Viaggi di Platone in Sicilia e Pure (The Jesus Lizard): differenze tra le pagine

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{{Album
I '''viaggi di [[Platone]] in Sicilia''' si svolsero durante il [[IV secolo a.C.]] dal [[388 a.C.]] al [[367 a.C.|367]] o [[366 a.C.]].<ref>{{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 358}}.</ref> Il filosofo ateniese si recò per tre volte alla corte dei [[Età dionigiana|Dionisî di Siracusa]] - ''[[polis]]'' [[siceliota]] egemone del [[Vecchio mondo|mondo greco antico]] -, avendo accesi contrasti con i [[Tiranni di Siracusa|tiranni siracusani]].
|titolo = Pure
|artista = The Jesus Lizard
|tipo album = EP
|giornomese =
|anno = 1989
|postdata =
|etichetta = [[Touch and Go Records|Touch and Go]]
|produttore = [[Steve Albini]]
|durata =
|genere = Noise rock
|genere2= Alternative rock
|genere3= Post-Hardcore
|registrato =
|numero di dischi = 1
|numero di tracce = 5
|numero dischi d'oro =
|numero dischi di platino =
|note =
|copertina =
|precedente = -
|successivo = [[Lash]]
|anno successivo = 1993
}}
'''''Pure''''' è l'[[Extended Play|EP]] di debutto del gruppo [[alternative rock]] statunitense [[The Jesus Lizard]], pubblicato nel [[1989]] dalla [[Touch and Go Records]].
 
La copertina dell'EP è opera del bassista della band [[David Wm. Sims]]. Si tratta dell'unico disco dei Jesus Lizard ad essere stato registrato con l'utilizzo di una [[drum machine]]. Il batterista [[Mac McNeilly]] entrò nella band poco tempo dopo l'incisione dell'EP.
I viaggi in terra siciliana ebbero grande influenza nella vita di Platone.
 
La traccia ''Blockbuster'' è cantata su disco da David Wm. Sims e venne reinterpretata dai [[Melvins|The Melvins]], con [[David Yow]] alla voce, sull'album ''[[The Crybaby]]''.
== Contesto storico ==
=== La sconfitta di Atene ===
{{Vedi anche|Spedizione ateniese in Sicilia|Trenta Tiranni}}
[[File:Athènes Acropole Caryatides.JPG|thumb|220px|left|[[Acropoli di Atene]]]]
[[File:Metropolitan David Socrates 3.jpg|miniatura|''La morte di [[Socrate]]'' (<small>[[Jacques Louis David]], [[Metropolitan Museum of Art]]</small>)]]
 
== Tracce ==
[[Platone]] crebbe negli anni della [[guerra del Peloponneso]]. Secondo [[Aristosseno]] avrebbe preso parte a tre spedizioni militari, dal [[409 a.C.|409]] al [[407 a.C.]]: a [[Tanagra]], [[Corinto]] e [[Delio (Beozia)|Delio]] (dove avrebbe ricevuto anche un premio per il suo valore ).<ref>F. Wehrli, ''Die Schule des Aristoteles'', vol. 2, "Aristoxenos", Basel/Stuttgart 1967, fr. 11. Cit. in {{Cita|Platone, Reale, Cicero|p. 74}}.</ref>
*Tutti i brani sono opera dei [[The Jesus Lizard]], eccetto dove indicato.
 
#''Blockbuster'' - 3:30
Pochi anni prima della sua [[efebo|efebìa]], nel [[413 a.C.]], si era verificata la grave sconfitta ateniese in Sicilia. [[Atene]] vi perse l'intera armata.<ref group=N>Così [[Tucidide]], ''La guerra del Peloponneso'', VIII, 1: {{citazione|Allorché Atene fu colta dalla notizia [della sconfitta], la città stette per lungo tempo incredula, perfino contro i lucidi rapporti di alcuni reduci, uomini di garantito stampo militare che rimpatriavano fuggiaschi dal teatro stesso delle operazioni: l'annientamento dell'armata non poteva davvero esser stato così totale.||ἐς δὲ τὰς Ἀθήνας ἐπειδὴ ἠγγέλθη, ἐπὶ πολὺ μὲν ἠπίστουν καὶ τοῖς πάνυ τῶν στρατιωτῶν ἐξ αὐτοῦ τοῦ ἔργου διαπεφευγόσι καὶ σαφῶς ἀγγέλλουσι, μὴ οὕτω γε ἄγαν πανσυδὶ διεφθάρθαι|lingua=grc}}</ref> L'evento fu carico di [[Spedizione ateniese in Sicilia#Le conseguenze politiche|conseguenze politiche per il Mediterraneo]].{{#tag:ref|La sconfitta di Atene diede soprattutto risalto al nuovo ruolo e potere di Siracusa: «''[...] se Atene aveva condotto una politica aggressiva nei confronti dell'occidente, Siracusa sola era stata in grado di arrestarne l'avanzata. Siracusa erede e superatrice della stessa Atene [...]''» (Cit. Alessandra Coppola ''Archaiologhía e propaganda: i Greci, Roma e l'Italia'', 1995, p. 99).<ref>Per l'importanza dell'evento e l'influenza che esso ebbe nel prosieguo della storia mediterranea vd. es. [[Lorenzo Braccesi]], ''Hesperia 7: Studi Sulla grecità Di Occidente'', 1996; [[André Piganiol]], ''Le conquiste dei romani. Fondazione e ascesa di una grande civiltà'', 2010, pp. 96-97.</ref>|group=N}}
#''Bloody Mary'' - 1:59
#''Rabid Pigs'' - 2:09
#''Starlet'' - 2:42
#''Breaking Up Is Hard to Do'' (''Happy Bunny Goes Fluff-Fluff Along'') - 3:52
 
== Formazione ==
Seguì la [[Ermocrate#La campagna nell'Egeo|spedizione siciliana in Egeo]]; missione capitanata da [[Ermocrate]] siracusano, al fianco di [[Sparta]], nel prosieguo della medesima lunga guerra (Ermocrate, che Platone elogerà in seguito per le sue doti da statista).<ref>''La politica di Ermocrate nel pensiero di Platone'' in ''Quarte giornate internazionali di studi sull'area elima: Erice, 1-4 dicembre 2000 : atti'', vol. 1, p. 110.</ref>
*[[Duane Denison]] - chitarra
 
*[[David Wm. Sims]] - basso, voce in ''Blockbuster''
Atene venne definitivamente sconfitta dalle forze [[Peloponneso|peloponnesiache]] nella [[battaglia di Egospotami]]. Capitanato da [[Crizia]] - zio di Platone - venne instaurato all'interno della capitale [[attica]] il governo dei [[Trenta Tiranni]].{{#tag:ref|La tradizione familiare di Platone è ricca di nobili origini: per parte di padre discendeva da [[Codro]], l'ultimo dei grandi [[Re di Atene|re tribali di Atene]], mentre per parte di madre discendeva da quel [[Solone]] legislatore di Atene. Inoltre i suoi due zii, [[Crizia]] e [[Carmide (zio di Platone)|Carmide]], furono i due uomini più in vista nel governo dei [[Trenta Tiranni]]. Con una simile tradizione alle spalle era quindi logico, secondo [[Karl Popper]], aspettarsi da Platone un vivo interesse per le faccende politiche (come lui stesso ammette nella settima lettera) e così effettivamente fu.<ref>Cfr. {{Cita|Karl Popper, ed. 2014|sez. 9}}.</ref>|group=N}}
*[[David Yow]] - voce
 
Il discepolo di [[Socrate]], deluso dalle «nefandezze dei tempi»<ref>{{Cita|Luciano Zamperini|p. 10}}.</ref>, colpito fortemente dalla [[Socrate#Il processo|condanna a morte del suo maestro]], decise di lasciare Atene all'età di ventotto anni, e nel [[399 a.C.]] incominciò i suoi viaggi.<ref>L. Zamperini, ''Platone'', 2003, p. 10; G. Polizzi in ''Manuale di base di storia della filosofia: Platone'', 2009, p. 5; M. Zani, ''Platone: Non mettere in movimento l'anima senza il corpo, né il corpo senza l'anima....'', 2015, p. 11.</ref>
 
Nel frattempo era salito al trono di [[Siracusa (città antica)|Siracusa]] [[Dionisio I|Dionisio il Grande]], proclamatosi ''[[Stratego|strategós autokrátor]]'' nell'anno [[405 a.C.]], in un momento di forte tensione politica nella [[Sicilia greca]] - l'isola era stata messa a ferro e fuoco dalla rinvigorita [[Guerre greco-puniche|invasione cartaginese]].<ref>[[ Marta Sordi]], ''Amnistia, perdono e vendetta nel mondo antico'', vol. 23, 1997, p. 172.</ref>{{#tag:ref|Un governo, quello di Dionisio I, che destava grande interesse e al contempo suscitava non poche critiche:la massiccia militarizzazione e il possesso di nuove terre furono oggetto di numerosi dibattiti. Sotto la sua autorità nacquerò i concetti, ancora nella loro fomra embrionale, di Stato territoriale e di [[Ellenismo]].<ref>[[Marta Sordi]], ''I due Dionigi, i Celti e gli Illiri,'' 2002, p. 585; [[Lorenzo Braccesi]], ''L'Alessandro occidentale: il Macedone e Roma'', 2006, p. 57.</ref>|group=N}}
 
=== Lo Stato ideale di Platone ===
Popolato da «''Dèi e figli di dèi''»,{{#tag:ref|Platone dice che un tempo gli esseri umani erano protetti dal Dio o erano divini essi stessi, adesso dovevano ritornare a quell'origine (come divini per natura erano i re di Atlantide e gli autoctoni antichi abitatori di Atene).<ref>Cit. e cfr. {{Cita|Francesco Adorno|n. 47}}, R. MUGNIER, ''Le sens du mot Theios chez Platon'', Parigi 1930.</ref>|group=N}} nel dialogo ''[[La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]'', Platone definì i canoni di quello che egli chiamò «Stato ideale»; una [[Città ideale#Utopia urbana in Platone|città ideale]], che per essere tale deveva avere al proprio apice una cerchia eletta di [[filosofia|fiolosi]]. Tre le classi che avrebbero composto lo Stato platonico: i cittadini (la forza lavoro), i guardiani (difensori della città) e i custodi (i filosofi eletti). Ogni classe avrebbe dovuto rispettare il proprio ruolo. In esso avrebbe prevalso l'armonia dell'essere umano col tutto.<ref name=Platouno>{{Cita|Francesco Adorno|n. 3, n. 50}}, H. OLDENBERG, ''De Pl arte dialectica'' Gottinga 1873, CORNFORD, ''Plato's Theory of Knowledge,, Londra 1935.</ref>
 
Nelle ''[[Le leggi]]'' però, il suo ultimo e più vasto dialogo, egli accantona il suo ideale massimo - conseguenza probabile degli anni passati a stretto contatto con la tirannide siciliana<ref>{{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 16}}.</ref> - e definisce i canoni dello «Stato migliore»; secondo nell'ordine di graduazione del suo ideale politico.<ref>Plato, ''Leggi'', 739a-e. Cfr. fonte moderna: {{{Cita|Francesco Adorno|n. 3}}, H OLDENBERG, ''De Pl arte dialectica Gottinga'', 1873.</ref>
 
==== Le regole ====
[[File:Πλάτωνας, Ακαδημία Αθηνών 6619.JPG|thumb|180px|Statua di Platone (Leonidas Drosis), odierna [[Accademia di Atene (moderna)|Accademia di Atene]]]]
{{Citazione|Bisogna estirpare - osserva prendendo spunto dalla disciplina militare ma parlando in generale - dall'intera vita di ciascun individuo lo spirito di indipendenza.|[[Platone]], ''le [[Leggi (dialogo)|Leggi]]'', 942 D<ref>Trad. con nota in {{Cita| Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 16}}.</ref>|ἐκ παντὸς τοῦ βίου ἁπάντων τῶν ἀνθρώπων τε καὶ τῶν ὑπ᾽ ἀνθρώπους θηρίων|lingua=GRC}}
 
Nello Stato ideale di Platone vi erano delle rigide regole da seguire. Platone era convinto che per conservare un ottimo Stato fosse essenziale controllare la procreazione umana. Nel livello più alto doveva vigere la comunanza della donna,{{#tag:ref|Il rapporto di Platone con la donna è stato definito da un lato rivoluzionario, poiché egli voleva dare alle donne la stessa educazione maschile e le stesse mansioni all'interno della Repubblica, ma dall'altro non si discosta dal pensiero del mondo antico che vede la donna come un essere incompleto: se l'uomo non seguiva le giuste regole, sarebbe rinato donna ([[Platone]], ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', 90 e). Ancor più oscuro fu il pensiero del suo allievo [[Aristotele]] - il quale non condivideva la concezione platonica dello Stato ideale -, egli sosteneva che la donna non fosse in grado di generare; il suo unico scopo era quello di ospitare nel suo grembo il figlio dell'uomo.<ref>Cfr. Angela Giallongo, ''L'immagine della donna nella cultura greca'', 1981, pp. 121-156, 67, 105, 142; Duby, Perrot, Berriot-Salvadore, 1991, ''Storia delle donne in Occidente'', 347, 352-258, 362.</ref>|group=N}} mentre i figli sarebbero appartenuti solo allo Stato.<ref>Cit. Platone in {{Cita|Adorno|H OLDENBERG, ''De Pl arte dialectica'' Gottinga, 1873}}.</ref>
 
Particolarmente critico con Platone è stato [[Karl Popper]], il quale nel suo [[La società aperta e i suoi nemici|noto saggio storico]] lo ha definito un pensatore [[Totalitarismo|totalitario]].{{#tag:ref|«Difendendo Platone dalla mia accusa di essere un razzista, il professor Levinson cerca di confrontarlo favorevolmente con alcuni ben “noti” razzisti totalitari moderni i cui nomi ho cercato di tener fuori dal mio libro. (E continuerò a tenerli fuori). Egli dice di costoro... che il loro “programma di riproduzione” “era essenzialmente diretto a ''preservare la purezza della razza dominatrice'', un fine che, come ci siamo sforzati di dimostrare, Platone non condivideva”. Non lo condivideva proprio? ... “''Dev'esssere puro il genere dei guardiani''”, dice Platone ... O i custodi non sono forse i dominatori dell'ottima città di Platone?»<ref>[[Karl Popper]], ''[[La società aperta e i suoi nemici]]'', ed. originale [[1945]], ed. 2014, sez. 25.</ref>|group=N}} Lo si rimprovera di innalzare gli ellenici sopra a tutti gli altri popoli.<ref>[[Francis Macdonald Cornford]], ''The Republic of Plato'', 1941, p. 165; {{Cita|Karl Popper, ed. 2014|n. 49}}.</ref> Effettivamente uno dei motivi di scontro con il governo siracusano sarà proprio incentrato sui [[Barbari]]<ref>Su Platone e i Barbari vd. [[Enrico Berti]], ''Filosofia pratica'', 2008, p. 256; Gilda Manganaro Favaretto, ''La guerra: una riflessione interdisciplinare'', 2003, p. 113.</ref>: Platone voleva che le guardie del tiranno fossero elleni e non mercenari d'origine barbarica, invece Siracusa aveva fondato il suo sistema difensivo proprio sui Barbari, dando loro grande spazio e ruolo all'interno delle ''poleis''.{{#tag:ref|L'[[esercito siracusano]] sotto l'epoca di Dionisio era grandemente composto da forze mercenarie provenienti principalmente dall'[[Penisola iberica|Iberia]], dalla [[Gallia]], dall'[[Italia]] ([[Etruschi]], [[Liguri]], [[Campani]]), dall'[[Africa]]. Questa politica si sostiene abbia legato i Dionisi alle leggende [[Popoli indigeni|autoctone]] di diverse terre: [[Iperborei]], [[Diomede]], [[Siculo (mitologia)|Siculo]].<ref>Sull'argomento vd. A. Coppola, {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|pp. 373 e 384}}; A. Mastrocinque (che oltre a filobarbarica usa il termine antiellena in riferimento alla politica dionisiana), ''Da Cnido a Corcira Melaina: uno studio sulle fondazioni greche in Adriatico'', 1988, p. 45; ''Klearchos'', Volumi 5-6, 1963, p. 98; ''Kōkalos'', 1995, p. 574.</ref>|group=N}}
 
==== L'attuazione ====
Un'accusa rivolta a Platone fu quella di aver dedicato le sue maggiori attenzioni a [[Syrakousai|Siracusa]] e di aver trascurato conseguentemente la politica di [[Atene]]. In sostanza, l'essersi speso per Stati esteri anziché prodigarsi per la propria patria.<ref>Cfr. [[Giorgio Pasquali]], ''Le lettere di Platone'', 1967, p. 227; {{Cita|Lami|p. 45}}; ''Rivista di storia della filosofia, 2006'', vol. 61, ed. 1-3, p. 261.</ref>
 
Ma la matrice che spinse Platone a concentrare i propri sforzi sulla [[Sicilia]] era di solida origine: l'isola mediterranea doveva apparirgli come una sorta di «terra promessa»,<ref name=musti>[[Domenico Musti]], ''Storia greca'', 1989, p. 576, cit. in {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|pp. 139-140}}.</ref> dove potevano disfarsi vecchie città e far sorgerne di nuove, dando loro una diversa costituzione; il tutto con relativa facilità. Una simile terra ben si prestava alle sue sperimentazioni politiche.<ref name=musti/>
 
[[File:Bronnikov gimnpifagoreizev.jpg|thumb|290px|left|[[Pitagorici]] festeggiano l'[[alba (giorno)|alba]] (<small>Fyodor Bronnikov</small>). Il pensiero di [[Pitagora]], sviluppatosi in [[Magna Grecia|terra italiota]], fu per Platone di grande importanza{{#tag:ref|Il Capparelli ad esempio crede plausibile che: «Anche l'attività politica che Platone tentò con tanta ostinazione in Sicilia col risultato che sappiamo, forse che non gli venne dal vedere quello che i pitagorici con immenso, se pure non duraturo successo, avevano compiuto in Magna Grecia?»<ref>Cit. Vincenzo Capparelli, ''Il messaggio di Pitagora'', vol. 1, 1990, p. 310. Sull'argomento vd. anche {{Cita|Paolo Cosenza|pp. 34-35}}; Cornelia J. de Vogel, ''Ripensando Platone e il platonismo'', 1990, 110-111; Christiane L. Joost-Gaugier, ''Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte'', 2008, p. 118.</ref>|group=N}}]]
 
I motivi che lo spinsero a scegliere proprio Siracusa, tentando di farla divenire la capitale di un nuovo ordine politico che si sarebbe dovuto espandere su larga scala, vanno ricercati nella situazione geopolitica di tale ''polis''. Essa era infatti l'altra capitale politico-intellettuale della grecità: avamposto a cui guardare contro l'invasore barbaro, già perfetto punto focale di un nuovo impero; come la definì [[Alcibiade]], essa si mostrava totalmente immersa in quel mondo [[italiota]] - divenuto terra dei [[Pitagorici]] - in cui l'influenza e il controllo dei Dionisi era palpabile.<ref name=platoneitiranni>Cit. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 12}}.</ref>
 
Controllare i Siracusani gli avrebbe quindi dato accesso a un impero socio-culturale che sembrava a portata di mano.<ref name=platoneitiranni/>
 
Ma l'impatto con la città dei dionisi non fu come egli sperava. Non gli piacque affatto, come testimonia la settima epistola, quel che trovò: una dolce vita fatta tutta di perdizioni, distrazioni, nel qual mezzo si consumavano luculliani «banchetti italioti e siracusani».<ref>''[[Lettera VII]]'', 326b.</ref> Indivuò nella condotta di questa vita la causa della dissolutezza, una scelleratezza che, naturalmente, si sfogava in un'instabilità politica che caratterizzava il governo di Siracusa.<ref>''[[Lettera VII]]'', 326d-e.</ref> L'unico modo per sopperire a tale situazione era porre alla vetta del comando una classe di re-filosofi, cresciuti ed educati nella dottrina platonica
 
{{Citazione|O i re diverranno filosofi per grazia divina, o i filosofi faranno i re|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 326a.<ref>cit. in {{Cita|Francesco Adorno|n. 47}}</ref>}}
 
Con questa concezione, Platone si confrontò con i [[tiranni di Siracusa]] e lui stesso ammetterà (se come si suppone la settima epistola è una testimonianza di suo pugno) di aver posto le basi per il crollo della tirannide dionisiana:
 
{{Citazione|ho paura d’essere stato proprio io, inconsapevolmente e senza accorgermene, a porre i presupposti per la caduta della tirannide, quelle volte che mi incontrai con Dione, allora giovane , e gli dimostrai per via di ragionamento ciò che mi
pareva essere il meglio per l’uomo, esortandolo a realizzarlo|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 327a.|δέος δὲ μὴ καὶ πλειόνων ἔτι, ἐὰν μὴ νῦν ὑμεῖς ἐμοὶ πείθησθε τὸ δεύτερον συμβουλεύοντι. πῶς οὖν δὴ λέγω πάντων 327aἀρχὴν γεγονέναι τὴν τότε εἰς Σικελίαν ἐμὴν ἄφιξιν; ἐγὼ συγγενόμενος Δίωνι τότε νέῳ κινδυνεύω|lingua=GRC}}
 
Ciononostante nessun re-filosofo venne innalzato nel governo siracusano e il fine ultimo di Platone rimane ancora una ''[[vexata quaestio]]''. Secondo lo storico Sinclair, Platone «''non immaginò mai nessun uomo mortale in quella parte sublime, tranne se stesso''»<ref>Thomas Alan Sinclair (1961), p. 243.</ref> e continuò sostenendo che:
 
{{Citazione|Platone non trattò mai di impiantare a Siracusa lo Stato ideale della ''Repubblica'', ossia, ben s'intende, una copia terrena di esso; mancavano tutte le condizioni necessarie per costituirlo, né gli furono concessi i trent'anni necessari per addestrare i custodi [...]|Thomas A. Sinclair, ''A History of Greek Political Thought'', 1951, trad. it.''Il pensiero politico classico'', Laterza 1961, p. 243.}}
 
== I viaggi ==
[[File:Herma of Plato - 0042MC.jpg|thumb|160px|[[Erma (scultura)|Erma]] di [[Platone]], [[Musei Capitolini]], [[Roma]]. L'Ateniese aveva 37 anni quando giunse la prima volta in [[Italia]]]]
Secondo [[Ermodoro]], Platone si recò una prima volta in [[Italia]] presso i [[pitagorici]] [[Filolao]] e [[Eurito]], tuttavia sono stati sollevati dubbi sull'attendibilità du tale notizia:
 
{{Citazione|Io credo che tu sappia, Tuberone, che Platone dopo la morte di Socrate andò in [[Egitto]] per istruirsi, e poi in Italia e in [[Sicilia]] per apprendere le nuove dottrine di [[Pitagora]]; che molto si trattenne con [[Archita di Taranto]] e [[Timeo di Locri]], e che trovò per avventura gli scritti di Filolao; e poiché in questi luoghi era a quel tempo famoso il nome di Pitagora, egli prese a frequentare i Pitagorici e a coltivare quegli studi.|''Pitagorici: Ippocrate di Chio, Filolao, Archita e Pitagorici minori'', 1962, p. 117.}}
 
Veritiera appare la notizia di un viaggio di Platone in Italia, nel [[390 a.C.]], riportata anche da [[Diogene Laerzio]], ma non per incontrare Filolao, bensì [[Archita di Taranto]].<ref>Paolo Cosenza, ''L'incommensurabile nell'evoluzione filosofica di Platone'', 1977, p. 245.</ref> Secondo [[Cicerone]] e [[Valerio Massimo]], Platone si recò a [[Taranto]] per apprendere dal futuro governatore della ''polis'' tarantina le dottrine di Pitagora.<ref>Archita pur essendo probabilmente già all'epoca un personaggio di primo piano a Taranto, non aveva ancora la ''leadership'' della ''polis''. Cit. {{Cita|Muccioli|p. 149}}, ''Platone a Siracusa: la tradizione sui rapporti tra Platone e Dionisio I''.</ref>
 
Dove si ha la maggiore documentazione è sui tre viaggi del filosofo in [[Sicilia]]. Una prima volta vi giunse tra il [[388 a.C.]] e il [[387 a.C.]]<ref>Cfr. Christiane L. Joost-Gaugier, ''Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte'', 2008, p. 116.</ref>
 
Ci sono pervenute [[Lettere (Platone)|tredici lettere]] attribuite a Platone, delle quali però vengono giudicate autentiche solo la [[Lettera VII|VII]] e, se pur con minore consenso, l'VIII.<ref>Per un approfondimento incentrato sulle lettere platoniche vd. [[Giorgio Pasquali]], ''Le lettere di Platone'', 1967; M. Cappuccilli, ''Lettere. Apocrifi. Indici dei nomi''; [[Margherita Isnardi Parente]], ''Filosofia e politica nelle lettere di Platone'', 1970; [[Luc Brisson]], ''Platon, Lettres, Flammarion'' 1987, L. J. Sanders, ''The Legend of Dion'', 2008, pp. 2-6.</ref> (la prima attestazione dell'esistenza di una raccolta di lettere si trova in [[Aristofane di Bisanzio]]).<ref group=N>[[Diogene Laerzio]] (III, 61-62) scrive che Aristofane di Bisanzio alla fine del [[III secolo a.C.]] inseriva le Lettere nella sua edizione delle opere platoniche. Esse facevano parte anche della nona tetralogia nell’edizione di [[Trasillo di Mende]] ([[I secolo]]). Diogene indica inoltre i nomi dei destinatari delle tredici lettere (che corrispondono a quelli che abbiamo oggi) ma non è possibile determinare se il contenuto delle due collezioni fosse identico. {{Cita|Muccioli|p. 53}}, ipotizza che per un dato periodo (gli anni subito seguenti alla caduta della tirannide) le lettere fossero tenute segrete dall'Accademia.</ref> E, attribuito sempre a Platone, l'[[Epigrammi (Platone)|epigramma per Dione]]. Vi sono poi i numerosi documenti degli storici antichi che, se pur con diverse discordanze, danno testimonianza dell'approdo di Platone in Sicilia. La più antica biografia di Platone ci è data dal documento [[papiro|papiraceo]] frammentato di [[Filodemo di Gadara]] ([[II sec. a.C.]]) dove si attestano i viaggi siciliani di Platone.<ref>''Storia dei filosofi [.] Platone e l’Accademia (PHerc. 1021 e 164)'', a cura di Tiziano Dorandi, 1991, pp. 186-187.</ref>
 
Il maggiore scettico riguardo all'intera tradizione sui tre i viaggi è stato [[Moses Israel Finley]] che in riferimento a ciò ha parlato di «''[[saga]] platonica''»<ref>Finley, ''Storia della Sicilia antica'', pp. 109, 264; ''Aspects of Antiquity. Discoveries and Controversies'', London, 1968, pp. 75-80. Vd. anche Cfr. {{Cita|Auteri|pp. 75-77}} (dove si analizza, e in parte si condivide, la posizione di Finley). Tuttavia la sua posizione estremamente scettica non ha trovato grandi riscontri. Vd. {{Cita|Muccioli|p. 147}} (il quale riconosce alcuni tratti romanzeschi affiancati ad alcuni autenticamente drammatici all'interno dei documenti); ''Athenaeum'', vol. 90, 2002, p. 262.</ref>
 
Un'ipotesi che è stata avanzata è quella che vede l'insorgere degli [[Accademici]] in difesa del loro maestro, per cui il nascere di una corposa tradizione aneddotica sui tre viaggi, volta a riscattare l'immagine di Platone, facendo di lui un filosofo eroe, pronto a rischiare la vita al cospetto dei tiranni, pur di realizzare il suo ideale massimo.<ref>Cfr. {{Cita|Auteri|p. 77}}.</ref>
 
=== Primo viaggio ===
==== L'Etna ====
[[File:Etna Volcano Paroxysmal Eruption July 30 2011 - Creative Commons by gnuckx.jpg|thumb|220px|left|Il [[monte Etna]] (durante un'eruzione nel [[2011]]), secondo le antiche fonti [[Platone]] avrebbe visitato i crateri etnei]]
 
Platone, se pur succintamente, dà testimonianza del suo primo viaggio in Sicilia nel testo della ''[[Lettera VII]]''.<ref>{{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 11}}, ''Platone e i tiranni''.</ref>
 
Secondo le fonti bibliografiche, Platone si sarebbe recato nell'isola spinto dalla curiosità di vedere il vulcano [[Etna]] (tuttavia tale interesse non appare nell'epistola autobiografica del filosofo ateniese).<ref>Cfr. fonti di {{Cita|Muccioli|p. 149}}, n. 389. Plato, 326be - passo generico.</ref>
 
Due epistole, attribuite a [[Diodoro Siculo]], ma ritenute dei falsi storici, parlano di una corrispondenza tra i Catanei e Platone, dove i primi avrebbero invitato il filosofo a venire a [[Katane]] per visitare il vulcano in eruzione:
 
{{Citazione|Il cratere etneo proruppe ne' suoi vomiti: vieni per contemplar ciò che agli altri stupore ed a noi materia di filosofar somministra: il simulacro della nostra [[Cerere]] ad ogni sguardo vietato sarà permesso agli occhi tuoi di guardare|Dalla falsa lettera dei Katanei a Platone}}
 
Ciò che maggiormente tradisce il falsario in queste epistole è la versione distorta dei fatti storici.{{#tag:ref|Il falsario, ignorando il resto delle antiche fonti, pone maggiore accento su [[Cerere]] e non sui crateri. Nei suoi testi sono inoltre presenti fatti storici mai accaduti, come la Katane neutrale che rifiuta il supporto logistico agli Ateniesi durante la loro venuta in Sicilia; Dione che cerca rifugio a Katane e diviene arconte della ''polis''.<ref>Per un maggiore approfondimento vd. ''Le epistole di Diodoro Siciliano: un apocrifo tra mondo antico ed età moderna : studi'', Daniela Pietrasanta, 2005.</ref>|group=N}} Tuttavia, nonostante non si possa dar credito alle attribuzioni diodoree,{{#tag:ref|Le lettere catanesi appaiono piuttosto come un tentativo di esaltazione per la città etnea, pensata in epoca moderna, servendosi principalmente del testo di [[Tommaso Fazello]].<ref>Cfr. Pietrasanta, ''Le epistole di Diodoro Siciliano: un apocrifo tra mondo antico ed età moderna : studi'', 2005, p. 64.</ref>|group=N}} appare plausibile che Platone abbia visitato il monte Etna. Lo storico greco [[Diogene Laerzio]] afferma che il filosofo ateniese si sia recato nel suo primo viaggio siciliano presso i crateri etnei:
 
{{Citazione|Tre volte navigò alla volta della Sicilia: la prima volta per vedere l'isola e i crateri, allorché anche Dionisio figlio di Ermocrate, che era tiranno, lo costrinse ad incontrarsi con lui.|[[Diogene Laerzio]], libro III, 6 e 18.<ref>Trad. italiana a cura di Antonio Capizzi , ''Platone nel suo tempo'', 1984, p. 95.</ref>|Τρὶς δὲ πέπλευκεν εἰς Σικελίαν· πρῶτον μὲν κατὰ θέαν τῆς νήσου καὶ τῶν κρατήρων, ὅτε καὶ Διονύσιος ὁ Ἑρμοκράτους τύραννος ὢν ἠνάγκασεν ὥστε συμμῖξαι αὐτῷ.|lingua=GRC}}
 
Alla sua testimonianza si aggiunge quella di [[Ateneo di Naucrati|Ateneo]], il quale dice che Platone volle andare sui crateri dell'Etna per vedere i «torrenti di fuoco» che dal monte scaturivano.<ref>Ateneo, ''Deipn.''. l. 12. c. 22 V. Steph. ''Dict. Graec.'' cit. in ''Ateneo, i Deipnosofisti. I dotti a banchetto'', trad. commentata su progetto di [[Luciano Canfora]], introduzione di Jacob Jacob, voll. I–IV, 2001.</ref> Vi sono inoltre le parole di [[Apuleio]]:
 
{{Citazione|Quanto ai tre viaggi in Sicilia, certo i maligni lo criticano sostenendo opinioni discordanti. Ma la prima volta egli partì per ragioni scientifiche, cioè per conoscere la natura dell’Etna e gli incendi di questa montagna incavata|[[Apuleio]] ''De dogmate Platonis liber 1'', IV.<ref>[[Apuleio]], ''Platone e la sua dottrina'', trad. in Emanuele Vimercati, ''Medioplatonici. Opere, Frammenti, Testimonianze'', 2015.</ref>|Ceterum tres ad Siciliam adventus mali quidam carpunt, diversis opinionibus disserentes. Sed ille primo historiae gratia, ut naturam Aetnae et incendia concavi montis intellegeret [...]|lingua=lat}}
 
[[File:Santa Tecla Scalo Pennisi.jpg|miniatura|Parte del vasto campo lavico del 396 a.C. presente a Santa Tecla ([[Acireale]])<ref>{{Cita web|url=http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/periodici-tecnici/memorie-descrittive-della-carta-geologica-ditalia/memoriexcviii/memdes_98_cap7.pdf|titolo= L’attività eruttiva dell’etna degli ultimi 2700 anni - The Etna eruptive activity in the last 2700 year|sito=[http://www.isprambiente.gov.it www.isprambiente.gov.it]|accesso=24 APRILE 2016}}.</ref>]]
 
Nella ''[[Bibliotheca historica]]'' di Diodoro (XIV, 59, 3) si parla di una grave eruzione vulcanica avvenuta ai tempi di Dionisio I: le forze cartaginesi di [[Imilcone II]], dopo aver distrutto [[Messana]], marciavano contro Siracusa ma dovettero interrompere il loro cammino via terra a [[Naxos]] a causa di una grande eruzione dell'Etna, la cui lava irruppe persino nel [[mar Ionio]]. Aggirarono il vulcano via mare, scontrandosi così con la flotta dionisiana.<ref>[[Diodoro Siculo]] afferma che i Siracusani persero nello scontro 100 navi e 20.000 uomini (XIV, 59).</ref>
 
Ciò accadde durante l'anno primo della novantaseiesima Olimpiade; nel [[396 a.C.]] Otto anni prima dell'arrivo di Platone.<ref>Cfr. ''Atti del' Accademia Gioenia '', p. 61; ''Nuova enciclopedia popolare ovvero Dizionario generale di scienze ...'', vol. 4, 1844, p. 1104.</ref> Fu una delle più disastrose eruzioni dell'Etna nella sua millenaria storia.<ref>Cfr. Genova, Museo civico di storia naturale, ‎Giacomo Doria, ''Annali'', 1878, p. 75; Enrico Mauceri, ‎Sebastiano Agati, ''Il "Cicerone" per la Sicilia'', 1907, p. 280; ''Sicilia'', 2001, p. 82.</ref>
 
Resta controversa però l'interpretazione degli storici che asseriscono il verificarsi di un'altra eruzione vulcanica durante il soggiorno di Platone in Sicilia.<ref group=N>Se mai è avvenuta, essa non ha lasciato tracce geologiche né accurati resoconti storici come invece accadde per quella del 396 a.C. Altre fonti inoltre, le quali risultano isolate, asseriscono che vi fu un'altra eruzione - la sesta, dicono - sotto Dionisio il Giovane e che questi avrebbe invitato Platone a verificare lo stato in cui versava la montagna (cit. in ''Itinéraire déscriptif historique et artistique de la Sicile. [With plates.] Fr. & Ital'', 1857, p. 67; Ilaria Di Pietra, ''Catania: viaggi e viaggiatori nella città del vulcano, itinerari tra il XVI e il XIX secolo'', 2007, p. 95).</ref>
 
Il dialogo platonico ''[[Fedone]]'', nel quale l'ateniese descrive il cratere dell'Etna in eruzione (111 E), potrebbe rendere plausibile il fatto che Platone non solo si sia recato sui crateri del monte Etna, ma che abbia assistito di persona anche ad una delle sue eruzioni laviche.<ref>Cfr. ''Dialoghi filosofici'' a cura di Giuseppe Cambiano, 2013, n. 87; Biagio Pace, ''Arte e civiltà della Sicilia antica'', 1945, p. 107; ''Pitagorici: Ippocrate di Chio, Filolao, Archita e Pitagorici minori'', 1962, pp. 344-345, n. 22.</ref><ref group=N>[[Paul Natorp]], ''Dottrina platonica'', 1999, p. 169: {{Citazione|Tutto ciò ci impone di supporre che nello scritto vada riconosciuto il riflesso immediato del viaggio di Platone in Italia e in Sicilia.|}}</ref>
 
{{Citazione|e grandi fiumi di fuoco e molti poi di fango liquido ora più pulito ora più melmoso, come in Sicilia ci sono i fiumi di fango che scorrono prima della lava, e poi la lava stessa; e ciascuno di essi riempie dunque le regioni|[[Platone]], ''[[Fedone]]'', 111d e 111e.<ref>Trad. italiana in ''Fedone - Ousia.it'' (PDF).</ref>| καὶ ἀενάων ποταμῶν ἀμήχανα μεγέθη ὑπὸ τὴν γῆν καὶ θερμῶν ὑδάτων καὶ ψυχρῶν, πολὺ δὲ πῦρ καὶ πυρὸς μεγάλους, ὥσπερ ἐν Σικελίᾳ οἱ πρὸ τοῦ ῥύακος πηλοῦ ῥέοντες ποταμοὶ καὶ αὐτὸς ὁ ῥύαξ: ὧν δὴ καὶ ἑκάστους τοὺς τόπους πληροῦσθαι|lingua=GRC}}
 
==== L'arrivo a Siracusa ====
[[File:Delphi Platon statue 1.jpg|thumb|160px|left|Presunto ritratto di Platone rinvenuto a [[Delfi]]]]
 
Giunse l'invito per Platone alla corte di Siracusa dopo che il tiranno Dionisio I seppe della sua presenza in Sicilia.<ref>{{Cita|Muccioli|p. 149}}</ref>
 
La ''[[Lettera VII]]'' non chiarisce come o perché vi giunse: l'ateniese si mantiene sul vago.<ref group=N>Gli storici antichi e moderni hanno fornito le loro versioni: secondo Diogene Laerzio l'ateniese fu persino costretto dal tiranno a venire a corte. DL III, 18.</ref>
 
L'incontro tra i due nelle antiche fonti appare dunque casuale; solamente l'[[Alessandria d'Egitto|alessandrino]] [[Olimpiodoro il Vecchio]] scrisse che Platone andò a Siracusa con la chiara intenzione di mutare la tirannide in aristocrazia.<ref>Olymp., ''In Plat. Ale.'', 2, 97-99 Westerink. Citato in {{Cita|Muccioli|p. 149}}, n. 390. Trad. in inglese di Michael Griffin, ''Olympiodorus, Life of Plato and On Plato First Alcibiades'', 1-9, 2015: «''And in Syracuse he visited Dionysius the Great, who was the tyrant of that city, and he attempted to transform his tyranny into an aristocracy''».</ref><ref group=N>Pur senza citare Olimpiodoro, così anche [[Ettore Pais]] in ''Storia dell'Italia antica'', p. 186. (cit. presente in Muccioli, p. 150) {{Citazione|Platone si lusingò di diventare il riformatore dello Stato più potente della Grecia e consigliò a Dionisio la trasformazione della tirannia in signoria legittima [...]|}}</ref>
 
Vi erano inoltre i probabili interessi, se pur taciuti dagli antichi storici, di Dionisio I nel condurre Platone nella sua dimora: uno dei principali potrebbe essere l'intenzione del tiranno di riallacciare pacifici rapporti con [[Atene]]; soprattutto dal momento che [[Sparta]] si mostrava ora fredda e ora contraria alle mosse politiche del tiranno siciliano.<ref>Per approfondire vd. {{Cita|Muccioli|p. 150}}, n. 392 (Anello, ''Note sui rapporti'').</ref>
 
Oltre a ciò Dionisio I era noto per avere il desiderio di circondarsi di letterati, sia perché egli voleva affermare un suo ruolo filosofico<ref>così L. J. Sanders: ''Dionysius' interest in establishing a "philosophical rule"''. p. 219 in "Plato's First Visit to Sicily", ''Kokalos'', 25 (1979). pp. 207- 219.</ref> e sia perché soleva servirsi dei letterati per creare, secondo gli studiosi, un'organizzazione del consenso, sfruttando la loro loquacità per propagandare la propria politica<ref>{{Cita|Muccioli|p. 151}}.</ref> - contaminazioni della tirannide dionisiana si ravvisano ad esempio nella [[Siculo (mitologia)#Implicazioni con la tirannide siracusana|leggenda di Siculo]] e nella [[Età dionigiana#Miti e propaganda|leggenda della fondazione di Roma]].<ref>Per tale concetto vd. inoltre {{Cita|Muccioli|p. 151}}, ''Platone a Siracusa: la tradizione sui rapporti tra Platone e Dionisio I''.</ref>
 
{{Doppia immagine|destra|Platon, Biblioteka Marciana.jpg|144|Dionisio.PNG|147|[[Platone]] (<small>[[Paolo Veronese|P. Veronese]], [[Biblioteca Nazionale Marciana]]</small>) e [[Dionisio I]] (<small>H. Gandy, ''[[Spada di Damocle|Sword of Damocles]]''</small>)}}
 
Se Platone non venne con l'intenzione di influenzare e attuare un cambiamento nella politica siciliana, si può comunque supporre che egli accettasse di buon grado l'invito a corte, poiché interessato a conoscere di persona il principale artefice di una tirannide già molto nominata militarmente, politicamene e culturalmente.<ref>Cfr. {{Cita|Muccili|p. 149}}.</ref>
 
==== La conoscenza di Dione ====
Quel che viene posto in evidenza in questo primo viaggio dallo stesso Platone è la sua conoscenza con il principe siracusano [[Dione di Siracusa|Dione]], cognato e genero di Dionisio I - fratello di [[Aristomache]] e marito di [[Arete di Siracusa|Arete]] (figlia di Dionisio) - e il positivo, forte legame che riuscì ad instaurare con lui.<ref>''[[Lettera VII]]'', 327 A. Cfr. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 14}}.</ref> Dione da quel momento gli divenne amico e discepolo;<ref>Annoverato tra i discepoli platonici: [[Diogene Laerzio]], III, 46.</ref> il suo prediletto.<ref>Platone gli riconobbe un impegno e un'intelligenza mai riscontrata in nessun altro dei giovani da lui conosciuti.</ref><ref name=platouno>''[[Lettera VII]]'', 327 B e C. Cfr. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 14}}.</ref>
 
In una Siracusa che egli giudicò dedita alla perdizione,<ref>''[[Lettera VII]]'', 326 BC.</ref> Dione gli tese una mano, mostrandosi favorevole alle sue idee. Un incontro, quello con il figlio di Ipparino, che segnò profondamente la sua vita.<ref>Cfr. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 14}}.</ref>
 
Il ventenne Dione è stato definito l'«''[[Eros (filosofia)|Eros filosofico]] di Platone''»;<ref>Cfr. [[Giovanni Reale]], ''Eros, dèmone mediatore, e il gioco delle maschere nel Simposio di Platone'', 1997, p. 238; [[Enrico Turolla]], ''Platone: I dialoghi, l'Apologia e le epistole'', vol. 3, 1953, p. 750. Non concordano con tale definizione altre fonti che invece sospettano che il legame che univa Platone ai suoi discepoli fosse anche fisico. Cfr. {{Cita|Paolo Cosenza|p. 255}}; {{Cita|La filosofia politica di Platone|pp. 62-63}}.</ref> Le antiche fonti, e la critica moderna, parlano di amore tra i due.{{#tag:ref|[[Diogene Laerzio]] nel libro III lo cita diverse volte insieme ad altri due amori di Platone: Astero (o Astro) e Fedro. Per Kurt Hildebrandt, Dione fu la figura più importante, insieme a [[Socrate]], nella vita di Platone. Egli scrisse che la vicinanza con il giovane siracusano fu per Platone «''la forza a cui attingere per operare sulla terra e la sicurezza della sua potenza''» (''Platon, der Kampf des Geistes um die Macht'', trd. in ''Stefan George e l'antichità'', Giancarlo Lacchin, 2006, p. 220).<ref>Cfr con altre fonti moderne: ''Alpha Omega: Rivista Di Filosofia E Teologia Dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum'', vol. 1, ed. 1-3, 1998, p. 500; {{Cita|Paolo Cosenza|p. 255}}.</ref>|group=N}} Molti sostengono inoltre che il ''[[Simposio]]'' di Platone sia una viva reminiscenza del tempo passato con Dione in Sicilia.<ref>Cfr. Theodor Gomperz, ''Pensatori Greci. Vol. III. Platone'', (1897). trad. it. Firenze, La Nuova Italia, 1944, pp. 449-460; G. Calogero, ''Il simposio di Platone'', 1946, p. 8; ''Pubblicazioni dell'Istituto di filosofia dell'Università di Genova'', 1965, p. 197; Léon Robin, ''La teoría platonica dell'amore'' (1908), tr. it. Milano, CELUC 1973, p. 78.</ref>
 
Il giovane mutò il proprio stile di comportamento, seguendo il pensiero platonico. Ciò lo rese sospetto agli occhi della tirannide.<ref name=platouno/>
 
==== Il confronto con Dionisio I ====
Platone nel documento autobiografico parla pochissimo del tiranno Dionisio I. Quei pochi tratti che espone, rivelano una figura essenzialmente ostile al suo pensiero.<ref group=N>Nella ''Lettera VII'' è presente un discorso nel quale Platone dice ciò che pensa del governo di Dionisio I:{{Citazione|Dopo aver conquistato molte e grandi città della Sicilia messe a sacco dai [[barbari]], non fu in grado, dopo averle colonizzate, di insediare in ciascuna di esse governi fidati di suoi compagni , né di altri [...] e risultò sette volte più inefficace di [[Dario II di Persia|Dario]], il quale, facendo affidamento non su fratelli o creature sue, ma solo su persone che avevano partecipato alla sottomissione del [[Media (satrapia)|Medo]] [[eunuco]], fece una divisione in sette parti, ciascusa più grande della Sicilia [...] con le leggi che promulgò, infatti, ha fatto sì che l'[[impero persiano]] si conservasse fino ad oggi. E inoltre anche gli Ateniesi colonizzarono essi stessi molte città greche che avevano subito l'invasione dei barbari, ma le conquistarono già abitate, e tuttavia mantennero l'impero per settantanni, per essersi assicurati degli amici in ciascuna delle città. Dionisi invece, che aveva riunito in un solo stato tutta quanta la Sicilia, non fidandosi nella sua saggezza di nessuno, a stento riuscì a salvare se stesso.|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 331e-332c. Trad. in ''Platone. Tutte le opere'', Francesco Adorno a cura di Enrico V. Maltese, 2013.}} </ref>
 
[[File:Laertii Diogenis De Vitis Dogmatis et Apophthegmatis Eorum Qui in Philosophia Claruerunt.jpg|thumb|170px|Manoscritto medievale delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio: il terzo libro è dedicato interamente a Platone]]
 
Il contesto storico che fa da cornice al loro incontro è quello del [[388 a.C.]]: un anno particolarmente carico di eventi politici nella vita di Dionisio I; non solo vi giunse Platone alla sua corte, ma secondo antiche fonti romane, fu l'anno in cui i [[Galli Senoni]], che pochi mesi prima avevano [[Sacco di Roma (390 a.C.)|incendiato Roma]], vennero a domandargli [[Alleanze tra i Galli e Siracusa|amicizia e alleanza]], ottenendola.<ref>Così [[Marco Giuniano Giustino]], ''Historiarum Philippicarum'' T. Pompeii Trogi, XX, 5. Per approfondire vd. [[Alleanze tra i Galli e Siracusa]].</ref> E anche l'anno in cui arrivarono le pubbliche, feroci critiche di [[Lisia]], che guardava alla tirannide di Dionisio I come a una «''minaccia per la libertà dei popoli''».<ref>Lisia in ''Hesperia 5'' a cura di [[Lorenzo Braccesi]], 1995, p. 159.</ref> . Nella Grecia continentale si arrivò a temere un'invasione da parte delle forze militari di cui il tiranno grandemente disponeva, e si paventava un segreto accordo tra Dionisio e la [[Persia]], nella figura di [[Artaserse II di Persia|Artaserse II]], per dividersi le future terre conquistate.<ref>[[Eforo di Cuma|Ephor]]. ap. schol. ad Aristeid. p. 294, 13 Dindorf = ''FGrHist'' 70 F 211; [[Diodoro Siculo|Diod. Sic.]] XV, 23 in ''Hesperia 5'', Braccesi, p. 159, n. 63. Sulla possibilità che si trattasse del secondo Dionisio e non del primo vd. {{Cita|Muccioli|p. 234}}.</ref><ref>Per un'analisi approfondita del contesto del 388-386 a.C. e della connessione tra i vari eventi e le decisioni di Dionisio I su Platone, vd. Sanders, 1987, 18-9; Sordi, ''Dionigi I e Platone'', 1980, pp. 2013-2022.</ref>
 
La diffidenza e i timori causati dalla persona di Dionisio I, si rotrovano nelle antiche fonti. Particolarmente critico appare l'approccio con il filosofo ateniese nei racconti di [[Plutarco]] e [[Diogene Laerzio]]:
 
Secondo lo storico di [[Cheronea]], i due discussero di [[virtù]], giustizia e coraggio: mentre Dionisio asseriva di essere felice, Platone rispondeva che non poteva esserlo, perché ingiusto, e la felicità apparteneva solo ai giusti. Inoltre lo tacciò di codardia, affermando che i tiranni erano le persone meno coraggiose di tutte.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 5, 1. [[Diodoro Siculo]] invece si mantiene più sul vago: XV, 7, 1. Cfr. in {{Cita|Muccioli|pp. 151-152}}.</ref> Ciò avvenne sotto l'ammirazione dei presenti all'incontro. A quel punto, irritato, il tiranno domandò a Platone cosa fosse venuto a fare in Sicilia, e questi gli rispose che era alla ricerca di un uomo virtuoso. Sprezzante, Dionisio gli disse che era evidente che non lo avesse ancora trovato.<ref>Cfr. Martin Dreher, Barbara Scardigli (a cura di), Plutarco, ''Dione'', 2000, p. 165; [[Michel Foucault]], ''Il governo di sé e degli altri. Corso al Collège de France (1982-1983)''.</ref>
 
Nella versione di Laerzio i due discussero di virtù e tirannide: annoiato dai suoi discorsi, il tiranno disse a Platone che le sue parole sapevano di «''rimbambimento senile''»<ref>[[Dionisio I]] in [[Diogene Laerzio]], III, 18 « Οἱ λόγοι σου, » φησί, « γεροντιῶσι, »</ref>, al che l'ateniese rispose:
 
{{Citazione|Ma le tue sanno di tirannide|[[Platone]] in [[Diogene Laerzio]], III, 18|Σοῦ δέ γε τυραννιῶσιν.|lingua=GRC}}
 
==== Epilogo del primo viaggio ====
[[File:Archer du fronton du temple d'Athéna-aphaïa2.jpg|thumb|160px|Arcere del [[tempio di Afaia]] di [[Egina (isola)|Egina]], la città nemica di Atene sulla quale sarebbe stato spedito Platone dopo l'acceso diverbio con Dionisio]]
 
Le fonti di Plutarco e Diogene concordano nel sentenziare un epilogo burrascoso per il primo viaggio del filosofo ateniese.
 
Secondo Plutarco, Dione e i suoi amici lo fecero imbarcare frettolosamente su una [[trireme]] per salvarlo dall'ira del tiranno; acutissima dopo lo scontro verbale.<ref name=plutarco>[[Plutarco]], ''Dion'', 5, 3-7.</ref> Mentre secondo Diogene, a intercedere per placare tale furia fu la figura di Aristomache, congiuntamente a quella di Dione.<ref name=diogene>[[Diogene Laerzio]], III, 19.</ref>
 
Lo consegnarono al [[navarco]] lacedemone [[Pollide]], presente in città per conto di Sparta nell'anno 388 a.C. - la sua venuta è vista come la volontà da parte degli spartani di impedire a Dionisio di riallacciare i rapporti con Atene, continuando l'intesa Sparta-Siracusa-Persia (la quale avrà comunque fine dopo la [[pace di Antalcida]]).<ref>{{Cita|Colonnese|p. 53}}.</ref>
 
Dionisio avrebbe chiesto a Pollide di uccidere Platone durante il viaggio che li riconduceva in Grecia, o se non voleva farlo, che almeno lo rendesse schiavo. Aggiunse Dionisio, che poichè Platone si definiva «uomo giusto» anche in schiavitù, stando alla sua filosofia, sarebbe stato felice.<ref name=plutarco/> Lo spartano condusse quindi Platone in una città in guerra contro Atene: [[Egina (isola)|Egina]], le cui leggi prevedevano la condanna a morte per qualunque ateniese osasse mettere piede nella loro isola.<ref name=diogene/><ref name=plutarco/> Secondo le fonti di Diogene, qui Platone venne giudicato da un tribunale che vedendolo muto davanti a qualsiasi sorte gli sarebbe toccata, non lo giudicò degno di morte e fu deciso di venderlo alla stregua di un prigioniero di guerra.<ref name=diogene/>
 
A riscattarlo dalla schiavitù sarebbe stato l'amico filosofo [[Anniceride]]. Dione avrebbe allora voluto ripagare il cireneo inviandogli la cifra spesa per la libertà di Platone, ma questi avrebbe rifiutato il gesto, comprando invece con il denaro del siracusano il giardino situato nell'Accademia per conto del filosofo ateniese.<ref>[[Diogene Laerzio]], III, 20. Cfr. {{Cita|Platone, Reale, Cicero|p. 78}}.</ref>
 
Sulla temporanea schiavitù di Platone si è molto discusso. La storica [[Marta Sordi]] crede nell'effettiva responsabilità del tiranno ai danni di Platone; essa afferma che si sarebbe trattato di una ripicca di Dionisio contro Atene, colpevole, nell'influente figura di Lisia, di averlo offeso pubblicamente.<ref>[[Marta Sordi]], ''Dionigi I e Platone'', ''Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni'', VI, Roma, 1980, pp. 2013-2022 (=Sordi, ''La dynasteia'', pp. 83-91; cf. pp, 165-166).</ref> Altri invece, pur ritenendo veritiera la disavventura di Platone a Egina, non credono alla presunta responsabilità di Dionisio nella vicenda.<ref name=muccioli>{{Cita|Muccioli|pp. 152-154}}; cfr. {{Cita|Colonnese|pp. 53-54}}, n. 171.</ref>
 
La tradizione aneddotica sarebbe nata prendendo spunto da accadimenti storici: come la [[Guerra di Corinto#Egina e il Pireo|conflittualità tra Egina e Atene]], realmente verificatasi, durante la [[guerra di Corinto]].<ref>Vd. resoconti in [[Plutarco]], ''Dion'', 5, 5; [[Diogene Laerzio]], III, 19. Per un'analisi moderna dei rapporti tra Egina e Atene vd. M. Amit, ''Great and Small Poleis. A Study in the Relations between the Great Powers and the Small Cities in Ancient Greece'', Bruxelles, 1973, pp. 54-59. </ref> Gli Ateniesi avevano affettive difficoltà a spostarsi liberamente su quelle acque, per cui Platone poté ritrovarsi prigioniero del nemico durante il tragitto verso casa, ma senza la responsabilità di Dionisio e dell'ambasciatore lacedemone.<ref name=muccioli/>
 
=== Secondo viaggio ===
{{Citazione|Nei vent'anni successivi, dal 387 al 367, Platone insegnò nella sua Accademia e scrisse i cosidetti dialoghi della maturità [...] E con ogni probabilità avrebbe continuato così per il resto della sua vita, se la storia non gli avesse offerto l'opportunità di applicare il suo ideale politico al mondo reale.<ref>Brian Proffitt, Giovanni Stelli, 6.''La fondazione dell'Accademia'' in ''Platone alla portata di tutti. Un primo passo per comprendere Platone'', 2006, p. 15.</ref>|}}
 
Di ritorno ad Atene, nel [[387 a.C.]] fondò l'[[Accademia]] (così chiamata per essere sorta su di un bosco sacro all'eroe [[Academo]]) e la consacrò alle [[Muse (divinità)|Muse]] e al dio [[Apollo]]. Platone divenne [[scolarca]] di molti discepoli, e la sua fama si accrebbe sempre più.
 
[[File:Glyptothek, Múnich, Alemania, 2013-02-02, DD 17.JPG|thumb|160px|left|Dionisio II si dichiarò figlio di [[Apollo]], medesimo riconoscimento che in futuro si darà [[Alessandro Magno]]. Vi sarebbe una connessione tra il culto del tiranno e quello platonico per lo stesso dio.{{#tag:ref|In verità è molto difficile stabilire se il culto apollineo di Dionisio II fosse legato a Platone, poiché la sua patria, Siracusa, ha da sempre avuto un fortissimo [[Siracusa (città antica)#L'origine di Siracusa nelle fonti d'epoca greca|legame con il dio sole]]: va menzionato, ad esempio, il [[Leggenda sulla fondazione di Siracusa#I coloni della Tenea corinzia|legame con l'Apollo della Tenea Corinzia]] o il nome di [[Ortigia]], la cui etimologia lega tutte le isole sacre ai gemelli degli [[astri]]: [[Artemide]] e [[Apollo]]. Oltre ciò vi si potrebbe celare il desiderio di Dionisio II di avvicinarsi al culto dei [[Pitagorici]], dediti ad Apollo, poiché conquistata la città magno-greca di [[Reggio Calabria]] il Siracusano la rifondò con il nome di ''Febea'', ''La Luminosa'' in onore di Febo Apollo. Non si può però escludere il tentativo di accostarsi maggiormente alla filosofia di Platone, notoriamente connesso al dio Apollo.<ref>Cfr le varie ipotesi in {{Cita|Muccioli|pp. 471-481}}; sul legame tra Platone e Apollo vd. ''Ippia Maggiore. Sul Bello: Dialoghi socratici'', 2015, pp. 118-119.</ref>|group=N}}]]
 
Nel [[367 a.C.]], trascorsi vent'anni dal suo primo viaggio in Sicilia, Platone decise di recarvisi una seconda volta, spinto da un nuovo scenario politico che si era aperto nel governo di Siracusa: quell'anno infatti morì il tiranno Dionisio I, e suo figlio, [[Dionisio il Giovane]], si apprestava a salire al trono.<ref>Non è concorde con il 367 a.C. Muccioli, il quale ritiene che il filosofo ateniese venisse invitato alla carte dionisiana dopo almeno un anno di governo di Dionisio II e che vi giungesse nel [[366 a.C.]] {{Cita|Muccioli|pp. 159-160}}.</ref> Dione lo chiamò a sé, scrivendogli che era quello il momento giusto per cercare di attuare i loro propositi e che il giovane Dionisio si mostrava ben disposto all'erudizione platonica.{{#tag:ref|Lo stesso Platone riconobbe in Dionisio II una predisposizione all'erudizione (''[[Lettera VII]]'' 328a, 338d-e, 339c). Inoltre anche dalla ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' risultano composizioni letterarie del giovane tiranno. In particolare, si è a conoscenza di un suo scritto intitolato ''Sui poemi di Epicarmo''. Tali testimonianze sono importanti per guardare con occhio più critico alla tradizione plutarchea e filo-platonica che tende a dipingere Dionisio II come un giovane selvaggio da educare secondo le maniere platoniche. Tale tradizione potrebbe invece essere nata per giustificare il fallimento delle idee platoniche alla corte di Siracusa.<ref>Cfr. {{Cita|Muccioli|p. 159}}. Sul clima filosofico nella corte dionisiana vd. cap. e fonti in voce correlata: [[Alcimo (storico)#Sulle sue opere|Alcimo e la corte dionisiana]].</ref>|group=N}}
 
{{Citazione|Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone|[[Dione di Siracusa|Dione]], ''[[Lettera VII]]'', 328a.<ref>Trad. italiana in {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 11}}.</ref>|ὥστε εἴπερ ποτὲ καὶ νῦν ἐλπὶς πᾶσα ἀποτελεσθήσεται τοῦ τοὺς αὐτοὺς φιλοσόφους τε καὶ πόλεων ἄρχοντας μεγάλων|lingua=GRC}}
 
Platone, ormai maturo nelle sue idee, partì con la ferma intenzione di attuare quel tanto sperato cambiamento politico che egli riteneva essenziale affinchè si potesse mettere fine ai mali dell'umanità.<ref name=eudosso>''[[Lettera VII]]'' 326a, 326b.</ref> Lasciò la direzione dell'Accademia a [[Eudosso di Cnido]],<ref>Cfr. R. Radice, ''Platone'', 2014; E. Berti, ''La filosofia del "primo" Aristotele'', 1997, p. 68; T. Tuppini, ''Epicuro'', 2014, filosofia-cronologia, anno 367-365 a.C.</ref> l'anno in cui vi fece ingresso il giovane [[Aristotele]].<ref name=eudosso/>
 
Diogene differentemente da Plutarco, dalla settima epistola e da [[Nepote]]<ref>Lo storico latino [[Cornelio Nepote]], nella sua ''Vita di Dione'', asserisce che Platone tornò in Sicilia sotto le pressanti richieste di Dione. Nep., ''Dion'', 3, 1.</ref>, non menziona Dione tra i promotori del secondo viaggio. L'antico storico greco dice che Platone venne in Sicilia per chiedere a Dionisio II un po' di terra e di uomini disposti a vivere secondo il suo governo ideale. Dionisio avrebbe promesso di esaudire questa sua richiesta, ma alla fine non gli avrebbe dato quel che l'Ateniese desiderava.
 
[[File:Location of Syracuse in Sicily.jpg|thumb|250px|Localizzazione di [[Siracusa (città antica)|Siracusa]] in Sicilia: fulcro del potere della [[Età dionigiana|tirannide dionisiana]]]]
 
{{Citazione|La seconda volta si recò presso Dionigi il Giovane chidendogli un po' di terra e alcuni uomini che vivessero secondo la sua costituzione. E Dionigi, benché avesse promesso, non mantenne fede.|[[Diogene Laerzio]], III, 21.|Δεύτερον πρὸς τὸν νεώτερον ἧκε Διονύσιον αἰτῶν γῆν καὶ ἀνθρώπους τοὺς κατὰ τὴν πολιτείαν αὐτοῦ ζησομένους· ὁ δὲ καίπερ ὑποσχόμενος οὐκ ἐποίησεν.|lingua=GRC}}
 
Il tiranno in un primo momento si mostrò abile ricettore delle dottrine di Platone, mutando rapidamente il volto al suo governo.<ref>Così afferma Plutarco: ''Dion'' 13, 1-4. La critica moderna è invece più propensa a credere che il cambiamento non fosse dovuto agli insegnamenti di Platone ma all'articolata situazione che vedeva contrapposte le fazioni di Dione e di [[Filisto]]. Cfr. {{Cita|Colonnese|pp. 27-28}}; {{Cita|Muccioli|pp. 199-200}}.</ref>
 
Secondo le fonti di Plutarco, tra i due sarebbe nato un rapporto così profondo che portò il giovane Dionisio a essere follemente geloso dell'Ateniese e a desiderare che questi ammirasse solo lui<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 16.</ref>{{#tag:ref|Nella narrazione plutarchea il desiderio in Dionisio II di apprendere le dottrine platoniche viene presentato come pura possessività tirannica; egli è volubile e traditore (cfr. {{Cita|Colonnese|pp. 29, 30}}). Secondo alcune fonti moderne però bisognerebbe anche considerare l'indottrinamento al quale venne sottoposto Dionisio II: il filosofo ateniese, come afferma nella settima lettera (341c-d-), doveva vivere per lungo tempo a stretto contatto con il disceopolo, affinché la predicazione sorbisse gli effetti desiderati. Ciò potrebbe spiegare la possessività del Siracusano. Ma Platone dice comunque che Dionisio non si fece suo discepolo, perché si mostrava restio a seguire le sue abitudini. Continua Platone asserendo che non lo fece per paura di perdere la propria autonomia d'azione.<ref>''[[Lettera VII]]'', 330a-c. Cfr. con fonti moderne: {{Cita|La filosofia politica di Platone|pp. 62-64}}.</ref>|group=N}} - nella settima epistola, col senno di poi, lo stesso Platone non sembra in grado di definire che tipo di sentimenti lo abbiano legato al giovane Dionisio.{{#tag:ref|Riferisce Platone su questo rapporto nella settima epistola: «''Mi amava sì, sempre di più con il passar del tempo''» (''[[Lettera VII]]'' 330a). L'Ateniese appare in imbarazzo nel doversi confrontare con i suoi buoni propositi teorici e il vederli cedere davanti al potere in carne e ossa: «lo vediamo indotto a scendere a patti con il tiranno, che pretende di "usarlo" lungi dall'esserne a sua volta "usato". È qui il vero fallimento di Platone».<ref>Cit. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 15}} ''Platone e i tiranni''.</ref>|group=N}}
 
==== La riforma di Platone ====
Allarmati dal repentino cambiamento che Dionisio II mostrava a contatto con Platone, temendo che la tirannide fosse in procinto di cadere, i detrattori di Dione richiamarono dal suo esilio [[Filisto]] - braccio destro di Dionisio I, da questi esiliato nel [[386 a.C.]] per motivi poco chiari.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 11.</ref> Giunto a Siracusa, Filisto osservando la situazione si fece tale opinione:
 
{{Citazione|Gli Ateniesi [...], grazie a un solo sofista [Platone], volevano abbattare la tirannide di Dionisio, convincendolo a disfarsi delle sue diecimila guardie e ad abbandonare le quattrocento triremi, i diecimila cavalieri e una fanteria di molte volte maggiore, per andare a cercare nell'Accademia quel suo 'bene' misterioso e diventare felice in virtù della geometria.|[[Filisto]] in [[Plutarco]], ''Dion'', 14, 3.<ref>Trad. italiana in {{Cita|La filosofia politica di Platone|p. 64}}.</ref>|Ἕνιοι δὲ προσεποιοῦντο δυσχεραίνειν, εἰ πρότερον μὲν Ἀθηναῖοι ναυτικαῖς καὶ πεζικαῖς δυνάμεσι μεγάλαις δεῦρο πλεύσαντες ἀπώλοντο καὶ διεφθάρησαν πρότερον ἢ λαβεῖν Συρακούσας, νυνὶ δὲ δι' ἑνὸς σοφιστοῦ καταλύσουσι τὴν Διονυσίου τυραννίδα, συμπείσαντες αὐτὸν ἐκ τῶν μυρίων δορυφόρων ἀποδράντα, καὶ καταλιπόντα τὰς τετρακοσίας τριήρεις καὶ τοὺς μυρίους ἱππεῖς καὶ τοὺς πολλάκις τοσούτους ὁπλίτας, ἐν Ἀκαδημείᾳ τὸ σιωπώμενον ἀγαθὸν ζητεῖν καὶ διὰ γεωμετρίας|lingua=GRC}}
 
[[File:Paestum Museum (6120222919).jpg|thumb|170px|Antica armatura proveniente da [[Poseidonia]]; città conquistata dai [[Lucani]], uno dei popoli di [[lingua osca]] visti da Platone come una minaccia per la grecità; Siracusa fu loro alleata e poi nemica{{#tag:ref|Ciò che il filosofo temeva era la massiccia [[Alleanze tra i Galli e Siracusa#La grecità italiota e i Barbari|presenza di mercenari Oschi in Sicilia]] (''[[Lettera VII]]'' 353e.). La Siracusa dionisiana, la cui politica filo-barbarica è nota alla critica moderna, in un primo tempo vi si alleò per poter controllare meglio i popoli della Magna Grecia. Poi iniziò a contrastarli facendosi protettrice della grecità italiota.<ref>Cfr. ''Il federalismo nel mondo antico'', 2005.</ref>|group=N}}]]
 
La riforma di Platone provocò un acceso dibattito tra le fazioni politiche che accerchiavano il tiranno. La smilitarizzazione e la radicale trasformazione era vista dai sostenitori della tirannide come un nuovo tentativo da parte di [[Atene (città antica)|Atene]] di conquistare Siracusa: non essendovi riuscita con la [[Spedizione ateniese in Sicilia|spedizione del 415 a.C.]] adesso ci riprovava con la loquacia del suo migliore esponente.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 14. Cfr. Sordi, ''La Sicilia'', pp. 9-10: ''Il IV secolo'', p. 229; {{Cita|Muccioli|p. 201}}.</ref>
 
Tuttavia sono sorti parecchi dubbi sulla veridicità della notizia plutarchea, poiché la posizione di Platone non era del tutto pacifista: egli eberrava, sì, la guerra civile, ma riteneva necessario il difendersi contro nemici esterni come i [[Barbari]].
 
Era quindi improbabile che premesse affinché il tiranno si privasse totalmente delle sue forze militari.<ref>Cfr. {{Cita|Muccioli|pp. 200-202}}, n. 543.</ref>
 
Al quarto mese di permanenza del filosofo ateniese in Sicilia, Dione venne esiliato<ref>''[[Lettera VII]]'' 329c.</ref> - ambiguità e gelosia furono i principali motivi.{{#tag:ref|Una presunta lettera del figlio di Ipparino alle forze di [[Cartagine]] avrebbe svelato un'intesa segreta dei Dionei ai danni di Dionisio II ([[Plutarco]], ''Dion'', 14). Inoltre vi sarebbe stato il fattore gelosia, poiché il tiranno desiderava prendere il posto di Dione nelle simpatie di Platone (''[[Lettera VII]]'', 330a). Tuttavia vi sarebbe dell'altro, volontariamente taciuto da Platone nella sua settima epistola.<ref>Cfr. analisi moderna in {{Cita|Muccioli|pp. 203-206}}.</ref>|group=N}} Platone rimase ugualmente a corte:<ref>Riferisce Platone nella lettera postuma al viaggio che venne trasferito sull'[[Acropoli]], dove per qualsiasi imbarco occorreva il permesso di Dionigi. (''[[Lettera VII]]'', 329d-e).</ref>
 
{{Citazione|È però rimasto a corte nell'illusione, dice, di catturare ugualmente l'animo del giovane tiranno, e, attraverso l'animo di un unico individuo, “fare tutto il bene possibile”|''Platone e i tiranni''<ref>{{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro| p. 15}}.</ref>}}
 
Nella terza epistola del ''Corpus Platonicum'' si parla di una dura campagna denigratoria da parte di Filisto (Filistide nel testo) nei confronti di Platone davanti al popolo siracusano e ai [[mercenari]], accusandolo di essere rimasto sull'acropoli al fianco di Dionisio per influenzarlo.<ref>[Plato], ''Lettera III'', 315e (=''FGrHist'' 556 T 6b). In verità nella settima epistola Platone riferisce di calunnie generali nei suoi confronti presso Dionisio II per indurlo a non seguire la sua filosofia, ma parla di forti dissidi con i mercenari solo nel terzo viaggio. ''[[Lettera VII]]'' 330a-b. {{Cita|Muccioli|pp. 207-208}}.</ref>
 
Solamente il sopraggiungere di una guerra che impegnava direttamente Dionisio, offrì a Platone l'occasione di lasciare la Sicilia - si trattava di un conflitto con i [[Lucani]], tra i confini della [[Magna Grecia]] o di una ripresa delle ostilità con [[Cartagine]].<ref>{{Cita|Muccioli|p. 209}}.</ref> Il tiranno gli promise comunque che in tempo di pace avrebbe mandato a chiamare sia lui che Dione.<ref>''[[Lettera VII]] 338a.</ref>
 
=== Terzo viaggio ===
==== Premessa: l'esilio di Dione ====
Esiliato da Siracusa, ma potendo disporre ancora interamente del suo patrimonio, Dione venne accolto ad Atene nell'Accademia di Platone; qui divenne intimo amico di [[Speusippo]], nipote di Platone,{{#tag:ref|[[Plutarco]], ''Dion'', 17, 2-4 (=F 14 Isnardi Parente, ''Speusippo'' = T 29 Taran). Sarebbe stato lo stesso Platone a far avvicinare Speusippo a Dione, affinché addolcisse con il suo buon umore il carattere del Siracusano ([[Plutarco]], ''Dion'', 17, 3-4).<ref>Cfr. {{Cita|Muccioli|p. 225}}.</ref>|group=N}} e di [[Callippo (generale)|Callippo]] - l'Accademico che in seguito Platone avrebbe rinnegato.{{#tag:ref|Callippo, personaggio ambiguo nelle antiche fonti, è elencato tra i discepoli di Platone in [[Diogene Laerzio]] (III, 46) ma Platone, nella settima epistola, ne prende chiaramente le distanze (Ep. VII 333d-334c. 336e-d) (cf. 351d-e; Ep. VIII, 352c). [[Plutarco]] lo definisce «compagno di misteri e di eteria» (''Dion'', 17, 2; 54, 1-2; 56, 6).<ref>Cfr. con fonte moderna {{Cita|Muccioli|pp. 224-225}}.</ref>|group=N}} Godendo di ottima fama presso le città greche, Dione fu ben accolto, oltre che da Atene, anche da [[Corinto]] e da [[Sparta]].<ref name=mucciolizorat>Cfr. {{Cita|Muccioli|pp. 222-228}}, cap. IV: ''Dione in Grecia e il rapporto di Dionisio II con le città greche''; Marta Zorat, ''Dionisio II, Dione e Sparta'' in ''Hesperia 4'' a cura di [[Lorenzo Braccesi]], pp. 165-177.</ref>
 
L'appoggio che la Grecia dimostrò a Dione è stato definito ambiguo nei confronti di Dionisio II. Tuttavia una chiave di lettura negativa non è la sola possibile. Bisogna infatti considerare che proprio la figura di Platone, in quegli anni legata sia al tiranno che al principe siracusano, fungeva da collante tra i due e mostrava agli occhi dei greci una situazione, ciononostante, recuperabile e ancora pacifica.<ref name=mucciolizorat/>
 
I Lacedemoni conferirono la cittadinanza spartana a Dione nel [[365 a.C.]];<ref>[[Plutarco]], ''Dion', 17, 8.</ref> l'anno in cui Dionisio II aveva mandato i propri contingenti militari nelle acque di [[Tebe (Grecia)|Tebe]] per soccorrere Sparta.{{#tag:ref|Sparta aveva un forte legame con Dionisio II: [[Isocrate]] lo menziona tra i principi stranieri alleati di [[Archidamo III|Archidamo]], ed egli dice che il lacedemone era pronto a evacuare Sparta inviando donne e bambini in Sicilia sotto la protezione di Dionisio II. E lo stesso Siracusano non mancò ai suoi rapporti di alleanza inviando truppe a Tebe. Non si spiegherebbe quindi un repentino voltafaccia degli Spartani nei suoi confronti.<ref>[[Isocrate]], VI, 63. Cfr. {{Cita|Muccioli|p. 222}}</ref>|group=N}} Tale gesto sconcerta gli studiosi che dibattono nel cercare di comprendere se la mossa di Sparta stia a indicare la volontà di rottura con la tirannide dionisiana o semplicemente in Grecia non si percepiva ancora la gravità della situazione tra Dione e Dionisio II.<ref name=mucciolizorat/> Proprio Platone, durante il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia, assisterà impotente alla rottura definitiva dell'equibrio.<ref>{{Cita|Muccioli|p. 269}}, cap. V: ''La rottura dell'equilibrio'' - ''Il terzo viaggio di Platone a Siracusa''; Marta Zorat, ''Dionisio II, Dione e Sparta'' in ''Hesperia 4'' a cura di [[Lorenzo Braccesi]], p. 168.</ref>
 
==== Gli inviti ====
Negli anni che intercorsero tra il secondo e il terzo viaggio di Platone, Dionisio II riuscì a mantenere in maniera costante i contatti con il filosofo.<ref>''Lettera XIII'' (di dubbia veridicità); ''[[Lettera VII]]'' 338a-c. ''Lettera III'' 317a-b. Cfr. {{Cita|Muccioli|pp. 269-270}}.</ref> Nel frattempo si risolse a favore di Siracusa il conflitto bellico scoppiato nel [[366 a.C.]], per cui il tiranno valutò che i tempi erano nuovamente maturi per richiamare Platone presso la sua corte.<ref name=muccioliuno>'[[Lettera VII]]'' 338a-c. ''Lettera III'' 317a-b. Cfr. {{Cita|Muccioli|p. 270}}.</ref>
 
[[File:Busto di c.d. archita, da villa papiri ercolano, copia romana da orig. del III sec ac., MANN.JPG|thumb|145px|Busto di [[Archita di Taranto|Archita]], [[Ercolano]]. Il [[pitagorico]] [[Taras (Taranto)|tarantino]], amico di Platone, intercede a suo favore presso Dionigi II]]
 
[[File:Plutarch head only.jpg|thumb|145px|left|Busto di [[Plutarco]]. Ha narrato i tre viaggi di Platone nella ''[[Dione di Siracusa#Nelle Vite Parallele di Plutarco|Vita di Dione]]'' con un'eccessiva connotazione negativa nei confronti dei due Dionisî]]
 
Il primo invito venne rifiutato dall'Ateniese<ref name=muccioliuno/> Dionisio allora si rivolse a [[Archita di Taranto]], con la cui ''polis'' aveva stretto di recente ottimi rapporti,{{#tag:ref|Nella settima epistola Platone afferma che fu per merito suo se Dionisio II riuscì a instaurare ottimi rapporti con Archita di Taranto. Tuttavia resta il dubbio se tali rapporti siano poi sfociati in una vera e propria ''symmacchia'' tra Siracusa e Taranto (a favore si è pronunciato, se pur con cautela, Stroheker. Comunque si può certamente parlare di un saldo e duraturo rapporto.<ref>''[[Lettera VII]]'', 338c-d; 339d, 350a-b. Stroheker, ''Sizilien und die Magna Graecia'' cit., p. 129 e ''Dionysios I'' pp. 128, 135, n. 32 a p. 233. Cit. {{Cita|Colonnese|p. 31}}, n. 87; {{Cita|Muccioli|p. 211}}.</ref>|group=N}} e ai [[Pitagorici]], chiedendo loro di persuadere il filosofo a tornare.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 18, 5; ''[[Lettera VII]]'' 338c-339e; ''Lettera III'' 317b-c.</ref>
 
Platone infine cedette, ma in lui avrebbe prevalso più che altro il desiderio di aiutare Dione,<ref>''[[Lettera VII]]'', 338a-b. 339a-d; [[Plutarco]], ''Dion'', 18, 7-8.</ref> poiché Dionisio gli scrisse una lettera in tali termini:
 
{{Citazione| Se ora ti lasci convincere da noi a venire in Sicilia, per prima cosa tutta la vicenda di Dione avrà l’esito che tu aspetti – del resto so che le tue richieste sono equilibrate e io non posso che essere d’accordo -; altrimenti, nulla di ciò che riguarda Dione, né il suo caso personale né eventuali altre faccende, prenderà la piega che tu desideri|[[Dionisio II]] a [[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 339c.<ref name=letteraplatonica>Trad. italiana in {{Cita web|url=http://www.liceorecanati.it/|titolo=lettera settima Platone|accesso=9 maggio 2016}}.</ref>|ἂν εἰς Σικελίαν πεισθεὶς ὑφ’ ἡμῶν ἔλθῃς τὰ νῦν, πρῶτον μέν σοι τὰ περὶ Δίωνα ὑπάρξει ταύτῃ γιγνόμενα ὅπῃπερ ἂν αὐτὸς ἐθέλῃς—θελήσεις δὲ οἶδ’ ὅτι τὰ μέτρια, καὶ ἐγὼ συγχωρήσομαι—εἰ δὲ μή, οὐδέν σοι τῶν περὶ Δίωνα ἕξει πραγμάτων οὔτε περὶ τἆλλα οὔτε περὶ αὐτὸν κατὰ νοῦν γιγνόμενα.|lingua=GRC}}
 
Platone lasciò la direzione dell'Accademia a [[Eraclide Pontico]]<ref>''Suda'' cit. in {{Cita|Muccioli|p. 272}}, n. .741.</ref> e nel [[361 a.C.|361]]/[[360 a.C.]] tornò una terza volta nel [[mar di Sicilia]], affrontando la «''mortal [[Cariddi]]»''.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 18.</ref> Il filosofo ateniese stavolta però portò con sé un nutrito gruppo di discepoli, tra cui si annoverano Speusippo e [[Senocrate]].{{#tag:ref|Probabili motivi di sicurezza lo spinsero a essere accerchiato dai suoi più fedeli Accademici. Anche se questi, come informa Plutarco, si dimostrarono più interessati all'ormai palpabile clima anti-tirannico che permeava Siracusa, piuttosto che limitare la loro presenza a corte, al fianco di Platone.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 2, 1-4.</ref>|group=N}}
 
==== Il fallimento dello Stato ideale ====
[[File:Speusippus in Thomas Stanley History of Philosophy.jpg|thumb|190px|[[Speusippo]] nipote di [[Platone]] e futuro reggitore dell'Accademia. Il suo contrasto con Dionisio è documentato da antiche fonti]]
 
In questo terzo viaggio, tra i due vi fu un solo discorso incentrato sulla filosofia e fu sconfortante per Platone comprendere che il tiranno non aveva intenzione di approfondire i suoi insegnamenti - poiché egli non era «acceso dall’ardore filosofico come da un fuoco» (''[[Lettera VII]]'', 341c-d) - ma desiderava solamente credersi superiore agli altri, appropriandosi di parole non sue.
 
Ciò dedusse Platone accusando Dionisio II di aver pubblicato un testo sui princìpi primi e supremi della ''phýsis'' servendosi delle parole udite dal filosofo ateniese durante uno dei loro incontri. La colpa del Siracusano fu quella di aver tradito il principio base della filosofia platonica: un ''máthema'' non può essere intrappolato nella stesura di un discorso, che rimane comunque relativo.<ref>''[[Lettera VII]]'', 344 d. Cfr. pensiero platonico in [[Massimo Cacciari]], ''Labirinto filosofico'', 2014.</ref>
 
Stando così le cose, Platone vedeva infrangersi inesorabilmente il sogno di veder sorgere a Siracusa uno Stato illuminato retto da un suo re-filosofo.
 
Sull'operato di Platone in Sicilia si sono interrogati in molti. Diverse le possibilità che potrebbero spiegare il fallimento del suo tentativo politico. L'inadeguatezza del modello platonico, inserito in un contesto temporale errato o la possibile debolezza, o incertezza, di Platone di fronte al potere tangibile, sono solo alcune delle ipotesi.
 
Ad ogni modo, mentre a corte si consumavano gli ultimi atti del rapporto filosofico tra Platone e Dionisio II, tra le vie della città, come informa [[Plutarco]], gli [[Accademici]] avevano altri progetti; essi infatti sondavano il terreno per un'imminente spedizione militare di Dione contro il tiranno.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 22, 1-4 (=F 15 Isnardi Parente, ''Speusippo'' = T 30 Tarán).</ref>
 
La trama dei discepoli di Platone era fisica e violenta, per cui andava contro i principi morali del loro maestro e come è stato fatto osservare dagli studiosi è molto probabile che Platone fosse totalmente all'oscuro dei progetti del nipote Speusippo - principale sostenitore di un intervento bellico a favore degli anti-tirannici - altrimenti non avrebbe continuato a lavorare a una mediazione pacifica tra Dione e Dionisio II.<ref>Helmut Berve, ''Dion'', p. 793 in {{Cita|Muccioli|p. 274}}.</ref>
 
==== I beni di Dione ====
{{Vedi anche|Dione di Siracusa#La vendita dei beni}}
[[File:Aristote33.jpg|thumb|170px|left|[[Aristotele]] (busto [[Colosseo]], [[Roma]]). L'allievo di Platone nelle sue opere è testimone indiretto degli eventi. Egli nella ''[[Politica (Aristotele)|Politica]]'' afferma che Dione attaccò Dionisio II spinto dall'odio{{#tag:ref|Arist., ''Pol''., V, 1312b, 9-11, 16-17. Aristotele sostiene che le nobili stirpi possono degenerare fino alla follia, come nel caso di Dionisio II.<ref>Cit. in {{Cita|Muccioli|p. 295}}.</ref>|group=N}}]]
 
Con uno stratagemma, esposto dettagliatamente nella settima epistola, Dionisio II riuscì a fare credere a Platone che Dione avrebbe avuto indietro i suoi beni, ma in realtà il Siracusano non aveva alcuna intenzione di dare al temuto zio la possibilità di rendersi potente con tutto quel denaro.<ref name=letterasettima>''[[Lettera VII]]'', 346a-e; 347a-e; 348a.</ref> Alle proteste di Platone, tutto il patrimonio fu immediatamente venduto.<ref name=letterasettima/>
 
Il filosofo evitò di ribattere. I due non parlarono mai più di Dione. Ciò provocò la prima insanabile frattura con il filosofo.<ref name=letterasettima/>
 
{{Citazione|Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell’esilio di Dione, in questo fallì miseramente.|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 333d.<ref name=letteraplatonica/>|ἐμὲ παρακαλοῦντας πρὸς τὰ νῦν πράγματα. ἦλθον Ἀθηναῖος ἀνὴρ ἐγώ, ἑταῖρος Δίωνος, σύμμαχος αὐτῷ, πρὸς τὸν τύραννον, ὅπως ἀντὶ πολέμου φιλίαν ποιήσαιμι· διαμαχόμενος δὲ τοῖς διαβάλλουσιν ἡττήθην. πείθοντος δὲ Διονυσίου τιμαῖς καὶ χρήμασιν γενέσθαι μετ’ αὐτοῦ ἐμὲ μάρτυρά τε καὶ φίλον πρὸς τὴν εὐπρέπειαν τῆς ἐκβολῆς|lingua=GRC}}
 
Agli occhi della Sicilia, Platone e Dionisio II si professavano amici, ma in realtà i due erano ormai giunti a punto di rottura: Platone desiderava andarsene. Dionisio II era invece sempre più isolato.<ref>''[[Lettera VII]]'', 347e; 348a.</ref>
 
Gli studiosi ritengono che il Siracusano fosse a conoscenza dei movimenti cospiratori che avvenivano alle sue spalle nel nome di Dione e della filosofia platonica e che avesse deciso di rompere la mediazione con Platone solo quando si rese conto che nemmeno il maestro era in grado di controllare i suoi discepoli.<ref>{{Cita|Muccioli|p. 279}}; [[Marta Sordi|Sordi]], ''La Sicilia'', pp. 13-14.</ref>
 
==== Platone e la rivolta dei mercenari ====
{{Doppia immagine verticale|destra|DionysiusofSyracusebyGeorge S. Stuart.jpg|Siracusa, dionisio I, dracma, 384 ac., delfini.JPG|150|[[Dionisio I]] (<small>ad opera della ''George S. Stuart Historical Figures''</small>). Fu egli a introdurre ingenti masse di [[mercenari]] nella ''polis'', e per mantenerle mutò la coniazione d'[[argento]] in [[stagno (elemento chimico)|stagno]].{{#tag:ref|Lo stratagemma economico di Dionisio fu una rivoluzione monetale che in seguito sarà adottata anche da altri Stati: come quello di [[Tolomeo II Filadelfo]] o come quello di [[Augusto]], il quale coniò monete in [[oricalco]], pari al bronzo, ma con maggiore lucentezza e quindi maggiore valore nominale.<ref>Sulla coniazione ai tempi di Dionisio I vd. ''La monetazione mercenariale in Sicilia'', 2000; ''La monetazione di Dionisio I fra economia e propaganda in {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|pp. 33-42}}; {{Cita web|url=http://www.academia.edu/1739545/Considerazioni_sul_pagamento_del_s%C3%AEtos_ai_mercenari_nella_Sicilia_tra_Dionisio_I_e_Timoleonte|titolo=Considerazioni sul pagamento del sîtos ai mercenari nella Sicilia tra Dionisio I e Timoleonte|sito=[http://www.academia.edu www.academia.edu]|accesso=17 maggio 2016}}</ref>|group=N}}|[[Monetazione di Siracusa|Moneta siracusana]] d'[[età dionigiana]]. L'astro al centro dei delfini accosta Dionisio a una dea madre come [[Astarte]], chiedendo potenza e fortuna per il suo Regno{{#tag:ref|La [[costellazione dei Pesci]] - già legata alla dea [[Atargatis]] - che qui sarebbe rappresentata dai due delfini, anticamente simboleggia una "rinascita" e la [[Monetazione di Siracusa#Le monete dionigiane: l'emissioni di ΣΥΡΑ e dell'Ippocampo|coniazione siracusana]] avrebbe così legittimato il nuovo potere, una nuova età dell'oro grazie ai Dionisi. L'astro invece richiamerebbe il culto della [[Grande Madre|dea madre]], in questo caso Syra (con ''Sosia'' = ''Salvatrice''), assimilata a una [[stella]] ([[Sothis]], [[Iside]], [[Atargatis]], [[Astarte]], sono tutte dee legate alle stelle) e nel suo insieme la moneta vorrebbe quindi significare una nuova rinascita sotto l'auspicio della dea protettrice Syra. Interessante appare la riconiazione della moneta dionigiana con la personificazione di Sikelia e una stella a sedici raggi da parte dei [[mercenari]] [[Campania|campani]] di [[Tauromenio]].<ref>Per approfondire vd. {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|pp. 33-42}}; {{Cita web|url=http://www.academia.edu/450234/Moneta_docet._SYRA_o_dell_Astro|titolo= Moneta docet. ΣYΡΑ o dell’Astro|sito=[http://www.academia.edu www.academia.edu]|accesso=14 mggio 2016}}</ref>|group=N}}}}
{{Citazione|Dionigi manifestò l’intenzione di diminuire la paga ai mercenari con maggiore anzianità, contrariamente a quelle che erano state le abitudini di suo padre; i soldati, furiosi, si riunirono in assemblea e dichiararono il loro disaccordo. Dionigi tentò la soluzione di forza, facendo chiudere le porte dell’acropoli, ma quelli si fecero subito sotto le mura, intonando a gran voce il loro barbaro canto di guerra, al che Dionigi, terrorizzato, si affrettò a concedere ai peltasti riuniti tutto quel che chiedevano, e anche qualcosa in più.|''[[Lettera VII]]'', 348a-b.<ref name=letteraplatonica/>|τῶν δὴ μισθοφόρων τοὺς πρεσβυτέρους Διονύσιος ἐπεχείρησεν ὀλιγομισθοτέρους ποιεῖν παρὰ τὰ τοῦ πατρὸς ἔθη, θυμωθέντες δὲ οἱ στρατιῶται συνελέγησαν ἁθρόοι καὶ οὐκ ἔφασαν ἐπιτρέψειν. ὁ δ’ ἐπεχείρει βιάζεσθαι κλείσας τὰς τῆς ἀκροπόλεως πύλας, οἱ δ’ ἐφέροντο εὐθὺς πρὸς τὰ τείχη, παιῶνά τινα ἀναβοήσαντες βάρβαρον καὶ πολεμικόν· οὗ δὴ περιδεὴς Διονύσιος γενόμενος ἅπαντα συνεχώρησεν καὶ ἔτι πλείω τοῖς τότε συλλεχθεῖσι τῶν πελταστῶν. |lingua=GRC}}
 
La settima epistola dà testimonianza di una sommossa di mercenari contro Dionisio II. Placata l'ira dei soldati, all'indomani si cercarono i fomentatori e fu accusato [[Eraclide di Siracusa (politico)|Eraclide]]. Capitò allora che Platone, mentre passeggiava nel giardino di Dionisio, assistette per caso a una conversazione tra il tiranno e Teodota, lo zio di Eraclide, venendo coinvolto nelle preghiere di quest'ultimo affinché il Siracusano risparmiasse la vita di suo nipote, concedendogli l'esilio nel [[Peloponneso]]. Dionisio avrebbe acconsentito.<ref name=passosettimalettera>''[[Lettera VII]]'', 348a-e; 349a-e.</ref>
 
La sera dopo Teodota andò a cercare Platone dicendogli che Dionisio non aveva rispettato il patto e che i suoi [[peltasta|peltasti]] stavano dando la caccia a Eraclide che si aggirava lì intorno. Insieme si recarono da Dionisio.<ref name=passosettimalettera/>
 
Introdotti alla sua presenza, Platone prese la parola difendendo l'accordo stipulato in giardino. Teodota si gettò piangente ai piedi di Dionisio, allorché il filosofo parlò nuovamente provocando lo sdegno del tiranno:
 
{{Citazione|"Sta su, Teodota; Dionigi non ardirà fare nulla in violazione degli accordi di ieri", ed egli, allora, guardandomi davvero da tiranno, ribatté: "A te non ho fatto promesse, né piccole, né grandi"; ed io: "Per gli dèi, bada che tu hai promesso anche a me di non fare ciò di cui anche lui ti prega". Detto ciò, mi volsi indietro e uscii. Dionigi continuò a dar la caccia ad Eraclide, ma Teodota riuscì a fargli arrivare dei messaggi, per avvertirlo di fuggire.|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 349a-c.<ref name=letteraplatonica/>|“θάρρει, Θεοδότα,” ἔφην· “οὐ γὰρ τολμήσει Διονύσιος παρὰ τὰ χθὲς ὡμολογημένα ἄλλα ποτὲ δρᾶν.” καὶ ὃς ἐμβλέψας μοι καὶ μάλα τυραννικῶς, “σοί,” ἔφη, “ἐγὼ οὔτε τι σμικρὸν οὔτε μέγα ὡμολόγησα.” “νὴ τοὺς θεούς,” ἦν δ’ ἐγώ, “σύ γε, ταῦτα ἃ σοῦ νῦν οὗτος δεῖται μὴ ποιεῖν·” καὶ εἰπὼν ταῦτα ἀποστρεφόμενος ᾠχόμην ἔξω. τὸ μετὰ ταῦτα ὁ μὲν ἐκυνήγει τὸν Ἡρακλείδην, Θεοδότης δὲ ἀγγέλους πέμπων Ἡρακλείδῃ φεύγειν διεκελεύετο.|lingua=GRC}}
 
Quella fu la rottura definitiva tra Dionisio II e Platone. Il Siracusano mandò via Platone dall'Acropoli, facendolo dimorare nella casa di Archedemo. Qui ebbe un altro incontro con Teodota - che va specificato, in passato fu confidente di Dione -, Dionisio lo venne a sapere e andò su tutte le furie, dicendogli che aveva fatto male a preferire Dione e i suoi amici anzicché lui. Detto ciò il tiranno non lo ricevette più a palazzo.
 
Platone divenne agli occhi di Dionigi un nemico, al pari di Dione.
 
=== Epilogo finale ===
==== La partenza di Platone ====
Il filosofo ateniese adesso viveva tra i mercenari e questi spesso lo minacciavano di morte, poiché colpevole di volere indurre Dionisio II a congedarli.<ref>''[[Lettera VII]]'' 349c-350a; [[Plutarco]], 19, 8.</ref>
L'Ateniese allora escogitò una via di fuga scrivendo una lettera ad Archita e ai suoi amici di Taranto, informandoli delle pericolose condizioni in cui si trovava. Costoro inviarono in suo soccorso [[Lamisco]], il quale pregò Dionisio di lasciar partire Platone. Il Siracusano acconsentì e Platone fu libero di far ritorno ad Atene.
 
Il filosofo ateniese lasciò definitivamente la Sicilia nel [[360 a.C.]]<ref>Cit. {{Cita|Muccioli|p. 283}}.</ref> Durante il viaggio di ritorno verso casa, Platone si fermò a [[Olimpia]] dove incontrò Dione e lo informò di tutto quanto era avvenuto.
Dione era ormai deciso a intraprendere un'azione militare contro il nipote e lo esortò a unirsi a lui. Platone rifiutò seccamente dicendogli che Dionisio II lo aveva in qualche modo rispettato, impedendo che gli venisse fatto del male quando fu calunniato. Oltre ciò, Platone disse di non avere più l'età per combattere.
 
{{Citazione|Sarò di certo con voi se, provando bisogno di reciproca amicizia, cercherete di fare qualcosa di buono; ma finché siete a desiderare il male, chiamate in aiuto qualcun altro.|[[Platone]], ''[[Lettera VII]]'', 350.<ref name=letteraplatonica/>|κοινός τε ὑμῖν εἰμι, ἄν ποτέ τι πρὸς ἀλλήλους δεηθέντες φιλίας ἀγαθόν τι ποιεῖν βουληθῆτε· κακὰ δὲ ἕως ἂν ἐπιθυμῆτε, ἄλλους παρακαλεῖτε.|lingua=GRC}}
 
==== La guerra civile a Siracusa ====
{{Vedi anche|Guerra civile di Siracusa (357 a.C.)}}
{{Citazione|Non dimentichiamo che la faccenda non finisce con Platone schiavo, finisce con Dionisio esule e definitivamente privato del trono.|Luigi Alfieri, ''Platone Realpolitiker?''<ref>Cit. in {{Cita|La filosofia politica di Platone|p. 70}}.</ref>}}
 
[[File:ARETE APPEALING TO HER PRISON GUARDS.jpg|miniatura|[[Arete di Siracusa|Arete]], prigioniera dell'ateniese [[Callippo (generale)|Callippo]], partorisce il suo ultimo figlio. Platone vede nella sua prole, insieme a Dionisio II, la ''troika'' che avrebbe dovuto governare Siracusa<ref>Così l'''VIII Lettera''. Sull'argomento vd. [[Domenico Musti]], ''UN OTTATIVO DIMENTICATO'' ([[Platone]], "Lettera VIII", 356 a), ''Rivista di cultura classica e medioevale'', Vol. 44, No. 1 (gennaio-giugno 2002), pp. 7-24; {{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 16}}.</ref>]]
 
Dall'isola di [[Zacinto]], Dione salpò alla volta della Sicilia capitanando un esercito di [[mercenari]], di modeste dimensioni, per detronizzare il nipote Dionisio II. Lo accompagnavano diversi Accademici.
 
Come appare evidente dalla settima epistola, il discepolo di Platone non aveva il consenso o il favore del suo maestro in questa iniziativa bellica. La sua azione fece precipitare la ''polis'' di Siracusa in una guerra civile.<ref name=dion>[[Plutarco]], ''Dion'', 25-50.</ref>
 
Dione fece armare il popolo contro il tiranno. Dionisio II dal canto suo offrì un trattato di pace allo zio, ma venne rifiutato. Continuarono gli scontri tra la fazione tirannica e quella accademica. La cattura e le torture inflitte a [[Filisto]], portarono Dionisio II a cercare rifugio a [[Locri]] (patria natia della madre), divenendo tiranno di quella ''polis''.<ref name=dion/>
 
Il conflitto nella sua fase cruenta continuò pur senza la presenza del tiranno. Infine Dione nel [[354 a.C.]] prese il comando, con l'intenzione di formare un governo che richiamasse quello di [[Creta]] e di [[Sparta]], ma non ne ebbe il tempo, poiché il suo compagno [[Callippo (generale)|Callippo]] lo uccise.<ref>[[Plutarco]], ''Dion'', 54-58.</ref>
 
La notizia giunse a Platone, che da [[Atene]] osservava lo svolgersi degli eventi. Scrisse in tale occasione, per il suo discepolo un [[epigramma]]:
 
{{Citazione|Lacrime ad Ecuba ed alle donne d'Ilio sin dalla nascita le Moire decretarono,<br />allora. Su te, o Dione, che conseguisti la vittoria di belle imprese gli dèi<br />riversarono ampie speranze. Tu giaci nella patria immensa, onorato dai cittadini,<br />o Dione, che il mio animo rendesti furente d'amore.|[[Platone]] in [[Diogene Laerzio]], III, 30<ref>Trad. in {{Cita web|url=http://socratics.daphnet.org/agora_show_transcription?id=526&siglum=III%2C30it&data-title=III%2C30it&data-verticalTitle=III%2C30it&data-type=transcription&data-id=page_III%2C30it&data-boxTitle=&data-replaceContent=&data-url=%2Fagora_show_transcription%3Fid%3D526|titolo=E per Dione così|sito=[http://socratics.daphnet.org socratics.daphnet.org]|accesso=22 maggio 2016}}.</ref>|δάκρυα μὲν Ἑκάβῃ τε καὶ Ἰλιάδεσσι γυναιξὶ<br />Μοῖραι ἐπέκλωσαν δὴ τότε γεινομέναις,<br />σοὶ δέ, Δίων, ῥέξαντι καλῶν ἐπινίκιον ἔργων<br />δαίμονες εὐρείας ἐλπίδας ἐξέχεαν.<br />κεῖσαι δ' εὐρυχόρῳ ἐν πατρίδι τίμιος ἀστοῖς,<br />ὦἐμὸν ἐκμήνας θυμὸν ἔρωτι Δίων.|lingua=GRC}}
 
La congiura dell'Ateniese si rivelò fallimentare, poiché egli stesso sarà ucciso dai Dionei. L'instabilità socio-politica permanne per lungo tempo a Siracusa. È questo il periodo a cui risale la stesura della VII e VIII lettera indirizzate ai familiari di Dione. I Dionei riunitisi intorno alla figura di [[Ipparino]] (figlio di Dionisio I e fratellastro di Dionisio II), scrivono a Platone chiedendogli consiglio su come agire. Il filosofo disse loro di eleggere tre Re - nominando a modello la costituzione data da [[Licurgo]] a Sparta - riconosciuti nelle figure di Ipparino, il figlio di Dione (Ipparino III o Areteo) e lo stesso Dionisio II, il quale in quel momento si trovava ancora in Italia.<ref>{{Cita|Bonacasa, Braccesi, De Miro|p. 16}}</ref> Ciò mostra come mutò con gli anni il pensiero di Platone; nell'ultima lettera egli desidera che si attuì quel che ha stilato nelle ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''.<ref>{{Cita|Muccioli|p. 390}}.</ref>
 
[[Platone]] morì nel [[347 a.C.]], non vide quindi tornare la pace a Siracusa. Lo stesso anno della sua morte [[Dionisio II]] prese nuovamente il potere della ''polis'' siciliana ma nel [[343 a.C.]] [[Assedio di Siracusa (343 a.C.)|fu assediato]] dalle forze provenienti da [[Cartagine]] e da [[Corinto]] che definitivamente lo detronizzarono esiliandolo in quella che fu la [[Origini di Siracusa#La colonizzazione dei Corinzi|madrepatria]] dei Siracusani. Il potere venne stabilizzato dal generale corinzio [[Timoleonte]]. Cadde la tirannide dionisiana.<ref>[[Plutarco]], 13, 2-16, 1; [[Diodoro Siculo]], XVI, 70, 1.</ref>
 
== Conseguenze ==
=== Il ruolo degli Accademici ===
[[File:MANNapoli 124545 plato's academy mosaic.jpg|miniatura|L'[[Accademia di Platone]] in un [[mosaico]] [[Antica Roma|romano]] di [[Pompei]]]]
È ormai accertato che l'[[Accademia]] prese parte alla spedizione militare di Dione contro Dionisio II.<ref>{{Cita| Karl Popper, ed. 2014|cap. 7}}; {{Cita|Muccioli|pp. 306-307}}.</ref> Lo dimostra la salita al trono di [[Callippo (generale)|Callippo]], il quale a sua volta venne ucciso dal pitagorico Leptine.<ref>{{Cita|Karl Popper, ed. 2014|cap. 7}}; {{Cita|Muccioli|p. 387}}.</ref>
 
Il caso di Siracusa, che certamente fu il primo e più eclatante,<ref>{{Cita|La filosofia politica di Platone|p. 70}}.</ref> venne riproposto dai discepoli di Platone in più occasioni: Popper - che definisce l'Accademia platonica «allevatrice di tiranni» - conta 9 discepoli e filo-accademici che usurparono i troni di differenti città.<ref>{{Cita|Karl Popper, ed. 2014|cap. 7}}; per l'elenco dei nomi vd. n. 25.</ref>
 
L'esempio più noto viene descritto da [[Ateneo di Naucrati]], il quale afferma che Cherone di [[Pellene]] - discepolo di Platone e Senocrate - agì in maniera deplorevole nel tentativo di attuare lo Stato ideale narrato nella ''[[Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'' e nelle ''[[Leggi (dialogo)|Leggi]]''.<ref>[[Ateneo di Naucrati|Ateneo]], XI, 508f-509b (= [[Democare]] F 1, Marasco). Cit. con ampia bibliografia al riguardo {{Cita|Muccioli|p. 356}}, n. 967 (il quale ritiene le mosse di Cherone prassi della tirannia e non della filosofia).</ref>
 
[[Timoleonte]] stesso è stato definito un filo-accademico o comunque ritenuto fortemente influenzato da Platone;<ref>Su tutti vd. [[Marta Sordi]], ''Timoleonte'', pp. 22. La prima a collegare Timoleonte a Platone fu Renata von Scheliha, ''Dion. Die platonische Staatsgründung'' in ''Sizilien'', Leipzig, 1934.</ref> tale deduzione è resa possibile dal fatto che il [[Corinto|Corinzio]] attuò quelle riforme auspicate nella settima epistola: cacciò dalla Sicilia i mercenari e intraprese la guerra contro [[Cartagine]]; in sostanza si prodigò in difesa della grecità contro i Barbari.{{#tag:ref|Ma è stata proposta anche la visione inversa: ovvero fu l'[[Accademia]] ad affiancarsi alle riforme di Timoleonte, scrivendo la ''[[Lettera VII]]'' tempo dopo che questi eventi accaddero, attribuendoli a Platone.<ref>Cfr. approfondimento in {{Cita|Muccioli|pp. 189; 420-421}}. </ref>|group=N}}
 
Nonostante ciò non è possibile stabilire se gli Accademici e i filo-accademici agissero con alle spalle un grande disegno politico (magari emanato da Platone stesso) o se si trattò solo di iniziative singole; casi sporadici.<ref>{{Cita|Muccioli|p. 189}}.</ref>
 
=== Possibili implicazioni con il mito di Atlantide ===
{{Vedi anche|Atlantide#Parallelismi con la Siracusa dionisiana}}
[[File:Terror Antiquus by L.Bakst (1908).jpg|thumb|230px|left|''Un antico terrore'' di [[Léon Bakst]]]]
In quella che è considerata la IX [[tetralogia]] di Platone sono inseriti i due dialoghi, il ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'' e il ''[[Crizia (dialogo)|Crizia]]'' - ai quali sarebbe dovuto seguire l'''[[Ermocrate (dialogo)|Ermocrate]]'' (identificato con l'[[Ermocrate|omonimo statista siracusano]]) - dove l'Ateniese parla di un'immensa isola scomparsa, [[Atlantide]]; inghiottita dalle acque in un solo giorno e in una sola notte. Ciò accadde, scrive Platone, 9000 anni prima del suo tempo.
 
Numerosi i punti di contatto con il [[mito]] di Atlantide e la Siracusa dei due Dionisii. Il fatto che Platone specifichi che gli atlantidei fossero governati da una società perfetta, totalmente dedita alle leggi che facevano di loro un popolo eletto, riporta inevitabilmente al parallelo con lo [[Città ideale|Stato ideale]] che Platone voleva si formasse a Siracusa.
 
Lasciandosi andare alle tentazioni dei mortali, gli atlantidei provocarono l'ira di [[Zeus]] che radunò gli dèi a consiglio per punire Atlantide e la sua società corrotta, ormai avida di conquiste e potere.
 
Anche in questo passo è possibile intravedere l'analogia con il pensiero di Platone e i suoi discordi nelle ''[[Lettere (Platone)|Lettere]]'' riferite ai suoi viaggi in Sicilia: egli ammonì più volte Dionisio II, esortandolo a disfare la tirannide, poiché essa era una causa dei mali che affliggevano l'umanità.<ref>Per il possibile massaggio politico all'interno del dialogo su Atlantide e rivolto alla società greca vd. {{Cita|Mary Louise Gill (a cura di Gabriele Cornelli)|p. 40-43}}. Phyllis Young Forsyth vedeva invece questo messaggio rivolto solo a Dionisio II (vd. cit. in {{Cita|Gaiser|p. 176}}).</ref>
 
A supportare tale identificazione, si aggiungono delle analogie con l'Atlantide platonica. Essa infatti rispecchiava molte caratteristiche, fisiche e morali, della Siracusa di IV secolo: era una potenza navale; aveva mire espansionistiche su più fronti del [[Mediterraneo]] ma, come Atlantide, estendeva il suo controllo fin sul [[Tirreno]]. Anche la sua conformazione geografica era estremamente somigliante a quella siracusana: il [[vulcano]] alle spalle, la fertile [[Pianura|piana]] che la circondava, le [[Sorgente (idrologia)|fonti d'acqua dolce]] al suo interno, il vasto porto e la divisione su [[Pentapoli di Siracusa|più strati fortificati]].<ref name=gunnaryoung>Cfr. [[Gunnar Rudberg]], ''Atlantis and Syracuse'', ed. 2012; Phyllis Young Forsyth, ''Atlantis. The making of myth'', Montreal-London 1980.</ref>
 
Ciò lascia supporre che i viaggi di Platone in Sicilia abbiano realmente potuto ispirare - in una maniera abbastanza incisiva - il mito di Atlantide.<ref name=gunnaryoung/>
 
== Note ==
<references/>
;Note esplicative
{{Jesus Lizard}}
<references group=N/>
{{Portale|punk|rock}}
 
;Fonti
{{references|2}}
 
== Bibliografia ==
=== Bibliografia storica ===
* {{cita libro | autore=Thomas Alan Sinclair|editore=Laterza | anno=1961| titolo=Il pensiero politico classico| id=ISBN 9788842041726| cid=Thomas Sinclair}}
* Alice Swift Riginos, ''Platonica. The Anecdotes Concerning the Life and Writings of Plato'', Leiden, Brill, 1976, (Chapter VI. Travels and Study Following the Death of Socrates, p. 61-69; Chapter VII. The Sicilian Voyages: Plato at the Syracusan Court, pp. 70-85).
* {{cita libro | autore=Paolo Cosenza|editore=Edizioni Il tripode | anno=1977| titolo=L'incommensurabile nell'evoluzione filosofica di Platone|cid=Paolo Cosenza}}
* {{cita libro | autore=Lionel Jehuda Sanders|editore=Croom Helm | anno=1987| titolo=Dionysius I of Syracuse and Greek Tyranny|cid=Lionel Sanders}}
* {{cita libro | autore=Konrad Gaiser|editore=Vita e Pensiero| anno=1991| titolo=La metafisica della storia in Platone| id=ISBN 9788834302941| cid=Gaiser}}
* {{cita libro | autore=Federicomaria Muccioli|editore=CLUEB| anno=1999| titolo=Dionisio II: storia e tradizione letteraria| cid=Muccioli}}
* {{cita libro | autore=Nicola Bonacasa, [[Lorenzo Braccesi]], Ernesto De Miro|editore=L'ERMA di BRETSCHNEIDER | anno=2002 | titolo=La Sicilia dei due Dionisî: atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999| id=ISBN 88-8265-170-3 | cid= Bonacasa, Braccesi, De Miro}}
* {{cita libro | autore=[[Karl Popper]]|editore=Armando Editore| anno=2001| titolo=Contro Platone| id=ISBN 9788883581731| cid=Karl Popper}}
* Debra Nails, ''The People of Plato. A Prosopography of Plato and Other Socratics'', Indianapolis, Hackett, 2002, pp. 243-250.
* {{cita libro | autore=Luciano Zamperini|editore=Giunti Editore| anno=2003| titolo=Platone - Atlanti del sapere / [Demetra]| id=ISBN 9788844025960| cid=Luciano Zamperini}}
* {{cita libro | autore=[[Francesco Adorno]]|editore=Utet Libri| anno=2004| titolo=Platone: Dialoghi politici e Lettere| id=ISBN 9788841894248| cid=Francesco Adorno}}
* {{cita libro | autore=Giuseppe Auteri|editore=CUECM| anno=2004| titolo=[[Cornelius Castoriadis|Castoriadis]] contro Platone| id=ISBN 9788886673532|cid=Auteri}}
* {{cita libro | autore=[[Gian Franco Lami]]|editore=Rubbettino Editore| anno=2005| titolo=Socrate, Platone, Aristotele: una filosofia della polis, da Politeia a Politika|id=ISBN 9788849812435|cid=Lami}}
* Djibril Samb, ''La vie et l'oeuvre de Platon: les premiers dialogues'', in [[Michel Fattal]], (éd.), ''La philosophie de Platon'', Parigi, L'Harmattan, Volume 2, 2005, pp. 13-49 (sui viaggi di Platone pp. 18-21). ISBN 9782296395992
* Debra Nails,''The Life of Plato of Athens'', in [[Robert Hugh Benson]] (ed.), ''A Companion to Plato'', Malden, Blackwell, 2006, pp. 1-12.
* {{cita libro | autore= Chiara Colonnese|editore=L'ERMA di BRETSCHNEIDER| anno=2007| titolo=Le scelte di Plutarco: le vite non scritte di Greci illustri| id=ISBN 9788882654245|cid=Colonnese}}
* {{cita libro | autore=Giulio Maria Chiodi, Roberto Gatti|editore=FrancoAngeli | anno=2008| titolo=La filosofia politica di Platone| id=ISBN 9788846494634| cid=La filosofia politica di Platone}}
* {{cita libro | autore=[[Karl Popper]]|editore=Armando Editore| anno=ed. 2014| titolo=[[La società aperta e i suoi nemici]]. Volume 1: Platone totalitario| cid=Karl Popper, ed. 2014}}
* {{cita libro | autore=Giovanni Reale, Vincenzo Cicero|editore=Bompiani | anno=2015| titolo=Teagete. Sulla filosofia: Dialoghi socratici| id=ISBN 9788858770177| cid=Platone, Reale, Cicero}}
* {{cita libro | autore=Gabriele Cornelli (a cura di)|editore=Walter de Gruyter GmbH & Co KG| anno=2016| titolo=Plato’s Styles and Characters| id=ISBN 9783110445602| cid=Mary Louise Gill (a cura di Gabriele Cornelli)}}
 
=== Bibliografia romanzata ===
* Swami Kriyananda (J. Donald Walters), ''Il tunnel del tempo'', ed. 2014 (si narra di una Siracusa dispotica nata come conseguenza dell'attuazione dello Stato ideale di Platone: «''lo Stato è Dio''» si ripete nel libro)
 
== Collegamenti esterni ==
{{Colonne}}
* {{Cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/10/23/quando-platone-tento-di-educare-siracusani.html|titolo=Quando Platone tentò di educare i siracusani|sito=[http://ricerca.repubblica.it repubblica.it]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.corriere.it/cultura/12_novembre_29/canfora-filosofo-volle-educare-tiranno_e1e9f4e6-3a3f-11e2-8e20-34fd72ebaa93.shtml|titolo=Il filosofo che volle educare il tiranno|sito=[http://www.corriere.it www.corriere.it]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.academia.edu/16194703/N%C3%A9_in_cielo_n%C3%A9_in_terra._Lo_Stato_perfetto_di_Platone_-_Terra_29.5.09|titolo=Né in cielo né in terra. Lo Stato perfetto di Platone - ‘Terra’ 29.5.09|sito=[http://www.academia.edu/ www.academia.edu]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.academia.edu/8363387/Platone_pensatore_totalitario_unpublished_|titolo=Platone pensatore totalitario|sito=[http://www.academia.edu www.academia.edu]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.filosofia.rai.it/articoli/platone-la-citt%C3%A0-ideale/6466/default.aspx|titolo=Platone: la città ideale|sito=[http://www.filosofia.rai.it www.filosofia.rai.it]|accesso=17 maggio 2016}}
{{Colonne spezza}}
* {{Cita web|url=http://epipaideia.altervista.org/il-governo-illuminato-di-platone/|titolo=Il governo illuminato di Platone|sito=[http://epipaideia.altervista.org epipaideia.altervista.org]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.miti3000.it/mito/collabora/dionigi.htm|titolo=Dionigi il Giovane. Un tiranno filosofo|sito=[http://www.miti3000.it www.miti3000.it]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/01/20/il-tiranno-il-filosofo.html|titolo=Il tiranno e il filosofo|sito=[http://ricerca.repubblica.it repubblica.it]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.academia.edu/17271493/Platone_la_ricerca_della_verit%C3%A0_nel_dialogo|titolo=Platone vexata quaestio|sito=[http://tuttoscorre.org tuttoscorre.org]|accesso=17 maggio 2016}}
* {{Cita web|url=http://www.academia.edu/17271493/Platone_la_ricerca_della_verit%C3%A0_nel_dialogo|titolo=Platone: la ricerca della verità nel dialogo|sito=[http://www.academia.edu www.academia.edu]|accesso=17 maggio 2016}}
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