Ciociaria e Bedollo: differenze tra le pagine

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{{F|Trentino-Alto Adige|maggio 2018}}
{{Nota disambigua}}
{{Divisione amministrativa
{{Regione geografica
|Nome=Bedollo
|nomeTerritorio = Ciociaria
|Nome ufficiale=
|panorama = Valle Sacco.jpg
|Panorama=Bedollo e Svaldi da Regnana.jpg
|didascalia = La [[Valle Latina (geografia)|valle del Sacco]] da [[Alatri]]
|Didascalia=Le frazioni di Bedollo e Svaldi viste dall'altra frazione di Regnana
|stato = ITA
|Bandiera=Bedollo-Gonfalone.png
|stato_spec =
|Voce bandiera=
|capoluogo =
|Stemma=Bedollo-Stemma.png
|regione = Lazio
|Voce stemma=
|regione_spec =
|Stato=ITA
|territorio =
|Grado amministrativo=3
|superficie =
|Divisione amm grado 1=Trentino-Alto Adige
|abitanti =
|Divisione amm grado 2=Trento
|anno =
|Amministratore locale=Francesco Fantini
|densità =
|Partito=[[lista civica]]
|lingue =
|Data elezione=10-5-2015
|nomeAbitanti = ciociari
|Lingue=
|linkMappa =
|Data istituzione=
|noteMappa =
|Abitanti=1492
|codiceMappa =
|Note abitanti=[http://demo.istat.it/bilmens2017gen/index.html Dato Istat] - Popolazione residente al 28 febbraio 2017.
|lat =
|Aggiornamento abitanti=28-2-2017
|long =
|Sottodivisioni=Bedollo, [[Brusago]], Centrale (sede comunale) Cialini, Piazze, Regnana, Varda, Svaldi
|sito =
|Divisioni confinanti=[[Baselga di Piné]], [[Lona-Lases]], [[Palù del Fersina]], [[Sant'Orsola Terme]], [[Segonzano]], [[Sover]]
|Zona sismica=4
|Gradi giorno=
|Diffusività=
|Nome abitanti=bedoleri
|Patrono=[[Madonna di Caravaggio]]
|Festivo=26 maggio
|PIL=
|PIL procapite=
|Mappa=Map of comune of Bedollo (province of Trento, region Trentino-South Tyrol, Italy).png
|Didascalia mappa=Posizione del comune di Bedollo<br />nella provincia autonoma di Trento
}}
[[File:Enrique Simonet - Ciociara - 1889.jpg|rhight|thumb|''Ciociara'' di [[Enrique Simonet]]|200px]]
[[File:Hayez Ciociara.jpg|rhight|thumb|''La Ciociara'' di [[Francesco Hayez]]|200px]]
 
'''Bedollo''' (''Bedól'' in [[dialetto trentino]]<ref>Teresa Cappello, Carlo Tagliavini, ''Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani'', Bologna, ed. Pàtron, 1981.</ref><ref>{{cita libro| nome=Carla | cognome=Marcato | capitolo= Bedollo | titolo=Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani | anno= 1990 | editore=UTET | città=Torino| p=68 }}</ref>, ''Bedull in Pineit'' in tedesco) è un [[comune sparso]] [[Comune (Italia)|italiano]] di {{formatnum:1492}} abitanti della [[provincia di Trento]]. È uno dei due comuni che compongono l'[[Altopiano di Piné]].
'''Ciociarìa''', o '''Ciocerìa''', è il nome con cui sono identificati alcuni territori del [[Lazio]] a sud-est di [[Roma]], senza limiti ben definiti<ref>[[Roberto Almagià]] nell<nowiki>'</nowiki>''Enciclopedia italiana'' definisce la Ciociaria non solo come «regione indefinita», ma anche «priva di una propria individualità». Almagià R., ''Enciclopedia italiana'', vol. X, Roma 1931, p. 384.</ref>. A partire dal [[ventennio fascista]] lo stesso nome è usato impropriamente dalla stampa locale, da associazioni promozionali e manifestazioni folcloristiche come sinonimo di [[provincia di Frosinone]] e dell'insieme delle tradizioni popolari del suo territorio<ref>Alonzi L., ''Il concetto di Ciociaria dalla costituzione della provincia di Frosinone a oggi'', in «L'Italia ritagliata. L'identità storico-culturale delle regioni: il caso del Lazio meridionale ed orientale», Società Geografica Italiana, Roma 1997 (gli atti del congresso sono inediti ma delle anticipazioni sono state pubblicate in [[Lorenzo Arnone Sipari|Arnone Sipari L.]], ''Spirito rotariano e impegno associativo nel Lazio meridionale: i Rotary Club di Frosinone, Cassino e Fiuggi, 1959-2005'', Università degli Studi di Cassino, Cassino 2005, pp. 33-36).</ref><ref>[http://www.vitaciociara.it/ Vita ciociara], associazione culturale]</ref><ref>[http://www.laciociaria.it/ Laciociaria.it, sito di promozione turistica e culturale]</ref>. L'identificazione della Ciociaria con il territorio della provincia è fatta propria dalla stessa [[Azienda di Promozione Turistica]] della provincia di Frosinone<ref>[http://www.apt.frosinone.it/ Azienda di Promozione Turistica della provincia di Frosinone]</ref><ref>[http://www.viaggioinciociaria.it/ ''Viaggio in Ciociaria'' - Portale dell'Azienda di Promozione Turistica di Frosinone]</ref>.
 
== Geografia fisica ==
[[File:Church Bedollo-Brusago.jpg|thumb|upright=1|left|La chiesa della Madonna del Buonconsiglio di [[Brusago]]]]
Come accade per molte denominazioni storiche regionali, una descrizione geoantropica della ''Ciociaria'' che risolva il problema dei suoi confini e delle sue peculiarità etniche non è mai stata fornita. Il territorio interessato è sempre stato amministrativamente denominato ''Lazio'', ''Campagna e Marittima'' o ''Campagna di Roma'' e gli studi storiografici e demologici che portarono alla luce gli aspetti sociali degli abitanti laziali detti ''ciociari'', all'inizio del [[XIX secolo]], trattano la questione in modo marginale, senza disporre di documentazioni precise.
Il paese sorge su una dorsale del monte che la sovrasta e gode di una spettacolare vista sui sottostanti laghi [[lago delle Piazze|delle Piazze]] e [[lago della Serraia|della Serraia]] sull'[[altopiano di Piné]]. Anche la vicina frazione di Pitoi, che ha un borgo storico ristrutturato, offre scorci panoramici sulle Alpi altoatesine. La sede comunale si trova a località ''Centrale''.
 
Nel suo territorio comunale si trova la [[cascata del lupo]]<ref>[http://www.iltrentinodeibambini.it/alla-cascata-del-lupo-sentiero-avventuroso/ Alla Cascata del Lupo: sentiero avventuroso!] su iltrentinodeibambini</ref>.
La prima analisi sistematica al riguardo fu fatta solo nel [[1916]], da [[Adele Bianchi]], che in una pubblicazione dell'istituto geografico De Agostini discriminò chiaramente una regione o subregione, risultando che «la Ciociaria comprende l'ampia [[Valle del Sacco]], i [[Monti Ernici]], il versante interno degli [[Monti Ausoni|Ausoni]] e parte dei [[Lepini]]», grossomodo il [[circondario di Frosinone]]<ref>Bianchi A., ''La Ciocieria. Monografia corografica'', in «La Geografia», vol. IV, 1916, pp. 85-99 e 230-252.</ref>. Pochi anni più tardi lo studio fu ripreso da alcuni intellettuali fascisti frusinati le cui tesi geografiche e etnologiche furono anche bandiera delle loro idee politiche, e che arrivarono a costruire l'antropologia di una «''razza ciociara''»<ref>«il tipo del Lazio Meridionale è dato in prevalenza dal "ciociaro" dalle membra vigorose e flessibili, dal viso regolare col naso dritto o leggermente curvo, gli occhi grandi e neri, la capigliatura folta, le sopracciglia marcate, l'aspetto fiero ma insieme dolce. Le donne godono fama di grande bellezza per vigore e nobilità dei lineamenti, la carnaggione binachissima, gli occhi profondi, le spalle e i fianchi robusti ma perfetti, l'incedere maestoso». Quadrotta G., Introduzione, in Pocino W., ''I Ciociari'', Roma 1961, p. 14.</ref>, apportando nuova confusione al problema.
 
== Storia ==
Nel 1930 l'«''[[Enciclopedia Italiana]]''» riprese e rielaborò gli studi della Bianchi, considerando però ''Ciociaria'' anche parte del [[circondario di Sora]] e la valle del [[Gari (fiume)|Gari]] e, discostandosi dalle opinioni degli 'intellettuali fascisti frusinati', ritenne esplicitamente l'area geografica descritta «priva di una propria individualità». Dal [[secondo dopoguerra]] invece, poiché nel Lazio fu conservato l'assetto amministrativo del regime, col termine ''ciociaro'' i governi locali promossero l'identità provinciale frusinate, e fu sollevato da diversi autori il problema di individuare se esistesse anche una ''«[[regione storica]]» ciociara'' e quali fossero le sue caratteristiche ed i suoi limiti; costoro avanzarono poi soluzioni molto divergenti fra loro.
{{...}}
 
== Monumenti e luoghi di interesse ==
Le analisi antropologiche e toponomastiche, pubblicate dai primi [[anni 1960|anni sessanta]] furono tanto varie che si arrivò ad identificare la Ciociaria ora col territorio fra il [[Liri]] e i [[Castelli romani]]<ref>Di quest'opinione anche l'artista frusinate [[Anton Giulio Bragaglia]] che nella prefazione a «I Ciociari, dizionario biografico» (Roma 1961) di Willy Pocino, individua il confine settentrionale della Ciociaria nel corso del [[Aniene|fiume Aniene]] registrando inoltre che con ''ciociari'' a Roma si etichettano anche gli abitanti di paesi del sublacense.</ref> ora con parte dell'antica provincia pontificia di ''[[Campagna e Marittima]]''<ref>Merlini F., ''Grande Dizionario Enciclopedico'', IV, Torino 1969, p. 117, s.v. «Ciociaria».</ref>, o persino con l'intera [[provincia di Frosinone]] o buona parte del Lazio meridionale. Altri studiosi, infatti, considerano la "Grande Ciociaria" come tutto il Lazio meridionale, includendo in essa le province di Latina e Frosinone per intero.
=== Architetture religiose ===
*[[Chiesa di Sant'Osvaldo (Bedollo)|'''Chiesa parrocchiale''']] di Sant'Osvaldo, costruita nel [[XVIII secolo]] e consacrata nel [[1833]].
 
===Architetture civili===
=== Distinzioni territoriali ===
{{...}}
==== Evo antico e medio ====
{{Vedi anche|Latium adjectum|Ducato romano}}
[[File:Ancient Latium.png|thumb|Il ''[[Latium]]'' secondo [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]] e [[Strabone]].|350px]]
Alla conquista romana [[Volsci]], [[Ernici]] e [[Aurunci]] occupavano tutto il territorio a sud della capitale, che fu incluso nella ''[[Regio I Latium et Campania]]'' dell'[[Cesare Augusto|età augustea]], divisione geografica di carattere censorio e per certi versi etnico, senza funzioni amministrative. Coeva è anche la prima sistemazione urbana del Lazio in piccole comunità sufficientemente autonome da non avere altre dipendenze politiche se non la subordinazione a [[Roma]], in un assetto territoriale perdurato fino all'età industriale.
 
== Società ==
Le caratteristiche sociali ed urbanistiche che caratterizzarono da allora i paesi e le città tra Roma e Capua e che oggi accomunano i comuni delle province di Frosinone e Latina hanno spesso indotto alcuni autori ad individuare in miti locali e nella omogeneità economica e sociale del territorio l'impronta storica su cui si sarebbe evoluta poi la ''Ciociaria'', fino a differenziarvi per le stesse ragioni un'identità etnica specifica<ref>Bragaglia A. G., ''op.cit.''.</ref><ref>Virgilio, ''Aen''., libro VII.</ref><ref>Il Bragaglia cerca un «Regno Ciociaro» (Bragaglia A. G., ''Cioce con le ali'' in ''Ciociaria'', Amministrazione Provinciale di Frosinone, Frosinone 1957).</ref><ref>
===Evoluzione demografica===
 
{{Demografia/Bedollo}}
Sempre il Bragaglia ricorda: «per fortuna la terra nostra sta sempre sotto il segno di [[Circe]]». Bragaglia A. G., ''Ciociaria'', Amministrazione provinciale di Frosinone, Frosinone 1957</ref><ref>L'archeologo [[Giuseppe Marchetti Longhi]] ritiene che i confini della moderna Ciociaria coincidano con quelli dell'ex [[Circondario di Frosinone]] includendo però anche alcuni comuni dell'ex [[Circondario di Velletri]]; «alla confluenza delle due valli: del Cosa e, la maggiore, del Sacco, possiamo panoramicamente comprendere la zona, che chiamiamo Ciociaria».
===Qualità della vita e riconoscimenti===
 
*Comune Riciclone 2011: un importante riconoscimento di [[Legambiente]] che premia Bedollo come primo comune del Nord Italia, con popolazione inferiore a {{formatnum:10000}} abitanti, per la raccolta differenziata dei rifiuti<ref>[http://upload.legambiente.org/ecosportello.org/documenti/dossier_comuni_ricicloni_2011.pdf Dossier comuni ricicloni 2011]</ref><ref>Viene premiato in questa categoria il secondo classificato Bedollo in quanto il primo classificato ([[Ponte nelle Alpi]]) è vincitore delle classifica generale</ref>.
L'antico ''[[Latium adjectum]]'' sarebbe quindi l'odierna Ciociaria, dice poi lo studioso, e la «civiltà» delle [[mura pelasgiche]] con l'uso della ciocia i fattori storici che contraddistinguerebbero questa parte del Lazio (Marchetti Longhi G., ''La Ciociaria dal V all'XI secolo'', in «''La Ciociaria. Storia. Arte. Costume.''», Editalia, Roma 1972, p. 79)</ref>.
Nel [[Medioevo]] infine si stabilirono quei confini che fino all'[[unità d'Italia]] delimitavano le amministrazioni del [[Lazio]]. Dopo una serie di conflitti che videro contrapposti [[Bizantini]] e [[Longobardi]] prima, [[Stato Pontificio]] e [[Regno di Napoli]] poi, il [[Liri|fiume Liri]] e parte degli [[monti Ausoni]] divennero un confine che tagliava in due le attuali province [[provincia di Frosinone|di Frosinone]] e [[provincia di Latina|di Latina]] e che segnò fortemente le direttrici di sviluppo e modernizzazione, di fatto però più debole nel separare le identità culturali<ref>«Atlante Storico Garzanti», A. Garzanti Ed., Milano 1974.</ref>.
 
==== Evo moderno ====
Il più antico documento che testimonia l'uso del nome Ciociaria per indicare una [[regione fisica]] risale al [[XVII secolo]] e consiste in un manoscritto in cui è registrato il [[toponimo]] ''Ciocciarìa''<ref>Beranger E. M. & Sigismondi F., ''Un inedito documento cartografico sulla Valle di Comino'', in ''Il ducato di Alvito nell'Età dei Gallio'', I (Atti), Banca della Ciociaria, Alvito 1997, pp. 37-52. Gli autori registrano la presenza, nella Biblioteca Apostolica Vaticana, di una descrizione cartografica dal titolo ''Descrizione della Ciocciaria e della provincia marittima'', ancora oggi inedita.</ref>. Non esistono invece documenti nel [[regno di Napoli]] o in [[Terra di Lavoro]] che attestino l'espressione geografica entro i confini delle [[Due Sicilie]] e, nonostante il documento vaticano, per lungo tempo le fonti storiche tacciono. Perché l'espressione geografica diventi nota a scrittori, storici ed intellettuali si deve aspettare il pieno evo moderno. [[File:Campagna di Roma.jpg|thumb|La ''[[Campagna e Marittima]]'' nella carta del [[Giovanni Antonio Magini|Magini]].|300px|left]]
 
Nei testi e nella letteratura per la prima volta si parla di ''Ciocerìa'' dal 1833, così si ritiene che il toponimo sia effettivamente entrato nell'uso comune, senza precise connotazioni geografiche, a partire dalle invasioni francesi nello [[Stato Pontificio]], quando fu istituito anche nelle province romane l'obbligo di prestare il servizio di leva, situazione che portò a Roma i contadini e pastori delle periferie, che in città furono denominati, in base ai loro costumi, ''ciociàri'' (dalla ''[[ciocia]]'')<ref>Scotoni L., ''Un nome territoriale recente: la Ciociaria (Lazio)'', in «La geografia delle scuole», XXII (1977), n° 4, pp. 199-207.</ref>.
 
A partire dal XVIII secolo il termine a [[Roma]] divenne d'uso comune, con cui si appellavano gli abitanti di alcuni comuni non assimilabili direttamente all'economia della capitale, prevalentemente collocati a sud della [[valle del Tevere]], in evocazioni generiche delle tradizioni del Lazio. I toponimi ''[[Campagna di Roma]]'' e ''[[Campagna e Marittima]]'' che ricalcano direttamente il nome [[impero romano|imperiale]] ''Campania'', con cui erano conosciuti alcuni territori della ''[[Regio I Latium et Campania|Regio I]]'', furono però da sempre le uniche denominazioni adottate per indicare i territori del [[Lazio meridionale]], assieme al classicheggiante ''Latium'' dei cartografi e degli umanisti<ref>Nella galleria delle Mappe del Vaticano la ''Campagna di Roma'' è rappresentata assieme alla Sabina sotto la denominazione classica di ''Latium et Sabina''.
 
La mappa risale al 1636, commissionata sotto il pontificato di [[Urbano VIII]], e fu realizzata da Luca Holstenio che coprì il precedente lavoro di [[Ignazio Danti]]. Nel 1602 [[Giovanni Antonio Magini]] disegnava invece una mappa della ''Campagna di Roma'' identificandola con l'antico ''Latium''. Nel 1595 [[Abraham Ortelius]] digegnava una carta del ''Latium'' in cui distingueva un ''Latium vetus'' nel territorio dei Castelli Romani e un ''Latium novum'' fra questi e il fiume [[Liri]]. Cfr. [http://websit.provincia.roma.it/portale/imgs/cartoStorica/Magini_1b.jpg la carta del Magini]. Almagià R., ''Le pitture murali della Galleria delle carte geografiche'', in «''Monumenta Cartographica Vaticana''», Città del Vaticano 1952.</ref><ref>Il ''Latium'' cartografico degli umanisti, compreso entro i confini pontifici, faceva riferimento ad un passo di [[Strabone]] (V, 4) e di Plinio (III, 9) nei quali si distinguono il ''Latium Antiquum'' dal ''Novum'': {{Citazione|Nunc quidem ora maritima, ab Ostia ad Sinuessa usque, Latium appellatur; quod olim tantum ad montem usque Circaeum pertinuit|Strabo, V - 4}}{{Citazione|Latium antiquum a Tiberi Circeios servatum est mille passuum L longitudine tam tenues primordio imperii fuere raduces at nomen modo Latii processit ad Lirim amnem.|Plinio, III - 9}}
 
Nell'uso ufficiale romano la ''Regio I'' però è sempre connotata come ''Campania'', almeno dal [[II secolo]] fino alla riforma territoriale di Diocleziano e al basso medioevo. Migliorati L., ''La storia antica'', in «''Atlante storico-politico del Lazio''», Laterza ed., 1996, p. 23-25.</ref> e, successivamente nei territori del regno delle Due Sicilie, al toponimo ''[[Terra di Lavoro]]'', fino al 1927. L'aggettivo ''campanino'' era inoltre il vocabolo con cui si qualificavano gli abitanti della ''Campagna'' e con cui si indicava tutto ciò che riguardava l'omonima provincia pontificia, con pertinenza geografica ed amministrativa<ref>[[Ludovico Antonio Muratori|Muratori L. A.]], ''Antiquitates Italicae Medii Aevii'', vol. I, Arezzo 1773, pp. 282-283.</ref><ref>«Atlante Storico Mondiale», De Agostini, Novara 1993.</ref><ref>Pagano G., ''Pietro delle Vigne in relazione col suo secolo'', ne «''Il propugnatore''», XVI parte II, Gaetano Romagnoli ed., Bologna 1883, p. 19</ref>.
 
==== Ciociaria «pastorale» ====
{{Vedi anche|Ciociaria nella storiografia}}
[[File:Giardino Di Ninfa Bonifica.jpg|thumb|I ruderi di [[Giardino di Ninfa|Ninfa]] prima della bonifica pontina]]
Una primitiva sistemazione geografica, della fine del [[XIX secolo]], è tracciata nell'opera di uno storico romano, dove si accenna vagamente alla ''Ciociaria'' così come si conosceva nello [[Stato Pontificio]]. David Silvagni, che però non si interessa direttamente del problema, ne «''La Corte Pontificia e la Società Romana''» fa propria un'interpretazione di [[Carlo Maria Curci]]<ref>Curci C. M., ''Il vaticano regio'', Fratelli Benesci Editori, Roma-Firenze 1883, p. 279</ref>, e sull'orme di costui nota che «è la parte più montuosa e incolta del [[circondario di Frosinone]] e [[circondario di Sora|Sora]]», cioè i [[Monti Ernici]] del Lazio odierno, ma poi chiama «''ciociari''» tutti i cardinali originari delle diocesi cattoliche tra [[Anagni]] e [[Terracina]], abbandonando ogni accezione etnica o sociale che aveva avuto fino ad allora il nome popolare dei pastori laziali.
 
Il Silvagni riporta quindi un elenco di ecclesiastici famosi, biasimati per il provincialismo e per dubbie capacità amministrative, in cui si citano pure le località di nascita di ciascuno, tutte esplicitamente agglomerate a costituire una regione che chiama ''Ciociaria'', anche se palesemente estranee al comprensorio ernico ([[Sonnino]], [[Ceprano]], [[Ceccano]], [[Gorga (Italia)|Gorga]], [[Paliano]], [[Anagni]], [[Giardino di Ninfa|Ninfa]], [[Roccasecca dei Volsci|Roccasecca]], [[Carpineto Romano|Carpineto]], [[Monte San Giovanni Campano]]). In questa sistemazione emerge quindi un'effettiva traslazione, scarsamente documentata altrove, di ciò che si intendeva per ''Ciociaria'' e ''ciociaro'', che da espressione di un «blasone popolare» andava costituendosi come una propria «identità geografica». La regione delineata comprende tutte le città campanine organizzate entro diocesi immediatamente soggette alla Santa Sede, perciò accomunate dallo stesso sistema politico, economico e sociale, e che furono estranee per identità e tradizione ai territori delle diocesi suburbicarie e alle vicende storiche della realtà cittadina di [[Roma]].<ref>Silvagni D., ''La Corte Pontificia e la Società Romana'', Biblioteca di Storia Patria, Roma 1971, vol. IV, pp. 255-256.</ref>
 
=== Etnologia ===
==== Il brigantaggio, Sonnino e la «Ciocerìa della Croce» ====
{{Vedi anche|Sonnino}}
[[File:The brigand family (Thomas Allon).jpg|thumb|[[Thomas Allom]], ''La famiglia del Brigante - Sonnino''.|300px|right]]
Risale solo al XIX secolo l'uso del termine ''ciociàro'' nella storiografia, con uno specifico contesto etnico di riferimento. La più antica testimonianza in tal senso, finora registrata, risale al 1781, in un'opera di [[Gian Gaspare Cesari]] a proposito di [[Anagni]], che cita i locali «''ciocciàri''»<ref>Cesari G. G., ''Della morbosa annuale costituzione di Anagni...'', Perugia 1781</ref> e quasi mezzo secolo più tardi, nel 1824, Fra [[Pacifico da Monte Compatri]], dei nobili di [[Carpineto Romano|Carpineto]], genericamente scrive in una lettera di conoscer «bene questi fottuti baroni ciociari», con il nobile Gioacchino De Santis, che ribadisce che «veri ciociari» erano «uomini effemminati e bevitori»<ref>''Archivio de Sanctis. Condotte Mediche di Carpineto'', 1984.</ref>. [[Giuseppe Giusti]] accenna alla «cornamusa dei ciociari»<ref>Frassi G., ''Epistolario di Giuseppe Giusti'', Felice Le Monnier ed., Firenze 1839, p. 244.</ref> e Francesco Bulgarini, nel 1848, parla di contadini montagnoli «ciociari» in riferimento a dei mezzadri provenienti stagionalmente dal circondario di Subiaco a [[Tivoli]], per coltivare granturco<ref>Bulgarini F., ''Notizie storiche, antiquarie, statistiche ed agronomiche intorno all'antichissima città di Tivoli e suo territorio'', Tip. G. B. Zampi, Tivoli 1848, pp. 194-195.</ref>. [[Franco Mistrali]] invece, nel 1861, identifica con lo stesso nome una «razza di banditi o briganti della Sabina», e parlando del cardinale [[Giacomo Antonelli]], definisce anche lui ''ciociaro'' con scherno, per dubbie qualità morali e perché nato a [[Sonnino]], nel [[1806]]<ref>Mistrali F., ''Ritratti popolari'', Gernia ed Erba ed., Milano 1861, p. 114.</ref>; e per primo registra anche un significato territoriale e gentilizio del termine.
 
Seguì probabilmente il Mistrali lo storico [[Armando Dubarry]], che in un'opera del 1875 testimonia l'uso di chiamare volgarmente ''Ciociaria'' l'intera [[delegazione apostolica di Frosinone]], all'epoca soppressa, e ivi per la prima volta viene messa chiaramente in relazione l'espressione geografica con la ''ciocia'', calzatura, dice il francese, dei locali briganti, contadini e milizie irregolari.<ref>Dubarry A., ''Le brigandage en Italie depuis les temps les plus reculés jusqu'à nos jours'', Plon & Cie, Parigi 1875, pp. 269-286.</ref> Così il nome etnico si avviò ad assumere un significato più ampio e generale, e l'aggettivo ''ciociaro'' fu da allora strettamente connesso al toponimo ''Ciociaria''. In alcune descrizioni storiche di Sonnino è però possibile rinvenire più chiare considerazioni sul senso originario dell'espressione, ben distinguibili dai confusi riferimenti dei cronisti.
 
Tra il 1843 e il 1844 alcune opere identificano una regione attorno alla città volsca come ''Ciociarìa''<ref>[[Gaetano Moroni|Moroni G.]], ''Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni'', Tip. Emiliana, Venezia 1844, pp. 296-297.</ref> o ''Ciocerìa della Croce''<ref>[[Attilio Zuccagni-Orlandini|Zuccagni-Orlandini A.]], ''Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue isole, corredata di un atlante, di mappe geografiche e topografiche, e di altre tavole illustrative'', supplemento al vol. X (''Italia Media o Centrale''), Firenze 1843, p. 274. Lo Zuccagni-Orlandini cita il toponimo ''Ciocerìa della Croce'', oggi riconducibile alle sole frazioni di Sonnino «''Capocroce''», nel territorio più estensivamente definito «''Cutinòle''» (<CATINUS = ciotola, piatto fondo; toponimo derivato dalle numerose piccole doline a fondo coltivato che caratterizzano l'area), tra Sonnino città e «Monte Romano-Case Murate».
 
Si tratta di una vasta area pedemontana con molti insediamenti rurali, tra cui la località ''Fienili'' di recente valorizzazione turistica: nella zona si trova anche un'antica consolare romana che collegava [[Terracina]] e ''[[Priverno|Privernum]]'', identificata spesso con un tracciato viario minore definito ''via volosca'' (da [[volsci]]). È probabile che questo sia il nucleo originario della «''Ciocerìa''» citata dallo Zuccagni nonché della resistenza antifrancese del XIX secolo. È pure diffuso in Abruzzo il toponimo ''Ciceràna'' per indicare aree o altopiani carsici (''Fonte La Cicerana'' a [[Lecce ne' Marsi]], ''la Ciceràna'' a [[Gioia dei Marsi]]. Cfr. «Carta IGM» 1:25.000, tav. ''Gioia Vecchio''), a cui potrebbe essere ricondotta la ''Ciocierìa'' dello Zuccagni (Cicerana <CICER, cece, escrescenza, verruca).</ref>, una zona che fu centro di un radicato movimento di resistenza all'occupazione francese durato dall'inizio della [[Repubblica Romana (1798-1799)|repubblica romana]] fino al 1815, condotto da un gruppo di briganti locali che ebbero sottratto al controllo militare straniero buona parte della montagna àusone tra [[Roccasecca dei Volsci]] e [[Priverno]]. Queste, se confrontate con le altre fonti storiche<ref>Mistrali F., ''op. cit.'', p. 114.</ref><ref>Colagiovanni M., ''Ciociaria fin dove?'', in «Ciociaria ieri, oggi, domani», 18, EPT di Frosinone 1985, p. 10.</ref> che provano il legame fra l'uso volgare del termine «''ciociàri''» e il fenomeno del brigantaggio popolare, inducono a considerare che alcuni territori attorno a [[Roma]], anche distanti fra loro ([[Subiaco]], [[Sabina]]<ref>
 
Prima del 1927, anno dell'istituzione della [[provincia di Rieti]], «Sabina» era solo la zona montana a cavallo tra [[Rieti]] e la valle del Tevere: il toponimo non aveva più nulla a che fare con l'antico territorio dei ''[[sabini]]'' che ricadeva fino al fascismo per buona parte fuori dallo [[Stato Pontificio]], nell'[[Abruzzo Ultra]], da [[Cittaducale]] a [[Scoppito|Civitatomassa]].</ref>, [[Sonnino]], [[Monti Ernici]]), particolarmente soggetti al fenomeno del banditismo e per questo spesso caduti sotto l'anarchia di governi popolari, sono stati più volte definiti ''Ciociaria'', diacronicamente, a causa di insoliti briganti popolani e improvvisati, come nel caso di Sonnino, che calzavano le ''ciocie'', costume affatto esotico rispetto agli altri indumenti tradizionali dei [[Stato Pontificio|territori pontifici]] e alle abitudini dei mercenari, [[capitano di ventura|capitani di ventura]] e briganti cittadini, di [[Tuscia]], [[Marche]] e [[Umbria]]<ref>Farini L. C., ''Storia d'Italia dall'anno 1814 sino ai nostri giorni'', Tip. La Scolastica, Torino 1854-1859, p. 27.</ref><ref>[http://www.capocroce.com/ Capocroce.com], la località nel comune di Sonnino.</ref><ref>Il Colagiovanni per queste ragioni identifica la ''Ciociaria'' con i feudi dei Colonna, appestati dal fenomeno del brigantaggio (Colagiovanni M., ''Ciociaria fin dove?'', in «Ciociaria ieri, oggi, domani», 18, EPT di Frosinone 1985, p. 10).{{Vedi anche|Ducato di Paliano}}</ref>. [[File:Ciocie e zampitti1.svg|thumb|Modello di ''zampitto'' dell'[[Etna]].]]
 
==== Ciocie e zampitti: i «ciociàri» e le Due Sicilie ====
{{Vedi anche|Ciocia}}
Nei primi documenti e opere storiografiche si è insistito molto sul legame etnico fra la tradizione ciociara e le calzature laziali dette ''ciocie''<ref>Dubarry A., ''op. cit.'', ibidem.</ref>; queste però propriamente non corrispondono a nessun preciso contesto folclorico, né il territorio in cui si rinvengono nei costumi locali, riflette una specifica regione storico-geografica. Una sorta di ciocia è adottata un po' ovunque nelle regioni dell'ex [[Regno delle Due Sicilie]], a volte in forme primitive, nonché in [[Albania]], [[Grecia]], [[Repubblica di Macedonia|Macedonia]] e [[Cossovo]].
 
Da quando però nel Lazio la calzatura ha interessato studiosi ed artisti, anche in tempi recenti, la variabilità delle usanze popolari fu trascurata e in molti hanno usato impropriamente o approssimativamente la parola ''ciocia'', estendendone o reinterpretandone il significato, o hanno trovato ispirazione per costruire figure letterarie piuttosto lontane dalla reale condizione popolare del Lazio. [[Roberto Almagià|Almagià]], in maniera estensiva, usa la parola ''ciocie''<ref name=autogenerato2>Almagià R., ''op. cit.'', p. 384.</ref> per designare le analoghe calzature dei Balcani, senza citare gli effettivi nomi slavi o schipetari; Emma Calderini parla di ''cioce laziali''<ref>Calderini E., ''Il costume popolare in Italia'', Sperling & Kupfer, Milano 1953.</ref> e in altre opere si rinviene l'espressione ''cioce romane'', in locuzioni che suonano un po' forzate, dal momento che la parola ''ciocia'', in senso stretto, è propriamente [[dialetto romanesco|romanesca]] e forse [[dialetto sublacense|sublacense]]<ref>Secondo il «Dizionario Etimologico Italiano Battisti-Alessio» il termine ''ciocia'' potrebbe derivare da una voce [[dialetti italiani meridionali|dialettale meridionale]] «''chjochjara''», «''chjocre''», «''chjochjere''». L'Azzocchi riporta il plurale ''ciociere''. Cfr. Azzottchi T., ''Vocabolario domestico della lingua italiana'', Roma 1846, ''ad vocem''.</ref><ref>
 
Il [[Pietro Fanfani|Fanfani]] raccoglie nel suo dizionario il lemma «cioce», termine pistoiese che indica delle ciabatte o pantofole ad uso casalingo (Fanfani P., ''Vocabolario dell'uso toscano'', Barbera ed., Firenze 1863, p. 273).</ref> (a [[Minturno]] anche «''cioceri''»<ref>In particolare, per i tenimenti di [[Castelforte]] e [[Santi Cosma e Damiano (Italia)]], cfr. R. Di Bello, ''Suio, borgo medioevale: glió paese meio'', Kennedy, Castelforte 2004, p. 160; A. Di Tano, ''Il nostro linguaggio dialettale'', Edizioni Emmegi, Castelforte 2007, p. 17. Il circondario di [[Minturno]], nel territorio della provincia di Latina, presenta fortissime affinità linguistiche con i [[dialetti italiani mediani]], come l'assenza dello [[schwa]] e la [[dialetto ciociaro|metafonia sabina]], nonché l'articolo determinativo singolare maschile di area mediana ''gliù'' e i troncamenti verbali, come sto a fa' per sto a fare(cfr. B. Fedele, ''Minturno: storia e folclore'', CAM, Napoli 1958, p. XIII). Per avere un riferimento sulla complessità e la frammentazione linguistica dell'area: [[Gaetano Di Massa|G. Di Massa]], ''I dialetti della Ciociaria attraverso la poesia'', Tecnostampa, Frosinone 1990; F. Avolio, ''Il confine meridionale dello Stato Pontificio e lo spazio linguistico Campano'', "Contributi di filologia dell'Italia mediana VI" 1992; A. Schanzer, ''Per la conoscenza dei dialetti del Lazio sud-orientale: lo scadimento vocalico alla finale (primi risultati) '', "Contributi di filologia dell'Italia mediana III" 1989.</ref>). [[File:Ciocie reali.jpg|left|thumb|[[Ciocia|Ciocie]] nel [[Museo civico (Alatri)|museo civico di Alatri]].|200px]]
 
Così per anni si ignorò completamente il sostrato culturale a cui si voleva far riferimento, tralasciando indagini linguistiche e folcloriche. Quanto in realtà in Italia si sa del problema è questione molto più complessa e attualmente dibattuta. La superficialità promozionale e propagandistica dei primi studi è resa più confusa dal fatto che alcuni aspetti folclorici laziali coinvolgono direttamente i territori delle [[Due Sicilie]], dove si registrano diverse parole indigene, che denotano le ciocie e altre calzature che le rassomigliano molto, che non sono mai stati considerati di rilevanza demologica: gli «''zampitti''» e lo ''«sciòscio»'', cioè le ciocie meridionali. ''Zampitti'' è un vocabolo dialettale molto più affermato del romanesco ciocia, per estensione territoriale, riscontrato anche nei territori dell'ex [[Stato Pontificio]]. Nella [[Marsica]] e nel Sud-Pontino è usato come nome etnico, e nell'etimologia e nel significato si avvicina molto alla voce italiana ''ciociaro'': con «''i sampìtte''» ad [[Avezzano]] si definiscono gli abitanti della [[Vallelonga (geografia)|Vallelonga]], [[Sora]] e della [[Valle Roveto]], con il nomignolo di «''zampitti''» a [[Terracina]] si scherniscono gli abitanti di [[Vallecorsa]] e nel 1869 lo stesso nome indicava volgarmente i membri di una milizia irregolare al soldo di [[Papa Pio IX]], ingaggiata per controllare e reprimere il brigantaggio sul confine meridionale pontificio, composta da soldati popolari che indossavano ciocie<ref>[http://www.gioveanxur.it/index.php?option=com_content&task=view&id=567&Itemid=2 Selvaggi E., ''Ciocie e Zampitti''.]</ref><ref>[http://www.comunecastrodeivolsci.it/storia/brigantaggio.htm Zampitti di Castro dei Vosci]</ref><ref>
 
Di questi gendarmi parla anche Armando Dubarry (''op. cit.'', ibidem), notando però che indossano ''ciocie'' e non ''zampitti''.</ref>. «''La zampitta''» o «''gli zampitti''» sono anche un tipo di calzatura delle popolazioni dell'[[Etna]], [[Cilento]] e [[Basilicata]]<ref>Zambitti o zampitti nelle Due Sicilie: [http://www.oneonline.it/rca/storia/html/alimentazione.html Cilento], [http://www.cilento.it/redazione/articolo.asp?catart=9 Cilento], [http://www.comune.stio.sa.it/aree/tradizione.asp?s=6# Cilento], [http://www.foto-sicilia.it/go-foto.cfm?id=1228 Sicilia], [http://www.basilicata.cc/artistilucani/caivano/26.htm Basilicata], [http://www.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/mode_e_modi_dei_lucani/Costumi_Montemilone.htm Basilicata], [http://www.prolocofiliano.it/i_costumi.html Basilicata], [http://www.trecchina.info/carnevale/cantacronze.htm Basilicata], [http://www.comune.vinchiaturo.cb.it/web/p331.php Molise], [http://www.roccamandolfi.com/storia.htm Molise], [http://www.pontelandolfonews.com/index.php?id=106 Campania], [http://www.ceasanlupo.it/sviluppolocale/Pontelandolfo.htm Campania].</ref>. Si aggiungono poi diverse valutazioni approssimative e improbabili emesse al riguardo: le calzature in uso nell'ex [[Regno delle Due Sicilie]], diversamente da quanto studiato storicamente nel [[Lazio]], non raggiungono mai uno standard unico nella foggia e sono diffuse senza continuità in molte regioni meridionali, e alcuni indicano di interesse etnografico solo la ciocia delle testimonianze storiografiche, a cui corrisponderebbe uno specifico territorio di diffusione, ignorando le indagini sui dialetti meridionali e ritenendo il costume laziale un'evoluzione dei corrispettivi napoletani.
 
Un'ipotesi approssimativa, che non può essere confermata da dati reali: non esiste un lessico popolare che rilevi varietà specifiche nella tradizione laziale o che distingua questa da quella napoletana e inoltre, poiché il [[dialetti d'Abruzzo|dialetto marsicano]] e terracinese, nonché la [[lingua napoletana]], ad esempio, conoscono il termine ''zampitto'' proprio come sinonimo dell'[[lingua italiana|italiano]] ''ciocia'' (cfr. il [[lingua napoletana|napoletano]] ''sciòscio''), oppure come parola il cui significato è molto similie a quello di ''ciociaro'' o di ''villano'', sono smentite le considerazioni che vogliono esclusivo del Lazio il folclore ciociaro, isolato dal contesto etnologico dell'Italia meridionale<ref>Celebre è anche la figura del ''combare zappìtto'' del [[Sezze|setino]] [[Martufello]]</ref><ref>Il vocabolario napolitano-toscano del D'Ambra riporta il termine ''sciòscio'' come sinonimo di ''zampitto'', preziosa testimonianza di linguistica popolare meridionale. Zampìtto poi significa pure ''villano'', in napoletano, e più propriamente così si chiama una «specie di calzamento da campagnuoli di alcune province meridionali dove suolo, tomajo e quartieri son fatti da un brano di pelle lanuta, raccomandato da cordicelle al piede e alla gamba». D'Ambra R., ''Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri'', s.e., Napoli 1873, rispettivamente alle pp. 301, 335 e 405.</ref>.
 
Quanto al modello tipico di ''ciocia'', ancora la maggior parte degli autori che si occupano della questione, individuano nella calzatura della tradizione di molti paesi dell'antica [[Campagna e Marittima]], che sarebbe sempre realizzata in cuoio sia nelle suole che nelle stringhe, sempre annodate («''abbote''») fino al ginocchio con tredici giri<ref name=autogenerato2 /> il vero elemento distintivo del costume ciociaro; si sostiene poi che i materiali di cui è costituita e la conformazione avrebbero resa la ciocia adatta ai paesaggi rurali complessi, i cui abitanti erano dediti stabilmente alla pastorizia e alla [[mezzadria]], occupandosi di entrambe e senza che l'una prevalga sull'altra. L'uso versatile e rustico l'avrebbe così resa inadeguata per affrontare gli inverni dell'Appennino abruzzese o condurre qualsiasi attività legata alle pianure della [[Campania]] e al [[Lazio]] marittimo, le vaste aree soggette a manutenzione idraulica, impantanate e malariche, e per questo colà o non ebbe grande diffusione o, anche dove si era imposta nella tradizione, fu rimpiazzata per la maggior parte delle attività quotidiane da zoccoli, stivali o altre calzature già dalla seconda metà del [[XIX secolo]], sopravvivendo solo in forme più rudimentali.<ref>Santulli M., ''Ciociaria sconosciuta'', Tip. «La Monastica», [[Casamari]] di [[Veroli]] 2002, pp. 183-208.</ref><ref>[http://poesianapoletana.poetionline.com/Salvatore-Tolino-ZAMPUGNARIELLO-MIO.html Poesia in napoletano con riferimento agli 'zampitti', propri degli zampognari.]</ref><ref>Nel Lazio ''zampitto'' è anche sinonimo di «villano»: [http://www.feditgiochistorici.it/carpinetoromano/carpinetoromano.asp Carpineto Romano], [http://www.quionline.it/sport_dettaglio.asp?id=132 Veroli].</ref>
[[File:Le_ciocie.jpg|thumb|upright=0.7|Le [[ciocia|ciocie]] in una esibizione folcloristica.|left]]
 
==== Antroponimi ====
È altresì importante notare la diffusione di cognomi, nel territorio interessato nonché a Roma, riconducibili all'aggettivo ciociàro: ''Cioccari'' sui [[Colli Albani]], ''Ciocari'' nel Sublacense, ''Ciocci'' nell'Anagnino, Cioccio nel Frusinate e a Roma, ''Ciòci'' nella [[valle del Sacco]], ''Sòcci'' nella [[valle di Comino]], ''Macioce'' ad [[Arpino]]. Cognomi più vicini al toponimo sono registrati in un territorio ampio, come ''Ciociaro''/''Ciociari'' o ''Ciocia''/''Cioce'' (Terracina, Napoli e Bari); ''Sciòscia'' ad Avellino, Potenza e Foggia, ''Zampetti'' ad Albano Laziale, Ascoli Piceno, Avellino, Cisterna e Roma<ref>[http://www.paginebianche.it PagineBianche.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
=== Dialetto ===
{{vedi anche|Italiano centrale|dialetto ciociaro}}
[[File:Lazio meridionale dialetti.jpg|thumb|Situazione linguistica del Lazio meridionale: in rosa i [[dialetti italiani mediani|dialetti mediani]] (''[[romanesco]]'', ''[[ciociaro]]'', ''[[dialetto sabino|sabino]]''), in magenta i [[Dialetti italiani meridionali|dialetti meridionali]] (''[[laziale meridionale]]'', ''[[dialetti campani|campano]]'', ''[[dialetti d'Abruzzo|abruzzese occidentale]]'').<ref name=autogenerato1>Pellegrini G., ''Carta dei dialetti d'Italia'', [[Consiglio Nazionale delle Ricerche|CNR]] - Pacini ed., Pisa 1977.</ref>|250px]]
È in uso la connotazione "[[dialetto ciociaro]]" per un gruppo di parlate di derivazione romanza, conosciute storicamente come ''campanino''<ref>[http://books.google.it/books?id=rM0FAAAAQAAJ&pg=PA318&dq=campanino&as_brr=1 Re Z., ''La vita di Cola di Rienzo'', Luigi Bordandini, Forlì 1828, p. 318.]</ref>, più o meno omogenee dal punto di vista lessicale e fonetico in uso nel volgare degli abitanti della [[valle del Sacco]] e dei [[monti Lepini]], appartenenti al gruppo dei [[italiano centrale|dialetti italiani centrali]], e caratterizzate da sporadici aspetti di transizione verso i [[Dialetti italiani meridionali|dialetti meridionali]]. A volte identificato anche come ''ciociaresco''<ref name="Giammarco E. 1979">Giammarco E., ''Profilo dei dialetti italiani'', [[Consiglio Nazionale delle Ricerche|CNR]] - Pacini ed., Pisa 1979.</ref>, il sistema fonetico in cui sono raggruppate si differenzia nelle parlate a sud di Roma, ed ha per centro la porzione occidentale della [[provincia di Frosinone]] e l'area collinare e montana della [[provincia di Latina]], nonché nel complesso interscambio linguistico fra i [[dialetti campani]] e [[italiano centrale|centrali]] rintracciabile in molte città erniche ([[Alatri]], [[Frosinone]], [[Sora]], [[Veroli]]), e pontine ([[Terracina]], [[Monte San Biagio (Italia)|Monte San Biagio]]), con diversi problemi di classificazione generale, che interessano anche alcuni dialetti meridionali, conosciuti come ''sud-ciociaro''<ref>
 
Il ''sud-ciociaro'', più comunemente ''laziale meridionale'' (Pellegrini), è anche noto come ''sorano-arpinate'' e nell'area cominese e arpinate si avvicina molto per la metafonesi di ''a'' tonico, ai dialetti abruzzesi. Romano N., ''L'area di interscambio fra i dialetti centrali e quelli meridionali in Ciociaria'', in «La media valle del Liri Dall'antichità ad oggi. Bollettino dell'Istituto di storia e arte del Lazio meridionale 9», 1976-1977, pp. 191-202.</ref> ([[Sora]], [[Arpino]], [[Valle di Comino]], [[Roccasecca]]). Il dominio linguistico comune è piuttosto discontinuo e alterato non solo nell'area meridionale, ma anche a ridosso dei [[Colli Albani]], nel circondario di [[Velletri]], dove storicamente prevalgono esiti metafonetici napoletani e sistema verbale [[dialetti italiani mediani|italiano mediano]], e a nord di [[Anagni]], in cui le parlate conservano il vocalismo arcaico [[dialetto sabino|sabino]], tanto da formare un gruppo autonomo nella valle dell'Aniene con lo Spoletino e il Sabino. Un confine meridionale intuitivo è delineato dalla fascia [[Veroli]]-[[Priverno]]-[[Monte San Biagio (Italia)|Monte San Biagio]], mentre a nord dalla linea immaginaria [[Vallepietra]]-[[Valmontone]]-[[Colleferro]]-[[Velletri]].
 
Ad ovest lo spartiacque dei [[monti Ernici|monti Ernico]]-[[monti Simbruini|Simbruini]] separa chiaramente le parlate ciociare da quelle abruzzesi della [[Valle Roveto]], mentre ad est i paesi del Preappennino laziale ([[Cori]]-[[Sezze]]-[[Sonnino]]) caratterizzano una propaggine linguistica saldamente inserita nel confuso ''patois'' pontino. Le caratteristiche tipiche dei [[dialetti italiani meridionali|dialetti meridionali]], come la sonorizzazione della sorda dopo N (montone > mondone), fenomeno estraneo al [[dialetto romanesco|romanesco]], e la posposizione del pronome personale possessivo (''mio'' padre > patre''mo''), nel ciociaro si sovrappongono ad altre tipicamente centrali, come la quasi totale assenza dello [[schwa]]<ref>La finale muta è tuttavia registrata attualmente nel dialetto di [[Amaseno]], [[Frosinone]], [[Villa Santo Stefano]], [[Monte San Giovanni Campano]] ed [[Alatri]], mentre torna la regola mediana con l'atona finale in -o e -u a [[Ceccano]] e [[Veroli]].</ref> e della riduzione dei nessi consonantici [[lingua latina|latini]] PL - CL in ''kj'' e FL in ''sc/c'', per cui tutto il territorio interessato è comunemente incluso nell'area delle parlate [[italiano centrale|italiane centrali]]<ref name=autogenerato1 /><ref name="Giammarco E. 1979"/><ref>''Guida d'Italia'', vol. ''Il Lazio'', [[Touring Club Italiano]], Milano 1964, pp. 63-65.</ref>.
[[File:Ciociarella (Belisario Gioia).jpg|thumb|[[Belisario Gioia]], ''Ciociarella'', [[XIX secolo]]|200px|left]]
 
== Arte ==
{{Vedi anche|Ciociaria nell'arte}}
Con l'affermarsi del [[romanticismo]], delle correnti artistiche [[neoclassicismo|neoclassiche]] e degli studi archeologici nei paesi nordici, molte zone del [[Lazio]] odierno destarono l'interesse di artisti e incisori per l'abbondante presenza di antiche rovine monumentali, che proseguirono una tendenza iniziata già dalla seconda metà del [[XVIII secolo|XVIII sec.]], quando intellettuali e granturisti iniziarono a frequentare Roma e il circondario e a diffondere in tutta Europa l'interesse per i quadri pastorali italiani. Animati dalla crescente domanda di souvenir e cartoline artistiche, molti italiani presero a raffigurare i principali reperti archeologici dei [[Stato Pontificio|territori pontifici]] con scopi per lo più documentativi, in cui spesso il culto romantico per il patrimonio classico si colorava in fantastiche rappresentazioni bucoliche e pastorali, sostenute da interpretazioni mitiche su civiltà perdute o da armonie e idilli di maniera<ref>Muller C., ''Roms Campagna'', Brockhaus, Lipsia 1824.</ref><ref>Sickler F. K. L., ''Plan topographique de la Campagne de Rome'', Monaldini M., Roma 1821.</ref><ref>Un esempio di fantastiche ricostruzioni storiche del Lazio è il mito delle «città saturnie». In tal senso Candidi Dionigi M., ''Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal Re Saturno'', Perego Salvioni, Roma 1809.</ref>. In questo stesso background artistico una reazione positiva al formalismo dei disegni degli archeologi e alle ricostruzioni fantastiche dei «granturisti», fu coltivata nella debole produzione iconografica di alcuni incisori ed illustratori che, nel raffigurare soggetti popolari laziali, gettarono le basi di un [[tòpos]] conosciuto volgarmente come ''la ciociara'', oscillante fra la documentazione folclorica e la ricerca artistica di nuovi caratteri iconici femminili. Dagli archivi tematici risulta oggi che [[Bartolomeo Pinelli]], agli inizi del [[XIX secolo]], fu il primo a denominare i personaggi e i costumi dei suoi lavori «''ciociari''», in acqueforti di ottima qualità descrittiva ma senza pretese artistiche. Lo stesso soggetto venne rappresentato più volte poi anche in tele o acquerelli, di autori minori, quali i quadri [[pittoresco|pittoreschi]] di [[Nicola Palizzi]] ([[Scuola di Posillipo]]), le contadine di [[Joanny Chatigny]] o gli oli di [[Jan Baptist Lodewyck Maes]], in cui il realismo ed il sentimentalismo<ref>[[Friedrich Schiller|Schiller F.]], ''[[Sulla poesia ingenua e sentimentale]]'', 1795.</ref> delle opere romantiche fu abbandonato per rappresentare allegorie semplici e simboli primitivi, nuovi nella tradizione figurativa italiana, come la conca e la cannata, quali segni di operosità e femminilità, o il corallo, ripresi poi anche nelle opere di grandi artisti (Hayez, Depero)<ref>Tra il 2006 e il 2007 si è tenuta in provincia di Frosinone una mostra intitolata ''Ciociaria Sconosciuta'' riportata poi nel volume ''Ciociaria sconosciuta - Costume - Pittura del 1800 - Notizie storiche - Civiltà'' di Michele Santulli. Il Santulli riprendendo le tematiche della mostra pubblica uno studio su tempere e bozzetti storici del [[Regno di Napoli]] e dello [[Stato Pontificio]] che raffigurano dei personaggi denominati ''ciociari''.</ref>. Fra le opere più significative:
 
* [[Enrico Bartolomei]]: l'opera poco conosciuta del perugino Enrico Bartolomei è per lo più tematizzata sullo studio del costume ''ciociaro''. La donna il cui vestito ricorda quello delle popolazioni dei [[Lazio meridionale]], ha in mano un secchio colmo d'uva, senza nessuno dei simboli iconografici di altre opere dallo stesso soggetto.
* [[Francesco Hayez]]: nell'opera di [[Francesco Hayez]] intitolata ''La ciociara'' (1842), diversamente dalle incisioni e dalle rappresentazioni folcloriche del primo ottocento, la donna è rappresentata in solitudine; l'unico simbolo nel quadro è la collana di corallo che si piega secondo le forme del seno. La donna è sulla cima di un monte, seduta su una roccia, con alle spalle un paesaggio collinare. All'orizzonte una vasta pianura brulla e desolata che finisce verso il mare ricorda l'[[Agro pontino]].
[[File:La Ciociara.jpg|thumb|''La ciociara'' di [[Vicente March]].|right]]
* [[Vito D'Ancona]]: il dipinto (1865) raffigura una donna in costume tradizionale ciociaro.<ref>[http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/aMuseiL20_Sch_oa/t?Ric.x=autore;Aut.x=D'Ancona%20Vito;AUTN=D'Ancona%20Vito# La ciociara del D'Ancona.]</ref>
* [[Filippo Balbi]]: costui rappresenta ''La ciociara'' (1880) nell'atto di disvelare un paniere ricolmo di uova bianche, vestita di bianco e rosso e con una collana di corallo, simboli propri della tradizione iconografica cattolica<ref>[http://www.ariadicasanostra.it/icostumi.htm "La ciociara" di Filippo Balbi]</ref>.
* [[Cesare Tallone]]: l'opera, il cui titolo originale è ''Ritratto della sorella del pittore Giuseppina Tallone in Scribante in costume di Ciociara'' (1885-1887), documenta un costume ciociaro; la donna ha in mano un tamburello<ref>[http://www.archiviotallone.com/chilhatrovato/ciociarapart.jpg La ciociara di Tallone]</ref>.
* [[Fortunato Depero]]: il Depero rinnova il soggetto de ''la ciociara'' (1919) adattandolo alla poetica del futurismo: la donna è al centro della stanza, vestita con un grembiule ricamato con trama floreale. Dalla stanza si aprono due finestre che mostrano un'altra donna con in testa un otre che ricorda una [[Conca abruzzese|conca]] e lo scorcio di una chiesa che ricorda le acropoli di molti paesi della [[provincia di Frosinone]]<ref>[http://www.depero.it/gall-ita30.html La Ciociara di Depero]</ref>.
* [[Vicente March]]: il soggetto è una giovane donna che tiene in mano un otre, il cui vestito ricorda molto quello de ''la ciociara'' di Hayez, privato però della luminosità e della sontuosità del panneggio, in una poetica vagamente realista e impressionista.
[[File:Terra di Lavoro nel '700-particolare mod.jpg|thumb|Confine storico della [[Terra di Lavoro]].|200px|left]]
 
== Letteratura e luoghi comuni ==
{{Vedi anche|Ciociaria nella letteratura}}
Fatta eccezione per alcuni fascisti e pochi altri, la maggior parte degli studiosi ritiene che il toponimo Ciociaria fosse originariamente diffuso solo della cultura popolare romanesca e fra gli intellettuali che ne divulgavano le tradizioni, risultando dunque insignificante al di fuori dei confini dello [[Stato Pontificio]]: il toponimo non compare in nessun documento del [[regno di Napoli]] o delle [[Due Sicilie]] per indicare la valle del Liri o il territorio di [[Fondi]], né si fa uso dell'aggettivo ''ciociaro'' per designare una popolazione o una cultura nello Stato napoletano. Dal [[secondo dopoguerra]], però, i topos letterari realisti e neorealisti<ref>Del 1957 è ''La Ciociara'' di [[Alberto Moravia]], mentre del 1960 l'omonimo film di [[Vittorio De Sica|De Sica]].</ref>, la ricerca di una identità politica [[Democrazia Cristiana|democristiana]] comune nel Lazio meridionale<ref>La prima opera in cui l'intera provincia di Frosinone è definita «Ciociarìa» è indivinduata convenzionalmente in un libro a cura dell'Amministrazione provinciale di Frosinone, edito in occasione del trentennale dell'istituzione della provincia del 1957. I primi però a connotare come ''Ciociaria'' i confini del 1927 furono invece i fascisti: essi adottano per la prima volta espressioni come ''centri della Ciociaria'' per i comuni della provincia e ''fascismo ciociaro'' per la loro iniziativa politica. Cfr. ''Squadrismo. 20 ottobre XVIII. Ventennale del Fascio di Frosinone'', Federazione ciociara del P.N.F.</ref> e in parte la soppressione della [[provincia ecclesiastica]] di [[Capua]] con l'annessione delle diocesi di [[Montecassino]], [[Aquino]] e [[Atina]] alla [[Santa Sede|provincia ecclesiastica romana]], sono stati i fattori culturali che hanno favorito, nell'opinione comune, la diffusione di quel punto di vista secondo cui il territorio ciociaro a sud raggiunge il Garigliano (includendo secondo alcuni persino la costa laziale)<ref>Il fondano [[Libero de Libero]] nella poesia ''Ascolta la Ciociaria'' menziona fra i luoghi ciociari anche il [[Circeo]].</ref><ref>Isa Grassano, ne «I Viaggi di Repubblica» (anno X, 24 maggio 2007), dedica un articolo intitolato ''La Ciociaria tra passato e presente'' alle città di [[Fondi]], [[Itri]], [[Campodimele]], [[Monte San Biagio (Italia)|Monte San Biagio]] e [[Sperlonga]], i luoghi d'ambientazione de ''La Ciociara'' di Moravia, considerando agevolmente i paesi descritti come ''Ciociaria''.</ref>.
==== L'Unità d'Italia ====
{{Vedi anche|Campagna romana|Campagna di Roma|Agro Romano}}
Quando i territori dell'ex Stato Pontificio furono soggetti alle riforme politiche ed amministrative del governo italiano, le divisioni amministrative preunitarie vennero soppresse e il territorio fra [[Viterbo]] e [[Frosinone]] fu riunito sotto un'unica provincia, detta ''provincia di Roma'' o ''provincia del Lazio'' e per la prima volta col «''Latium''» dei classici si indicarono contemporaneamente i territori a nord e a sud del Tevere, e scomparvero dalle pagine degli storici e geografi e dalle denominazioni ufficiali i nomi delle antiche regioni storiche (Patrimonio di San Pietro, [[Sabina]], [[Campagna di Roma]], [[Marittima]], [[Comarca di Roma|Comarca]]). La nuova situazione amministrativa nazionale non corrispondeva più ai precedenti assetti provinciali e la propaganda politica finì con l'appropriarsi abusivamente di espressioni geografiche per sostenere le riforme politiche in atto. Scomparve lentamente e perse il suo significato territoriale l'aggettivo «''campanino''»; il termine ''sabino'' assunse un significato più estensivo e classicheggiante, l'ampia catena oggi conosciuta come [[monti Ernici|monti Ernico]]-[[monti Simbruini|Simbruini]] era denominata genericamente ''monti Sabini''<ref>«Carta d'Italia», Utet, Torino 1900. Nella stessa mappa i ''Monti Aurunci'' e i ''Monti Ausoni'' con tutto il [[Appennini#Antiappennino laziale|Preappennino Laziale]] sono detti ''Monti Lepini''.</ref> e si coniavano nuovi termini come ''Agro romano'' per indicare le terre bonificate dei latifondi attorno a [[Roma]], e ''campagna romana'', la regione che secondo [[Giuseppe Tomassetti]] si estendeva dal [[Monte Cavo]] e [[Torre Astura]] a [[Tivoli]] e [[Bracciano]]<ref>[[Giuseppe Tomassetti|Tomassetti G.]], ''Della campagna romana nel medioevo'', Reale Società Romana di Storia Patria, Tip. Forzani e C., Roma 1892, p. 6.</ref>, in realtà più vicina all'immaginario degli artisti che rappresentarono i paesaggi laziali in quadri e ai racconti dei viaggiatori stranieri che ad una vera e propria realtà storico-geografica. Così pure nel 1862 ''Agnone'' diventava «[[Villa Latina]]»<ref>[http://www.laciociaria.it/comuni/villa_latina.htm Storia di Villa Latina]</ref>. Nella confusione terminologica e filologica che ne seguì, il termine ''ciociaro'' sopravviveva, senza significati etnici o geografici, solo in ambito artistico-letterario: si ritrova sporadicamente in poesie di [[Giosuè Carducci]]<ref>Carducci G., ''Dinanzi alle terme di Caracalla'', in «Odi Barbare» del 1889.</ref> e [[Pascoli]]<ref>Si ricordi «''Fanciulle ciociare erano assise/presso l'ignota fonte di Iuturna''» in Pascoli G., ''Garibaldi fanciullo a Roma'', IV, 5-6.</ref> e in una novella di [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]] per indicare gli zampognari di [[Atina]]<ref>D'Annunzio G., ''Novelle della Pescara. La Vergine Orsola'', 1902.</ref>.
[[File:Schirmer, Heranziehendes Gewitter.jpg|upright=2|thumb|Johann Wilhelm Schirmer, ''La fine del temporale nella Campagna romana'', 1858.]]
{{Citazione|Ed un ciociaro, nel mantello avvolto,<br />
grave fischiando tra la folta barba,<br />
passa e non guarda. Febbre, io qui t'invoco,<br />
nume presente.|Carducci G., ''Dinnanzi alle terme di Caracalla'', in «Odi Barbare» del 1889}}
Lo stesso processo di ridefinizione delle espressioni geografiche e territoriali continuò anche nel primo Novecento: nel 1891 «''Pònza''» veniva rinominata «[[Arcinazzo Romano]]» mentre nel [[1911]] «''Anticoli di Campagna''» diventava «[[Fiuggi]]» (qualche anno prima furono realizzati gli stabilimenti termali e la ferrovia [[Roma]]-[[Fiuggi]]), e l'ultima traccia nella toponomastica ufficiale della regione di [[Campagna e Marittima]] fu cancellata dalle carte geografiche<ref>[http://www.comune.fiuggi.fr.it/ Storia di Fiuggi]</ref><ref>[http://www.arcinazzo.org/storia.asp Storia di Arcinazzo Romano]</ref><ref>Un processo simile avvenne in altri territori delle [[Due Sicilie]] dove i nomi di ''Campania'', ''Irpinia'', ''Sannio'', ''Puglie'' e ''Calabria'' furono sostituiti ad antichi termini quali ''Principato di Salerno'', ''Terra di Lavoro'', ''Terra di Bari'', ''Terra d'Otranto'' o ''Capitanata''.</ref>.
 
==== Giovanni Targioni Tozzetti ====
{{Vedi anche|Demologia}}
Le tendenze letterarie e storiografiche postunitarie fiorirono anche tra gli intellettuali che si diedicarono allo studio delle identità regionali della nuova nazione. In molti non cervavano più materiale nei documenti storici, o comunque ritenevano limitata la prospettiva idealistica per lo studio delle scienze umane, e adottavano primitivi metodi comparativi e statistici entro l'insieme delle tradizioni popolari di tutta la penisola per meglio definire le tradizioni italiane: nacque la «[[demologia]]». Il librettista [[Giovanni Targioni-Tozzetti (librettista)|Targioni Tozzetti]], seguendo gli studi del [[Giuseppe Pitrè|Pitrè]], pubblicò nel 1891 un'antologia di favole popolari ceccanesi (''Saggio di novelline canti ed usanze popolari della Ciociaria'') in cui registra i riti e la memoria della popolazione di Frosinone e parte del circondario. Nell'opera l'autore non si preoccupò però di stabilire il contesto geografico, obbedendo a regole antistoriciste e antiromantiche, tanto che il Frusinate appare come un'estrema periferia meridionale del Lazio e perciò le novelle raccolte sono sistemate in un paragrafo intitolato genericamente ''novelline popolari romane''.<ref>Targioni Tozzetti G., ''Saggio di novelline canti ed usanze popolari della Ciociaria'', Tipografia del Giornale di Sicilia, Palermo 1891, p. 83 e ss.</ref>
[[File:Cesare Pascarella.JPG|left|thumb|Cesare Pascarella]]
 
==== Cesare Pascarella ====
{{Vedi anche|Verismo|Cesare Pascarella|Benedetto Croce}}
La scuola demologica italiana non fu molto attiva nell'area laziale, se si esclude l'esperienza del Targioni Tozzetti, ma diede un discreto contributo in ambito letterario, perché ispirò molti scrittori di fine [[XIX secolo|'800]] che fecero propria la reazione all'[[idealismo]] e al romanticismo, gettando le basi culturali su cui si sviluppò il [[verismo]]. Nel [[Lazio]] [[Cesare Pascarella]] fu sensibile alle tematiche del nuovo pensiero, vagamente riscontrabili anche nel suo ''Viaggio in Ciociaria''. Un tour del poeta romano da [[Ceccano]] ad [[Atina]] attraverso la [[valle del Liri]] è raccontato come un confronto grottesco fra l'autore e la popolazione locale, fra cui figurano personaggi dagli strani costumi, confuse forme di devozione, tra superstizione e blasfemia, spesso con evocazioni manieristiche di personaggi arcadici<ref>Croce B., ''Cesare Pascarella'', in Idem, ''La letteratura della nuova Italia. Saggi critici'', vol. II, Laterza, Bari 1968 (VII ed.), pp. 309-322.</ref>, recuperati poi nella letteratura antifascista del dopoguerra di [[Pier Paolo Pasolini|Pasolini]].<ref>Pasolini P., ''La Terra di Lavoro'', in ''Le Ceneri di Gramsci''.</ref>
{{Citazione|Un ciociaretto, curvo fra le foglie larghe delle piante, come un satiretto, beveva avidamente raccogliendo nel cavo delle mani l'acqua cristallina che ricadeva sull'erba verde e molle di rugiada come una pioggia di perle|Pascarella C., ''Viaggio in Ciociaria'', IV, p. 1}}
 
==== La "grande Ciociaria" e la provincia di Frosinone ====
{{Vedi anche|Fascismo|latifondismo|corporativismo|squadrismo}}
Passati i movimenti culturali postunitari che coinvolsero marginalmente il Lazio, tornarono ad interessarsi della definizione di locali identità i politici ed intellettuali di provincia, per delimitare nuovi territori e nuovi movimenti popolari (''Ciociaria'', ''Castelli Romani'', ''Agro Pontino'' come ''Sabina'' e ''Tuscia''), solo dopo la [[prima guerra mondiale]], quando dopo i fermenti del [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]], anche nei [[circondario di Frosinone|circondari di Frosinone]] e [[Circondario di Sora|di Sora]], come nel resto della regione, iniziarono ad organizzarsi i gruppi militanti fascisti. Le tappe che segnarono la storia del Lazio meridionale sono chiare e ad esse corrispose la propaganda culturale delle nuove classi sociali che acquisirono il potere. Alle elezioni comunali del 1920 il partito socialista conquistò 14 comuni del Frusinate ed 11 del Sorano mentre nelle provinciali il [[Partito Socialista Italiano|PSI]] divenne il partito più influente del [[Circondario di Sora]], conquistando i seggi di Alvito, Sora e Pontecorvo<ref>Il socialismo in [[Terra di Lavoro]] si connotò di forti tendenze rivoluzionarie; i principali leader presero come modello politico e sociale i [[soviet]], la [[rivoluzione d'ottobre]] e il [[leninismo]], unico caso in tutto il [[Meridione d'Italia|Mezzogiorno]]. A Sora, nell'ottobre del 1920, quando fu costituito il nuovo consiglio comunale, fu approvato l'ordine del giorno che prevedeva di adottare la [[bandiera rossa]] come simbolo del comune. Cfr. ''Avanti!'', 8 ottobre 1920, ''Insediamento del Consiglio comunale di Sora''. Cfr anche A.S.F., S.S., 1920, b552. Telegramma Prefettura di Caserta del 2 dicembre 1920.</ref>. La reazione alla crescente partecipazione popolare alle scelte democratiche non era stata ancora coordinata e in tutto il basso Lazio sorsero spontaneamente gruppi di cittadini, a servizio di [[latifondismo|latifondisti]] locali e vescovi, impegnati in violente azioni repressive contro i contadini e gli operai della valle del Liri. Il controllo delle politiche antirivoluzionarie e delle [[squadrismo|azioni repressive]] nelle città tra Roma e Napoli invece era conteso fra gli esponenti dei [[Fasci Italiani di Combattimento]] e del [[Associazione Nazionalista Italiana|Partito Nazionalista]]; quando però i due movimenti confluirono nel [[P.N.F.]], le rivalità che erano sorte fra i fascisti laziali furono superate, e in Ciociaria anche nel progetto comune di istituire una nuova provincia fra [[Alatri]], [[Sora]], [[Cassino]], [[Veroli]], [[Ferentino]] o [[Frosinone]], nel processo di riforma amministrativa e politica noto come «ruralizzazione» e infine nella propaganda e nel sostegno dei modelli sociali [[corporativismo|corporativisti]]<ref>Federico M., ''Il biennio rosso in Ciociaria, 1919-1920. Il movimento operaio e contadino dei circondari di Frosinone e Sora tra dopoguerra e fascismo'', E.D.A., Frosinone 1985.</ref><ref>Baris T., ''Il fascismo in provincia. Politica e realtà a Frosinone (1919-1940), Laterza, Roma-Bari 2007.</ref><ref>[http://www.ilsocialista.com/interno.php?link=storie_interno&id_storie=64&indice= Il bienno rosso nel circondario di Frosinone]</ref><ref>[http://www.ilsocialista.com/interno.php?link=storie_interno&id_storie=19&indice= Inizi del socialismo a Frosinone]</ref>. Le nuove alleanze politiche si costituirono però in maniera disomogenea nell'area casertana, di cui era parte il circondario di Sora, e i partiti della valle del Liri, vicini alla causa nazionalista, finorono con l'isolare i fascisti casertani, i quali, diversamente dai frusinati, sorsero ispirati da posizioni sidacaliste e vicine alle posizioni della [[sinistra (politica)|sinistra]] e a quest'ideologia rimasero ancorati fino alla soppressione della provincia di Caserta.<ref>Federico M., ''op. cit.'', p. 164.</ref> Nel 1920 fu anche ricostruito il centro storico di Sora, in parte distrutto dal [[terremoto di Avezzano]] nel 1915: la progettazione dei principali edifici religiosi fu affidata all'ingegner Paolo Cassinis, membro dell'[[Associazione Scouts Cattolici Italiani|ASCI]], e per ciascuna chiesa fu adottato un manierismo medievalista vicino ai modelli architettonici di [[Roma]] e circondario, raccogliendo elementi gotico-cistercensi, bizantini e romanici. Con la nomina a podestà di Annibale Petricca poi fu approvata la ripianificazione urbanistica del ''Corso Volsci''; i palazzi furono riedificati ex novo in stile [[eclettismo|eclettico]] neo-classicista, unico caso nel [[Basso Lazio]] insieme a ''Via Vitruvio'' di [[Formia]], e fu così cancellato ogni tratto di ''napoletanità'' presente nella città, fino ad allora con [[Castel di Sangro]] ed [[Avezzano]] il centro più settentrionale di diffusione del [[neoclassico]] e del [[barocco napoletano]]<ref>Magnone G., ''Annibale Petricca'', in ''Vita Sorana'', anno X n. 11-12, p. 5-10.</ref><ref>Un fenomeno simile avvenne nella [[Valle Roveto]] dove la ricostruzione degli edifici pubblici e religiosi fu ispirata dal romanico abruzzese della Val Pescara e del Teramano, e dall'eclettismo neoclassicista; dal 1915 furono cancellati i legami artistici ed architettonici dell'Abruzzo occidentale con la [[Terra di Lavoro]] e la Valle del Liri.</ref><ref>Per le analogie fra l'architettura antica di Sora ed il barocco napoletano vedi «[http://www.soraweb.it/include/altreinfo-foto-query.asp?tit=tempi Sora d'altri tempi]» in [http://www.soraweb.it/ Soraweb.it].</ref><ref>Senese V., ''1907-1997. 90º anno del Sora Calcio'', Printhouse S.r.l., Castelliri 1997, pp. 75-105.</ref><ref>[http://nightfreeqnc.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=373260 Foto storiche di Avezzano]</ref>.
[[File:Frosinone Palazzo Amministrazione Provinciale 1927.jpg|thumb|Frosinone, il [[Frosinone#Palazzo della Provincia|Palazzo della Provincia]].|right]]
Negli stessi anni, col dissolversi delle leghe operaie e arginato il partito socialista, a cui fu sottratta con una serie di commissariamenti, già dal 1923, l'amministrazione dei principali comuni del Frusinate e del Sorano<ref>Nel 1921 ad Isola del Liri fu costituita l'unica sezione campana degli [[Arditi del Popolo]], soppressa poi per ordine della procura di Caserta (Federico M., ''op. cit.'', p. 180).</ref>, alcuni politici attivi nel territorio [[Monti Ernici|ernico]] sostennero la proposta di istituire la [[provincia di Frosinone]]. Costoro si organizzarono e raccolsero le proprie idee e la propria propaganda attorno al sindaco di Frosinone ''[[Pietro Gizzi]]'', finanziati anche dalle élite industriali ed agrarie locali. Così nel [[1924]], per divulgare il progetto di costituire la provincia di Frosinone, il Gizzi, seguendo l'esempio delle varie iniziative culturali che sorgevano in altre città laziali (a [[Viterbo]] «''La nuova Provincia''» ed a [[Rieti]] «''Latina Gens''» e «''Terra Sabina''»)<ref>AA.VV., ''Atlante storico-politico del Lazio'', p.132</ref> per l'istituzione di nuove entità amministrative, si fece promotore della rivista «La Ciociaria», affidandone la direzione a [[Guglielmo Quadrotta]]. Alla rivista collaboravano pubblicisti e storici del frusinate, alcuni dei quali dichiaratamente fascisti<ref>Musci L., ''Il Lazio contemporaneo: regione definita: regione indefinibile'', in «Atlante storico-politico del Lazio», Laterza, Roma-Bari 1986.</ref>. Precedentemente un altro giornale di propaganda, aveva pubblicato studi indirizzati alla ricerca o costruzione di un'«identità ciociara», il settimanale «Ciociaria Nuova», del giornalista Carlo Mancia (vicino alla subfederazione del PNF di Frosinone): ivi si proponeva l'annessione del [[circondario di Sora]] e parte dell'attuale [[provincia di Caserta|Casertano]] a quello di Frosinone, per ricostruire l'antico ''[[Latium adjectum]]''<ref>Mancia C., ''Ciò che la Ciociaria ha dato. Ciò che la Ciociaria chiede'', in «Ciociaria Nuova» del 20 aprile 1924.</ref>; gli studiosi che scrivevano su «Ciociaria Nuova» passarono poi a pubblicare su «La Ciociaria» del Quadrotta e, probabilmente condividendo i disegni politici di chi prevedeva la soppressione della [[provincia di Terra di Lavoro (1860-1927)|provincia di Terra di Lavoro]], arrivarono nei loro articoli anche a proporre una vera e propria «nuova regione» che, secondo il Gizzi<ref>Gizzi P., ''Problemi del Lazio meridionale'', in «Rassegna del Lazio e dell'Umbria», III, 1925.</ref><ref>[http://cgi.ebay.it/LATINA-GENS-Rassegna-del-Lazio-Dell'Umbria---Sabina_W0QQitemZ150212069692QQcmdZViewItem#ebayphotohosting Una pagina di «Rassegna del Lazio e dell'Umbria»]</ref>, avrebbe dovuto comprendere l'intera [[Liri|Valle del Liri]] da [[Tagliacozzo]] a [[Sessa Aurunca]], le [[agro pontino|paludi pontine]] da [[Anzio]] a [[Terracina]], nonché parte dell'attuale [[Molise]] con [[Venafro]], ed essere chiamata ''Ciociaria''<ref>Jadecola C., ''Nascita di una provincia'', Le Torri ed., [[Roccasecca]] 2003.</ref><ref>Carta topografica della Ciociaria, in «La Ciociaria», 1924, n° 4-5.</ref><ref>Risulta evidente come il progetto di riforma amministrativa avrebbe ulteriormente penalizzato la società di [[Caserta]] e la sua antica [[provincia di Caserta|provincia]], dopo l'esclusione dai progetti politici lirinati dei fascisti campani. Oltre metà del territorio della Terra di Lavoro sarebbe stato tolto alle amministrazioni casertane, una trasformazione territoriale che aggravò i problemi politici della [[Terra di Lavoro]], dove già il dissesto politico si era manifestato in lotte e faide fra i [[Associazione Nazionalista Italiana|nazionalisti]], capeggiati da Paolo Greco e sostenuti dagli agrari, e le locali ''[[camicie nere]]'', che si sopirono solo l'espulsione dal partito del ras campano [[Aurelio Padovani]] ed ebbero apparentemente fine solo nel 1927, con la soppressione della provincia di Caserta. Cfr. Candeloro G., ''Il fascismo e le sue guerre'', in ''Storia dell'Italia moderna'', Feltrinelli 1956, pp. 26-28.</ref>.
{{Citazione|(Del confine della Ciociaria) ...figura di un rettangolo limitato 1) a nord-ovest, da Velletri, Palestrina, Subiaco; 2) a nord-est, da Subiaco, Tagliacozzo, Civita d'Antino, Sora, Atina, Sant'Elia sul fiume Rapido o Gari, che, affluendo nel Liri, dà origine al Garigliano; 3) a sud-est da Sant'Elia sul fiume Rapido o Gari, Monte Massico, Sessa Aurunca; 4) a sud-ovest dal Mar Tirreno|Cipolla C., ''Il territorio della Ciociaria'', in «La Ciociaria», I, 1924.}}
[[File:Grande Ciociaria.jpg|upright=2.3|thumb|La ''Ciociaria'' secondo il Cipolla: sono evidenziati i quattro circondari storici interessati ([[Frosinone]], [[Gaeta]], [[Sora]], [[Velletri]]).|center]]
La propaganda politica fascista fu tanto radicata che continuò anche con l'estinguersi delle lotte operaie. Le riforme ambite dagli esponenti della rivista «La Ciociaria», divenuta poi «Rassegna del Lazio e dell'Umbria», non furono mai realizzate completamente, ma ciò non impedì ai nuovi organi di potere di codificare entro i programmi di revisione degli anni precedenti il patrimonio artistico e letterario del basso Lazio, indirizzando nello stesso senso anche il locale sistema editoriale e promozionale: nel [[1927]], su pressione dei sindaci ernici, [[Benito Mussolini|Mussolini]] promulgò la nascita della provincia di Frosinone, inverando in parte le proposte del movimento culturale frusinate, e così negli ambienti fascisti ''Ciociaria'' divenne sinonimo di provincia di Frosinone<ref>Nella federazione del P.N.F. di Frosinone Alberto Ghislanzoni parla di ''fascismo ciociaro'' e di ''Ciociaria'' per indicare il movimento politico rivoluzionario di destra nella provincia di Frosinone. ''Squadrismo. 20 ottobre XVIII. Ventennale del Fascio di Frosinone'', Federazione ciociara del P.N.F.</ref>. A partire dagli [[anni 1960|anni sessanta]] poi si consolidò anche nella pubblicistica e nell'editoria locale e nazionale il significato di Ciociaria adottato nel ventennio<ref>Alonzi L., ''Il concetto di Ciociaria dalla costituzione della provincia di Frosinone a oggi'', atti inediti cit. in Arnone Sipari L., ''op.cit.'', pp. 33-36.</ref>, ciò anche se già attorno al 1930 l'[[Roberto Almagià|Almagià]] sfatava il nascente concetto geografico, che nella ''Enciclopedia Italiana'' considerò come l'espressione di una «regione indefinita» e «priva di una propria individualità»<ref>Anche lo studio dell'Almagià è influenzato dai cambiamenti politici che avvenivano all'epoca. Nel territorio ciociaro egli include l'intero [[circondario di Frosinone]] appena soppresso «fino al [[Monte Scalambra]] e al [[displuvio]] con l'[[Aniene]] (anzi taluni vi includono anche l'alta valle dell'Aniene)», i Monti Ernico-Simbruini e parte del [[circondario di Sora]] «fino al solco del Rapido-Gari», forse seguendo gli studi di Adele Bianchi. Escluse dalla sua Ciociaria restano i comuni dei [[Monti Lepini|Lepini]] che guardano verso il mare, come se si fosse voluto adeguare i confini ciociari alle nuove realtà amministrative del [[Lazio meridionale]]. Due precisazioni aprono e chiudono la descrizione del territorio ciociaro: «la regione non ha limiti precisi» e «Ma la regione non ha unità fisica, anzi non ha neppure una propria individualità». Almagià R., ''op. cit.'', p. 384.</ref>, mentre le opinioni più retoriche dei fascisti frusinati furono presto dimenticate. Il Quadrotta, nel 1968, propose di nuovo di identificare i confini ciociari con quelli dell'antico ''[[Latium Novum]]'', annettendovi questa volta pure i [[Castelli Romani]]<ref>Quadrotta G., ''La Ciociaria nei suoi confini'', in ''Scopriamo la Ciociaria'', Casamari 1968.</ref>. {{Citazione|La Ciociaria costituisce il Lazio meridionale, il Latium Adjectum o Novum dei Romani, che oltre il territorio primitivo dei Latini, comprendeva le terre degli Ernici, dei Volsci, degli Ausoni, allargandosi ad est e a sud sino ai confini della Marsica, del Sannio, della Campania|Quadrotta G., ''La Ciociaria nei suoi confini'', in ''Scopriamo la Ciociaria'', Casamari 1968}}
Attualmente è ancora molto diffusa l'equazione Ciociaria = provincia di Frosinone, largamente condivisa nella popolazione laziale senza le originarie implicazioni politiche, nonché in alcune locali associazioni culturali e promozioni commerciali, nelle pubblicazioni dell'Ente Provinciale per il Turismo di Frosinone<ref>''Ciociaria. Terra di emozioni - Land of emotions'', Editrice Frusinate, Frosinone 2006.</ref> e ampiamente anche nella stampa nazionale. Nel [[Cassino|Cassinate]] e nel [[Sora]]no, insieme alle proposte per l'istituzione della provincia del [[Basso Lazio|Lazio meridionale]], sta nascendo un movimento culturale che contrasta l'idea corrente di «Ciociaria» e l'unità etnica e folclorica della provincia di Frosinone che con essa si vuole esprimere: si cercano nelle tradizioni e nella storia della [[Terra di Lavoro]] fonti geografiche e etnologiche che provino l'esistenza di un'identità territoriale comune, propria delle popolazioni della Media e Bassa [[Valle del Liri]]-[[Garigliano]].
[[File:La ciociara, screenshot.gif|thumb|upright=1.6|Sofia Loren in un'immagine tratta dal film del 1960 ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]''.]]
 
=== Cinema e spettacolo ===
{{vedi anche|Ciociaria nel cinema}}
La frequentazione da parte di registi e letterati dei territori a sud di Roma, descritta e testimoniata in molte opere e pubblicazioni, ha favorito anche la divulgazione del costume ciociaro e la spettacolarizzazione. Alcuni artisti dicono di aver qui trovato l'ispirazione, per ambientazioni letterarie e set cinematografici, di soggetti e contesti, spesso vaghi, che generalmente esprimevano un indeterminato provincialismo [[Meridione d'Italia|meridionale]]. Le corrispondenze fra queste poetiche e la geografia laziale accomunano un insieme di film, ambientati tra il Tevere e il Garigliano, e i caratteri e la recitazione di alcuni attori. Sia per le tematiche trattate che per diverse collaborazioni tra i registi in questi film si riscontra una poetica comune, che spesso viene messa in relazione ad una indefinita idea di Ciociaria<ref>[http://www.ciociariaincelluloide.org/ Ciociaria in celluloide]</ref>, anche se solo pochi autori e attori di fatto hanno sentito e attestato una «identità ''ciociara''» nelle proprie opere, culturale o territoriale, ancor meno se a questo tema si voglia ricondurre una loro scelta artistica. [[File:Vittorio De Sica.jpg|left|thumb|[[Vittorio De Sica]].]]
Nel [[1960]] De Sica girò ''La Ciociara'', tratto dall'omonimo romanzo di [[Alberto Moravia]]: il successo di pubblico e critica fanno sì che l'opera diventi l'eponimo di una discreta produzione [[neorealismo (cinema)|neorealista]], anche di opere che precedettero l'uscita del film, a cui avevano dato il loro notevole contributo artisti che vissero nel [[Lazio meridionale]], come [[Cesare Zavattini]] e [[Giuseppe De Santis]]. Da allora, spesso eludendo le opinioni e le testimonianze di registi e autori o il supporto di un'accurata documentazione, delle vaghe idee come quella di ''ciociari'' e de «''la Ciociarìa''» furono prese per una sorta di [[topos]] neorealista da alcuni critici e scrittori, immagine di un'Italia rurale e primitiva, ancorata ai problemi del padronato e della disoccupazione, lontana pure dalle lotte politiche, dalle rivendicazioni sociali e dagli stereotipi antropologici del [[XX secolo]]; categorie che ancora oggi riscuotono successo. Si considerano ''ciociari'' tutti i film e gli attori nati fra Roma e il Garigliano in diverse pubblicazioni, convegni e manifestazioni culturali contemporanei, dai [[western]] alle [[commedia|commedie]], con ancora una volta delle espressioni abusate, nella pubblicistica locale e nella promozione territoriale, non essendo riscontrato negli ambienti artistici e della letteratura specifica nessun vero luogo comune specifico per queste ambientazioni. [[Vittorio De Sica]], in ''[[Pane, amore e fantasia]]'' del 1953, cita il ''Bosco di Forca d'Acero'', località di [[San Donato Val di Comino]], senza però aver mai fatto alcun riferimento alla ''Ciociaria'', né come sua terra di nascita né come ___location. Parlava nel [[anni 1950|cinquanta]] invece di «realtà della Ciociaria» il De Santis, in proposito del suo film ''[[Non c'è pace tra gli ulivi]]'', che sosteneva: «vera e storica, e cioè trascende i confini della Ciociaria per diventare una caratteristica universale, è l'esistenza dei soprusi e delle violenze da parte di individui che accentrando il potere economico, di esso si servono per continuare a padroneggiare ed arricchirsi sui più deboli».<ref>De Santis G., ''Lettera a Adriano Baracco'', in «''Cinema''» del 15 novembre 1950, n. 50.</ref> Ricordò la Ciociaria anche [[Nino Manfredi]]: egli affermava, introducendo il suo film velatamente autobiografico ''[[Per grazia ricevuta (film)|Per grazia ricevuta]]'', girato in parte a [[Fontana Liri|Fontana Liri Vecchia]] (paese d'origine, tra l'altro, di [[Marcello Mastroianni]]), di esser nato in «un paese della Ciociaria, che si chiama [[Castro dei Volsci]]» e di avervi «covato per anni dei sentimenti che somigliavano alla ribellione e ho sentito il bisogno di esprimerli».<ref>Manfredi N., ''Nudo d'attore'', Mondadori, Milano 1993, p. 9.</ref> Di fatto perciò, un'idea geografica e culturale, o anche artistica, di ''Ciociaria'' è riscontrata solo in pochi film e in rare testimonianze di alcuni artisti, non sempre univoca, ben delineata solo dal punto di vista sociale e antropologico.
I problemi storico-geografici sono stati pure sovrapposti e confusi con quelli artistici e poetici: così da una parte si è diffusa nell'opinione comune una categoria indefinita come quelle di ''cinema ciociaro'', che non è chiaro se debba contenere tutti i film ambientati nel [[Lazio meridionale]] o i film ispirati dalle poetiche neorealiste laziali, dall'altra, nel mondo dello spettacolo, è maturato uno stereotipo spesso visto come un insulto, di persona beota e buffa, «''il ciociàro''», di cui, fra gli altri, [[Martufello]] in molte occasioni è stato valida maschera.<ref>Cfr. la ''querelle'' sullo spot della Tim in cui Sofia Loren veniva definita ''ciociara'', suscitando le reazioni di alcuni politici frusinati che bollarono la ''reclame'' come un insulto.</ref><ref>Vitti A., ''La Ciociaria nel cinema'', in Zangrilli F., Bonaviri G., ''La Ciociaria tra letteratura e cinema'', Metauro ed., Pesaro 2002, pp. 291-305</ref><ref>[http://www.youtube.com/watch?v=te1uh7rULkQ&feature=related Martufello: la maiala di combare zappitto]</ref>
 
== Note ==
<references/>
{{References|2}}
== Bibliografia generale ==
* ''La Ciociaria. Storia. Arte. Costume'', Editalia, Roma 1972
* «''Atlante Storico Garzanti''», A. Garzanti Ed., Milano 1974.
* «''Atlante storico-politico del Lazio»'', Laterza, Roma-Bari 1986.
* ''Ciociaria. Terra di emozioni - Land of emotions'', Editrice Frusinate, Frosinone 2006.
* ''Enciclopedia italiana'', vol. X, Roma 1931.
* ''Guida d'Italia'', vol. ''Il Lazio'', Touring Club Italiano, Milano 1964.
* ''Le collezioni dell'Aerofototeca Nazionale per la conoscenza del territorio: la provincia di Frosinone'', Editrice Frusinate, Frosinone 2006.
* Almagià R., ''Le pitture murali della Galleria delle carte geografiche'', in «''Monumenta Cartographica Vaticana''», Città del Vaticano 1952.
* Almagià R., ''La valle di Comino o cominese'', in «Bollettino della Società geografica italiana», 1911.
* Arnone Sipari L., ''Spirito rotariano e impegno associativo nel Lazio meridionale: i Rotary Club di Frosinone, Cassino e Fiuggi'', 1959-2005, Università degli Studi di Cassino, Cassino 2005.
* Baris T., ''Il fascismo in provincia. Politica e realtà a Frosinone (1919-1940)'', Laterza, Roma-Bari 2007.
* Candidi Dionigi M., ''Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal Re Saturno'', Perego Salvioni, Roma 1809.
* Candeloro G., ''Il fascismo e le sue guerre'', in Storia dell'Italia moderna, Feltrinelli 1956.
* Centra L., ''Castelli di Ciociaria tra storia e leggenda'', Tipografia Nuova Tirrena, 1996.
* Dell'Omo M., ''Montecassino un'abbazia nella storia'', Arti grafiche Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo (MI) 1999.
* Farina F. & Vona I., ''L'organizzazione dei Cistercensi nell'epoca feudale'', Tipografia di Casamari, 1988 Casamari di Veroli (FR).
* Federico M., ''Il biennio rosso in Ciociaria, 1919-1920. Il movimento operaio e contadino dei circondari di Frosinone e Sora tra dopoguerra e fascismo'', E.D.A., Frosinone 1985.
* Ferri M. & Celestino D., ''Il Brigante Chiavone'', Tipografia Pasquarelli, Sora 1984. *Gregorovius F., «''Wanderjahre in Italien''», Brockhaus, Leipzig 1877.
* Libero de Libero, ''Ascolta la Ciociaria (Poesie).''
* Pellegrini G., ''Carta dei dialetti d'Italia'', CNR - Pacini ed., Pisa 1977.
* Rizzello M., ''I culti orientali nella media valle del Liri'', Centro Studi Sorani V. Patriarca, Tipografia Pasquarelli, Sora 1984.
* Santulli M., ''Ciociaria sconosciuta'', Tip. «La Monastica», Casamari di Veroli 2002.
* Taglienti A., ''Monte San Giovanni Campano - Canneto - Strangolagalli alla luce delle pergamene'', Tipografia di Casamari, Veroli 1995.
* Zangrilli F., Bonaviri G., ''La Ciociaria tra letteratura e cinema'', Metauro ed., Pesaro 2002.
 
== Voci correlate ==
{{MultiCol}}
;Tradizioni e letteratura
* [[Ciocia]]
* [[Dialetto ciociaro]]
* [[Ciociaria nel cinema]]
{{ColBreak}}
;Storia
* [[Campagna e Marittima]]
* [[Terra di Lavoro]]
* [[Provincia di Frosinone]]
{{ColBreak}}
;Geografia
* [[Sabina]]
* [[Tuscia]]
* [[Basso Lazio]]
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== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{interprogetto|commons=Category:Ciociari people|q|q_preposizione=sulla|commons_preposizione=sulla|voy}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Comuni della provincia autonoma di Trento}}
{{Ciociaria}}
{{Comunità Alta Valsugana e Bersntol}}
{{portale|Frosinone|Lazio|Storia}}
{{Controllo di autorità}}
{{vetrina|19|ottobre|2008|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Ciociaria|arg=Lazio}}
{{portale|italia|trento}}
 
[[Categoria:CiociariaBedollo| ]]
[[Categoria:Territori del Lazio]]
[[Categoria:Storia della provincia di Frosinone]]
[[Categoria:Storia della Campania]]
[[Categoria:Terra di Lavoro]]
[[Categoria:Regioni storiche d'Italia]]