Filosofia e Zombie (cocktail): differenze tra le pagine

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{{O|bevande alcoliche|marzo 2017}}
[[Immagine:Owl of Minerva.jpg|thumb|La [[Athene noctua|civetta]] di [[Minerva]] è il simbolo della filosofia.<ref> Gli occhi e il becco seguono la linea della lettera φ (''fi'') simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della [[sezione aurea]]. Lettera che accomuna quindi, armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato</ref>]]
{{F|bevande alcoliche|novembre 2017}}
{{Quote|Chi pensa sia necessario filosofare, deve filosofare e chi pensa che non si debba filosofare, deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.|[[Aristotele]], ''Protreptico'' o ''Esortazione alla filosofia''}}
{{Cocktail
|Nome = Zombie
|Immagine = Zombie cocktail gianni zottola.jpg
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}}
Lo '''Zombie''' è un [[cocktail]] esotico a base di Rum appartenente alla categoria dei Tiki. Un cocktail inventato nel 1934 da Ernest Raymond Beaumont Gannt più conosciuto come Donn Beach.
 
Nel tempo il cocktail Zombie diventa talmente popolare da diventare un classico, nonostante sia una potentissima combinazione di diversi stili di rums, tra cui un rum overproof.<ref>{{Cita web |url=https://www.giannizottola.com |titolo=Zombie Cocktail. Warning! Zombie attack |lingua=en |accesso=4 aprile 2018}}</ref>
La '''filosofia''', dal [[lingua greca|greco]] φιλείν (fìleìn), amare e σοφία (sofìa), sapienza, cioè amore per la sapienza, è la disciplina che si occupa di studiare e definire i limiti e le possibilità della conoscenza e in generale dell'esistenza dell'uomo, considerato come singolo e nella sua relazione, teorica e pratica, con gli altri uomini e con gli oggetti.
 
Lo Zombie è talmente potente da creare leggende e racconti piuttosto bizzarri intorno la sua origine. Lo stesso Donn servirà alla clientela lo Zombie come un "riparatore dei sogni infranti" e obbligherà lo staff del locale a non servire più di due Zombie ad una stessa persona.<ref name="ref_A">Menu originale del Don the Beachcomber. copyright 1941</ref>
Il pensiero filosofico occidentale, secondo [[Aristotele]], nascerebbe dalla "meraviglia", ovvero dal senso di stupore e di inquietudine sperimentata dall'uomo quando, soddisfatte le immediate necessità materiali, comincia ad interrogarsi sulla sua esistenza e sul suo rapporto con il mondo che lo circonda.
 
La ricetta dello Zombie rimane segreta per molti anni perché composta da indecifrabili ingredienti fatti in casa creati da Donn in persona. Tra questi troviamo il ''Don's Mix''<ref>{{Cita web|url=http://www.giannizottola.com/2017/10/27/dons-mix-ricetta-home-made-don/|titolo=Don's Mix}}</ref> e il falernum. A differenza dei cocktail tiki della seconda era lo Zombie cocktail non viene servito in una Tiki Mug ma in semplice bicchiere di vetro rigorosamente a tubo. Anche la decorazione è molto semplice, un rametto di menta che servirà, con la sua freschezza, a preparare il palato ad un cocktail veramente potente e alcolico.
Queste domande di carattere [[universale]], che in filosofia vengono definite come il problema del rapporto tra il soggetto e l'oggetto, vengono trattate secondo due aspetti: il primo è quello della [[filosofia teoretica]], che studia l'ambito della conoscenza, il secondo è quello della [[filosofia pratica]] o [[morale]] o [[etica]], che si occupa del comportamento dell'uomo nei confronti degli oggetti e, in particolare, di quegli oggetti che sono gli altri uomini, che egli presume siano individui come lui, perché appaiono simili, pur non potendo sapere cosa siano essi veramente nella loro interiorità.
{{TOChidden}}
 
Oggi conosciamo lo Zombie a partire dalle testimonianze da alcuni dei barman filippini che dal 34' lavoravano nei Don the Beachcomber. Una testimonianza significativa della ricetta del 1934 si più trovare in un ricettario intitolato "Original Polynesian Tropical Bar Recipes" scritto nel 1963 da Dick Moano e Wally Turnbow.<ref>{{Cita libro|titolo=Original Polynesian Tropical Bar Recipes - Dick Moano/Wally Turnbow 1963 pag. 28}}</ref> Lo stesso Donn divulgherà una ricetta di Zombie negli anni 50' a Luis Spievac, ma sarà la ricetta che Don modifica dopo aver aperto un Don the Beachcomber alle Hawaii.<ref>{{Cita libro|titolo=Luis Spievac - Barbecue Chef}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Sippin' Safari|data=2007|ISBN=1-59362-067-5}}</ref>
== Etimologia ==
 
Ad oggi il maggiore contributo alla ricerca dei cocktail di Donn ed in particolare dello Zombie Cocktail proviene da Jeff Berry, più noto come Beachbum Berry.<ref>{{Cita libro|titolo=Sippin Safari}}</ref>
Com'è noto, la parola filosofia ha origine dal [[lingua greca|greco]] φιλείν (fìleìn), ''amare'' e σοφία (sofìa): in essa si stabilisce un nesso fondamentale fra il sapere, che il filosofo cerca o ritiene di aver raggiunto, e l'amore, che qui va inteso non nella sua forma erotica (anche se l'[[eros]], il [[desiderio]] è [[Platone|platonicamente]] il movente fondamentale della ricerca filosofica), ma in un senso più vicino al sentimento dell'amicizia.
 
==Ingredienti==
Il filosofo, in questa accezione, sarebbe dunque l'amico del sapere; e come tale, egli non si identifica con il sapere, ma piuttosto vi si accompagna, essendo consapevole di non poterlo possedere del tutto (come ad es. dichiara [[Socrate]] (cfr. [[Apologia di Socrate]])).
*4,5&nbsp;cl di rum portoricano o cubano gold
*4,5&nbsp;cl di rum dark giamaicano
*3&nbsp;cl di rum demerara overproof
*2&nbsp;cl di succo di lime fresco
*1,5&nbsp;cl di falernum
*1,5&nbsp;cl di Don's mix
*1 tsp di granatina
*1 dash di Angostura bitters
*6 drop di Pernod
 
==Preparazione==
Quanto al termine σοφία, la gamma dei suoi significati è piuttosto ampia, e si è prestata, nel corso dei secoli, a un uso molto differente del sapere filosofico: originariamente distinta dalla φρόνησιϛ, la prudenza, l'accortezza di giudizio, la ''sophia'' indica un'abilità di tipo più teorico, cioè la capacità di trarre verità universali dalla conoscenza delle cose.
La preparazione avviene nel blender, come solitamente preparava i cocktail Donn. Utilizzare il blender a basse velocità o con la funzione pulse facendo attenzione a non creare un cocktail frozen.<ref>{{Cita web |url=https://www.Beachbumberry.com |autore=Berry, Jeff |titolo=How to make a Zombie |lingua=en |accesso=4 aprile 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180404201446/https://www.beachbumberry.com/# |dataarchivio=4 aprile 2018 |urlmorto=sì }}</ref>
 
== Note ==
Il saggio, tuttavia, nel senso greco del termine, non è l'uomo perso nelle sue riflessioni teoriche; egli, pur detenendo un sapere considerato astratto, possiede invece l'abilità di farne un uso concreto, pratico: <ref> Con l'uso della sapienza sarebbe facile arricchire, sostiene [[Ieronimo di Rodi]], (Ieronimo di Rodi, ''Memorie sparse'' VI, 54.) narrando come si arricchisse [[Talete]] il quale, prevedendo un'abbondante produzione di olive, affittò tutti i frantoi di un'ampia regione, monopolizzandone la molitura.</br>
<references/>
L'aneddoto è raccolto, oltre che da [[Cicerone]],(Cicerone, ''De divinatione'', I 49, 111.) da [[Aristotele]], il quale nella "''Politica''" (A 11, 1259 a) scrive che:
{{quote|...siccome, povero com'era, gli rinfacciavano l'inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli astronomici un'abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] e di [[Chio]] per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n'era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i [[frantoio|frantoi]] disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo.}}</ref> in questo senso la filosofia greca è permeata, fra l'altro, dal problema [[politica|politico]]<ref>Secondo [[Jean-Pierre Vernant]] «...è sul piano politico, di fatto, che in Grecia la Ragione si è in primo luogo espressa, costituita, formata.»(cfr.J.P.Vernant, "Le origini del pensiero greco", ed. Riuniti, p.117). </ref>, ovvero dal rapporto fra la sapienza e la capacità di governare sia il comportamento dell'uomo come singolo che come facente parte della comunità della [[polis]] stessa.
 
==La filosofia come espressione di libero pensiero ==
[[Immagine:Filosofi Capitolini.jpg|thumb|right|200px|Stanza dei filosofi dei [[Musei Capitolini]] di [[Roma]]]]
{{vedi anche|Storia della filosofia}}
{{Quote|La [[verità]] è per noi perenne, infinito movimento. [...] Scorgere la verità è la dignità dell'uomo. Solo attraverso la verità diveniamo liberi, e solo la libertà ci rende pronti incondizionatamente per la verità.|[[Karl Jaspers]],da ''Piccola scuola del pensiero filosofico'', Edizioni di Comunità, 1984, traduzione di C. Mainoldi}}
 
Come introduzione propedeutica a questa voce è necessario premettere che una definizione ultimativa e specifica della filosofia non può darsi; ogni sistema di pensiero infatti include al suo interno una ridefinizione del concetto di filosofia.
 
Il filosofare cioè è un contenitore che permane uguale a se stesso ma il cui senso e valore muta per il contenuto sempre diverso. Il filosofare sempre lo stesso ma anche sempre diverso. La [[storia della filosofia]] consente di rintracciare le varie linee evolutive del concetto di filosofia e quindi definire in modo più unitario i problemi che sono oggetto della conoscenza filosofica. La storia della filosofia come necessario contenitore che ci permette così di seguire una relativamente unitaria linea logica del filosofare proprio attraverso i contenuti, le continue diversità e sviluppi della speculazione.
 
Come attività esclusivamente [[razionalità|razionale]] e come tentativo di sostituire all'interpretazione [[mito|mitica]] dei fenomeni naturali un'analisi attenta ai dati dell'esperienza, la filosofia nasce nell'ambito della [[cultura]] [[Grecia|greca]] e [[Europa|europea]].
 
L'esercizio della filosofia ha sempre richiesto e sempre pretenderà la [[libertà di pensiero]]. Requisito che si può ritenere presente nel mondo greco e in quello romano, ma per nulla in quello cristiano. La ragione sta nel fatto che i politeismi pagani non erano dogmatici e non possedevano dottrina né precettistica. Con l'affermazione del [[Cristianesimo]], nel IV secolo, la filosofia diventa ''ancilla theologiae'', perde ogni autonomia e viene rigorosamente "pilotata" dalla fede, che ne fissa ambiti, canoni e criteri.
 
[[Immagine:Auguste Rodin - Grubleren 2005-02.jpg|thumb|200px|Il pensatore di [[Auguste Rodin]]]]
Nei secoli VII e [[secolo VI a.C.|VI a.C.]] la Grecia si trasforma da paese agricolo a artigiano e commerciale. Una nuova classe di mercanti cerca la sua fortuna lontano dalle ''polis'' d'origine, prevalentemente mercantili quelle della Ionia (Asia Minore), come Mileto, Efeso, Clazomene, Samo, ecc., mente altrove prevale l'economia agro-pastorale. Anche ad Atene domina a lungo una classe aristocratica conservatrice che basa il suo potere sulla proprietà della terra.
 
I flussi migratori hanno inizio intorno al 1200 a.C. [[colonizzazione greca|colonie]] e vedono in un primo tempo mercanti-marinai che dalla penisola ellenica vanno verso Oriente, fondando colonie nella [[Ionia]]. In un secondo tempo, dall'VIII sec. a.C. in poi, è da qui che (sotto la pressione persiana) avviene l'inverso, vedendo per esempio Leucippo ed Anassagora trasferirsi il primo ad Abdera e il secondo ad Atene. Ciò determina un rimescolamento di culture estremamente favorevole per l'evoluzione della filosofia.
 
È sulle coste della Ionia, e in particolare a Mileto, che l'evoluzione della società, i frequenti contatti mercantili con gli altri popoli del Mediterraneo, del mondo iranico e forse anche di quello indiano, portano un nuovo bisogno di conoscere. Al di fuori del mito la realtà dei fenomeni naturali, di cui si tenta per la prima volta una interpretazione razionale utile a soddisfare le necessità della navigazione, trova nuovi sviluppi e può nascere un pensiero filosofico laico, sganciato dalla religione.
 
Questa interpretazione "scientifica" della natura, che dà un nuovo senso ai racconti [[mitologia|mitologici]], per cui, ad esempio, il principio originario dell'acqua di [[Talete]] si sovrappone al mito del padre [[Oceano]], non viene ostacolata dal credo religioso, poiché la religione greca era un religione naturalistica, legata all'immanenza e all'antropomorfizzazione del divino, e quindi assai lontana dalla trascendenza.
 
In Grecia infatti, in assenza di libri sacri, non esiste una [[casta]] sacerdotale come custode del [[dogma]] e quindi rimane ampio spazio per il libero pensiero che si traduce a sua volta in libertà politica. Questa situazione, propria del politeismo e della differenziazione creativa dei miti, permette un pensiero libero, che finirà però col trionfo politico del Cristianesimo, intorno al 320 d.C., e specialmente col suo diventare religione ufficiale dell'impero (sotto Teodosio).
 
[[Immagine:Minerva onyx Louvre Ma2225.jpg|thumb|right|150px|Statua della dea Minerva con la civetta]]
È nelle libere [[colonizzazione greca|colonie ioniche]] che nasce la prima struttura della [[polis]] [[democrazia|democratica]] greca che assieme con la filosofia, dopo la conquista persiana delle colonie, si trasferirà, dopo aver sopraffatto il vecchio regime aristocratico conservatore, nella madrepatria, facendo di Atene la capitale della filosofia e della libertà greca.
 
La filosofia antica greca ha trasmesso alla tradizione filosofica occidentale un metodo di pensiero improntato all'antidogmatismo e la sensibilità verso una serie di problematiche [[ontologia|ontologiche]] ed [[etica|etiche]] che l'hanno caratterizzata rispetto ad altre tradizioni filosofiche.
 
Non si può poi tralasciare, tuttavia, il contributo che allo sviluppo della filosofia occidentale ha dato la riflessione [[teologia|teologica]] giudaico-[[Cristianesimo|cristiana]] che già dalla Tarda Antichità va ad instaurare un rapporto complesso con il pensiero filosofico di tradizione greco-romana, e soprattutto con quello metafisico ed idealista, avviando quella dialettica tra [[fede]] e [[ragione]] variamente risolta nei secoli, e in maniera esclusiva, sino al Quattrocento.
 
Allo tesso tempo non si deve dimenticare che l'integrazione tra la fede cristiana e la metafisica greca ha determinato il blocco sistemico di una "filosofia-teologia" che ha emarginato se non espunto il [[materialismo]] dal corso culturale dell'Europa cristiana almeno sino a tutto il secolo XV. L'atomismo infatti è diventato una filosofia demoniaca inconciliabile con la fede cristiana, mentre lo erano il platonismo e l'aristotelismo e, in qualche misura, anche lo stoicismo.
 
Gli scritti degli Atomisti, teorizzatori di quel materialismo dinamicistico che è l'[[atomismo]], sono andati soggetti a una sistematica distruzione. L'asse tra la metafisica greca e la teologia cristiana ha dominato la cultura europea per oltre dieci secoli, continuando a condizionarla sino al Settecento inoltrato. Le vicende di [[Galileo Galilei]] e di [[Giordano Bruno]] (per limitarci alle più note) rivelano ampiamente come le barriere teologiche abbiano tentato di frenare per un certo tempo i progressi di una filosofia laica.
Esistono altresì dottrine ancora più antiche a carattere speculativo, sorte nell'ambito di varie culture [[oriente|orientali]], anch'esse spesso strettamente connesse ad ambiti [[religione|religiosi]], che rendono questo tipo di riflessione particolarmente orientata alla comprensione del senso dell'esistenza del singolo individuo in rapporto a un Tutto olistico.
 
Alcune di queste forme di pensiero mistico-filosofico, specificamente indiane, tramite anche delle pratiche improntate sull'[[ascesi]], aspirano ad elevare l'individuo verso una più alta spiritualità.
 
===Oriente ed Occidente===
 
Sulla priorità della filosofia, se essa sia nata cioè prima in [[Oriente]] o in [[Occidente]], si sono confrontate due correnti di pensiero opposte. Infatti ci sono due tesi che si contrappongono per stabilire dove la filosofia nacque: quelle degli "orientalisti" e degli "occidentalisti". Appare piuttosto probabile che all'ambito indiano vadano riconosciuti, prima del 1100 a.C., i prodromi di ciò che sarà la speculazione filosofica, per quanto essi siano qui di carattere specificamente religioso. Ma è in ambito greco-ionico, e specificamente a Mileto nel VII sec.a.C., che nasce una vera filosofia laica, espressa da naturalisti come Talete, Anassimandro e Anassimene
 
* Gli orientalisti affermano che la filosofia abbia avuto origini in [[Oriente]] circa nel [[1300 a.C.]], e che la stessa filosofia greca derivi dall'antico pensiero sviluppatosi in [[Asia]]. A supporto di questa tesi si porta la prova degli intensi rapporti [[commercio|commerciali]] tra i greci e le popolazioni orientali. Poiché la matematica nelle sue prime acquisizioni è nata in India il rapporto con l'oriente sembrerebbe provato per la dottrina pitagorica, ma assai meno possono essere collegati alla cultura orientale i naturalisti di Mileto.
 
Talete, in particolare, avrebbe tratto piuttosto dalla cultura egizia elementi di tipo cosmologico. L'Egitto, infatti, all'epoca esprimeva un contesto assai più progredito della Grecia sul piano tecnologico, con importanti acquisizioni nel campo della geometria e dell'astronomia.
 
La cultura occidentale avrebbe ripreso elementi di [[civiltà]] da quella orientale e sud-orientale che vantava da tempo acquisizioni di tipo scientifico importanti: basti pensare che nel [[XII secolo a.C.]] gli [[Storia dell'antico Egitto|egizi]] distinguevano già la [[medicina]] dalla [[magia]] usando il metodo [[diagnosi|diagnostico]] e facevano progressi in campo [[matematica|matematico]] (come i [[babilonesi]]) e i [[caldei]] che già nel [[2000 a.C.]] erano in possesso di documenti di studio sui [[astronomia|corpi celesti]].
 
Ma le motivazioni degli orientalisti vanno oltre le prove sui contatti commerciali dell'Oriente con i greci e sui progressi culturali e scientifici orientali, poiché essi sostengono che la riflessione speculativa, e quindi la filosofia, era già presente in India nella religione [[induismo|brahmanica]] e poi nel [[Buddhismo]], in nel [[Confucianesimo]] e nel [[Taoismo]].
 
Ciò può essere vero in quanto ai temi che saranno anche del pensiero greco (origine, essere, causa, anima, corpo, materia, ecc.) ma non per quanto riguarda le modalità di analisi e approfondimento.
 
Pur accettando che la filosofia greca abbia ricevuto apporti tematici provenienti dalle culture orientali, l'appproccio razionale e analitico era scarsamente utilizzato in Oriente, mentre sarà alla base di quello greco, <ref> Aristotele stesso aveva notato come ci fossero analogie della filosofia con le culture non solo degli egiziani ma anche dei caldei e degli ebrei e, persino, dei magi iranici ([[Zoroastro]])</ref> e la maggior parte degli storici della filosofia oggi afferma l'autonomia e l'originalità della filosofia greca nata a [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], [[colonie nell'antichità|colonia]] greca dell'Asia minore, nel [[VI secolo a.C.]] sostenendo:
* che anche gli autori della filosofia classica più vicini per tematiche al pensiero orientale (Platone, Aristotele, ecc.), pur riconoscendo l'importanza della cultura orientale, ne sottolineano il carattere pratico e non fanno alcuna menzione di una derivazione orientale della filosofia;
*che non abbiamo conferma di nessuna traduzione di testi orientali da parte di filosofi greci poiché evidentemente esistevano delle difficoltà [[linguaggio|linguistiche]] alla conoscenza delle culture orientali in un popolo, come quello greco, poco incline alla conoscenza delle lingue straniere, del linguaggio dei ''barbaroi'';
*che la sapienza orientale si basava su conoscenze poste come verità teologiche indiscutibili conosciute solo da un gruppo ristretto di persone, i cosiddetti "[[sacerdote|sacerdoti]]", che non miravano allo sviluppo della razionalità ma erano orientate [[ideologia|ideologicamente]] verso il raggiungimento di una vita ultraterrena o praticate per l' accrescimento di facoltà spirituali connesse alla sacralità;
*che infine esistevano fattori sociali e culturali che, come l'espansione coloniale greca in quella zona che sarà la ''Magna Grecia'' da parte di liberi mercanti che si affrancarono economicamente e culturalmente dalla madrepatria, costituirono un ambiente caratterizzato dalla libertà politica e di pensiero favorevole allo sviluppo del pensiero filosofico.
 
==Saggezza, educazione e scienza==
{{Vedi anche|Presocratici}}
[[Immagine:Raffael 058.jpg|thumb|right|300px|''[[Scuola di Atene (Raffaello)|La scuola di Atene]]'', affresco di [[Raffaello Sanzio]], [[1511]]]]
La traduzione generica di ''filosofia'' come ''amore per la [[saggezza]]'' non rende ragione della pluralità di significati che il termine ''sophia'' aveva nella lingua greca che la distingueva dalla ''phronésis'' (φρόνησιϛ), la prudenza.<ref>Il termine si evolverà ulteriormente in seguito. Jean-Joël Duhot, uno dei maggiori studiosi di storia della filosofia, chiarisce che «gli intellettuali ellenisti sapevano che ''sophia'' indicava l'abilità, il saper fare, il conoscere operativo e che quindi il ''sophos'' è l'uomo abile e nello stesso tempo il sapiente» (in ''Epictète et la sagesse stoïcienne'', Bayard èditions (1996) </ref>.
Nella [[cultura]] greca antica il termine filosofia oscillava tra due significati estremi: in un senso la filosofia, spesso identificata come sinonimo di ''sophia'' coincideva con la ''saggezza'' o, come anche si diceva, la ''paideia'' ([[educazione]], formazione culturale): ad esempio [[Erodoto]] <ref>Erodoto,''Storie'', I, 30</ref> racconta di [[Solone]] come un uomo che aveva molto viaggiato per il mondo «''filosofando''», per desiderio di sapere.
 
All'estremo opposto filosofia assume il significato di dottrina scientifica ben delineata, che [[Aristotele]] chiama «''filosofia prima''» che indica cioè sia i principi primi, le cause prime, le strutture essenziali degli [[essere|esseri]] sia quel pensiero che studia il primo principio di tutto: [[Dio]] stesso.
 
È nell'ambito di questi due significati che si sviluppano gli usi più particolari del termine filosofia e il filosofare pratico dei pensatori greci classici.
 
===La nascita del termine===
I più antichi pensatori della storia della filosofia non ebbero consapevolezza di essere ''filosofi'': sia [[Diogene Laerzio]] <ref>Diogene Laerzio,in ''Vite dei filosofi'', Proemio 12</ref> che [[Cicerone]] <ref>Cicerone, ''Tuscolanae disputationes'',V, 3,9</ref> indicano [[Pitagora]] come il primo a definirsi ''filosofo'', amante del sapere: come colui, cioè, che può solo dirsi amante della sapienza, poiché gli unici, veri sapienti, sono gli dei.
 
Lo stesso Pitagora, secondo la tradizione, viene indicato come l'autore dell'[[allegoria]] della filosofia come un mercato: la vita è come una grande [[fiera]] dove si recano quelli che vogliono fare affari, quelli che vi vanno per divertimento ed infine, i ''migliori'', i filosofi, i quali non hanno altro scopo che osservare la varia umanità.
 
Questo almeno secondo la tradizione che [[Diogene Laerzio]] riprende da [[Eraclide Pontico]], un discepolo di [[Platone]]: il che fa sospettare che questo fosse un significato in uso nella filosofia platonica.
 
In un frammento di [[Eraclito]], riferito da [[Clemente Alessandrino]] (passo la cui autenticità è messa però in dubbio da alcuni studiosi come Marcovich nella sua opera dei ''Frammanti'' del [[1978]]) compare il termine ''filosofia'' e si dice che «''é necessario che gli uomini filosofi siano indagatori di molte cose''» <ref>fr.B 35 Diels-Kranz</ref>.
 
Sembrerebbe che Eraclito volesse identificare la filosofia con la ''polimanthia'', il sapere molte cose, ma questa interpretazione è esclusa da altri frammenti dove lo stesso filosofo afferma che questa «''non insegna l'[[intelligenza]]''» <ref>''ibidem''fr. B 40</ref> ma piuttosto egli dice che compito del filosofo è quello di fare molte esperienze e da queste arrivare al principio primo unitario che egli chiama ''[[Logos]]'' (ragione, discorso).
 
Ecco quindi cominciare a delinearsi in embrione un significato di filosofia come conoscenza dei principi primi: scienza universale che tratta l'essere in generale e che quindi è alla base e a fondamento di tutte le forme di conoscenza che si occupano dell'essere nei vari aspetti particolari.
 
===La scuola di Mileto e l'archè===
Con la scuola milesia di [[Talete]], [[Anassimandro]] e [[Anassimene di Mileto|Anassimene]], il pensiero per la prima volta si emancipa dall'impostazione religiosa e [[dogma]]tica per ricercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali e alle questioni [[Cosmologia|cosmologiche]] e si impone centralmente il problema dell'identificazione dell'[[archè]], l'elemento costitutivo e animatore della realtà, indagato nello stesso periodo anche da [[Pitagora]] ed [[Eraclito]].
 
Essi pensarono che, pur essendo apparentemente diversi, i fenomeni naturali fossero omogenei, della stessa natura fondamentale. Si trova nelle loro teorie una ricerca di un punto di riferimento comune che metta ordine nella molteplicità [[caos|caotica]] dei fenomeni. Se quindi, si riuscirà a identificare la [[causa]] prima di tutti questi fenomeni, quell'elemento comune a tutte le cose, che soggiace ("hypokeimenon") a tutto, nascosto al loro interno, per cui una cosa è quella che è nella variabilità di ciò che appare, si avrà la chiave di spiegazione unica di tutto il [[cosmo]], cioè dell'universo come ordinato e armonioso.
 
Quindi i primi filosofi [[presocratici]] ricercheranno quest'elemento primordiale, la causa di tutto, da cui tutto si è generato e a cui tutto ritorna: l'[[arché]], il principio apparso per primo nel tempo e scopriranno così la [[sostanza]] dandole una pluralità di significati, come ente che:
* permane nei mutamenti
* rende unitaria la molteplicità
* rende possibile l'esistenza della cosa <ref>cfr. Gabriele Giannantoni, ''I Presocratici. Testimonianza e frammenti'', Laterza, Roma-Bari 2002.</ref>
 
Interessante notare come dalla iniziale speculazione sulla natura, ancora legata ad elementi fisici con Talete, il discorso filosofico si faccia sempre più astratto con Anassimandro, capace di concepire come principio ciò che non è materiale, l'indefinito, sino ad arrivare con la scuola Pitagorica ad una visione matematica della natura,<ref>Molto tempo dopo Galilei dirà come «il gran libro della Natura è scritto in caratteri matematici» e «L'universo è un libro scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche».(ne ''Il Saggiatore) </ref> prima premessa per l'accesso della filosofia verso la via che porta alla scienza.
 
Via che s'interromperà con le riflessioni sull'archè che faranno nascere, con [[Parmenide]] e la [[scuola eleatica]], le prime speculazioni [[Ontologia|ontologiche]]; e con esse la percezione di un conflitto irriducibile tra la [[logica]] che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi.
 
Contrasto variamente risolto dai successivi filosofi del [[VI secolo a.C.|VI]]-[[V secolo a.C.]] ([[fisici pluralisti]]), la questione rimarrà centrale in tutta la storia del pensiero occidentale, dalla [[Scolastica]] ad [[Heidegger]] nel [[XX secolo|Novecento]].
 
===Il pluralismo ontologico===
{{Nota
|allineamento =
|larghezza = 40%
|titolo = Ontologia
|contenuto = In filosofia, l'ontologia, fondamento storico della [[metafisica]], è lo studio dell'essere in quanto tale, ovvero in quanto essente, nonché delle sue categorie fondamentali. Il termine deriva dal greco ὤν, ὄντος, "òntos" (genitivo singolare del participio presente di εἶναι, "èinai", il verbo essere) più λόγος, "lògos". Significa letteralmente "discorso sull'"essere".
L'ontologia può avere, in determinati tipi di pensiero, legami con la [[teologia]], in particolare per quanto riguarda alcune questioni fondamentali relative all'[[esistenza di Dio]]. Il termine ontologia fu coniato soltanto agli inizi del [[XVII secolo]] da Jacob Lorhard nella prima edizione della sua opera ''Ogdoas Scholastica'' ([[1606]]) e successivamente utilizzato da [[Rudolph Göckel]] per il suo ''Lessico filosofico'' ([[1613]]).}}
L'[[ontologia]] [[monismo|monistica]], che nasce con [[Senofane di Colofone]], trova ad Elea, nell'ambito dell'occidentale [[Magna Grecia]], i suoi principali sviluppi; ma essa è negata a oriente, in ambito [[Ionia|ionico]]. Ionici sono infatti sia [[Leucippo]] (di [[Mileto]]) e sia [[Anassagora]] (di [[Clazomene]]), assertori di un'ontologia [[pluralismo|pluralistica]], degli ''atomi'' il primo e dei ''semi'' il secondo (che Aristotele ribattezzerà ''omeomerìe''). Per quanto il monismo [[determinismo|determinista]] risulterà prevalere, e gli epigoni di [[Parmenide]] (e tra essi Platone) vincenti dal [[IV secolo a.C.]] in poi, nel [[V secolo]] il dibattito risultò assai fecondo per il pensiero greco. In ogni caso Aristotele, per quanto sostanzialmente monista, fu molto attento all'ontologia pluralistica, confrontandosi con essa a più riprese sia nella ''Fisica'' che nella ''Metafisica'' (la filosofia "prima").
 
L'espressione di tale pluralismo che risulterà più ricca di sviluppi sarà però l'[[atomismo]] leucippeo, che troverà in [[Democrito]] un valido continuatore e più tardi in [[Epicuro]] un suo riformulatore in direzione spiccatamente indeterministica.
 
===Filosofia come nuova paideia===
Accanto a questo primo iniziale configurarsi della filosofia come conoscenza universale compare nella storia della filosofia un'applicazione più pragmatica del filosofare: è quella dei [[sofisti]] che non tramandano definizioni della filosofia ma che, come si vede nei ''Dialoghi platonici'' e in [[Senofonte]] <ref>per es. ''Memorabilia'', IV, 2, 23 e ''Simposio'' I, 5</ref> chiamano filosofia una particolare forma di [[educazione]], dietro compenso, per i giovani che vogliano intraprendere una carriera politica.
 
I sofisti compaiono nel periodo compreso fra il culmine della civiltà ateniese e i primi sintomi della decadenza dovuta a tensioni individualistiche ed egoistiche che erano già evidenti nell'età di [[Pericle]]. Allo scoppio della [[guerra del Peloponneso]] e alla morte di Pericle, entrano in crisi quei valori di supremazia culturale ed economica a cui si sostituisce il senso di precarietà dell'esistenza a cui i sofisti rispondono offrendo come soluzione le capacità retoriche dell' individuo, educato con una nuova tecnè (tecnica).
 
Essi insegnano in particolare l' ''arte della parola'', un'educazione [[retorica]] e letteraria che riporta la filosofia al suo primo significato di [[paideia]] ma con diversi contenuti rispetto a quella antica, basata sulla [[poesia]] e sul [[mito]], attraverso i quali si realizzava l'[[aristocrazia|aristocratico]] ideale della [[kalokagathia]] ("''kalos kagathos''" o "''kalos kai agathos ''" (καλὸς κἀγαθός o καλὸς καὶ ἀγαθός, [[International Phonetic Alphabet|IPA]]:kalos kaːgatʰos), del ''bello e del buono''. Una educazione come quella [[Omero|omerica]], che si trasmetteva di padre in figlio, tesa alla formazione del cittadino osservante di quelle leggi che erano state date dagli dei.
 
Ora i sofisti (almeno la prima generazione) non mettono in dubbio l'autorità dello [[Stato]] ma evidenziano attraverso un'analisi storica, l' origine umana delle [[legge|leggi]] che lo regolano e il ruolo determinante di chi è capace di influenzarne la formazione attraverso l'uso fascinoso del linguaggio che permette di vincere sull'interlocutore.
 
===Filosofia come educazione al ''non sapere''===
[[Immagine:Socrates Louvre.jpg|150px|thumb|Socrate]]
Paradossale fondamento del pensiero socratico, ostile a quello dei sofisti, è l'[[ignoranza]], elevato a movente fondamentale del desiderio di conoscere. La figura del filosofo secondo [[Socrate]] è completamente opposta a quella del saccente, ovvero del sofista.
 
Le fonti storiche descrivono Socrate come un personaggio animato da un'idea del sapere come forma di [[ricerca#ricerca di base|ricerca]], piuttosto che come [[erudizione]] intellettuale.
 
Egli diceva di ritenersi il più saggio degli uomini, proprio in quanto cosciente del proprio non sapere. Il senso della sua filosofia è quello di essere essenzialmente ''ricerca'' che caratterizza quella ''dotta ignoranza'' che permette di sviluppare lo spirito critico nei confronti di coloro che presumono di sapere in modo definitivo e invece non sanno rendere conto di quello che dicono<ref>Platone, ''Fedro'', 278b</ref>.
 
Con lui si acquisisce piena consapevolezza della peculiarità del [[metodo]] di indagine filosofica (e dell'indagine intellettuale in generale, distinta da quella religiosa o mitica) basato sulla [[maieutica]], ovvero sulla capacità, attraverso un [[dialogo]] serrato (che poi verrà riproposto, da Platone, nei suoi celebri dialoghi giovanili) fra il filosofo e coloro che lo ascoltano, di discernere la conoscenza vera dalla mera opinione soggettiva<ref>Si ripropone qui una delle interpretazioni della maieutica socratica. Per un discorso più approfondito si rimanda a [[Pensiero di Socrate (interpretazioni)]] dove il senso della maieutica, secondo alcuni studiosi, è da rintracciare nella volontà di Socrate di convincere l'interlocutore che la sua certezza di possedere verità definitive è falsa e che ciò che si conosce va invece sempre rimesso in discussione.</ref>.
 
===Platone e la vera filosofia===
[[Immagine:Plato Pio-Clemetino Inv305.jpg|thumb|right|150px|Busto di Platone nel Museo Pio-Clementino]]
====Filosofia come riflessione sulla politica====
Quella che in termini storici possiamo chiamare "filosofia platonica", origina dalla riflessione sulla [[politica]] conseguente alla vicenda socratica. Come scrive Alexandre Koiré:
{{quote|Tutta la vita filosofica di [[Platone]] è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di [[Socrate]]. |}}
Occorre tuttavia distinguere la "riflessione sulla politica" dall'"attività politica". Non è certo in quest'ultima accezione che dobbiamo intendere la centralità della [[politica]] nel pensiero di Platone. Come egli scrisse, in tarda età, nella [[Lettera VII]] del suo epistolario, proprio la rinuncia alla politica attiva segna la scelta per la filosofia, intesa però come impegno "civile".
 
Tuttavia i filosofi che vorrebbero dedicarsi alla [[meditazione]] <ref>In settimo libro della ''Repubblica'',519d</ref> devono invece essere costretti all'arte del governo <ref> ''Ibidem'' 520a</ref>, in quanto, proprio perché disinteressati, essi sono i più affidabili come politici <ref>''Ibidem'' 521b</ref>. La riflessione sulla politica diventa, in altre parole, riflessione sul concetto di giustizia, e dalla riflessione su questo concetto sorge un'idea di filosofia intesa come processo di crescita dell'Uomo come membro della ''[[polis]]''.
 
Fin dalle prime fasi di questa riflessione, appare chiaro che per il filosofo ateniese risolvere il problema della giustizia significa affrontare il problema della [[gnoseologia|conoscenza]]. Da qui la necessità di intendere la genesi del "mondo delle idee" inteso come depositario della verità contrapposto al "mondo delle cose" mere "copie" delle idee,come frutto di un impegno "politico" più complessivo e profondo.
 
Tuttavia la vera educazione che assegnerebbe ai filosofi il diritto-dovere di governare non è quella dei sofisti ma quella descritta nel settimo libro della ''Repubblica'' dove, attraverso il ''[[mito della caverna]]'', [[Platone]] delinea una formazione culturale che porti alla visione del mondo intellegibile <ref>''Ibidem'' 517b</ref> per la quale è vero, come sostenevano i sofisti, che spetta ai filosofi la funzione politica, ma non perché addestrati all'uso della parola ma in quanto depositari di quella luce della verità a cui essi sono giunti liberandosi dalle catene dell'ignoranza.
 
La loro formazione culturale quindi sopravanza quella dei non filosofi, in quanto essi saranno educati non solo tramite la [[ginnastica]], la [[musica]] e le arti <ref>521b</ref> ma con quelle scienze esatte come la [[matematica]] <ref>''Ibidem'' 521c </ref>, la [[geometria]] che permettano loro di arrivare alla concezione [[intelletto|intellettuale]] delle [[idea|idee perfette]] ed immutabili <ref>''Ibidem'' 532c </ref>. Tramite la [[dialettica]], l'ascesa dalle forme sensibili all'intellegibile, «''il volgere dell'anima da un giorno tenebroso a un giorno vero''», si giungerà alla «''vera filosofia''».
 
====I molti significati platonici della filosofia====
Con Platone il termine filosofia ha raggiunto una tale vastità di significati che la storia della filosofia, a cominciare da Aristotele, non farà altro che svilupparne i vari aspetti che egli ha delineato <ref>«Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone» («''The safest general characterization of the European philosophical tradition is that it consists of a series of footnotes to Plato''».) [[Alfred North Whitehead]] in ''Process and Reality'', p. 39 (Free Press, 1979)</ref>,: filosofia quindi come:
*sapere globale,
*sapienza e pratica politica,
*visione della perfezione intellegibile e distacco dai sensi,
*scienza dei principi primi, scienza di tutte le scienze,
*spirito critico per la contestazione e la verifica dei saperi particolari.
 
Questa forma di classificazione della filosofia nei suoi vari significati condizionerà tutta la tradizione filosofica occidentale successiva, almeno fino alle riflessioni filosofiche di [[Locke]] e [[Kant]] e a quelle della filosofia contemporanea, che metteranno in discussione la stessa possibilità della conoscenza filosofica in quanto tale.
 
A differenza di altri (come Aristotele) Platone non è un pensatore sistematico. I vari significati della filosofia sopra indicati appaiono e scompaiono in relazione alle fasi successive del suo pensiero. Essi si accompagnano quindi anche a una certa variabilità dei significati dei termini , in ragione dei periodi e talvolta in ragione anche di singoli dialoghi.
 
Si deve inoltre tenere presente che il senso della filosofia e quello dei suoi oggetti deve, per Platone, essere inseribile in un quadro [[cosmologia|cosmologico]] generale perfetto ed armonico su base matematico-geometrica (la sfera per lui era la struttura cosmica perfetta).
 
Per quanto egli ammetta il [[divenire]] come una forma incipiente di ''essere'' (a differenza del suo grande referente [[Parmenide]] che lo vedeva come non-essere), esso, in quanto imperfetto e passibile di disordine, esiste soltanto come evento variabile e mutevole che precede l'avvento della perfezione e dell'ordine di un ''essere'' che è anche ''verità''.
 
Con queste premesse la realtà platonica è totalmente avulsa dalla realtà vissuta e vivibile dall'uomo comune. Il primato dell'[[idea]]lità non è quindi solo gnoseologico, ma decisamente ontologico. Uno dei più importanti dialoghi della maturità, il ''Timeo'', è molto significativo a questo proposito, e non a caso è stato il testo base per tutta la cosmologia mistica medioevale. È un inno alla perfezione "geometrica" di un cosmo che non è solo ideale ma del tutto reale, dove è rieccheggiato Pitagora che vedeva il [[numerologia]] mondo come basato sui numeri.
 
L'ontologia platonica riguarda quindi un [[Essere]] generale (governato dall'[[anima del mondo]]) che ha il suo fondamento nell'elemento etico (il bene), in quello estetico (la bellezza) e in quello gnoseologico (la verità). Sono infatti essi che si coniugano come fondanti, lo qualificano e lo definiscono. La ''materia'' (la fisicità) è quindi elemento del tutto irrilevante per Platone, in quanto, non possedendo ''verità'' non può essere posto come oggetto della vera filosofia.
 
===Aristotele: la filosofia come libertà===
[[Immagine:Aristoteles Louvre.jpg|150px|thumb|right|Lisippo. Busto di Aristotele]]
Gli anni che separano Platone da Aristotele sono relativamente pochi, eppure il tempo di crisi in cui si trova a vivere Aristotele è già profondamente diverso da quello del suo maestro. Nella metà del [[IV secolo a.C.]] la decadenza della libertà nella polis è ormai irreversibile di fronte alla potenza [[Regno di Macedonia|macedone]].
 
Il cittadino greco non è più direttamente coinvolto nelle faccende del governo ed ormai è ''inglobato'' in un più vasto organismo statale del quale altri reggono le fila e quindi perde quella passione per la politica che aveva costituito la molla per la filosofia platonica. Da qui l'emergere per altri interessi conoscitivi ed etici che saranno caratteristici dell'età ellenistica.
 
Per Aristotele la filosofia è il più grande dei beni, dal momento che ha per scopo se stessa, mentre le altre scienze hanno per fine qualcosa di diverso da sé. Aristotele introduce una nuova concezione del sapere rispetto a quella della tradizione che collegava la sapienza all'agire e al produrre. Dedicarsi al sapere richiede la ''scholè'', l'''otium'' dei latini, un tempo assolutamente libero da ogni cura e preoccupazione legata alle necessità materiali dell'esistenza. «Primum vivere deinde philosophare», fare filosofia che è l'inclinazione della natura razionale di tutti gli uomini, e che solo i filosofi realizzano a pieno mettendo in atto un sapere che non serve a nulla ma che proprio per questo non dovrà piegarsi a nessuna servitù: un sapere assolutamente libero. La filosofia quindi:
*presuppone di essere liberi da ogni bisogno materiale,
*è essa stessa libera perché persegue il sapere per il sapere,
*rende liberi dall'ignoranza.
 
La ricerca filosofia è nello stesso tempo difficile, perché deve affrontare la vastità del sapere, ma anche facile perché ognuno ha la capacità di cogliere qualcosa della verità. Talora la sua difficoltà nasce dal fatto che non siamo in grado di cogliere proprio le cose più evidenti, ma in fondo tutti possono contribuire alla ricerca della verità poiché questa è già nella storia. La filosofia non crea la verità ma la porta alla luce; la verità infatti è anche nelle opinioni comuni, nei filosofi del passato. La filosofia è come la nottola che vola intorno al tempio di Minerva al tramonto, quando cioè la luce della verità è già apparsa. Aristotele è dunque il primo storico della filosofia che, interpretando le dottrine altrui alla luce della sua , tende a vedere nel pensiero dei filosofi passati dei tentativi di arrivare alla verità della sua dottrina.
 
===Filosofia come scienza prima===
Platone guardava il mondo secondo un'ottica verticale e gerarchica ed anche Aristotele in un primo tempo pensa che l'oggetto della filosofia debba essere il divino e che quindi essa sia la scienza più alta.
 
Nella maturità, con le mutate condizioni culturali e politiche, lo Stagirita guarda il mondo secondo un' ottica orizzontale per cui tutte le scienze hanno pari dignità. In questo modo Aristotele constata e giustifica la situazione culturale del [[IV secolo a.C.]] dove le scienze si rendono autonome dalla filosofia e si specializzano nel loro specifico settore della realtà.
 
Quindi la filosofia si differenzia dagli altri saperi perché invece di considerare la varie facce della realtà o dell'essere studia l'essere e la realtà in generale quindi tutte le scienze che studiano una parte del reale dovranno ora presupporre la filosofia che studia il reale in quanto tale.
 
====La filosofia come metafisica====
La filosofia diventa la scienza prima, l'anima unificatrice ed organizzatrice delle scienze particolari. La filosofia come un'enciclopedia del sapere, essa non può essere altro che scienza o sapere globale.
 
Aristotele non enuncia direttamente il significato del termine ma sapere per lui vuol dire «''conoscenza dei principi primi e delle [[causa|cause]]''» <ref>Aristotele,''Metafisica'', I, 981b 29</ref> quanto più una cosa infatti è realizzata nella sua natura tanto più essa è causa dell'essere delle cose che di tale natura partecipano. Ad esempio il fuoco non può eseere che la causa del calore delle cose calde in quanto esso realizza al massimo la sua natura calda.
Aristotele cioè stabilisce una connessione logica e reale tra verità, causalità e essere.
 
Vi sarà quindi la scienza che studia gli enti nello [[spazio (fisica)|spazio]], la matematica, quella che studia gli enti che divengono, la [[fisica]] (che comprende tutte le scienze naturali), quella infine che studia l'[[ente]] in quanto ente e questa sarà la «''filosofia prima''» che, quando si dedica allo studio dell'ente supremo, si definisce come [[teologia]].
 
La filosofia prima, che la tradizione filosofica chiamerà '''[[metafisica]]''' <ref>Il termine metafisica deriva dalla catalogazione dei libri di Aristotele, nell'edizione di Andronico da Rodi ([[I secolo a.C.]]), nella quale la trattazione dell'essenza della realtà fu collocata dopo (in greco "meta") quella della natura (che è la fisica). Il prefisso "meta" assunse poi il significato di "al di là, sopra, oltre".</ref> , costituirà come teoria generale della realtà, il nucleo centrale, almeno fino a [[Locke]], della filosofia.
 
====Ancora filosofia come saggezza====
Matematica, fisica, ''filosofia prima'', Aristotele le chiamerà filosofie teoretiche distinguendole da quelle pratiche (etica, [[politica]]) e da quelle poietiche (da ''poieo'', produco) che riguardono la poetica e le discipline tecniche<ref>Aristotele,''Topici'', VI, 6, 145a 15; ''Metafisica'', XI, 7, 1064a 10 sgg.</ref>.
 
Nelle dottrine pratiche e poietiche rientra quella caratterizzazione della filosofia come saggezza che la ''filosofia prima'' come scienza escludeva dal suo ambito. Anzi, a differenza di Platone, Aristotele attribuisce dignità filosofica anche alle filosofie pratiche e poietiche non potendo sempre avere il sapere i caratteri precisi e definitivi come, ad esempio, quelli della matematica<ref>Aristotele, ''Etica nicomachea'' I, 3, 1094b 12sgg.</ref>.
 
===L' impoverimento della metafisica===
[[Immagine:Epikur.jpg|100px|thumb|right|Epicuro]]
{{Vedi anche|Ellenismo}}
Sia per il [[Liceo]] che per l'[[Accademia]] dopo la morte dei loro capiscuola il significato della filosofia tese a impoverirsi ma si arricchì la [[Grecia antica|civiltà greca]] che si diffuse nel mondo mediterraneo, eurasiatico e in Oriente, fondendosi con le culture locali.
 
Dall'unione della cultura greca con quelle dell'[[Asia Minore]], l'[[Eurasia]], l'[[Asia Centrale]], la [[Siria]], la [[Mesopotamia]], l'[[Iran]], l'[[Nordafrica|Africa del Nord]], l'[[India]], nacque una civiltà (323 a.C.-31 a.C.) - detta [[Ellenismo]] - che fu modello insuperato a livello di filosofia, religione, scienza ed [[arte]].
 
Tale civiltà si diffuse dall'[[Oceano Atlantico|Atlantico]] all'[[Indo]] apportando un notevole impulso anche al [[diritto]], alla [[politica]] ed all'[[economia]] che troveranno la loro piena realizzazione nel mondo romano.
 
La [[Grecia antica|civiltà greca]] - da sempre legata con quella degli altri popoli [[Mar Mediterraneo|mediterranei]] e del [[Medio Oriente|''Vicino Oriente'']] - si rinnovò al contatto diretto con la varie civiltà ([[Storia dell'Egitto|egiziana]], [[Mesopotamia|mesopotamica]], [[Persia|iranica]] e di molti altri popoli) che via via - soprattutto in seguito alle conquiste di [[Alessandro Magno]] - venivano ad avere sempre più rapporti politici, economici e culturali con le città di [[lingua greca]].
 
====La nuova definizione di filosofia====
{{Vedi anche|Epicureismo|Stoicismo|Scetticismo}}
Dal [[IV secolo a.C.]] la definizione di filosofia più diffusa è quella di [[Senocrate]], secondo successore di Platone, che suddivide la filosofia in etica, politica e [[dialettica]]. <ref>Diogene Laerzio, ''Vite'', IV, 2 e Sesto Empirico, ''Contro i matematici'', VII, 16</ref>.
 
Senocrate abbandona l'aspetto metafisico della dialettica platonica, intesa come ascensione al mondo intellegibile, e la riduce essenzialmente alla [[logica]]. Altrettanto avviene nel Liceo dopo la morte di [[Teofrasto]]: la ''filosofia prima'', da studio metafisico dell'Atto puro, viene ora spostata sulla [[fisica]] nei suoi aspetti scientifici.
 
La tripartizione della filosofia di Senocrate è quella in vigore anche preso le correnti di pensiero degli [[epicureismo|epicurei]], degli [[stoicismo|stoici]] e degli [[scetticismo|scettici]].
 
[[Epicuro]] però sostituisce alla dialettica la ''[[canonica]]'', una dottrina che fornisce i canoni, i criteri fondamentali per arrivare, tramite i sensi, alla verità poiché la salita all'intellegibile, sostiene Epicuro, sarebbe una via che va all'infinito <ref>''Epistola ad Erodoto'', 37 sgg.</ref> D'altra parte per Epicuro la filosofia è sostanzialmente etica <ref>''Epistola a Meneceo'', 132</ref>.
 
Interesse primario per l'etica caratterizza anche il pensiero degli stoici, per i quali la filosofia è come un frutteto il cui muro di cinta che ne segna i confini è la logica, gli alberi sono la fisica e i frutti, gli oggetti più importanti, l'etica. <ref>Sesto Empirico, ''Contro i matematici'', VII, 16 sgg.</ref>
 
==Filosofia e religione==
{{Vedi anche|Filosofia latina}}
{{vedi anche|filosofia e religione}}
[[Immagine:Plotinos.jpg|150px|thumb|left|Plotino]]
 
Il rapporto fra la filosofia e la religione mostra fin dalle origini la sua complessità, sia pure inizialmente con contorni più sfumati; la comparsa della filosofia, infatti, comporta sin da subito la necessità di distinguersi dalla religione, fornendo alla ragione uno spazio dove operare in autonomia. I primi concetti emergono, tuttavia, dal comune terreno del [[mito]], delle antiche cosmogonie; successivamente, anche quando, come accade con [[Platone]], la filosofia torna a occuparsi di religione, lo fa con strumenti e metodi propri di una razionalità ormai divenuta del tutto autonoma da schemi dottrinari.
Il problema della relazione fra fede e pensiero torna tuttavia d'attualità con l'avvento del [[cristianesimo]]; in una prima fase sulla scorta della predicazione di [[San Paolo]]<ref>Dice [[San Paolo]]: «Badate a non farvi ingannare con la filosofia» Paolo, in ''Colossesi'', 8</ref> si ritiene che i primi fedeli debbano salvaguardare la propria devozione, dall'incontro con la filosofia pagana.
Successivamente, la [[Patristica]] assume due indirizzi prevalenti, quello '''occidentale''', rappresentato da [[Ireneo]] e [[Tertulliano]], che esalta il carattere volontaristico e non razionale della fede, e quello '''orientale''', rappresentato ad es. da [[Clemente Alessandrino]] o da [[Origene]], i quali invece ritengono la filosofia una degna ancella della fede, nell'ottica di una razionalizzazione del pensiero cristiano<ref>cfr. [[Carlo Sini]], "I filosofi e le opere", ed. Principato, vol.1 pag. 308-309, il quale descrive appunto: "una patristica occidentale, che mira prevalentemente a esaltare la fede, il carattere volontaristico, e cioè irrazionalistico(..)della predicazione cristiana, e una patristica orientale, che sottolinea maggiormente la continuità fra filosofia e cristianesimo(...)" </ref>. Questa concezione, che culminerà nel primo tentativo di sintesi fra ragione e fede operato da [[Agostino]], permeerà quindi tutto l'Alto Medioevo, almeno nell'Occidente cristianizzato; e solo con San Tommaso<ref> «Pensiero e ragione si possono conciliare, anzi, la ragione serve agli esseri umani per interrogarsi anche su alcuni enigmi di fede. Lo scopo della fede e della ragione è lo stesso, se poi la ragione si trova in contrasto con la fede deve cedere a questa» (San Tommaso, ''Summa contra gentiles'')</ref> si giungerà a una più piena conciliazione fra fede e ragione, nell'ottica però di una filosofia concepita come strumento indispensabile per dimostrare le verità della dottrina cattolica e difenderle da eresie e nemici.
Questo parallelismo di ragione e fede diverrà nuovamente problematico in particolare con l'emergere della scienza moderna; la filosofia infatti dimostra sempre maggiori difficoltà a conciliarsi con le restrizioni della dottrina religiosa, man mano che i risultati dell'indagine razionale contrastano con i dogmi e le verità della [[Rivelazione]]. Questo accade ad es. con [[Tommaso Campanella]], perseguito dall'[[Inquisizione]], con [[Giordano Bruno]], condannato al rogo, e con [[Galileo Galilei]], costretto ad abiurare le sue scoperte. A questa conflittualità porra termine, in un certo senso, l'[[illuminismo]], in particolare attraverso la figura di [[Kant]], che delimiterà in modo netto il campo della ragione, liberandola da tutti gli errori che ne contaminerebbero la purezza e l'autonomia; sarà poi [[Nietzsche]] a suggellare, con il celebre aforisma "Dio è morto", la separazione ormai netta fra verità di ragione e verità di fede<ref>La posizione di N. nei confronti dell'evento da lui denominato "morte di Dio" è stata oggetto, naturalmente, di interpretazioni divergenti e complesse. Va in ogni caso evidenziato come N. stesso, nella "Genealogia della morale"(ed. Adelphi, p.356 e ss.), espliciti il senso della morte di Dio riferendo questo evento alla volontà di verità e all'ideale ascetico che ha dominato la storia del cristianesimo, e al nesso profondo e implicito del cristianesimo con la scienza, legittimatasi proprio attraverso il legame assoluto e metafisico stabilito fra verità di ragione e verità divina. ''"E' pur sempre una fede metafisica quella su cui riposa la nostra fede nella scienza"'', afferma N.; e del resto ''"l'ideale ascetico è stato fino ad oggi padrone di ogni filosofia"''. La soluzione è intravista da N. nel fatto che ''"la volontà di verità ha bisogno di una critica"''; del resto, ''"la scienza stessa esige ormai una giustificazione"'', che evidentemente non potrà più essere quella fondata sulle verità di una fede metafisica che N. considera ormai defunta </ref>.
Nell'ultimo secolo, tuttavia, e in particolare negli ultimi decenni, non sono mancati i tentativi, da parte di esponenti della Chiesa Cattolica, di sottolineare la necessità di un pensiero forte, frutto della conciliazione fra filosofia e dottrina cristiana, capace di contrapporsi al [[nichilismo]], al [[relativismo]], a tutti gli irrazionalismi e in generale, alla perdita di fondamento che l'uomo contemporaneo sperimenta.
Questi appelli hanno trovato una sintesi in unaa recente [[enciclica]], promanata da [[papa Giovanni Paolo II]] con il nome appunto di ''[[Fides et Ratio]]'' che presenta lo [[anima|spirito]] dell'uomo come compreso tra due ali che sono appunto la [[fede]] e la [[ragione]]. Mancando un sola delle due non si può spiccare il volo alla ricerca della [[verità]]. <ref>Vedi [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_14091998_fides-et-ratio_it.html testo integrale dell'enciclica ''Fides et Ratio'']</ref>.
Va però rimarcato come questo punto di vista non ha di per sè mutato lo stato attuale del dibattito filosofico, che è da tempo impegnato, pur fra vari punti di vista, in una analisi critica dei presupposti e dei fondamenti di tutta la tradizione del pensiero occidentale; questa analisi, che ha preso le forme(per citare solo alcuni dei tanti casi) del [[pensiero debole]], della [[filosofia analitica]], del costruttivismo di [[Deleuze]] o del decostruzionismo di [[Derrida]], ha messo in luce come la ragione non appaia più in grado di offrire verità forti e sistematiche. Il compito della filosofia, oggi, sembra piuttosto essere quello di denunciare tutti gli usi ambigui e inadeguati del linguaggio, e della ragione stessa, che spingono l'uomo a cadere vittima di irrazionalismi e ideologie.
 
Resta tuttavia attuale lo scontro fra la filosofia e la religione cattolica, con riguardo a quelle evoluzioni scientifiche che mettono l'uomo in condizione di operare scelte autonome e personali sui fondamenti biologici della sua vita e di quella di altri.
Il nuovo terreno di scontro, o di possibile incontro, fra fede e ragione, è oggi quindi rappresentato dalla [[bioetica]].
 
 
 
==Filosofia e scienza==
 
===Ockham: la filosofia si separa dalla religione===
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 50%
|titolo = Il Rasoio di Occam: la verità è semplice
|contenuto =
Il [[Rasoio di Occam]] (''Ockham's Razor'') è una pietra di paragone della [[filosofia della scienza]]. [[Guglielmo di Ockham]] suggerì che tra le diverse spiegazioni di un fenomeno naturale si dovesse preferire quella che ''non moltiplica enti inutili'',(''[[entia non sunt multiplicanda]]''.) L'esempio più classico si riferisce alla questione sulla generazione dell'universo: da un lato si può ipotizzare un universo eterno, o generato da sé o per motivi sconosciuti; dall'altro, un universo generato da una divinità, la quale a sua volta è eterna, o generata da sé o per motivi sconosciuti. In questo senso, la prima versione non ''postula enti inutili'' (la divinità), ed è quindi preferibile. Oggi, comunque, si tende a definire la teoria del Rasoio di Occam come ''la scelta più semplice''. Guglielmo di Ockham non suggeriva che essa sarebbe stata quella vera, né che sarebbe stata più vicina alla verità; si può però notare da un punto di vista storico che generalmente le teorie 'più semplicì hanno superato un numero maggiore di verifiche rispetto a quelle 'più complesse'.<ref>Cfr.Donald Gillies e Giulio Giorello, ''La filosofia della scienza nel XX secolo'', Roma, Laterza, 1995.</ref>
 
Il Rasoio di Occam è stato solitamente usato come una regola pratica per scegliere tra ipotesi che avessero la stessa capacità di spiegare uno o più fenomeni naturali osservati.
 
Siccome per ogni [[teoria]] esistono generalmente infinite variazioni egualmente consistenti con i dati, ma che in alcune circostanze predicono risultati molto differenti, il Rasoio di Occam è usato implicitamente in ogni istanza della ricerca scientifica. Consideriamo ad esempio il famoso principio di Newton "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale ed opposta".
 
Una [[teoria]] alternativa potrebbe essere: "Per ogni azione c'è una reazione uguale ed opposta, eccetto il 12 gennaio 2055, quando la reazione avrà metà intensità." Questa aggiunta apparentemente assurda viola il principio di Occam perché è un'aggiunta gratuita, come pure farebbero infinite altre teorie alternative. Senza un regola come il Rasoio di Occam gli [[scienziato|scienziati]] non avrebbero mai alcuna giustificazione pratica o filosofica per far prevalere una [[teoria]] sulle infinite concorrenti; la scienza perderebbe ogni potere predittivo.
 
Sebbene il Rasoio di Occam sia la regola di selezione tra teorie, non basata sull'evidenza, più ampiamente usata e filosoficamente comprensibile, ci sono oggi approcci matematici simili basati sulla [[teoria dell'informazione]] che bilanciano il potere esplicativo con la semplicità. Uno di questi approcci è l'inferenza sulla minima lunghezza di descrizione (Minimum Description Length).<ref>Cfr. Alberto Strumia, ''Introduzione alla filosofia delle scienze'', Bologna, ESD, 1992.</ref>}}
{{Vedi anche|Filosofia moderna}}
Pur essendo prevalsa, per un lungo periodo del medioevo, la concezione che vede la filosofia come sostegno e supporto razionale delle credenze religiose, con [[Guglielmo di Ockham]] iniziò ad affermarsi una visione del pensiero come attività del tutto autonoma; egli sostenne infatti che «''gli articoli di fede appaiono falsi ai sapienti, cioè a quelli che si affidano alla ragione naturale''» <ref>Ockam,''Logica, III, 1</ref>, contestando il [[fideismo]] acritico che si era avuto a partire da Tertulliano.
 
Con Ockhman viene in evidenza un problema già sollevato da [[Averroè]] <ref>Averroè,''Destructio destructionum'', VI, fl.56, 79</ref>, che assegnava alla filosofia il riflettere e lo speculare e alla religione l'amore per Dio e l'agire di conseguenza. La duplicità nasceva dal fatto, noto da tempo, che i frutti della ragionamento spesso non coincidono con quelli della credenza. Questa posizione di Averroè veniva battezzata dagli Scolastici "doppia verità" e tale espressione si affermerà per indicare ogni discrasia emergente tra fede e ragione.
 
Il dibattito sull'armonia di ragione e fede, il problema medioevale dell'''intellectus fidei'' proseguirà ancora ma ciò che conviene notare è che la filosofia, messa di fronte al rapporto con la religione, comincia a rivendicare a delineare una sua propria [[autonomia]].
 
Va ricordato che già prima di Ockham ciò veniva ribadito in ambito cristiano da [[Duns Scoto]] ([[1265]]-[[1308]]), che in ''Opus Oxoniense'' <ref>Duns Scoto, ''Prol'', 3</ref> aveva riproposto in termini positivi la posizione del mussulmano Averroè.
 
===La nuova concezione della natura===
La stessa definizione dell'ambito della filosofia, la sua autonomia, sarà da specificare nell'età moderna nei confronti della scienza sperimentale e matematica della natura. Cambia nell'[[umanesimo]] la visione dell'uomo non più legato alla divinità: un uomo tutto naturale, che vive naturalisticamente.
Una scarsa considerazione della [[natura]] aveva caratterizzato il pensiero [[neoplatonismo|neoplatonico]] fino all'[[età moderna]]; durante il predominio della filosofia cristiana, dove si distingue nettamente il creatore dal creato, il [[naturalismo (filosofia)|naturalismo]] era stato messo completamente da parte. Anzi le dottrine naturalistiche, fatte risalire alla versione [[meccanicismo|meccanicistica]] dell'[[epicureismo]], venivano considerate empie, in quanto negatrici dei [[dogma|dogmi]] cristiani dell'esistenza di Dio, dell'immortalità dell'anima, di tutto quello che si riferiva al soprannaturale.
 
Il naturalismo torna prepotentemente nell'età rinascimentale, riprendendo in un certo modo l'antica visione [[panteismo|panteistico]] [[vitalismo|vitalistica]] o [[materialismo|materialistica]]-[[meccanicismo|meccanicistica]] degli antichi. Alla prima concezione della natura appartengono [[Telesio]], [[Bruno]] e [[Tommaso Campanella|Campanella]] con la loro visione di un Dio che s'identifica nella natura stessa, che vive nella stessa perfezione dei fenomeni naturali, mentre la interpretazione materialistica la si ritrova in tutte quelle filosofie rinascimentali caratterizzate da una ripresa dello [[stoicismo]]. La dottrina di Giordano Bruno è la sintesi, intrisa di magia, di queste due tendenze: egli concepirà la ''natura naturans'' e quindi Dio come ''mens insita omnibus'' che come il ''pneuma'' degli stoici dà vita a tutto l'infinito universo.
 
Ora la natura dove l'uomo agisce non è più corrotta dal peccato e quindi l'uomo può ben operare nel mondo e può trasformarlo con la sua volontà. Questi uomini nuovi non sono [[ateismo|atei]] ma hanno una nuova religiosità. L'uomo del Medioevo sta con i piedi sulla terra ma guarda al cielo: la filosofia medioevale era impostata su una dimensione verticale dell'uomo, nel pensiero moderno prevale la dimensione orizzontale, perché Dio è nella natura stessa. L'ansia di perfezione che caratterizza l'opera di [[Leonardo da Vinci]] è in fondo il tentativo di raggiungere Dio nella natura. Nasce l'esigenza di una nuova religiosità che metta in contatto diretto, senza nessuna mediazione, l'uomo con Dio. L'uomo solo, individuo, in rapporto a Dio, sarà questo il fulcro della [[Riforma]].
 
===La perdita dell'unità medioevale del sapere===
Il sapere medioevale era enciclopedico, armonioso, coordinato e orientato verso Dio inteso come culmine della verità, quadro che tiene assieme i vari saperi. Ragione e fede procedevano assieme. Dopo Ockam filosofia e teologia sono autonome e anzi si contrastano.
 
Nel M.E. per quanto disordinata e approssimativa fosse la vita, il [[papato]] e l'[[impero]] costituivano dei punti di riferimento ben saldi, e per alcuni speranza d'ordine e di legalità universale (Dante). Ora salta il quadro di riferimento religioso, la cornice che tiene assieme il mosaico del sapere.
 
===La specializzazione delle scienze===
Si smarrisce il senso della stabilità culturale e politica. Le scienze diventano autonome e specialistiche, si perfezionano ma non comunicano più tra loro. Tutto si risolve nel singolo, nella individualità del [[Principe]] che tende a fare della propria esistenza un'opera unica e irripetibile.
 
====La Politica, scienza naturale====
[[Immagine:Santi di Tito - Niccolo Machiavelli's portrait headcrop.jpg|100px|right|thumb|Machiavelli]]
Il [[Rinascimento italiano|pensiero rinascimentale]] estende il concetto di naturalità, così come era accaduto con i sofisti, non solo alla considerazione della scienza naturale, ma anche a quell'ambiente naturale in cui vive l'uomo: lo Stato, e la scienza naturale che studia lo stato è la [[Politica]].
 
Vera scienza naturale perché determinata da principi naturalistici e autonoma da tutte le altre scienze. Il ''pensiero politico'' di [[Machiavelli]] ora considererà suo oggetto di studio l'essere, le cose come stanno effettivamente e non più il dover essere, le cose come dovrebbero essere o come si vorrebbe che fossero. Una concezione [[storicismo|storicistica]] e naturalistica assieme della vita dell'uomo simile a quella delle vicende della natura: come in questa nulla cambia così avviene, nonostante le apparenti trasformazioni, anche per la storia dell'uomo.
 
===L'utilità del sapere===
[[Immagine:Frans_Hals_-_Portret_van_René_Descartes.jpg|150px|thumb|left|René Descartes]]
{{Nota
|allineamento = destra
|titolo = L'inutilità della filosofia
|contenuto =
«''Mi trovai intricato in tanti dubbi ed errori, che mi sembrava di avere tratto nel tentativo di istruirmi un unico utile: la crescente scoperta della mia ignoranza...Mi si era fatto credere che con lo studio avrei acquistato una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò che è utile alla vita''». <ref>[[René Descartes]], ''Discorso sul metodo''</ref>
Sin dall'inizio della storia della filosofia si è posto il problema della inutilità pratica della filosofia; basterebbe ricordare l'aneddoto che racconta di Talete che per osservare le stelle con il capo rivolto verso l'alto cascava nelle buche che si trovavano sul terreno. Così anche [[Aristofane]] nelle ''[[Nuvole]]'' ridicolizzava Socrate ponendo il personaggio che lo rappresentava in una cesta sollevata in alto sulla scena, volendo far intendere come il filosofo fosse colui che ha la testa tra le nuvole, perso in astratte, inutili speculazioni.
 
Il matematico [[Imre Toth]], che si è dedicato a definire i rapporti tra la creazione matematica e la speculazione filosofica, ha osservato come le altre scienze come la medicina, l'astronomia non si pongano domande sulla loro specificità, ovvero sulla definizione di sé stesse, come fanno invece la filosofia e la matematica che continuano a interrogarsi sui limiti e le possibilità della propria forma di conoscenza.
Appare evidente l'inutilità di quella domanda per le scienze che si autogiustificano per la produzione di risultati pratici, sia in positivo che, talora, in negativo: cosa di cui invece la filosofia non si preoccupa.</br>
Altresì manca per il pensiero filosofico un criterio di [[verifica]]bilità [[esperimento|sperimentale]] che possa stabilire se ciò che esso afferma sia vero o falso; la filosofia stessa, infatti, è soggetta a una continua ridefinizione del criterio di verità con cui essa legittima, le proprie conclusioni. Quindi la filosofia risulterebbe, alla fine, un girare a vuoto su se stessa e costituita da teorie che si contraddicono a vicenda; eppure di essa non si riesce a sbarazzarsene. Opponendosi alla filosofia si fa ancora filosofia. La tematica della circolarità del pensiero filosofico può portare ad esiti scettici, ovvero a considerazioni di tipo ermeneutico, secondo le quali proprio questa circolarità del pensiero filosofico costituisce la specificità e la potenzialità proprio della filosofia, che la differenzia dalle altre forme di conoscenza.
 
Falliti infatti i tentativi [[positivismo|positivistici]] di ridurre la filosofia a scienza ci si è resi conto che l'oggetto della filosofia non sono gli oggetti naturali che studiano le scienze ma l'uomo stesso. L'uomo che indaga l'uomo, questo è ciò che caratterizza il filosofare che ha conseguito risultati concreti nel corso della sua lunga storia rendendo coscienti alla mente dell'uomo principi e valori universali prima inespressi o semplicemente intuiti.
 
Se noi oggi consideriamo chiaro ad esempio quello che diciamo quando parliamo di [[libertà]] dimentichiamo che questo concetto appare per la prima volta nelle "Etiche" di Aristotele. Nella "Grande Etica", e nell' "Etica Eudemia" Aristotele parla però non di libertà, come noi oggi la intendiamo, ma di ''eleutheros'', ''eleutheria'' che in greco antico connotava soltanto la condizione sociale dell'uomo libero in rapporto a uno schiavo. Aristotele non disponeva ancora di un termine equivalente al concetto che noi oggi abbiamo di libertà. Ed è proprio da Aristotele che è cominciata la lunga storia che ha portato alla coscienza riflessa del significato di quel termine, ora diventato per noi banalmente chiaro e che la filosofia continuerà ad arricchire di significati nel futuro.<ref>
[http://www.caffeeuropa.it/attualita/109filosofia-toth.html] Intervista di Ennio Galzenati a
[[Imre Toth]]</ref>
Come afferma [[Remo Bodei]]:«la filosofia ha avuto il merito di essere, e di continuare a essere, un [[laboratorio]] in cui concetti e valori vengono collaudati, vengono sperimentati e se ne osserva la tenuta rispetto alla discussione che si svolge nell'intera società. Quindi la filosofia ha il senso di creare in un mondo che cambia continuamente, in generazioni che si susseguono, in mentalità che si incontrano, questo spirito che è quello della ricerca critica, della vigilanza e persino del [[dubbio]]».<ref>sito.cit.''ibidem''</ref>
 
Come nota [[Paul Ricoeur]], <ref>sito.cit.''ibidem''</ref> nel realizzare questo suo compito la filosofia esprime un valore unificante nell'assicurare, nella diversità dei linguaggi, la loro connessione reciproca. Dobbiamo al pensiero filosofico se la cultura europea occidentale non si sia frantumata e parcellizzata, perdendo il senso della sua unità, di fronte alla specializzazione dispersiva dei vari saperi tecnologici. Mentre infatti la filosofia si sviluppa unitariamente cercando di risolvere le domande di un'epoca, ma tenendosi collegata a quelle passate, «nella storia delle scienze ci sono rotture, discontinuità, denominate ''fratture [[epistemologia|epistemologiche]]''» <ref> sito cit. ''ibidem''</ref> che fanno del percorso della scienza un cammino continuamente interrotto.}}
 
 
Di fronte alle acquisizioni scientifiche [[Galilei|galileiane]] della verità oggettiva va in crisi quello che Galilei definì ''il mondo di carta'' <ref>«''E qual cosa è più vergognosa che'l sentir nelle pubbliche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all'avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di memoria; chè non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l'onorato titolo di filosofo. [...] Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta''». (Galileo Galilei, "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" (1632))</ref>. Secondo alcuni interpreti la filosofia della natura rinascimentale intrisa di [[magia]] o che riprendeva la ricerca della [[sostanza]] dell'antica filosofia greca <ref>cfr. [[Telesio]], ''De rerum natura iuxta propria principia'', e [[Tommaso Campanella]], ''Metaphysica''</ref> sembrava non potesse reggere dinanzi al nuovo sapere scientifico; secondo altri, invece, fu proprio il rinnovato interesse per la [[magia]], rimasto alquanto sopito durante il Medioevo, a causare lo sviluppo del sapere scientifico <ref>«Troverete persino gente che scrive del XVI secolo come se la magia fosse una sopravvivenza medioevale, e la scienza la novità venuta a spazzarla via. Coloro che hanno studiato l'epoca sono più informati. Si praticava pochissima magia nel Medio Evo: XVI e XVII secolo rappresentano l'apice della magia. La seria pratica magica e la seria pratica scientifica sono gemelle».([[C.S. Lewis]]), [http://farelo-do-guido.blogspot.com/2007/11/clive-staples-lewis.html Narratore e saggista di classe, perspicace studioso dell'età medievale,stimato docente a Oxford e a Cambridge]</ref>
 
Va quindi in crisi non solo l'antica fisica aristotelica ma la stessa metafisica che già nel medioevo serviva essenzialmente come strumento già pronto per sostenere la conversione alla fede, obiettivo primario degli [[Scolastica|scolastici]]. La filosofia per la scolastica va utilizzata per dimostrarne il profetico contenuto cristiano (Platone ad esempio diviene profeta dell'avvento del Cristianesimo) o va adoperata per confermare o dare sostegno filosofico, con gli strumenti filosofici dei grandi pensatori del passato, alla dottrina cristiana <ref>Ad esempio uno dei più famosi scolastici dell'età mediovale «''Ugo di San Vittore nel ''Didascalicon'' riconduce gerarchicamente le scienze profane alla filosofia e considera la filosofia propedeutica allo studio delle Sacre Scritture.''» (AA.VV. ''I filosofi e le idee'' , B. Mondadori editore, 2007 pag.585) </ref>
 
Gli uomini di cultura laica dell'età moderna rifiutano il linguaggio della metafisica medioevale che a loro appariva farraginoso, astratto e formale. [[Cartesio]] infatti ora assegnerà alla filosofia un nuovo senso, occorrerà egli dice che: «''un uomo dabbene, che non ha l'obbligo di aver letto tutti i libri né di aver imparato con cura tutto ciò che s'insegna nelle scuole''» possa avere un sapere che gli consenta di affrontare e risolvere i problemi quotidiani dell'esistenza <ref>Cartesio, ''La ricerca della verità'', Introduzione</ref>.
 
Esigenza questa di una filosofia ordinata sistematicamente e utile all'uomo già sentita da [[Bacone]] che distingue la filosofia naturale (le scienze sperimentali), la filosofia umana (logica, [[psicologia]] e etica) e la filosofia civile (la politica). Alla base di tutte la ''filosofia prima'' <ref>Bacone,''De dignitate et augmentis scientiarum'', III, 1</ref>
 
In questo nuovo significato del filosofare ''risolutivo'', che dà soluzioni, Cartesio riprende il suo ambito tradizionale per il quale la filosofia è come un «''albero le cui radici sono la metafisica, il tronco la fisica, e i rami che se ne dipartono tutte le altre scienze''» <ref>Cartesio, ''Lettera a Picot'', in ''Opere'', ed. Adam-Tannery</ref>. Ritorna qui l'impostazione aristotelica della filosofia come scienza prima nel cui ambito acquistano senso e significato tutte le altre scienze particolari.
 
La vera novità di Cartesio nell'uso del filosofare sarà il [[metodo]] - di cui anche Bacone aveva sentito l'esigenza come ''novum organum'', nuovo strumento del sapere cui però non era riuscito ad indicare le regole - applicato secondo un'impostazione geometrica e algebrica alla scomposizione e composizione dei problemi filosofici <ref>Cartesio,''Discorso sul metodo'', Parte II</ref>.
 
L'uso del metodo per l'analisi e la soluzione di problemi metafisici, etici, cosmologici diverrà prevalente nei filosofi seguenti come [[Spinoza]] e [[Leibniz]].
 
==La filosofia e il metodo scientifico==
La filosofia non si è mai fondata sul metodo sperimentale proprio della scienza moderna, come del resto appare evidente anche nella filosofia antica e medioevale(va tuttavia ricordato che il metodo scientifico è un'acquisizione successiva, a queste epoche). Quando Democrito ad esempio parlava degli [[atomo|atomi]] aggiungeva che questi «si vedevano con gli occhi della mente». Ma anche i filosofi scienziati come [[Bacone]] e [[Cartesio]] e lo stesso [[Leibniz]] che per primi sentirono l'esigenza di un metodo certo, che fondasse in modo indubitabile la loro conoscenza, hanno poi distinto la loro speculazione filosofica dalle loro opere più strettamente scientifiche.
 
Alcuni autori come Kant e [[Wittgenstein]], pur nella distanza storica che li separa, concordano che l'assenza di una forma di verifica empirica in filosofia è una caratteristica epistemologica essenziale di questa dottrina, la quale rifiuta ogni commistione con le scienze sperimentali pur ritenendosi legittimata ad accedere alle risultanze della scienza, per adeguarvi i propri concetti. Per esempio questo si è verificato nella corrente dello spiritualismo con [[Pensiero di Bergson|Bergson]].
 
Appare chiaro comunque che la filosofia non è una scienza sperimentale anche quando essa dedica la sua attenzione all'esame dei fatti empirici, collimando così con discipline quali la [[sociologia]], la pedagogia, la politica etc. La filosofia in questi ambiti considera i dati empirici ma non si limita a catalogarli; piuttosto, essa studia questi dati concreti nell'ottica di una teorizzazione critica. Così per esempio Aristotele prenderà in considerazione le costituzioni delle città greche della sua epoca ma se ne servirà nella Politica per dedurne delle considerazioni teoriche di carattere universale.
 
Sin dai suoi inizi la filosofia sembra talora indirizzarsi verso un linguaggio di tipo matematico o logico formale;essa però non ha mai finito per esaurirsi in una mera simbolizzazione formale dei concetti, anche se Leibniz per primo poneva l'esigenza di risolvere i problemi filosofici per mezzo di un calcolo logico universale. Se oggi la [[filosofia analitica]] deve necessariamente ricorrere alla logica matematica tuttavia essa utilizza ancora prevalentemente il linguaggio naturale.
 
==Il metodo della filosofia==
Purtuttavia non è azzardato affermare che proprio le regole del metodo delineate filosoficamente hanno poi consentito alle scienze sperimentali di poter conseguire i loro risultati.
 
Quando Socrate ad esempio affermava che bisognava liberare la mente dalle verità preconcette o quando Cartesio sosteneva l'origine della verità dal dubbio, questo nel campo del lavoro scientifico vuol dire mettere in discussione le conoscenze acquisite per poter poi progredire nella scoperta. Ma questa, per Cartesio, rimane sempre di carattere metafisico più che scientifico: da qui i travisamenti in fisica e astronomia che toccherà a [[Newton]] correggere.
 
Dal dubbio fonte di verità non rimaneva fuori neppure l'esistenza di Dio che però, una volta dimostrata l'infallibilità del metodo, era semplice, seguendo le sue regole, dimostrarne l'esistenza riprendendo magari l'[[Anselmo d'Aosta|argomento ontologico]] rivalutato alla luce del ''cogito ergo sum''. Ma non è fuori luogo anche ricordare che per Descartes di tutto si poteva dubitare, ma non del divino nell'anima, quale ''res cogitans'' calata dall'alto nella materiale ''res extensa''.
 
Quando Bacone, pur nella sua incapacità di capire l'importanza della matematica nella scienza e nel non considerare la prospettiva meccanicistica dei fenomeni naturali, sosteneva che il metodo dovessse consistere nella connessione di ''videre'' e ''cogitare'', nella collaborazione tra senso ed intelletto <ref>Famosa l'allegoria di Bacone sul metodo scientifico: non dobbiamo fare come gli empirici che badano solo all'esperienza e si affidano solo alla sensibilità. Gli empirici sono come le formiche che ammucchiano tutto ciò che trovano, esaminano ogni fatto che gli si presenta senza prima elaborarlo, ordinarlo. Né dobbiamo imitare i razionalisti che trascurano invece i dati sensibili e fanno come i ragni, che intessono da sé la propria tela e s'avviluppano nei loro stessi ragionamenti, nella loro ragnatela. I nuovi scienziati, devono essere invece come le api che da tutti i fiori traggono il polline per trasformarlo in miele, così lo scienziato deve elaborare tutti i fatti e trasformarli in teorie. Dispongono in modo ordinato i loro sforzi e si servono di tutti gli strumenti per arrivare alla verità.</ref> anticipava la grande scoperta del metodo sperimentale [[galilei]]ano.
 
Metodo che del resto è figlio diretto del metodo cartesiano che delle sue regole, che nascono dalla matematica, indicava quella finale della ''enumerazione e revisione'', del controllo cioè dell'analisi e della sintesi, che sarà tradotta da Galilei in quella della verifica sperimentale della ipotesi.
 
===L'abbandono del metodo e la sfiducia nella scienza===
{{Vedi anche|Empirismo}}
La corrente dell'[[empirismo]] sosterrà che il confronto della filosofia con la scienza non dev'essere condotto sul piano del metodo, ma verificando che ogni forma di conoscenza possa sostenere il ''cimento'' dell'esperienza [[sensibilità|sensibile]]. Questo dev'essere il banco di prova delle verità filosofiche e quindi il nuovo significato della filosofia che con [[Locke]] si assumerà il compito di critica del sapere definendo: «''l'origine, la certezza e l'estensione della conoscenza umana''» <ref>Locke,''Saggio sull'intelletto umano'', Introduzione</ref>.<ref>«''Poiché debbo pur accennarti la storia di questo Saggio, dirò che essendosi cinque o sei amici riuniti a discutere...ben presto ci trovammo in un vicolo cieco...a me venne il sospetto...che prima di applicarci a ricerche di quel genere, fosse necessario esaminare le nostre facoltà e vedere con quali oggetti il nostro intelletto fosse atto a trattare e con quali no''». (Locke, Prefazione ''Epistola al lettore'' del ''Saggio sull'intelletto umano'')</ref>
 
Questo è anche il percorso che segue [[Hume]]; tale percorso tuttavia lo conduce a conclusioni scettiche, data l'inevitabile contingenza delle esperienze sensibili fondamenta di ogni pensiero.
Hume però ritiene anche, nei suoi scritti dove si occupa di etica, religione e politica, che la validità della filosofia non debba restringersi a verificarne il rigore e la precisione identificandola con la scienza, ma debba estendersi anche ad una nuova concezione della filosofia come sapere tendente al conseguimento del [[bene]] individuale e sociale.
 
==La filosofia come liberazione dall'ignoranza e dalla tirannia==
[[Immagine:Immanuel Kant (painted portrait).jpg|thumb|right|150px|Immanuel Kant]]
{{Vedi anche|Illuminismo}}
È Kant che definirà chiaramente cosa deve intendersi per filosofia nel secolo dell'illuminismo:
{{quote|L'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. [[Sapere aude]]! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo<ref>[[Immanuel Kant]] da ''[[Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?]]''</ref>.|}}
 
Filosofia quindi come liberazione dalla superstizione e dall'ignoranza diffuse dalla Chiesa cattolica e dalla tirannia dei regimi assoluti.
 
Scriveva nel [[1713]] Anthony Collins nel ''Discourse of Freethinking'' (''Discorso sul libero pensiero''):
{{quote|Se la conoscenza di alcune verità ci è richiesta da Dio; se la conoscenza di altre è utile alla società; se la conoscenza di nessuna verità ci è proibita da Dio o è dannosa per noi; allora abbiamo il diritto di conoscere, cioè possiamo legittimamente conoscere ogni verità. E se abbiamo il diritto di conoscere ogni verità, abbiamo quindi il diritto alla libertà di pensiero<ref>C. Giuntini, ''[[John Toland|Toland]] e i [[libero pensatore|liberi pensatori]] del '700'', Sansoni, Firenze, 1974, pag.81)</ref>.|}}
 
[[Immagine:Jean d'Alembert.jpeg|150px|thumb|left|Jean Baptiste Le Rond d'Alembert]]
Nel ''Discorso preliminare dell'Enciclopedia'' di [[Jean d'Alembert]] si mette in rilievo come l'[[illuminismo]] erediti in un certo senso la concezione dell'empirismo inglese della filosofia come sapere risultato dell'attività della ragione per il bene della [[società]]. D'Alembert poi è convinto che debba rientrare nella filosofia anche lo studio della [[logica]] e del [[linguaggio]] poiché la filosofia non ha solo il compito di elaborare idee ma anche quello di comunicarle. Il ''philosophe'' illuminista, inteso come sinonimo di [[intellettuale]], ha infatti il dovere di usare il sapere, la filosofia ai fini della sua comunicazione sociale e della sua efficacia sociale. Il significato della filosofia è quello di «''addolcire i costumi e istruire i governanti''» <ref>[[Voltaire]], ''Dizionario filosofico'', voce "Philosophe", sez.IV</ref>
 
La stessa visione della filosofia come educazione sociale si ritrova nell'illuminismo tedesco dove [[Christian Wolff (filosofo)|Christian Wolff]] definisce la filosofia come «''il sapere di tutte le cose possibili e del come e perché sono possibili''» (''Pensieri razionali su i poteri dell'intelletto umano'') evidenziando fin dal titolo della sua opera il fine educativo e politico.
 
Il tentativo degli illuministi di una sistemazione razionale del sapere scientifico per migliorare le condizioni di vita e arrivare ad un'organizzazione politica più razionale e giusta si basava però su un rapporto non ancora sufficientemente chiarito tra filosofia e scienza.
 
Questo il compito che si assume [[Kant]]. La filosofia si oppone alla matematica: mentre questa ''costruisce'' i suoi saperi astratti, prescindendo dall'esperienza, la filosofia riflette su realtà oggettive <ref>Kant, ''Critica della ragion pura'', Dottrina del metodo, I,1</ref>. La filosofia più che un'estensione delle conoscenze si deve proporre un'analisi delle condizioni che rendono possibile la formazione di un sapere, magari non più esteso ma più solidamente fondato. In questo [[criticismo]] [[trascendentale]] kantiano rientra ancora la metafisica che ha perso ogni pretesa di conoscenza assoluta ma che ha acquistato come [[Critica della ragion pratica#Il valore della metafisica|postulato della morale]] il suo reale valore.
 
==La filosofia come totalità==
[[Immagine:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|150px|right|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
{{Vedi anche|Idealismo}}
L'uso della scienza come razionalizzazione della società umana per l'[[idealismo tedesco]] si attua concependo tutto il corso della storia culminante nella filosofia. La filosofia dice [[Hegel]] è la «considerazione pensante degli oggetti» <ref>Hegel, ''Enciclopedia'' par.2</ref> che invece di esaminare isolatamente gli oggetti della conoscenza con gli strumenti analitici dell'intelletto, come fanno le scienze naturali, li studia come momenti dialettici della realtà totale. La [[verità]] è nell'intero, nella totalità e la filosofia come sapere di questa totalità è la meta finale dello [[Spirito]] <ref>Hegel, ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', Prefazione</ref> che tramite essa diviene cosciente della sua identità con il tutto <ref> Hegel, ''Enciclopedia'' par.574</ref>.
 
L'eredità [[Romanticismo|romantica]] dell'aspirazione all'[[infinito]] si ritrova nella [[idealismo|filosofia idealistica]] di [[Fichte]], [[Friedrich Schelling|Schelling]] ed [[Hegel]] con una nuova visione della realtà che da [[fatto|fattuale]] diviene [[atto|attuale]]. Il filo rosso del problema iniziale che attraversa tutta la storia della filosofia: il rapporto del soggetto con l'oggetto, rimasto indefinito con la problematicità del ''[[noumeno]]'' kantiano, appare risolto poiché ora «ogni fatto rimanda all'atto che lo pone» (Fichte, ''Dottrina della scienza'').
 
L'autocoscienza, l'autoproduzione e l'autocreazione dell'Io assoluto mette fine alle credenze dogmatiche della oggettività del reale separata dal soggetto. Questo rapporto rimane però tale che stabilisce una identità tra oggetto e soggetto che porta all'indistinzione, per cui sarà come in «una notte in cui tutte le vacche sono nere». La soluzione sarà opera di Hegel con la celebre formula che recita come «tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale». Finalmente il rapporto tra il soggetto e l'oggetto non sarà più un rapporto di ostilità nei confronti di un oggetto che procura fatica all'attività teoretica o pratica del soggetto, né un illusorio rapporto di identità dove il soggetto si pone quasi come un dio creatore della realtà, ma di un proficuo rapporto di complementarietà dove il soggetto sarà confermato nella sua realtà dall'oggetto e questi esisterà come tale perché c'è un soggetto che lo considera e lo interpreta.
 
==La filosofia come unificazione del sapere==
{{Vedi anche|Positivismo}}
Lo sviluppo della varie scienze nel [[XIX secolo]] nei più svariati settori faceva nascere l'esigenza, già presente nell'idealismo, di una concezione unificante, di un ''sapere del sapere'' che è appunto il compito che il [[positivismo]], caratterizzato dalla fiducia nel progresso scientifico e dal tentativo di applicare il [[metodo scientifico]] a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana, assegna alla filosofia.
 
Per [[Auguste Comte]] la filosofia è «''lo studio delle generalità scientifiche che deve definire esattamente lo spirito di ciascuna scienza, scoprire le relazioni e i concatenazioni fra le scienze, riassumere possibilmente tutti i loro principi propri nel minor numero di principi comuni''» <ref>Comte, ''Corso di filosofia positiva'', Lezione I</ref>
 
Così anche per [[Spencer]] la filosofia è «''conoscenza completamente unificata''» <ref>Spencer,''Primi principi'', par.37</ref>
 
==La critica della filosofia==
[[Immagine:Schopenhauer.jpg|thumb|200px|Arthur Schopenhauer]]
L'idea metafisica di una filosofia come unificatrice di tutti i saperi si scontra verso la seconda metà del [[XIX secolo]] con i numerosi fattori di dissolvimento di un astratto ideale di un sapere globale in grado di realizzare, come pensava Platone, «''l'uso del sapere a vantaggio dell'uomo''» <ref>Platone,''Eutidemo'', 288e sgg.</ref>
 
La filosofia ora non deve più, come nel [[medioevo]] e nell'[[età moderna]] difendere il suo ruolo e la sua egemonia nei confronti di altri saperi, ma deve confrontarsi con nuove forze che ne mettono in discussione la sua caratteristica essenziale e che nello stesso tempo rinnovano la sua funzione.
 
La filosofia che era nata come una disciplina deduttiva e razionale e non come una semplice intuizione o impressione soggettiva ma come voler dimostrare con argomenti logici quello che ipotizzava ora viene messa in discussione dagli stessi filosofi con una critica radicale della ragione, la razionalità viene messa in discussione dalla stessa ragione.
 
Le critiche alla filosofia hegeliana da parte delle dottrine di [[Schopenhauer]], [[Kierkegaard]], [[Marx]] fanno sì che la filosofia non sia più in grado di ridefinirsi, di stabilire i suoi propri confini tradizionali e assuma il ruolo, più che di astratta conoscenza metafisica, di riflessione sull'uomo e sulla sua condizione di vita individuale e sociale.
 
Certo Schopenhauer conserva la definizione di filosofia come ''espressione concettuale dell'esperienza'' <ref>Schopenhauer, ''Mondo'', vol.I, par.15</ref> ma allo Spirito hegeliano, che in quanto pensiero autocosciente e razionale informa di sé tutta la totalità dell'Ente, egli sostituisce la volontà di vivere, una sorta di istinto irrazionale che affligge l'uomo e ne causa i patimenti, fino a che egli non riesca, attraverso l'arte, l'etica e l'ascesi, a liberarsene.
 
Per Kierkegaard la filosofia hegeliana è la filosofia del vuoto, del vacuo e dell'astratto, basata su definizioni dell'essere che non servono a risolvere la problematicità dell'esistere, che è evidenziata particolarmente dal rapporto, conciliabile, ma non certo fra ragione e fede.
 
Marx basa il suo discorso politico sulla dialettica hegeliana ma prevede una fine della filosofia in una futura società [[comunismo|comunista]] dove avverrà l'attuazione dello spirito assoluto hegeliano nella concreta e reale liberazione dell'uomo dall'oppressione del [[capitalismo|sistema capitalista]] <ref>Marx,''Per la critica dell'economia politica'', 3° manoscritto</ref>. La filosofia in questo senso appare essere un gradino di un percorso di liberazione che vede in ogni caso primeggiare il soggetto pratico dell'azione sul "filosofo" come intellettuale puro, troppo portato a perdersi nell'astrattezza delle sue riflessioni e a farsi condizionare dal potere.
 
==La filosofia del XX secolo come funzione critica==
===I neokantiani===
{{Vedi anche|Neokantismo}}
{{cn|Nel [[secolo XX]] l'unico senso tradizionale della filosofia sembra essere rimasto quello della sua funzione critica. Persa ogni possibilità di unificare i saperi particolari, ormai troppo diversi e complessi, la filosofia non si definisce più per un metodo proprio d'indagine o per uno specifico campo di applicazione ma conserva in un certo modo la sua funzione universale riservandosi il compito di critica dei vari saperi, delle loro differenze e delle loro possibilità.}}
 
[[Immagine:JurgenHabermas.jpg|200px|thumb|[[Jürgen Habermas]] della [[Scuola di Francoforte]] autore della ''[[Teoria critica]]'']]
Questa visione della filosofia è evidente nelle nuove filosofie come il [[neokantismo]], con l'obiettivo di recuperare, dall'[[Criticismo|insegnamento kantiano]], l'idea che la filosofia debba essere innanzitutto riflessione critica sulle condizioni che rendono valida l'attività conoscitiva dell'uomo. Se come attività conoscitiva si intende in particolare la [[scienza]], il discorso neocriticista guardò anche ad altri campi di attività, dalla [[morale]] all'[[estetica]].
 
In linea con i principi del [[criticismo]] i neokantiani rifiutano ogni tipo di [[metafisica]], e se questo li contrappone polemicamente alle contemporanee correnti neoidealiste e spiritualiste, li allontana allo stesso tempo dallo [[scientismo]] del [[Positivismo]] che tende ad una visione assoluta e misticheggiante della scienza.
 
Le due massime espressioni del neocriticismo tedesco furono incarnate dalla Scuola di [[Baden]] e dalla Scuola di [[Marburgo]], che influenzarono buona parte della filosofia tedesca successiva ([[storicismo]], [[fenomenologia]]); nonostante questa corrente filosofica si sia diffusa in tutti i paesi europei, altre manifestazioni degne di nota si ebbero solo in [[Francia]] ([[Charles Renouvier]]).
Una particolare corrente del neokantismo riprende il [[trascendentale]] kantiano adottandolo per una filosofia della cultura <ref> In [[Ernst Cassirer]] prende il nome di ''Filosofia delle forme simboliche'' come recita il titolo della sua opera maggiore.</ref>
 
===Neoidealismo===
Così anche nel neoidealismo che definisce il filosofare come «autoconoscenza dello spirito umano» <ref>K.Fischer, ''Storia della filosofia moderna'', Vol.I</ref> con un apparente rifarsi all'eredità hegeliana che, in effetti, come anche in [[Benedetto Croce]], si riduce a una concezione della filosofia come «''metodologia della [[storiografia]]''» <ref>B.Croce,''Logica'' e ''La Storia''</ref> dove la metafisica hegeliana è ormai completamente dissolta.
 
===Le correnti critiche del XX secolo===
Questa funzione critica della filosofia si sviluppa in modi diversi a seconda che si veda in essa prevalentemente
*l'aspetto metodologico, come critica cioè dei metodi dei saperi, come fa l'[[empirismo logico]] e la [[filosofia analitica]];
*una funzione di critica liberatoria dalla soggezione a strutture filosofiche del passato come nella fase finale della [[fenomenologia]] di [[Edmund Husserl]], in modo particolare nell'opera ''Crisi delle scienze europee'';
*una funzione di critica dei ''valori'' come nel [[pragmatismo]] di [[John Dewey]] <ref>J.Dewey,''Esperienza e natura'', cap.10</ref>
*una funzione di critica sociale come in [[Jürgen Habermas]] e [[Max Horkheimer]] come «''interpretazione filosofica del destino degli uomini in quanto non sono puramente individui ma membri della società» <ref>M.Horkheimer, ''La situazione della filosofia sociale'', 1931</ref>
 
===La critica sociale===
Questa nuova funzione critica della filosofia, erede del criticismo di Locke e soprattutto di Kant, prevale nel pensiero del [[XX secolo]] ad eccezione di alcune correnti marxiste come in [[György Lukács]], [[Ernst Bloch]], [[Theodor Adorno]], [[Herbert Marcuse]] per i quali la funzione critica della filosofia non deve rimanere un'astratta descrizione dei saperi e delle loro condizioni di possibilità ma deve portare dialetticamente ad una ''rivoluzionaria'', concreta e reale trasformazione della cultura e delle varie forme del sapere fondate su concrete forze storiche.
 
===Il valore dell'individuo===
Secondo altre concezioni non bisogna trascurare il fatto che, quando attraverso la critica ci si impossessa teoricamente, o concretamente secondo i marxisti, della cultura e del suo fondamento storico, il protagonista di questo ''impossessamento'' è pur sempre il soggetto della tradizione metafisica che è portato a dimenticarsi della sua limitatezza, che [[Martin Heidegger]] chiama l'«essere gettato» <ref>Heidegger, la ''Geworfenhaeit'', cfr.''Essere e tempo'' par.29</ref> equiparando la certezza della coscienza con la verità mentre, come sosteneva [[Nietzsche]], la coscienza non è altro che «''la voce del gregge dentro di noi''» <ref>Nietzsche,''Gaia Scienza'', af.354</ref> come confermerà la [[psicoanalisi]].
 
===La filosofia e il senso dell'essere===
Con la scoperta della finitezza del soggetto, dei suoi condizionamenti storici, emotivi, economici, sociali ecc., una parte della filosofia di fine secolo rifiuta la definizione della filosofia come critica della ragione e ripropone, fuori dagli schemi della metafisica tradizionale, una filosofia come ricerca del senso dell'[[essere]], inteso come ciò che precede e determina tutto ciò che è, <ref>[[Martin Heidegger]], ''Essere e tempo'', parr. 1-5</ref>, ricerca che avvicina la filosofia alla letteratura e alla poesia, per certi versi, come accade anche in alcuni pensatori francesi quali ad es. il de-costruzionista [[Jacques Derrida]].
 
Sempre nell'ottica di una filosofia concepita come attività di pensiero del tutto libera e creativa, ma pur sempre rigorosa nell'applicazione del suo metodo, si può considerare come profondamente innovativa la riflessione di [[Gilles Deleuze]]<ref>Deleuze è uno dei più prestigiosi esponenti della "[[Friedrich Nietzsche|Nietzsche-renaissance]]" che insieme allo [[Strutturalismo (filosofia)|strutturalismo]] e al pensiero di [[Jean-Paul Sartre]] ha caratterizzato la filosofia francese nel secondo dopoguerra. È considerato appartenere all'ambito dei filosofi post-strutturalisti e post-moderni, ma in realtà il suo pensiero, particolarmente originale e complesso, risulta difficile da classificare.</ref>, secondo il quale l'attività del filosofo consiste in null'altro che creare [[concetto|concetti]].
 
==La filosofia del XXI secolo==
{{Nota
|allineamento = destra
|titolo = L'incomprensibilità della filosofia
|contenuto =
''Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia dicendo: questa è filosofia.'' ([[Voltaire]])
{{cn|È possibile intravedere in questo odierno processo di divulgazione al pubblico della filosofia, un tentativo di risolvere una delle più antiche accuse che la filosofia condivide con la scienza, la matematica e la teologia, di incomprensibilità del linguaggio adottato. Certo è inevitabile l'uso di un linguaggio specialistico ma da alcuni vi si è voluta vedere la volontà di utilizzare a bella posta un linguaggio castale, riservato agli addetti ai lavori.
 
Un po' quanto già accadeva con Eraclito, chiamato l' "oscuro", lo ''skateinos'', che nascondeva sotto l'ermeticità del linguaggio la convinzione che il suo pensiero potesse essere inteso solo da pochi, dai migliori. Una concezione aristocratica del sapere che si tramandò in Platone sostenitore della concezione che gli uomini, nati con un patrimonio di idee innate, per quanto facciano esperienze non potranno mai andare oltre quelle conoscenze già contemplate nell'[[Iperuranio]]. Per questo il filosofo è colui la cui ''anima bella'', già prima di nascere, possiede un sapere che le anime rozze non avranno mai.}}
 
Oggi il problema di comunicazione del sapere comporta finalmente la consapevolezza che bisogna «... partire non dallo scienziato o dal filosofo o comunque dall'intellettuale aggiornato, ma proprio dal tipo di domande che vengono dal pubblico, che vengono dalla gente, dall'uomo della strada. Questo dovrebbe essere almeno il nostro orizzonte, l'orizzonte di chi fa divulgazione.» <ref> [http://www.educational.rai.it/mat/ss/d06prat.asp Franco Prattito, giornalista e divulgatore scientifico]</ref>}}
{{Quote|E se "filo-sofia" non volesse dire "amore della saggezza" ma "saggezza dell'amore", così come "teologia" vuol dire discorso su Dio e non parola di Dio, o come "metrologia" vuol dire scienza delle misure e non misura della scienza? Perché per filosofia questa inversione nella successione delle parole? Perché in Occidente la filosofia si è strutturata come una logica che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nelle università dove, tra iniziati si trasmettte da maestro a discepolo un sapere che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla? Sarà per questo che da Platone, che indica come condotta filosofica "l'esercizio di morte", ad Heidegger, che tanto insiste sull'essere-per-la-morte, i filosofi si sono innamorati più del saper morire che del saper vivere?|[[Umberto Galimberti]], ''[[La Repubblica]]'' [[12 aprile]] [[2008]]}}
La speculazione filosofica sembra oggi svilupparsi quasi esclusivamente nell'ambiente accademico come disciplina che procede parallelamente alle altre scienze. La ricerca in passato sviluppata in ambito privato indipendente dai grandi pensatori del XVII secolo (Cartesio, Spinoza) o del XIX secolo (Marx, Nietzsche, Croce, Sartre ecc.) ora è stata sostituita dalle figure istituzionali dei filosofi-professori, situazione questa di cui è possibile trovare forse un lontano esempio nei tempi della filosofia medioevale.<ref>cfr. AA.VV.''Philosophica'', Novara, 2007, pag.404 e sgg.</ref>
{{cn|Questo non vuol dire che la filosofia si stia isolando nel chiuso delle università ma al contrario si assiste a un interesse per la ricerca filosofica, di cui si occupano anche quotidiani, siti specializzati sul web, da parte di un pubblico di non specialisti che affollano dibattiti pubblici su temi come la [[bioetica]] o l'etica ambientale.}}
 
===La filosofia per tutti===
{{Vedi anche|Comunicazione filosofica}}
Sembra ora che la filosofia voglia tornare a un più diretto contatto con il pubblico, offrendo anche forme nuove di fruizione della filosofia, come negli Stati Uniti con le esperienze ormai affermate della ''Philosophy for Children'', la filosofia per bambini, o l'attività che dalla Germania è arrivata anche in Italia, di [[consulenza filosofica]] per il benessere della persona nella sua vita privata o nel lavoro aziendale.
 
{{cn|Caratteristica di questo nuovo filosofare aperto alle necessità dei nuovi tempi è che esso non viene fornito da professionisti della filosofia ma da esperti di altri settori scientifici. Questo non inficia la validità del filosofare se si riflette come ciò sia accaduto anche in passato, quando grandi filosofi non facevano della filosofia il loro "mestiere": basterebbe pensare al tornitore di lenti Spinoza. Così oggi ingegneri informatici, biologi, fisici ritengono utile alla loro ricerca l'approfondimento filosofico.
}}
 
== Principali discipline filosofiche ==
La filosofia, nel corso dei secoli, si è specializzata in numerose discipline, che si occupano più specificamente di determinati settori della riflessione filosofica. Alcune di queste discipline confinano con altre scienze umane, o si intersecano con esse; altri, più che definire uno specifico campo speculativo, individuano un determinato approccio filosofico, che privilegia il carattere teorico della conoscenza piuttosto che quello pratico.
=== Discipline teoretiche ===
 
*[[Filosofia teoretica]]: oggetto della filosofia teoretica è la conoscenza nel senso più astratto e generale; non dunque le modalità concrete e gli strumenti della conoscenza, ma la possibilità e il fondamento del conoscere umano, e i suoi oggetti più universali e astratti, quali l'essere, il mondo etc.
*[[Logica]]: la logica, originariamente, costituisce lo studio delle corrette modalità di funzionamento ed espressione della ragione umana([[Logos]]). Nel corso della storia del pensiero essa ha assunto il carattere particolare di disciplina che si occupa del corretto argomentare, da un punto di vista meramente formale e simbolico; in questo senso è una disciplina per certi versi affine, alla [[matematica]].
*[[Metafisica]]: la filosofia teoretica ha assunto, in un determinato, ancorché lungo periodo storico, il carattere di filosofia prima ovvero metafisica. Essa, letteralmente, è la conoscenza che si rivolge a quegli enti generalissimi che stanno "al di là" degli enti sensibili. La metafisica è divenuta, nel tempo, sinonimo dell'aspetto più astratto, e per certi versi vicino alla teologia, della riflessione filosofica.
*[[Ontologia]]: L'ontologia si occupa dello studio dell'essere in quanto è, della sua differenza con l'ente([[differenza ontologica]]), del suo rapporto col nulla, ovvero con ciò che non è, e dell'ente che esiste, ovvero l'uomo, in quanto capace di un rapporto privilegiato con l'essere.
*[[Epistemologia]] e [[gnoseologia]]: con differenti sfumature di significato, entrambe si occupano dell'analisi dei limiti e delle modalità della conoscenza umana. Soprattutto nella filosofia contemporanea, il concetto di epistemologia riguarda più specificamente la conoscenza scientifica: l'epistemologia coincide, in questo senso, con la [[filosofia della scienza]].
*[[Filosofia del linguaggio]]: sempre più attuale nella filosofia contemporanea, è quell'aspetto della filosofia che si occupa di studiare il linguaggio nella sua relazione con la realtà. Correlandosi strettamente alla [[linguistica]] e alla [[logica]], essa si occupa della genesi del linguaggio, del rapporto fra senso e significato e della modalità attraverso cui, in generale, il pensiero si esprime.
 
=== Discipline pratiche ===
*[[Etica]] o [[morale]]: è il campo d'applicazione pratico della filosofia, per eccellenza. Il suo oggetto è l'uomo in quanto essere sociale, dunque nella sua relazione con gli altri uomini: essa in particolare si occupa di determinare ciò che è giusto o sbagliato, distinguendo il Bene dal Male in base a una determinata [[teoria dei valori]] o [[assiologia]]. Altresì, l'etica si occupa del singolo individuo, in particolare indicando il modo in cui esso deve o dovrebbe condursi nella ricerca della felicità o in direzione di un agire utile, e nella relazione col mondo, anche inteso come ambiente ecologico. --[[Utente:Antiedipo|Antiedipo]] ([[Discussioni utente:Antiedipo|msg]]) 18:55, 5 giu 2008 (CEST)
*[[Estetica]]: essa si occupa di interpretare filosoficamente il valore della bellezza, in particolare in relazione agli oggetti dell'[[arte]]. Il campo dell'estetica si è poi esteso, per analogia, anche all'interpretazione filosofica di altri contenuti creativi, quali le produzioni letterarie, poetiche, cinematografiche e teatrali. In origine, tuttavia, il termine estetica indicava l'analisi dei contenuti e delle modalità della conoscenza sensibile.
*[[Filosofia del diritto]]: si tratta di una disciplina intermedia fra filosofia e diritto, che, con riferimento all'etica, si occupa di definire i criteri fondamentali attraverso cui si forma il sistema delle norme che regolano la convivenza umana, e i principi in base ai quali un determinato sistema giuridico più essere riconosciuto come valido e vigente.
*[[Filosofia della politica]]: oggetto di questa disciplina sono le istituzioni nella loro formazione, soprattutto per ciò che riguarda i fattori fondamentali che regolano il rapporto fra il potere sovrano e coloro che vi sono sottoposti, ovvero i fattori che regolano l'instaurazione e il mantenimento del potere.
*[[Filosofia della religione]]: è la disciplina che si occupa di studiare le caratteristiche delle principali religioni da un punto di vista filosofiche, individuandone le caratteristiche costanti e universali e studiando il rapporto dell'uomo con la religione come formazione culturale e storica.
*[[Filosofia della storia]]: il suo ambito è la storia, per quel che riguarda i metodi con cui essa viene studiata, ma soprattutto la ricerca di
 
=== Nuove discipline ===
*[[Bioetica]]: la bioetica, incrociando conoscenze filosofiche con analisi di tipo scientifico, antropologico e medico, si occupa in particolare degli aspetti etici connessi alla vita, umana e non, con riguardo particolare ai fattori biologici e genetici fondamentali. Problematiche bioetiche essenziali concernono dunque la riproduzione, la nascita, la morte, l'identità genetica etc.
*[[Filosofia della mente]]: sulla scorta delle moderne scoperte scientifiche riguardanti il funzionamento del sistema nervoso umano, si è sviluppata questa disciplina filosofica, che si occupa di indagare il rapporto fra la mente, come forma organizzativa della coscienza, e il cervello come struttura meramente fisica; nonché il rapporto della mente con il corpo e con il mondo.
*[[Consulenza filosofica]]: più che una disciplina vera e propria, essa costituisce una peculiare applicazione della filosofia, con un uso della stessa assimilabile(ma non coincidente)con una sorta di terapia psicologica. In questo senso, il filosofo, insieme alla persona che usufruisce della sua consulenza, svolge uno o più problemi filosofici mostrando come, attraverso il dialogo, sia possibile giungere a un miglioramento delle capacità, se non di risolvere il problema, di affrontarlo.
 
==Note==
{{references|2}}
 
==Bibliografia==
''Manuali scolastici''
*N. Abbagnano / G. Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, 3 voll., Paravia, Torino 1996.
*F. Cioffi et al., Diàlogos, 3 voll., Bruno Mondadori, Torino 2000.
*A. Dolci / L. Piana, Da Talete all'esistenzialismo, 3 voll., Trevisini Editore, Milano (rist. 1982).
*S. Gabbiadini / M. Manzoni, La biblioteca dei filosofi, 3 voll., Marietti Scuola, Milano 1991.
*S. Moravia, Sommario di storia della filosofia, Le Monnier, Firenze 1994.
*G. Reale / D. Antiseri, Storia della filosofia, 3 voll., Brescia 1973.
*C. Sini, I filosofi e le opere, Principato, Milano 1986 (seconda edizione).
*Storia della filosofia (diretta da N. Merker), 3 voll., Editori Riuniti, Roma 1982.
''Alcuni testi di studio''
*N. Abbagnano, La saggezza della filosofia, Rusconi, Milano 1987.
*M. Farber, I problemi fondamentali della filosofia, Mursia, Milano 1970.
*H. Georg Gadamer, L'inizio della filosofia occidentale, Guerini e Associati, Milano 1993.
*D. Huisman, Il manuale di filosofia, Lato Side, Roma 1980.
*J-P. Jouary, A che cosa serve la filosofia?, Adriano Salani Editore, Firenze 1995.
*C. Monaco, Conoscere la filosofia, Thema Editore, Bologna 1988.
*T. Nagel, Brevissima introduzione alla filosofia, il Saggiatore, Milano 1989.
*F. Papi, Capire la filosofia, Ibis, Como-Pavia 1993.
*K. Pomian, voce Filosofia/filosofie, in "Enciclopedia Einaudi", vol. 6, Einaudi, Torino 1979.
*P. Rossi (a cura di), La filosofia, 4 voll., UTET, Torino 1995.
*B. Russell, La saggezza dell'Occidente, Longanesi & C., Milano 1961.
*B. Russell, Storia della filosofia occidentale, TEA, Milano 1991.
*N. Warburton, Il primo libro di filosofia, Einaudi, Torino 1999.
*W. Weischedel, La filosofia dalla scala di servizio, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996.
''Enciclopedie e dizionari''
*N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET, Torino 1971 (seconda edizione).
*F. Brezzi, Dizionario dei termini e dei concetti filosofici, Newton Compton, Roma 1995.
*Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario dei filosofi, Sansoni, Firenze 1976.
*Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario delle idee, Sansoni, Firenze 1976.
*Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981.
*E.P. Lamanna / F. Adorno, Dizionario dei termini filosofici, Le Monnier, Firenze (rist. 1982).
*L. Maiorca, Dizionario di filosofia, Loffredo, Napoli 1999.
*D.D. Runes, Dizionario di filosofia, 2 voll., Mondadori, Milano 1972.
 
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[[is:Heimspeki]]
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