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==Biografia==
Alberto Boatto è una dei personaggi più originali della critica d’arte in Italia dell’ultimo mezzo secolo. Dai primi anni Sessanta ad oggi si è dedicato a importanti studi sull’avanguardia del primo Novecento (dada, [[Marcel Duchamp]]), sui caratteri estetici e culturali del mondo moderno, dalle sue origini ottocentesche in avanti, e saggi sulle tendenze più recenti delle arti visive. Ha fondato e diretto le riviste «cartabianca» e «Senzamargine» (1968-69) e «La città di Riga» (1976-77).<ref>{{cita |L'orma editore}}</ref>
Nato nel 1929 a Firenze, si formò autonomamente, senza insegnanti – eccetto la figura di Primo Conti, al quale si appoggiò nel periodo giovanile –, ed entrò grazie al concorso alla RAI alla fine degli anni Cinquanta. Questa fu un’esperienza che lo stancò presto e così preferì l'insegnamento nelle Accademie di belle arti, prima a Urbino, dove lo chiamò Concetto Pozzati, e poi a Roma.<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: 1929-2017}}</ref>
Nel 1974 Boatto curò una mostra, Ghenos Eros Thanatos,<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: 1929-2017}}</ref>{{Citazione|in cui indicava all’arte la possibilità di abitare un territorio sottratto a ogni utilità sociale immediata, dove poter coltivare una irriducibile, e poeticamente fertile, testimonianza individuale, e in cui al tempo stesso riannodare il filo di una tradizione letteraria e teorica capace di esplorare il negativo, il mito, l’inattuale, l’ambivalente potenza del desiderio, la dialettica psichica e storica tra pulsioni di vita e di morte.|Stefano Chiodi}}
Alberto Boatto andò a New York nell’autunno del 1964 per incontrare gli artisti che in quegli anni stavano radicalmente cambiando l’arte e le sue creazioni. Egli visitò gli studi di Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg ed ebbe un incontro ravvicinato con le opere di [[Andy Warhol]], George Segal, Jim Dine e altri. Frequentò direttamente l’ambiente artistico delle gallerie di Leo Catelli e Sidney Janis. Quegli ambienti gli vengono ricordati dalle immagini scattate da Ugo Mulas e raccolte, nel 1968, nel volume New York: arte e persone. Queste esperienze portarono Boatto a scrivere il suo libro più noto, ''Pop art in U.S.A.'' (1967; nuova edizione Laterza 2015), un’opera che è tutt’oggi un modello di lettura utile e originale, basata dalla sua innata curiosità intellettuale e da un’analisi che ha contrastato i pregiudizi avanzati da molti critici del tempo nei confronti della Pop Art.
Il critico d’arte fu molto interessato nei primi anni settanta a un contesto in cui gruppi e tendenze si mescolano e convivono. Alcuni artisti che emergono tra i due decenni come Gino De Dominicis, Vettor Pisani, o anche, su altri versanti, Luigi Ontani e Salvo, ne furono testimoni.<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: 1929-2017}}</ref>
All’età di 87 anni, Alberto Boatto muore a Roma il 9 febbraio del 2017.
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L’approccio di Boatto è sempre stato caratterizzato dal bisogno di comprendere in profondità il presente, oltre gli schemi e gli automatismi dell’attualità, e dalla necessità di rinnovare la critica d’arte.
Distante tanto dai toni evocativi dei “critici-poeti” che dalla secchezza degli accademici, quella di Boatto si è così presentata sin dall’inizio come una visione autonoma, alimentata da una modernità eterodossa e cosmopolita, nutrita di filosofia, psicoanalisi e antropologia, in cui spiccano i grandi “distruttori” (
Boatto ha sempre puntato ad andare oltre all’efficacia immediata della scrittura critica, ideologica e mercantile, riaffermando al contrario l’esigenza “di una libertà non astratta ma concreta”, praticando uno sguardo dal di fuori, come recita il titolo di uno dei suoi libri più intensi e originali (1981; nuova edizione Castelvecchi 2013), ovvero adottando lo sguardo libero e incondizionato del naufrago e dell’astronauta.
Tracciando a caldo un giudizio dotato già di prospettiva storica, muovendosi all’indietro sino all’avanguardia di inizio Novecento e impegnandosi in una riflessione sulla modernità riletta attraverso Benjamin e [[Baudelaire]], Boatto univa infatti all’analisi della costellazione pop e dei maestri del new dada una riflessione sul destino dell’arte nell’epoca del consumo universale e della produzione di massa dotata di quell’urgenza e di quella lucidità che sole rendono davvero memorabile il precario esercizio della critica.<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: 1929-2017}}</ref> A partire dalla fine degli anni settanta la sua scrittura si allontana sempre più dallo scenario artistico circostante per inoltrarsi in personalissime esplorazioni al confine tra letteratura, estetica, storia dell’arte.
Roberto Lambarelli, direttore del periodico trimestrale ''ArteeCritica'', una rivista di arte contemporanea presente anche online, pubblica un articolo a proposito della nuova edizione de ''Lo sguardo dal di fuori'' (1977, nuova edizione Castelvecchi 2013).
In questo articolo Lambarelli riporta una conversazione fatta con lo stesso Boatto proprio riguardo l’opera e inizialmente riportando delle parole dello stesso autore del libro, conclude chiedendo che fine fa l’uomo nella sua visione e se la fase dello specchio porta a ricomporre l’umanità, il saggista risponde:<ref>{{cita|Lambarelli}}</ref>{{Citazione|L’uomo, pure nell’espressione maggiormente consapevole e aperta all’accoglienza, rappresentata per me dalla figura dello psiconauta, si muove in una situazione precaria e opaca, e tuttavia ricca di numerose prospettive e potenzialità. Per altro, lo psiconauta è una figura ancora tutta da inventare attraverso la via della prova e dell’esperienza. Nel mio libro, identifico lo psiconauta nell’uomo che viaggia “allungato su quel tappeto supremamente invisibile che si chiama droga” (qui, la droga racchiude l’immagine sintetica di ogni stato della coscienza potenziato ed estraniato).[...] In una condizione d’instabilità personale e pubblica, questa tradizione artistica spoglia e discostante mi ha dato un senso di stabilità e di certezza. Dopo la guerra, ho trascorso gli anni iniziali dell’adolescenza abitato da un sentimento divorante d’angoscia – di morte? – e mi sono aggrappato all’arte oggettuale, un po’ come un naufrago ad un’insperata boa di salvezza.|Alberto Boatto}}
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===Narciso infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol ===
In ''Narciso infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol'', Boatto inizia ponendo un interrogativo strettamente personale del mondo della ritrattistica:
Boatto spiega come, proprio nella differenza dell’aggettivo possessivo si trovi l’ineluttabile differenza di pittura, nonostante entrambe si dedichino alla fisionimia e all’apparenza dei corpi.
Egli parla dell’
Il pittore non è più uno, ma due, si sdoppia divenendo così il soggetto agente (l’artista) e l’oggetto inerme che viene ritratto. Egli, in questo modo, si guarda e inevitabilmente si giudica e si misura, prendendo le distanze da se stesso e studiandosi. Ecco che infatti Boatto presenta questa condizione di solitudine tanto temuta e al contempo desiderata dall’animo umano.
In questo modo il critico riesce a trattare il tema della morte, o meglio: la paura della morte, di una fine. Il pittore, dipingendo se stesso, cerca di imprimere sulla tela un io eterno, anche se in parte sconosciuto,<ref>{{cita |Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol|p. 11}}</ref>{{Citazione|l’autoritratto rappresenta una puntata giocata contro il tempo, una polizza assicurativa emessa contro la morte.|Alberto Boatto}} Così l’artista sa che lascerà una memoria di sé e combatte quel lato oscuro e quasi spaventoso della solitudine, tanto temuta in vita quanto fuori da essa.
Dopo questa prima introduzione viene fatta risalire l’origine mitica dell’autoritratto proprio a Narciso, come ci suggerisce il titolo stesso dell’opera. Narciso respinge il tu, dall’altro sesso al mondo nella sua interezza, Narciso preferisce il duplicato di se stesso, negandosi la vita; preferisce la solitudine a “quel copioso universo che si agita alle sue spalle”, ma la morte è il prezzo che dovette pagare per poter avere la conoscenza di se stesso.
Secondo l’autore, l’autoritratto, come espressione della modernità, nasce dalle fratture che accompagnano la Cristianità, in quanto è necessario che il legame tra l’uomo e il sacro cominci a lacerarsi in modo da rendere l’uomo indipendente e autonomo.
E così nei primissimi autoritratti
Insorge la domanda del
Goya si era chiesto com’è mai possibile affrontare soli la morte quando la speranza che era stata condivisa per secoli dall’Europa cristiana non vi è più, e [[Warhol]], un secolo e mezzo più tardi, si pone lo stesso interrogativo, caricandosi del peso della morte e inquadrandola con il suo obiettivo fotografico, guarda all’epoca della comunicazione di massa.
È a questo punto che Boatto si occupa di confrontare e presentare una grande varietà di autoritratti partendo proprio da Goya e arrivando allo stesso Warhol, sulla soglia del terzo millennio e conclude riallacciandosi all’immagine di Narciso, che però ha ora imparato a volgere lo sguardo in direzione dell’universo.
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Tuttavia la storia parla di sconfitta e con essa venne trascinata anche l’avanguardia, ponendo fine ad essa; così quei concetti intimamente legati all’avanguardia, come l’antipittura, l’antivalore, l’esteticità non erano solo delle parole, ma degli obiettivi da raggiungere.
Come sappiamo, anche la Pop Art fa parte dell’avanguardia, ma nell’ultimo periodo di essa, quello chiamato seconda avanguardia o la neo-avanguardia.
Boatto descrive la Pop Art come<ref>{{cita |Pop Art in USA|p. VI}}</ref>{{Citazione|un’avanguardia lucida, spesso cinica e quasi sempre costatativa, coinvolta nel presente.|}} A differenza dell’artista passato, quello moderno è circondato da immagini fotografiche, televisive, di oggetti tutti uguali fra loro ed egli decide proprio di fare di tutto ciò arte, a differenza anche degli stessi futuristi o dadaisti, che pure già guardavano alle tecniche industriali di produzione dell’immagine. Ma se gli artisti pop non creano effettivamente nulla di nuovo, ma ripresentano immagini già conosciute dalla città imitandole, qual è il senso o l’utilità di ciò?
Boatto parla di un pensiero che percorre tutta la modernità, che si esprime nella convinzione che l’uomo abbia perso la sua esperienza proprio a causa di quei processi di standardizzazione e massificazione sempre più serrati. La Pop Art ha esteso al massimo due procedimenti di base del moderno:<ref>{{cita |Pop Art in USA|p. X}}</ref>{{Citazione|il raddoppiamento e la dislocazione, come l’elaborazione del
Questo libro è la riedizione del volume ''Pop Art in USA'', edito da Lerici nel 1967 e presenta una piccola novità, in quanto nell’appendice sono stati riuniti per la prima volta alcuni testi, scritti e pubblicati in tempi successivi. Questi seguono un percorso dell’arte d’oltreoceano; parlano di New York dalla prospettiva del fotografo William Klein e presentano un profilo di Rauschenberg.
===Ghenos Eros Thanatos===
Il libro di Alberto Boatto, ''Ghenos Eros Thanatos'' e altri scritti sull’arte (1968-1985), a cura di Stefano Chiodi, è un documento e l’espediente forse più originale e audace con cui la critica, negli anni Settanta, ha reinventato se stessa. Il libro si compone dei testi e delle foto del libro-mostra di ''Ghenos Eros Thanatos'', la mostra organizzata da Boatto il 15 novembre 1974 alla Galleria de’ Foscherari di Bologna.<ref>{{cita |Migliore}}</ref>
Nutrito di letture filosofiche e letterarie, psicoanalitiche e antropologiche, con una preferenza per i grandi distruttori – Sade, Freud, Nietzsche, e Artaud e Bataille fonti del Foucault della Trasgressione (1963) – Boatto pensa l’immaginario come luogo del doppio.
Capisce perciò che l’evento accade attraverso l’oggetto e comprende, confrontandole, le poetiche di Pascali e Kounellis. Nel primo, che ha ripreso possesso dell’infanzia, l’immaginario mira a sostituire la realtà con animazioni e contraffazioni; nel secondo reale e immaginario non sono ancora separati dalla ragione e risultano uniti temporalmente, in visioni mitiche o arcaiche (''L’immaginario in Pascali e Kounellis, 1973''). <ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref> Le componenti psicologiche, estetiche e culturali che propone Boatto, vanno a comporre lo scenario artistico di ''Ghenos Eros Thanatos''; si nota il desiderio<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref>{{Citazione|di evocare in forma tacita i fantasmi spaventosi della vicenda novecentesca, l’ancora indigerita eredità dei fascismi, il culto della morte e la vertigine erotica che li avevano accompagnati: di riconnettere il presente alla parte maledetta della vicenda europea – come in quegli stessi anni facevano, in forme e contesti diversi, Fabio Mauri e Hans-Jürgen Syberberg – vista da dentro la condizione scettica e spettacolare propria della loro contemporaneità.|Stefano Chiodi}}
Boatto scrive che Ghenos Eros Thanatos è una
Boatto stesso dice di aver fatto ricorso alla mitologia, che gli erano familiari i nomi e le vicende di Narciso, di Anteo, d’Icaro, di Dioniso. Egli parla della mitologia come qualcosa ricondotta nell’oscurità dell’inconscio, da cui alcuni spezzoni vengono tratti fuori da Freud e da Jung.
<ref>{{cita |Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos}}</ref>{{Citazione|Nella sfera pubblica, al posto della mitologia classica col suo componente di luce, sono succedute pessime ideologie fatte solo d’ombra, che poi sono risultate delle mitologie degradate.
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==Opere==
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Pop Art in USA | 2015 | Laterza | | edizione=2 | cid=Pop Art in USA}}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Cerimoniale di messa a morte interrotta | 1977 | Cooperativa Scrittori }}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Lo sguardo dal di fuori | 2013 | Castelvecchi | | edizione=2 }}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Della ghigliottina considerata una macchina celibe | 2008 | Scheiwiller | | edizione=2 }}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Della guerra e dell’aria | 1992 | Costa & Nolan | | edizione=1 }}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Narciso infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol | 2015 | Laterza | | edizione=2 | cid=Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol}}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Di tutti i colori. Da Matisse a Boetti, le scelte cromatiche dell’arte moderna | 2008 | Laterza | | edizione=1 }}
*{{cita libro | Alberto | Boatto | Chi è cacciato dal Paradiso? Estetica e teologia del giardino | 2016 | Mudima }}
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<references/>
==Collegamenti esterni==
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{{cita web| https://www.doppiozero.com/materiali/alberto-boatto-ghenos-eros-thanatos | Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos | autore= Stefano Chiodi | cid=Stefano Chiodi, Alberto Boatto: Ghenos Eros Thanatos }}
{{cita web| https://www.alfabeta2.it/2016/07/28/alberto-boatto-cieco-dentro-la-luce/ | autore= Tiziana Migliore | Alberto Boatto, cieco dentro la luce | cid=Migliore }}
{{cita web| http://www.arteecritica.it/onsite/BOATTO.html | Come dentro ad uno specchio. Arte, cultura e civiltà in Alberto Boatto | autore= Roberto Lambarelli | cid=Lambarelli}}
{{cita web| https://www.lormaeditore.it/autori/80 | Alberto Boatto | autore= L'orma editore | cid=L'orma editore}}
<nowiki>[[Categoria:Critici d'arte]]</nowiki>
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