Critica del giudizio e Platyhystrix rugosus: differenze tra le pagine

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{{F|anfibi|luglio 2017}}
{{Libro
{{Tassobox
|titolo = Critica del Giudizio
|nome= Platyhystrix
|titoloorig = Kritik der Urteilskraft
|immagine =Platyhystrix Kant fotoBW.jpg
<!-- CLASSIFICAZIONE -->
|didascalia =
|autore dominio= [[KantEukaryota]]
|regno= [[Animalia]]
|annoorig = 1790
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<!-- NOMENCLATURA BINOMIALE -->
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}}
La '''''Critica del Giudizio''''' è uno scritto di [[Immanuel Kant]].<ref>Il titolo tedesco è ''Kritik der Urteilskraft'', e la traduzione più fedele sarebbe quindi ''Critica della facoltà del giudizio''. L'espressione ''Critica del Giudizio'' (dove ''Giudizio'' sta per ''facoltà di giudizio'') deriva da una scelta stilistica operata da [[Alfredo Gargiulo]] in una traduzione del 1906.</ref> In tale opera, pubblicata nel [[1790]], il filosofo condusse un'analisi critica del Giudizio estetico, che anticipava temi e modi di sentire fatti propri, di lì a poco, dai maggiori esponenti del [[Romanticismo]] e dell'Idealismo e che presuppongono la conoscenza di numerose teorie del XVIII secolo, tra cui, ad esempio, quelle di [[Alexander Gottlieb Baumgarten]],<ref>{{quote|I tedeschi sono i soli, che si servano al presente della parola estetica per indicare ciò che gli altri chiamano critica del gusto. La ragione sta nella fallita speranza dell'eccellente analista Baumgarten, il quale credette di ridurre a princìpi razionali il giudizio critico del bello, e di elevarne le regole a scienza. Ma codesto sforzo è vano. Imperocché le dette regole e i criteri del gusto sono per le fonti, empirici, e però non possono mai servire a determinare leggi a priori, sulle quali dovrebbe appoggiarsi il nostro giudizio del bello: piuttosto questo forma la pietra di paragone della validità di quelli. È perciò ragionevole o abbandonare di nuovo questa denominazione, e mantenerla a quella dottrina che è vera scienza (con che ci si avvicinerebbe anche alla lingua e al significato degli antichi, presso i quali famosa fu la divisione della conoscenza in aisthetà kai noetà), oppure assegnare la parola sia alla filosofia speculativa sia all'estetica|I.Kant, ''Critica della ragion pura'', Estetica trascendentale, § I nota}}</ref> [[Edmund Burke]],<ref>I. Kant, ''Critica del Giudizio'', Torino, Utet, 1993, a cura di A. Bosi, "Nota generale sull'esposizione dei giudizi estetici riflettenti"</ref> [[David Hume]],<ref> Ivi, §§ 34, 50 nota</ref> [[Charles Batteux]],<ref>Ivi, § 33</ref> citate nella ''Critica del Giudizio'' o in altre opere precedenti.<ref>Kant ha letto più di 1000 opere di autori precedenti, in particolare risalenti al XVII e XVIII secolo; si vedano i trenta volumi delle ''Kants Gesammelte Schriften'', Berlin 1901 ss.</ref>
 
Il '''platiistrice''' (che significa ''dalla membrana piatta fatta di tessuto'') (gen. '''''Platyhystrix''''') è un [[anfibio]] estinto, vissuto nel [[Permiano inferiore]], circa 300-280 milioni di anni fa. I suoi resti sono stati rinvenuti nel [[Texas]].
== Il problema ==
Si tratta di un [[anfibio]] che si adattò rapidamente al nuovo clima caldo-umido subentranto dal [[Carbonifero]] al [[Permiano]].
Dopo aver terminato la ''[[Critica della ragion pura]]'', pubblicata in due edizioni nel 1781 e nel 1787, Kant conclude nel 1788 la ''[[Critica della ragion pratica]]''. Nel 1790 egli, come scrive nella ''Prefazione'' alla ''Critica del giudizio'', sente la necessità di scrivere una terza ''Critica'' per completare quello che chiama il "sistema della critica". Nella stessa ''Prefazione'' Kant osserva che se vi sono tre ''Critiche'', vi sono però solo due parti della Metafisica, rispetto alle quale le prime tre hanno funzione unicamente introduttiva. La Metafisica si occupa infatti di due oggetti soltanto: della natura e della morale. Per questo motivo Kant scrive i ''Primi principi metafisici della scienza della natura'' nel 1786 e l'''Opus postumum'' e ad essi affianca la ''Metafisica dei costumi'' nel 1797. Non vi è però nessuna parte della metafisica che corrisponda alla ''Critica del Giudizio''.<ref>I. Kant, ''Critica del Giudizio'', a cura di A. Bosi, Torino, Utet, "Prefazione". Per quanto riguarda la genesi della terza Critica si vedano gli studi di O. Schlapp, Kants Lehre vom Genie und die Entstehung der Kritik der Urteilskraft, Goettingen 1901, Paul Menzer, Kants Aesthetik in ihrer Entwicklung, Berlin, 1952; J. Zammito, The Genesis of Kant's Critique of Judgment. Chicago and London: University of Chicago Press, 1992; P. Giordanetti, ''Nuovi documenti per lo studio della genesi dell'estetica di Kant. Il volume XXV della Akademie-Ausgabe'', in "Rivista di Storia Della Filosofia", 50 (2):341-353 (1995) </ref>
 
==Ben protetto==
Nella ''[[Critica della ragion pura]]'' Kant aveva trattato della giustificazione dei [[scienza|giudizi scientifici]] ridando fondamento teorico al rapporto di causa-effetto in virtù del quale la natura si presentava determinata secondo necessità (vigendo «il dominio del concetto della natura, o il sensibile»). L'uomo quindi, quando agisce nella natura, è sottoposto alla necessità delle leggi [[causa (filosofia)|causa]]li.
Molti dei primi [[rettili]] che apparvero nel [[Permiano inferiore]], cacciavano il ''Platyhystrix''. Questo, in realtà, non era totalmente indifeso: il suo dorso era ricoperto da una robusta corazza di piastre ossee.
 
==Una [[salamandra (zoologia)|salamandra]] con la "vela"==
Lo stesso uomo però nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' quando agisce moralmente tende ad acquisire una sempre maggior libertà (vigendo qui «il dominio del concetto della libertà, o il soprasensibile»).
L'aspetto di questo anfibio, lungo meno di un metro, era davvero strano: le vertebre dorsali erano straordinariamente allungate, e con tutta probabilità andavano a reggere, nell'animale in vita, una spettacolare vela acuminata e ricoperta di pelle; questa struttura, forse, aveva le funzioni di [[termoregolazione]] corporea, e altri animali vissuti nello stesso ambiente, come i [[pelicosauri]] ''[[Dimetrodon]]'' ed ''[[Edaphosaurus]]'', erano dotati di una simile “vela dorsale”, che serviva, appunto, a catturare il calore solare mattutino, grazie al quale si riscaldava e si manteneva attivo; in questo modo il ''Platyhystrix'', era in grado di muoversi in tempo quando i suoi nemici, come l'''[[Eryops]]'', erano ancora freddi e poco attivi. Il dorso del ''Platyhystrix'' era ricoperto inoltre da una spessa corazza, simile a quella del suo stretto parente, il ''[[Cacops]]''. Il cranio era grosso e robusto ed il corpo era compatto. Le zampe, corte e forti, denotano un adattamento alla vita terrestre.
 
==Muso di [[Anura|rana]]==
Come e dove si conciliano nell'uomo questi due aspetti contrapposti di necessità e libertà? Questo è il problema da risolvere affidato alla Critica del giudizio.
Da alcuni dei primi [[anfibio|anfibi]], si svilupparono gli antenati delle [[Anura|rane]] e dei [[rospo|rospi]] odierni.
 
Il ''Platyhystrix'', infatti, aveva muso e zampe simili a quelle di una rana.
{{Citazione|Sebbene vi sia un incommensurabile abisso tra il dominio del [[concetto]] della [[natura]] o il sensibile, e il dominio del concetto della [[libertà]] o il soprasensibile, in modo che nessun passaggio sia possibile dal primo al secondo (mediante l'uso teoretico della [[ragione]]) quasi fossero due mondi tanto diversi che l'uno non potesse avere alcun influsso sull'altro... tuttavia il secondo [il mondo della libertà] deve avere un influsso sul primo [il mondo della necessità], cioè il concetto della libertà deve realizzare nel mondo sensibile lo scopo [il fine] posto mediante le sue leggi e la natura deve poter essere pensata in modo che la conformità alle leggi che costituiscono la sua forma possa accordarsi con la possibilità degli scopi che in esse debbono essere effettuati secondo leggi della libertà|I. Kant, ''La Critica del giudizio'', Bari 1964}}
 
== Il giudizio riflettente ==
[[File:Giudizio riflettente.JPG|300px|thumb|Il giudizio riflettente]]
L'accordo tra il mondo della necessità naturale e quello della libertà viene dunque trovato da Kant in ciò che egli chiama "giudizio riflettente".
 
A differenza del giudizio "determinante" (o ''giudizio sintetico a priori'') che il [[soggetto (filosofia)|soggetto]] metteva in atto per conoscere gli oggetti attraverso le dodici [[categoria (filosofia)|categorie]] dell'[[intelletto]], il termine "riflettente" sta adesso ad indicare che il soggetto "riflette" come uno specchio la realtà interiore su quella esterna.
 
Nei giudizi determinanti della [[Critica della ragion pura|ragion pura]] conoscere significava ''collegare'' un oggetto ad un altro (unendo linguisticamente un [[predicato]] a un [[soggetto (linguistica)|soggetto]]), ponendo ad esempio in relazione '''''a''''' con '''''b'''''; nel giudizio riflettente, invece, conoscere significa collegare '''''a''''' con '''''s''''', cioè con [[io (filosofia)|se stessi]], attribuendo ad '''''a''''' una [[finalismo|finalità]] o uno scopo che portiamo dentro di noi.<ref>«Per dimostrare se una cosa è bella o no, noi non riferiamo le rappresentazioni all'[[oggetto (filosofia)|oggetto]] mediante l'intelletto, in vista della conoscenza; ma, mediante l'[[immaginazione]] (forse congiunta con l'intelletto), la riferiamo al [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e al sentimento di piacere e dispiacere di questo. Il giudizio di gusto non è dunque un giudizio di [[conoscenza]], cioè logico, ma [[estetico]]» (''Critica del giudizio'', libro I, sez. I, par. 1, trad. it. in Immanuel Kant, ''La concezione del bello e dell'arte'', pag. 41, Paravia, Torino, 1975).</ref> Ciò significa che l'autore di quel collegamento ora è coinvolto nel [[giudizio (filosofia)|giudizio]] stesso che egli dà.
 
In questo caso la ragione non è più sottoposta alla necessità delle leggi conoscitive di [[causalità naturale|causa]]-effetto, ma è libera nel formulare i propri legami associativi, e vive perciò la dimensione dell'[[assoluto]] che era preclusa invece alla pura ragione. La [[libertà]], che nella ''ragion pratica'' era un postulato verso cui tendeva l'agire etico dell'uomo, ora non è più solo un ideale da raggiungere ma una realtà.
 
Il giudizio riflettente quindi serve:
* a stabilire un ponte tra il mondo naturale (necessità) e il mondo della libertà (rivelato dalla volontà morale);
* a dare la risposta alla domanda: qual è il fine della natura? Che senso ha il mondo che mi circonda?
 
===Il giudizio estetico===
In tal senso il giudizio riflettente si esprime:
* nel giudizio ''estetico'' che è soggettivo poiché si basa sul sentimento del ''[[bello]]''
{{quote| permette di ritrovare una finalità negli oggetti belli, fa ritrovare al soggetto riflessa negli oggetti belli l’esigenza di finalismo, nel senso che gli oggetti belli sembrano essere fatti al fine di suscitare emozioni estetiche, di suscitare un senso di armonia in chi li contempla, quindi danno l’impressione di avere una finalità rivolta verso chi fruisce dell’opera d’arte, chi fruisce della bellezza, cioè verso l’osservatore, il soggetto. Per questo Kant dice che i giudizi estetici sono giudizi riflettenti di finalità soggettiva, in cui cioè la finalità sembra essere rivolta al soggetto;|[http://www.iisf.it/scuola/kant/giudizio.htm Antonio Gargano: Kant - le tre critiche, ''Istituto italiano per gli studi filosofici'']}}
Nell'Introduzione alla Critica del Giudizio, Kant definisce come Giudizio Riflettente soggettivo sia in quanto a fondamento (vale a dire che non è un giudizio logico, non aggiunge alcunché sulla conoscenza dell'oggetto) sia in quanto a validità (in quanto è basato sul principio a priori di finalità, puramente regolativo e non costitutivo).
 
====Il bello====
 
Come già visto nella ''critica della ragion pura'', anche in quest'opera Kant compie una [[rivoluzione copernicana]]: il bello non è una qualità oggettiva (propria) delle cose, non esistono oggetti belli di per sé, ma è l'uomo ad attribuire tale caratteristica agli oggetti. Il giudizio estetico basato sul sentimento del bello è quello con cui noi avvertiamo la bellezza e l'armonia di un'opera o di un paesaggio, realizzando un accordo tra l'oggetto sensibile (ciò che percepiamo e su cui "riflettiamo") e l'esigenza di libertà (ciò che noi ''liberamente'' sentiamo).
La definizione della bellezza si articola, nell'Analitica del bello della Critica del Giudizio secondo i seguenti quattro "momenti" logici:
# ''disinteresse:'' non è collegato alla reale esistenza dell'oggetto rappresentato;<ref>Il sentimento del bello non va infatti confuso con il piacevole, che è invece collegato alla reale esistenza dell'oggetto.</ref>
# ''universalità:'' il bello è ciò che piace universalmente, condiviso da tutti, senza che sia sottomesso a qualche concetto o ragionamento, ma vissuto spontaneamente come bello;
# ''finalità senza fine:'' l'oggetto bello non deve rispondere né a scopi [[utilitarismo|utilitaristici]] né ad imperativi altrui;
# ''necessità:'' non si tratta di necessità logica, perché non esistono regole esplicite per il giudizio estetico, ma di una necessità che, in confronto al giudizio logico, si deve definire, soggettiva e si fonda (vedi § 9) sul libero gioco delle facoltà (intelletto e immaginazione); Kant introduce qui il concetto di senso comune che rielabora in senso estetico.
 
In altre parole, è vero che l'oggetto bello creato dall'artista soddisfa le esigenze della ''necessità'' naturale, poiché, per quanto libera sia la scelta del materiale utilizzato per l'opera d'arte, questo dovrà necessariamente rispettare le leggi fisiche, ma nello stesso tempo nella sua opera l'artista esprime "liberamente" il suo ideale di bellezza, e lo fa non per utilità né per un fine impartitogli dall'esterno.
{{Vedi anche|Principio di determinazione}}
Kant dice che si tratta in questo caso di "''una normalità senza norma''", e che anzi la stessa contemplazione degli oggetti belli è in grado di educare il gusto estetico e di portare l'uomo al riconoscimento necessario della loro bellezza.
Nell'ambito di ciò, Kant parla di "libero gioco di immaginazione ed intelletto" regolato dal Giudizio Riflettente, dove l'immaginazione conferisce la "libertà" dell'intuizione mentre l'intelletto la "legalità". In questo modo, l'intelletto regolarità all'immaginazione, senza la quale sarebbe "fantasticheria fine a sé stessa" (Schwarmerei) e insensatezza (Unsinn).
Quando una rappresentazione suscita l'accordo tra immaginazione e intelletto, si può supporre che il piacere o dispiacere provocato da tale giudizio possa essere condiviso universalmente, poiché le condizioni soggettive del giudizio sono le stesse in ogni uomo dotato di immaginazione e sano intelletto.
Ciò conferisce al giudizio di gusto, allo stesso modo dei giudizi conoscitivi, una comunicabilità universale, distinguendosi tuttavia dai secondi per il fatto di non poter essere dimostrata mediante concetti, ma solamente pretesa dall'effettiva adesione altrui.
Il giudizio di gusto sarà dunque una sorta di "sensus communis aesteticus", che, parimenti al "sensus communis logicus", si basa su 3 massime, espresse nella Deduzione dei Giudizi Estetici Puri:
*pensare da sé;
*pensare mettendosi al posto degli;
*pensare in modo da essere sempre d'accordo con sé stesso.
 
 
Poiché segue regole sue proprie, egli tiene a sottolineare che il bello è diverso da:
* piacevole: perché non cambia da individuo a individuo;
* vero: perché non ha valore conoscitivo;
* buono: perché è disinteressato e non è caratterizzato da un principio di utilità.
 
====Il sublime====
Nel giudizio estetico rientra anche il "sublime":
{{quote|Il sentimento estetico del sublime è un piacere o senso di esaltazione che segue a un senso di depressione delle nostre energie vitali [mentre il bello intensifica le nostre energie vitali, ci fa sentire in espansione, il sublime è un’esaltazione che segue a una depressione: ci sono due momenti, è più complesso]. Il piacere del sublime è diverso da quello del bello; questo infatti produce direttamente un sentimento di esaltazione della vita; quello invece è un piacere che ha solo un’origine indiretta, giacché esso sorge dal sentimento di un momentaneo arresto delle energie vitali, seguito da una più intensa loro esaltazione.|I. Kant, ''Critica del giudizio'' in A.Gargano, ''Op.cit. ibidem''}}
Il sublime può essere:
* sublime ''matematico''<ref>Il sublime ''matematico'' si prova di fronte a qualcosa che ispira un senso di grandezza, come ad esempio le montagne.</ref> Mentre la bellezza è determinata dal
* sublime ''dinamico''<ref>Il sublime ''dinamico'' si prova di fronte a qualcosa che ispira un senso di potenza, come ad esempio una tempesta.</ref>
 
Più intenso del sentimento del bello è quello del [[sublime]], che va distinto dal bello. Mentre quest'ultimo è qualcosa che ha forma, quindi proporzione e armonia, il sublime invece è informe ed illimitato. Inoltre, mentre la bellezza può essere attribuita agli oggetti naturali, il vero sublime non può essere riferito a tali oggetti, ma è un sentimento dell'animo:
{{quote|Da ciò si vede subito che ci esprimiamo del tutto impropriamente, quando diciamo sublime un qualsiasi oggetto naturale, anche se a moltissimi di tali oggetti possiamo con piena proprietà attribuire la bellezza |Critica del Giudizio, § 23, tr. it. a cura di A. Bosi, Torino, Utet, p. 220}}
 
Il sentimento del [[sublime]] ''matematico'' è quello per il quale tutti noi di fronte a fenomeni di smisurata grandezza (lo spazio cosmico) o di smisurata potenza naturale (sublime ''dinamico''), proviamo, per i nostri stessi limiti, un senso d'insufficienza, di paura, timore. Ma in un secondo tempo, quando riemerge la nostra razionale volontà, questo sentimento della propria impotenza sensibile rivela per contrasto la coscienza di una potenza illimitata, di una nostra superiorità in quanto razionalità operante che trasforma in positivo il precedente sentimento negativo.
 
Sia il sublime ''matematico'' che ''dinamico'' attraversano dunque le seguenti fasi:
* sublime ''negativo'': esprime la nostra inferiorità nell'ambito dei [[fenomeni]];
* sublime ''positivo'': esprime la nostra superiorità nell'ambito [[noumeno|noumenico]].
 
=== Giudizio teleologico ===
{{quote|Nel giudizio teleologico c’è un principio oggettivo, c’è una finalità che riguarda l’oggetto, mentre nel giudizio estetico c’era una finalità che riguardava il soggetto osservante, il soggetto contemplatore. Qui invece la finalità è un principio oggettivo che dà l’idea che ci sia un concetto della cosa che precede e contiene il principio della sua forma: |A.Gargano, ''Op.cit.''}}
Il bello non si identifica con un oggetto della scienza fisica o della biologia, ma la sua [[essenza (filosofia)|essenza]] consiste nell'essere il simbolo della moralità<ref>§ 59: Della bellezza come simbolo della moralità</ref>. L'esistenza della bellezza è un segno per cui noi rappresentiamo nella realtà una finalità interiore di cui troviamo il senso nella nostra finalità razionale, nella nostra vita morale. In tal modo, ognuno può esigere che gli altri concordino con lui nel giudizio universale e necessario sulla bellezza in quanto esso è un "dovere": "esso piace con una pretesa al consenso universale"<ref>§ 59</ref>.
È con il giudizio teleologico (dal [[greco antico|greco]] ''teleos'', "fine") che scopriamo nella natura, attraverso il bello, un fine.
{{quote|Sembra che gli organismi viventi ci facciano intuire che nella natura c’è un finalismo. Gli esseri biologici sono costituiti di parti che sembrano fatte “al fine” del tutto, ma c’è anche un finalismo superiore: sembra che tutta la natura abbia il fine di rendere possibile la vita dell’uomo.
Sembrerebbe che tutti i regni, minerale, vegetale e animale, siano costruiti, organizzati, al fine di rendere sempre migliore la vita dell’uomo e sempre più possibile l’espressione dell’umano.|A.Gargano, ''Op. cit.''}}
Il bello naturale ci fa intuire l'esistenza di un sommo "artista" simile a noi ma con una volontà enormemente superiore alla nostra che consegue attraverso il bello il suo scopo, il suo fine: il "trionfo del bene".
 
All'umanità veniva assegnato nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' il conseguimento del ''sommo bene'', mentre a un'entità suprema quello del trionfo del bene.
 
Così il mondo necessitato della natura e quello della libertà non sono più antitetici, ma esprimono una sola e medesima realtà.
Nella realtà, nella storia, nella vita c'è un fine, che sfuggiva al semplice intelletto: si avrà pertanto una concezione finalistica della natura che si aggiunge a quella meccanicistica e la integra; le si aggiunge senza sconvolgerla, perché ha inizio solo là dove cessa la spiegazione meccanicistica.
 
Kant apre qui la strada alla concezione [[romanticismo|romantica]] della natura come inesauribile e spontanea forza vitale dove si esprime la divinità.
 
== Note ==
<references/>
== Traduzioni italiane ==
*''Critica del giudizio'', trad. di [[Alfredo Gargiulo]], Bari, [[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]], 1907; trad. rivista da Valerio Verra, 1960; con introduzione di Paolo D'Angelo, 1997
*''Critica del giudizio estetico'' (estratti), a cura di [[Antonio Banfi]], Milano, [[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]], 1934
*''Critica del giudizio'' (estratti), trad. di Giovanni Bianca, a cura di Cleto Carbonara, Torino: [[Società Editrice Internazionale|SEI]], 1945
*''Principi di estetica'' (estratti), a cura di [[Guido De Ruggiero]], Bari, Laterza, 1948
*''Prima introduzione alla Critica del giudizio'' (estratto), introduzione di [[Luciano Anceschi]], trad. e note di Paolo Manganaro, Bari, Laterza, 1967
*''Il giudizio estetico'' (estratti, anche da altre opere), a cura di [[Antimo Negri]], Padova, Radar, 1968
*''Prima introduzione alla critica del giudizio'' (estratto), a cura di Ermanno Migliorini, Firenze, Il fiorino, 1968
*''Critica del giudizio'' (estratti), a cura di [[Armando Plebe]], Firenze, [[La nuova Italia]], 1969
*''Critica del giudizio. Antologia'' (estratti), a cura di Ermanno Migliorini, Firenze, La nuova Italia, 1977
*''Critica del giudizio'', a cura di Alberto Bosi, Torino, Utet, 1993; Milano, [[TEA (editore)|TEA]], 1995
*''Critica della capacità di giudizio'', a cura di Leonardo Amoroso, 2 voll., Milano, Rizzoli ("[[Biblioteca Universale Rizzoli|BUR]]"), 1995
*''Critica della facoltà di giudizio'', a cura di [[Emilio Garroni]] e Hansmichael Hohenegger, Torino, [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]], 1999
*''Critica del giudizio'', a cura di [[Massimo Marassi]], Milano, Bompiani, "[[Il pensiero occidentale]]", 2004; seconda edizione con la ''Prima introduzione alla critica del giudizio'', 2015
*''Prima introduzione alla critica della capacità di giudizio'' (estratto), a cura di Francesco Valagussa, Milano-Udine, [[Mimesis Edizioni|Mimesis]], 2012
*''Critica del giudizio'' (estratti), a cura di Francesco Valagussa, Brescia, La Scuola, 2013
 
===Saggi===
* [http://www.iisf.it/scuola/kant/giudizio.htm Antonio Gargano: Kant - le tre critiche, ''Istituto italiano per gli studi filosofici'']
* Piero Giordanetti, ''L'estetica fisiologica di Kant'', Milano 2001.
* Piero Giordanetti, ''Kant e la musica'', Milano 2001.
* Francesca Menegoni, ''La Critica del Giudizio di Kant. Introduzione alla lettura'', Nuova Italia Scientifica, Roma 1995.
* [[Francesco Moiso]], ''Teleologia dopo Kant'', in "Giudizio e interpretazione in Kant", Atti del Convegno Internazionale per il II Centenario della Critica del Giudizio di Immanuel Kant, Macerata, 3-5 ottobre 1990, Genova 1992, pp. 37-94.
* Francis O'Farrell, ''Per leggere la Critica del Giudizio di Kant'', PUG, Roma 1993.
* [[Luigi Pareyson]], ''Estetica dell'idealismo tedesco. Vol. 1: Kant e Schiller'', Mursia, Milano 2005 ISBN 88-425-3319-X (''Opere Complete'', vol. 7, Centro Studi Filosofico-Religiosi Luigi Pareyson).
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{en}} [http://plato.stanford.edu/entries/kant-aesthetics/ Kant's Aesthetics and Teleology] in: Stanford Encyclopedia of Philosophy
* [http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=266 Reinhard Brandt, Kant, la Critica del Giudizio e scritti minori], in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=99 Il finalismo come "bisogno" della nostra mente] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=134 Giudizi determinanti e giudizi riflettenti] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=134 Il Giudizio Estetico] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=135 Primo carattere del bello: il disinteresse] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=136 Secondo carattere del bello: l'universalità] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=137 Terzo carattere del bello: la finalità senza scopo] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=175 Quarto momento del giudizio di gusto] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=329 Il giudizio del sublime] in RAI: Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
* [https://www.youtube.com/watch?v=988j3ThPOjw Accademia IISF: A.Gargano-Kant: ''Critica del giudizio'' ]
 
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