania]], fino a quelli lungo i [[limes danubiano|confini europei]] di [[Traci]]a e [[Norico|Norico settentrionale]], o addirittura d'oltre [[limes danubiano|Danubio]], di [[Maroboduo]] ([[Quadi]] e [[Marcomanni]]).]]
{{Vedi anche|Regno cliente (storia romana)}}
 
Per [[Regno cliente (storia romana)|regno o popolo "cliente"]] si intendeva un regno o un antico popolo, che si trovasse nella condizione di "apparire" ancora indipendente, ma nella "sfera di influenza" e quindi di dipendenza del vicino [[Impero romano|Impero egemonico]]. Si trattava di una forma di moderno [[protettorato]], dove il regno o il territorio in questione, era controllato (protetto) da uno più forte (protettore).
 
I Romani intuirono che il compito di governare e di civilizzare un gran numero di genti contemporaneamente era pressoché impossibile, e che sarebbe risultato più semplice un piano di annessione graduale, lasciando l'organizzazione provvisoria affidata a principi nati e cresciuti nel paese d'origine. Nacque quindi la figura dei re clienti, la cui funzione era quella di promuovere lo sviluppo politico ed economico dei loro regni, favorendone la civilizzazione e l'economia. Così, quando i regni raggiungevano un livello di sviluppo accettabile, essi potevano essere incorporati come nuove province o parti di esse. Le condizioni di stato vassallo-cliente erano, dunque, di natura transitoria.
 
Un "re cliente", riconosciuto dal [[Senato romano]] come ''amicus populi Romani'', di solito non era altro che uno strumento del controllo nelle mani della [[Repubblica]], prima e dell'[[Impero romano]], poi. Ciò non riguardava solo la politica estera e difensiva, dove al re cliente era affidato il compito di assumersi l'onere di garantire lungo i propri confini la sicurezza contro infiltrazioni e pericoli "a bassa intensità",<ref>[[Edward Luttwak|E.Luttwak]], ''La grande Strategia dell'Impero romano'', Milano 1981, p. 37.</ref> ma anche le questioni interne dinastiche, nell'ambito del sistema di sicurezza imperiale.<ref>[[Edward Luttwak|E.Luttwak]], ''La grande Strategia dell'Impero romano'', Milano 1981, pp. 40-41.</ref>
 
Ma i Regni o i popoli ''clienti'', poco potevano fare contro i pericoli "ad alta intensità" (come sostiene [[Edward Luttwak]]), come le invasioni su scala provinciale. Potevano dare il loro contributo, rallentando l'avanzata nemica con le proprie e limitate forze, almeno fino al sopraggiungere dell'alleato romano: in altre parole potevano garantire una certa "profondità geografica", ma nulla di più.<ref>[[Edward Luttwak|E.Luttwak]], ''La grande Strategia dell'Impero romano'', Milano 1981, p. 42.</ref>
 
=== Schiavitù e guerre servili ===
[[File:Boulanger Gustave Clarence Rudolphe The Slave Market.jpg|thumb|upright=1.4|Il mercato degli schiavi, di [[Gustave Boulanger]].]]
{{vedi anche|Schiavitù nell'antica Roma|guerre servili}}
 
In ognuna delle fasi [[Storia romana|storiche di Roma]] si può riscontrare il fenomeno della [[schiavismo|schiavitù]]. L'entità numerica e l'importanza economica e sociale della [[schiavitù nell'antica Roma]] aumentò con l'espansione del dominio di Roma e la sconfitta di popolazioni che venivano sottomesse e molto spesso rese schiave. Soltanto a partire dal Tardo Impero con la conclusione delle guerre di conquista, l'ascesa al potere di imperatori non italici, la diffusione del [[Cristianesimo]] e la concessione della [[cittadinanza romana]] a molti popoli [[barbaro|barbari]] (in seguito al loro arruolamento nelle [[Legione romana|legioni romane]] oppure al pagamento di [[Tributo|tributi]]), il fenomeno della schiavitù cominciò a declinare e poi estinguersi progressivamente.
 
In [[lingua latina]] schiavo si diceva ''servus'' oppure ''ancillus''. Il titolare del diritto di proprietà sullo schiavo era detto ''dominus''. Si ha notizia anche di schiavi posseduti da altri schiavi: in questo caso, formalmente, il primo schiavo (detto ''ordinarius'') non era proprietà dell'altro (detto ''vicarius''), ma faceva parte del suo ''[[peculium]]'', l'insieme di beni che il ''dominus'' gli concedeva di tenere per sé.
 
==== Tarda Repubblica e Alto Impero ====
Nell'epoca del grande espansionismo romano (II-I secolo a.C.) agli schiavi non era garantito nessun basilare diritto, tanto che un padrone poteva uccidere uno schiavo nel pieno rispetto della legge (''ius vitae ac necis''). Nel [[I secolo a.C.]] vennero, però, istituite le prime leggi a favore degli schiavi: la [[legge Cornelia]], dell'[[82 a.C.]] proibì che il padrone potesse uccidere lo schiavo senza giustificato motivo e la [[legge Petronia]], del [[32 a.C.|32]], rimosse l'obbligo dello schiavo di combattere nel [[Circo]] se richiestogli dal proprietario. Comunque l'uccisione degli schiavi era un evento molto raro, dato che gli schiavi erano un bene molto costoso e capace di generare rendite<ref>Certo, ci furono delle eccezioni: di [[Publio Vedio Pollione]], un cittadino di Roma, si dice che alimentasse le aragoste ed i pesci del suo acquario con i corpi dei suoi schiavi. [[Graziano]], un imperatore romano del quarto secolo, promulgò invece una legge secondo la quale ogni schiavo che accusasse il suo padrone di un crimine doveva essere immediatamente bruciato vivo.</ref>. Tuttavia, in caso di grandi rivolte, come le [[guerre servili]] che funestarono l'età repubblicana, i romani non esitavano a punire gli schiavi ribelli con [[Crocifissione|crocifissioni]] di massa lungo le [[strade romane|vie consolari]], come monito per gli altri schiavi.
 
La situazione degli schiavi migliorò soprattutto in età imperiale. [[Claudio]] stabilì che se un padrone non dava cure ad uno schiavo malato e questi veniva ricoverato da altri presso il tempio di [[Asclepio|Esculapio]], in caso di guarigione diventava libero, se invece lo schiavo moriva il padrone poteva essere incriminato. Il filosofo ispano-romano [[Lucio Anneo Seneca]] (non cristiano, di epoca [[Nerone|neroniana]], contrario anche ai giochi gladiatorii)<ref>Lucio Anneo Seneca, ''Epistola 47 ad Lucilium''.</ref>, esortava a non maltrattare e a non uccidere gli schiavi, anche se questo comportamento non comportava un'infrazione diretta della [[diritto romano|legge romana]]. [[Domiziano]] vietò la castrazione; [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]] la vendita delle schiave ai postriboli, inoltre punì i maltrattamenti inflitti dalle matrone alle loro schiave; [[Marco Aurelio]] garantì il diritto di asilo per i fuggitivi nei templi e presso le statue dell'imperatore.
 
==== Tardo Impero ====
 
La quantità di schiavi venduti cominciò a declinare progressivamente nel Tardo Impero soprattutto per la conclusione delle grandi guerre di conquista che avevano caratterizzato l'età repubblicana e i primi due secoli dell'Impero. Inoltre le persone cominciarono a servirsi di ogni risorsa legale o sociale per non essere fatte schiave.
 
Con l'avvento del [[Cristianesimo]], compreso il periodo [[arte paleocristiana|paleocristiano]], anche se si può pensare il contrario, non si registrò mai una chiara condanna della schiavitù da parte dei [[Padri della Chiesa]] (anche se in effetti nel 217 d.C. divenne pontefice il liberto [[Papa Callisto I|Callisto]]). Tuttavia, nonostante non sia mai stato proclamato un editto imperiale [[abolizionista della schiavitù|Abolizione della schiavitù]], grazie alla decadenza dell'antica [[religione romana]], alla protezione giuridica dello schiavo da parte della [[Chiesa latina|Chiesa]] e al movimento di emancipazione iniziato dagli imperatori pagani<ref>Michel Mourre, ''Dictionnaire d'Histoire universelle'', 2 vol., Éditions universitaires, Paris, 1968.</ref>, le condizioni degli schiavi cominciarono a migliorare e la schiavitù si estinse progressivamente.
 
=== Guerre civili ===
[[File:Impero Romano.png|upright=1.4|thumb|Gli scenari e la divisione territoriale dei [[secondo triumvirato|triumviri]] durante la [[guerra civile romana (44-31 a.C.)]].]]
{{Campagnabox Guerre civili romane}}
 
Numerose furono poi le [[guerra civile|guerre civili]] [[Storia romana|romane]], conflitti che insanguinarono dall'ultimo periodo della [[Repubblica romana|Repubblica]] fino al [[tarda antichità|tardo periodo imperiale]]:
* la [[Guerra civile romana (83-82 a.C.)|Guerra civile tra Mario e Silla]] combattuta tra l'[[86 a.C.|86]] e [[82 a.C.]] tra [[Lucio Cornelio Silla]], [[Gaio Mario]] ed i mariani;
* la [[Guerra sertoriana|Guerra Sertoriana]] combattuta tra Silla e le forze rimanenti mariane in Spagna, guidate dall'abile condottiero [[Quinto Sertorio]], che vide la prima impresa militare di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]].
* la [[guerra civile romana (49-45 a.C.)|guerra civile]] combattuta nel [[49 a.C.|49]]-[[44 a.C.]] tra [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] e descritta nel ''[[Commentarii de bello civili|De bello civili]]'' di Cesare;
* le [[guerra civile romana (44-31 a.C.)|guerre]] combattute tra il [[44 a.C.]] e il [[31 a.C.]] prima contro i [[Cesaricidio|Cesaricidi]] e poi tra [[Augusto|Ottaviano]] e [[Marco Antonio]].
* l'[[guerra civile romana (68-69)|anno dei quattro imperatori]] del [[69]], nel quale si scontrarono [[Galba]], [[Otone]], [[Vitellio]] e [[Vespasiano]] per la conquista del potere imperiale alla morte di [[Nerone]]
* la [[guerra civile romana (193-197)]], scoppiata in seguito alla morte di [[Pertinace]] (193), tra i pretendenti al trono [[Didio Giuliano]], [[Pescennio Nigro]], [[Clodio Albino]] e [[Settimio Severo]].
* il periodo dell'[[anarchia militare]] ([[235]]-[[284]]) dove si susseguirono quasi cinquanta tra [[imperatori romani|imperatori legittimi]] ed [[Usurpatori dell'Impero romano|usurpatori]] [[provincia romana|provinciali]].
* la [[Rivolta di Carausio]], combattuta tra il 286 e il 296, e che vide la guerra tra l'usurpatore [[Carausio]] e l'imperatore [[Massimiano]]
* la [[guerra civile romana (306-324)]], scoppiata in seguito all'abbandono del potere da parte di [[Diocleziano]] nel [[305]]. Cesserà con la riunificazione dell'[[Impero romano]] da parte di [[Costantino I]] nel [[324]].
* la [[guerra civile romana (350-353)]],combattuta tra il 350 e il 353, scoppiata in seguito alla rivolta del generale [[Magnenzio]], che uccise l'imperatore Costante e venne battuto dall'imperatore [[Costanzo II]].
* la [[guerra civile romana (392-394)]], vide il conflitto tra l'imperatore [[Teodosio I|Teodosio]] e l'usurpatore [[Egidio]], eletto dal barbaro [[Arbogaste]], che aveva ucciso il giovane nipote di Teodosio, [[Valentiniano II]].
 
=== Dalla colonizzazione in Italia alla romanizzazione provinciale ===
[[File:Scavi Etruschi e Romani di Sasso Pisano.jpg|thumb|upright=1.3|Complesso termale etrusco e romano di [[Sasso Pisano]] ]]
Come aveva potuto una piccola potenza regionale ancora all'inizio del IV secolo a.C. diventare ''caput mundi''<ref>Definizione del poeta latino [[Marco Anneo Lucano]] nella sua ''[[Pharsalia]]''</ref> nel giro di 500 anni? La spiegazione non sta solo nell'efficienza militare delle legioni o nella determinazione politica del Senato e del popolo romano. Fu soprattutto il consenso suscitato fra le genti non romane (italiche prima e provinciali poi) a rendere stabile il dominio di Roma per secoli e secoli. I ''[[socii e foederati|socii]]'' italici si convinsero ad aderire alla causa romana dapprima dalla spartizione del successo in guerra, poi (dopo la [[guerra sociale]]) dalla partecipazione effettiva alla vita politica dell'Urbe<ref>Michel H. Crawford, ''Roma nell'età repubblicana'', Il Mulino, 1984</ref>. Per quanto riguarda, invece, il consenso nelle province (che a differenza dell'Italia erano sottoposte a ''tributum''), è interessante la definizione di Santo Mazzarino: «L'impero romano era un'unità supernazionale, di cultura romano-ellenistica, il cui ideale era la ''pax'' affidata a un esercito permanente»<ref>Santo Mazzarino, ''L'impero romano'', Tumminelli, 1956</ref>.
 
Roma non poteva pensare a un'occupazione permanente di tutti i territori conquistati: troppo grande era l'impero e troppo numeroso il personale necessario per un tale disegno. Fu perciò necessario, già in epoca repubblicana, fare ricorso all'elemento locale ed in particolare alle classi elevate delle città: in cambio di una leale collaborazione (fiscale, innanzitutto), Roma rafforzò ovunque il potere delle aristocrazie urbane, affidando ai più ricchi il governo delle città e del territorio<ref>Scrive Giorgio Ruffolo: «Una delle caratteristiche più originali e felici del sistema politico romano era rappresentato dall'autonomia dei ''municipia'': Roma aveva lasciato il governo delle città nelle mani delle élite cittadine riconoscendo e rispettando i loro più alti esponenti, i ''decurioni'' e le loro strutture e regole amministrative, così come aveva rispettato ed in molti casi recepito i loro dèi, le loro feste, i loro costumi. La libertà delle città era la base del consenso politico» ({{cita|Ruffolo|p. 111).}}</ref>.
 
==== Colonie romane ====
{{Vedi anche|Colonie romane}}
 
Una [[colonia romana]] era una [[comunità]] autonoma, situata in un [[territorio]] conquistato da [[Roma]] in cui si erano stanziati dei [[cittadinanza romana|cittadini]] romani, legata da vincoli di eterna [[alleanza]] con la [[roma (città antica)|madrepatria]]. La più antica fu ''[[Antium]]'' (oggi [[Nettuno (Italia)|Nettuno]] ed [[Anzio]]<ref>Paola Brandizzi Vittucci, ''Antium: Anzio e Nettuno in epoca romana'', Roma, Bardi Editore, 2000.</ref>), fondata nel [[338 a.C.]] Inizialmente servivano da avamposto per controllare un territorio che sarebbe stato ulteriormente colonizzato: in questo senso, il ruolo di [[Aquileia]] nell'espansione romana verso il nord est fu importantissimo. Verso la fine della [[Repubblica romana]], le colonie servirono soprattutto da territorio abitabile dai proletari o dai [[Veterano (storia romana)|veterani]] dell'[[esercito romano]]: in questo modo si riduceva la pressione demografica dell'Urbe.
 
Esistevano due diversi tipi di colonie: quelle formate da [[cittadinanza romana|cittadini romani]] e quelle di [[diritto latino]]. Nel primo caso gli abitanti avevano la [[cittadinanza romana]], e quindi il riconoscimento di tutti i diritti, e un'amministrazione cittadina direttamente sotto il controllo di Roma. Nel secondo caso venivano istituite nuove entità statali, con [[Magistratura (storia romana)|magistrati]] locali, autonomia amministrativa e, in alcuni casi, con l'emissione di [[moneta|monete]], ma comunque con l'obbligo di fornire, in caso di [[guerra]], l'aiuto richiesto da Roma secondo la ''[[formula togatorum]]''. Gli abitanti delle colonie latine non erano ''[[Cives Romani Optimo Jure]]'', ma possedevano lo ''[[matrimonio romano|ius connubii]]'' e lo ''[[ius commercii]]'' secondo i diritti del ''[[Nomen Latinum]]''. Le colonie venivano fondate secondo il diritto latino sia come forma di controllo della diffusione della cittadinanza romana (in quanto considerata superiore a tutte le altre), sia per motivi pragmatici: non essendo direttamente governate da Roma come le colonie di diritto romano ma avendo magistrati propri potevano meglio e più velocemente prendere decisioni per difendersi da pericoli imminenti.
 
==== Romanizzazione ====
{{Vedi anche|romanizzazione (storia)}}
 
Il processo di ''[[romanizzazione (storia)|romanizzazione]]'', cioè l'assimilazione culturale e politica dei dominati entro il sistema romano, fu rapido ed esteso, comunque, soprattutto nei primi secoli dell'Impero. Il sistema economico e burocratico imperiale forniva, infatti, grandi opportunità di carriera non solo alle élite aristocratiche, ma anche e soprattutto ai cittadini di rango equestre. Tale processo ebbe pieno successo come profondità e durata in Occidente (le [[provincia romana|province più romanizzate]] furono la [[Gallia Narbonense]], la [[Spagna]] e l'Africa<ref>Colin M. Wells, ''L'impero romano'', Il Mulino, 1984.</ref>), dove si affermarono la lingua e la cultura latina, fu invece minore in Oriente, dove la lingua greca e la cultura ellenistica rappresentarono un ostacolo insormontabile alla penetrazione della romanità<ref>Anche perché l'opera di urbanizzazione attraverso cui Roma affermò il proprio dominio ed il proprio prestigio sulle province fu intensissima nell'Occidente europeo (nella maggioranza dei casi i centri urbani, come quelli di Londra, Parigi, Vienna e Colonia, ebbero origine dalla [[Colonia romana|fondazione di colonie]] o di [[castrum|accampamenti militari]], con il tempo cresciuti su se stessi fino a trasformarsi in città), mentre l'Oriente era già notevolmente urbanizzato anche prima che arrivassero i Romani (cfr. in particolare P.-A. Février, ''Le province dell'Europa occidentale'', in ''Storia di Roma'', II.2, Einaudi, Torino 1991).</ref>.
 
Lo strumento principale di diffusione attraverso il quale Roma esercitò quell'opera di integrazione e di assimilazione delle [[provincia romana|province]] che assicurò per alcuni secoli stabilità e compattezza all'Impero furono le città<ref>Paolo Desideri, ''La romanizzazione dell'Impero'', in ''Storia di Roma'', II,2, Einaudi, Torino, 1991.</ref>. Era nelle popolose città dell'impero che risiedevano i ceti privilegiati, largamente integrati al sistema di potere imperiale. Erano le città il luogo dove veniva distribuita e consumata la ricchezza prodotta dalle campagne. Erano le città, infine, il centro di diffusione dei modelli di comportamento della società imperiale.
 
Il segreto di Roma fu, quindi, la capacità di assimilare le diverse culture su cui dominava e di integrarle in un sistema coerente, che, per quanto ricco di diversificazioni, seppe dare il senso di una comune appartenenza.<ref>Gabriella Poma, ''Le istituzioni politiche del mondo romano'', Il Mulino, 2002</ref>
 
==== Province romane ====
[[File:RomanEmpire 117 it.svg|upright=1.4|thumb|L'[[Impero romano]], con la suddivisione in province, sotto [[Traiano]], periodo di massima espansione territoriale.]]
{{Vedi anche|Province romane}}
 
Il termine ''[[provincia romana|provincia]]'', dopo gli ampliamenti del territorio della Repubblica tra la fine del [[III secolo a.C.|III]] e il [[II secolo a.C.]], passò gradualmente a significare non più la sfera di competenza di un magistrato, ma il territorio sul quale questi esercitava i propri poteri.
 
L'organizzazione dei nuovi territori annessi alla ''res publica'' romana, veniva normalmente realizzata dal generale che li aveva conquistati, per mezzo di una ''lex provinciae'' ("legge della provincia" per la "''redactio in formam provinciae''" o "costituzione in forma di provincia"), emanata sulla base dei poteri che gli erano stati delegati con l'elezione alla carica. La legge doveva quindi essere ratificata dal [[Senato romano|Senato]], che poteva inoltre inviare delle commissioni di legati con poteri consultivi.
 
La legge stabiliva la suddivisione in circoscrizioni amministrative (spesso denominate ''conventus'') e il grado di autonomia delle città già esistenti. Non sempre tuttavia la legge seguiva immediatamente alla conquista, soprattutto per le province annesse in epoca più antica.
 
Le province erano governate da magistrati appositamente eletti ([[Pretore (storia romana)|pretori]]) o da consoli o pretori di cui veniva prolungata la carica (''prorogatio imperii'' o "prolungamento del comando": [[proconsole|proconsoli]] e [[propretore|propretori]]), coadiuvati per l'amministrazione finanziaria da pro[[Questore (storia romana)|questori]] e da numerosi altri funzionari (''cohors praetoria'').
 
=== Vita quotidiana nell'antica Roma ===
==== Giornata tipica dell'antico romano ====
[[File:Gustave Boulanger The Flute Concert.jpg|thumb|upright=1.5|Un ''patronus'' riceve dei ''[[clientelismo|clientes]]'', da un dipinto di [[Gustave Boulanger]].]]
 
Molto noto l'epigramma di Marziale<ref>Marziale, XII, 57</ref> che si lamenta di non poter dormire quanto vuole quando risiede a Roma. In vero i romani avevano l'abitudine di svegliarsi molto presto, quasi prima dell'alba. Come accade in un villaggio di campagna, prima del sorgere del sole erano tutti in strada affaccendati in rumorose mansioni. I ricchi cercavano d'isolarsi dal rumore rifugiandosi negli ambienti della ''[[domus]]'' più lontani dalla strada, ma anche lì un nugolo di schiavi, svegliati all'alba dal suono di una campana, muniti di secchi d'acqua, di strofinacci (''mappae''), di scale e pertiche con in cima spugne imbevute per raggiungere i punti più in alto da pulire, di scope (''scopae''), sono affaccendati nelle rigorose e accurate pulizie della casa. Plinio il Giovane, memore di questi fracassi mattutini, si era fatta costruire la propria stanza da letto separata da un lungo corridoio dalle stanze dove trafficavano i servi.<ref>Plinio il giovane, ''EP.'', II, 17</ref>
 
Calzatisi e vestitisi con un pratico ''amictus'', dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua,<ref>Marziale, XI, 103, 3-4</ref> i romani erano pronti a dedicarsi ai loro affari. Quanto all'igiene della persona non se ne preoccupavano al mattino poiché sapevano che a questa avrebbero dedicato molto tempo alla fine del pomeriggio recandosi al ''balneum'' pubblico o privato o alle [[terme romane|terme pubbliche]]. La cura della persona era completata affidandosi al ''tonsor'', il [[barbiere]], privato e costoso per i più ricchi, o pubblico che nella sua bottega o all'aperto in strada, tagliava capelli e sistemava barbe.
 
L'importanza di un potente era commisurata alla [[clientela (economia)|clientela]] che rumorosamente lo svegliava ogni mattina per la ''[[salutatio matutina]]''. Il ''dominus'' avrebbe perso in reputazione se non avesse ascoltato le lagnanze o le richieste di aiuto e non avesse risposto ai saluti<ref>Marziale, I, 49</ref> della folla che lo attendeva dall'alba.
 
Una rigida procedura regolava questo rito quotidiano della clientela. Il ''cliens'' poteva anche andare alla casa del ''patronus'' a piedi piuttosto che in lettiga, ma obbligatoriamente doveva indossare la [[toga]] e non azzardarsi a chiamarlo confidenzialmente per nome, ma semplicemente ''dominus'', pena il ritorno a casa a mani vuote. Il turno per ricevere l'elargizione non veniva stabilito in base all'ordine di arrivo ma in base all'importanza sociale, per cui i pretori sopravanzavano i tribuni, i cavalieri i liberi e questi a loro volta i liberti.<ref>Giovenale, I, 75 e sgg.</ref>
 
Le [[Donna romana (I - II secolo d.C.)|donne]] non partecipavano a questa assistenza quotidiana né come patrone né come clienti, salvo il caso di vedove che chiedevano per sé quanto il ''patronus'' aveva fatto per il cliente ormai defunto oppure quando il cliente si portava dietro a piedi o in lettiga le mogli malridotte e presumibilmente malate per indurre il signore a più generose donazioni.<ref>Giovenale, I, 117, 126</ref>
 
I romani dividevano normalmente la loro [[Alimentazione nell'antica Roma|alimentazione in tre pasti quotidiani]] che agli inizi erano chiamati ''jentaculum'', ''cena'', ''vesperna'' e quando quest'ultima sparì, fu sostituita dal ''prandium''. Raramente i romani dedicavano molta attenzione ai primi due pasti che non erano mai molto nutrienti e il più delle volte abolivano uno dei primi due.
 
==== Svaghi: circhi, teatri e anfiteatri ====
 
Fin dall'epoca di [[Romolo]] si celebravano giochi in onore del dio [[Conso]] (''[[Consualia]]'') e corse di cavalli (''[[Equirria]]''), celebrati due volte all'anno nel [[Campo Marzio]]. [[Tarquinio Prisco]] riorganizzò quelli che sarebbero stati i ''[[ludi Romani]]'' o ''magni'', facendoli diventare la festa più importante della città, che cadeva attorno alla metà di settembre. I ''Ludi'', più in generale, erano un insieme di giochi ''[[gladiatore|gladiatorii]]'', [[naumachia|naumachie]], [[Teatro latino|spettacoli teatrali]] e [[Corsa dei carri|gare equestri]], che si tenevano in particolari occasioni, [[festività romane|religiose]] o politiche, e che potevano avere carattere privato o pubblico. Divennero essi stessi eventi religiosi, tanto da trovarli nel [[calendario romano]] redatto nel [[IV secolo]] da [[Furio Dionisio Filocalo]], calendario conosciuto con il nome di [[Cronografo del 354]].
 
;Circhi e corse di carri:
[[File:Carrera de carros romanos-Ulpiano Checa.JPG|upright=1.5|thumb|left|Ricostruzione immaginaria delle corse in un [[Circo (antica Roma)|circo dell'antica Roma]].]]
 
Molto probabilmente i [[Roma (città antica)|Romani]] mutuarono l'usanza di organizzare [[Corsa dei carri|corse dei carri]] dagli [[Etruschi]], che a loro volta l'avevano mutuata dai Greci. Secondo una leggenda romana, il primo re di [[Roma (città antica)|Roma]], [[Romolo]], si servì dello stratagemma di organizzare una corsa di carri poco dopo la fondazione della città per distrarre i [[Sabini]]. Mentre i Sabini si stavano godendo lo spettacolo Romolo ed i suoi catturarono e [[ratto delle Sabine|rapirono le donne sabine]].
 
Nell'antica Roma la principale struttura deputata ad ospitare le corse dei carri era il [[Circo Massimo]], situato nella valle tra il [[Palatino]] e l'[[Aventino]], che poteva ospitare fino a 250.000 spettatori. La costruzione del Circo Massimo risale probabilmente all'epoca etrusca, ma venne ricostruito attorno al [[46 a.C.]] per ordine di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]], raggiungendo una lunghezza di circa 600 metri con un'ampiezza di circa 225 metri.
 
Lo svolgimento della corsa era molto simile e quello delle corse greche e la differenza principale era che in ogni giornata potevano tenersi dozzine di corse, e le manifestazioni si protraevano talvolta per decine di giorni consecutivamente. Una gara però si svolgeva sulla distanza di soli 7 giri (ridotti a 5 da [[Domiziano]] in poi). La più famosa e migliore ricostruzione di una corsa di carri romana, nonostante non sia in effetti storicamente accurata sotto vari aspetti, si può ammirare nel film del [[1959]] ''[[Ben-Hur (film 1959)|Ben-Hur]]''.
 
I posti a sedere al [[circo (antica Roma)|circo]] erano gratis per i poveri, che in epoca imperiale avevano davvero poco altro da fare, dato che non venivano più coinvolti in problemi politici o militari come avveniva invece in [[repubblica romana|epoca repubblicana]]. I ricchi invece pagavano per disporre di posti a sedere all'ombra da cui si aveva una visuale migliore e, probabilmente, anche loro trascorrevano la maggior parte del tempo scommettendo sull'esito delle corse. Il palazzo dell'imperatore si trovava nei pressi del Circo Massimo e frequentemente andava egli stesso ad assistere alle gare.
 
;Anfiteatri (giochi gladiatorii e ''venationes''):
[[File:Jean-Leon Gerome Pollice Verso.jpg|thumb|upright=1.5|"Pollice verso" di [[Jean-Léon Gérôme|Jean-Leon Gerome]], [[1872]], il quadro all'origine dell'equivoco gestuale.]]
 
L'[[anfiteatro]] è legato ai [[gladiatore|giochi gladiatori]] (combattimenti tra [[gladiatore|gladiatori]] variamente armati) e alle ''[[venationes]]'', ovvero spettacoli che comprendono animali, sia in forma di caccia più o meno ritualizzata, sia in forma di combattimento in cui uomini o animali vengono variamente penalizzati. L'origine di questi giochi risale forse a giochi che si tenevano in occasione dei funerali, ampiamente documentati nell'antichità. Nell'Italia meridionale (in particolare presso i Sanniti) sono descritti combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri.L'originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo.
 
Questi giochi godevano di una grande popolarità, e affluivano spettatori sia dalle città vicine, sia dalla campagna. Il numero di posti disponibili ci pare oggi modesto rispetto agli stadi moderni: l'anfiteatro più grande, il [[Colosseo]], poteva contenere fino a 40.000-50.000 spettatori.
 
Dopo la diffusione del [[Cristianesimo]] i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità. Già dal IV secolo alcuni anfiteatri iniziarono ad essere demoliti (le pietre della ''summa cavea'' a Milano furono impiegati per le fondazioni della [[basilica di San Lorenzo fuori le mura|basilica di San Lorenzo]] nel IV-V secolo). La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità. [[Costantino I|Costantino]] li vietò fin dal [[326]]; sembra che a [[Costantinopoli]] l'interdizione fosse osservata, mentre nel 397 a [[Roma]] sono ancora citate le scuole di gladiatori (i ''ludi''). [[Costanzo II]] li impose di nuovo, [[Valentiniano III]] decretò la fine dei giochi, anche se gli ultimi che si tennero al Colosseo furono celebrati da un regnante barbarico [[Teodorico il Grande|Teodorico]] nel VI secolo.
 
;Naumachie:
[[File:La naumaquia-Ulpiano Checa.JPG|thumb|upright=1.5|left|Un esempio di ''Naumachia'', da un dipinto di [[Ulpiano Checa]] ([[1894]]).]]
 
La prima [[naumachia]] conosciuta è quella organizzata da [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] a Roma nel [[46 a.C.]] per il suo quadruplice [[trionfo]]. Dopo aver fatto scavare un ampio bacino vicino al [[Tevere]], nel [[Campo Marzio]], capace di contenere vere [[bireme|biremi]], [[trireme|triremi]] e [[quadrireme|quadriremi]], ingaggiò tra i prigionieri di guerra 2.000 combattenti e 4.000 rematori. Nel [[2 a.C.]], per l'inaugurazione del tempio di Marte Ultore (Marte Vendicatore), [[Augusto]] diede una naumachia che riproduceva fedelmente quella di Cesare. Come ricorda egli stesso nelle ''[[Res gestae divi Augusti|Res gestæ]]''<ref>''Res gestae divi Augusti'', 23</ref>, fece scavare sulla riva destra del [[Tevere]], nel luogo denominato "bosco dei cesari" (''nemus Caesarum''), un bacino dove s'affrontarono 3000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri, e molte unità più piccole.
 
[[Claudio]] nel [[52]] diede una naumachia su un vasto specchio d'acqua naturale, il [[fucino|lago del Fucino]], per inaugurarne i lavori di prosciugamento. I combattenti erano dei condannati a morte. Si sa in particolare da [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]]<ref>Svetonio, ''De vita Caesarum'', ''Claudii'', 21, 12­14.</ref> che i ''naumachiarii'' (combattenti nella naumachia) prima della battaglia salutavano l'imperatore con una frase divenuta famosa: ''[[Ave, Caesar, morituri te salutant|Morituri te salutant]]''. Una tradizione erronea se n'è appropriata per farne una frase rituale dei [[gladiatore|gladiatori]] all'imperatore, mentre in realtà viene attestata solo in questa occasione.
 
Tuttavia, in rapporto ai combattimenti fra truppe, le naumachie avevano la peculiarità di sviluppare dei temi storici o pseudo-storici: ogni flotta che s'affrontava incarnava un popolo celebre per la sua potenza marittima nella Grecia classica o l'Oriente ellenistico: [[Antico Egitto|Egizi]] e [[Fenici]] per la naumachia di Cesare, [[Persiani]] ed [[Atene|Ateniesi]] per quella augustea, [[Siculi]] e [[Rodi]]i per quella di Claudio. Inoltre, abbisognava di mezzi considerevoli. Questo fattore rendeva la naumachia uno spettacolo riservato ad occasioni eccezionali, strettamente legato a celebrazioni dell'imperatore, [[Cognomina ex virtute|sue vittorie]] e [[arco trionfale|suoi monumenti]].
 
;Teatri (commedie e drammi):
[[File:Roman masks.png|thumb|upright=1.5|[[Mosaico]] romano del [[I secolo a.C.]] raffigurante le [[maschera teatrale|maschere]] [[tragedia|tragica]] e [[commedia|comica]] ([[Roma]], [[Musei capitolini|Musei Capitolini]])]]
 
I primi [[teatro romano (architettura)|teatri]] dell'[[roma (città antica)|antica Roma]] furono costruiti sull'esempio di quelli greci, nella direzione dell'intrattenimento. Più tardi, alle prime rappresentazioni tipicamente di stampo ellenistico, seguirono [[teatro latino|anche quelle latine]], spesso incluse nei [[ludi|giochi]], accanto a combattimenti di [[gladiatore|gladiatori]], ma soprattutto, sin dalle origini collegate alle [[religione romana|festività religiose]]. Sappiamo, infatti, che nel [[364 a.C.]], durante i ''[[ludi Romani]]'' fu introdotta per la prima volta nel programma della festa una forma di teatro originale, costituita da una successione di scenette farsesche, contrasti, parodie, canti e danze, chiamati ''fescennina licentia''. Durante i fescennini si svolgevano canti travestimenti e danze buffonesche. Il genere, di derivazione etrusca, non ebbe mai una vera e propria evoluzione teatrale, ma contribuì alla nascita di una drammaturgia latina.
 
La provenienza di molti testi era di origine [[teatro greco|greca]], in forma di [[traduzione|traduzioni]] letterali o rielaborazioni (''vertere''), mescolate ad alcuni elementi di tradizione [[etruschi|etrusca]].<ref>"Storia del teatro italiano", di Giovanni Antonucci, ediz.Newton&Compton, Roma, 1996, pag.67-68</ref> Era anche d'uso la ''contaminatio'', consistente nell'inserire in un testo principale scene di altre opere, adattandole al contesto. Non di rado i testi erano censurati, impedendo riferimenti diretti alla vita civile o politica, mentre era esaltato il gusto della gestualità e della mimica. Il teatro era rivolto alla popolazione intera, e l'ingresso era gratuito.
 
Nel mondo greco-italico si assiste alla fioritura di [[rappresentazione teatrale|spettacoli teatrali]] fin dal [[VI secolo a.C.]] nei quali prevale l'aspetto buffonesco. In [[Magna Grecia]] e [[Sicilia]] dalla fine del [[V secolo a.C.|V]] al [[III secolo a.C.]] si diffonde la ''[[farsa fliacica]]'', commedia popolare, in gran parte improvvisata in cui gli attori-mimi erano provvisti di costumi e maschere caricaturali. Fissata in forma letteraria da [[Rintone]] di [[Siracusa]], tutto quello che ne è rimasto sono le raffigurazioni su vasi, ritrovate nei pressi di [[Taranto]], il cui studio ha permesso solo una parziale ricostruzione del genere.
 
L'atellana, farsa popolaresca di origine [[osci|osca]], proveniente dalla città [[Campania|campana]] di [[Atella (città antica)|Atella]], fu importata a Roma nel [[391 a.C.]]: prevedeva maschere ed era caratterizzata dall'improvvisazione degli attori su un [[canovaccio]]; quattro erano i personaggi fissi dell'atellana: ''Maccus, Pappus, Bucco'' e ''Dossennus''.
 
Lo spirito farsesco dei fescennini e delle rappresentazioni di musica e danza etrusche generò la prima forma drammaturgica latina di cui abbiamo notizia: la ''[[satira latina|satura]]''. Questo genere consisteva in una rappresentazione teatrale mista di danze, musica e recitazione.
 
[[File:Bosra-a03(js).jpg|upright=1.5|thumb|left|Uno dei meglio conservati teatri di epoca romana, oggi a [[Bosra|Bostra]].]]
 
Con [[Livio Andronico]] e [[Gneo Nevio]], il teatro latino comincia ad acquisire una fisionomia propria. Mentre Andronico rimane legato ai modelli della [[commedia Nuova|commedia nuova]] greca, Nevio propone drammi di soggetto romano, più originali nel linguaggio e ricchi di invenzioni nello stile, arrivando a inserire in una sua [[commedia]] una satira rivolta a personaggi contemporanei come [[Publio Cornelio Scipione]], che gli valse il carcere: la satira personale fu in seguito espressamente proibita dalla legge. Accanto alle commedie d'ambientazione greca, cominciano ad affermarsi le commedie di argomento romano.
La commedia romana ha grande somiglianza con il genere greco, con alcune innovazioni: l'eliminazione del [[coro greco|coro]] (ripristinato in epoche successive nelle diverse trascrizioni) e l'introduzione dell'elemento musicale. La commedia 'greca' era chiamata ''[[palliata|fabula palliata]]'' (così chiamata dal ''[[pallio (cattolicesimo)|pallium]]'', mantello di foggia ellenica indossato dagli attori), mentre la commedia ambientata nell'attualità romana era detta ''[[commedia togata|fabula togata]]'' (dalla "[[toga]]", mantello romano) oppure ''tabernaria''.
 
Negli ultimi decenni della [[repubblica romana|repubblica]], si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, ci documenta il sorgere di nuove e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lo [[spettatore]] latino comincia ad appassionarsi anche alle tragedie.
 
All'allargarsi della popolazione di [[Roma (città antica)|Roma]], e con l'espandersi dell'[[Impero romano|Impero]], la massa del popolo di Roma diventa sempre più eterogenea, e le esigenze dello spettacolo romano cambiano. Commedia e tragedia decadono di importanza, e la preferenza viene accordata a composizioni più accessibili e vicine al gusto di tutti. Ritorna in voga l'[[atellana]], le farse, le oscenità e persino la satira politica.
 
== Religione ==
[[File:August Labicana Massimo Inv56230.jpg|thumb|upright=0.7|left|[[Augusto]] nelle vesti di [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]].]]
{{Vedi anche|Religione romana}}
 
La [[religione romana]] era l'insieme delle credenze e degli usi e costumi [[religione|religiosi]] della ''Civiltà romana''. Fu un fenomeno complesso, di non facile [[lettura]] sia per le variazioni che contraddistinsero la sua evoluzione nell'arco di dodici [[secolo|secoli]] sia per il suo carattere composito, dovuto alla confluenza di diversi sistemi religiosi (vedi [[sincretismo]] religioso) e alla varietà delle pratiche [[culto|cultuali]].
 
Una delle peculiarità della ''religione'' dei romani è che essa è inscindibilmente legata alla sfera civile, familiare e socio-politica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto solamente la ''pietas'', vale a dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare la ''pax deorum'' per il bene della città, della famiglia e dell'individuo.
 
Altre due caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nel [[politeismo]] e nell'estrema tolleranza verso altre realtà religiose. La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità, siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite, come nel caso di [[Giunone]].
 
Una costante della religione romana fu anche la capacità di assimilazione nei confronti di altre religioni. Contestualmente all'espansione dell'[[Impero romano|Impero]] il [[pantheon romano]] si andò arricchendo grazie all'importazione di divinità venerate dai popoli con i quali Roma entrava in contatto (vedi [[seductio]]).
 
Secondo la tradizione, fu [[Numa Pompilio]] ad istituire i vari sacerdozi ed a stabilire i riti e le cerimonie annuali.
Tipica espressione dell'assunzione del fenomeno religioso da parte della comunità è il [[calendario romano|calendario]], risalente alla fine del [[VI secolo a.C.]] ed organizzato in maniera da dividere l'anno in giorni fasti e nefasti con l'indicazione delle varie feste e cerimonie sacre.
 
La gestione dei riti religiosi era affidata ai vari [[Sacerdozio (religione romana)|collegi sacerdotali dell'antica Roma]], i quali costituivano l'ossatura della complessa organizzazione religiosa romana. Al primo posto della gerarchia religiosa troviamo il ''[[rex sacrorum]]'', sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo.
 
La [[mitologia romana]], ovvero le narrazioni mitologiche dell'[[roma (città antica)|antica Roma]], poteva essere suddivisa in tre periodi:
# ''Periodo repubblicano'': più legata al culto e nata nei primi anni della storia di Roma, si distingueva nettamente dalla tradizione Greca ed Etrusca, soprattutto per quanto riguarda le modalità dei riti. Le figure dominanti del ''pantheon'' romano sono tuttavia analoghe a quelle di altri nell'ambito del Mediterraneo, in primis quelli greci, basti pensare alle corrispondenze Giove = Zeus, Giunone = Hera, Minerva = Pallade.
# ''Periodo imperiale classico'': spesso molto letteraria, consiste di estese adozioni della [[Mitologia greca]] e [[Mitologia etrusca]].
# ''Periodo tardo-imperiale'': consiste nell'assunzione di molte divinità di origine orientale, tra le quali il Mitra persiano, ribattezzato Sol Invictus, un dio a cui mostrava devozione il mondo militaresco. Tra i fedeli del Sol Invictus prima di aderire al Cristianesimo c'è stato sicuramente l'imperatore [[Costantino I|Costantino]].
 
== Diritto ==
{{Vedi anche|Diritto romano}}
 
Il [[diritto romano]] rappresentava l'insieme delle [[norma giuridica|norme]] che hanno costituito l'[[ordinamento giuridico]] romano per circa tredici secoli, dalla data della [[Fondazione di Roma]] (753 a.C.) fino alla fine dell'Impero di [[Giustiniano I|Giustiniano]] ([[565]] d.C.). Infatti, tre anni dopo la morte di Giustiniano l'[[Italia]] fu invasa dai [[Longobardi]]: l'impero d'Occidente si dissolse definitivamente e [[Bisanzio]] – formalmente imperiale e romana&nbsp;– si allontanò sempre più dall'eredità dell'antica Roma e della sua civiltà (anche [[Diritto medievale|giuridica]]).
 
Il diritto si divideva in:
* ''[[ius Quiritium]]''; il nome deriva da "Quirites", sinonimo di "Romani". Era costituito da un insieme di consuetudini ancestrali, non scritte, talmente remote che i Romani stessi non ne conoscevano l'origine. Riguardava gli ambiti di diritto di famiglia, matrimonio, ''patria potestas'' e proprietà privata, e non comprendeva le obbligazioni, che in età arcaica non esistevano. Costituisce il nucleo più arcaico del [[ius civile]].
* ''[[ius civile]]'', l'insieme delle [[norma giuridica|norme]] che regolano i rapporti tra i ''cives romani'', considerato nell'ottica romana come orgogliosa prerogativa dei cittadini di Roma. Di esso il [[giureconsulto|giurista romano]] [[Emilio Papiniano|Papiniano]] dà la seguente definizione tramandataci dal [[Digesto|Digesto giustinianeo]]:
* ''[[ius honorarium]]'' (o ''[[ius honorarium|ius praetorium]]''), che riguarda le situazioni di [[diritto]] o di fatto che, pur non trovando tutela nelle norme dello ''[[ius civile]]'', sono state regolamentate dall'attività giurisdizionale dei [[Magistratura (storia romana)|magistrati]] dotati di ''[[iurisdictio]]''. Lo stesso [[Emilio Papiniano|Papiniano]], nel medesimo brano in cui definisce il ''[[ius civile]]'', racchiude il concetto di ''[[ius honorarium]]'', che egli chiama ''ius praetorium'', nelle seguenti parole:
* ''[[Ius legitimum]]'', il cui nome deriva da ''lex'' è il diritto prodotto in sede assembleare attraverso la votazione e approvazione di una legge comiziale; lo ius legitimum ha particolare vita in età repubblicana e fiorisce particolarmente con [[Augusto]] per poi scomparire dopo la sua morte e la trasformazione dello stato in impero; con il venir meno delle assemblee a favore del duopolio [[Senato romano|Senato]]-imperatore e del successivo monopolio imperiale del potere la ''lex'' perde il suo carattere di comizialità e viene ad identificarsi con la statuizione di norme da parte dell'imperatore stesso, nella forma della "costituzione imperiale". Da questo momento lo ius legitimum si estingue, confluendo nello [[ius civile]]. Durante la repubblica le principali assemblee produttrici di ius legitimum erano i ''[[Comizi centuriati|comitia centuriata]]'' e i ''[[concili della plebe|concilia plebis]]'', in minore parte le altre assemblee.
* ''[[ius gentium]]'', cioè tutti gli istituti che trovano [[tutela (diritto)|tutela]], oltre che nell'ordinamento statuale romano, anche presso altri popoli.
 
La periodizzazione più diffusa del diritto romano è quella che distingue 4 differenti stadi evolutivi:
# [[Storia del diritto romano (753 - 451 a.C.)|Periodo arcaico]]: dalla [[fondazione di Roma]] ([[753 a.C.]]) all'emanazione delle ''[[leges Liciniae Sextiae|leges Liciniae-Sextiae]]'' ([[367 a.C.]]); storicamente, corrisponde al periodo [[Età regia di Roma|monarchico]];
# Periodo preclassico: dall<nowiki>'</nowiki>emanazione delle ''leges Liciniae-Sextiae'' fino all'avvento del principato ([[27 a.C.]]); storicamente corrisponde al periodo della [[Repubblica romana]];
# Periodo classico: da [[Augusto]] ([[27 a.C.]]) fino all'avvento dell'[[Impero romano|imperatore]] [[Diocleziano]] ([[284]]);
# Periodo postclassico: dal regno di Diocleziano al regno di [[Giustiniano I|Giustiniano]] ([[568]]); storicamente comprende il periodo dell'[[Impero romano d'Occidente]].
 
== Esercito ==
[[File:Roman soldiers with aquilifer signifer centurio 70 aC.jpg|thumb|upright=1.4|Ricostruzione storica dell'[[esercito romano]] all'epoca dell'[[imperatore romano]] [[Traiano]].]]
{{Vedi anche|Esercito romano}}
 
L'[[esercito romano]] fu l'insieme delle [[forza armata|forze militari]] terrestri e di mare che servirono [[Roma (città antica)|Roma antica]], nella [[storia delle campagne dell'esercito romano|serie di campagne militari]] che caratterizzarono la sua espansione, dall'epoca dei [[Età regia di Roma|sette re]], alla [[Repubblica romana]], all'[[Impero romano|epoca imperiale]] e fino al definitivo declino.
 
L'esercito era composto, a seconda dell'epoca storica analizzata, da varie componenti: le [[legione romana|legioni]] di [[cittadinanza romana|cittadini romani]]; le truppe [[Socii e foederati|di alleati italici]], quelle [[socii e foederati|federate]] ed [[truppe ausiliarie dell'esercito romano|ausiliarie di provinciali]]; la [[marina militare romana|flotta ravennate, di Miseno oltre a quelle fluviali]]; e le guarnigioni di Roma ([[guardia pretoriana]], le [[coorti urbane]] e [[vigiles|quelle di vigili]]).
 
Ricordiamo poi che ci furono numerose importanti riforme militari nel corso degli 11 secoli di [[storia delle campagne dell'esercito romano|storia militare romana]]. Tra queste ricordiamo le più importanti (in ordine cronologico): [[Riforma augustea dell'esercito romano|quella augustea]] e [[Riforma costantiniana dell'esercito romano|quella costantiniana]].
 
Man mano poi che la [[repubblica romana|Repubblica]] prima e l'[[Impero romano|Impero]] poi, ampliarono i confini, questi ultimi furono presidiati da un [[dimensione dell'esercito romano|numero crescente di soldati]] e di [[limes romano|postazioni militari]]. Tre furono i [[limes romano|principali settori strategici]] a protezione dell'[[Impero romano]]:
# il primo e più importante, che decretò poi la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] nel [[V secolo]], fu il fronte settentrionale, a sua volta formato da:
#* il ''[[Britannia (provincia romana)|limes Britannicus]]'', il più settentrionale dell'intero Impero, con i suoi due [[vallum|valli]] ([[vallo di Adriano]] e [[vallo Antonino]]);
#* il ''[[limes renano]]'' lungo il fiume [[Reno]], che per quasi un ventennio comportò la penetrazione nella [[Germania Magna]] fino al fiume [[Elba (fiume)|Elba]];
#* il [[limes danubiano|''limes'' danubiano]], il più importante dell'intero sistema difensivo imperiale, a protezione di tutte le province che dalla [[Rezia (provincia romana)|Rezia]] percorrevano i grande fiume, fino alla sua foce, con la [[Mesia|Mesia inferiore]].
#* il ''limes'' a nord del [[Danubio]], comprendente le [[Dacia (provincia romana)|province daciche]], la [[Sarmazia|sarmatico]] e le coste settentrionali del [[Mar Nero|Ponto Eusino]] (delle città greche di [[Tyras]] ed [[Olbia Pontica|Olbia]], del [[regno del Bosforo Cimmerio|regno del Bosforo]], tutte località presidiate dai tempi di [[Nerone]] con installazioni militari romane, fino all'arrivo dei [[Goti]] della prima metà del [[III secolo]]).
# il secondo per importanza, ovvero il [[limes orientale|''limes'' orientale]], a protezione dei confini est dell'Impero romano, era organizzato in quattro sub-settori:
#* il [[Cappadocia (provincia romana)|''limes'' cappadocio e del Ponto Eusino]] creato a partire dall'imperatore [[Tiberio]] nel [[17]] con l'annessione della [[provincia romana]] di [[Cappadocia (provincia romana)|Cappadocia]];
#* il [[Armenia (provincia romana)|''limes'' armeno]], spesso al centro di [[guerre romano-persiane|guerre tra Romani e Persiani]] per numerosi secoli;
#* il [[Mesopotamia (provincia romana)|''limes'' mesopotamico]] creato in modo discontinuo a partire dalle [[campagne partiche di Traiano]] degli anni [[114]]-[[117]];
#* il cosiddetto ''[[limes Arabicus]]'' che collegava l'[[Eufrate]] al [[Mar Rosso]] dopo circa 1.000&nbsp;km, a sua volta diviso in due sub-''limes'', a difesa delle province di [[Siria (provincia romana)|Siria]], [[Arabia (provincia romana)|Arabia]] e [[Giudea romana|Giudea/Palestina]].
# il terzo per importanza, sebbene fosse il più lungo da difendere, era il [[limes africano|''limes'' africano]] a protezione dei confini meridionali. Era a sua volta diviso in due macro-settori:
#* il fronte occidentale, comprendente le province [[Mauretania (provincia romana)|mauretane]], la [[Numidia]] e l'[[Africa (provincia romana)|Africa proconsolare]];
#* il fronte orientale, formato dalle province della [[Creta e Cirene|Cirenaica]] ed [[Egitto (provincia romana)|Egitto]].
 
== Economia ==
{{vedi anche|Economia romana}}
 
=== Età regia ===
{{Vedi anche|Economia della Roma regia}}
 
All'inizio dell'età del ferro (IX secolo a.C.) l'economia dei popoli dell'Italia centrale era basata quasi esclusivamente sui prodotti della pastorizia e dell'agricoltura. Allevamento ed agricoltura rappresentarono le attività economiche principali anche nel periodo arcaico o [[Età regia di Roma|monarchico]] (dall'VIII al VI secolo a.C.) della storia di Roma antica. Si trattava di un'[[Economia della Roma regia|economia di sussistenza]]: la destinazione dei prodotti era, infatti, l'autoconsumo familiare o tribale. Roma, tuttavia, si sviluppò grazie alla sua posizione su un'area di frontiera, ovvero la via commerciale tra le città [[etruschi|etrusche]] e le [[Magna Grecia|colonie greche]] della Campania lungo la direttrice nord-sud, e la "via del sale" ([[via Salaria]]) tra la foce del Tevere e le comunità [[Sabini|sabine]] e [[Osco-umbri|umbro-sabelliche]] dell'Appennino centrale lungo la direttrice ovest-est.
 
Il [[Tevere]] costituiva nell'antichità la linea di demarcazione tra due aree con caratteristiche diverse, quella etrusca a nord del fiume e quella delle popolazioni [[Latini|latine]] a sud. Il sito dove nell'VIII secolo a.C. sorse Roma era economicamente strategico in quanto punto di incontro di vie commerciali che andavano in più direzioni. In particolare, fu il controllo dei traffici legati a un prodotto importante come il sale, proveniente dalle saline alla foce del Tevere, a costituire il primo impulso per lo sviluppo economico di Roma: il sale passava, infatti, dalla città per essere trasportato verso l'interno, nel territorio sabino, lungo il percorso della [[via Salaria]], cioè "via del sale".
 
=== Età repubblicana ===
[[File:Roman harvester, Trier.jpg|upright=2|thumb|Un'economia basata sull'agricoltura.]]
{{Vedi anche|Economia della Repubblica romana}}
 
Come in gran parte delle società del mondo classico, anche l'[[economia della Repubblica romana]] (dal V al I secolo a.C.) era essenzialmente, se non esclusivamente, basata sulla produzione e la distribuzione di prodotti agricoli (gran parte della produzione era, tuttavia, rivolta all'autoconsumo). La classe degli aristocratici ([[patrizio (storia romana)|patrizi]]), che nell'epoca presa in esame corrispondeva anche al ceto sociale più ricco, era costituita prevalentemente dai grandi proprietari fondiari, che seguivano personalmente la conduzione delle aziende agricole ([[Villa romana|ville rustiche]]). Solo nella tarda età repubblicana cominciò ad affermarsi economicamente la classe sociale degli ''[[Ordine equestre|equites]]'', che traeva le proprie ricchezze non dall'agricoltura, bensì dal commercio, dalle industrie e dalla finanza (riscossione delle imposte e prestiti a interesse).
 
==== Monetazione romana ====
{{vedi anche|Monetazione romana repubblicana}}
 
Quando dal baratto si passò a un primo sistema monetario, il valore dell'unità monetaria, consistente in una certa quantità di rame o di bronzo (''[[aes rude]]''), fu stabilito pari a quello di una pecora o di un bue. In seguito l<nowiki>'</nowiki>''aes rude'' fu sostituito dalla prima moneta di bronzo, l<nowiki>'</nowiki>''[[aes grave]]'' o ''asse librale'' (perché inizialmente era del peso di una libbra circa). Con l'aprirsi di Roma al commercio estero (in particolare con la [[Magna Grecia]]), nel III secolo a.C. comparvero le prime monete d'argento, coniate inizialmente dall'alleata [[Cuma]] (che disponeva di una zecca), fino a quando Roma stessa cominciò a battere moneta, producendo monete d'argento come il ([[Denario]] e il [[Vittoriato]]) e d'oro come l'([[Aureo]]), che andarono ad affiancarsi a quelle di bronzo ([[Asse (moneta)|Asse]]). Il ''([[Sesterzio]])'' durante la Repubblica era una piccola moneta d'argento del valore di 1/4 del ''denario'' (dopo la [[Riforma monetaria di Augusto]] designò invece una moneta di rame, o meglio in ottone ''([[oricalco]])''). Le monete più preziose venivano utilizzate per le transazioni internazionali, quelle di minor valore, invece, per l'economia domestica.
 
La coerenza dell'insieme era assicurata da cambi fissi: un Aureo = 25 Denari = 100 Sesterzi = 400 Assi. Lo Stato per tutta la durata della Repubblica agì con prudenza e saggezza nella regolazione delle coniazioni (quantità di monete emesse, loro peso e titolo).
 
=== Età imperiale ===
[[File:Map of the Periplus of the Erythraean Sea.jpg|thumb|upright=1.4|left|[[Commercio romano con l'India]] secondo il ''[[Periplus Maris Erythraei|Periplus maris erythraei]]'' e [[relazioni diplomatiche sino-romane]].]]
{{Vedi anche|Economia dell'Impero romano}}
 
Nei primi due secoli dell'Impero romano lo [[Economia dell'Impero romano|sviluppo della sua economia]] si era basato essenzialmente sulle conquiste militari, che avevano procurato terre da distribuire ai legionari o ai ricchi senatori, merci da commerciare e schiavi da sfruttare in lavori a costo zero.<ref>«Sistema agrario-mercantile a base schiavistica», con questa formula A. Schiavone definisce il sistema economico-sociale della prima età imperiale di Roma antica (Momigliano e Schiavone, ''Storia di Roma'', Einaudi, 1988).</ref> Per questo motivo l'economia appariva prospera ([[Impero romano#Imperatori adottivi.2C gli Antonini e l.27inizio del secolo d.27oro .2896-193.29|"secolo d'oro"]]). In realtà restava in una condizione di stagnazione, che divenne decadenza (declino della produzione agricola e contrazione dei grandi flussi commerciali) con la conclusione della fase delle grandi guerre di conquista (198 d.C., conquista di [[Ctesifonte]], capitale dell'[[impero partico]]). L'Impero romano, infatti, da un lato si dimostrò incapace di realizzare uno sviluppo economico endogeno (non dipendente dalle conquiste) e dall'altro di ovviare all'aumento dei costi della spesa pubblica (la vera radice della crisi fu l'incremento del costo dell'esercito e della burocrazia) con un sistema fiscale più efficiente che oppressivo. La grave crisi che ne conseguì ne provocò gradualmente la decadenza, fino ad arrivare nel V secolo d.C. alla caduta della parte occidentale ad opera di popolazioni germaniche<ref>Secondo A. Fusari il sistema economico dell'età imperiale era destinato alla stagnazione in quanto i due elementi che lo componevano, l'agricoltura ed il commercio, e la sua base energetica principale, gli schiavi, non erano integrati in un mercato unico come nell'economia capitalistica, e la sua alimentazione non derivava se non in minima parte dal surplus reinvestito nel mercato (accumulazione endogena promossa da fattori agenti all'interno del sistema), bensì dall'afflusso di risorse esterne (accumulazione esogena), frutto della rapina, delle guerre e dello sfruttamento delle province. Inoltre l'ordine equestre, che avrebbe potuto contrapporsi all'aristocrazia terriera e guerriera come classe sociale che basasse il proprio potere, la propria ricchezza e la propria identità di classe proprio sullo sviluppo di un sistema imprenditoriale mercantilistico ed industriale, non aspirò mai a sostituirsi all'aristocrazia nell'acquisizione del potere (come avrebbe fatto un'autentica classe borghese), bensì a farne parte, reinvestendo il "surplus commerciale" nell'acquisizione di una rendita fondiaria (A. Fusari, ''L'avventura umana'', Seam, 2000).</ref>
 
Nella prima età imperiale l'impulso fornito dalla forte urbanizzazione<ref>La civiltà imperiale fu essenzialmente una civiltà urbana. Nelle popolose città dell'Impero risiedevano i ceti privilegiati. Specie in Occidente la città era prima di tutto un centro amministrativo, attraverso il quale veniva esercitato il controllo e lo sfruttamento della regione agricola circostante, ma era anche il luogo dove veniva distribuita e consumata la ricchezza prodotta ed il centro di diffusione dei modelli di comportamento della società imperiale (E. Lo Cascio, Roma imperiale. Una metropoli antica, Carocci 2010).</ref> e la sicurezza delle linee di traffico favorirono l'espansione del commercio terrestre e marittimo<ref>Da Narbona a Cartagine si impiegavano in media cinque giorni di navigazione, da Marsiglia ad Alessandria, invece, trenta ({{cita|Ruffolo|p. 130)}}</ref>:<ref>Giorgio Ruffolo calcola in 4 miliardi di sesterzi (un quinto del Pil totale) il valore aggiunto complessivo del settore commerciale nel I secolo d.C. (Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 28).</ref><ref>«Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti, mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie province si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse una scala senza precedenti nella storia». Grazie a un sistema altamente organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero migliaia di tonnellate di prodotti: metalli estratti nelle regioni montagnose dell'Europa occidentale: stagno dalla Britannia, ferro dalla Spagna, piombo dalla Sardegna; pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, della Spagna e dai mercati del Mar Nero; vino dalla Provenza, dall'Aquitania, dall'Italia, da Creta, dalla Numidia; olio dall'Africa e dalla Spagna; lardo dalla Lucania; miele dall'Attica; formaggio dalla Dalmazia; frutta secca, datteri e prugne dalla Siria; cavalli dalla Sicilia e dalla Numidia; legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia; marmo dai litorali egei, dall'Asia Minore, dall'Egitto, dai Pirenei e anche dal Mar di Marmara; e - il più importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto, della Sicilia, della Tessaglia e della valle del Danubio per i bisogni delle grandi città (H. St. L. B. Moss, ''The Birth of the Middle Ages'', p.1).</ref> a Roma, per esempio, si moltiplicarono le botteghe, le aziende commerciali all'ingrosso e al dettaglio, i depositi, i magazzini, le corporazioni di artigiani e trasportatori. I traffici commerciali si spinsero fino alle coste del Baltico, in Arabia, India e Cina per importare prodotti di lusso e di prestigio a prezzi astronomici (al valore della merce andava infatti aggiunto il costo elevatissimo dei trasporti e una lunga serie di dazi e pedaggi). Per quanto non paragonabile con i concetti moderni, ci fu un costante legame di importazione tramite carovaniere ed il commercio marittimo con le regioni orientali, in particolare l'India e la penisola Arabica, da dove arrivavano incenso, profumi, perle, gemme, spezie, sete, carni e pesci rari, frutta esotica, ebano, unguenti. L'emorragia di monete in metallo prezioso per l'acquisto dei prodotti di lusso finirà, però, per provocare nei secoli successivi gravi conseguenze a livello di bilancio commerciale.<ref>Plinio il Vecchio calcolava in 100 milioni di sesterzi la somma che ogni anno usciva dall'Impero per pagare le merci pregiate: era una cifra davvero enorme, corrispondente al gettito annuale di tutte le imposte indirette ed era pari a a 1/14 di tutte le entrate dell'Impero al tempo di Vespasiano (Plin. NH, XII, 84: ''minimaque computatione miliens centena milia sestertium annis omnibus India et Seres et paeninsula illa imperio nostro adimunt: tanti nobis deliciae et feminae constant. quota enim portio ex illis ad deos, quaeso, iam vel ad inferos pertinet?'').</ref><ref>Nessun aristocratico romano si sarebbe sognato di chiamar "consumi" le attività rivolte all'acquisto di prodotti di lusso o a generare piaceri. L'ideale della società aristocratica romana era l'''otium'', non il lavoro produttivo. Della riproducibilità delle risorse usate ci si occupava poco: c'erano gli schiavi e le legioni a provvedervi. Tanto meno ci si occupava della disuguaglianza della distribuzione delle risorse: la società romana, come tutte quelle antiche, era spietata e considerava naturale che alla concentrazione delle ricchezze in pochissime mani corrispondesse la povertà estrema dei consumi delle masse. Quel che contava non era tanto migliorare la produzione di risorse e distribuirle meglio, quanto piuttosto l'intensità dei piaceri che si potevano trarre dal loro sfruttamento (Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 64).</ref>
 
;Aerarium militare e [[monetazione imperiale romana|monetazione imperiale]]:
 
Il gigantesco apparato imperiale comportava costi crescenti. [[Augusto]] aveva diviso l'Impero in province senatorie i cui tributi finivano nell'[[aerarium|erario]] (l'antica cassa dello Stato), a sostenere le spese correnti di quell'istituzione, ed in province imperiali, le cui entrare alimentavano il [[fisco]], la cassa privata dell'imperatore, cui toccavano gli oneri più gravosi, rappresentati dall'esercito, dalla burocrazia e dalle sovvenzioni alla plebe urbana (distribuzioni di frumento o denaro) per evitare rivolte. Sotto i successori di Augusto si ingenerò confusione tra erario e fisco, a tutto vantaggio di quest'ultimo. Inoltre, per l'esercito era prevista una cassa apposita, l'erario militare, in cui si accantonavano i fondi per il pagamento dell'indennità ai soldati congedati.<ref>Elio Lo Cascio, ''Le tecniche dell'amministrazione'', in ''Storia di Roma'', II.2, Einaudi, Torino, 1991, pp. 144-151.</ref> Il costo dell'esercito<ref>In età augustea il costo delle legioni era intorno alla metà della spesa pubblica totale, ma rappresentava solo il 2,5 per cento del Pil. In compenso erano enormi le ricchezze che grazie alle sue conquiste affluivano allo Stato e soprattutto ai privati: oro, tesori, terre, opere d'arte. Per molti anni il ''tributum'' del 5 per cento del reddito imponibile istituito da Augusto per finanziare la difesa dell'Impero poté essere abbuonato ai cittadini romani (G. Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza,'' Einaudi, 2004, p. 51).</ref> fu aggravato inoltre dall'uso invalso da [[Claudio]] in poi di gratificare i soldati con un donativo per assicurarsene la fedeltà al momento dell'ascesa al trono e in situazioni delicate. Se aggiungiamo alle spese necessarie e inevitabili gli sprechi nella gestione della corte, si capisce come lo stato delle finanze fosse in genere alquanto precario. La decisione di Augusto di consolidare l'Impero, assicurandogli confini naturalmente sicuri e compattezza interna, invece che di estendere le frontiere, dipese anche dal fatto che l'imperatore si era reso conto che le risorse erano limitate e non in grado di sostenere eccessivi sforzi espansionistici.<ref>Sulla strategia di conquista e consolidamento vd. Emilio Gabba, ''L'impero di Augusto'', in ''Storia di Roma'', II.2, Einaudi, Torino, 1991, pp. 13-17</ref>. I successori, infatti, non si discostarono molto dalla linea augustea, a parte [[Traiano]] che portò l'Impero alla sua massima estensione anche per assicurarsi le miniere d'oro della Dacia ed il controllo delle vie carovaniere dell'Oriente: il beneficio fu comunque solo momentaneo. Alla lunga, la conclusione della politica espansionistica che fece mancare le usuali risorse del bottino di guerra, la diminuzione della moneta circolante (la produzione delle miniere era inferiore alla richiesta di metalli preziosi), la scarsità e quindi l'aumento del prezzo di mercato degli schiavi, resero le spese sempre più insostenibili, mentre la pressione fiscale si rivelava inefficace. Lo Stato conosceva un solo mezzo di intervento che non aumentava ulteriormente la pressione fiscale: la svalutazione della moneta, tramite la riduzione di peso delle monete (il primo ad operare in tal senso fu [[Nerone]], al fine di poter meglio sostenere la sua personale politica di prestigio e di grandi spese). La conseguenza, evidente in tutta la sua drammaticità nel corso del Tardo Impero, sarà un'inflazione galoppante.
 
== Lingua ==
[[File:Lapis-niger.jpg|thumb|Iscrizione in latino arcaico sul [[Lapis niger]].]]
{{vedi anche|Lingua latina}}
 
Il [[lingua latina|latino]] è una [[lingue indoeuropee|lingua indoeuropea]] appartenente al gruppo delle [[lingue latino-falische]]<ref>Un tempo lingue latino-falische e [[lingue osco-umbre]] erano considerate parte di un unico gruppo linguistico indoeuropeo, quello detto delle [[lingue italiche]]; tale visione è stata tuttavia progressivamente abbandonata dall'[[indoeuropeistica]], ormai da decenni concorde nel considerarli due rami indoeuropei distinti, sebbene avvicinati da fenomeni di convergenza a causa del lungo coesistere nella Penisola Italica.</ref>. Veniva parlata a [[Roma]] e nel [[Lazio]] almeno dagli inizi del [[I millennio a.C.]] Il latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato romano e in quanto [[Lingua (linguistica)|lingua]] ufficiale dell'[[Impero romano|impero]] si radicò in gran parte dell'[[Europa]] e dell'[[Nordafrica|Africa settentrionale]].
 
Del [[latino arcaico]] (fino al [[III secolo a.C.]]) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale. Solo frammenti restano anche dei testi letterari più antichi, quelli di [[Livio Andronico]], [[Gneo Nevio|Nevio]] e [[Quinto Ennio|Ennio]], tutti risalenti al [[III secolo a.C.]], databili quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione di [[Roma]] (secondo [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]] avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le commedie di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]], che costituiscono dunque la principale fonte per lo studio della lingua arcaica. Col [[II secolo a.C.]] la [[letteratura latina]] si sviluppò, e soprattutto con l'opera di [[Marco Porcio Catone]] il Censore nacque una prosa letteraria latina. La lingua aveva però ancora una certa rudezza, e non era priva di influssi dialettali.
 
Fu nel [[I secolo a.C.]], con l'estensione della [[cittadinanza romana]] agli [[Italici]] e i cambiamenti sociali che ne derivarono, che a Roma sorse la preoccupazione per la [[purismo (linguistica)|purezza della lingua]]. Anche sotto la spinta della speculazione linguistica greca, si avviò un processo di regolarizzazione della lingua. In questi tempi fiorirono letterati come [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], che fu oratore e filosofo, oltre che politico (fu [[console (storia romana)|console]] nel [[63 a.C.]], l'anno della [[lucio Sergio Catilina|congiura di Catilina]]); o come [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]] e i ''[[poetae novi]]'', che rivoluzionarono la lingua poetica. La scrittura non era ignota neppure a 'rudi' condottieri come [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], che fu ammiratissimo per il suo stile terso, e di cui restano due opere ancora studiate e apprezzate: ''[[Commentarii de bello Gallico|La guerra gallica]]'' (''Commentarii de bello Gallico'') e ''[[Commentarii de bello civili|La guerra civile]]'' (''Commentarii de bello civili'').
 
I tempi erano ormai maturi perché la letteratura latina sfidasse quella greca, che allora veniva considerata insuperabile. Nella generazione successiva, sotto il principato di [[Augusto]], fiorirono i maggiori poeti di Roma: [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], che primeggiò nella [[Satira latina|satira]] e nella [[Poesia lirica|lirica]], emulava i lirici come [[Pindaro]] e [[Alceo]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], che si distinse nel genere [[poesia bucolica|bucolico]], nella [[poesia didascalica]] e nell'[[poema epico|epica]], rivaleggiava con [[Teocrito]], [[Esiodo]] e addirittura [[Omero]]; e poi ancora [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], maestro del metro elegiaco, e [[Tito Livio]] nella [[storiografia]].
 
== Cultura ==
{{Vedi anche|Cultura della civiltà romana}}
=== Letteratura ===
{{Vedi anche|letteratura latina}}
 
La letteratura latina viene suddivisa diacronicamente nei seguenti periodi<ref>{{cita|Ettore Paratore, 1962|1}}.</ref>:
* periodo delle origini, dal [[753 a.C.]], tradizionale datazione della [[fondazione di Roma]], al [[241 a.C.]], fine della [[prima guerra punica]] tra [[Roma]] e [[Cartagine]];
* periodo arcaico, dal [[241 a.C.]] al [[78 a.C.]], morte di [[Lucio Cornelio Silla]];
* periodo aureo, dal [[78 a.C.]] al [[14|14 d.C.]], morte di [[Augusto|Gaio Giulio Cesare Ottaviano]]; tale periodo viene suddiviso a sua volta in:
** periodo ciceroniano, dal [[78 a.C.]] al [[43 a.C.]], morte di [[Marco Tullio Cicerone]];
** periodo augusteo, dal [[43 a.C.]] al [[14|14 d.C.]];
* periodo argenteo, dal [[14]] al [[117]] d.C., morte di [[Traiano]];
* periodo della decadenza, dal [[117]] al [[476]] ([[caduta dell'Impero romano d'Occidente]]) o al [[568]] (discesa dei [[Longobardi]] in Italia).
 
==== Periodo arcaico (241-78 a.C.) ====
{{vedi anche|Età preletteraria latina}}
 
La cultura latina viene convenzionalmente divisa in due fasi principali: una fase anteriore all'influenza greca, iniziata con la [[guerre pirriche|guerra tarantina]] ([[272 a.C.]]), ed un'altra fase posteriore a questo evento.<ref name=due>{{cita|Ettore Paratore, 1962|2}}.</ref> La civiltà romana, tuttavia, anche se posta in una zona marginale rispetto alla [[Penisola balcanica|penisola greca]] ed alle [[Isole egee|isole dell'Egeo]], fu influenzata culturalmente dai [[greci]] fin dalla sua nascita<ref name=tre>{{cita|Ettore Paratore, 1962|3}}.</ref>: la civiltà greca, infatti, manteneva il predominio culturale su gran parte della [[penisola italiana|penisola italica]] e influenzò in vari aspetti gli [[etruschi]], [[popoli dell'Italia antica|popolazione italica]] che dominava politicamente il centro della penisola<ref>{{cita|Ettore Paratore, 1962|3-4}}.</ref>.
 
I primi cinque secoli della [[storia romana]] furono caratterizzati dalla conquista dell'[[Italia Centrale|Italia centrale]] e [[italia Meridionale|meridionale]], dalla creazione di istituzioni politiche, religiose e giudiziarie<ref>{{cita|Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 I|7-12}}.</ref> ma anche da una produzione letteraria anonima e tramandata oralmente, con scopi pratici e occasionali: per questo fu definita ''preletteraria''. Questa produzione consiste in forme poetiche abbozzate, senza alcun intento letterario, scritte in un latino ''rozzo e primitivo''; la loro importanza è dovuta all'influenza che esercitarono sulla letteratura posteriore, specialmente in determinati ambiti quali il [[Teatro latino|teatro]], l'[[retorica|oratoria]] e la [[storiografia romana|storiografia]].
 
Di questo periodo ricordiamo autori come: [[Livio Andronico]], [[Gneo Nevio]], [[Quinto Ennio]], [[Marco Porcio Catone]], [[Cecilio Stazio]], [[Marco Pacuvio]], [[Lucio Accio]], [[Tito Maccio Plauto]], [[Publio Terenzio Afro]], [[Gaio Lucilio]], [[Appio Claudio Cieco]], [[Quinto Fabio Pittore]] e [[Quinto Claudio Quadrigario]].
 
==== Periodo aureo o classico (78 a.C.-14 d.C.) ====
[[File:Cicero - Musei Capitolini.JPG|thumb|upright|left|[[Marco Tullio Cicerone]], simbolo dell'oratoria latina ([[Musei Capitolini]], [[Roma]]).]]
{{Vedi anche|Letteratura latina classica}}
 
Il periodo ''aureo'', chiamato anche ''classico'' o ''di transazione'' (dalla Repubblica all'Impero), dura dal [[78 a.C.]] al [[14|14 d.C.]] e viene suddiviso in ''periodo ciceroniano'' (o ''età cesariana'') e ''periodo augusteo''. Fu un'epoca in cui si presentarono grandi novità, sia in ambito civile che letterario: i grandi modelli della letteratura e dell'arte greca, infatti, vennero assimilati e rielaborati in modo tale da essere adeguati alla sensibilità ed alla spiritualità del tempo: il contrasto tra ''vecchio'' e ''nuovo'' spesso si notò ''anche nello spirito e nell'opera di uno stesso autore''.
 
A questo periodo appartengono autori come: [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]], [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]], [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], [[Gaio Sallustio Crispo|Sallustio]], lo stesso [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], [[Marco Terenzio Varrone]], [[Dionigi di Alicarnasso]], [[Fedro]], [[Gaio Giulio Igino]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]], [[Sesto Properzio|Properzio]], [[Strabone]], [[Albio Tibullo|Tibullo]], [[Tito Livio]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] e [[Marco Vitruvio Pollione]].
 
==== Periodo imperiale o argenteo (14-550) ====
{{Vedi anche|Letteratura latina imperiale|Letteratura greca imperiale}}
 
La [[letteratura latina]] nei primi due secoli dell'Impero attraversò un periodo di grande splendore, grazie anche al [[mecenatismo]] degli imperatori ([[Augusto]] in primis) che finanziavano i letterati. Gli imperatori (in particolare Augusto) volevano usare la [[letteratura]] come [[propaganda]], come mezzo per costruire il consenso. In cambio della protezione dei letterati, gli imperatori volevano in cambio essere esaltati nei componimenti encomiastici scritti da questi scrittori.
 
Il periodo ''argenteo'' va dal [[14]] (anno della morte di [[Augusto]]) al [[550]] (''[[Corpus iuris civilis|Corpus Iuris Civilis]]'' di [[Giustiniano I|Giustiniano]]). In questo periodo i rapporti tra letterati e imperatori non sempre furono ottimi. Basti pensare alla vita del filosofo stoico [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] che non ebbe mai buoni rapporti con gli Imperatori ([[Caligola]] lo voleva uccidere, [[Claudio]] lo esiliò (e Seneca si vendicò prendendosi gioco di lui nella satira ''[[Apokolokyntosis]]'') e [[Nerone]] (che era stato pure suo allievo) lo condannò a morte per aver congiurato contro di lui) oppure all'età di [[Domiziano]]. L'Imperatore Domiziano perseguitò infatti letterati e filosofi, che furono ben felici quando il tiranno morì e venne sostituito dai buoni ''princeps'' [[Marco Cocceio Nerva|Nerva]] (96-98) e Traiano (98-117), che restaurarono l'antica libertas, ed esaltarono i due nuovi imperatori nei loro componimenti condannando invece la tirannia di Domiziano (per esempio Plinio il giovane nel Panegirico di Traiano e Tacito nella prefazione dell'''[[De vita et moribus Iulii Agricolae|Agricola]]'').
 
Uno dei primi esempi di letteratura encomiastica fu per esempio il celebre poema epico di [[Publio Virgilio Marone]] l'''[[Eneide]]''. Esso, narrando la storia di [[Enea]] dalla distruzione di [[Troia]] all'arrivo nel [[Lazio]] e all'uccisione di [[Turno]], celebra non solo le antiche e gloriose origini di [[Roma]] (saranno infatti i discendenti di Enea a fondare l'urbe) ma anche la famiglia di Augusto, la [[gens Giulia|gens Iulia]] (il cui fondatore e nientemeno che Iulo (o [[Ascanio]]), il figlio di Enea e nipote della dea [[Venere (divinità)|Venere]]). Il [[poema]] di Virgilio ebbe un successo incredibile, tanto che ancora oggi e uno dei poemi epici più noti della [[storia]]. Altri esempi di letteratura encomiastica sono i panegirici, cioè dei componimenti encomiastici che esaltavano degli Imperatori o altri personaggi illustri. Uno dei panegirici più noti della letteratura latina è il [[panegirico]] di [[Traiano]] scritto dal letterato [[Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il giovane]].
 
[[File:Bakalovich catullus.jpg|thumb|upright=1.4|Il poeta [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]] legge uno dei suoi scritti agli amici, da un dipinto di [[Stefano Bakalovich]].]]
 
Tuttavia i rapporti tra letterati e imperatori non sempre furono ottimi. Basti pensare alla vita di [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] che non ebbe mai buoni rapporti con gli Imperatori ([[Caligola]] lo voleva uccidere, [[Claudio]] lo esiliò (e Seneca si vendicò prendendosi gioco di lui nella satira ''[[Apokolokyntosis]]'') e [[Nerone]] (che era stato pure suo allievo) lo condannò a morte per aver congiurato contro di lui) oppure all'età di [[Domiziano]]. L'Imperatore Domiziano perseguitò infatti letterati e filosofi, che furono ben felici quando il tiranno morì e venne sostituito dai buoni ''princeps'' Nerva (96-98) e Traiano (98-117) ed esaltarono i due nuovi imperatori nei loro componimenti (per esempio Plinio il giovane nel Panegirico e Tacito nella prefazione dell'''[[De vita et moribus Iulii Agricolae|Agricola]]'').
 
Mentre il [[teatro latino]] conobbe un periodo di decadenza (l'unico autore teatrale di rilievo fu [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] con le sue tragedie), altri generi (come la [[Satira latina|satira]] e la [[storiografia romana|storiografia latina]]) attraversavano un periodo di splendore. La satira, genere che si prendeva gioco con il ''risum'' delle persone che si comportavano male, attraversò un periodo di grande splendore con grandi autori come [[Aulo Persio Flacco|Persio]] e [[Decimo Giunio Giovenale|Giovenale]]. Essi però, piuttosto che fare attacchi personali (cosa alquanto rischiosa, in quanto le persone prese di mira, essendo potenti, potevano vendicarsi), condannavano per lo più i vizi e non le persone, con lo scopo pedagogico di far capire al lettore di non seguire l'esempio delle persone viziate presenti nella satira.
 
[[File:Parco della Grotta di Posillipo5.jpg|thumb|left|upright|Busto del massimo poeta latino, [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]].]]
 
Anche la storiografia conobbe grande successo con autori come [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]] e [[Floro]]. La storiografia rientra in un certo senso nel genere encomiastico nel senso che narrando le conquiste territoriali fatte dai romani nei secoli e nei decenni precedenti in questo modo si esaltava la grandezza di Roma. Ciò non significa però che gli storiografi latini non critichino talvolta per il loro atteggiamento gli imperatori, soprattutto gli imperatori tiranni. Gli storiografi latini spesso si ispiravano alle opere di [[Gaio Sallustio Crispo|Sallustio]], soprattutto per la selettività degli avvenimenti da narrare.
 
La [[filosofia]] ebbe come suo maggiore esponente il filosofo [[stoicismo|stoico]] Seneca, mentre l'[[retorica|oratoria]] attraversò un periodo di decadenza. Secondo l'oratore [[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]] (autore tra l'altro dell'''Institutio oratoria'', la formazione dell'oratore) ciò era dovuto al fatto che non c'erano più buoni insegnanti e che per riprendersi da questa decadenza bisognava ritornare a [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], da lui considerato il più grande oratore e in quanto tale il modello da prendere ad esempio. Per Tacito invece la decadenza dell'Oratoria era dovuta all'istituzione del [[principato (storia romana)|principato]]. Infatti ciò che alimentava la "fiamma" dell'oratoria erano le lotte politiche; ora che il potere era di uno solo e non vi erano quindi più lotte politiche, l'oratoria necessariamente è decaduta.
 
Un altro genere importante della letteratura di quei tempi è l'epistolografia. Tra le [[epistole]] più celebri del periodo argenteo ricordiamo quelle di Seneca e Plinio il giovane. Le epistole di Seneca vennero scritte negli anni conclusivi della sua vita, quando, abbandonata la vita politica, decise di dedicarsi alla vita contemplativa, ed erano indirizzate a [[Gaio Lucilio|Lucilio]], che, oltre a essere amico di Seneca, era anche governatore della Sicilia. Seneca in queste epistole tenta di insegnare a Lucilio come raggiungere la virtù, cosa che Seneca stesso, come afferma proprio nelle epistole, non è ancora riuscito a raggiungere.
 
In questo periodo si diffuse pure il [[romanzo]], che era un genere di origine greca. Il primo autore di romanzi di rilievo fu [[Petronio Arbitro|Petronio]], che forse era l'arbitro dell'eleganza di Nerone. Egli scrisse il ''[[Satyricon]]'', un romanzo parodistico che narrava la storia d'amore pederasta tra Encolpio e Gitone parodiando in questo modo i romanzi greci che narravano spesso di storie d'amore. Altro autore di rilievo fu [[Apuleio]], autore delle ''[[Le metamorfosi (Apuleio)|Metamorfosi]]'', un romanzo che narra la storia di un giovane che viene trasformato in [[equus asinus|asino]] e per tornare normale doveva mangiare un particolare tipo di rose.
 
Alla fine del [[IV secolo]], e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica, definitivamente sancita già in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di comunicazione. È il caso dello storico greco-siriano [[Ammiano Marcellino]], che decise, dopo un lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove morì attorno all'anno 400. Nella Città Eterna scrisse il suo capolavoro ''Rerum gestarum libri XXXI'', pervenutoci purtroppo in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).
 
[[File:Antonello da Messina 009.jpg|thumb|upright|[[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] in un dipinto di [[Antonello da Messina]].]]
 
Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio [[Claudio Claudiano|Claudiano]] (nato nel 375 circa), adottò il latino nella maggior parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione, nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini ([[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Marco Anneo Lucano|Lucano]], [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] ecc.) e greci ([[Omero]] e [[Callimaco]]). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero non possiamo dimenticare il gallo-romano [[Claudio Rutilio Namaziano]], che nel suo breve ''[[De reditu suo|De reditu]]'' (417 circa) rese un vibrante e commosso omaggio alla città di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la Gallia.
 
L'ultimo grande retore che visse ed operò in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano [[Quinto Aurelio Simmaco|Simmaco]] spentosi nel 402. Le sue ''Epistulae'', ''Orationes'' e ''Relationes'' ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, così ben rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscitò la violenta reazione del cristiano [[Prudenzio]] che nel suo ''Contra Symmachum'' stigmatizzò i culti pagani del tempo. Prudenzio è uno dei massimi poeti cristiani dell'antichità. Nato a [[Calahorra|Calagurris]] in Spagna, nel [[348]], si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al già citato ''Contra Symmachum'', è autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica o di carattere teologico fra cui una ''Psychomachia'' (Combattimento dell'anima), una ''Hamartigenia'' (Genesi del Peccato) ed un ''Liber Cathemerinon'' (Inni da recitarsi giornalmente).
 
Nel [[III secolo|III]], [[IV secolo|IV]] e [[V secolo]] la letteratura latina declinò, non così il pensiero giuridico, filosofico e teologico che diede i propri frutti più alti in quel periodo. Ricordiamo fra i giuristi [[Eneo Domizio Ulpiano|Ulpiano]], [[Emilio Papiniano|Papiniano]] e [[Giulio Paolo]] (inizi del III secolo) e, per ciò che riguarda la teologia e la filosofia, i Padri della Chiesa [[San Girolamo]], [[Sant'Ambrogio]] e [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]], massima espressione del pensiero cristiano del primo millennio dell'era volgare. Agostino, avvicinatosi alla filosofia leggendo l'''[[Ortensia|Ortensio]]'' di Cicerone e le opere di [[Platone]] a dei [[Neoplatonismo|neoplatonici]], cercò di conciliare la classicità pagana con il nuovo messaggio cristiano. Sviluppò negli anni maturi un poderoso ''corpus'' dottrinario la cui influenza si è fatta sentire in età medievale ([[Pietro Abelardo]], [[Ruggero Bacone]], [[Duns Scoto]] ecc.), moderna ([[Martin Lutero]], [[Giansenio]], ecc.) e contemporanea ([[Søren Kierkegaard|Soren Kierkegaard]] in particolare). Il IV secolo è anche il secolo di [[Ammiano Marcellino]], un siro di madrelingua greca ma di espressione latina considerato il massimo storico romano di età tardo-imperiale.
 
=== Arte ===
{{Vedi anche|Arte romana}}
 
;Dalle origini alla monarchia:
[[File:Acroterio dall'area archeologica di sant'omobono, forse raffigurante minerva.jpg|thumb|left|upright|L'[[acroterio]] fittile della "Minerva" dall'[[area di Sant'Omobono]]]]
{{vedi anche|arte romana arcaica}}
 
Secondo la leggenda, la città di Roma venne fondata il 21 aprile nell'anno [[753 a.C.]] Alle origini della città ebbe grande importanza il guado sul [[Tevere]], che costituì per molto tempo il confine tra [[Etruschi]] e [[Latini]], nei pressi dell'[[Isola Tiberina]], e l'approdo fluviale dell'''Emporium'', tra [[Palatino]] e [[Aventino]].
 
Nell'età protostorica e [[Età regia di Roma|regia]] non si può ancora parlare di arte "romana" (cioè con caratteristiche proprie), ma solo di produzione artistica "a Roma", dalle caratteristiche [[arte italica|italiche]], con notevoli influssi etruschi.
 
Presso l'emporio vicino all'attraversamento del fiume, il [[Foro Boario]], è stato scavato un tempio arcaico, nell'[[area di Sant'Omobono]], risalente alla fine del [[VII secolo a.C.|VII]]-metà del [[VI secolo a.C.]], con resti di età appenninica che documentano una continuità di insediamento per tutta l'epoca regia.
 
Sotto [[Tarquinio Prisco]] viene edificato sul [[Campidoglio]] il [[tempio di Giove Ottimo Massimo|tempio dedicato alla triade capitolina]], [[Giove (divinità)|Giove]], [[Giunone]] e [[Minerva]], nella data tradizionale del [[509 a.C.]], la stessa in cui viene collocata la cacciata del re e l'inizio delle liste dei magistrati. La data di fondazione del tempio poteva anche essere stata verificata dagli storici romani successivi grazie ai ''clavi'' i chiodi annuali infissi nella parete interna del tempio. I resti del [[podio]] del tempio sono ancora parzialmente visibili sotto il [[Palazzo dei Conservatori]] e nei sotterranei dei [[Musei capitolini|Musei Capitolini]].
[[File:Cista ficoroni, fine IV-inizio III secolo ac., roma.jpg|thumb|Decorazione a graffito della [[cista Ficoroni]]]]
Le sculture in [[ceramica#Le terrecotte|terracotta]] che lo adornavano, altra caratteristica dell'[[arte etrusca]], sono andate perdute ma non dovevano essere molto diverse dalla scultura etrusca più famosa della stessa epoca, l'[[Apollo di Veio]] dello scultore [[Vulca]], anch'essa parte di una decorazione templare (il [[santuario di Portonaccio]] a [[Veio]]). Anche la tipologia architettonica del tempio sul Campidoglio è di tipo etrusco: un alto [[podio]] con doppio colonnato sul davanti sul quale si aprono tre [[cella (architettura)|celle]].
 
Tra le opere più imponenti della Roma arcaica ci furono la [[Cloaca Massima|Cloaca Maxima]], che permise l'insediamento nella valle del Foro, e le [[Mura serviane]], delle quali restano vari tratti.
 
Bisogna attendere il periodo tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C. per trovare un'opera d'arte figurativa prodotta sicuramente a Roma: è la nota [[Cista Ficoroni]], contenitore in bronzo finemente cesellato col mito degli [[Argonauti]] (dall'iscrizione "''Novios Plautios med Romai fecid''", "Novio Plautio mi fece a Roma"). Ma la tipologia del contenitore è [[palestrina|prenestina]], l'artefice di origina osco-campana (a giudicare dal nome), la decorazione a [[bulino]] di matrice greca classica, con parti a rilievo inquadrabili pienamente nella produzione medio-italica.
 
;Età repubblicana:
L'[[arte romana repubblicana]] è la produzione artistica che si svolse nei territorio sotto il controllo di [[Roma]] durante il periodo della [[Repubblica]] (convenzionalmente dal [[509 a.C.]] al [[27 a.C.]]).
 
Lo sviluppo militare, politico ed economico della Repubblica romana non coincise con lo sviluppo di una civiltà artistica autonoma. Nel periodo repubblicano si possono distinguere almeno tre momenti artistici: un primo come continuazione della cultura arcaica, dove la produzione in città non manifesta alcuna caratteristica stilistica propria; un secondo legato alla conquista della Grecia ed all'arrivo di ingenti bottini di opere d'arte, che mise in crisi la tradizionale tradizione artistica romana innescando un tumultuoso dibattito; una terza fase a partire dall'età sillana quando comparvero ineluttabilmente caratteri propri e specifici dell'[[arte romana]].
 
;Età augustea e giulio-claudia:
[[File:AraPacisFullFrontal2.JPG|thumb|left|upright=1.4|Ara Pacis]]
 
L'[[Arte augustea e giulio-claudia|arte augustea]] e della [[dinastia giulio-claudia]] (fino al [[69]]) si sviluppò verso un sereno "neoclassicismo", che rifletteva le mire politiche di Augusto e della ''[[pax romana|pax]]'', finalizzato a costruire un'immagine solida e idealizzata dell'impero. L'arte dell'età di Augusto è infatti caratterizzata dalla raffinatezza, dall'eleganza, adeguata alla sobrietà ed alla misura che Augusto aveva imposto a sé stesso e alla sua corte. Ciò significò, come hanno messo in luce gli studi della seconda metà del XX secolo, anche un'impronta accademica e un po' fredda, a causa della forte idealizzazione delle opere d'arte.
 
Durante il principato di Augusto ebbe inizio una radicale trasformazione urbanistica di [[Roma]] in senso monumentale. Anche nelle arti figurative si recuperò, in particolare, la [[scultura greca]] del [[V secolo a.C.]] ([[Fidia]], [[Policleto]]...) della quale ci restano numerose opere, ma questo interesse per il passato influenzò anche l'architettura, l'artigianato prezioso e sicuramente (nonostante le esigue tracce), la pittura.
 
Opere emblematiche di quest'epoca sono l'[[Ara Pacis]], l'[[Augusto di via Labicana]] (con il principe come [[pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]]) e l'[[Augusto di Prima Porta|Augusto loricato]], quest'ultimo rielaborato dal [[Doriforo]] di [[Policleto]]. L'uso di creare opere nello stile greco classico va sotto il nome di [[neoatticismo]].
 
;Età flavia:
[[File:Titus-gate100.JPG|thumb|upright|Arco di Tito]]
 
In questo periodo, l'arte dei [[dinastia flavia|Flavi]] ([[arte flavia]]) si sviluppò superando la pesante tutela dell'arte [[neoatticismo|neoattica]], che aveva appiattito le esperienze più originalmente "romane" della [[arte romana repubblicana#Età sillana e cesariana|tarda Repubblica]] favorendo un'imitazione fredda e idealizzata dei modelli dell'[[arte greca|arte greca classica]].
 
Già all'epoca di [[Claudio]] e [[Nerone]] la scultura iniziò a muoversi in maniera più indipendente dalla tutela della prestigiosa arte ateniese, liberandosene quasi definitivamente sotto i Flavi. Non è stato ancora completamente chiarito se l'arte flavia si mosse spinta da una nuova ispirazione autonoma o se invece cambiò semplicemente modello, guardando ad esperienze di altre città ellenistiche, come quelle dell'Asia Minore, anche perché non è ancora sviluppato lo studio delle forme artistiche delle città greche in epoca romana.
 
In scultura si manifestarono due tendenze di maggiore evidenza: l'utilizzo di un chiaroscuro più sfumato nel [[bassorilievo]] e l'uso di collocare le figure in uno spazio infinitamente aperto (rendimento spaziale, circolazione dell'atmosfera attorno alle immagini, ecc.).
 
;Da Traiano agli Antonini:
[[File:Pantheon rome.interior.jpg|thumb|left|Interno del [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] a [[Roma (città antica)|Roma]].]]
L'[[arte traianea]] (indicativamente dal [[98]] al [[117]]), sviluppò ulteriormente le innovazioni dell'[[arte flavia|epoca flavia]], arrivando a staccarsi definitivamente dal solco [[arte ellenistica|ellenistico]], fino a una produzione autonoma. I rilievi della Colonna Traiana furono uno dei capolavori non solo della civiltà romana, ma dell'[[arte antica]] in generale.<ref>Ranuccio Bianchi Bandinelli, Archeologia e cultura, Editori Riuniti, 1979.</ref> Con [[Traiano]] l'[[impero romano]] raggiunse la sua massima espansione. Ciò significò una nuova condizione di benessere per la società romana, che, sia a Roma che nelle province, permise l'affermarsi di una vasta classe media, capace di esprimere le proprie esigenze e un proprio gusto anche in campo architettonico-artistico.
 
L'[[arte adrianea]] (indicativamente dal [[117]] al [[138]]), il classicismo greco, ripreso da [[Augusto]] e superato all'epoca di [[Traiano]], tornò nell'arte ufficiale, ma con un nuovo spirito, più nostalgico, romantico, intellettualmente raffinato. I fenomeni artistici dell'epoca di Adriano furono per lo più circoscritti, nella loro peculiarità stilistica, ai monumenti ufficiali o a quelli sorti nell'immediata influenza della corte imperiale, a differenza dei periodi immediatamente precedenti ([[arte flavia|epoca flavia]] e [[arte traianea|traianea]]), i quali interessarono invece più strati sociali e un territorio più vasto, per via delle mutate condizioni di vita della popolazione romana e provinciale. In questo periodo l'[[arte romana]] sviluppò un recupero classicista, legato al gusto e agli interessi del solo sovrano, uomo estremamente colto e raffinato, artista dilettante (pittore e architetto), poeta, letterato, filelleno nel sentimento e nell'indirizzo politico.
 
Con [[arte dei primi Antonini]] e [[arte nell'età di Commodo]] (cfr. [[imperatori adottivi#Antonini (138-192)|dinastia degli Antonini]], indicativamente dal [[138]] al [[192]]), la scultura monumentale romana subì una svolta stilistica, che è stata definita "barocca": il marmo iniziò ad essere lavorato sempre più col trapano corrente, creando solchi profondi e rilievi pronunciati e creando un [[chiaroscuro]] molto pronunciato: inizia a prevalere l'elemento coloristico su quello [[plasticità (arte)|plastico]], in un processo che fu ulteriormente sviluppato nell'[[arte tardoantica]]. Inoltre con [[Commodo]] la [[Plasticità (arte)|plasticità]] del rilievo si va dissolvendo a favore d'effetti ottici e illusionistici, mentre si tende a una nuova disposizione delle masse e viene accentuata l'espressività soprattutto nelle teste e nei movimenti.
 
;III secolo:
[[File:RomeForumRomanumArchofSeptimiusSeverus01.jpg|thumb|[[Roma (città antica)|Roma]], [[Arco di Settimio Severo]].]]
L'[[arte severiana]] della [[dinastia dei Severi]] (indicativamente dal [[193]] al [[235]]), e quella successiva dell'[[anarchia militare]] (almeno fino a [[Gallieno]], mancando personalità in grado di dare un'impronta durevole all'arte ufficiale romana ed accomunabile all'arte severiana), arrivarono a comprendere così tutta la prima metà del [[III secolo]]. In questo periodo l'[[arte romana]] iniziò il processo che portò alla rottura dell'[[arte tardoantica]], spartiacque tra arte antica e medievale. Alcune produzioni artistiche ufficiali videro la comparsa evidente di elementi tratti dall'[[arte plebea]] e [[arte provinciale romana|provinciale]], mentre in altri settori venne mantenuta in vita più a lungo la forma tradizionale di derivazione [[arte ellenistica|ellenistica]], come nel [[ritratto romano|ritratto]], che proprio in questo periodo fiorì con capolavori di grande spessore psicologico.
 
L'[[arte dioclezianea e della tetrarchia]] rappresentò la produzione artistica all'epoca di [[Diocleziano]] e della sua [[tetrarchia]] (indicativamente dal [[284]] al primo decennio del [[IV secolo]], quando [[Costantino I]] prese il potere e sconfisse i [[guerra civile romana (306-324)|rivali ripristinando il sistema del sovrano unico]]). In questo periodo permasero alcune tendenze classicheggianti dell'[[arte nell'età di Gallieno|età di Gallieno]], come i rilievi attribuiti all<nowiki>'</nowiki>''Arcus Novus'' del [[294]] con figure di Vittorie e barbari ([[Firenze]], [[giardino di Boboli]]). La vera novità fu la moltiplicazione delle [[sedi imperiali romane|capitali imperiali]],che furono, quindi, abbellite di importanti monumenti, anche in una sorta di gara tra i vari imperatori. [[Diocleziano]] a [[Nicomedia]], in [[Bitinia]], fece erigere senza dubbio edifici monumentali, ma malauguratamente i loro resti sono insignificanti e non sono mai stati studiati adeguatamente.
 
;IV secolo:
[[File:RéplicaMissoriumTeodosioMNAR.JPG|thumb|upright|left|[[Missorio di Teodosio]], datato [[388]]]]
L'[[arte costantiniana]], che si colloca nel [[IV secolo]] durante il dominio dell'imperatore [[Costantino I]] (indicativamente dal[[312]]) al [[337]]), rappresentò l'affermazione dello [[arte plebea|stile plebeo]] nell'arte ufficiale anche prodotta da Senato, soprattutto a partire dal fregio dell'[[Arco di Costantino]]. Ma accanto allo stile "plebeo" sopravvive la corrente espressionistica del III secolo (uso del trapano, accentuato chiaroscuro) e prende il via una corrente classicismo aulico ispirata all'[[arte augustea e giulio-claudia|arte augustea]], la cosiddetta "rinascenza costantiniana".
 
L'[[arte teodosiana]] (indicativamente dal [[379]] al [[450]]), sviluppò una corrente classicheggiante, dai toni aulici e preordinati a una precisa etichetta che dettava forme e contenuti, ancora più che nel precedente periodo dell'[[arte costantiniana]]. Le reminiscenze ancora presenti durante il regno di [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] ([[491]]-[[518]]) sono considerate, forse erroneamente, uno stile ''tardo-teodosiano''.
 
L'[[arte paleocristiana]] designa, invece, la produzione artistica dei primi secoli dell'[[Cristianesimo|era cristiana]], compresa entro limiti di spazio e di tempo convenzionali: le testimonianze più importanti risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia a parlare anche di arte dei singoli centri artistici: [[arte bizantina]], [[arte ravennate]], ecc. L'arte paleocristiana comunque si situa nell'orbita di [[Roma (città antica)|Roma imperiale]] ed ha il suo momento di massimo splendore fra i primi decenni del [[IV secolo]] e gli inizi del [[VI secolo]], fino al [[604]], anno della morte di [[papa Gregorio I]], tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi inizi, le forme offerte dall'[[arte tardoantica|arte della tarda antichità]]. Una specifica [[iconografia cristiana delle origini|iconografia cristiana]] si sviluppò solo gradualmente e in accordo col progredire della riflessione teologica.
 
==== Architettura ====
{{Vedi anche|architettura romana}}
I Romani adottarono il linguaggio esteriore dell'[[architettura greca]], adattandolo ai propri scopi. La loro visione dello spazio era tuttavia radicalmente diversa da quella propria dei [[Greci]] e le forme architettoniche riflettono appieno queste differenze.
La differenza principale è di carattere politico-sociale: la struttura greca era formata da una moltitudine di [[città-Stato|città-stato]], spesso in conflitto tra loro; i Romani, invece, conquistavano i territori e li soggiogavano con il loro potere, per questo necessitavano di una serie di strutture pubbliche e di controllo (come le efficientissime [[strade romane]] o gli [[acquedotto|acquedotti]]).
 
;Epoca repubblicana:
[[File:Senatorenpalast 7.jpg|thumb|left|Resti del ''[[Tabularium]]'' (in secondo piano, sotto il [[palazzo Senatorio|palazzo dei Senatori]])]]
[[File:Santuario emiciclo colonne 1.JPG|thumb|Esedra del [[santuario della Fortuna Primigenia]] a [[Palestrina]]]]
 
Al tempo di Silla le strutture lignee con rivestimento in terracotta di matrice [[arte etrusca#L.27architettura etrusca|etrusca]], o quelle in [[tufo]] stuccato lasciarono definitivamente il passo agli edifici in [[travertino]] o in altre pietre [[calcare]]e, secondo forme desunte dall'[[arte ellenistica|architettura ellenistica]], ma adattate a un gusto più semplice con forme più modeste. Già durante l'ellenismo si era arrivati a sollevare gli elementi architettonici dalla mera funzione statica, permettendo un uso decorativo che dava grande libertà agli [[architetto|architetti]]. Anche a Roma venne ripresa questa libertà, applicando a forme che non esistevano nel mondo ellenistico per funzione, tipo e [[Tecnica edilizia romana|tecnica muraria]].
 
Al tempo di [[Ermodoro di Salamina|Ermodoro]] e delle [[guerre macedoniche]] erano sorti i primi edifici in [[marmo]] a Roma, che non si distinguevano certo per grandiosità. [[Lucio Licinio Crasso]], parente del più famoso [[Marco Licinio Crasso]], era stato poi il primo a usare il marmo anche nella decorazione della propria abitazione privata sul [[Palatino]] nel [[100 a.C.]]
 
Dopo l'incendio dell'[[83 a.C.]] venne ricostruito in pietra il [[tempio di Giove Ottimo Massimo|tempio di Giove Capitolino]], con colonne marmoree venute da [[Atene]] e con un nuovo simulacro [[criselefantino|crisoelefantino]] di [[Giove (divinità)|Giove]], forse opera da [[Apollonio di Nestore]]. Risale al [[78 a.C.]] la costruzione del ''[[Tabularium]]'', quinta scenografica del [[Foro Romano]] che lo metteva in comunicazione col [[Campidoglio]] e fungeva da [[archivio]] statale. Vi si usarono semicolonne addossate sui pilastri dai quali partono gli archi, schema usato anche nel [[santuario di Ercole Vincitore]] a [[Tivoli]].
 
I templi romani sillani sopravvissuti sono piuttosto modesti (tempio di [[Basilica di San Nicola in Carcere|San Nicola in Carcere]], [[Largo di Torre Argentina#Tempio B|tempio B]] del [[Largo di Torre Argentina|Largo Argentina]]), mentre più importanti testimonianze si hanno in quelle città che subirono meno trasformazioni in seguito: [[Pompei]], [[Terracina]], [[Fondi]], [[Cori]], [[Tivoli]] e [[Palestrina]]. Particolarmente significativo è il [[santuario della Fortuna Primigenia]] a Palestrina, dove le strutture interne sono in ''[[opera incerta|opus incertum]]'' e le coperture a volta ricavate tramite gittate di pietrisco e [[pozzolana|malta pozzolana]]: queste tecniche campano-laziali definivano le strutture portanti della grande massa architettonica, mentre le facciate erano decorate da strutture architravate in stile ellenistico, che nascondevano il resto. Solo in un secondo momento anche le tecniche costruttive romane ebbero una forma stilistica che non richiedeva più la "maschera" esterna, permettendo uno sviluppo autonomo e grandioso dell'[[architettura romana]].
 
Soprattutto in architettura si iniziò a manifestare quell'atteggiamento tipicamente utilitario dell'arte: le forme greche venivano interpretate secondo gli scopi specifici degli edifici, arrivando a diventare un semplice ornamento. Un'altra notevole differenza col mondo greco è nell'uso delle [[Parete (architettura)|pareti]]: per i Greci la parete [[isodomo|isodoma]] era innanzitutto strutturale; per i Romani, l'uso di mattoni e piccole pietre tenute insieme dalla [[malta]] (secondo un espediente più rapido ed economico) rendeva la parete una mera struttura per separare gli spazi. In questo sta una sostanziale differenza tra architettura greca e romana: la prima era un'arte di ritmi scanditi (si pensi alla disposizione canonica degli [[elementi architettonici]] sul piano verticale del [[tempio greco]]), la seconda era arte degli spazi (spazi interni ma anche spazi tra edifici, si pensi ai complessi dei fori nelle colonie romane).
 
L'[[urbanistica]] greca, intesa come rapporti tra edifici, nacque solo in epoca ellenistica (anteriormente gli edifici erano considerati come elementi a sé, completamente indipendenti rispetto agli edifici circostanti). Ma per i greci le relazioni tra edifici arrivavano a interessare le parti di un complesso, come singole masse individuali, mentre per i romani esisteva anche il problema della vera e propria collocazione organica degli edifici nello spazio, come dimostra ad esempio il [[Foro di Pompei]] ([[100 a.C.]] circa), tra i migliori esempi superstiti di piazza romana circondata da eleganti portici e centrata prospetticamente sul tempio nel lato breve.
 
Al tempo di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] si ebbe la creazione del sontuoso [[foro di Cesare|Foro]] e [[tempio di Venere Genitrice]], ma fu solo col restauro del [[tempio di Apollo Sosiano]] nel [[32 a.C.]] che Roma ebbe per la prima volta un edificio di culto all'altezza dell'eleganza [[arte ellenistica|ellenistica]].
 
;Epoca imperiale:
[[File:Colosseum Interior Panorama from Level 2.jpg|thumb|center|upright=3.4|Interno del [[Colosseo]] oggi.]]
 
Con il principato di [[Augusto]] ebbe inizio una radicale trasformazione urbanistica di Roma in senso monumentale. Nel periodo da Augusto ai Flavi si nota un irrobustirsi di tutti quegli edifici privi dell'influenza del [[tempio greco]]: archi trionfali, terme, anfiteatri, ecc. Nell'[[arco di Augusto (Foro Romano)|arco partico]] del [[Foro Romano]] ([[20 a.C.]] circa) nacque una forma ancora embrionale dell'arco a tre [[fornice|fornici]]. Risalgono a questo periodo i più spettacolari edifici per spettacoli: il [[teatro di Marcello]] ([[11 a.C.]]), l'[[arena di Pola]], l'[[Arena di Verona]], il [[Teatro romano di Orange|teatro di Orange]] e poco dopo il [[Colosseo]] (inaugurato da Tito nell'[[80]] e poi completato da [[Vespasiano]]). Quest'epoca fu fondamentale per lo sviluppo di tecniche nuove, che permisero ulteriori sviluppi delle articolazioni spaziali. Lo stesso arco di Tito è impostato secondo uno schema più pesante e compatto dei precedenti augustei, che si allontana sempre di più dall'eleganza di matrice ellenistica. Ma fu soprattutto con la diffusione delle [[cupola|cupole]] emisferiche ([[Domus Transitoria]], [[Domus Aurea]] e [[ninfeo di Domiziano]] a [[Albano Laziale]]) e la [[volta a crociera]] ([[Colosseo]]), aiutata dall'uso di archi trasversali in laterizio che creano le nervature e dall'uso di materiale leggero per le volte (anfore). Inoltre venne perfezionata la tecnica della [[volta a botte]], arrivando a poter coprire aree di grandi dimensioni, come la vasta sala (33 metri di diametro) del [[Gruppo di edifici domizianei nel Foro Romano|vestibolo domizianeo]] del [[Foro Romano]].
 
Nella successiva epoca di [[Traiano]], il suo principale architetto, [[Apollodoro di Damasco]], completò la serie dei [[Fori Imperiali|Fori imperiali]] di Roma, con il vastissimo [[Foro di Traiano]], dalla pianta innovativa, priva di tempio all'estremità. Ancora più originale fu la sistemazione del fianco del [[quirinale (colle)|colle Quirinale]] con i cosiddetti [[Mercati di Traiano]], un complesso amministrativo e commerciale che si componeva di sei livelli articolati organicamente in uffici, botteghe e altro. La ricchezza ottenuta con le campagne militari vittoriose permise il rafforzarsi di una classe media, che diede origine a una nuova tipologia abitativa, con più abitazioni raggruppate in un unico edificio, sempre più simili alle ricche case patrizie.
 
Il successore, l'imperatore [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]], era appassionato di cultura [[Ellenismo|ellenistica]]. Fece edificare, prendendo parte alla progettazione, [[Villa Adriana]] a [[Tivoli]], grandioso complesso architettonico e paesaggistico le cui architetture riprendono ecletticamente modelli orientali ed ellenistici. Fece inoltre ricostruire il [[Pantheon (Roma)|Pantheon di Roma]], con la cupola perfettamente emisferica appoggiata ad un cilindro di altezza pari al raggio e pronao corinzio, uno degli edifici romani meglio conservati e il suo mausoleo, ora [[Castel Sant'Angelo]], al [[colle Vaticano|Vaticano]]. In scultura tipici della sua epoca sono i ritratti di [[Antinoo]], suo giovane amante morto in circostanze misteriose e da lui divinizzato con un culto ufficiale per tutto l'Impero.
 
A partire dalla [[crisi del III secolo]], in architettura si affermarono costruzioni per scopi difensivi, come le [[mura aureliane]] o il [[Palazzo di Diocleziano]] (293-305 circa) a [[Spalato]], provvisto di solide fortificazioni.
 
==== Scultura ====
{{vedi anche|Scultura romana}}
[[File:Trajans column from SSW.jpg|thumb|upright=0.6|left|La [[Colonna Traiana|Colonna di Traiano]].]]
[[File:Marc Aurel column detailed view 01.jpg|thumb|upright=0.6|La [[Colonna di Marco Aurelio]].]]
 
Già nei periodi imperiali la scultura romana era in continuo progresso: i volti sono rappresentati con realismo al contrario dell'arte greca basata soprattutto sul corpo. Ancora a differenza dell'arte greca classica la scultura romana non rappresenta solo la bellezza ideale ma anche le virtù morali.
 
Le prime sculture arcaiche erano in [[ceramica#Le terrecotte|terracotta]] ed adornavano secondo una caratteristica dell'[[arte etrusca]] gli antichi templi romani. Sono andate perdute, ma non dovevano essere molto diverse dalla scultura etrusca più famosa della stessa epoca, l'[[Apollo di Veio]] dello scultore [[Vulca]], anch'essa parte di una decorazione templare (il [[santuario di Portonaccio]] a [[Veio]]). Anche la tipologia architettonica del tempio sul Campidoglio è di tipo etrusco: un alto [[podio]] con doppio colonnato sul davanti sul quale si aprono tre [[cella (architettura)|celle]].
 
In epoca imperiale la [[scultura romana|scultura]] ebbe una grande produzione artistica, improntata ad un classicismo finalizzato a costruire un'immagine solida e idealizzata dell'impero. Si recuperò, in particolare, la scultura greca del V secolo a.C., [[Fidia]] e [[Policleto]], nella rappresentazione delle divinità e dei personaggi illustri romani, fra cui emblematici sono alcuni ritratti di [[augusto di via Labicana|Augusto come pontefice massimo]] e l'[[Augusto di Prima Porta|Augusto loricato]], quest'ultimo rielaborato dal [[Doriforo]] di [[Policleto]]. L'uso di creare opere nello stile greco classico va sotto il nome di [[neoatticismo]], ed è improntato a un raffinato equilibrio, che però non è esente da una certa freddezza di stampo "accademico", legata cioè alla riproduzione dell'arte greca classica idealizzata e priva di slanci vitali. Solo durante la [[dinastia giulio-claudia]] si ebbe un graduale attenuarsi dell'influenza neoattica permettendo la ricomparsa di un certo colore e calore nella produzione scultorea.
 
In epoca Flavia, non è ancora chiaro quanto fu determinante l'ispirazione al mondo ellenistico per superare la parentesi neoattica. In ogni caso nei rilievi nell'[[Arco di Tito]] ([[81]] o [[90]] d.C.) si nota un maggiore addensamento di figure e, soprattutto, una consapevole disposizione coerente dei soggetti nello spazio, con la variazione dell'altezza dei rilievi (dalle teste dei cavalli a tutto tondo alle teste e le lance sagomate sullo sfondo), che crea l'illusione di uno spazio atmosferico reale.
 
Sotto [[Commodo]] si assistette a una svolta artistica, legata alla [[scultura]]. Nelle opere ufficiali, dal punto di vista formale si ottenne una dimensione spaziale pienamente compiuta, con figure ben collocate nello spazio tra le quali sembra "circolare l'atmosfera" (come negli otto rilievi riciclati poi nell'[[Arco di Costantino]]). Dal punto di vista del contenuto si assiste alla comparsa di sfumature simbolico-religiosi nella figura del sovrano e alla rappresentazione di fatti irrazionali. Questa tendenza è evidente nella [[Colonna di Marco Aurelio]] che, sebbene ispirata a [[colonna Traiana|quella Traiana]], presenta molte novità: scene più affollate, figure più scavate, con un chiaroscuro più netto e, soprattutto, la comparsa di elementi irrazionali (''Miracolo della pioggia'', ''Miracolo del fulmine''), prima avvisaglia di una società ormai in cerca di evasione da una realtà difficile, che di lì a poco, durante il successivo sfacelo economico e politico dell'impero, sarebbe sfociata nell'irrazionalismo anti-classico.
 
Le sculture ufficiali, per quanto valide esteticamente, avevano sempre intenti celebrativi, se non addirittura [[propaganda|propagandistici]], che in un certo senso pesavano più dell'astratto interesse formale. Ciò non toglie che l'arte romana fosse comunque un'arte "bella" e attenta alla qualità: la celebrazione imponeva scelte estetiche curate, che si incanalavano nel solco dell'ellenismo di matrice greca.
 
Senza considerare l'architettura e soffermandosi soprattutto sulla [[scultura]], appare chiaro che in questo settore dell'arte romana, la creazione ''ex-novo'', a parte alcune rare eccezioni (come la [[Colonna Traiana]]), non esiste, o per lo meno si limita al livello più superficiale del mestierante. Manca quasi sempre una cosciente ricerca dell'ideale estetico, tipica della cultura greca. Anche il momento creativo che vide la nascita di una vera e propria arte "romana", tra la metà del II secolo a.C. e il [[secondo triumvirato]], fu dovuto in massima parte alle ultime maestranze greche e italiote, nutrite di ellenismo. Non a caso il fenomeno delle copie ci è giunto in massima parte per la scultura.
 
;Il rilievo storico:
Il rilievo storico fu la prima vera e propria forma d'arte romana. Si sviluppò nel tardo periodo repubblicano, nel [[I secolo a.C.]] e, come per il ritratto romano, si formò dalla congiunzione del naturalismo [[arte ellenistica|ellenistico]] nella sua forma oggettiva, con i rilievi dell'[[arte plebea]], una corrente legata sia alla mentalità civile e al rito religioso dei romani, e si ha così il suo lo sviluppo.
 
Di questo stile i primi esempi che lo descrivono sono ben riassumibili nel piccolo fregio trionfale del [[tempio di Apollo Sosiano]], semplice ed incisivo, riferito appunto al trionfo di [[Sossio|Sosio]] del [[34 a.C.]], ma forse di esecuzione più tarda del [[20 a.C.|20]]-[[17 a.C.]], simile anche a quello successivo dell'altare al centro dell'[[Ara Pacis]]. Per questo stile è buon uso ricordare la formula ''ogni genere letterario per metro diverso'', quindi ogni genere corrisponde ad uno stile diverso, causa la sua equità strutturale nel tempo.
 
Interessante è anche il fregio che doveva adornare un altare molto simile a quello dell'Ara Pacis, trovato sotto al "Palazzo della Cancelleria" e ora [[Musei Vaticani]], la cosiddetta [[base dei Vicomagistri]] ([[30]]-[[50]] d.C.): vi si legge una processioni per un sacrificio, dove si vedono gli animali, gli assistenti sacerdoti e i musicanti. Qui con lo scorcio delle trombe e la posizione dei suonatori di dorso, si ha uno dei pochi esempi di ''dilatazione spaziale'': il fondo non esiste, è uno spazio libero, entro al quale le figure si muovono.
 
==== Pittura ====
[[File:Roman fresco Villa dei Misteri Pompeii 001.jpg|thumb|upright|Affresco dalla [[Villa dei Misteri]]]]
[[File:Menade.jpg|thumb|upright|left|''Menade'', da Ercolano]]
{{Vedi anche|Pittura romana}}
 
La [[pittura romana]] è una delle scuole pittoriche che meglio si sono tramandate, nella generale rovina della [[pittura antica]]. I romani assimilarono in larga parte dall'altissima civiltà pittorica greca, imitandone i modelli e le tecniche e creando innumerevoli copie che, come è successo per la scultura, spesso ci permettono di conoscere con una certa approssimazione gli originali.
 
La straordinaria conoscenza della pittura romana è dovuta soprattutto alle uniche condizioni di preservazione delle città vesuviane di [[scavi archeologici di Pompei|Pompei]], [[scavi archeologici di Ercolano|Ercolano]] e [[scavi archeologici di Stabia|Stabia]], dove sono stati ritrovati enormi quantitativi di pitture, soprattutto affreschi parietali. Le pitture pompeiane sono databili tra il II secolo a.C. e la data dell'eruzione, il [[79]] d.C.
 
Un altro grande serbatoio di pitture romane sono i ritratti su tavola delle [[Ritratti del Fayyum|mummie di Fayyum]] in [[Egitto]], databili tra la fine del [[I secolo a.C.]] e la metà del [[III secolo]] d.C.. Ma la stessa [[Roma]] ha preservato alcuni notevoli esempi di pitture, spesso analoghe agli esemplari pompeiani ma più antiche, confermando come i modelli venissero innanzitutto elaborati nella capitale e da qui si diffondessero nelle province.
 
== L'eredità della civiltà romana ==
=== Impero bizantino ===
[[File:Justinien 527-565.svg|thumb|upright=1.5|[[Impero bizantino]] al tempo di [[Giustiniano I]] nel [[550]].]]
{{Vedi anche|Impero bizantino}}
 
Mentre l'Impero d'Occidente declinò durante il [[V secolo]], il più ricco Impero d'Oriente continuò ad esistere per oltre un millennio, con capitale Costantinopoli. In quanto incentrato sulla città di Costantinopoli, gli storici moderni lo chiamano «[[Impero bizantino]]», anche per distinguerlo dall'Impero romano classico, incentrato sulla città di Roma. Tuttavia gli Imperatori bizantini e i loro sudditi non si definirono mai tali ma continuarono a fregiarsi del nome «Romani»<ref>l'impero veniva chiamato dai Bizantini ''Romania'', ''Basileia Romaion'' o ''Pragmata Romaion'', che significa "Terra dei Romani", "Impero dei Romani"; i Bizantini si consideravano ancora romani (''romaioi'', si pronuncia [[romei]]).</ref> fino alla caduta dell'Impero, quando ormai non avevano più nulla di romano, se non il nome e le aspirazioni irrealizzabili di grandezza. Il termine «bizantino» è molto più recente, e fu coniato da Du Cange (1610-1688), quasi due secoli dopo la caduta dell'Impero (1453); il termine venne poi reso popolare dagli storici illuministi, che disprezzavano l'Impero.<ref>Per esempio si potrebbe citare il Gibbon che nella sua opera ''[[Declino e caduta dell'impero romano|Storia del declino e della caduta dell'Impero romano]]'' scrisse che la storia del tardo Impero romano d'Oriente è «una monotona vicenda di debolezze e miseria», uno dei giudizi «più falsi e di maggiore effetto mai espressi da uno storico attento» secondo J.B. Bury (Fonte: Gibbon, ''Declino e caduta dell'Impero romano'', prefazione del curatore Saunders, pag. 18).</ref>
 
Dando per vera la data tradizionale della [[fondazione di Roma]], lo stato romano durò dal [[753 a.C.]] al [[1461]], anno in cui cadde l'[[Impero di Trebisonda]] (ultimo frammento dell'Impero bizantino che sfuggì alla conquista Ottomana nel 1453), per un totale di 2.214 anni.
 
=== Impero carolingio e Sacro Romano Impero ===
{{Vedi anche|Impero carolingio|Sacro Romano Impero}}
[[File:Dürer karl der grosse.jpg|thumb|left|upright|Erede dell'impero romano fu [[Carlo Magno]].]]
 
Oltre all'[[Impero bizantino]], unico e legittimo successore dell'Impero romano dopo la caduta della sua [[Impero romano d'Occidente|parte occidentale]], altre tre entità statuali ne rivendicarono l'eredità. La prima fu il [[Sacro Romano Impero]], inizialmente un grande progetto di ricostituzione dell'impero in Occidente, che fu fondato il giorno di Natale dell'[[800]] allorché [[papa Leone III]] incoronò il re dei Franchi [[Carlo Magno]] imperatore dei Romani. La seconda fu l'[[Impero ottomano]]. Quando gli Ottomani infatti, che basarono il loro stato sul modello bizantino, conquistarono Costantinopoli nel 1453, [[Maometto II]] stabilì nella città la propria capitale e si proclamò Imperatore romano. Maometto II compì anche un tentativo di impossessarsi dell'Italia in modo da "riunificare l'impero", ma gli eserciti [[stato Pontificio|papali]] e [[Regno di Napoli|napoletani]] fermarono l'avanzata ottomana verso Roma a [[Otranto]] nel [[1480]]. Il terzo a proclamarsi erede dell'Impero dei Cesari fu l'[[Impero russo]] che, nel [[XVI secolo]], ribattezzò [[Mosca (Russia)|Mosca]], centro del potere zarista, la "Terza Roma" (essendo Costantinopoli considerata la seconda).
 
Nel [[natale]] [[800]] l'Imperatore dei [[Franchi]] [[Carlo Magno]] venne incoronato Imperatore dei [[impero carolingio|Romani]] dal Papa Leone III. In seguito [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]], nel X secolo, trasformò una parte del vecchio impero carolingio nel [[Sacro Romano Impero]]. I Sacri Romani Imperatori si consideravano, come i [[impero bizantino|bizantini]], i successori dell'Impero romano, grazie all'incoronazione papale, anche se da un punto di vista strettamente giuridico l'incoronazione non aveva basi nel diritto di allora; i bizantini però erano allora governati dall'[[Irene d'Atene|Imperatrice Irene]], illegittima agli occhi degli occidentali<ref>Irene per impossessarsi del potere e regnare da sola uccise il figlio Costantino. Questo è il motivo per cui Irene era illegittima agli occhi degli occidentali. Ostrogorsky, ''Storia dell'Impero bizantino'', pag. 165-168</ref>, tale da giustificare il "colpo di mano" e in ogni caso Bisanzio non aveva alcun mezzo militare, né un reale interesse, per far valere le proprie ragioni.
 
Il [[Sacro Romano Impero]] conobbe il suo periodo di massimo splendore nell'[[XI secolo]] quando, insieme al [[papa]]to, era una delle due grandi potenze della società medioevale. Già sotto [[Federico Barbarossa]] e le vittorie dei [[Comune medievale|Comuni]], l'Impero prese la via del declino, perdendo il reale controllo del territorio, soprattutto in Italia, a favore delle varie autonomie locali. Comuni, signori e principati comunque continuarono a vedere l'Impero come un sacro ente sovranazionale dal quale trarre legittimità formale del proprio potere, come testimoniano i numerosi diplomi imperiali concessi a caro prezzo. Dal punto di vista sostanziale l'Imperatore non aveva alcuna autorità e la sua carica, se non ricoperta da individui di particolare forza e determinazione, era puramente simbolica.
 
Nel [[1648]] con la [[Pace di Vestfalia]] i principi feudali divennero praticamente indipendenti dall'Imperatore e il Sacro Romano Impero si ridusse in pratica a semplice confederazione di Stati solo formalmente uniti, ma ''de facto'' indipendenti. Esso continuò comunque a esistere formalmente fino al [[1806]], quando l'imperatore francese [[Napoleone Bonaparte]] obbligò l'Imperatore [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco II]] a sciogliere il Sacro Romano Impero e a diventare [[Impero austriaco|Imperatore d'Austria]].
 
=== Chiesa cattolica ===
{{Vedi anche|Chiesa cattolica}}
Anche la [[Chiesa cattolica]] preservò certi aspetti dell'Impero romano. Per esempio la [[lingua latina|lingua Latina]] oppure le divisioni territoriali della chiesa ([[Diocesi]]), che esistevano già nell'Impero romano. Non solo, la Chiesa conservò alcuni aspetti della civiltà spirituale Romana e li diffuse<ref>Dal Libro conoscere per capire la storia 1. Edizione A.P.E Mursia</ref>.
 
== Note ==
{{references}}
 
== Bibliografia ==
{{div col}}
;Fonti primarie:
* [[Ammiano Marcellino]], ''[[Storie (Ammiano Marcellino)|Storie]]''.
* [[Augusto]], ''[[Res gestae divi Augusti|Res Gestae Divi Augusti]]''.
* {{Bibliografia|Aurelio Vittore, ''De Caesaribus''|[[Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore]], ''De Caesaribus'' (Testo in latino disponibile [http://www.thelatinlibrary.com/victor.caes.html qui].}}
* {{Bibliografia|Aurelio Vittore, ''De viris illustribus Urbis Romae''|[[Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore]] (attr.), ''De viris illustribus Urbis Romae'' (Testo in latino disponibile [http://www.thelatinlibrary.com/victor.ill.html qui].}}
* {{Bibliografia|Cassio Dione Cocceiano|[[Cassio Dione|Cassio Dione Cocceiano]], ''[[Storia romana (Cassio Dione)|Historia Romana]]'', libri LXVI-LXVII. (Versione in inglese disponibile [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cassius_Dio/home.html qui]).}}
* [[Dionigi di Alicarnasso]], ''Antichità romane''. [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Dionysius_of_Halicarnassus/home.html QUI versione in internet]
* [[Erodiano]], ''[[Storia dell'impero dopo Marco Aurelio]]''.
* [[Eutropio]], [[Wikisource:la:Breviarium historiae romanae|''Breviarium historiae romanae'' (testo latino), I-X]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Sesto Giulio Frontino|Frontino]], [[Wikisource:la:Strategemata|''Strategemata'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* {{Bibliografia|Giuseppe Flavio|[[Flavio Giuseppe|Giuseppe Flavio]], [[Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]. (Versione in inglese disponibile [[wikisource:en:The War of the Jews|qui]]). [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]}}
* [[Wikisource:la:Historia Augusta|''Scriptores Historiae Augustae'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Tito Livio|Livio]],
:* [[Wikisource:la:Ab Urbe Condita|''Ab Urbe condita libri'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]];
:* [[Wikisource:la:Ab Urbe Condita - Periochae|''Periochae'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Marco Valerio Marziale|Marziale]], ''Epigrammi''
* [[Paolo Orosio|Orosio]], ''Historiarum adversus paganos libri septem'', libro 7 [http://www.thelatinlibrary.com/orosius.html QUI].
* [[Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il Giovane]],
:* [[Wikisource:la:Epistularum Libri Decem (Gaius Plinius Caecilius Secundus)|''Epistularum Libri Decem'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]];
:* [[Wikisource:la:Panegyricus|''Panegyricus'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Gaio Plinio Secondo|Plinio il Vecchio]], [[Wikisource:la:Naturalis Historia|''Naturalis Historia'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Plutarco]], ''Vita di Romolo''. [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Plutarch/Lives/Romulus*.html QUI versione in internet].
* {{Bibliografia|Strabone|[[Strabone]], ''[[wikisource:el:Γεωγραφία|Geografia (testo greco)]]'' (Γεωγραφικά). [[File:Wikisource-logo.svg|15px]] (Versione in inglese disponibile [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Strabo/home.html qui]).}}
* {{Bibliografia|Svetonio|[[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], [[Wikisource:la:De vita Caesarum libri VIII|''De vita Caesarum libri VIII'' (testo latino)]], vite di ''Vespasiano'', ''Tito'' e ''Domiziano''. [[File:Wikisource-logo.svg|15px]]}}
* [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]].
:* [[Wikisource:la:Ab excessu divi Augusti (Annales)|''Annales'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]] (Versione in inglese disponibile [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Tacitus/home.html?tw_p=twt qui]);
:* {{Bibliografia|Tacito, Historiae|[[Wikisource:la:Historiae (Tacitus)|''Historiae'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]] (Versione in inglese disponibile [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Tacitus/home.html qui])}}
:* [[Wikisource:la:De vita et moribus Iulii Agricolae|''De vita et moribus Iulii Agricolae'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]];
:* [[Wikisource:la:De origine et situ Germanorum (Germania)|''De origine et situ Germanorum'' (testo latino)]] [[File:Wikisource-logo.svg|15px]].
* [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]], ''De lingua Latina'', V.
* [[Velleio Patercolo]], ''Historiae Romanae''.
* [[Giovanni Zonara|Zonara]], ''[http://www.thelatinlibrary.com/zonaras.html Historiae Romanorum excerpta]''.
* [[Zosimo (storico)|Zosimo]], [http://www.tertullian.org/fathers/zosimus01_book1.htm ''Storia nuova'', I].
 
;Fonti epigrafiche:
* ''[[L'Année épigraphique]]'' (AE)
* ''Corpus Inscriptionum Graecarum'' (CIG), Böckh A. e Niebhur B.G., 1825-1859
* ''[[Corpus Inscriptionum Latinarum]]'' (CIL), AAVV, 1863-...
 
;Fonti storiografiche moderne:
* {{cita libro|cognome=V.V.|nome=A.A.|titolo=La grande Roma dei Tarquini|editore=L'Erma di Bretschneider|città=Roma|anno=1990|ISBN=88-7062-684-9}}
* {{cita libro|cognome=Brizzi|nome=Giovanni|wkautore=Giovanni Brizzi|titolo=Storia di Roma. 1.Dalle origini ad Azio|editore=Pàtron|città=Bologna|anno=1997}}
* Brown, P., ''Società romana e impero tardo-antico'', Laterza, Roma-Bari 1986.
* Bury, J.B., ''A History of the Roman Empire from its Foundation to the death of Marcus Aurelius'', 1913
* [[Andrea Carandini]], ''La nascita di Roma: dei, lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà'', Torino, 1998.
* {{cita libro|cognome=Carandini|nome=Andrea|titolo=Roma il primo giorno|editore=Laterza|città=Roma-Bari|anno=2007}}
* Carro, D., ''Classica (ovvero "Le cose della Flotta") - Storia della Marina di Roma - Testimonianze dall'antichità'', Rivista Marittima, Roma, 1992-2003 (12 volumi)
* Cecconi, G.A., ''La città e l'impero'', Carocci, Roma, 2011.
* [[Filippo Coarelli]], ''Guida archeologica di Roma'', Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1984.
* [[Filippo Coarelli]], ''I santuari, il fiume, gli empori'', in ''Storia Einaudi dei Greci e dei Romani'', vol.13, Milano 2008.
* {{cita libro|De Bernardis|Gaetano|coautori=Andrea Sorci|SPQR - volume 1 - Dalle origini alla crisi della Repubblica|2006|Palumbo Editore|Palermo|cid=Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 I}}
* {{cita libro|De Bernardis|Gaetano|coautori=Andrea Sorci|SPQR - volume 3 - Dai Giulio-Claudi alla fine dell'Impero|2006|Palumbo Editore|Palermo|ISBN=978-88-8020-609-5|cid=Gaetano De Bernardis-Andrea Sorci, 2006 III}}
* {{cita libro|cognome=De Francisci|nome=Pietro|wkautore=Pietro De Francisci|titolo=Sintesi storica del diritto romano|editore=Mario Bulzoni|città=Roma|anno=1968}}
* {{cita libro|Emilio|Gabba|wkautore=Emilio Gabba|coautori=''et al.''|Introduzione alla storia di Roma|1999|LED|Milano|ISBN=88-7916-113-X|cid=Gabba}}
* {{cita libro|Andrea|Giardina|wkautore=Andrea Giardina|Roma Antica|2008|Editori Laterza|Roma-Bari|ISBN=978-88-420-7658-2|cid=Giardina}}
* Giardina, A., ''L'uomo romano'', Laterza, Roma-Bari, 2006.
* [[Edward Gibbon]], ''[[Declino e caduta dell'impero romano|Storia del declino e della caduta dell'Impero romano]]'' (1776-1788)
* Jacques, F. - Scheid, J., ''Roma e il suo impero. Istituzioni, economia, religione, Laterza'', Laterza, Roma-Bari, 1992.
* Jones, A.H.M., ''Il tardo impero romano. 284-602 d.C.'', Milano 1973-1981.
* Le Bohec, Y., ''Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero romano'', Roma 2008, p.&nbsp;274. ISBN 978-88-430-4677-5
* Lo Cascio, E., ''Roma imperiale. Una metropoli antica'', Carocci, Roma, 2010
* {{cita libro|Maria Antonietta|Lozzi Bonaventura|Roma antica. Viaggio nel tempo alla scoperta della città eterna|2009|Guide ITER|Subiaco|ISBN=978-88-8177-143-1|cid=Lozzi Bonaventura}}
* Luttwak, E.N., ''La grande strategia dell'impero romano'', Milano 1991.
* Mazzarino, S., ''L'impero romano'', Laterza, Roma-Bari 1995.
* {{cita libro|cognome=Mommsen|nome=Theodor|wkautore=Theodor Mommsen|titolo=Storia di Roma antica|editore=Sansoni|città=Firenze|anno=1972}}
* {{cita libro|cognome=Pallottino|nome=Massimo|wkautore=Massimo Pallottino|titolo=Origini e storia primitiva di Roma|editore=Rusconi|città=Milano|anno=1993|ISBN=88-18-88033-0}}
* {{cita libro|Ettore|Paratore|wkautore=Ettore Paratore|Storia della letteratura latina|ed=2|1962|Sansoni Editore|Firenze|cid=Ettore Paratore, 1962}}{{NoISBN}}
* Renato Peroni, ''Comunità e insediamento in Italia fra età del bronzo e prima età del ferro'', in ''Storia dei Greci e dei Romani'', vol. 13, Einaudi 2008.
* {{cita libro|Giancarlo|Pontiggia|coautori=Maria Cristina Grandi|Letteratura latina. Storia e testi|Principato|Milano|1996|ISBN=978-88-416-2188-2|cid=Giancarlo Pontiggia-Maria Cristina Grandi, 1996}}
* Quercioli, M., ''Le mura e le porte di Roma'', Newton Compton, Roma, 1982.
* Rémondon, R., ''La crisi dell'impero romano'', Milano 1975.
* Rostovtzev, M., ''Storia economica e sociale dell'Impero romano'', Firenze 1980.
* {{cita libro|Benedetto|Riposati|Storia della letteratura latina|1965|Società Editrice Dante Alighieri|Milano-Roma-Napoli-Città di Castello|cid=Benedetto Riposati, 1965}}{{NoISBN}}
* Saltini Antonio, ''I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane.'', Prefazione di Luigi Bernabò Brea, Bologna 1995
* Wacher, J. (a cura di), ''Il mondo di Roma imperiale'', Roma-Bari 1989.
* Wheeler, M., ''La civiltà romana oltre i confini dell'impero'', Torino 1963.
{{div col end}}
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Ancient Rome}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/home.html Pagina principale] del sito [[LacusCurtius]]
* {{cita web|http://www.roma-victrix.com/|Il sito di Roma victrix}}
 
{{Storia romana}}
{{Diritto romano}}
{{Vita quotidiana nell'Antica Roma}}
{{Arte romana}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Antica Romabiografie|Storialetteratura}}
 
[[Categoria:AnticaSepolti Roma|nel cimitero acattolico di Roma]]
[[Categoria:CulturaScrittori occidentale|Romascozzesi]]