Utente:Ninni99/Sandbox: differenze tra le versioni

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Dopo questa prima introduzione viene fatta risalire l’origine mitica dell’autoritratto proprio a Narciso, come ci suggerisce il titolo stesso dell’opera. Narciso respinge il tu, dall’altro sesso al mondo nella sua interezza, Narciso preferisce il duplicato di se stesso, negandosi la vita; preferisce la solitudine a “quel copioso universo che si agita alle sue spalle”, ma la morte è il prezzo che dovette pagare per poter avere la conoscenza di se stesso.
Secondo l’autore, l’autoritratto, come espressione della modernità, nasce dalle fratture che accompagnano la Cristianità, in quanto è necessario che il legame tra l’uomo e il sacro cominci a lacerarsi in modo da rendere l’uomo indipendente e autonomo.
E così nei primissimi autoritratti <<«moderni>>» sembra di poter intravedere la psicologia di questo passaggio epocale, come si può vedere nell’autoritratto di [[Filippo Lippi]] nella pala monumentale della Incoronazione della Vergine a cui lavorò fra il 1441 e il 1447.
Insorge la domanda del perchèperché allora il titolo di <<''Narciso Infranto>>'', a cui Boatto risponde spiegando come gli ultimi due secoli e l’avvenimento del moderno segnino la profonda disgregazione di Narciso e, con lui, quella dell’autoritratto. Nel corso dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento ritorna quel mondo che Narciso aveva rifiutato con noncuranza, fanno ritorno <ref>{{cita |Narciso Infranto. L’autoritratto moderno da Goya a Warhol|p. 20}}</ref>{{Citazione|le potenze inconscie e notturne che rodono in profondità la coscienza dell’uomo e, in compagnia discorde e consonante con esse, sono le potenze cupe e luminose del cosmo.|Alberto Boatto}}
Goya si era chiesto com’è mai possibile affrontare soli la morte quando la speranza che era stata condivisa per secoli dall’Europa cristiana non vi è più, e [[Warhol]], un secolo e mezzo più tardi, si pone lo stesso interrogativo, caricandosi del peso della morte e inquadrandola con il suo obiettivo fotografico, guarda all’epoca della comunicazione di massa.
È a questo punto che Boatto si occupa di confrontare e presentare una grande varietà di autoritratti partendo proprio da Goya e arrivando allo stesso Warhol, sulla soglia del terzo millennio e conclude riallacciandosi all’immagine di Narciso, che però ha ora imparato a volgere lo sguardo in direzione dell’universo.
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Come sappiamo, anche la Pop Art fa parte dell’avanguardia, ma nell’ultimo periodo di essa, quello chiamato seconda avanguardia o la neo-avanguardia.
Boatto descrive la Pop Art come<ref>{{cita |Pop Art in USA|p. VI}}</ref>{{Citazione|un’avanguardia lucida, spesso cinica e quasi sempre costatativa, coinvolta nel presente.|}} A differenza dell’artista passato, quello moderno è circondato da immagini fotografiche, televisive, di oggetti tutti uguali fra loro ed egli decide proprio di fare di tutto ciò arte, a differenza anche degli stessi futuristi o dadaisti, che pure già guardavano alle tecniche industriali di produzione dell’immagine. Ma se gli artisti pop non creano effettivamente nulla di nuovo, ma ripresentano immagini già conosciute dalla città imitandole, qual è il senso o l’utilità di ciò?
Boatto parla di un pensiero che percorre tutta la modernità, che si esprime nella convinzione che l’uomo abbia perso la sua esperienza proprio a causa di quei processi di standardizzazione e massificazione sempre più serrati. La Pop Art ha esteso al massimo due procedimenti di base del moderno:<ref>{{cita |Pop Art in USA|p. X}}</ref>{{Citazione|il raddoppiamento e la dislocazione, come l’elaborazione del <<«doppio>>» di un fumetto, di un cartellone pubblicitario o di una macchina da scrivere, e la loro esposizione estraniata, insolita, allarmata.|Alberto Boatto}} Gli artisti pop colgono il concetto del doppio che è intrinseco alla modernità e lo mostrano al mondo per quello che è.
Questo libro è la riedizione del volume ''Pop Art in USA'', edito da Lerici nel 1967 e presenta una piccola novità, in quanto nell’appendice sono stati riuniti per la prima volta alcuni testi, scritti e pubblicati in tempi successivi. Questi seguono un percorso dell’arte d’oltreoceano; parlano di New York dalla prospettiva del fotografo William Klein e presentano un profilo di Rauschenberg.
 
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<nowiki>[[Categoria:Critici d'arte]]</nowiki>