Untore e Saint-Menges: differenze tra le pagine

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{{Divisione amministrativa
[[File:Grida contro gli untori 13 giugno 1630.jpg|thumb|Grida milanese contro gli untori del [[13 giugno]] [[1630]]]]
|Nome = Saint-Menges
'''Untore''' era un termine utilizzato nel [[XVI secolo|Cinquecento]] e nel [[XVII secolo|Seicento]] per indicare chi volesse diffondere volontariamente la [[peste]] tramite particolari unguenti. La figura dell'untore ebbe particolare rinomanza nelle vicende della grande [[peste del 1630]] a [[Milano]], immortalata dal Manzoni nei suoi ''I promessi sposi'' e per questo nota anche come ''peste manzoniana''.
|Nome ufficiale =
 
|Panorama =
Il termine ''untore'' ricorre in particolare nelle vicende relative al processo intentato dal Governo di Milano nel [[1630]] contro [[Guglielmo Piazza]] e [[Gian Giacomo Mora]], processo che il Manzoni ripercorre meticolosamente nella sua ''[[Storia della colonna infame]]'' del 1840.
|Didascalia =
 
|Bandiera =
== Aspetti storici ==
|Stemma = Blason Saint-Menges.svg
[[File:CompendiumMaleficarumEngraving21.jpg|thumb|Incisione dal ''Compendium maleficarum'' (1606)]]
|Voce stemma = Armoriale dei comuni delle Ardenne
La credenza di una peste provocata intenzionalmente (''pestis manufacta'') si trova fin dal [[XIV secolo|Trecento]], in riferimento all'accusa alle comunità ebraiche di diffondere la pestilenza.<ref>{{cita libro|autore=Riccardo Calimani|titolo=Storia degli ebrei italiani|volume=4|url=https://books.google.it/books?id=8d_YvICdfJ0C&pg=PT271}}</ref>
|Stato = FRA
 
|Grado amministrativo = 5
Il medico pavese [[Gerolamo Cardano]] (1501-1576) riportò come a [[Saluzzo]] nel [[1536]] un gruppo di 40 persone cercò di diffondere la pestilenza tramite un unguento da applicare agli stipiti delle porte e tramite polvere da spargere sui vestiti delle vittime; indicò anche ungimenti avvenuti a Ginevra e a Milano.<ref>{{cita libro|autore=Gerolamo Cardano|wkautore=Gerolamo Cardano|titolo=De rerum varietate|città=Avignone|anno=1558|p=740|url=https://archive.org/stream/dererumvarietate00card#page/740/mode/2up}}</ref><ref>{{cita libro|autore=C. Cantù|wkautore=Cesare Cantù|titolo=La Lombardia nel secolo 17|città=Milano|anno=1854|p=272|url=https://books.google.it/books?id=kO6spB3s6AsC&pg=PA272}}</ref> La descrizione venne riportata anche in opere successive come il ''[[Compendium maleficarum]]'' pubblicato a Milano nel [[1608]] e nel [[1626]].<ref>{{cita libro|autore=Francesco Maria Guaccio|wkautore=Francesco Maria Guaccio|titolo=Compendium maleficarum|anno=1626|p=155|url=https://archive.org/stream/image4995MiscellaneaOpal#page/n169/mode/2up|SBN=IT\ICCU\VEAE\000473}}</ref>
|Divisione amm grado 1 = Grand Est
 
|Divisione amm grado 2 = Ardenne
== Milano ==
|Divisione amm grado 3 = Sedan
{{vedi anche|Colonna infame (Milano)|Storia della colonna infame}}
|Divisione amm grado 4 = Sedan-2
=== ''Ungimenti'' nel 1576 ===
|Voce divisione amm grado 4 = cantoni di Sedan
Una connessione tra peste e utilizzo di unguenti si ripresentò per [[Milano]] in occasione della [[peste di San Carlo|peste del 1576]].
|Amministratore locale =
 
|Partito =
Corse voce che qualcuno andava «ongendo i cadenacci e ferri delle porte delle case» utilizzando unguenti pestiferi e «ne furono trovati molti»; si sospettò che qualcuno volesse «mantenere il male nella città per arricchirsi delle spoglie de morti».<ref name="Grida1576" /> Per individuare i responsabili vennero promessi 500 [[Scudo (moneta)|scudi]] di ricompensa con una grida.
|Data elezione =
 
|Data istituzione =
{{citazione
|Latitudine decimale = 49.733333
|Essendo venuto a notizia del governatore che alcune persone con fioco zelo dì carità e per mettere terrore e spavento al popolo ed agli abitatori di questa città di Milano, e per eccitarli a qualche tumulto, vanno ungendo con onti, che dicono pestiferi e contagiosi, le porte e i catenacci delle case e le cantonate delle contrade di detta città e altri luoghi dello Stato, sotto pretesto di portare la peste al privato ed al pubblico, dal che risultano molti inconvenienti, e non poca alterazione tra le genti, maggiormente a quei che facilmente si persuadono a credere tali cose [...] si fa intendere per parte sua a ciascuna persona di qual si voglia qualità, stato, grado e conditione, che nel termine di quaranta giorni [...] metterà in chiaro la persona o persone ch'hanno favorito, aiutato, o saputo di tale insolenza, se gli daranno cinquecento scuti [...] e che tal notificanti possa liberare dui banditi [...] e sarà tenuto segreto.
|Longitudine decimale = 4.933333
|Grida del [[12 settembre]] [[1576]]<ref name="Grida1576">{{cita libro|titolo=I cinque libri degl'avvertimenti, ordini, gride et editti fatti, et osservati in Milano, ne' tempi sospettosi della peste|città=Venezia|anno=1579|p=112|url=https://books.google.it/books?id=5k4hQpV8rw0C&pg=PA112}}</ref>
|Altitudine =
|Superficie = 12.2
|Abitanti = 1077
|Note abitanti = [http://www.insee.fr/fr/ppp/bases-de-donnees/recensement/populations-legales/commune.asp?annee=2009&depcom=08391 INSEE popolazione legale totale 2009]
|Aggiornamento abitanti = 2009
|Divisioni confinanti =
|Prefisso =
|Codice catastale =
|Targa =
|Nome abitanti =
|Patrono =
|Festivo =
|Mappa =
|Didascalia mappa =
|Sito =
}}
 
'''Saint-Menges''' è un [[comuni della Francia|comune francese]] di 1.077 abitanti situato nel dipartimento delle [[Ardenne (dipartimento)|Ardenne]] nella regione del [[Grand Est]].
Poiché continuò l'ungimento delle porte e «ne furono onte molte», la grida fu rinnovata il 19 settembre [[1576]] per cercare di individuare i responsabili.<ref>{{cita libro|titolo=I cinque libri degl'avvertimenti, ordini, gride et editti fatti, et osservati in Milano, ne' tempi sospettosi della peste|città=Venezia|anno=1579|p=118|url=https://books.google.it/books?id=5k4hQpV8rw0C&pg=PA118}}</ref>
 
== Società ==
=== ''Ungimenti'' nel 1630 ===
=== Evoluzione demografica ===
Il [[9 febbraio]] [[1629]] si diffuse a Milano la notizia dell'arresto di alcuni frati francesi e anche di un tale che «aveva portato qua in ampolla della peste».<ref>{{cita libro|autore=C. Cantù|wkautore=Cesare Cantù|titolo=Scorsa di un lombardo negli archivi di Venezia|anno=1854|p=65|url=https://archive.org/stream/scorsadiunlombar00cant#page/64/mode/2up}}</ref> Si appurò che il tale era Girolamo Buonincontro, frate apostata proveniente da Ginevra, e che portava con sé solo alcuni innocui medicamenti contro il mal di stomaco;<ref>{{cita|Tadini|pp. 111-112}}</ref> la sovrapposizione delle due notizie fu probabilmente l'origine dell'invenzione di una inesistente lettera, citata da [[Alessandro Tadini]] e poi ripresa da [[Alessandro Manzoni]], riguardante untori francesi:<ref>{{cita libro|autore=F. Nicolini|wkautore=Fausto Nicolini|titolo=Peste e untori nei Promessi Sposi e nella realtà storica|città=Bari|anno=1937|pp=173-175}}</ref>
{{Demografia/Saint-Menges}}
 
{{citazione
|l'anno prossimo passato fu mandata dal [[Filippo IV di Spagna|re cattolico Nostro Signore]] una lettera al governatore di Milano, il [[Ambrogio Spinola|marchese Spinola]], il quale, doppo letta, la mandò al Senato et puoco doppo al Tribunale Supremo della Sanità, con la quale avisava come si trovavano fugiti da quella Regia Corte quattro persone francesi, li quali volevano ongere la città di Madrid con unguento venenoso et pestilente; et perciò dovessero essere vigilanti.
|Alessandro Tadini<ref>{{cita|Tadini|p. 111}}</ref>
}}
 
{{...}}
 
=== Processi di untori nel 1630 ===
Le fonti storiche ci tramandano vari episodi, ad esempio, [[Alessandro Manzoni|Manzoni]], nel suo trattato ''[[Storia della colonna infame]]'', ci narra il processo a due milanesi da parte delle autorità spagnole, che credevano che la peste fosse stata portata a Milano dai nemici del regno. Gli accusati furono Guglielmo Piazza, commissario di sanità, e Gian Giacomo Mora, barbiere. I due vennero processati con l'accusa di essere untori e, dopo essere stati sottoposti a terribili torture, Mora confessò di aver ricevuto da Piazza:<blockquote>« 8 onze d'oglio di oliva, 4 di aglio laurino, 4 d'oglio di sasso detto filosophorum, 4 di cera nova, 4 di rosmarino, 4 di ballette di ginepro e 4 onze di polvere di salvia. »</blockquote>I due vennero sottoposti a pubblica esecuzione (i verbali del processo sono tuttora esistenti) e la casa di Mora fu distrutta, ergendo, al suo posto, una colonna, la "Colonna infame" appunto, che inglobava una lapide su cui era riportato un sunto degli avvenimenti. Mentre la colonna è stata demolita, la lapide è ancora conservata al [[Castello Sforzesco]].<ref>{{Cita web|url = http://www.treccani.it/enciclopedia/gian-giacomo-mora/|titolo = Mòra, Gian Giacomo|accesso = 2015-12-20|sito = www.treccani.it}}</ref><ref>{{Cita web|url = http://www.treccani.it/enciclopedia/guglielmo-piazza/|titolo = Piazza, Guglielmo|accesso = 2015-12-20|sito = www.treccani.it}}</ref>
 
Inoltre, siamo a conoscenza di altri due avvenimenti, derivati però da accuse mosse dal popolo, all'epoca molto superstizioso.
# La prima vicenda riguarda alcuni francesi in visita a Milano. Questi ebbero la malaugurata idea di toccare il [[Duomo di Milano]] per constatarne la levigatezza. I popolani, credendo che stessero imbrattando il muro con veleni capaci di diffondere la peste, accorsero subito e li percossero.
# Ancora peggiore fu il destino di un uomo che, giunto in chiesa, spolverò con il suo mantello la panca su cui stava per sedersi: la folla, credendo che stesse spargendo veleni, lo prese a calci e a pugni, fino a ridurlo alla morte.<ref>{{Cita libro|autore = Rosetta Zordan|titolo = La letteratura e oltre...|anno = 2012|editore = RCS Libri S.p.A.|città = Milano|p = Inserto "I promessi sposi e il seicento lombardo" compreso tra le pagine 153 e 154|pp = |ISBN = 978-88-451-6980-9|opera = La voce narrante}}</ref>
 
== Altre città in Italia==
Milano non fu l'unica città dove si diffusero accuse contro untori, ma fu quella in cui si ebbero il maggior numero di accuse e la maggiore partecipazione da parte dei pubblici amministratori, dato che altrove fu liquidata come semplice credenza popolare.<ref>{{cita libro|autore=F. Nicolini|wkautore=Fausto Nicolini|titolo=Peste e untori nei Promessi Sposi e nella realtà storica|città=Bari|anno=1937|pp=173-175}}</ref>
 
I bandi contro gli untori e le relative credenze popolari raggiunsero anche alcuni luoghi vicini, come riferito da testimonianze dell'epoca. Nel caso di Bergamo (con indicazioni anche per Brescia), stando ad una testimonianza dell'epoca, le conseguenze furono molto limitate.
 
{{citazione
|Capitarono avvisi da più parti, sì come in Milano si trovavano alcune persone scelerate, che con onti pestiferi andavano seminando la peste, e come in una notte furono conspurcate moltissime cantonate della città, et le panche et i sedili del Duomo, con le corde delle campane erano stati imbrattati di questi onti pestiferi, cosa che accrebbe horrore e spavento, et che, aggiunta affiittione ad afflittione, essendosi divulgata chi questa fosse inventione del demonio, col quale fu detto, che alcuni scelerati havevano cospirato per esterminio del genere humano. Si divulgò anco, che il demonio sotto diverse forme andasse attorno dispergendo queste untioni, se ben questa fu creduta una favola e mera menzogna, et in particolare che fosse stato veduto sotto forma d'un prencipe, che sedente sopra un ricchissimo cocchio veniva guidato da sei generosi destrieri, il manto del quale tanto variava, che non si poteva discernere di qual spetie di colore egli fosse, che entrasse ne' palazzi, ancorché le porte chiuse, che conducesse gran schiera dì personaggi che lo corteggiavano, et che in altre forme si fosse lasciato vedere. Fu pubblicata anco, che nel bollore della peste in alcuni luoghi di Milano si siano veduti sopra le finestre e sopra i tetti, gattazzi, orsi, e leoni, pantere, e sì fatti mostri, et il sussequente giorno alla visione, le persone di quelle case, circa le quali apparivano detti mostri, cadevano fulminate dalla peste. Ma di queste larve e di questi spettri poco fu creduto. Ben è stato vero, che le untioni et polveri pestifere sono state disseminate per accrescere la mortalità del contagio, et dalla giustizia furono ritrovati molti rei, i quali confessando la enormità del misfatto, n'hebbero il condegno supplicio. Nel medesimo tempo fu discoperto, che anco in questa città venivano disseminate di queste untioni, et per alcuni giorni furono ritrovati tutti li battitori et li catenacci delle porte, et anco i lavelli delle chiese ove si ripone l'acqua santa. Il simile fu scritto da Brescia, ove furono retenti alcuni francesi imputati di questa inhumana barbarie. Molti non volevano credere che con tali mezzi d'untione et di polvere si potesse accrescere la pestilenza et accrescere la morte alle persone. Tuttavia ciò creder conviene per testimonio irrefragabile delle antiche e moderne istorie.
|''Il memorando contagio seguito in Bergamo l'anno 1630''<ref>{{cita libro|autore=Lorenzo Ghirardelli|titolo=Il memorando contagio seguito in Bergamo l'anno 1630|anno=1681|pp=243-244|url=https://books.google.it/books?id=POVmAAAAcAAJ&pg=PA243}}</ref>}}
 
Per Torino si hanno testimonianze sia per la peste del 1599 sia per la peste del 1630, riportate da [[Giovanni Francesco Fiochetto]], con diffusione volontaria della pestilenza anche tramite l'ungimento delle porte.
 
{{citazione
|Conspirarono a gran danno del popolo dieciotto o vinti venefici savoiardi, piemontesi, napolitaní , ed altri tra uomini e donne, che in diversi modi, questi ungendo le porte, quelli, cioè qualche Barbieri cavando sangue, applicando ventose, e facendo altre opere co' loro instromenti venenati d'infezione pestifera. Altri, principalmente le donne, vendendo l'acquavita con bicchieri infetti. Altri, come il capitano Giovanni Marchetto napolitano, al quale si dava gran credito pe la servitù fatta a S.A. in guerra, uccidendo gli ammalati con empiastri appestati, i quali rimetteva à domestici, con iscusa di non potere ritornare d'uno, o due giorni, acciò applicassero eglino i medicamenti, con quali si infettava tutta la fameglia.
|''Trattato della Peste, o sia contagio di Torino dell'Anno 1630''<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Francesco Fiochetto|titolo=Trattato della Peste, o sia contagio di Torino dell'Anno 1630|città=Torino|anno=1631|pp=76|url=https://books.google.it/books?id=dP5egwZi20oC&pg=PA76-IA1}}</ref>
}}
 
{{citazione
|In questa Città nella peste del 1630 si sono parimente scoperti certi venefici per via di una figliuola semplice, o semifatua, di nome Margarita Torselina, pagata da qualche ribaldi, acciò ungesse le porte, la quale accusò un soldato della guardia, alla porta del Serenissimo Duca di Savoia, allora Principe di Piemonte, Vittorio Amedeo, che per nome era detto Francesco Giugulier, che fu archibuggiato, ed abbrucciato in Piazza Castello, sebben fosse appestato, e per il mal pestifero vicino à morte, fu, dico, fatto morire per sentenza del Magistrato [...] Questa figliuola accusò sua madre Caterina, che morì di peste nelle carceri, accusò poi [...] diversi altri, che nella confrontazione non seppe conoscere; accusò finalmente suo padre Gio. Antonio, che alla tortura sostenne tutti i più esquisiti tormenti, che se gli potero dare, con che si liberò dalla morte per giustizia
|''Trattato della Peste, o sia contagio di Torino dell'Anno 1630''<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Francesco Fiochetto|titolo=Trattato della Peste, o sia contagio di Torino dell'Anno 1630|città=Torino|anno=1720|pp=77-78|url=https://books.google.it/books?id=dP5egwZi20oC&pg=PA77-IA1}}</ref>
}}
 
La credenza popolare di una peste provocata volontariamente si diffuse brevemente anche a [[Napoli]] durante la [[peste del 1656]], ma si parlò di ''polveri'' e non di ''ungimenti''.
 
{{citazione
|S'avanzarono eziandio a far credere che per la città andavano girando persone con polveri velenose e che bisognava andar loro in traccia per sterminargli. Così in varie truppe uniti andavano cercando questi sognati avvelenatori, ed avendo incontrati due soldati del Torrione del Carmine (affin d'attaccar brighe che poi finissero in tumulti) avventaronsi sopra di essi, imputandogli d'aver loro trovata addosso la sognata polvere. Al rumore essendo accorsa molta gente, per buona sorte vi capitò ancora un uomo da bene, il quale con soavi parole e moderati consigli gli persuadè che dessero nelle mani della giustizia uomini cotanto scellerati, affine, oltre del supplicio che di loro se ne sarebbe preso, si potesse da essi sapere l'antidoto al veleno; e con tal industria gli riuscì di salvargli. Ma appena saputosi che que' due soldati uno era di nazione francese e l'altro portoghese, ed uscita anche voce che 50 persone con abiti mentiti andavano spargendo le polveri velenose, si videro maggiori disordini; poiché tutti coloro che andavano vestiti con abiti forastieri, e con scarpe, o cappello, o altra cosa differente dal comun uso de' cittadini, correvan rischio della vita. Per acchetar dunque la plebe bisognò far morire sopra la ruota Vittorio Angelucci, reo per altro d'altri delitti, tenuto costantemente dal volgo per disseminator di polvere. Ma nell'istesso tempo fu presa vigorosa vendetta degl'inventori di questa favola: molti di essi essendone stati in oscure carceri condotti, cinque di loro in mezzo al mercato su le forche perderono ignominiosamente la vita; ed in cotal guisa furono i rumori quietati.
|''Istoria civile del Regno di Napoli''<ref>{{cita libro|autore=Pietro Giannone|wkautore=Pietro Giannone|titolo=Istoria civile del Regno di Napoli|volume=2|città=Lugano|anno=1840|p=638|url=https://books.google.it/books?id=GK1MAAAAMAAJ&pg=PA638}}</ref>
}}
 
== Note ==
<references />
 
== BibliografiaAltri progetti ==
{{interprogetto}}
* {{cita libro|autore=A. Tadini|titolo=Raguaglio dell'origine et giornali successi della gran peste|città=Milano|anno=1646|url=https://books.google.it/books?id=k1RjAAAAcAAJ&printsec=frontcover|cid=Tadini}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{ThesaurusCollegamenti BNCFesterni}}
 
{{Dipartimento Ardenne}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Francia}}
 
[[Categoria:Comuni delle Ardenne|Saint-Menges]]
{{Portale|medicina|storia}}
[[Categoria:Storia dell'Italia rinascimentale]]