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{{libro
|titolo= Ifigonia. Commedia e tragedia classica in tre atti
|immagine=Ifigonia.jpg
|didascalia=Dattiloscritto originale dell'opera, conservato a Torino nell'archivio del Centro Universitas Scholarium.
|autore= [[Hertz De Benedettii]]
|annoorig= 1928
|genere= [[poema]]
|sottogenere= [[poemetto goliardico]]
|lingua = Italiano
|ambientazione= [[Corinto]], [[69 a.C.]]
|protagonista= [[Ifigonia]]
|altri personaggi= Re di Corinto, Allah Ben Dhur, Don Peder Asta, Uccellone conte di Belmanico, Spiro Kito, Enter O' Clisma, In Man Lha, Bel Pistolino d'Oro, Coro di nobili, vergini e popolo
}}
'''''Ifigonia in Culide''''' è un [[poemetto]] [[goliardia|goliardico]] in tre atti, composto a [[Torino]] nel [[1928]] dallo studente di medicina [[asti]]giano Hertz De Benedetti ([[1904]] - † [[1989]]). Essendo stata pubblicata in forma anonima, sotto forma di dattiloscritto senza data e senza firma, per lunghi anni si fecero congetture di ogni tipo sugli Autori, sulla loro città di provenienza e sulla datazione dell'opera.<ref>Una leggenda, chiaramente priva di fondamento, attribuiva il ''Coro delle Vergini'' nientemento che a [[Gabriele D'Annunzio]], notorio estimatore del piacere carnale.(Questa voce si era diffusa tra gli studenti, giocando scherzosamente con i titoli di due delle sue opere, [[Il libro delle Vergini]] del [[1884]] e [[Le vergini delle rocce]] del [[1895]]).</ref>. Scritta in versi pornolalici e strutturata come una [[tragedia greca]] (il titolo è un chiaro rimando a [[Ifigenia in Aulide]]), [[Ifigonia]] è una [[parodia]] burlesca del [[tragedia|genere tragico]] che, come vuole lo spirito goliardico, fa ampio utilizzo di termini scurrili e allusioni sessuali. Il poemetto (divenuto uno dei simboli della [[goliardia]] italiana) ha avuto amplissima diffusione fra gli studenti di tutta [[Italia]], passando di mano in mano su edizioni clandestine riprodotte in proprio a mano o con la [[macchina per scrivere]], delle quali venivano fatte altre copie ugualmente clandestine con la [[carta carbone]], o riprodotte col [[ciclostile]].<ref>. {{Cita news
|lingua = it
|autore =
|url = http://archiviostorico.corriere.it/1999/novembre/13/Benigni_derubato_dai_politici_co_0_9911138529.shtml
|titolo = Benigni derubato dai politici
|pubblicazione = [[Corriere della sera]]
|giorno = 13
|mese = novembre
|anno = 1999
|pagina =
|accesso = 19 luglio 2008
}}</ref>
 
A riprova del grande successo avuto,<ref>[[Ifigonia]] era così popolare che di essa comparve nel [[1970]] persino una parodia a fumetti, la ''Nasonia '', ripulita ad uso del pubblico giovanissimo cui era destinata. Vi agivano le caricature di [[Claudio Villa]] [il Re], [[Mike Bongiorno]] [il Gran Cerimoniere ], il [[Professor Cutolo]] [il Gran Sacerdote], [[Antonella Steni]] [Nasonia] e, tra i pretendenti, i nasutissimi [[Gino Bartali]], [[Nicola Arigliano]] e [[Giorgio Gaber]], quest'ultimo vincitore della gara. La tragedia si concludeva quando [[Giorgio Gaber]] rivelava di essere in realtà il paffuto [[Bobby Solo]]. Nasonia estirpava le tonsille al canoro genitore e si suicidava.</ref> le versioni dell'[[Ifigonia]] in circolazione possono essere differenti in alcune parti dalla versione originale, perché molti dei copisti vollero aggiungervi del loro sotto forma di rime, strofe e personaggi apocrifi.<ref>In una di queste versioni apocrife in circolazione il Re di Corinto venne chiamato Banano I, e gli venne aggiunta anche una moglie, tale "Filippa".</ref>. Via via nel corso degli anni, ai versi è stato inserito dai copisti anche tutto un ricco apparato di glosse e note fuori testo fintamente serie ma in realtà umoristiche, la cui lettura è molto apprezzata dagli amanti del genere.
''«La vicenda venne trovata tanto coinvolgente da stuzzicare la vanagloria dei copiatori, ed ognuno di essi volle lasciarvi la propria impronta, a volte sghemba o superflua, ma comunque sentita»''.<ref name="ReferenceA">Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 12</ref>.
 
==Attribuzione dell'opera==
La rivelazione del nome dell'autore si ebbe nel [[1975]] grazie a Cesare Perfetto, inventore e patron del [[Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera]], che volle assegnare in quell'anno la prestigiosa ''Rama di Palma d'Oro'' proprio ad ''Ifigonia'', consegnando il premio nelle mani di colui che l'aveva composta.<ref name="ReferenceB">Marco Albera, Manlio Collino, Aldo Alessandro Mola, ''Saecularia Sexta Album, Studenti dell'Università a Torino, Sei secoli di Storia'', pag. 114</ref> L'autore era Hertz De Benedetti,<ref>Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 9</ref>. che aveva scritto il suo poemetto nel [[1928]] quando, giovane goliardo, frequentava la Facoltà di [[medicina]] a [[Torino]].<ref>Il dattiloscritto originale di ''Ifigonia'' venne esposto a Torino tra i pezzi in visione della mostra ''L'Università di Torino. Vicende e protagonisti di una storia plurisecolare'', che si svolse dall'11 giugno al 24 luglio 2008 presso il Palazzo dell'Università di Torino in via Po 17.</ref>. Il titolo originario era '''Ifigonia. Commedia e tragedia classica in tre atti'''.<ref>Come si vede, le trascrizioni posteriori di successive generazioni di copisti ne hanno persino stravolto il titolo originale, aggiungendovi "in Culide".</ref>. Hertz De Benedetti, durante i suoi anni universitari, partecipò molto attivamente alla scapigliata vita goliardica torinese, che all'epoca aveva l'esponente più rappresentativo in Ovidio Borgondo (detto ''Cavur''),<ref>'''"Cavur"''', scritto proprio così, senza la '''"o"'''.</ref>. autore e attore in tutte le riviste teatrali studentesche torinesi degli anni venti e trenta, messe in scena con la Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia che lui aveva fondato<ref name="ReferenceA"/>. Nelle sue memorie, scritte dopo la guerra, Cavur non mancò di nominare (pur indirettamente, attraverso il suo soprannome goliardico)<ref>Il soprannome goliardico di Hertz De Benedetti, attributogli dagli amici dopo il 1928, era ''Ifigonia''</ref> l'amico Hertz De Benedetti, e di lodare sia lui che il poemetto, da Cavur definito ''«un capolavoro che fece, e continua a fare, il giro di tutte le scuole, i collegi e le Università d'Italia»''.<ref>Marco Albera, ''Un ventennio di vita e teatro goliardico torinese: l'autobiografia inedita di Ovidio Borgondo detto Cavur, 1919-1942'' (Tesi di Laurea), Torino, 1991</ref>. De Benedetti, conseguita la laurea, si specializzò in [[urologia]] e si trasferì a [[Vercelli]], ma allo scoppio della [[seconda guerra mondiale]] fu richiamato in servizio come ufficiale medico e inviato in [[Montenegro]]. Dopo la guerra continuò a lavorare presso il reparto di Urologia dell'Ospedale di Vercelli e ne divenne il Primario.
 
Nonostante l'immediato successo, nessuno osò per oltre quarant'anni pubblicarla a stampa, e ''Ifigonia'' (come già detto) circolò per tutta la Penisola soltanto in copie uniche dattiloscritte semiclandestine, ma ciò non ostacolò affatto la sua diffusione.<ref>D'altronde sarebbe stato molto rischioso stamparla: il [[Codice Penale Zanardelli]] (risalente al [[1889]] e rimasto in vigore fino al [[1942]]) comminava minaccioso all'art. 339 (oltre al sequestro dell'opera) la reclusione per : ''«Chiunque offenda il pudore con scritture, disegni o altri oggetti osceni, distribuiti o esposti al pubblico…»'' e il successivo [[Codice Rocco]] del [[1942]] all'art. 528 continuava a minacciare la galera per : ''«Chiunque (…) metta in circolazione scritti, disegni, immagini o altri oggetti osceni di qualsiasi specie (…)»''.</ref> Per la verità, nel [[1961]] a [[Torino]] un temerario gruppo di Goliardi avrebbe voluto pubblicare a stampa il poemetto, commentandolo con note e postille e arricchendolo con sedici disegni che illustravano le parti salienti del testo, e aveva già preso accordi con una tipografia.<ref name="ReferenceC">Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 13</ref>. Tale edizione però non vide mai la luce, perché l'avvocato Roberto Vittucci Righini, all'epoca alla testa del M.O.V.A.T. (Maximus Ordo Victoriae Augusta Taurinorum),<ref name="ReferenceC"/> dissuase fermamente sia gli imprudenti che la tipografia dal procedere alla sua stampa e alla diffusione, reputando troppo elevato il rischio di guai giudiziari che ne sarebbe derivato.<ref>In effetti, anche la legge di Pubblica Sicurezza (T.U. 6-11-1926 n.1848), all'art.112. avvertiva che ''«non possono esporsi a pubblica vista, né offrirsi in vendita, né detenersi per vendere, né fabbricare (…) a fine di vendita o di distribuzione, scritti, stampati, incisioni, litografie, figure (…) offensivi della pubblica decenza…»''</ref>.
 
''Ifigonia'' riuscì tuttavia addirittura (con un vero colpo di mano goliardico) ad essere recitata nel [[1939]] al [[Teatro Carignano]], il teatro più prestigioso di [[Torino]].<ref>Il [[Teatro Carignano]] (del [[1752]]) era divenuto il più prestigioso di [[Torino]] dopo la perdita del [[Teatro Regio]] (del [[1740]]), andato completamente distrutto dal fuoco (tranne la facciata), nella notte dell'8 febbraio [[1936]].</ref> Si trattò di un'unica rappresentazione serale, che ottenne il visto della [[censura]] come spettacolo ad inviti, riservato ad un solo pubblico maschile maggiorenne. Questa rappresentazione poté avere luogo grazie agli sforzi di Giò Lanza, goliardo anch'egli membro della ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', che ne compose anche le musiche. La scelta del teatro non avvenne per caso: proprio in quel teatro nel [[1939]] la rivista goliardica ''Giovanotti in aula!'', la più famosa e la più fortunata tra quelle allestite dalla ''Compagnia Teatrale Goliardica Camasio e Oxilia'', era rimasta in scena ininterrottamente da gennaio ad aprile e con grandissimo successo di pubblico (venendo poi ripresa nuovamente, a grande richiesta, a dicembre, nel periodo natalizio). Si può dire quindi che al Teatro Carignano i Goliardi fossero di casa. Gli interpreti di questa ''Ifigonia'' furono gli stessi goliardi-attori che avevano preso parte a ''Giovanotti in aula!'', con Hertz De Benedetti con una parrucca dalle lunghe trecce bionde nella parte della protagonista. Giò Lanza, musicista, dagli anni cinquanta lavorò poi nel campo della pubblicità presso [[Armando Testa]], e nel [[1961]] riutilizzò per il [[Carosello]] della [[Carne Simmenthal]] interpretato da [[Walter Chiari]] e [[Sylva Koscina]] la musichetta da lui creata nel [[1939]] per la celebre strofa dell'''Ifigonia'': ''«Noi siamo felici, noi siamo contenti (…)»''.
 
Le prime versioni stampate di ''Ifigonia'' comparvero in vendita sulle bancarelle<ref>''Ifigonia'' non fu messa in vendita nelle paludate librerie normali, ma sulle bancarelle dei venditori dei libri d'occasione.</ref> soltanto nel [[1969]], in calce a delle raccolte di canti goliardici.<ref>La versione di ''Ifigonia'' pubblicata nel [[1969]] non conteneva tutto il ricchissimo apparato di note. Esso invece comparve integralmente sulla successiva edizione curata da Castelli e Brivio nel [[1970]] ne ''I Canti Goliardici'', che proponeva la versione dell'''Ifigonia'' diffusa a [[Milano]] dall' ''Ordo Spadonis'' negli anni sessanta, la quale a sua volta riprendeva la versione torinese (con le note) del [[1961]], quella che si tentò inutilmente di editare.</ref> quando la [[rivoluzione sessuale]] degli anni sessanta aveva ormai operato un sostanziale mutamento nella morale comune (anche se le prime edizioni, prudentemente, non indicavano né il nome dell'editore, né la città di edizione). Nel [[1971]] a [[Roma]] venne pubblicata in edizione propria, abbinata al poemetto ottocentesco ''[[Processo di Sculacciabuchi]]'' con prefazione del giornalista Enrico De Boccard.
 
Hertz De Benedetti accettò di uscire allo scoperto come autore del poema soltanto nel [[1975]], quando si era ormai ritirato dalla professione medica.<ref name="ReferenceB"/> Non rivendicò mai alcun [[diritto d'autore]] sulla sua opera.
 
== Trama ==
Nonostante l'assonanza del titolo, la trama della tragedia (con la nota vicenda della principessa che sposerà il pretendente che riuscirà a risolvere i tre indovinelli da lei proposti) non è affatto ispirata all'[[Ifigenia in Aulide]], ma è piuttosto la parodia della trama della ''[[Turandot]]'' di [[Giacomo Puccini]] la quale (su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni) a sua volta, riprendeva la vicenda dell'originaria ''[[Turandot]]'', fiaba teatrale del [[1762]] di [[Carlo Gozzi]].
La ''[[Turandot]]'' di Puccini, dopo la prima alla [[La Scala|Scala]] di [[Milano]] il 26 aprile [[1926]], andò in scena al [[Teatro Regio (Torino)|Teatro Regio]] di [[Torino]] il 17 marzo [[1927]] (alla presenza di [[Umberto II di Savoia]], allora [[Principe di Piemonte]]), e rimase per lungo tempo in cartellone, con un successo enorme e con una grande eco di stampa<ref>''«La grande "première" di domani sera al Regio»'', ''[[La Stampa]]'', 16 marzo 1927, pag. 5; ''«La Turandot al Regio - I Principi e il gran pubblico - L' opera d'arte e la cronaca del successo»'', ''[[La Stampa]]'', 18 marzo 1927, pagina 3.</ref>. Le sue melodie (come la celebre [[Nessun dorma]]) ebbero un'immediata presa popolare. Hertz De Benedetti ebbe l'idea di scrivere il suo poema dopo aver assistito alla rappresentazione di quest'opera al Regio. È curioso notare però, per bizzarra coincidenza, come i personaggi del Re e della sua figliola sembrino avere dei punti in comune con il [[Re Bischerone]] di [[Domenico Luigi Batacchi]] ([[1748]] – [[1802]]), di cui si riporta l'incipit:
{{quote| Sopra il trono sedea di Pontadera<br/>- siccome scrive il padre Sparagione -<br/>un re congiunto a un'orrida mogliera; <br/>Lasagna, ella chiamossi; ei Bischerone; <br/>e gentil figlia avean, che gran prurito<br/>sentia, dove grattarselo è proibito}}.
 
===Atto primo===
Il dramma si svolge nella reggia di Corinto, nell'anno 69 a.C.. La principessa Ifigonia, tormentata da incontenibili prurigini erotiche nellla zona perineale e stanca di continuare ad essere vergine, chiede al Re suo padre di trovarle al più presto un marito, aitante e (soprattutto) ben dotato, con cui potersi congiungere carnalmente. Sotto consiglio del gran sacerdote Enter O' Clisma il sovrano bandisce in tutta fretta un concorso, e decide che gli aspiranti sposi, per poter ottenere la mano di sua figlia, dovranno risolvere un indovinello.
 
===Atto secondo===
Si presentano gli aspiranti sposi. I primi tre (Allah Ben Dur, Don Peder Asta e Uccellone conte di Belmanico) non hanno fortuna, e vengono condannati dal sovrano a pene severe per aver sbagliato. Sarà invece Spiro Kito (il cui nome è un riferimento allo [[spirochete]], agente patogeno della [[sifilide]]) a risolvere il suo indovinello e a ottenere la mano di Ifigonia.
 
=== Atto terzo ===
Dopo le nozze, invece di assolvere al suo debito coniugale, Spiro Kito ciurla nel manico ed evita con ogni pretesto di entrare nel letto della sposa. Ifigonia, sempre più irritata e stanca di aspettare la consumazione del matrimonio, affronta di petto il marito e gli chiede spiegazioni sul perché della lunga attesa. Spiro Kito, avvilito, le svela di celare un terribile segreto: egli non potrà mai accontentarla, perché è privo di pene. E, piangendo, le racconta di come l'abbia perso: esso gli è stato roso, senza che lui se ne accorgesse, da un terribile e famelico [[taenia solium|verme solitario]], che abitava stabilmente l'intestino di un [[bonzo]] che egli aveva sodomizzato. A questa notizia, Ifigonia impazzisce per il dolore: si getta contro il padre castrandolo a morsi e poi si suicida platealmente buttandosi nel [[vaso sanitario|water]] e azionando lo sciacquone.
 
== I protagonisti ==
* Il Re di Corinto, padre di Ifigonia
* Ifigonia, la protagonista
* Allah Ben Dhur, primo pretendente, nobile arabo
* Don Peder Asta, secondo pretendente, nobile spagnolo
* Uccellone conte di Belmanico, terzo pretendente, nobile italiano
* Spiro Kito, quarto pretendente, nobile giapponese
* Enter O' Clisma, gran sacerdote
* In Man Lha, gran cerimoniere
* Bel Pistolino d'Oro, elefante sacro
* Coro di nobili, vergini e popolo
 
==Curiosità==
Nel momento di ricevere il premio al [[Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera]], Hertz De Benedetti volle recitare davanti alla platea questi versi, composti per l'occasione:<ref>Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', pag. 10</ref>
{{quote|Povera Musa, ci hanno risvegliati<br/>dal lungo sonno e intanto, male o bene, <br/>lo sai, quarantasett'anni son passati. <br/><br/>Povera Musa mia, non ti sovviene? <br/>Dove sono le regge favolose<br/>e i cortigiani del reame pazzo, <br/><br/>Dove le belle principesse estrose<br/>passavan fiere tra le rime in -azzo<br/>pallide e brune per finir nel cesso? <br/><br/>Passaron gli anni... non è più lo stesso<br/>cantore in rima: il freddo catetere, <br/>la suora bianca, il pallido infermiere... <br/><br/>E l'ala appesantita di ogni verso, <br/>che cerca un orizzonte azzurro e terso<br/>con molti sforzi ed infinite pene, <br/>s'arresta al polo superior del rene. <br/><br/>Ma ritorna il bel tempo, come allora, <br/>o dolce Musa della Poesia! <br/>Se fuggì giovinezza, tuttavia <br/><br/>risorge il vecchio spirito goliardo<br/>un poco grigio, con un po' di lardo, <br/>ma come allora pronto alla tenzone<br/>fiero e fidente nel... testosterone}}.
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* ''Ifigonia - Tragedia classica in tre atti Corinto anno 69 A.C'' di Gianluigi De Marchi e Marcello Andreani Illustrazioni di Matteo Anselmo, Erga Edizioni, Genova, ISBN 88-8163-501-6
* Marco Albera, Manlio Collino, Aldo Alessandro Mola, ''Saecularia Sexta Album, Studenti dell'Università a Torino, Sei secoli di Storia'', Ed. Elede, Torino, 2005
* Franco Ressa, ''A conti fatti, beati i matti: i Goliardi letterati'', Scipioni Editore, Viterbo, 1999 ISBN 88-8364-051-9
* Franco Ressa, ''La Goliardia. Ovidio Borgondo “Cavur”'', Roberto Chiaramonte Editore, Collegno, 2007
* Marco Albera, ''Un ventennio di vita e teatro goliardico torinese: l'autobiografia inedita di Ovidio Borgondo detto Cavur, 1919-1942'' (Tesi di Laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino. Relatore: Guido Davico Bonino, Anno Accademico 1990-91).
* ''Processo di Sculacciabuchi e Ifigonia'', prefazione di Enrico De Boccard, Edizioni Homerus, Roma, 1971.
* ''I Canti Goliardici'', a cura di Alfredo Castelli con presentazione di Roberto Brivio, Inteuropa Editore, Milano, 1970 (Supplemento a «La Mezzora» n. 53).
* ''I Canti Goliardici n.2 '', a cura di Alfredo Castelli con presentazione di Roberto Brivio, Williams Editore, Milano, 1974.
* ''Il Libretto Rosso dell'Universitario - Raccolta di commedie, drammi, ballate, cazzate, sproloqui, ecc.'', Editrice Le Colonne - Piemonte in Bancarella, Torino, 1969.
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://plgrs.lacab.it/ifigonia/ifigonia.htm Testo completo della tragedia]
 
==Altri progetti==
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[[Categoria:Poemi goliardici]]
 
[[fr:Ifigonia in Culide]]