[[File:Sulfenic-acid-tautomerism-2D.png|thumb|Gli acidi solfenici, che potenzialmente sono in grado di esibire [[tautomeria]], come evidenziato da misure [[spettroscopia|spettroscopiche]] e studi teorici esistono quasi esclusivamente nella forma strutturale indicata a sinistra.]]
{{Bio
|Nome = Cesare
|Cognome = Pavese
|Sesso = M
|LuogoNascita = Santo Stefano Belbo
|GiornoMeseNascita = 9 settembre
|AnnoNascita = 1908
|LuogoMorte = Torino
|GiornoMeseMorte = 27 agosto
|AnnoMorte = 1950
|Epoca = 1900
|Attività = scrittore
|Attività2 = poeta
|Attività3 = traduttore
|AttivitàAltre = e [[critico letterario]]
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Cesare Pavese 10.jpg
|DimImmagine = 200
|Didascalia2 = {{Premio|[[Strega (premio)|Strega]]||1950}}
}}
L''''acido solfenico''' è un [[acido organico]] contenente un [[atomo]] di [[zolfo]] e avente formula generale RSOH. Rappresenta il primo membro di una serie di acidi solforati che includono anche gli [[acido solfinico|acidi solfinici]] (RSO<sub>2</sub>H) e gli [[acidi solfonici]] (RSO<sub>3</sub>H).
Viene considerato uno dei maggiori intellettuali italiani del XX secolo.[[File:Cesare Pavese Signature.jpg|thumb|[[Firma]] di Cesare Pavese]]
== Biografia Proprietà==
Contrariamente agli acidi solfinici e solfonici, gli acidi solfenici semplici, come l'acido metansolfenico (CH<sub>3</sub>SOH), sono altamente reattivi e non possono essere isolati in [[soluzione (chimica)|soluzione]]. La struttura dell'acido metansolfenico è stata determinata in fase gassosa attraverso la [[spettroscopia rotazionale]] e si è dimostrata essere CH<sub>3</sub>–S–O–H.<ref>{{cita pubblicazione|autore=R.E. Penn |autore2=E. Block |autore3= L.K. Revelle |titolo=Methanesulfenic Acid|pubblicazione=[[Journal of the American Chemical Society]]|anno=1978|volume=100|numero=11|pp=3622–3624|DOI= 10.1021/ja00479a068}} </ref>
=== L'infanzia ===
[[File:Consolina Mesturini Pavese.jpg|thumb|left|upright=0.7|Consolina Pavese Mesturini]]
Cesare Pavese nacque a [[Santo Stefano Belbo]], un paesino delle [[Langhe]] nella [[provincia di Cuneo]], presso il cascinale di San Sebastiano, dove la famiglia soleva trascorrere le [[estate|estati]], il 9 settembre del [[1908]]. Il padre, Eugenio Pavese, originario anch'egli di Santo Stefano Belbo, era [[cancelliere]] presso il [[Palazzo di Giustizia (Torino)|Palazzo di Giustizia]] di [[Torino]], dove risiedeva con la moglie, Fiorentina Consolina Mesturini, proveniente da una famiglia di abbienti commercianti originari di [[Ticineto]] (in [[provincia di Alessandria]]), e la primogenita Maria (nata nel [[1902]]), in un appartamento in via XX Settembre 79.
Gli acidi solfenici possono essere stabilizzati dagli [[ingombro sterico|effetti sterici]], i quali prevengono la [[reazione di condensazione]] tra due molecole identiche con formazione di [[tiosolfinato|tiosolfinati]] aventi struttura RS(O)SR. Un esempio di tiosolfinato è costituito dall'[[allicina]] presente nell'[[Allium sativum|aglio]]. La struttura di tali acidi solfenici stabilizzati è stata indagata tramite la [[cristallografia a raggi X]] ed è risultata essere R–S–O–H.<ref>{{cita pubblicazione|autore=K. Goto |autore2=M. Holler |autore3= R. Okazaki |titolo=Synthesis, Structure, and Reactions of a Sulfenic Acid Bearing a Novel Bowl-Type Substituent: The First Synthesis of a Stable Sulfenic Acid by Direct Oxidation of a Thiol|pubblicazione=Journal of the American Chemical Society|anno=1997|volume=119|numero=6|pp=1460–1461|DOI= 10.1021/ja962994s}} </ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=A. Ishii |autore2=K. Komiya |autore3= J. Nakayama |titolo=Synthesis of a Stable Sulfenic Acid by Oxidation of a Sterically Hindered Thiol (Thiophenetriptycene-8-thiol)1 and Its Characterization|pubblicazione=Journal of the American Chemical Society|anno=1996|volume=118|numero=50|pp=12836–12837|DOI= 10.1021/ja962995k}} </ref> Per l'acido 1-tripticensolfenico è stato trovato un valore di [[costante di dissociazione acida|pKa]] pari a 12,5 ed [[energia di dissociazione di legame|energia di dissociazione]] del legame O-H equivalente a 71,9 ± 0,3 [[caloria|kcal]]/[[mole|mol]] mentre, a titolo di confronto, i [[perossidi]] organici [[isoelettronico|isoelettronici]] possiedono pKa ≥14 ed energia di dissociazione del legame O-H pari a circa 88 kcal/mol.<ref>{{cita pubblicazione|autore=A.J. McGrath|autore2=G.E. Garrett |autore3=L. Valgimigli |autore4=D.A. Pratt |titolo=The redox chemistry of sulfenic acids|pubblicazione=Journal of the American Chemical Society|anno=2010|volume=132|numero=47|pp=16759–16761|DOI= 10.1021/ja1083046}} </ref>
Malgrado l'agiatezza economica, l'infanzia di Pavese non fu felice: una sorella e due fratelli, nati prima di lui, erano morti prematuramente. La madre, di [[salute]] cagionevole, dovette affidarlo, appena nato, a una balia del vicino paese di Montecucco e poi, quando lo riprese con sé a Torino, a un'altra balia, Vittoria Scaglione.
==Formazione e diffusione in natura==
Gli acidi solfenici sono prodotti attraverso la decomposizione enzimatica dell'[[alliina]] e dei composti a essa correlati in seguito al danneggiamento dei tessuti dell'aglio, delle [[Allium cepa|cipolle]] e di altre piante del genere ''[[Allium]]''. L'acido 1-propensolfenico, formato quando vengono tagliate le cipolle, viene convertito enzimaticamente in modo rapido formando il tiopropanal-S-ossido che è un agente lacrimogeno.<ref> {{cita libro|autore=Eric Block|titolo= Garlic and Other Alliums: The Lore and the Science|editore=Royal Society of Chemistry|anno=2010|p=208|ISBN=0854041907}} </ref> L'acido 2-propensolfenico, che si forma dall'allicina, è invece ritenuto essere responsabile della potente attività antiossidante dell'aglio.<ref>{{cita pubblicazione|autore=V. Vaidya |autore2=K.U. Ingold |autore3=D.A. Pratt |titolo=Garlic: Source of the Ultimate Antioxidants – Sulfenic Acids|pubblicazione=[[Angewandte Chemie|Angewandte Chemie International Edition]]|anno=2009|volume=48|numero=1|pp=157–60|DOI= 10.1002/anie.200804560|PMID=19040240}} </ref>
In [[chimica organica]], la conversione di certi [[solfossidi]] ad [[alcheni]] porta alla formazione di un acido solfenico:<ref> {{cita libro|autore=S. Braverman|titolo= Sulfenic Acids and Derivatives|capitolo=Rearrangements involving sulfenic acids and their derivatives|editore=John Wiley & Sons|anno=1990|ISBN=9780470772287|DOI=10.1002/9780470772287.ch8}} </ref>
Il padre morì di un [[neoplasia|cancro]] al [[cervello]] il 2 gennaio del [[1914]]; Cesare aveva cinque anni. Come è stato scritto, «c'erano già tutti i motivi – familiari e affettivi – per far crescere precocemente il piccolo Cesare [...] per una preistoria umana e letteraria che avrebbe accompagnato e segnato la vita dello scrittore». La madre, di carattere autoritario, dovette allevare da sola i due figli: la sua [[educazione]] rigorosa contribuì ad accentuare il [[carattere (psicologia)|carattere]] già introverso e instabile di Cesare.<ref>V. Arnone, ''Pavese. Tra l'assurdo e l'assoluto'', 1998, pp. 11-13.</ref>
:RS(O)CH<sub>2</sub>CH<sub>2</sub>R' → RSOH + CH<sub>2</sub>=CHR'
=== Gli studi =Note==
[[File:Pavese Liceo D'Azeglio.jpg|thumb|upright=1.3|Cesare Pavese, il primo a sinistra in seconda fila, studente del [[Liceo classico Massimo d'Azeglio|Liceo D'Azeglio]] di Torino, nel 1923.]]
Nell'autunno dello stesso 1914, la sorella si ammalò di tifo e la famiglia dovette rimanere a Santo Stefano Belbo, dove Cesare frequentò la prima [[scuola primaria in Italia|elementare]]; le altre quattro classi del ciclo le compì a Torino nell'istituto privato "Trombetta" di [[Via Garibaldi (Torino)|via Garibaldi]]. Come scrive [[Armanda Guiducci]],<ref>A. Guiducci, ''Il mito Pavese'', 1967, p. 15.</ref> «S. Stefano fu il luogo della sua memoria e immaginazione; il luogo reale della sua vita, per quarant'anni, fu Torino». Lungo lo stradone che da Santo Stefano Belbo porta a [[Canelli]], nella bottega del [[falegname]] Scaglione, Cesare conobbe Pinolo, il più piccolo dei figli del falegname, che descriverà in alcune opere, soprattutto ''[[La luna e i falò]]'' (come ''Nuto'') e a cui rimarrà sempre legato.
Nel [[1916]] la madre, non riuscendo più a sostenere la gestione dei [[mezzadria|mezzadri]] e le spese, decise di vendere la [[cascina]] di San Sebastiano e andare a vivere con i figli in una villetta nella località collinare di [[Reaglie]].
A Torino Cesare frequentò le [[scuola secondaria di primo grado in Italia|scuole medie]] presso l'[[Istituto sociale|Istituto Sociale]] dei [[compagnia di Gesù|gesuiti]], poi si iscrisse al [[Liceo classico Cavour]] dove scelse il ginnasio con l'indirizzo moderno ([[Liceo moderno]]), che non prevedeva lo [[Studio (apprendimento)|studio]] della [[lingua greca]]. Incominciò ad appassionarsi alla [[letteratura]], in particolare ai romanzi di [[Guido da Verona]] e di [[Gabriele D'Annunzio]]. Con il compagno di studi [[Mario Sturani]] incominciò un'[[amicizia]] durata tutta la vita e prese a frequentare la [[Biblioteca]] Civica, scrivendo i primi [[verso|versi]].
Nell'ottobre 1923 Pavese si iscrisse al liceo [[Massimo d'Azeglio|D'Azeglio]] e scoprì, in particolare, l'opera di [[Vittorio Alfieri|Alfieri]]. Trascorse gli anni di liceo tra i primi amori [[adolescenza|adolescenziali]] e le amicizie, come quella con [[Tullio Pinelli]], cui farà leggere per primo il dattiloscritto di ''Paesi tuoi'' e scriverà una [[lettera (messaggio)|lettera]] prima del suicidio. Cesare rimase a lungo a casa da scuola a causa di una [[pleurite]] che si era preso rimanendo a lungo sotto la [[pioggia]] per aspettare una [[cantante]] [[ballerina]] di varietà in un locale frequentato dagli [[studente|studenti]], della quale si era innamorato. Era il [[1925]] e frequentava la seconda liceo<ref>L'episodio è citato da [[Francesco De Gregori]] nella canzone [[Alice/I musicanti#Alice|Alice]]: ''e Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina''.</ref>.
L'anno seguente fu scosso profondamente dalla tragica [[morte]] di un suo compagno di classe, Elico Baraldi, che si era [[suicidio|tolto la vita]] con un colpo di [[rivoltella]]. Pavese ebbe la tentazione di emulare quel gesto, come testimonia la [[poesia]] inviata il 9 gennaio [[1927]] all'amico Sturani.
{{Citazione|Sono andato una sera di dicembre/ per una stradicciuola di campagna/ tutta deserta, col tumulto in cuore./ Avevo dietro me una rivoltella<ref>''Lettere, 1924-1944'', a cura di Lorenzo Mondo, Einaudi, Torino 1966</ref>.}}
Il suo insegnante di italiano e latino fu l'[[Antifascismo|antifascista]] [[Augusto Monti]], che gli insegnò un metodo rigoroso di studio improntato all'[[estetica]] [[Benedetto Croce|crociana]] frammista ad alcune concezioni di [[Francesco De Sanctis|De Sanctis]].
Nel [[1926]], conseguita la maturità liceale, inviò alla [[rivista]] "Ricerca di poesia" alcune [[poesia lirica|liriche]], che furono però respinte. Si iscrisse intanto alla Facoltà di lettere dell'[[Università degli Studi di Torino|Università di Torino]] e continuò a scrivere e a studiare con grande fervore l'[[lingua inglese|inglese]], appassionandosi alla lettura di [[Sherwood Anderson]], [[Sinclair Lewis]] e soprattutto [[Walt Whitman]], mentre le sue amicizie si allargarono a coloro che diventeranno, in seguito, intellettuali antifascisti di spicco: [[Leone Ginzburg]], [[Norberto Bobbio]], [[Massimo Mila]] e [[Giulio Einaudi]].
L'interesse per la [[letteratura americana]] divenne sempre più rilevante e così incominciò ad accumulare materiale per la sua tesi di laurea, mentre proseguivano i timidi amori permeati dalla sua visione angelicante della [[donna]]. Intanto si immergeva sempre più nella vita cittadina, e così scriveva all'amico Tullio Pinelli:
{{Citazione|Ora io non so se sia l'influenza di Walt Whitman, ma darei 27 campagne per una città come Torino. La campagna sarà buona per un riposo momentaneo dello spirito, buona per il paesaggio, vederlo e scappar via rapido in un treno elettrico, ma la vita, la vita vera moderna, come la sogno e la temo io è una grande città, piena di frastuono, di fabbriche, di palazzi enormi, di folle e di belle donne (ma tanto non le so avvicinare)<ref>L. Mondo, ''Quell'antico ragazzo'', Rizzoli, Milano 2006, p. 22</ref>.}}
[[File:Cesare Pavese.png|thumb|left|Cesare Pavese]]
Leggendo ''[[Babbit]]'' di [[Sinclair Lewis]], Pavese volle capire a fondo lo [[slang]]. Incominciò così una fitta corrispondenza con un giovane musicista [[italoamericano]], Antonio Chiuminatto, conosciuto qualche anno prima a Torino, che lo aiutò ad approfondire l'americano a lui più contemporaneo.
Così scrisse al corrispondente d'oltreoceano:
{{Citazione|ora io credo che lo slang non è una lingua distinta dall'inglese come per esempio il piemontese dal toscano... Lei dice: questa parola è slang e quest'altra è classica. Ma lo slang è forse altra cosa che il tronco delle nuove parole ed espressioni inglesi, continuamente formate dalla gente che vive, come lingue di tutti i tempi? Voglio dire, non c'è una linea che possa essere tracciata tra le parole inglesi e quelle dello slang come tra due lingue diverse...<ref>Lettera ad Antonio Chiumatto, 12 gennaio 1939, ''op. cit.'', p. 171</ref>}}
Negli anni successivi, proseguì gli studi con passione, scrisse versi e lesse molto, soprattutto autori americani come [[Ernest Hemingway|Hemingway]], [[Edgar Lee Masters|Lee Masters]], [[Edward Estlin Cummings|Cummings]], [[Robert Lowell|Lowell]], e la [[Gertrude Stein|Stein]]; incominciò a tradurre per l'[[editoria|editore]] [[R. Bemporad & figlio|Bemporad]] ''Our Mr. Wrenn'' di [[Sinclair Lewis]] e scrisse per Arrigo Cajumi, membro del comitato direttivo della [[rivista]] "[[La Cultura (rivista)|La Cultura]]", il suo primo [[saggio]] sull'autore di ''Babbitt'', cominciando così la serie detta ''Americana''.
Nel [[1930]] presentò la sua tesi di laurea "Sulla interpretazione della poesia di Walt Whitman" ma Federico Oliviero, il professore con il quale doveva discuterla, la rifiutò all'ultimo momento perché troppo improntata all'estetica crociana e quindi scandalosamente liberale per l'età [[fascismo|fascista]]. Intervenne però [[Leone Ginzburg]]: la tesi venne così accettata dal professore di [[Letteratura francese]] Ferdinando Neri e Pavese poté laurearsi con 108/110<ref>R. Gigliucci, ''Cesare Pavese'', Bruno Mondadori, Milano 2001, p. 10.</ref>.
=== L'attività di traduttore e l'insegnamento ===
[[File:Tina Pizzardo.jpg|thumb|upright=0.6|Tina Pizzardo]]
Nello stesso anno morì la madre e Pavese rimase ad abitare nella casa materna con la sorella Maria, dove visse fino al penultimo giorno della sua vita e incominciò, per guadagnare, l'attività di [[traduzione|traduttore]] in modo sistematico alternandola all'insegnamento della [[lingua inglese]].<br />
Per un compenso di 1000 [[Lira italiana|lire]] tradusse ''[[Moby Dick]]'' di [[Herman Melville]] e ''[[Riso nero]]'' di Anderson. Scrisse un saggio sullo stesso Anderson e, ancora per "La Cultura", un articolo sull'''[[Antologia di Spoon River]]'', uno su Melville e uno su [[O. Henry]]. Risale a questo stesso anno la prima poesia di ''[[Lavorare stanca]]''. Ottenne anche alcune supplenze nelle scuole di [[Bra]], [[Vercelli]] e [[Saluzzo]] e incominciò anche a impartire lezioni private e a insegnare nelle scuole serali.
Nel periodo che va dal settembre [[1931]] al febbraio [[1932]] Pavese compose un ciclo di racconti e poesie dal titolo ''[[Ciau Masino]]'' rimasto a lungo inedito, che verrà pubblicato per la prima volta nel [[1968]] in edizione fuori commercio e contemporaneamente nel primo volume dei ''Racconti'' delle "Opere di Cesare Pavese".
Nel [[1933]], per poter insegnare nelle scuole pubbliche si arrese, pur malvolentieri, alle insistenze della sorella e di suo marito e si iscrisse al [[partito Nazionale Fascista|partito nazionale fascista]], cosa che rimprovererà più tardi alla sorella Maria in una lettera del 29 luglio [[1935]] scritta dal [[carcere di Regina Coeli]]: ''"A seguire i vostri consigli, e l'avvenire e la carriera e la pace ecc., ho fatto una prima cosa contro la mia coscienza"''.
Continuava intanto l'attività di multilingua, che terminò solamente nel [[1947]]. Nel [[1933]] tradusse ''[[Il 42º parallelo]]'' di [[John Dos Passos]] e ''[[Ritratto dell'artista da giovane]]'' di [[James Joyce]]. Ebbe inizio in questo periodo un tormentato rapporto sentimentale con [[Tina Pizzardo]], la "donna dalla voce rauca" alla quale dedicherà i versi di ''Incontro'' nella raccolta ''Lavorare stanca''. {{Citazione|... L'ho incontrata una sera: una macchia più chiara/ sotto le stelle ambigue, nella foschia d'estate./ Era intorno il sentore di queste colline/ più profondo dell'ombra, e d'un tratto suonò/ come uscisse da queste colline, una voce più netta/ e aspra insieme, una voce di tempi perduti.<ref>Da ''"Incontro"'' in Cesare Pavese, ''Poesie edite e inedite'', Einaudi, Torino 1962, p. 29.</ref>}}
=== L'incarico all'Einaudi ===
Giulio Einaudi aveva intanto fondato la sua [[casa editrice]]. Le due riviste, "La riforma sociale" di [[Luigi Einaudi]] e "La Cultura", che era stata concepita da [[Cesare De Lollis]] e in quel momento era diretta da Cajumi, si fusero dando vita a una nuova "La Cultura" della quale doveva diventare direttore [[Leone Ginzburg]]. Ma molti partecipanti del movimento "[[Giustizia e Libertà]]", tra cui anche Ginzburg, all'inizio del [[1934]] vennero arrestati e la direzione della rivista passò a [[Sergio Solmi]]. Pavese, intanto, fece domanda alla casa editrice per poter sostituire Ginzburg e, dal maggio di quell'anno, essendo egli tra i meno compromessi politicamente, incominciò la collaborazione con l'Einaudi dirigendo per un anno "La Cultura" e curando la sezione di [[etnologia]].
Sempre nel 1934, grazie alla raccomandazione di Ginzburg, riuscì a inviare ad [[Alberto Carocci]], direttore a [[Firenze]] della rivista ''[[Solaria]]'', le poesie di ''Lavorare stanca'' che vennero lette da [[Elio Vittorini]] con parere positivo tanto che Carocci ne decise la pubblicazione.
=== L'arresto e la condanna per antifascismo ===
[[File:Cesare Pavese 1.jpg|thumb|upright=0.6|Cesare Pavese]]
Nel [[1935]] Pavese, intenzionato a proseguire nell'insegnamento, si dimise dall'incarico all'Einaudi e incominciò a prepararsi per affrontare il concorso di [[Lingua latina|latino]] e [[Lingua greca|greco]] ma, il 15 maggio, una delazione dello scrittore [[Pitigrilli|Dino Segre]]<ref>{{cita|Fucci, Le polizie di Mussolini|p. 177}}</ref> portò agli arresti di [[intellettuale|intellettuali]] aderenti a "[[Giustizia e Libertà]]", venne fatta una perquisizione nella casa di Pavese, sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali a contatto con Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di [[Altiero Spinelli]] detenuto per motivi politici nel carcere romano. Accusato di [[antifascismo]], Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di [[confino]] a [[Brancaleone (Italia)|Brancaleone Calabro]], dove conobbe [[Vincenzo De Angelis]]. Ma Pavese, in realtà, era innocente, poiché la lettera trovata era rivolta a [[Tina Pizzardo]], la "donna dalla voce rauca" della quale era innamorato. Tina era però politicamente impegnata e iscritta al [[Partito Comunista d'Italia|Partito comunista d'Italia]] clandestino e continuava ad avere contatti epistolari con Spinelli e le lettere pervenivano a casa di Pavese che le aveva permesso di utilizzare il suo indirizzo.
Il 4 agosto [[1935]] Pavese giunse quindi in [[Calabria]], a Brancaleone, e qui scrisse ad Augusto Monti<ref>''Lettera ad Augusto Monti'', 11 settembre, pubbl. in Davide Lajolo, ''Il vizio assurdo'', Il Saggiatore, Milano 1967.</ref> «Qui i paesani mi hanno accolto umanamente, spiegandomi che, del resto, si tratta di una loro tradizione e che fanno così con tutti. Il giorno lo passo "dando volta", leggicchio, ristudio per la terza volta il greco, fumo la [[pipa]], faccio venir notte; ogni volta indignandomi che, con tante invenzioni solenni, il genio italico non abbia ancora escogitato una [[droga]] che propini il [[ibernazione#Regno animale|letargo]] a volontà, nel mio caso per tre anni. Per tre anni! Studiare è una parola; non si può niente che valga in questa incertezza di vita, se non assaporare in tutte le sue qualità e quantità più luride la [[noia]], il tedio, la seccaggine, la sgonfia, lo [[spleen]] e il mal di pancia. Esercito il più squallido dei passatempi. Acchiappo le [[Mosca (zoologia)|mosche]], traduco dal greco, mi astengo dal guardare il [[mare]], giro i campi, fumo, tengo lo [[zibaldone]], rileggo la corrispondenza dalla [[patria]], serbo un'inutile [[castità]]».
Nell'ottobre di quell'anno aveva incominciato a tenere quello che nella lettera al Lajolo definisce lo "zibaldone", cioè un diario che diventerà in seguito ''[[Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950|Il mestiere di vivere]]'' e aveva fatto domanda di grazia, con la quale ottenne il condono di due anni.
{{vedi anche|Lavorare stanca}}
Nel [[1936]], durante il suo confino, venne pubblicata la prima edizione della raccolta poetica ''Lavorare stanca'' che, malgrado la forma fortemente innovativa, passò quasi inosservata.
=== Il ritorno a Torino ===
Verso la fine del 1936, terminato l'anno di confino, Pavese fece ritorno a Torino e dovette affrontare la delusione di sapere che Tina stava per sposarsi con un altro e che le sue poesie erano state ignorate. Per guadagnarsi da vivere riprese il lavoro di traduttore e nel [[1937]] tradusse ''Un mucchio di quattrini'' (''The Big Money'') di [[John Dos Passos]] per [[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]] e ''[[Uomini e topi (romanzo)|Uomini e topi]]'' di [[John Steinbeck|Steinbeck]] per [[Bompiani]]. Dal 1º maggio accettò di collaborare, con un lavoro stabile e per lo stipendio di mille lire al mese, con la Einaudi, per le collane "Narratori stranieri tradotti" e "Biblioteca di cultura storica", traducendo ''[[Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders]]'' di [[Daniel Defoe|Defoe]] e l'anno dopo ''[[David Copperfield (romanzo)|La storia e le personali esperienze di David Copperfield]]'' di [[Charles Dickens|Dickens]] oltre all<nowiki>'</nowiki>''Autobiografia di [[Alice Toklas]]'' della [[Gertrude Stein|Stein]].
=== Il passaggio alla prosa ===
{{vedi anche|Notte di festa|Il carcere|Paesi tuoi}}
Nel frattempo incominciò a scrivere i [[racconto|racconti]] che verranno pubblicati postumi, dapprima nella raccolta "[[Notte di festa]]" e in seguito nel volume de ''I racconti'' e fra il 27 novembre del 1936 e il 16 aprile del [[1939]] completò la stesura del suo primo romanzo breve tratto dall'esperienza del confino intitolato ''[[Il carcere]]'' (il primo titolo era stato ''Memorie di due stagioni'') che verrà pubblicato dieci anni dopo. Dal 3 giugno al 16 agosto scrisse ''[[Paesi tuoi]]'' che verrà pubblicato nel [[1941]] e sarà la prima opera di narrativa dello scrittore data alle stampe.
Si andava intanto intensificando, dopo il ritorno dal confino di Leone Ginzburg da [[Pizzoli]], negli [[Abruzzo|Abruzzi]], l'attività del gruppo clandestino di "Giustizia e Libertà" e quella dei comunisti con a capo [[Ludovico Geymonat]]. Pavese, che era chiaramente antifascista, venne coinvolto e, al di qua di una precisa e dichiarata definizione politica, incominciò ad assistere con crescente interesse alle frequenti discussioni che avvenivano a casa degli amici. Conobbe in questo periodo [[Giaime Pintor]] che collaborava ad alcune riviste letterarie ed era inserito alla Einaudi come traduttore dal tedesco e come consulente e nacque tra loro una salda amicizia.
=== Il periodo della guerra ===
Nel [[1940]] l'Italia era intanto entrata in [[Seconda guerra mondiale|guerra]] e Pavese era coinvolto in una nuova avventura sentimentale con una giovane universitaria che era stata sua allieva al liceo D'Azeglio e che gli era stata presentata da [[Norberto Bobbio]]. La ragazza, giovane e ricca di interessi culturali, si chiamava [[Fernanda Pivano]] e colpì lo scrittore a tal punto che il 26 luglio le propose il matrimonio; malgrado il rifiuto della giovane, l'amicizia continuò.
Alla Pivano Pavese dedicò alcune poesie, tra le quali ''Mattino'', ''Estate'' e ''Notturno'', che inserì nella nuova edizione di ''Lavorare stanca''. Lajolo scrive che "Per cinque anni Fernanda fu la sua confidente, ed è in lei che Pavese tornò a sperare per avere una casa ed un amore. Ma anche quella esperienza – così diversa – si concluse per lui con un fallimento. Sul frontespizio di ''Feria d'agosto'' sono segnate due date: 26 luglio 1940, 10 luglio 1945, che ricordano le due domande di matrimonio fatte a Fernanda, con le due croci che rappresentano il significato delle risposte"<ref>Davide Lajolo, ''Il vizio assurdo'', Il Saggiatore, Milano 1967, p. 259</ref>.
In quell'anno Pavese scrisse ''[[La bella estate]]'' (il primo titolo sarà ''La tenda''), che verrà pubblicato nel [[1949]] nel volume dal titolo omonimo che comprende anche i romanzi brevi ''Il diavolo sulle colline'' e ''Tra donne sole''; tra il [[1940]] e il [[1941]] scrisse ''[[La spiaggia (romanzo)|La spiaggia]]'', che vedrà una prima pubblicazione nel [[1942]] su "Lettere d'oggi" di Giambattista Vicari.
Nel [[1941]], con la pubblicazione di ''Paesi tuoi'', e quindi l'esordio narrativo di Pavese, la critica sembrò accorgersi finalmente dell'autore. Intanto, nel [[1942]], Pavese venne regolarmente assunto dalla Einaudi con mansioni di impiegato di prima categoria e con il doppio dello stipendio sulla base del contratto nazionale collettivo di lavoro dell'industria. Nel [[1943]] Pavese venne trasferito per motivi editoriali a [[Roma]] dove gli giunse la cartolina di precetto ma, a causa della forma d'[[asma]] di origine nervosa di cui soffriva, dopo sei mesi di convalescenza all'Ospedale militare di [[Rivoli]] venne dispensato dalla [[servizio militare|leva militare]] e ritornò a Torino che nel frattempo aveva subito numerosi [[Bombardamento|bombardamenti]] e che trovò deserta dai numerosi amici, mentre sulle montagne si stavano organizzando le prime formazioni [[partigiano|partigiane]].
Nel [[1943]], dopo l'[[Armistizio di Cassibile|8 settembre]], Torino venne occupata dai [[Germania|tedeschi]] e anche la casa editrice venne occupata da un commissario della [[Repubblica Sociale Italiana|Repubblica sociale italiana]]. Pavese, a differenza di molti suoi amici che si preparavano alla lotta clandestina, si rifugiò a [[Serralunga di Crea]], piccolo paese del [[Monferrato]], dov'era sfollata la sorella Maria e dove strinse amicizia con il conte [[Carlo Grillo]], che diventerà il protagonista de ''Il diavolo sulle colline''. A dicembre, per sfuggire a una retata da parte dei [[Guardia Nazionale Repubblicana|repubblichini]] e dei tedeschi, chiese ospitalità presso il Collegio Convitto dei [[chierici regolari di Somasca|padri Somaschi]] di [[Casale Monferrato]] dove, per sdebitarsi, dava ripetizioni agli allievi. Leggeva e scriveva apparentemente sereno.
Il 1º marzo, mentre si trovava ancora a Serralunga, gli giunse la notizia della tragica morte di Leone Ginzburg avvenuta sotto le [[tortura|torture]] nel carcere di Regina Coeli. Il 3 marzo scriverà: «L'ho saputo il 1º marzo. Esistono gli altri per noi? Vorrei che non fosse vero per non star male. Vivo come in una nebbia, pensandoci sempre ma vagamente. Finisce che si prende l'abitudine a questo stato, in cui si rimanda sempre il dolore vero a domani, e così si dimentica e non si è sofferto»<ref>Cesare Pavese, ''Il mestiere di vivere'', Einaudi, Torino 1952, p. 276 (3 marzo 1944).</ref>.
=== Gli anni del dopoguerra (1945-1950) ===
==== L'iscrizione al Partito comunista e l'attività a "L'Unità" ====
Ritornato a Torino dopo la liberazione, venne subito a sapere che tanti amici erano morti: [[Giaime Pintor]] era stato dilaniato da una [[mina terrestre|mina]] sul fronte dell'avanzata americana; Luigi Capriolo era stato impiccato a Torino dai fascisti e Gaspare Pajetta, un suo ex allievo di soli diciotto anni, era morto combattendo nella [[Val d'Ossola]]. Dapprima, colpito indubbiamente da un certo [[rimorso]], che ben espresse in seguito nei versi del poemetto ''La terra e la morte'' e in tante pagine dei suoi romanzi, egli cercò di isolarsi dagli amici rimasti ma poco dopo decise di iscriversi al [[Partito Comunista Italiano|Partito comunista]] incominciando a collaborare al [[quotidiano]] ''[[l'Unità]]''; ne darà notizia da Roma, dove era stato inviato alla fine di luglio per riorganizzare la filiale romana della Einaudi, il 10 novembre all'amico [[Massimo Mila]]: «Io ho finalmente regolato la mia posizione iscrivendomi al PCI».
Come scrive l'amico Lajolo<ref>Davide Lajolo, ''op. cit.'', p. 303.</ref>, «La sua iscrizione al partito comunista oltre ad un fatto di coscienza corrispose certamente anche all'esigenza che sentiva di rendersi degno in quel modo dell'eroismo di Gaspare e degli altri suoi amici che erano caduti. Come un cercare di tacitare i rimorsi e soprattutto di impegnarsi almeno ora in un lavoro che ne riscattasse la precedente assenza e lo ponesse quotidianamente a contatto con la gente... Tentava con quel legame anche disciplinare, di rompere l'isolamento, di collegarsi, di camminare assieme agli altri. Era l'ultima risorsa alla quale si aggrappava per imparare il mestiere di vivere».
Nei mesi trascorsi presso la redazione de ''L'Unità'' conobbe [[Italo Calvino]], che lo seguì alla Einaudi e ne divenne da quel momento uno dei più stimati collaboratori e [[Silvio Micheli]] che era giunto a Torino nel giugno del [[1945]] per parlare con Pavese della pubblicazione del proprio romanzo ''[[Pane duro]]''.
==== Alla sede romana della Einaudi ====
Verso la fine del [[1945]], Pavese lasciò Torino per Roma dove ebbe l'incarico di potenziare la sede cittadina dell'Einaudi. Il periodo romano, che durò fino alla seconda metà del [[1946]], fu considerato dallo scrittore come un tempo d'esilio perché staccarsi dall'ambiente torinese, dagli amici e soprattutto dalla nuova attività politica, lo fece ricadere nella [[malinconia]].
Nella segreteria della sede romana lavorava una giovane donna, [[Bianca Garufi]], e per lei Pavese provò una nuova passione, più impegnativa dell'idillio con la Pivano, che egli visse intensamente e che lo fece soffrire.
Scriverà nel suo diario, il 1º gennaio del [[1946]], come consuntivo dell'anno trascorso: «Anche questa è finita. Le colline, Torino, Roma. Bruciato quattro donne, stampato un libro, scritte poesie belle, scoperta una nuova forma che sintetizza molti filoni (il dialogo di Circe). Sei felice? Sì, sei felice. Hai la forza, hai il genio, hai da fare. Sei solo. Hai due volte sfiorato il suicidio quest'anno. Tutti ti ammirano, ti complimentano, ti ballano intorno. Ebbene? Non hai mai combattuto, ricordalo. Non combatterai mai. Conti qualcosa per qualcuno?»<ref>Cesare Pavese, ''Il mestiere di vivere'', Einaudi, Torino 2000, p. 306.</ref>.
Nel febbraio del 1946, in collaborazione con [[Bianca Garufi]], a capitoli alterni, incominciò a scrivere un romanzo che rimarrà incompiuto e che sarà pubblicato postumo nel [[1959]] con il titolo, scelto dall'editore, di ''[[Fuoco grande]]''.
==== A Torino: la ''Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici'' ====
Ritornato a Torino si mise a lavorare su quei temi delineatisi nella mente quando era a Serralunga. Incominciò a comporre i ''[[Dialoghi con Leucò]]'' e nell'autunno, mentre stava terminando l'opera, scrisse i primi capitoli de ''[[Il compagno]]'' con il quale volle testimoniare l'impegno per una precisa scelta politica.
[[File:Targa in Via Lamarmora a Torino.JPG|thumb|Targa sulla casa di abitazione di Cesare Pavese in Via Lamarmora a Torino.]]
Terminati i ''Dialoghi'', in attesa della pubblicazione del libro che avvenne a fine novembre nella collana "Saggi", tradusse ''Capitano Smith'' di [[Robert Henriques]].
Il [[1947]] fu un anno intenso per l'attività editoriale e Pavese s'interessò particolarmente della ''[[Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici Einaudi|Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici]]'' da lui ideata con la collaborazione di [[Ernesto de Martino|Ernesto De Martino]], una collana che fece conoscere al mondo culturale italiano le opere di autori come [[Lucien Lévy-Bruhl|Lévy-Bruhl]], [[Bronisław Malinowski|Malinowski]], [[Vladimir Jakovlevič Propp|Propp]], [[Ferdinand Georg Frobenius|Frobenius]], [[Carl Gustav Jung|Jung]], e che avrebbero dato avvio a nuove teorie [[antropologia|antropologiche]]. Oltre a ciò, Pavese inaugurò anche la nuova collana di [[narrativa]] dei "Coralli" che era nata in quello stesso anno in sostituzione dei "Narratori contemporanei".
==== La febbrile attività narrativa ====
Tra il settembre del 1947 e il febbraio del [[1948]], contemporaneamente a ''[[Il compagno]]'', scrisse ''[[La casa in collina]]'' che uscì l'anno successivo insieme con ''[[Il carcere]]'' nel volume ''Prima che il gallo canti'' il cui titolo, ripreso dalla risposta di [[Cristo]] a [[Pietro apostolo|Pietro]], si riferisce, con tono palesemente [[autobiografia|autobiografico]] ai suoi tradimenti politici. Seguirà, tra il giugno e l'ottobre del 1948 ''[[Il diavolo sulle colline]]''.
Nell'estate del 1948 gli era stato intanto assegnato, per ''Il compagno'', il [[Premio Salento]], ma Pavese aveva scritto all'amico [[Carlo Muscetta]] di dimissionarlo da qualsiasi premio letterario, presente o futuro.
Alla fine dell'anno uscì ''Prima che il gallo canti'', che venne subito elogiato dai critici [[Emilio Cecchi]] e [[Giuseppe De Robertis]]. Dal 27 marzo al 26 maggio del [[1949]] scrisse ''[[Tra donne sole]]'' e, al termine del romanzo, andò a trascorrere una settimana a [[Santo Stefano Belbo]] e, in compagnia dell'amico Pinolo Scaglione, a suo agio tra quelle campagne, incominciò a elaborare quella che sarebbe diventata ''[[La luna e i falò]]'', l'ultima sua opera pubblicata in vita.
Il 24 novembre 1949 venne pubblicato il trittico ''[[La bella estate]]'' che comprendeva i già citati tre romanzi brevi composti in periodi diversi: l'[[eponimo]] del [[1940]], ''Il diavolo sulle colline'' del 1948 e ''Tra donne sole '' del 1949.
Sempre nel 1949, scritto nel giro di pochi mesi e pubblicato nella primavera del [[1950]], scrisse ''La luna e i falò'' che sarà l'opera di narrativa conclusiva della sua carriera letteraria.
==== A Roma: amore, l'ultimo ====
[[File:Constance Dowling Pavese.jpg|thumb|upright=0.7|[[Doris Dowling]] e Pavese.]]
Dopo essere stato per un brevissimo tempo a Milano, fece un viaggio a Roma dove si trattenne dal 30 dicembre del 1949 al 6 gennaio del 1950, ma rimase deluso: il 1º gennaio scriveva sul suo diario<ref>''op. cit.'', p. 384.</ref>:
{{Citazione|Roma è un crocchio di giovanotti che attendono per farsi lustrare le scarpe. Passeggiata mattutina. Bel sole. Ma dove sono le impressioni del '45-'46? Ritrovato a fatica gli spunti, ma niente di nuovo. Roma tace. Né le pietre né le piante dicono più gran che. Quell'inverno stupendo; sotto il sereno frizzante, le bacche di Leucò. Solita storia. Anche il dolore, il suicidio, facevano vita, stupore, tensione. In fondo ai grandi periodi hai sempre sentito tentazioni suicide. Ti eri abbandonato. Ti eri spogliato dell'armatura. Eri ragazzo. L'idea del suicidio era una protesta di vita. Che morte non voler più morire.|Cesare Pavese}}
In questo stato d'animo conobbe in casa di amici [[Constance Dowling]], giunta a Roma con la sorella [[Doris Dowling|Doris]], che aveva recitato in ''[[Riso amaro]]'' con [[Vittorio Gassman]] e [[Raf Vallone]], e, colpito dalla sua bellezza, se ne innamorò.
Ritornando a Torino, cominciò a pensare che, ancora una volta, si era lasciato sfuggire l'occasione, e quando Constance si recò a Torino per un periodo di riposo, i due si rividero e la donna lo convinse ad andare con lei a [[Breuil-Cervinia|Cervinia]], dove Pavese s'illuse di nuovo. Constance infatti aveva una relazione con l'attore [[Andrea Checchi]] e ripartì presto per l'America per tentare fortuna a [[Hollywood]], lasciando lo scrittore amareggiato e infelice. A Constance, come per un addio, dedicò il romanzo ''La luna e i falò'': «For C. - Ripeness is all».
==== Il Premio Strega<ref>{{Cita web|url = https://premiostrega.it/PS/1950-cesare-pavese/|titolo = 1950 Cesare Pavese|sito = premiostrega.it|accesso = 14 aprile 2019}}</ref> ====
Nella primavera-estate del [[1950]] uscì la rivista ''Cultura e realtà''; Pavese, che faceva parte della redazione, aprì il primo numero della rivista con un suo articolo sul mito, nel quale affermava la sua fede poetica di carattere [[Giambattista Vico|vichiano]], la quale non venne apprezzata dagli ambienti degli intellettuali comunisti.
Cesare venne attaccato e, sempre più amareggiato, annotò nel suo diario il 15 febbraio<ref>''op. cit.'', p. 389.</ref> «Pavese non è un buon compagno... Discorsi d'intrighi dappertutto. Losche mene, che sarebbero poi i discorsi di quelli che ti stanno più a cuore», e ancora il 20 maggio<ref>''op. cit.'', p. 394.</ref>: «Mi sono impegnato nella responsabilità politica che mi schiaccia.»
Pavese era terribilmente depresso e neppure riuscì a risollevarlo il [[Premio Strega]] che ricevette nel giugno del [[1950]] per ''[[La bella estate]]''; in quella occasione fu accompagnato da Doris Dowling, sorella dell'amata [[Constance Dowling|Constance]].
==== La morte ====
{{vedi anche|Verrà la morte e avrà i tuoi occhi|Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950}}
[[File:Cesare Pavese 2.jpg|thumb|left|upright=0.6|Cesare Pavese]]
Nell'estate [[1950]] trascorse alcuni giorni a [[Ameglia#Frazioni|Bocca di Magra]], vicino a [[Sarzana]], in [[Liguria]], meta estiva di molti intellettuali, dove conobbe un'allora diciottenne [[Romilda Bollati]], sorella dell'editore [[Giulio Bollati]], appartenente alla nobile famiglia dei Bollati di [[Saint-Pierre (Italia)|Saint-Pierre]] (e futura moglie prima dell'imprenditore [[Attilio Turati]] poi del ministro [[Antonio Bisaglia]]<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1998/aprile/24/Romilda_Bollati_Pierina_Pavese_co_0_9804241828.shtml Romilda Bollati, la Pierina di Pavese<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>). I due ebbero una breve storia d'amore, come testimoniano i manoscritti dello scrittore, che la chiamava con lo [[pseudonimo]] di "Pierina".
Tuttavia, nemmeno questo nuovo sentimento riuscì a dissipare la sua depressione; in una lettera dell'agosto 1950, scriveva:
{{Citazione|Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e precisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l'ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.
Tutto questo te lo dico non per impietosirti – so che cosa vale la pietà, in questi casi – ma per chiarezza, perché tu non creda che quando avevo il broncio lo facessi per sport o per rendermi interessante. Sono ormai di là dalla politica. L'amore è come la grazia di Dio – l'astuzia non serve. Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. Chiamiamolo l'ultimo guizzo della candela.
Non so se ci vedremo ancora. Io lo vorrei – in fondo non voglio che questo – ma mi chiedo sovente che cosa ti consiglierei se fossi tuo fratello. Purtroppo non lo sono. Amore.<ref>Cesare Pavese, ''Vita attraverso le lettere'', a cura di Lorenzo Mondo, Einaudi, Torino 1973, pp. 254-255.</ref>}}
Il 17 agosto aveva scritto sul diario, pubblicato nel [[1952]] con il titolo ''[[Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950]]'': «Questo il consuntivo dell'anno non finito, che non finirò» e il 18 agosto aveva chiuso il diario scrivendo: «Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».<ref>C. Pavese, ''Il mestiere di vivere'', p. 400.</ref>
In preda a un profondo disagio esistenziale, tormentato dalla recente delusione amorosa con [[Constance Dowling]], alla quale dedicò i versi di ''[[Verrà la morte e avrà i tuoi occhi]]'', mise prematuramente fine alla sua vita il 27 agosto del [[1950]], in una camera dell'albergo Roma di [[Piazza Carlo Felice]] a [[Torino]], che aveva occupato il giorno prima. Venne trovato disteso sul letto dopo aver ingerito più di dieci bustine di sonnifero.
Sulla prima pagina dei ''Dialoghi con Leucò'', che si trovava sul tavolino aveva scritto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».<ref>Quasi la stessa frase scritta da [[Vladimir Vladimirovič Majakovskij]] suicida 20 anni prima: «E, per favore, niente pettegolezzi...»</ref> All'interno del libro era inserito un foglietto con tre frasi vergate da lui: una citazione dal libro, «L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia», una dal proprio diario, «Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti», e «Ho cercato me stesso». Qualche giorno dopo si svolsero i funerali civili, senza commemorazioni religiose poiché suicida e ateo.<ref>Paloni, Piermassimo, Il giornalismo di Cesare Pavese, Landoni, 1977, p. 11.</ref>
== Opera e poetica ==
{{vedi anche|Opere e poetica (Cesare Pavese)}}
Importante fu l'opera di Pavese scrittore di romanzi, poesie e racconti, ma anche quella di traduttore e critico: oltre all'''Antologia americana'' curata da [[Elio Vittorini]], essa comprende la traduzione di classici della [[letteratura]] da ''[[Moby Dick]]'' di [[Herman Melville|Melville]], nel [[1932]], a opere di [[John Dos Passos|Dos Passos]], [[William Faulkner|Faulkner]], [[Daniel Defoe|Defoe]], [[James Joyce|Joyce]] e [[Charles Dickens|Dickens]].
{{vedi anche|La letteratura americana e altri saggi}}
Nel [[1951]] uscì postumo, edito da Einaudi e con la prefazione di [[Italo Calvino]] il volume ''[[La letteratura americana e altri saggi]]'' con tutti i [[saggio|saggi]] e gli articoli che Pavese scrisse tra il [[1930]] e il [[1950]].
La sua attività di critico in particolare contribuì a creare, verso la metà degli [[Anni 1930|anni trenta]], il sorgere di un certo "mito dell'America". Lavorando nell'editoria (per la [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]]) Pavese propose alla cultura italiana scritti su temi differenti, e prima d'allora raramente affrontati, come l'[[idealismo]] e il [[marxismo]], inclusi quelli [[religione|religiosi]], [[etnologia|etnologici]] e [[psicologia|psicologici]].
== Opere ==
L'elenco è in ordine cronologico in base alla data di pubblicazione delle rispettive prime edizioni. Poiché molti testi furono pubblicati anni dopo essere stati composti, dove opportuno sono segnalate le date di composizione<ref>Cronologia in C. Pavese, ''Racconti'', 1960, Torino, Einaudi, 1960, pp. 517–22</ref>.
=== Raccolte ===
* ''Racconti'', 3 voll., Torino, Einaudi, 1960. [Contiene i racconti editi in ''Feria d'agosto'' e ''Notte di festa'' con l'aggiunta di frammenti di racconti e racconti inediti]
* ''Tutti i romanzi'', a cura di [[Marziano Guglielminetti]], Torino, Einaudi, 2000. ISBN 88-446-0079-X.
* ''Tutti i racconti'', a cura di [[Mariarosa Masoero]], introduzione di [[Marziano Guglielminetti]], Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-446-0081-1. [Contiene i già editi ''Racconti'', e ''Ciau Masino'', e altri testi già inseriti a partire dall'ed. del 1968 dell'opera omnia.
=== Romanzi e racconti ===
* ''[[Paesi tuoi]]'', Torino, Einaudi, 1941. [romanzo]
* ''Prima che il gallo canti'', Torino, Einaudi, 1948. [Contiene i romanzi ''[[Il carcere]]'', scritto nel 1938-1939, e ''[[La casa in collina]]'']
* ''[[La spiaggia (romanzo)|La spiaggia]]'', in "Lettere d'oggi", a. III, nn. 7-8, 1941; poi in volume, Roma, Ed. Lettere d'oggi, 1942; Torino, Einaudi, 1956. [romanzo breve]
* ''[[Feria d'agosto]]'', Torino, Einaudi, 1946. [racconti]
* ''[[Dialoghi con Leucò]]'', Torino, Einaudi, 1947. [racconti: conversazioni a due tra personaggi mitologici]
* ''[[Il compagno]]'', Torino, Einaudi, 1947. [romanzo]
* ''[[La casa in collina]]'', Torino, Einaudi, 1948. [romanzo]
* ''[[La bella estate]]'', Torino, Einaudi, 1949. [Contiene i romanzi: ''[[La bella estate#La bella estate|La bella estate]]'' (1940), ''[[Il diavolo sulle colline]]'' e ''[[Tra donne sole]]'']
* ''[[La luna e i falò]]'', Torino, Einaudi, 1950. [romanzo]
* ''[[Notte di festa]]'', Torino, Einaudi, 1953. [racconti]
* ''[[Fuoco grande]]'', scritto a capitoli alterni con [[Bianca Garufi]], Torino, Einaudi, 1959. [romanzo incompiuto]
* ''[[Ciau Masino]]'', Torino, Einaudi, 1968.
* {{Cita libro|titolo=Lotte di giovani e altri racconti (1925-1930)|altri=a cura di Mariarosa Masoero|edizione=Collana Nuovi Coralli|editore=Einaudi|città=Torino|anno=1993|isbn=978-88-061-3200-2}}
=== Poesie ===
* ''[[Lavorare stanca]]'', Firenze, [[Solaria]], 1936; ed. ampliata con le poesie dal 1936 al 1940, Torino, Einaudi, 1943.
* ''La terra e la morte'', in "Le tre Venezie", nn. 4-5-6, 1947; nuova edizione postuma, in ''Verrà la morte e avrà i tuoi occhi'', Torino, Einaudi, 1951; compreso anche in ''Poesie edite e inedite'', a cura di [[Italo Calvino]], Torino, Einaudi, 1962. [9 poesie]
* ''[[Verrà la morte e avrà i tuoi occhi]]'', Torino, Einaudi, 1951. [10 poesie inedite e quelle incluse in ''La terra e la morte'']
* ''[[Poesie del disamore e altre poesie disperse]]'', Torino, Einaudi, 1962. [Contiene: ''Poesie del disamore'', ''Verrà la morte e avrà i tuoi occhi'', poesie escluse da ''Lavorare stanca'', poesie del 1931‑1940 e due del 1946]
* ''[[Poesie edite e inedite]]'', a cura di Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1962. [Contiene: ''Lavorare stanca'', ''La terra e la morte'', ''Verrà la morte e avrà i tuoi occhi'' e 29 poesie inedite]
* ''8 poesie inedite e quattro lettere a un'amica (1928-1929)'', Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1964.
* ''[[Poesie giovanili, 1923-30]]'', a cura di [[Attilio Dughera]] e Mariarosa Masoero, Torino, Einaudi, 1989.
=== Saggi e diari ===
* ''[[La letteratura americana e altri saggi]]'', Torino, Einaudi, 1951. [saggi e articoli 1930-1950]
* ''[[Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950]]'', Torino, Einaudi, 1952; nuova edizione condotta sull'autografo a cura di [[Marziano Guglielminetti]] e [[Laura Nay]], Einaudi, 1990. ISBN 88-06-11863-3.
* ''Interpretazione della poesia di Walt Whitman. Tesi di laurea, 1930'', a cura di [[Valerio Magrelli]], Torino, Einaudi, 2006. [edizione di 1000 esemplari numerati]
* ''[[Dodici giorni al mare]]. [Un diario inedito del 1922]'', a cura di Mariarosa Masoero, Genova, Galata, 2008. ISBN 978-88-95369-04-4.
* ''Il quaderno del confino'', a cura di Mariarosa Masoero, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2010. ISBN 978-88-6274-184-2.
=== Sceneggiature ===
* ''Il diavolo sulle colline''; ''Gioventù crudele'', in "[[Cinema Nuovo]]", settembre-ottobre 1959. [soggetti cinematografici]
* ''Il serpente e la colomba. Scritti e soggetti cinematografici'', a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di [[Lorenzo Ventavoli]], Torino, Einaudi, 2009. ISBN 978-88-06-19800-8.
=== Epistolari ===
* ''Lettere 1924-1950''
:I, ''Lettere 1924-1944'', a cura di [[Lorenzo Mondo]], Torino, Einaudi, 1966.
:II, ''Lettere 1945-1950'', a cura di [[Italo Calvino]], Torino, Einaudi, 1966.
* ''Vita attraverso le lettere'', a cura di Lorenzo Mondo, Torino, Einaudi, 1973.
* {{Cita libro|autore=C. Pavese-[[Ernesto De Martino]]|titolo=La collana viola. Lettere 1945-1950|altri=A cura di Pietro Angelini|editore=Bollati Boringhieri|città=Torino|anno=1991|isbn=978-88-339-0529-7}}
* ''Officina Einaudi. Lettere editoriali, 1940-1950'', a cura di [[Silvia Savioli]], Torino, Einaudi, 2008. ISBN 978-88-06-19352-2.
* {{Cita libro|autore=C. Pavese-[[Felice Balbo]]-[[Natalia Ginzburg]]|titolo=Lettere a Ludovica [Nagel]|altri=A cura di [[Carlo Ginzburg]]|editore=Archinto|città=Milano|anno=2008|isbn=978-88-776-8517-9}}
* {{Cita libro|autore=C. Pavese-[[Renato Poggioli]]|titolo=«A Meeting of minds». Carteggio (1947-1950)|altri=A cura di S. Savioli|editore=Edizioni dell'Orso|città=Alessandria|anno=2010|isbn=978-88-627-4219-1}}
* {{Cita libro|titolo=Una bellissima coppia discorde. Il carteggio tra Cesare Pavese e Bianca Garufi 1945-1950|altri=a cura di Mariarosa Masoero|edizione=Collana Saggi e testi n.20|editore=Olschki|città=Firenze|anno=2011|isbn=978-88-222-6074-1}}
=== Traduzioni ===
* [[Sinclair Lewis]], ''Il nostro signor Wrenn. Storia di un gentiluomo romantico'', Firenze, [[R. Bemporad & figlio|Bemporad]], 1931.
* [[Herman Melville]], ''[[Moby Dick|Moby Dick o La balena]]'', Torino, [[Frassinelli]], I ed. 1932; II ed. riveduta, Frassinelli, 1941.
* [[Sherwood Anderson]], ''Riso nero'', Torino, Frassinelli, 1932.
* [[James Joyce]], ''[[Ritratto dell'artista da giovane|Dedalus]]. Ritratto dell'artista da giovane'', Torino, Frassinelli, 1933.
* [[John Dos Passos]], ''[[Il 42º parallelo]]'', Milano, [[Arnoldo Mondadori Editore|A. Mondadori]], 1934.
* John Dos Passos, ''[[Un mucchio di quattrini]]'', Milano, A. Mondadori, 1938.
* [[John Steinbeck]], ''[[Uomini e topi (romanzo)|Uomini e topi]]'', Milano, [[Bompiani]], 1938.
* [[Gertrude Stein]], ''Autobiografia di Alice Toklas'', Torino, Einaudi, 1938.
* [[Daniel Defoe]], ''Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders'', Torino, Einaudi, 1938.
* [[Charles Dickens]], ''[[David Copperfield (romanzo)|David Copperfield]]'', Torino, Einaudi, 1939.
* Christopher Dawson, ''La formazione dell'unità europea. Dal secolo V al secolo XI'', Torino, Einaudi, 1939.
* George Macaulay Trevelyan, ''La rivoluzione inglese del 1688-89'', Torino, Einaudi, 1940.
* Herman Melville, ''[[Benito Cereno]]'', Torino, Einaudi, 1940.
* Gertrude Stein, ''Tre esistenze'', Torino, Einaudi, 1940.
* [[Christopher Morley]], ''Il cavallo di Troia'', Milano, Bompiani, 1941.
* [[William Faulkner]], ''Il borgo'', Milano, A. Mondadori, 1942.
* [[Robert Henriques]], ''[[Capitano Smith]]'', Torino, Einaudi, 1947.
* ''[[Teogonia (Esiodo)|La Teogonia di Esiodo]] e Tre Inni omerici'', a cura di Attilio Dughera, [[Collezione di poesia]], Torino, Einaudi, 1982. [versione redatta negli anni 1947-1948]
* {{Cita libro|autore=[[Percy Bysshe Shelley]]|titolo=[[Prometeo liberato (Shelley)|Prometeo slegato]]|altri=A cura di Mark Pietralunga|edizione=Collezione di poesia n.260|editore=Einaudi|città=Torino|anno=1997}} [versione redatta nel 1925]
* {{Cita libro|autore=[[Quinto Orazio Flacco]]|titolo=Le Odi|altri=A cura di Giovanni Barberi Squarotti|edizione=Collana Saggi e testi n.21|editore=Olschki|città=Firenze|anno=2013|isbn=978-88-222-6243-1}} [versione redatta nel 1926]
* {{Cita libro|autore=Francesca Belviso|titolo=Amor Fati. Pavese all'ombra di Nietzsche. La volontà di potenza nella traduzione di Cesare Pavese|altri=Introduzione di [[Angelo D'Orsi]]|editore=Aragno|città=Torino|anno=2016|isbn=978-88-841-9772-6}} [contiene in appendice la versione parziale dell'opera del filosofo tedesco: condotta tra il 1945-1946, fu rifiutata da Einaudi]
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
{{div col}}
* [[Pietro Pancrazi]], in ''Scrittori d'oggi'', serie IV, [[Bari]], [[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]], 1946; poi in ''Ragguagli di Parnaso'', vol. III, Milano-Napoli, [[Riccardo Ricciardi#Riccardo Ricciardi editore|Ricciardi]], 1967.
* [[Italo Calvino]], ''Pavese in tre libri'', in "Agorà", agosto 1946; poi in ''Saggi'', [[I Meridiani]] Mondadori, 1995, tomo I, pp. 1199–1208.
* [[Antonio Santori]], ''Quei loro incontri... I dialoghi con Leucò di Cesare Pavese'', Ancona, 1990.
* [[Antonio Santori]], ''Pavese e il romanzo tra realtà e mito'', Laterza, Milano, 1990.
* [[Natalino Sapegno]], in ''Compendio di storia della letteratura italiana'', [[La Nuova Italia]], Firenze, 1947.
* Gene Pampaloni, ''L'ultimo libro di Cesare Pavese'', in "[[Belfagor (rivista)|Belfagor]]", n. 5, 1950.
* [[Carlo Bo]], in ''Inchiesta sul neorealismo'', Torino, [[Rai Eri|ERI]], 1951.
* [[Giuliano Manacorda]], ''Pavese poeta, saggista e narratore'', in "[[Società (rivista)|Società]]", n. 2, 1952.
* [[Carlo Muscetta]], ''Per una storia di Pavese e dei suoi racconti'', in "Società", n. 4, 1952.
* [[Leone Piccioni]], in ''Sui contemporanei'', Milano, [[Fratelli Fabbri Editori|Fabbri]], 1953.
* [[Emilio Cecchi]], in ''Di giorno in giorno'', Milano, [[Garzanti Editore|Garzanti]], 1954.
* [[Enrico Falqui (scrittore)|Enrico Falqui]], in ''Novecento letterario'', serie IV, [[Firenze]], [[Vallecchi]], 1954.
* Adriano Seroni, ''Introduzione a Pavese'', in "[[Paragone (rivista)|Paragone]]", n. 52, 1954.
* [[Leslie Fiedler]], ''Introducing Cesare Pavese'', in "Kenyon Review", n. 4, 1954.
* Lienhard Bergel, ''L'estetica di Cesare Pavese'', in "Lo spettatore italiano", n. 10, 1955.
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* Umberto Mariani, ''Cesare Pavese e la "maturità artistica"'', in "Studi Urbinati", n. 1-2, 1956.
* Maria Luisa Premuda, ''I "Dialoghi con Leucò" e il realismo simbolico di Pavese'', in "Annali della Scuola Superiore di Pisa" n. 3-4, 1957.
* Nemi D'Agostino, ''Pavese e l'America'', in "Studi americani", n. 4.
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* [[Giorgio Bàrberi Squarotti|Giorgio Barberi Squarotti]], ''Appunti sulla tecnica poetica di Pavese'', in "Questioni", n. 1-2, 1959; poi in ''Astrazione e realtà'', Milano, [[Edilio Rusconi|Rusconi]] e Paolazzi, 1960.
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* Enzo N. Girardi, ''Il mito di Pavese e altri saggi'', Milano, [[Vita e Pensiero (casa editrice)|Vita e Pensiero]], 1960.
* [[Davide Lajolo]], ''[[Il vizio assurdo]]'', Milano, [[Il Saggiatore (casa editrice)|Il Saggiatore]], 1960.
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* Gianni Venturi, ''La prima poetica pavesiana: Lavorare stanca'', in "[[La Rassegna della letteratura italiana]]", n. 1, 1964.
* Gianni Venturi, ''Noterella pavesiana'', in "La Rassegna della letteratura italiana", n. 1, 1964.
* AA. VV., ''Terra rossa terra nera'', Asti, Presenza Astigiana, 1964.
* "[[Sigma (rivista)|Sigma]]", n. 3-4 contiene i seguenti contributi: Lorenzo Mondo, ''Fra Gozzano e Whitman: Le origini di Pavese''; [[Marziano Guglielminetti]], ''Racconto e canto nella metrica di Pavese''; Massimo Forti, ''Sulla poesia di Pavese''; Corrado Grassi, ''Osservazioni su lingua e dialetto nell'opera di Pavese''; Claudio Gorlier, ''Tre riscontri nel mestiere di tradurre''; [[Gian Luigi Beccaria]], ''Il lessico, ovvero la "questione della lingua" in Cesare Pavese''; [[Furio Jesi]], ''Cesare Pavese, il mito e la scienza del mito''; Eugenio Corsini, ''Orfeo senza Euridice: i "Dialoghi con Leucò" e il classicismo di Pavese''; Sergio Pautasso, ''Il laboratorio di Pavese''; [[Giorgio Bàrberi Squarotti]], ''Pavese o la fuga dalla metafora''; [[Renzo Paris]], ''Delphes sur les collines''; Johannes Hösle, ''I miti dell'infanzia''.
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* [[Roberto Sanesi]], ''Appunti sulla poesia di Pavese'', in "Nuova Presenza", n. 18, 1965.
* Michele Tondo, ''Itinerario di Cesare Pavese'', Padova, Liviana, 1965.
* Giorgio Cesarano, ''Riflessioni su Pavese'', in "[[Paragone (rivista)|Paragone]]", n. 194, 1966.
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* Donato Sperduto, ''Maestri futili? Gabriele D'Annunzio, Carlo Levi, Cesare Pavese, Emanuele Severino'', Aracne, Roma, 2009.
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* Donato Sperduto, ''Armonie lontane'', Aracne, Roma, 2013.
* Beatrice Mencarini, ''L'inconsolabile. Pavese, il mito e la memoria'', Edizioni dell'Orso, Alessandria, 2013.
* [[Eleonora Cavallini]] (ed.), ''La'' Nekyia ''omerica (''Odissea'' XI) nella traduzione di Cesare Pavese'', Edizioni dell'Orso, Alessandria, 2015.
* [[Eleonora Cavallini]] (ed.), ''Scrittori che traducono scrittori. Traduzioni’d’autore’ da classici latini e greci nella letteratura italiana del Novecento'', Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2017.
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* {{cita web|http://www.parcoletterario.it/it/autori/pavese.htm|Pavese su Parco Letterario}}
* {{cita web|http://www.centrostudipavese.it/|Centro studi Cesare Pavese}}
* {{cita web|http://www.classicitaliani.it/pavese/critica/trioschi_pavese.htm|"Cesare Pavese e la ricerca della realtà simbolica" di Olivia Trioschi}}
* {{cita web|http://www.ilibrintesta.it/inc181204.html|La luna e i falò, parti di testo}}
* {{cita web|http://www.fondazionecesarepavese.it/|Fondazione Cesare Pavese}}
* {{cita web|http://www.centropavesiano-cepam.it/|CE.PA.M - CEntro PAvesiano Museo casa natale}}
* {{cita web|url=http://www.youtube.com/watch?v=EVmCOU0u0KY|titolo="Cesare Pavese - ritratto" documentario}}
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