Pralormo e Museo diocesano (Gallipoli): differenze tra le pagine

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{{F|musei d'Italia|dicembre 2013}}
{{Divisione amministrativa
{{Museo
|Nome=Pralormo
| Nome = Museo diocesano di Gallipoli - sez. [[Vittorio Fusco]]
|Panorama=Pralormo pan.jpg
| Logo =
|Didascalia=Pralormo dalla Madonna della Spina
| Immagine = Gallipoli Cattedrale 5.JPG
|Bandiera=Pralormo-Gonfalone.png
| Larghezza = 220px
|Voce bandiera=
| Didascalia = Tela della Basilica Cattedrale di Gallipoli
|Stemma=Pralormo-Stemma.png
|Voce stemmaStato =
| Località = [[Gallipoli (Italia)|Gallipoli]]
|Stato=ITA
| Indirizzo = Via Antonietta De Pace, 51
|Grado amministrativo=3
| Tipologia = arte sacra
|Divisione amm grado 1=Piemonte
| Fondatori = [[Aldo Garzia]], [[Conferenza Episcopale Italiana|CEI]]
|Divisione amm grado 2=Torino
| Data di chiusura =
|Amministratore locale=Lorenzo Fogliato
| Gestione =
|Partito=[[lista civica]]
| Direttore = Rev.do Mons. Giuliano Santantonio
|Data elezione=07/06/2009
| Visitatori =
|Data istituzione=
| Anno visitatori =
|Altitudine=303
| Sito = http://museodiocesanogallipoli.it/it/
|Superficie=29.85
|Note superficie=
|Abitanti=1939
|Note abitanti=[http://demo.istat.it/bil2010/index.html Dato Istat] - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
|Aggiornamento abitanti=31-12-2010
|Sottodivisioni=
|Divisioni confinanti=[[Cellarengo]] (AT), [[Ceresole Alba]] (CN), [[Montà]] (CN), [[Monteu Roero]] (CN), [[Poirino]], [[Santo Stefano Roero]] (CN)
|Prefisso=[[011 (prefisso)|011]]
|Targa=TO
|Zona sismica=4
|Gradi giorno=
|Diffusività=
|Nome abitanti=pralormesi
|Patrono=[[san Donato]]
|Festivo=
|PIL=
|PIL procapite=
|Mappa=Map - IT - Torino - Municipality code 1203.svg
|Didascalia mappa=Localizzazione del Comune di Pralormo nella Città metropolitana di Torino.
}}
 
Il '''[http://museodiocesanogallipoli.it/it/ museo diocesano - Sezione di Gallipoli]''', intitolato a "Mons. [[Vittorio Fusco]]", si trova in [[Gallipoli (Italia)|Gallipoli]], ed è uno dei musei diocesani appartenenti alla [[Diocesi di Nardò-Gallipoli]], insieme al [http://museodiocesanonardo.it/it/ Museo Diocesano di Nardò], intitolato invece a Mons. [[Aldo Garzia]].
'''Pralormo''' (''Pralòrm'' in [[lingua piemontese|piemontese]]) è un [[comune italiano]] di {{TA|1.939}}<ref name="template divisione amministrativa-abitanti"/> abitanti della [[provincia di Torino]], in [[Piemonte]].
 
== Descrizione ==
Il paese si adagia su una collina situata in un'area di transizione tra le estreme propaggini del [[Pianalto]] e l'inizio del [[Roero (territorio)|Roero]]. Il toponimo è la sintesi di due parole ''pratum ad ulmum'', nome invalso probabilmente dalla tradizione longobarda di piantare piante ([[ulmus|olmi]], [[quercus|querce]],etc.) in punti simbolici dell'abitato. L'ultimo esemplare monumentale occupava l'angolo posto tra via Carlo Morbelli e piazza Vittorio Emanuele II: fu abbattuto da un fulmine ad inizio [[XX secolo|Novecento]] (nella sala Consigliare sono custodite due fotografie originali dell'epoca incorniciate con la corteccia della pianta).
Il museo diocesano è stato inaugurato ufficialmente il 12 luglio 2004 su iniziativa della [[Conferenza Episcopale Italiana]], della [[Diocesi di Nardò-Gallipoli]] e della comunità della [[Cattedrale di Sant'Agata (Gallipoli)|Basilica Cattedrale di Sant'Agata]] di [[Gallipoli (Italia)|Gallipoli]], con il contributo dell'[[Unione europea]] e della [[Regione Puglia]]. L'idea di dare origine ad un museo diocesano fu dell'allora vescovo [[Aldo Garzia]] e fu elaborata dai suoi successori.
L'imponente architettura si trova nel centro storico di Gallipoli nel punto più importante del borgo antico.
Il museo occupa i locali dell'antico palazzo del Seminario di Gallipoli adiacente alla Basilica Cattedrale, edificato a partire dal 1750; la struttura ha conservato sostanzialmente l'aspetto originario e, con le numerose decorazioni barocche, si articola in tre piani ricoprendo una superficie di 900 metri quadri.
Raccoglie 553 manufatti, argenterie, oreficerie liturgighe, paramenti, mitrie, pastorali, croci pettorali, numerosissimi ritratti, campane in bronzo, gli stemmi dipinti su ceramica di tutti i vescovi della diocesi gallipolitana, opere di [[Gian Domenico Catalano]]: opere provenienti dalla cattedrale, dalla curia e dal palazzo vescovile. L'antica cappella al primo piano ospita le due statue di argento e d'oro dei protettori Sant'Agata e San Sebastiano fusi a [[Napoli]] in origine di proprietà del comune. La statua di Sant'Agata (patrona della Diocesi, della città, nonché titolare della Cattedrale) “ … a 10 giugno 1760 fu portato a Gallipoli sopra gli sciabecchi e foe fatto a spese e devozione di mons. Serafino Brancone e foe consegnato al Vicario Generale d. Carlo Zaccaria". Sono custoditi inoltre il [[baldacchino]] di S.E.R. Mons. Oronzo Filomarini, paramenti sacri preziosi e la copia cinquecentesca della Sacra Sindone, una delle cinque esistenti al mondo. Essa fu donata dal Vescovo Sebastiano Quintiero Ortiz e fu realizzata a contatto diretto con l'originale di Torino. Oltre alla rarissima Sacra Sindone è custodita una reliquia di argento con un pezzo della Croce di Cristo con lo stemma del Vescovo Alessio Zelodano.
 
== Archivio della Curia di Gallipoli ==
==Storia==
Attiguo al Museo Diocesano e all'interno dei locali della [[Cattedrale di Gallipoli]], vi è l'archivio dell'antica curia gallipolina, composto da 4310 circa unità archivistiche. Esso conserva archivi e fonti storiche risalenti al Cinquecento, oltre a documenti contemporanei. Purtroppo non è pervenuto nessun documento precedente al 1500, poiché tutto fu distrutto dai [[Repubblica di Venezia|Veneziani]] nella storica battaglia del 1484.
Numerose citazioni su Pralormo compaiono nel [[XIII secolo]], ma è opinione di molti storici che l'origine sia più antica e che la località sia identificabile con la ''Predarolo'' citata nell'atto di donazione del 14 marzo [[1065]] nel quale [[Adelaide di Susa]], figlia del marchese di [[Susa (Italia)|Susa]] e [[conte di Torino]] [[Olderico Manfredo II]], cedeva diverse terre al [[vescovo di Asti]]. Le vicende storiche più significative per la formazione dell'attuale centro storico di Pralormo sono concentrate nei secoli XIII e XIV, che coincidono con la pianificazione territoriale portata a compimento dall'allora potentissimo comune di Asti al fine di rendere sempre più sicure le vie del commercio dei mercanti astigiani verso l'Europa.
L'archivio comprende manoscritti relativi a:
*Visite pastorali
*Sinodi diocesani
*Vescovi
*Scomuniche
*Processi penali
*Matrimoni
*Atti di curia
*Parrocchie
*Confraternite e Monasteri
*Sacre ordinazioni
*Patrimoni
*Benefici
*Oratori privati
 
== Collegamenti esterni ==
All'inizio del Duecento Pralormo sembra essere suddiviso tra due importanti famiglie: i signori di [[Anterisio]] e i [[Desaya]] da un lato, che controllavano il settore da [[Ceresole Alba|Ceresole]] a [[Stuerda]] fino al torrente [[Rioverde]], e i [[Gorzano]] dall'altro, che estendevano loro influenza verso ovest fino al margine dei rilievi che si affacciano al torrente [[Rioverde]]. Dagli scarsi documenti rinvenuti si desume che il primo insediamento di Pralormo fosse localizzato a sud-est del paese, nella località dove oggi sorge il pilone votivo dedicato a San Donato, patrono della comunità. A testimonianza di ciò vi sono numerosi resti, anche umani, che attestano la presenza di un cimitero e dell'antico insediamento successivamente abbandonato e spostato verso l'attuale sito in conseguenza della guerra tra i signori di [[Biandrate]] e il comune di Asti.
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{MuseiPuglia}}
L'autorevole esperto di storia del Roero Baldassarre Molino sostiene l'ipotesi che il nuovo centro di Pralormo sia sorto contemporaneamente a quello di altri paesi quali Poirino, Canale, Montà, Buttigliera d'Asti attorno alla metà del Duecento. Nel [[1276]] come si desume da una convenzione con il comune di Asti, i Gorzano sembrano essere i soli signori del castello e del luogo di Pralormo. Tuttavia all'inizio del secolo XIV troviamo consignori del feudo di Pralormo i Pelletta e qualche decennio più avanti i Roero, famiglia che conserverà il feudo almeno in parte fino agli anni venti dell'Ottocento. Secondo il [[Guasco]] il 17 novembre [[1339]] Giovanni Secondo Paleologo [[Marchese di Monferrato]] e signore di Asti, investì del luogo Manfreacio (o Manfredo) Roero. Il feudo fu variamente ripartito fra diversi consignori: alle tre linee costituite dai figli di Manfreacio si aggiunsero altre famiglie che per brevi periodi godettero di porzioni anche minime di castello, giurisdizione, beni.
{{Portale|Arte|Cattolicesimo|Lecce|Musei}}
 
[[Categoria:Musei di arte sacra d'Italia|Gallipoli]]
I secoli XVI e XVII furono molto importanti nella storia del feudo perché alla famiglia dei Roero si affiancarono nuove famiglie: i Costa della Trinità e di [[Polonghera]], i Petrina, i Dal Pozzo di Voghera, i Beraudo, e i Ferrero della Marmora. Tutto ciò dipese dal fatto che nel XVI secolo si estinsero due linee dei Roero la cui eredità spettò, in virtù di accordi matrimoniali, ai Costa di Arignano e di Polonghera e ai Costa della Trinità. Infatti nel 1574 Luciana e Caterina Roero ultime discendenti di Gerolamo Roero divisero l'eredità paterna. Questo atto rappresenta un momento importante della storia di Pralormo per due motivazioni:la prima è che in esso sono contenuti preziosi dati sulla storia del paese e delle cascine che facevano parte della divisione ereditaria, la seconda è che da qui iniziarono innumerevoli trasmissioni ereditarie e alienazioni che portarono nel feudo nuove famiglie. Infatti il 15 novembre 1679 Cristina Broglia, vedova di Giorgio Maria Costa della Trinità, cedette un terzo del feudo a Giacomo Beraudo che ne fu investito nel maggio del 1680.
[[Categoria:Musei di Gallipoli (Italia)]]
 
[[Categoria:Diocesi di Nardò-Gallipoli]]
Giacomo Beraudo, presidente del senato, ottenne il 20 gennaio [[1680]] la concessione del titolo comitale per la porzione di giurisdizione da lui acquisita sul luogo. Sempre nel [[1679]] Felice Ferrero della Marmora acquistò dal cognato Francesco Costanzo di Polonghera la restante terza parte del e del castello. Nella storia del paese si possono identificare due importanti figure storiche appartenenti rispettivamente al XVIII e al XIX: il cardinale Giovanni Battista Roero e il conte Carlo Beraudo di Pralormo. Il primo nato ad Asti nel 1684 fu vescovo di Acqui dal [[1727]] fino al [[1744]] anno in cui venne nominato arcivescovo di Torino. Raggiunse l'apice della carriera ecclesiastica con l'elezione al cardinalato nel [[1756]]. A testimonianza della operosa attività di Giovanni Battista Roero rimangono tra le varie opere fatte realizzare a [[Torino]] la facciata della chiesa di S. Teresa dei Carmelitani Scalzi.
 
Il conte Carlo Beraudo di Pralormo ricoprì un ruolo importante nella ''grande'' storia della prima metà del XIX secolo. Iniziò la sua carriera nella legazione sarda di Berlino ([[1814]] – [[1817]]) e di Parigi ([[1820]] – [[1821]]). Fu ministro plenipotenziario a Parigi e a [[Vienna]] e per i meriti acquisiti ricoprì il ruolo di ministro delle finanze; successivamente fu ministro dell'interno del [[re di Sardegna Carlo Alberto|Carlo Alberto di Savoia]]. Nominato senatore nel [[1848]], negoziò con l'[[Austria]] la pace di [[Milano]] nel [[1849]]. Nel [[1850]] si ritirò a vita privata e gli venne conferita l'onorificenza del collare dell'Annunziata e la dignità di Ministro di Stato. A quest'ultimo si deve l'unificazione della proprietà del feudo intorno al [[1830]], quando acquistò dai Roero e dai La Marmora le altre due parti.
 
==Monumenti==
===Parrocchiale di San Donato===
La fisionomia del paese è fortemente caratterizzata dalla ''Parrocchiale di San Donato'', edificata nel [[1931]]-[[1932]] dove sorgevano la precedente canonica e l'antica confraternita di San Bernardino. Nell'[[abside]] si conserva il trittico di [[Jacopino Longo]] raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo e Donato ([[1546]]). Il quadro venne rubato da ignoti nel marzo del 1997, ma nel dicembre 2000 venne riconsegnato alla nostra comunità dal Comando dei Carabinieri di Savigliano. Di particolare interesse è l'organo a canne costruito per l'antica parrocchiale nel [[1898]] dall'organaro Antonio Mola e la ''Pietà con un angelo'' opera di [[Carlo Giuseppe Plura]] degli anni 1715-1720 circa, in legno scolpito e dipinto, restaurata negli anni 2007-2009 da Luisa Mensi, Torino.
 
La nuova chiesa parrocchiale, resasi necessaria per sopperire alla scarsa capienza e ai numerosi problemi strutturali di quella più antica, nacque dalla volontà dell'allora parroco don Teobaldo Massasso e dagli enormi sacrifici di tutti Pralormesi. Circa questi ultimi si ricorda che tutti contribuirono come poterono: chi portando sabbia e ghiaia dal torrente [[Rioverde]], chi scavando le fondamenta e, per finire, chi donando il ricavo dei commerci domestici. Poco distante si trova l'antica parrocchiale costruita tra la fine del XVII e i primi anni del XVIII secolo, attualmente in parziale stato di abbandono.
 
===Castello Beraudo di Pralormo===
[[File:Pralormo Castello sud.jpg|thumb|Castello di Pralormo da sud]]
Poco distante si trova il ''[[Castello Beraudo di Pralormo]]'', la cui prima costruzione risale al XIII secolo come parte del sistema di fortificazioni di questa zona del Piemonte contesa tra Asti e i Biandrate. Lo possedettero i Gorzano, i Pelletta e dopo la definitiva vittoria di Asti, Manfredo Roero ed i suoi discendenti. Nel 1680 Giacomo Beraudo acquisì il terzo del castello posto verso sud e venne investito del titolo di conte dalla reggente Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours. Nel [[1730]] circa venne edificata la cappella dall'architetto Galletti, poi sopraelevata con un bel salone affrescato. Ma è da attribuire al conte Carlo Beraudo la ristrutturazione dell'intero edificio, affidata nel 1840 all'architetto di corte Ernesto Melano. In quest'opera di ammodernamento vennero aboliti il fossato ed il ponte levatoio, costruiti il portico d'ingresso, un grandioso scalone e venne coperto il cortile centrale, trasformato in salone a doppia altezza. In quella stessa epoca il piccolo giardino di rose, sul lato sud citato già nel XVI sec. venne trasformato in parco all'inglese ad opera dell'architetto Xavier Kurten. Sul finire del secolo il nipote del ministro fece edificare l'Orangerie, la grandiosa cascina e la serra in vetro e ferro opera dei fratelli Lefevre di Parigi.
Tuttora abitato dalla Famiglia Beraudo, il Castello è visitabile con un percorso guidato.
 
===Torre di segnalazione===
[[File:Pralormo torre campanaria.jpg|thumb|La torre di segnalazione]]
Nel mezzo del percorso panoramico che collega le due costruzioni sorge la ''Torre di segnalazione'' del XIII secolo, successivamente trasformata in torre campanaria. e in tempi moderni in torre dell'orologio. È curioso sapere che il primo orologio montato sull'edificio risale al dicembre 1749 quando il sindaco e la comunità decisero di acquistarne uno. Nella compravendita intervenne il Conte Beraudo il quale riuscì a trovare un orologio “di seconda mano”, peraltro in ottimo stato e “a poco prezzo”. L'orologio proveniva dai Padri della Certosa di Collegno, che avevano deciso di disfarsene perché troppo rumoroso per le esigenze del convento. {{Citazione necessaria}}
 
===Santuario della Beata Vergine della Spina===
Vi è poi il Santuario della Beata Vergine della Spina: secondo la tradizione venne eretto dopo che un'immagine della Vergine dipinta su un pilone e graffiata ad un occhio da uno spino, emise sangue. I primi cenni storici si ricavano dalla relazione della [[visita pastorale]] del [[vescovo di Asti]] [[monsignor]] [[Domenico della Rovere]] effettuata nel [[1585]]. In essa si parla di gran concorso di popolo a motivo dei molti miracoli operati e si descrivono due altari presso i quali si celebrava la Messa. Da un bollettino parrocchiale, redatto da don Carlo Pressenda rettore del Santuario nel 1925, si apprende che l'altare maggiore fu costruito nel [[1632]]. La chiesa fu custodita da diversi ordini religiosi che abitarono nell'attiguo monastero, di cui si possono citare i [[Ordine della Santissima Trinità|Trinitari]] ([[1639]]-[[1652]]), i [[Ordine Cistercense|Cistercensi]] ([[1681]]-[[1797]]). L'edificio del monastero venne costruito a metà del Seicento su terreni donati da Gaspare Petrina, signore del luogo. Dal [[1797]] al [[1833]] il monastero appartenne ad un certo Giuseppe Farò di Torino. Nel [[1833]] fu acquistato dai marchesi [[Ferrero della Marmora]]. Nel [[1877]] don Elia Francesco, in riconoscenza per l'ottenuta guarigione da una lunga malattia, risanò la Chiesa affidando il rinnovo delle pitture interne a un famoso pittore della zona, [[Felice Barucco]], che dipinse le figure ai lati quadro della Beata Vergine e le volte. All'inizio del Novecento il monastero passò alle figlie di San Filippo. Sono da attribuire a don Rodolfo Piglione i lavori di restauro che modificarono sensibilmente la facciata del santuario a cui vennero aggiunti i due campanili e il piccolo portico, inoltre venne abbattuta la cupola conica posta sul campanile cilindrico. Dal [[1991]] la proprietà è delle [[Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo|monache adoratrici del Cottolengo]]. La festa della Beata Vergine della Spina si celebra il 15 agosto con la solennità dell'Assunta.
 
==L'acqua==
===Le Peschiere===
L'acqua a Pralormo prende forma nelle ''Peschiere'': diffuse in tutto il Pianalto, sono concentrate verso i comuni di [[Carmagnola]], [[Poirino]], Pralormo, fra la statale Torino Alba e il Rio Secco. Questi bacini artificiali o semiartificiali, per lo più collocati nei pressi delle cascine e delle borgate, nascono dalla necessità di raccogliere la maggior quantità d'acqua piovana e di scolo possibile da destinare all'irrigazione e all'abbeveramento degli animali.
Pralormo come quasi tutti i comuni dell'altipiano è caratterizzato dalla mancanza di torrenti e dall'isolamento dalle acque superficiali scendenti dalla catena alpina. Il carattere argilloso della nostra terra rossa permette la creazione di questi invasi caratterizzati da un'ottima tenuta: attualmente vengono utilizzate per l'irrigazione ma ancor più che nel passato per l'allevamento delle [[Tinca tinca|tinche]], funzione da cui deriva il nome peschiera.
La superficie delle peschiere che si prestano all'irrigazione varia circa da 4.000 a 10.000 m<sup>2</sup>, mentre per le loro dimensioni solo due bacini della zona escono dall'ordinario e vanno considerati a parte: il lago della Spina e quello di Ternavasso. Per la loro realizzazione si sfruttavano anche depressioni naturali che venivano sbarrate sui restanti lati. La profondità media non supera i 2,50-3,00 m perché se da una parte favorisce una maggiore raccolta d'acqua per l'irrigazione dall'altra una maggiore profondità danneggia l'allevamento delle tinche.
 
===Lago della Spina===
Le prime notizie riguardanti l'invaso del Lago della Spina si trovano nelle Lettere Patenti emanate il 28 agosto del 1827 da Sua Maestà Carlo Felice, con le quali veniva dichiarata la pubblica utilità dell'opera, mentre risale al 1835 il Regolamento per “il buon governo delle acque del serbatoio”, emanato da Carlo Alberto di Savoia.
 
L'invaso fu costruito per volere del Conte Carlo Beraudo di Pralormo Segretario di Stato per gli affari dell'interno e del Marchese Carlo Emanuele Ferrero Della Marmora, Colonnello di cavalleria e Maggiore Comandante delle Guardie del Corpo Reale; il progetto per la costruzione della diga, andato perso negli anni, venne redatto dell'ingegner Barabino.
 
Lo scopo iniziale della diga, che sbarra ancora oggi la piccola valle del rio Torto nel territorio del comune di Pralormo, era quello di raccogliere le acque piovane per destinarle all'irrigazione. Anticamente erano previste un numero minimo di tre “bagnature” dei fondi concessionari delle acque del lago, i quali ammontavano nel totale a circa 300 ettari di coltivazioni.
 
Dalla banca dati della Direzione Generale per le Infrastrutture Idriche ed Elettriche (Ministero Infrastrutture e Trasporti) risulta che la diga de La Spina, siglata con il numero di archivio 14A, è la più antica tra le "grandi dighe" italiane (ossia quelle che sono più alte di 15 m o che invasano più di un milione di metri cubi).
Infatti i relativi lavori di costruzione sono stati ultimati nel 1830 mentre le sorelle più giovani “Bunnari Basso” (SS) e “Lago Lavezze” (GE) sono state ultimate rispettivamente nel 1879 e nel 1883.
 
Nel 1929 l'ing. Giovanni Bellincioni dell'Associazione delle Acque Pubbliche d'Italia definisce la diga della Spina: “Una grande diga in terra che sfida il tempo”; non solo, ma nel suo resoconto afferma che la diga “…ha oggi una eccezionale importanza, non tanto per la sua esistenza quasi secolare, …quanto perché essa ha dimensioni e struttura in pieno disaccordo con quanto prescrive il Regolamento dighe. Manca di un vero e proprio scarico di fondo e di uno scarico di superficie e ha l'opera di presa (torre e condotta) rilevata nel corpo della diga, cosa vietata in modo assoluto dalle buone norme della tecnica e dal regolamento governativo”.
 
Il Lago della Spina è un bacino dalla forma allungata che, nella porzione a monte, si divide in due bracci, uno volgente a sud, l'altro verso nord.
Le dimensioni massime raggiungono circa 1 km di lunghezza, e 200 m di larghezza nel punto più ampio. Il fondo dell'invaso si trova ad una quota inferiore ai 281 m s.l.m., mentre la quota di coronamento raggiunge i 295,20 m s.l.m. Sul lato sud dell'invaso si trova lo sbocco della prima galleria di derivazione delle acque del rio Riserasco. La galleria si presenta costruita in mattoni per uno sviluppo complessivo di circa 300 metri: larga circa 1 metro ed alta 2, ha il fondo di scorrimento completamente ricoperto di mattoni per evitare il dilavamento delle sabbie e 4 “camini” che consentivano lo sfiato della condotta in caso di piena.
Risalendo l'alveo del rio Riserasco, dopo un percorso di circa 600 metri, si incontra una seconda galleria datata anno 1901 (galleria di Montà), costruita in mattoni ed in parte rivestita in calcestruzzo; a sua volta questa seconda galleria (lunga 600 metri) raccoglie le acque drenate da un canale di gronda capace di raccogliere gli scoli dei soprastanti versanti a partire dalla località S. Vito di Montà d'Alba (CN). Questa seconda galleria Comune di Pralormo ha una sezione tondeggiante di circa 2,5 metri di diametro e presenta 2 soli camini di sfiato.
 
Dopo l'alluvione del 1994 e i danneggiamenti alla diga in terra battuta, il livello del bacino viene mantenuto basso per ragioni di sicurezza. I lavori per la realizzazione degli organi di scarico ai sensi delle attuali normative si sono conclusi nel 2013, mentre nel 2015 si sono conclusi gli interventi per consentire la massima capacità di invaso, riportando così il bacino agli “antichi splendori”.
 
==La terra==
Il terreno argilloso dalla particolare colorazione rossastra, non risulta adatto solamente alla realizzazione di peschiere per la sua impermeabilità: si è rivelato da sempre un ottimo materiale per la fabbricazione di mattoni, al punto che tale attività ha da diversi decenni assunto risvolti industriali.
Si trovano cenni storici sulla presenza di fornaci “domestiche” anche in un atto di vendita del 1342 fra i consignori di Pralormo, in cui fra i vari beni e possedimenti viene citata una fornace, con la relativa argilla e gli edifici necessari per la cottura dei mattoni. Questa fornace deve essere stata molto importante e soprattutto devono esservi stati cotti mattoni per così tanto tempo da lasciare traccia nella toponomastica; infatti in località Carpeneto (probabile luogo di ubicazione della fornace) ancor oggi si trova una zona denominata “furnasa”. {{Citazione necessaria}}
Lo stesso Castello aveva all'interno una fornace di cui rimane traccia in una controversia tra i consignori. Oggetto della lite l'eccessiva vicinanza della medesima ad un pagliaio, con il conseguente pericolo di incendi. Sovente piccole fornaci “domestiche” venivano costruite direttamente sui siti dove si volevano erigere case o altri edifici.
 
== Manifestazioni ==
[[File:Pralormo Castello MesserTulipano1.jpg|thumb|La manifestazione "Messer Tulipano" al castello di Pralormo]]
* Il parco del castello di Pralormo, in sé di grande interesse storico e paesaggistico essendo stato progettato dall'architetto di corte [[Xavier Kurten]] artefice dei più importanti giardini delle residenze sabaude, ospita da alcuni anni una nutrita fioritura di tulipani. L'importanza della manifestazione è accresciuta dalla sua eccezionalità: Messer Tulipano è infatti l'unico parco storico dedicato ai tulipani in Italia.
* La comunità di Pralormo festeggia la ''Madonna della Spina'' in occasione della solennità dell'Assunta e ''San Donato'', Patrono di Pralormo. La prima ricorrenza si svolge con la processione che parte dal lago della Spina e termina al Santuario con la celebrazione della Santa Messa. Questa festa è particolarmente sentita dai Pralormesi che da secoli affidano le loro paure e speranze a questa Madonna. A testimonianza di ciò ci sono i numerosi ex voto e una targa apposta il 1º gennaio 1995 dalla comunità per lo scampato pericolo del crollo della diga del lago, durante l'alluvione del novembre del 1994.
* La festa di San Donato si svolge in due momenti: il 7 agosto si celebra la festa religiosa con la processione della statua del santo fino al pilone del Santo omonimo posto fuori dal paese, mentre durante il primo lunedì di settembre e la domenica precedente si svolge la parte laica della festa con la ''corsa del carro'' e la fiera di San Donato. A Pralormo, come in altri paesi del Piemonte, è usanza far ''correre il carro'' in occasione della festa patronale La tradizione vuole che sia un carro di legno a quattro ruote trainato da buoi ma con il passare del tempo è stato modernizzato e adatto alle varie realtà locali. Il principale scopo della corsa del carro era quello di raccogliere fondi per le necessità della Chiesa dedicata al Santo Patrono. Con il tempo a questo primo aspetto se ne aggiunsero altri quali la processione per le vie del paese, la recita degli ''stranot'' e l'incanto del cappello. Si fa riferimento alla corsa del carro a Pralormo da almeno un paio di secoli e Mons. Conti Pietro Giuseppe nel su libro “Avventure di un parroco nella diocesi di Asti” del 1903 riferisce di aver trovato citazioni del carro nell'archivio parrocchiale dell'epoca risalenti al 1734. Gli ''stranot'' sono poesie dialettali i cui contenuti o inneggiano le azioni buone e beffeggiano quelle meno buone di quanti sono preposti alla gestione del bene comune. L'incanto del cappello, altra peculiarità del carro di Pralormo e di pochi altri nella zona, ricorda le “badie” o compagnie virili, un tempo molto in voga nei paesi. La conquista del cappello tramite incanto conferiva a chi ne veniva in possesso, potere, autorità e immunità e lo incoronava “Re della festa”.
 
==Evoluzione demografica==
{{Demografia/Pralormo}}
 
==Amministrazione==
[[File:Pralormo municipio.jpg|thumb|Il municipio]]
{{ComuniAmminPrecTitolo}}
{{ComuniAmminPrec
|[[2004]]
|[[2009]]
|Bruna Allemandi
|[[lista civica]]
|[[Sindaco (Italia)|Sindaco]]
|
}}
{{ComuniAmminPrec
|[[2009]]
|''in carica''
|Lorenzo Fogliato
|[[lista civica]]
|[[Sindaco (Italia)|Sindaco]]
|
}}
{{ComuniAmminPrecFine}}
 
== Note ==
<references/>
 
==Bibliografia==
* O.APPENDINO, Il Santuario e il monastero della Beata Vergine della Spina, Pralormo,1995
* O. APPENDINO, Quando a Pralormo salvò dai tedeschi 60 ostaggi, Gazzetta d'Asti del 10/11/2000
* E. BARBERO, Ricerche storico giuridiche sui Roero di Pralormo, tesi di laurea 1996-1997
* B. MOLINO, I castelli scomparsi, in “Pralormo Vivo”, Pralormo 1993, (2º semestre) pp2–3
* P.G. CONTI, Avventure di un parroco della diocesi di Asti, Torino, 1904
* A.A. V.V., Studi geografici su Torino e il Piemonte, Torino,1954
* A.A. V.V., Il Piemonte paese per paese, Firenze 2003
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Pralormo}}
 
{{Provincia di Torino}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Piemonte}}
 
[[Categoria:Pralormo| ]]