Gino Piva e Hathor: differenze tra le pagine

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Socialista e nazionalista: sinceramente, ma cos'ha di "patriottico" l'affermazione: "slavi, una ''popolazione primitiva'' destinata a restare tale". Questo è razzismo duro e puro!
 
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{{Nota disambigua}}
{{Bio
[[File:Hathor.svg|thumb|verticale|Hathor]]
|Nome = Gino
{{Citazione|Vieni, farò per te la gioia al crepuscolo e la musica alla sera! O Hathor, tu sei esaltata nella chioma di [[Ra]]<ref>I raggi solari. cfr. [[Christiane Desroches Noblecourt]], Ramsete II Figlio del Sole, Milano, Sperling Paperback, 1997, ISBN 88-8274-292-X. p. 313.</ref> perché il cielo ti ha dato la profonda notte e le stelle. [...] Adoriamo la Dorata quando brilla in cielo!|Inno a Hathor<ref>Desroches Noblecourt (1997), p. 221.</ref>}}
|Cognome = Piva
'''Hathor''' (dall'originale [[Lingua egizia|egizio]]: ''ḥwt-ḥr''; che significa ''Casa di [[Horus]],'' [[Ellenizzazione|ellenizzato]] Ἅθωρ, ''Hathor''<ref>Claas Jouco Bleeker, Hathor and Thoth: two key figures of the ancient Egyptian religion, BRILL, 1973, ISBN 978-90-04-03734-2. pp.22-102.</ref>) è una [[divinità egizia]] appartenente alla [[Religione egizia|religione dell'antico Egitto]], dea della [[Felicità|gioia]], dell'[[amore]], della maternità e della [[bellezza]]<ref name=":0">Guy Rachet, Dizionario della Civiltà egizia, Gremese Editore, Roma (1994). ISBN 88-7605-818-4. pp.157-8.</ref><ref>Peter Der Manuelian, The ancient Egyptian pyramid texts, BRILL, 2005, ISBN 90-04-13777-7. p.432.</ref>. Per tutta la storia egizia, fu una delle divinità più importanti e venerate; il suo culto, di origini [[Preistoria|preistoriche]] e [[Periodo predinastico dell'Egitto|predinastiche]]<ref name=":1">cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. pp.157-61.</ref>, si estendeva dalla corte faraonica (era ritenuta la madre simbolica dei [[Faraone|faraoni]]<ref name=":3">{{Cita|Hart (1986)|p. 76}}</ref>) ai ceti più umili. Veniva solitamente raffigurata nelle tombe con l'epiteto di ''Signora dell'Occidente'', cioè Signora dei morti, e si credeva che accogliesse le anime nell'[[Oltretomba|aldilà]] ''([[Duat]]'')<ref name=":0" />. Gli egizi la adoravano anche come dea della [[musica]], della [[danza]], delle terre straniere e della fertilità, e pensavano che assistesse le [[Parto|partorienti]]<ref>Lorna Oakes, The Illustrated Encyclopedia of Ancient Egypt, Lorna Oakes, Southwater. ISBN 1-84476-279-3. pp.157-9.</ref>. Inoltre, anche le [[Miniera|miniere]] erano poste sotto la sua protezione<ref>{{Cita web|url=http://www.sis.gov.eg/En/Pub/magazin/spring1997/110204000000000008.htm|titolo=Egypt State Information Service-Spring 1997|data=20 novembre 2008|accesso=23 dicembre 2016|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081120104203/http://www.sis.gov.eg/En/Pub/magazin/spring1997/110204000000000008.htm|dataarchivio=20 novembre 2008}}</ref>, così come le sorgenti del [[Nilo]]. Era comunemente raffigurata come una [[Bos taurus|vacca]] con il [[Aton|disco solare]], provvisto di ''[[ureo]]'', fra le corna; in [[Periodo tardo dell'Egitto|epoca tarda]] veniva talvolta rappresentata con due [[Piumaggio|piume]] e con il pettorale ''menat'', tipico attributo delle sue sacerdotesse<ref>{{Cita web|url=http://www.touregypt.net/featurestories/menit.htm|titolo=The Menit Necklace of Ancient Egypt|sito=www.touregypt.net|accesso=23 dicembre 2016}}</ref>.
|Sesso = M
|LuogoNascita = Milano
|GiornoMeseNascita = 9 aprile
|AnnoNascita = 1873
|LuogoMorte = Vetrego
|GiornoMeseMorte = 30 agosto
|AnnoMorte = 1946
|Attività = sindacalista
|Epoca = 1900
|Attività2 = politico
|Attività3 = giornalista
|AttivitàAltre = e poeta
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità =
}}
== Biografia ==
=== La famiglia ===
Gino Piva nasce a Milano dove il padre, [[Domenico Piva]] ([[Rovigo]], 2 dicembre [[1826]] - Rovigo, 5 luglio [[1905]]), attivo durante i moti rivoluzionari del [[1848]] e volontario garibaldino nel [[1859]] e [[1860]], in quel periodo era diventato [[generale di brigata]], di stanza proprio nel capoluogo lombardo.
 
Nel corso dei millenni, Hathor assimilò una grande quantità di divinità locali, accumulando così una mitologia e degli attributi estremamente variegati<ref>cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. p.106.</ref> - al punto di essere considerata contemporaneamente madre, sposa e figlia di [[Ra]] e madre di [[Horus]] (come [[Iside]]); era associata a [[Bastet]]<ref name=":1" />. Mentre nel periodo classico della storia egizia tutti i defunti erano indistintamente equiparati a [[Osiride]], [[Divinità della morte|dio dei morti]], durante la [[Egitto (provincia romana)|dominazione romana dell'Egitto]] nacque la pratica di identificare le defunte con Hathor<ref>cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. p.172.</ref>. Gli [[Antica Grecia|antichi greci]] la associarono ad [[Afrodite]]<ref>Reginald Eldred Witt, Isis in the Ancient World, JHU Press, 1997 ISBN 0-8018-5642-6. p.125.</ref>.
La madre era [[Carolina Cristofori]] ([[Mantova]], 24 dicembre [[1837]] – [[Bologna]], 25 febbraio [[1881]]), figlia del medico e letterato Andrea Cristofori. Si era sposata con Domenico nel 1862, a soli 17 anni. Il figlio la definisce una ''grande idealista, di temperamento esuberante, singolarmente colta, che nel salotto milanese della contessa Maffei nel [[1871]] si era accesa al nome di [[Giosuè Carducci]], allora scarsamente noto''.
 
== Prime rappresentazioni ==
Per Carducci la madre Carolina era: la Lidia, l'amore, l'amante, la gioia, il tormento. Per lei scrisse le ''[[Primavere elleniche]]'' ed alcune ''[[Odi barbare]]'' e suggerì l'epigrafe per la sua tomba al [[Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna|Cimitero della Certosa]] di [[Bologna]].
[[File:Narmer Palette.jpg|miniatura|Divinità in sembianze di vacca sulla cinta di [[Narmer]] e sulla cima della [[Tavoletta di Narmer]], al [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]] (CG 14716).]]
L'iconografia di Hathor rimase ambigua fino alla [[IV dinastia egizia]] (ca. [[XXVII secolo a.C.|2630 a.C.]] - 2510 a.C.<ref>Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Milano, Bompiani, 2003 ISBN 88-452-5531-X. p.468.</ref>)<ref>Toby A. H. Wilkinson, Early Dynastic Egypt: Strategies, Society and Security, Routledge, 2001, ISBN 0-415-26011-6. p.312.</ref>. All'inizio dell'età storica, finì con l'assumere l'aspetto o gli attributi di una giovenca. Alcuni manufatti del [[Periodo predinastico dell'Egitto|periodo predinastico]] (''ante'' [[XXXII secolo a.C.|3150 a.C.]]) presentano immagini di divinità dalle sembianze di vacca con il medesimo simbolismo successivamente impiegato per Hathor: gli [[Egittologia|egittologi]] ritengono che si tratti di precursori della figura di Hathor, o della stessa Hathor in una forma primordiale<ref>Byron Esely Shafer, John Baines, Leonard H. Lesko, David P. Silverman, Religion in ancient Egypt: gods, myths, and personal practice, Fordham University, Taylor & Francis, 1991, ISBN 0-415-07030-9. p.24.</ref>.
 
Divinità in sembianze di vacca compaiono sulla cinta del [[faraone]] [[Narmer]] (ca. 3150 a.C. - 3125 a.C.) nella [[Tavoletta di Narmer]], nonché sulla cima della tavoletta stessa, visibili da entrambi i lati (questo fondamentale reperto risale alla fine periodo predinastico); si potrebbe trattare di una delle prima immagini di Hathor o della dea [[Bat (mitologia)|Bat]], cui fu associata ma che finì col soppiantare: erano generalmente considerate la stessa divinità ed espressioni dello stesso concetto divino, benché avessero origini diverse. L'identificazione con Hathor della giovenca sulla Tavoletta di Narmer deriva da un passaggio dei ''[[Testi delle piramidi]]'', in cui si dice che Hathor è il riparo del faraone<ref>Toby A. H. Wilkinson, Early Dynastic Egypt: Strategies, Society and Security, Routledge, 2001, ISBN 0-415-26011-6. p.283.</ref>. Una pietra scoperta a [[Ieracompoli]] e risalente alla I dinastia reca, su un margine, la figurazione di una vacca con [[Stella|stelle]] sulle orecchie e sulle corna - probabile rimando al ruolo di Hathor e Bat come dee del cielo. Un altro reperto della I dinastia, un'incisione su [[avorio]], mostra una giovenca sdraiata con l'iscrizione ''Hathor nelle Paludi'', in riferimento al [[Flora|mondo vegetale]] e soprattutto alle paludi dove cresceva il [[papiro]]. In quanto [[divinità degli alberi]], durante l'[[Antico Regno]] era spesso chiamata ''Signora del [[Ficus sycomorus|Sicomoro]]''<ref name=":0" /><ref name=":1" />.
E fu proprio Carducci il padre naturale di Gino, come ha dimostrato recentemente [[Guido Davico Bonino]].<ref>''Il leone e la pantera. Lettere d'amore a Lidia (1872-1878)'', Salerno,2010 [http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1207220&t=Libri_cos%EC_Carducci_geloso_fece_fuggire_la_sua_%93dolce_pantera%94]</ref>
 
== Ruolo e caratteristiche ==
Il padre Domenico ritornò a vivere stabilmente a Rovigo dopo la morte della moglie perché era stato chiamato dal partito conservatore. Con lui si trasferirono anche i figli Edoardo (nato a Palermo 1868), Abele (nato a Mantova 1869), Gino, Vittorio (nato a Belgirate Como, 1875. Fu uno degli organizzatori del Fascio dei lavoratori di Venezia) e Lidia (nata a Rovigo nel [[1877]]). Un altro figlio, di nome Guido (nato a Trapani nel 1864) era morto dopo una grave malattia nel 1880. In suo onore il Carducci compose un'ode.
[[File:Isis-Hathor Bas relief Philae.jpg|miniatura|verticale|Rilievo d'[[Egitto tolemaico|epoca tolemaica]] ([[305 a.C.]] - [[30 a.C.]]) raffigurante Hathor assimilata ad [[Iside]]. [[Templi di File]].]]
[[File:GD-EG-Louxor-111-b.jpg|sinistra|miniatura|verticale|Statua di Hathor al Luxor Museum di [[Luxor]]-]]
Hathor godette di un culto estremamente sentito e popolare, soprattutto grazie agli aspetti positivi che incarnava: l'amore, la gioia, la bellezza (aveva [[Epiteto|epiteti]] quali ''Signora della casa del Giubilo'' e ''Colei Che riempie il Santuario di Gioia''). Una speciale venerazione le era riservata da parte delle donne, delle quali incarnava e proteggeva i ruoli di madre, moglie e amante rappresentati dagli sfaccettati rapporti familiari che i miti le attribuivano. Hathor aveva un legame complesso con il [[Divinità solari|dio-sole]] [[Ra]]: di volta in volta, poteva essere considerata l'[[occhio di Horo]], sua figlia oppure sua madre. Assorbì questo ruolo, per [[sincretismo]], dalla ''Vacca celeste'' [[Mehetueret]], che in un mito della creazione fungeva da madre di Ra e lo portava in mezzo alle corna. Gli egizi credevano che, come [[Grande Madre|dea madre]], desse alla luce Ra ogni mattina, nell'orizzonte orientale - mentre durante il giorno si univa allo stesso Ra in quanto sua sposa<ref name=":1" />. Di volta in volta, a seconda dei differenti miti, delle epoche e perfino delle località, i suoi consorti potevano essere Ra oppure [[Horus]], mentre i suoi genitori potevano essere [[Neith]] e [[Khnum]], oppure ancora Ra, e i suoi fratelli erano di volta in volta considerati sempre Ra con [[Apopi]], [[Thot]], [[Sobek]] e [[Selkis]]. Fra i suoi figli vi erano gli dei Horus, [[Ihi (divinità)|Ihi]], [[Imset]] dalla testa umana, [[Qebehsenuf]] dalla testa di falco, Hapi dalla testa di [[Papio|babbuino]] e Duamutef dalla testa di [[sciacallo]] (questi ultimi quattro erano raggruppati con il nome di [[Figli di Horo|''Figli di Horus'']] e tutelavano ciascuno uno dei quattro [[vasi canopi]]<ref>Rachet, p.77.</ref>).
 
Insieme alla dea [[Nut (mitologia)|Nut]], Hathor fu associata alla [[Via Lattea]] nel [[III millennio a.C.]] quando, durante gli [[Equinozio|equinozi]] d'[[autunno]] e [[primavera]], sembrava allineata sulla Terra e sembrava che la toccasse nei punti il cui il sole sorgeva e tramontava<ref>David P. Silverman, Edward Brovarski, Searching for ancient Egypt: art, architecture, and artifacts from the University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, University of Pennsylvania. Museum of Archaeology and Anthropology, Cornell University Press, 1997. ISBN 0-8014-3482-3. p.41.</ref>. La Via Lattea era vista come un corso d'acqua che attraversava il cielo, su cui navigavano le divinità solari, come Ra, e lunari, come [[Khonsu]] - e per questo era definita dagli egizi ''[[Nilo]] del Cielo''<ref>{{Cita web|url=http://cathygary.com/Astronomy/MilkyWay_Luxor3.html|titolo=Milky Way in Egypt|sito=cathygary.com|accesso=23 dicembre 2016}}</ref>.
Gino Piva iniziò le scuole a Bologna ma completò le elementari a Rovigo.
Nel 1884 si iscrisse al [[Liceo classico Celio|Liceo Ginnasio Celio]] a Rovigo. Non brillò nello studio e un anno venne bocciato.
 
Durante il [[Medio Regno]] ricevette l'epiteto di ''Nub'', che significa ''Dorata'', e il suo culto si diffuse anche in [[Palestina]] e in [[Fenici]]a; era internazionalmente nota come ''Signora di [[Biblo]]''. In seguito venne identificata, in queste regioni, con [[Astarte]] e con altre divinità cananee come la dea [[Qadesh (dea)|Qadesh]]. Sotto forma di [[Hesat]], dea-giovenca che si credeva partorisse il faraone nelle sembianze di un vitello d'[[oro]]<ref>{{cita|Hart (1986)|p. 87}}</ref>, era venerata ad [[Atfih|Afroditopolis]] (odierna Atfih) nel ventiduesimo [[Nomo (Egitto)|nomo]] dell'[[Geografia dell'antico Egitto#Alto Egitto|Alto Egitto]].
=== Sindacalista e socialista ===
Nel [[1893]] nasce l'organizzazione del [[Partito Socialista Italiano]] (PSI) nel [[Polesine]]. Padri del socialsimo polesano furono [[Nicola Badaloni (democratico)|Nicola Badaloni]] e [[Vittorio Gottardi]]. Piva partecipò giovanissimo alla trasformazione del circolo da radicale a socialista prima a [[Trecenta]], poi a Massa Superiore, l'attuale [[Castelmassa]], e a [[Ceneselli]].
 
=== Iconografia ===
Fu talmente entusiasta come organizzatore politico e sindacale che il primo [[sciopero]] del [[1894]] rimase memorabile tra i braccianti del Polesine da essere ricordato in un canto popolare del tempo:
[[File:Pharaoh Menhaure triad statue, Caire-Musée.jpg|miniatura|verticale|[[Micerino]] tra le dee Hathor e [[Anput]], in [[grovacca]]. [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]].]]
Nelle rappresentazioni artistiche e nell'architettura, sono rintracciabili tre tipologie dominanti dell'iconografia di Hathor:
* come una giovane donna dai tratti idealizzati, con la parrucca sormontata da corna di vacca, tra le quali si trova il [[Aton|disco solare]] completato dall'[[ureo]], e talvolta recante l'[[ankh]], simbolo della vita, e il lungo [[Scettri egizi|scettro ''uas'']], simbolo del potere degli dei<ref name=":3" />.
* come vacca o giovenca, con il disco solare fra le corna (detta, in tale forma, ''Vacca Celeste'')<ref name=":3" />.
* come una colonna il cui [[capitello]] ha l'aspetto di un volto umano con orecchie bovine, sormontato da una parrucca rigonfia, terminante con due riccioli, tipica di Hathor<ref name=":3" /><ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/hathor_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/|titolo=HATHOR in "Enciclopedia dell' Arte Antica"|sito=www.treccani.it|accesso=24 dicembre 2016}}</ref>. Il fusto può avere la forma di un [[sistro]], strumento musicale sacro alla dea. Questo tipo di colonna, chiamata ''colonna hathorica'', comparve durante il [[Medio Regno]]<ref>Rachet, pp.93-4.</ref>.
Meno comunemente, poteva essere raffigurata come una [[Panthera leo|leonessa]], un serpente o un [[Ficus sycomorus|sicomoro]]<ref name=":4">{{cita|Hart (1986)|p. 77}}</ref>.
 
== Hathor e il faraone ==
''Evviva Gino Piva / che col suo bel parlare / tutta la provincia / ha fatto ribellare .''
Con un apparente paradosso, i faraoni erano chiamati ''Figli di Hathor'' - benché fossero considerati reincarnazioni di Horus, il figlio della dea [[Iside]]. È probabile che, alle origini della [[Religione egizia|mitologia egizia]], la madre del dio-[[falco]] fosse effettivamente Hathor, originariamente dea del [[cielo]], ''habitat'' dei falchi e degli altri volatili. Iside sarebbe stata considerata madre di Horus solamente quando si sentì la necessità di fondere il [[Mito di Iside e Osiride|mito di Osiride]] con il mito di Horus e [[Seth]]. Il legame tra Hathor e il signore dell'[[Geografia dell'antico Egitto|Alto e del Basso Egitto]] si rafforzò durante la [[IV dinastia egizia|IV dinastia]], specialmente durante il regno di [[Micerino]] (ca. [[XXVI secolo a.C.|2530 a.C.]] - 2512/08 a.C.<ref>Avrebbe regnato per 18 o 22 anni a partire dal 2530 a.C. Thomas Schneider: Lexikon der Pharaonen. Albatros, Düsseldorf 2002, ISBN 3-491-96053-3. pp.163-44.</ref>), dal momento che si sono conservate svariate triadi, ossia sculture in cui il re, al centro, è affiancato da Hathor e da un'altra divinità variabile. Una lista parziale include<ref name=":5">Porter, Bertha & Moss, Rosalind, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hieroglyphic Texts, Statues, Reliefs and Paintings Volume III: Memphis, Parte I Abu Rawash to Abusir. II ed. (cur. Dr. Jaromir Malek, 1974).</ref>:
* triade raffigurante la dea Hathor come ''Signora del [[Ficus sycomorus|Sicomoro]]'', assisa con le braccia intorno a Micerino e la deificazione del [[Nomo (Egitto)|nomo]] di [[Ermopoli]], entrambi stanti, in [[grovacca]], al [[Museum of Fine Arts (Boston)|Museum of Fine Arts]] di [[Boston]] (09.200)<ref>{{Cita news|url=http://www.mfa.org/collections/object/king-menkaura-the-goddess-hathor-and-the-deified-hare-nome-138424|titolo=King Menkaura, the goddess Hathor, and the deified Hare nome|pubblicazione=Museum of Fine Arts, Boston|data=27 luglio 2015|accesso=20 novembre 2016}}</ref>.
* triade raffigurante Micerino, Hathor come ''Signora del Sicomoro'' e la deificazione del nomo di [[Tebe (sito archeologico)|Tebe]], stanti, in grovacca, al [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]] (Ent. 40678)<ref>{{Cita web|url=http://www.ancient-egypt.org/history/old-kingdom/4th-dynasty/mykerinos/mykerinos-statuary/triad-of-hathor-mykerinos-2.html|titolo=Triad of Hathor, Mykerinos and Thebes {{!}} The Ancient Egypt Site|autore=Jacques Kinnaer|sito=www.ancient-egypt.org|accesso=20 novembre 2016}}</ref>.
* triade raffigurante Micerino, Hathor come ''Signora del Sicomoro'' e la dea [[Anput]], stanti, in grovacca, al [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]] (Ent. 40679)<ref>{{Cita web|url=http://www.ancient-egypt.org/history/old-kingdom/4th-dynasty/mykerinos/mykerinos-statuary/triad-of-hathor-mykerinos-3.html|titolo=Triad of Hathor, Mykerinos and a nome {{!}} The Ancient Egypt Site|autore=Jacques Kinnaer|sito=www.ancient-egypt.org|accesso=20 novembre 2016}}</ref>.
* triade raffigurante Micerino, Hathor come ''Signora del Sicomoro'' e la dea [[Bat (mitologia)|Bat]], stanti, in grovacca, al [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]] (Ent. 46499)<ref>{{Cita web|url=http://www.globalegyptianmuseum.org/detail.aspx?id=14994|titolo=The Global Egyptian Museum {{!}} Statue of Menkaure with Hathor and Cynopolis|sito=www.globalegyptianmuseum.org|accesso=21 novembre 2016}}</ref>.
[[File:Hathor-cow-ThutmosisIII (right side).JPG|miniatura|Statua di [[Amenofi II]] in piedi fra le zampe anteriori di Hathor e chino mentre succhia il latte della dea (JE 38574). [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]].|sinistra]]
Durante la [[XVIII dinastia egizia]], per la Cappella di Hathor nel monumentale [[Tempio funerario di Hatshepsut]] (ca. [[XV secolo a.C.|1478 a.C.]] - 1458 a.C.) a [[Deir el-Bahari]], sulla riva occidentale del Nilo, furono realizzati due bassorilievi che enfatizzavano il rapporto tra Hathor e la sovrana d'Egitto: nel primo, la dea-giovenca lecca amorevolmente la mano di Hatshepsut assisa in trono, mentre nell'altro la monarca beve il latte dalle mammelle di Hathor<ref name=":6">{{cita|Hart (1986)|p. 78}}</ref>.
 
[[File:Abu Simbel 0265.JPG|miniatura|verticale|La regina [[Nefertari]], con il capo sormontato dalle corna e dal disco solare di Hathor, e quindi con le sembianze della dea, sulla facciata del Tempio minore di [[Abu Simbel]].]]
Per la sua attività politica e sindacale subì diversi processi e una sentenza giudiziaria gli costò, nel [[1899]], diversi mesi di carcere.
La scena dell'allattamento del faraone compare anche in una statua di pochi decenni successiva, dove [[Amenofi II]] (ca. 1427 a.C. - 1401 a.C.) è raffigurato due volte: fieramente eretto fra le zampe anteriori di Hathor in forma di vacca e, un'altra volta, come un bambino in ginocchio fra le zampe posteriori mentre succhia il latte della dea<ref name=":6" /><ref>Henry Edouard Naville, The XIth Dynasty Temple at Deir el-Bahari, London, 1907, tav. XXX.</ref>. Steli di papiro affiancano la testa della vacca. Questa scultura fu scoperta nel [[1906]] dall'archeologo [[Édouard Naville|Henry Édouard Naville]] nel Tempio di [[Thutmose III]] a Deir el-Bahari.
 
Quando [[Ramses II|Ramses II ''il Grande'']] ([[XIII secolo a.C.|1279 a.C.]] - [[1213 a.C.]]) fece edificare il cosiddetto Tempio minore di [[Abu Simbel]] in onore della sua [[Grande sposa reale]] [[Nefertari]], da lui particolarmente amata, fece rappresentare la regina come Hathor, appunto dea dell'amore<ref>The British Museum Book of Ancient Egypt, The British Museum Press, London (2007). ISBN 978-0-7141-1975-5. pp.270-1.</ref>: in tutto il tempio, Ramses II compare tante volte quanto Nefertari, eccetto che nel fondo, dove è raffigurato nell'atto di fare offerte ad Hathor che, sotto forma di vacca, esce dalla montagna<ref>Kenneth A. Kitchen, ''Il Faraone trionfante'', Laterza, Bari (1994). p. 141.</ref>. Inoltre Hathor comparve nei nomi di vari componenti delle famiglie reali dell'Egitto, quali il faraone [[Sahathor]] della [[XIII dinastia egizia|XIII dinastia]], le principesse [[Sithathor]] e [[Sithathoriunet]] della [[XII dinastia egizia|XII dinastia]] e la regina [[Duathathor-Henuttaui]] della [[XXI dinastia egizia|XXI dinastia]].
Dopo aver già pubblicato un articolo nel [[1890]] sulla ''Gazzetta del Popolo della Domenica'' nel [[1900]] fece la prima vera prova come giornalista iniziando come collaboratore del foglio socialista rodigino ''La Lotta'' firmandosi con lo pseudonimo '''''Remengo''''' (vagabondo, errante). Nello stesso anno fu eletto segretario della federazione polesana del PSI e direttore della ''Lotta'', assumendo una funzione di grande rilievo, seconda soltanto a quella di Nicola Badaloni.
 
== Dea dell'amore, della musica e della danza ==
L'attività politica e giornalistica nel PSI lo portò nel [[1903]] a risiedere a [[Alessandria]] (diresse l<nowiki>'</nowiki>''Idea nuova''), a [[Cesena]] e a [[Ravenna]] (Segretario Federazione PSI e direttore della ''Parola dei socialisti'').
[[File:Ptolemaic Temple Reliefs at Deir el-Medina (X).jpg|sinistra|miniatura|Hathor sulle pareti del suo tempio a [[Deir el-Medina]], d'[[Egitto tolemaico|epoca wessdefrfd]]]]
Aveva nel frattempo maturato una posizione riformistica e gradualistica, tanto che nel [[1904]] prenderà posizione contro lo sciopero generale, condannando il sindacalismo rivoluzionario che gli appariva come ''la negazione del socialismo''.
 
Hathor era la principale divinità della [[sessualità]] nell'antico Egitto, e i greci la identificarono con [[Afrodite]] non appena vennero in contatto con la religione egizia<ref>{{cita|Hart (1986)|p. 80}}</ref>. In virtù del suo legame con l'amore, gli egizi credevano che Hathor ispirasse il desiderio sessuale tramite la [[musica]] e la [[danza]]. In un mito, Hathor danzò nuda di fronte a Ra, imbronciato, finché non riuscì a farlo ridere<ref name=":10">{{cita|Hart (1986)|pp. 76-82}}</ref>. Quando Ra non si trovava insieme ad Hathor, cadeva in una profonda depressione<ref name=":10" />: infatti era anche dea della gioia. Il figlio di Hathor e Horus, nella teologia del Tempio di Dendera, era il dio fanciullo [[Ihi (divinità)|Ihi]], personificazione dell'[[estasi]] derivante dalla musica<ref>{{cita|Hart (1986)|p. 98}}</ref>. La musica era fondamentale nelle liturgie di Hathor e, per esprimere la loro gioia e l'euforia nell'adorazione della dea, le sacerdotesse di Hathor danzavano e suonavano due strumenti: il [[sistro]] e il collare ''menat''<ref name=":7">{{cita|Hart (1986)|p. 81}}</ref>. Il sistro, che ebbe una vasta diffusione anche nel [[Civiltà romana|mondo romano]], era una lamina in [[bronzo]] a forma di pilastro (terminante con una piccola testa di Hathor) attraversata da alcune asticciole mobili: veniva agitato come un sonaglio e le asticciole, sbattendo contro la lamina di bronzo, producevano un suono intenso. Il pettorale ''menat'', invece, era uno strumento da scuotere, composto di perline sonore, talvolta anche di [[Turchese (minerale)|turchese]] (altro titolo di Hathor era ''Signora del turchese''<ref>Bollettino del Museo egizio del Cairo (2007), ed.Supremo Consiglio delle Antichità, p.24.</ref>) anziché un vero e proprio pettorale da indossare<ref name=":7" />. Al grande Tempio di Dendera, la statua della dea veniva rimossa dal buio ''sancta sanctorum'' in cui era conservata e trasportata processionalmente, in mezzo alle danze e al suono dei sistri e dei ''menat'', sul tetto del santuario, dove si trovava una cappella costruita appositamente per ospitare questa cerimonia dell'incontro tra Hathor e i raggi del sole (Ra)<ref name=":7" />.
=== Socialista e nazionalista===
[[File:Egypt.KV43.01.jpg|miniatura|Hathor raffigurata nell'atto di accogliere il defunto [[Thutmose IV]] nell'aldilà. [[KV43|Tomba di Thutmose IV]], [[Valle dei Re]].]]
Il soggiorno ([[1903]]) a, [[Trieste]] e [[Pola]], soggette in quel momento all'[[impero austriaco]], dove diresse il settimanale socialista polese ''Il proletario'' e ''Terra d'Istria'' indusse Piva a riflettere sull'importanza della questione nazionale e dell'identità delle popolazioni italiane della [[Venezia Giulia]] e dell'[[Istria]], minacciate a suo avviso da una parte dagli [[slavi]], una ''popolazione primitiva'' destinata a restare tale ''nonostante la propaganda socialista'' e dall'altra dal ''teutonismo'' pangermanico, un vero e proprio colosso di stampo medioevale.
 
== Aspetti funerari del culto di Hathor ==
Le sue posizioni contrastavano con la visione dell'internazionalismo democratico e proletario della maggioranza dei socialisti. Secondo lui si trattava di prendere coscienza degli aspetti etnico-nazionali per quei territori come un dato strutturale che operava attivamente nella società e che quindi era necessario la difesa della [[Lingua (linguistica)|lingua]], delle tradizioni, dei costumi degli italiani e la ricongiunzione alla penisola italiana, sia pure al rischio di una guerra.
Il culto di Hathor assumeva connotazioni funerarie sulla riva occidentale del Nilo, dove era considerata protettrice della vasta [[necropoli di Tebe]], con il titolo di ''Signora della necropoli''<ref>Pinch, Geraldine (2004). Egyptian Mythology: A Guide to the Gods, Goddesses, and Traditions of Ancient Egypt. Oxford University Press. ISBN 978-0-19-517024-5. pp.137-9.</ref>. Gli egizi credevano che la dea alleviasse le sofferenze dei morenti e accogliesse maternamente i defunti nell'aldilà (''[[Duat]]'') offrendo loro cibo, bevande e ristoro. Con il titolo di ''Signora dell'Occidente'', la dea compariva su [[stele]] e [[Papiro|papiri]] funerari nelle sembianze di giovenca che esce dal deserto, dove venivano scavate le tombe, diretta verso le paludi dove crescevano le piante di papiro - chiaro collegamento tra le sepolture e la vita che continuava sulle fertili sponde del Nilo<ref name=":8">{{cita|Hart (1986)|pp. 78-79}}</ref>. A sottolineare la sua funzione di guardiana della necropoli, le rappresentazioni di Hathor erano molto comuni sui pilastri che circondavano i [[Sarcofago egizio|sarcofagi]], nelle camere sepolcrali più ricche: nella [[KV35|tomba di Amenofi II]], le immagini di Hathor sono più numerose di quelle di divinità prettamente funerarie come Osiride e [[Anubi]]<ref name=":8" />.
Le sue posizioni furono sgradite ai socialisti di Pola tanto che nel [[1905]] dovette lasciare la direzione della ''Terra d'Istria'' e rientrare nel [[Regno d'Italia (1861-1946)]].
 
== Aspetti sanguinari del mito Hathor ==
Dal [[1907]] al [[1910]] fu a [[Torino]] come redattore capo del foglio socialista ''Il Grido del Popolo''.
La natura essenzialmente benigna di Hathor la rese estremamente popolare<ref name=":4" />, ma possedeva anche un lato distruttivo evidenziato da un mito sulla fine del dominio di [[Ra]] sulla terra, il dio, adirato con gli uomini che avevano cospirato contro di lui, inviò Hathor fra gli uomini, sotto forma di [[Sekhmet]], per distruggerli. Nel mito, al termine della battaglia la sete di sangue della dea non era ancora domata e ciò la portò a intraprendere la distruzione dell'umanità intera. Per porre freno alla strage e salvare il genere umano, Ra tinse della [[birra]] con [[ocra rossa]] ed [[ematite]] perché sembrasse sangue. Scambiando la birra per sangue, Sekhmet si ubriacò e non portò a termine il massacro, ritornando da Ra ammansita - in alcune versioni, nelle sembianze di Hathor<ref>Lichtheim, Miriam (2006) [1976]. ''Ancient Egyptian Literature, Volume Two: The New Kingdom''. University of California Press. pp. 197–199.</ref><ref>The British Museum Book of Ancient Egypt, The British Museum Press, London (2007). ISBN 978-0-7141-1975-5. p.75.</ref>.
Nel [[1908]] appoggiò, con un articolo, gli studenti italiani che avevano manifestato a [[Vienna]] per ottenere l'istituzione di una propria [[Università]] e accusò il Governo Italiano di debolezza con l'[[Austria]] perché era un ''diritto degli italiani di pensare ad uno studio proprio''.
 
[[File:SFEC-KOM_OMBO-2010-05-078_(2).JPG|miniatura|[[Sekhmet]] e Hathor, qui identificate come figlie di [[Ra]] e per questo sormontate dal [[Aton|disco solare]]. Tempio di [[Kôm Ombo]].]]
Le posizioni di Piva generarono molte critiche all'interno del PSI. Il foglio socialista ''la Pace'' di [[Genova]] lo accusò di ''odio di [[razza]]''. Al congresso socialista di [[Milano]] ([[1910]]) si scontrò, su posizioni dei riformisti di destra, con [[Costantino Lazzari]] che lui accusava di essere un rivoluzionario di "carta pesta" che dileggiava a torto quell'Italia per la quale tante persone nel secolo XIX avevano dato la loro vita.
Questo mito, detto della ''Distruzione dell'umanità'', compare, per esempio, nel Papiro 86637 del [[Museo egizio (Il Cairo)|Museo egizio del Cairo]], detto ''Calendario dei Giorni Fortunati e Sfortunati'', ove le azioni di Sekhmet, [[Horus]], [[Ra]] e [[Uadjet]] vengono ricondotte al sistema stellare [[Algol (astronomia)|Algol]], nella [[Perseo (costellazione)|costellazione di Perseo]]<ref>Jetsu, L.; Porceddu, S. (2015). [http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0144140 "Shifting Milestones of Natural Sciences: The Ancient Egyptian Discovery of Algol's Period Confirmed"]. ''PLOS ONE''. 10(12): e.0144140 (23pp).doi:10.1371</ref>. Una sua versione si è anche conservata nelle iscrizioni che corrono intorno al grande sacello dorato che conteneva i sarcofagi di [[Tutankhamon]], nella [[Tomba di Tutankhamon|sua tomba]], risalente al [[Anni 1320 a.C.|1323 a.C.]]<ref>The British Museum Book of Ancient Egypt, The British Museum Press, London (2007). ISBN 978-0-7141-1975-5. p.125.</ref>
 
== Templi ==
Nel [[1911]] si pronunciò a favore dell'''impresa'' (e non guerra!) di [[Libia]], dove secondo lui l'Italia andava a ''sostituire con un dominio di civiltà uno stato di barbarie''. Sostenne inoltre, pur riprovando l'esaltazione di [[Luigi Barzini senior|Luigi Barzini]] per la guerra e il valore del soldato italiano, che il [[nazionalismo]] non doveva essere scomunicato ma compreso in quanto ''fenomeno di un paese giovane e di una borghesia in formazione che sentono la necessità dell'espansione coloniale''.
[[File:Dendera Hathorkopf 01.JPG|miniatura|[[Capitello]] a forma di testa di Hathor, per questo detto ''hathorico''. [[Tempio di Dendera|Tempio di Hathor]], [[Dendera]].|sinistra]]
Dopo aver lasciato Torino e ''Il Grido del Popolo'' alla fine del [[1910]] proseguì come collaboratore di giornali socialisti e democratici.
Mentre la devozione ad Hathor cresceva a partire dal culto delle vacche d'epoca preistorica, non è possibile determinare con esattezza in quale località tale devozione ebbe origine. [[Dendera]], nell'[[Geografia dell'antico Egitto|Alto Egitto]], fu una delle prime località dove il suo culto prese vigore, per cui un famoso epiteto di Hathor era ''Signora di Dendera''<ref>Rachet, pp.113-4.</ref>. Il grande e ricco [[Tempio di Dendera]], uno dei più bei monumenti dell'epoca tarda, esercitò, in [[Egitto tolemaico|epoca tolemaica]] e [[Egitto (provincia romana)|romana]] ([[305 a.C.]] - [[III secolo a.C.]]), un fortissimo richiamo devozionale e turistico; la sua costruzione ebbe inizio sotto [[Tolomeo IX]] e terminò sotto [[Nerone]] (fu perciò edificato tra l'[[80 a.C.]] e il [[68|68 d.C.]])<ref>Rachet, p.114.</ref>. Originariamente, durante l'[[Antico Regno]], Hathor ebbe luoghi di culto a [[Meir (Egitto)|Meir]] e [[Cusae]], con una devozione particolarmente sentita nella zona di [[Giza]] e [[Saqqara]]. Dendera emerse all'inizio del [[Primo periodo intermedio dell'Egitto|Primo periodo intermedio]] ([[XXII secolo a.C.]]) come centro di culto principale di Hathor, che lì era adorata come madre e consorte del cosiddetto ''[[Horus]] di [[Edfu]]''. Una volta l'anno veniva celebrata la festa detta ''del Bell'incontro'', o ''della Buona Unione'', nella quale la statua della dea veniva portata in processione con la [[Barca sacra]] fino all'importante tempio di [[Edfu]] per rinnovare il suo matrimonio con Horus e vivificare così il faraone, nel quale Horus si incarnava<ref>Edda Bresciani, Grande enciclopedia illustrata dell'antico Egitto, DeAgostini, 2005. ISBN 978-88-418-2005-6. p.171.</ref>. Anche [[Deir el-Bahari]], sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a [[Tebe (sito archeologico)|Tebe]], era sacra ad Hathor, grazie ad un preesistente culto delle vacche<ref name=":1" />. [[Tempio egizio|Templi]] e cappelle dedicati ad Hathor:
* Tempio di Hathor e [[Maat]] a [[Deir el-Medina]], sulla riva occidentale del Nilo, presso [[Luxor]].
* Tempio di Hathor sull'isola di File, presso [[Assuan]].
* Cappella di Hathor e Tempio mortuario della regina [[Hatshepsut]], sulla riva occidentale del Nilo, presso [[Luxor]].
* Tempio di Hathor nella [[Valle del Timna]], in [[israele]].
 
== Inno del faraone Antef II ad Hathor ==
=== Socialismo Riformista e patriottismo ===
[[File:Funerary stele of Intef II.jpg|sinistra|miniatura|L'immagine del faraone [[Antef II]], in atto di fare offerte a Ra e Hathor, accanto alle colonne di testo degli inni a queste due divinità, sulla sua [[stele]] funeraria. [[Metropolitan Museum of Art]], [[New York]].]]
Nel luglio del [[1912]], al XIII congresso nazionale del PSI, aderendo alla corrente dei riformisti di [[Leonida Bissolati]] ne seguì le sorti nell'espulsione e la nascita al [[Partito Socialista Riformista Italiano]].
Un interessante inno ad Hathor compare, in nove colonne di testo, dopo un inno a Ra, su una [[stele]] di [[Antef II]] (ca. [[XXII secolo a.C.|2112 a.C.]] - [[XXI secolo a.C.|2063 a.C.]]<ref>Ian Shaw, The Oxford history of ancient Egypt, p.125.</ref>), quarto faraone della [[XI dinastia egizia|XI dinastia]], rinvenuta nella sua tomba a Tebe e conservata al [[Metropolitan Museum of Art]] di [[New York]]. Fra le molte sfaccettature del culto di Hathor, l'inno di Antef II si appella all'aspetto celeste della dea<ref name=":9">cur.Toby Wilkinson, Writings from Ancient Egypt, Penguin Books, 2016. ISBN 978-0-14-139595-1. p.93.</ref>. Come ha osservato l'egittologo britannico [[Toby Wilkinson]], questi versi sembrano suggerire una profonda devozione personale e quasi un senso di umana fragilità, uniti a un certo timore della morte<ref name=":9" />.
Significativa è la sua concezione del socialismo:
 
{{Citazione|O anziani adunati del cielo occidentale,<br />o divinità adunate del cielo occidentale,<br />o signori supremi delle sponde del cielo occidentale<br />che gioite al giungere di Hathor, Che ama vedere esaltata la Propria bellezza:<br />Io Le feci sapere, Le dissi accanto a Lei che gioivo alla Sua vista!<br />Le Mie mani Le fanno cenno: ''Vieni a Me! Vieni a Me!''<br />Il Mio corpo parla, le Mie labbra ripetono: ''Puri suoni di sistro per Hathor,<br />suoni di sistro un milione di volte, perché Tu ami il sistro;<br />un milione di suoni di sistro per il Tuo spirito in ogni luogo.''<br />Io sono Colui che fa sollevare dai devoti il sistro per Hathor<br />ogni giorno e in ogni ora che Lei desidera.<br />Possa il Tuo cuore essere contento con il sistro,<br />possa Tu procedere in soddisfazione perfetta,<br />possa Tu gioire in vita e gioia<br />insieme a Horus [''incarnazione del faraone''] Che Tu ami,<br />Che mangia insieme a Te dalle Tue offerte,<br />Che Si nutre insieme a Te dalle Tue provvigioni.<br />Possa Tu contare anche Me, per esse, ogni giorno!
{{Citazione|(...) A chi ci chiede che posto occupiamo nelle tendenze socialiste, noi rispondiamo di essere socialisti della vecchia scuola che, animati dalla persistente fede, sentono il loro tempo e in quello si ambientano per progredire, usando di tutti i mezzi per raggiungere il proprio ideale.<br/> (Siamo) pronti alla violenza se la libertà sia minacciata, adattabili al lavoro di pacifica trasformazione sociale se l'ambiente lo consente (...)<br/>
L'''Horus'' Uakankh [''primo nome di Antef II''] riverito innanzi a [[Osiride]], il figlio di Ra, Antef il Grande, nato da Neferu [''la regina [[Neferu I]]''].|Stele di Antef II<ref name=":9" />}}
(Pertanto) il [[Socialismo]] non è rivoluzionario né riformista; è quello che il suo tempo lo fa (...)<br/> Il Socialismo (pertanto) non può avere apriorismi: esso deve operare come può nell'ambiente in cui vive. (...)|Gino Piva, “la Luce” per la campagna elettorale a [[Carpi]] a favore di [[Alfredo Bertesi]].
}}
 
=== InterventistaInni ead corrispondenteHathor nel Tempio di guerraDendera ===
[[Dendera]] (Iunet), metropoli del 6° [[Nomo (Egitto)|nòmo]] dell'[[Geografia dell'antico Egitto|Alto Egitto]], era la capitale del culto di Hathor. Il monumentale Tempio d'epoca greco-romana, in eccellente stato di conservazione, fornisce dati su numerosi aspetti del culto della dea. Fra i numerosi testi inscritti sulle sue pareti, alcuni inni si segnalano per meriti poetici. I quattro brevi inni si trovano, scritti verticalmente, su colonne presso la parete posteriore della Sala delle Offerte, accanto a una raffigurazione di un faraone che offre una brocca alla dea<ref name="lictheim">Miriam Lichteim, Ancient Egyptian Literature. Volume III: Late Period, University of California Press, 1980. pp. 107-9. ISBN 0-520-04020-1. </ref>.
Dalla metà del [[1914]] alla conclusione del conflitto (4 novembre [[1918]]) è corrispondente di guerra dal [[Veneto]] del [[Resto del Carlino]] di [[Bologna]] al quale invia 380 articoli.
 
{{Div col}}'''I.'''<br/>Il Re, il Faraone, viene a danzare,<br/>egli viene a cantare;<br/>Signora, osserva il danzare,<br/>Sposa di Horus, osserva il saltare!<br/>Egli l'offre a te questa brocca;<br/>Signora, osserva il danzare,<br/>Sposa di Horus, osserva il saltare!<br/>Retto è il suo cuore, aperto il suo intimo,<br/>nel suo respiro non vi è tenebra<ref>''Snk'': "malizia".</ref>.<br/>Signora, osserva il danzare,<br/>Sposa di Horus, osserva il saltare!<br/>'''II.'''<br/>O [''dea''<nowiki>] dorata, quanto è bella questa canzone!</nowiki><br/>come la canzone di Horus stesso;<br/>il Figlio di Ra canta come un maestro cantore,<br/>egli è [[Ihi (divinità)|Horus-bambino]], il musicista!<br/>Egli non diminuisce il tuo pane,<br/>egli non riduce la tua pagnotta;<br/>retto è il suo cuore, aperto è il suo intimo,<br/>nel suo respiro non è tenebra,<br/>nel suo respiro non vi è tenebra.<br/>Egli aborrisce il dolore del tuo ''[[Anima nella religione dell'antico Egitto|ka]]'',<br/>egli aborrisce la [''tua''] fame e la [''tua''<nowiki>]] sete,</nowiki><br/>egli aborrisce l'afflizione di Hathor.<br/>'''III.'''<br/>O piacente, o vacca, o grande,<br/>o grande incantatrice, o splendida dama, o regina degli dei!<br/>Il Re ti riverisce, il Faraone: dagli vita!<br/>O regina degli dei, egli ti riverisce: dagli vita!<br/>Guardalo, Hathor, Signora, dal cielo,<br/>guardalo, Hathor, Signora, dalla terra della luce,<br/>ascoltalo, o fiammeggiante, dall'oceano!<br/>Guardalo, regina degli dei, dal cielo, dalla terra,<br/>dalla [[Nubia]], dalla [[Libia]], da Manu, da Bakhu,<br/>da ogni terra, da ogni luogo - dove la tua maestà risplende!<br/>Guarda ciò che è nel suo intimo<br/>benché la sua bocca non lo dica;<br/>retto è il suo cuore, aperto il suo intimo,<br/>nel suo respiro non vi è tenebra!<br/>Egli ti riverisce, o regina degli dei: dagli vita!<br/>'''IV.'''<br/>Egli viene a danzare, egli viene a cantare!<br/>Il suo pane è nella sua mano,<br/>egli non contamina il pane nella sua mano,<br/>puliti sono i cibi che ha in braccio,<br/>sono venuti dall'[[Occhio di Horus]],<br/>egli ha purificato quel che offre a lei!<br/>Egli viene a danzare, egli viene a danzare!<br/>La sua borsa è di giunchi,<br/>il suo canestro è di canne,<br/>il suo sistro è d'[[oro]],<br/>il suo pettorale è di [[malachite]].<br/>I suoi piedi corrono dalla Signora della musica,<br/>egli danza per lei - ella ama come lo fa!<ref name="lictheim" />
Dopo l'inizio della guerra e nei mesi di neutralità dell'Italia, Piva coerentemente alle sue idee si schierò fra gli interventisti democratici. Nella difficile ricerca di una conciliazione fra [[patria]] e [[socialismo]] abbandonò definitivamente durante il conflitto l'internazionalismo proletario con un crescendo all'irredentismo e ai valori nazionali del [[Risorgimento]].
{{Div col end}}
Le idealità socialiste si attenuarono fino ad arrivare a collaborare, con qualche articolo nel [[1916]] con il nuovo giornale di [[Benito Mussolini|Mussolini]], il Popolo d'Italia, lanciando frecciate agli ex compagni socialisti neutralisti.
 
== Nebethetepet ==
Il 25 luglio [[1919]] il [[Capo di Stato Maggiore]] [[Armando Diaz]] concede a Gino Piva la Croce al Merito di guerra per l'attività di corrispondente di guerra.
Nella mitologia egizia, '''Nebethetepet''' era il nome della manifestazione di Hathor a [[Eliopoli]], strettamente associata al grande dio creatore [[Atum]] come [[Paredra|controparte femminile]] di questo dio (al pari della dea [[Iusaas]]<ref>Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, vol.I, Ananke, Torino, 2004. ISBN 978-88-7325-064-7. p.62.</ref>). Nel tempo, passò dall'essere mero aspetto femminile di Atum a venire identificate con una parte del corpo del dio: la mano con la quale, masturbandosi<ref>Françoise Dunand, Christiane Zivie-Coche, Dei e uomini nell'Egitto antico, Parte 3, L'erma di Bretschneider, 2003, ISBN 88-8265-225-4. p.71.</ref>, Atum avrebbe creato il cosmo<ref name=":2">{{cita|Hart (1986)|p. 130}}</ref>. Questo nome significa ''Signora delle offerte''<ref name=":2" />.
 
=== GiornalistaAltri enomi poetadi Hathor ===
{{vedi anche|Hesat|Sokar}}
Finita la [[grande guerra]] Piva si andò gradualmente estraniando dalla vita politica italiana. Non partecipò agli avvenimenti del [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]] e quelli che portarono al potere del [[fascismo]] e al suo consolidamento.
 
=== Hesat ===
Non prese mai la tessera del [[Partito Nazionale Fascista]] – [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] e nei riguardi del regime fu indifferente tanto che sul finire del [[1925]] fu oggetto anche di una aggressione fascista; continuò la sua attività di [[giornalista]] e di [[poeta]]. Nel [[1927]] si iscrisse al Sindacato Fascista dei giornalisti. Si dedicò sul versante letterario e culturale intervallando la pubblicazione di saggi storici, di [[romanzi]] e poesie, con un crescente ripiegamento nostalgico sul Polesine e le sue amate genti.
[[Hesat]] è un'altra delle forme della dea Hathor. È considerata madre di [[Anubi]].
 
==== GiornalistaSokaret a Venezia ====
Sokaret o Sekeret è ancora uno degli appellativi di Hathor. [[Sokar]] è la versione maschile di Sokaret.
Dal [[1923]] al [[1935]] si stabilì a [[Venezia]] e scrisse per "il Gazzettino" e il “Nuovo Giornale”; diventò corrispondente dal Veneto per “il Giornale d'Italia”, “ il Giornale di Roma”, “il Corriere Padano” di [[Ferrara]] e rimase come redattore distaccato del “Resto del Carlino”. In questi anni collabora saltuariamente per diverse testate nazionali come [[la Stampa]] di Torino, [[il Mattino]] di [[Napoli]], il Giornale di [[Genova]].
Nel [[1931]] fu nominato: socio effettivo dell<nowiki>'</nowiki>'''Ateneo Veneto''' (istituto storico-letterario di Venezia) e socio corrispondente dell<nowiki>'</nowiki>'''Accademia dei Concordi''' di [[Rovigo]].
 
== Galleria d'immagini ==
==== Poeta e Socialista a Vetrego di Mirano ====
<gallery>
Dal [[1935]] risedette stabilmente a [[Vetrego]], frazione di [[Mirano]], in una vecchia casa padronale.
File:FragmentaryBustOfAhmesMerytamun-August19-08.jpg|Statua della regina [[Ahmose Meritamon]] con una parrucca arricciata tipicamente associata ad Hathor<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/hathor_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/ HATHOR in "Enciclopedia dell&#039; Arte Antica"]</ref>. [[British Museum]], [[Londra]].
Anche se apparentemente i rapporti con il regime fascista sembravano buoni, di fatto Piva venne costantemente vigilato dalla polizia fascista. Da un rapporto della polizia alla Prefettura del [[1938]] risulta che ''Piva Gino, comunista dichiarato (…) serba regolare condotta pur non avendo dato prova di ravvedimento''. Il documento lo classificata come ''comunista'' ma le ricerche storiche non confermano che fosse stato iscritto al [[Partito Comunista Italiano]]. Di certo ci sono testimonianze dei vetreghesi e dei miranesi che ricordano Piva, in modo particolare dopo l'8 settembre [[1943]], per il suo ritrovato ardore socialista. A conferma di ciò la sezione del [[PSIUP]] di [[Mirano]], nel giugno [[1945]], lo invita, con una lettera, ad iscriversi al partito, riconoscendogli, con l'affetto di chi lo aveva frequentato, ''lo spirito patriottico, il passato glorioso, le persecuzioni sofferte durante i lunghi anni di orrore fascista. La tua presenza deve essere il cuore e il cervello di questa nostra sezione. Tu devi rappresentare i nostri perseguitati politici, la nostra Fede, i nostri Caduti che in numero rilevante onorano il nostro piccolo Cimitero''.
File:Nuovo regno, la dea hathor accoglie seth I, dalla valle dei re, 1294-1279 ac ca..JPG|Rilievo raffigurante Hathor che accoglie il faraone [[Seti I]] nell'[[aldilà]]. [[Museo del Louvre]], [[Parigi]].
Anche se non è documentabile l'iscrizione al PSIUP sono documentabili i rapporti amichevoli con gli esponenti della Sezione di Mirano e quella di [[Dolo (Italia)|Dolo]] che lo invitarono a tenere delle conferenze.
File:Dodentempel Ramses II Medinet Haboe.JPG|Rilievo raffigurante il faraone [[Ramses III]] che offre [[Nelumbo|fiori di loto]] ad Hathor. [[Medinet Habu (tempio)|Tempio di Medinet Habu]].
Nel [[1946]] Aldo Parini gli scrive che, se vuole, può collaborare con il giornale dell'[[l'Avanti]], organo del [[Partito Socialista]], ma Piva, ormai vecchio, non inviò nessun articolo.
File:King with Sistra (Rattles) before Hathor, 3rd century B.C.E., 62.46.jpg|Blocco raffigurante un faraone [[Dinastia tolemaica|tolemaico]] che suona il [[sistro]] al cospetto di Hathor. [[Brooklyn Museum]], [[New York]].
Visse appartato, ricevendo molta posta da parte della figlia Egle e dei tanti amici giornalisti e letterati. Gli abitanti della piccola frazione di Vetrego lo ricordano con rispettoso affetto e con una lapide posta sulla casa dove ha abitato.
File:Dendera Römisches Mammisi 21b.jpg|Rilievo raffigurante Hathor che allatta [[Ihi (divinità)|Ihi]], omaggiata da [[Traiano]], [[imperatore romano]] e [[faraone]]. [[Tempio di Dendera]].
Così, dopo una vita avventurosa, di straordinaria passione civile, Piva morì a Vetrego a 73 anni, il 30 agosto 1946, avendo la sola compagnia della governante, la signora Maria Mistron. La salma fu successivamente sepolta nel cimitero di Rovigo.
File:Dendera relief.jpg|Rilievo raffigurante Hathor e [[Ra]] omaggiati da [[Traiano]], [[imperatore romano]] e [[faraone]]. [[Tempio di Dendera]].
File:Louvre Museum (7465579476).jpg|Capitello ''hathorico'' estremamente elaborato. [[Museo del Louvre]], [[Parigi]].
File:Hathoric columns,Philae Temple.jpg|Colonne ''hathoriche'' del Tempio di [[Nectanebo I]] ad Hathor, a [[templi di File|File]].
File:Hathor column dendera.png|Ricostruzione artistica di una colonna ''hathorica'' del [[Tempio di Dendera|Tempio di Hathor a Dendera]]. Dalla [[Description de l'Égypte]], volume IV ([[1817]]).
File:David Roberts 003.jpg|Il [[Tempio di Dendera|Tempio di Hathor a Dendera]] alla metà del [[XIX secolo]]. Acquarello di [[David Roberts]].
File:Francis Frith Dendera.jpg|Il [[Tempio di Dendera|Tempio di Hathor a Dendera]] nel [[1857]]. Fotografia d'epoca.
File:Portique de Mammist.jpg|Il Portico di Hathor a [[Templi di File|File]] in una fotografia d'epoca.
</gallery>
 
=== LaNote vita affettiva ===
<references />
La vita affettiva di Gino Piva è stata molto complessa e per certi versi burrascosa.
 
== Bibliografia ==
Il 24 maggio [[1898]] si sposa a [[Roma]] con la ventitreenne Maria Edvige Caimmi, originaria di Falconara Marittima.
* {{Cita libro |autore = [[Sergio Donadoni]] |capitolo = La religione egiziana |curatore = [[Giovanni Filoramo]] |titolo = "Storia delle religioni. Le religioni antiche" |editore = [[Laterza Editore|Laterza]] |città = Bari-Roma |anno = 1997 |isbn = 978-88-420-5205-0}}
Nel [[1903]], a Cesena, conosce '''Oda Montanari''', militante socialista, moglie di Giuseppe Leoni Montini. Questo incontro segnò la vita di entrambi abbandonando i rispettivi consorti. La popolarità di Gino Piva era così diffusa che si interessò, di quello che era denunciato come uno scandalo, non solo la stampa locale ma anche quella nazionale (esempio: il Corriere della Sera, il Gazzettino, l'Avanti!).
* {{Cita libro |autore = [[Florence Maruéjol]] |titolo = L'amore al tempo dei faraoni |città = Roma |editore = [[Gremese]] |anno = 2012 |isbn = 978-88-8440-749-8 |cid = Florence Maruéjol}}
L'unione affettiva e politica con Oda (o Ada) Montanari durò fino all'inizio dello scoppio della [[prima guerra mondiale]]. L'amore di Oda Motanari non verrà mai meno e si trasformerà dal 1922 in una lunga amicizia che manifesterà con lettere e cartoline fino alla morte di lui.
* {{Cita libro|autore=George Hart|anno=1986|titolo=A Dictionary of Egyptian Gods and Goddesses|città=Londra|editore=Routledge & Kegan Paul Inc.|isbn=0-415-05909-7|cid=Hart (1986)}}
 
== Voci correlate ==
Tra il 1917 e il 1919 è documentata una sua relazione con una giovane diciannovenne mantovana di nome Silvia.
* [[Divinità dell'amore]]
* [[Qadesh (dea)]]
 
== Altri progetti ==
Alla fine della guerra ebbe una figlia ('''Egle''') da una signora friulana.
{{interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==
== Attività giornalistica e pubblicistica di Piva ==
* {{Collegamenti esterni}}
L'attività giornalistica e pubblicistica di Gino Piva è stata imponente e lunga.
Di seguito sono riassunte, in un elenco (probabilmente non del tutto esaustivo), le testate con le quali ha lavorato, le città dove venivano stampate, i periodi e le sue qualifiche.
Ai soli fini della tabella è stata posta una sigla dopo il nome del periodico per indicare:
*PSI = periodici storici del Partito Socialista Italiano
*[[Partito Nazionale Fascista|PNF]] = periodici del Partito Nazionale Fascista
*RL= periodici Letterario (racconti e poesie)
*RP = Riviste Politica
*RPL = Riviste di Politica e Letteraria
*NC = politicamente Non Classificabili
 
{| class="wikitable" style="text-align:left;"
!width=30% align=center | Giornale e/o Periodico
!width=23% align=center | Città
!width=23% align=center | Periodo
!width=25% align=center | Qualifica
|-
| align=left | Gazzetta del Popolo della Domenica (NC)|| [[Torino]] || [[1890]] || Collaboratore
|-
| align=left | La Lotta (PSI) || [[Adria]] - [[Rovigo]] || [[1900]] - [[1907]] || Collaboratore - Direttore
|-
| align=left | Idea nuova (PSI) || [[Alessandria]] || [[1902]] || Direttore
|-
| align=left | [[Avanti!]] (PSI) || [[Milano]] || 1902 - [[1912]] || Collaboratore, corrispondente.
|-
| align=left | La Parola dei Socialisti (PSI) || [[Ravenna]] || 1902-[[1904]] || Direttore.
|-
| align=left | Il Lavoratore (PSI) || [[Trieste]] || [[1903]] || Direttore
|-
| align=left | Il Proletario (PSI) || [[Pola]] || 1903 - [[1904]] || Direttore
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| align=left | Il Tempo (PSI) || Milano || 1904-[[1914]] || Collaboratore
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| align=left | La terra d'Istria (ex il Proletario) (PSI) || Pola || 1904-[[1906]] || Direttore
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| align=left | Il Campo (Lett)|| [[Torino]] || 1905|| Collaboratore
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| align=left | Il Giornaletto (di Pola) (PSI) || Pola || 1906. || Direttore
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| align=left | Il Giornaletto (di Venezia) (PSI) || Venezia || 1906 || Direttore
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| align=left | L'Eco dell'Adriatico (NC) || Pola || 1906.- [[1907]] || Redattore capo.
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| align=left | Il Grido del Popolo (PSI) || Torino || 1907- 1907 || Redattore capo
|-
| align=left | Il Secolo (NC) || Milano || 1907 || Collaboratore.
|-
| align=left | L'Adriatico (NC|| [[Venezia]] || 1907- [[1914]] || Collaboratore
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| align=left | Liberissima (RP) || Roma || [[1910]] || Collaboratore.
|-
| align=left | Il Giornale del Mattino (democratico) || Bologna || [[1911]] || Direttore
|-
| align=left | Controcorrente (RPL)|| [[Bologna]] || 1911 || Proprietario – Direttore.
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| align=left | Azione Socialista (PSI) || Milano (?) || 1911-[[1913]] || Collaboratore
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| align=left | L'Eco dei lavoratori (PSI) || Padova || 1911- 1913 || giornalista
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| align=left | L'Avvenire (PSI) || [[Belluno]] || [[1912]] || Collaboratore
|-
| align=left | La Lotta Proletaria (PSI) || Rovigo || 1912. || Collaboratore
|-
| align=left | Luce (PSI) || [[Carpi]] || 1913-1914 || Direttore.
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| align=left | Popolo d'Italia (PNF) || [[Milano]] || [[1916]]|| Collaboartore.
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| align=left | [[Resto del Carlino]] (NC) || Bologna || 1914-[[1929]] || Corrispondente, corrispondente di guerra, addetto al Comando Supremo,
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| align=left | [[Il Gazzettino]] (NC)|| Venezia || [[1920]]-[[1943]] || Collaboratore, Redattore capo a Rovigo nel 1943
|-
| align=left | Il Nuovo Giornale (NC) || Milano (?) || 1920 || Corrispondente
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| align=left | Il Giornale di Roma (NC) || Roma || 1923 || Collaboratore
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| align=left | Corriere Padano (NC)|| [[Ferrara]] || 1923 || Collaboratore
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| align=left | Abbazia degli Illusi (RL) || Rovigo || [[1927]] || Collaboratore
|-
| align=left | [[La Stampa]] (NC) || Torino || 1929 - [[1930]] || Collaboratore
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| align=left | Il Giornale di Genova (NC) || [[Genova]] || 1929 -1930 || Collaboratore
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| align=left | Il Mattino (NC) || Napoli || 1929 -1930 || Collaboratore
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| align=left | Mater Dei (rivista mariana) || Rovigo || 1930 || Collaboratore
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| align=left | Le Panarie (RL Poesie) || [[Udine]] || 1931 || Collaboratore
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| align=left | Musa Veneta (RL Poesie dialettali)|| [[Verona]] || 1931 || Collaboratore
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| align=left | L'Illustrazione Italiana (Rivista) (NC) || Milano || 1933 || Collaboratore
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| align=left | L'Ambrosiano (Rivista) (NC) || Milano || 1931-1943 || Collaboratore
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| align=left | Il Polesine Fascista (PNF) || Rovigo || 1941 || Collaboratore.
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| align=left | Il Popolo del Friuli (PSI)|| Udine || 1941-1943 || Direttore dopo l'8 settembre 1943 (sospeso dai tedeschi)
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|}
 
==Opere di Gino Piva==
=== Opere edite ===
*La gloria e'l pianto – Torino, 1909
*Per le vie d'una quarta Italia – Biella, 1911
*Il carteggio del generale Manfredo Fanti (1838-1865) – Carpi, 1914
*L'aureo tempo di Carpi – Carpi, 1914
*L'arteria ferroviaria detta del Predil nei suoi aspetti regionali, nazionali e transalpini - Venezia, 1923
*Stazione di confine /estratto del “Quaderno”, mensile XLIX, anno V, n. 7, luglio 1926 dell'Istituto federale di Credito Per il Risorgimento delle Venezie) – Venezia, 1926
*Montin, antica locanda veneziana - Venezia, 1927
*Viene la gente nostra… (canzone) – Venezia, 1928
*Un pioniere italiano alla scoperta del Nilo. Giovanni Miani, il leone bianco – Firenze, 1930
*Canti d'Adese e Po, poesie del Polesine - Udine 1931
*Rovigo tra Madonne, visioni e memorie (estratto della rivista Mariana “Mater Dei”, n. 6, 1931) – Venezia, 1931
*Una terra e un redentore, Cona e Cesare De Lotto - Venezia, 1933
*Bi-ba-ri-bò (versi in dialetto palesano) – Rovigo, 1934
 
=== Opere inedite ===
*Tre figure di una stessa terra (A. Tedeschi, N. Badaloni, A. Mario)
*Anime solitarie
*Storia proletaria tra Adige e il Po
*Canta contadina per i lustrissimi Brogliato e Bentivoglio. Coro ad una voce media. Versi di Gino Piva. Musica di Don Piero Socal.
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* Giampietro Berti. ''Nicola Badaloni, Gino Piva e il socialismo padano-veneto''. Associazione Culturale Minelliana, Rovigo, 1998
* Carlo Cavriani. ''Gino Piva, tra socialismo e patriottismo, giornalista inviato del resto del carlino su fronte della Grande Guerra''. Presentazione di Franco Della Peruta- ed- Minelliana&nbsp;– Rovigo 1999
* Enrico Zerbinati, ''Storia e archeologia nella poesia di Gino Piva'', in «Acta Concordium», 2007, 1, pp. 23-37.
* [[Lydia Piva]], ''Lettere al fratello Gino. Poesie edite e inedite'', a cura di Antonello Nave, in AA.VV., ''Arciduchesse, scienziate, educatrici e letterate nel Polesine tra XVIII e XIX secolo. Il travagliato cammino dell’emancipazione femminile'' («Studi Polesani», VI, 2013-2014, 7-8), Rovigo, Minelliana, 2014, pp. 87-269
* Antonello Nave, ''Lydia Piva. Dove l'amore non sorride'', in «Padova e il suo territorio», XXIX, 167 (febbraio 2014), pp. 24-27
* Antonello Nave, ''“A parlar de Garibaldi”. La poesia giovanile di Gino Piva'', in «Camicia Rossa», XXXIV, 2, aprile-luglio 2014, pp. 11-13.
 
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