Disoccupazione tecnologica e Ordine livoniano: differenze tra le pagine

(Differenze fra le pagine)
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
wlink e ortografia
 
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
 
Riga 1:
{{Onorificenza
[[File:Jacquard 133-Marsden.png|miniatura|destra|Il [[telaio Jacquard]], inventato nel [[1804]], permise la realizzazione di tessuti molto complessi in maniera semiautomatica, riducendo quindi il numero di operatori necessari. La riduzione dei posti di lavoro provocò forti proteste in tutta Europa.<ref>{{cita web
|nome = Ordine livoniano<br />
|url=http://theinstitute.ieee.org/tech-history/technology-history/the-jacquard-loom-a-driver-of-the-industrial-revolution
|immagine = Baltic coat of arms.svg
|titolo=The Jacquard Loom: A Driver of the Industrial Revolution
|legenda = Simbolo dell’ordine
|lingua=en
|concesso da = {{simbolo|LivonianOrder.svg}}[[Media:LivonianOrder.svg|Sigillo del Gran Maestro dell’Ordine di Livonia]]
|accesso=20.06.2017
|tipologia = [[Ordine cavalleresco]]
|data=18.07.2017}}</ref>
|motto =
]]
|status = soppresso
La '''disoccupazione tecnologica''' è la [[disoccupazione|perdita di lavoro]] dovuta al [[innovazione tecnologica|cambiamento tecnologico]]. Questo cambiamento solitamente riguarda l'introduzione di tecnologie che permettono di ridurre il carico di lavoro eseguito dagli operatori e l'introduzione dell'[[automazione]].
|capo =
 
|granmaestro =
Proprio come i cavalli, usati come primo mezzo di locomozione, vennero gradualmente resi obsoleti dall'automobile, anche i lavori degli esseri umani sono stati toccati dal cambiamento tecnologico, ne è un esempio quello dei tessitori ridotti in povertà dall'introduzione del telaio meccanico nella [[prima rivoluzione industriale]]. Durante la [[seconda guerra mondiale]] la [[bomba (calcolatore)|bomba]], un calcolatore inventato da [[Alan Turing]], compresse in poche ore lavori di decodificazione che avrebbero occupato gli esseri umani per anni. Alcuni esempi contemporanei di disoccupazione tecnologica sono la sostituzione delle cassiere con le casse automatiche, la riscossione automatica dei pedaggi stradali e i passaggi a livello automatici, che hanno reso obsoleta la figura del casellante.
|cancelliere =
 
|data istituzione = [[1237]]
Che il cambiamento tecnologico possa causare la perdita di posti di lavoro nel breve termine è un fatto comunemente accettato, mentre sugli effetti sul lungo termine si è aperto un lungo dibattito non ancora giunto ad una conclusione. Le due scuole di pensiero di possono sommariamente dividere in ottimisti e pessimisti. Gli ottimisti sono convinti che la perdita di lavoro dovuta all'innovazione verrà compensata da altri fattori che renderanno l'impatto nullo nel lungo termine. I pessimisti invece sostengono che almeno in alcuni casi le nuove tecnologie possono portate ad un costante declino nel numero di posti di lavoro. L'espressione “disoccupazione tecnologica” è stata resa popolare da [[John Maynard Keynes]] negli anni ‘30, ma la questione è discussa fin dai tempi di [[Aristotele]].
|luogo istituzione = [[Lituania]]
 
|primo capo = [[Hermann Balk]]
In genere, prima del [[XVIII secolo]], sia le ''elites'' che i ''[[roturier]]'' avevano una visione pessimista della disoccupazione tecnologica, almeno nei casi in cui la questione sorse. Dato che i livelli di disoccupazione nella storia pre-moderna sono quasi sempre stati bassi, non era un argomento molto discusso. Nel XVIII secolo le paure dell'impatto delle macchine sull'occupazione si intensificarono con la crescita della disoccupazione di massa, specialmente in [[Inghilterra]], all'avanguardia nella [[rivoluzione industriale in Inghilterra|rivoluzione industriale]]. Nonostante ciò alcuni pensatori misero in dubbio queste paure, sostenendo che in generale l'innovazione non avrebbe avuto effetti negativi sui posti di lavoro nel lungo termine. Queste argomentazioni vennero formalizzate nel [[XIX secolo]] dagli [[economisti classici]]. Durante la seconda metà dello stesso secolo divenne sempre più palese che il progresso tecnologico beneficiasse tutti i settori della società, inclusa la [[classe operaia]]. Le preoccupazioni sull'impatto negativo dell'innovazione diminuirono, e venne coniato il termine “fallacia [[luddismo|luddista]]” per descrivere l'idea della perdita di lavoro dovuta all'innovazione.
|data cessazione = [[1561]]
 
|luogo cessazione =
L'idea che la tecnologia difficilmente porterà ad una disoccupazione nel lungo termine è stata ripetutamente messa in discussione da una minoranza di economisti, tra i quali, nel primo 1800, [[David Ricardo]]. Molti economisti mettevano in guardia dalla disoccupazione tecnologica in alcuni particolari frangenti in cui il dibattito sorse, come negli [[anni trenta]] e [[anni sessanta|sessanta]]. Nelle ultime due decadi del [[XX secolo]], soprattutto in [[Europa]], vari cronisti hanno notato un graduale aumento della disoccupazione nei paesi industrializzati a partire dagli [[anni settanta]]; nonostante ciò la maggior parte degli economisti e dell'opinione pubblica ha avuto una visione ottimista dell'innovazione nel XX secolo.
|motivocessazione = Conversione al [[luteranesimo]] del [[Gotthard Kettler|Gran Maestro]]
 
|ultimo capo = [[Gotthard Kettler]]
Vari studi pubblicati nella seconda decade del [[XXI secolo]] sostengono che la disoccupazione tecnologica potrà crescere a livello globale. Mentre molti economisti e commentatori sostengono l'infondatezza di questi timori, le preoccupazioni riguardanti la disoccupazione tecnologica crescono di nuovo.<ref>{{cite web|url=http://www.acting-man.com/?p=32134|title=In the Future, Will Everyone Be Unemployed?|date=4 August 2014|publisher=}}</ref><ref>http://money.cnn.com/2012/05/15/news/economy/zero-unemployment/ What 0% unemployment looks like</ref><ref>https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2015/07/world-without-work/395294/</ref> Un servizio pubblicato dalla rivista ''[[Wired]]'' nel 2017 cita esperti come l'economista [[Gene Sperling]] e il professore di management [[Andrew McAfee]] a sostegno della tesi per cui la disoccupazione tecnologica è «una questione importante».<ref name="Dreyfuss_2017-03-24">{{Citation |last=Dreyfuss |first=Emily |date=2017-03-24 |title=Hate to break it to Steve Mnuchin, but AI’s already taking jobs |journal=Wired |url=https://www.wired.com/2017/03/hate-break-steve-mnuchin-ais-already-taking-jobs/ |postscript=.}}</ref> Per quanto riguarda l'idea per cui l'automazione «non avrà alcun grosso effetti sull'economia per i prossimi cinquanta o cento anni», McAfee dice «Non parlo con nessuno del mestiere che ci creda».<ref name="Dreyfuss_2017-03-24"/> Innovazioni come [[Watson (intelligenza artificiale)|Watson]] hanno il potenziale di rendere obsoleti gli esseri umani in vari campi, dagli impiegati, ai lavoratori poco qualificati, ai creativi ed altri lavori intellettuali.<ref>{{cite web|url=https://www.nytimes.com/2016/03/09/business/economy/a-future-without-jobs-two-views-of-the-changing-work-force.html|title=A Future Without Jobs? Two Views of the Changing Work Force|date=9 March 2016|work=The New York Times}}</ref><ref>{{cite web|url=https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2015/07/world-without-work/395294/|title=A World Without Work|first=Derek|last=Thompson|publisher=}}</ref>
|derivatoda = {{simbolo|Zakon Kawalerów Mieczowych COA.svg}}[[Cavalieri portaspada]]
 
|confluito in =
==Argomentazioni==
|divisoin =
 
|gradi = [[Cavalierato|Cavaliere]] (''classe unica'')
===Effetti a lungo termine sull'occupazione===
|prodottada =
Tutti gli interpreti del dibattito sulla disoccupazione tecnologica concordano nel dire che la perdita di lavoro più essere una conseguenza a breve termine dell'innovazione e che a volte gli effetti sui lavoratori sono positivi. Le divergenze si concentrano sulla possibilità che l'innovazione abbia un impatto negativo duraturo sull'occupazione. Livelli di disoccupazione costante possono essere misurati empiricamente, ma le cause sono oggetto di dibattito. Gli ottimisti sostengono che, se nel breve periodo è possibile un aumento della disoccupazione, a lungo termine nuovi posti di lavoro verranno creati dai cosiddetti “effetti di compensazione”. Questo punto di vista, costantemente messo in discussione, è stato dominante nel [[XIX secolo|XIX]] e [[XX secolo]].<ref name="Woirol 1996 loc= pp. 77 - 90">{{cita|Woirol|1996|pp. 77–90}}</ref><ref name = "sympathy"/> Ad esempio gli economisti del lavoro Jacob Mincer e Stephan Danninger hanno elaborato uno studio empirico usando [[Microdato|microdati]] del Panel Study of Income Dynamics dimostrando che, anche se nel breve termine sembra avere effetti poco chiari sul tasso di disoccupazione totale, il [[Progresso tecnico|progresso tecnologico]] riduce la disoccupazione sul lungo periodo. Quando includono un lag di cinque anni le prove a supporto di un effetto della tecnologia sull'occupazione vengono a mancare, suggerendo che la disoccupazione tecnologica «sembra essere un mito».<ref>{{Cite journal|last=Mincer|first=Jacob|last2=Danninger|first2=Stephan|date=July 2000|title=Technology, Unemployment, and Inflation|url=|journal=National Bureau of Economic Research|volume=|pages=}}</ref>
|precedenza = Cavalieri portaspada
 
|ordinepiùalto = [[Gran Maestro]]
Il concetto di [[disoccupazione strutturale]], ovvero l'idea di un tasso di disoccupazione duraturo che non scompare neanche nel punto più alto del [[ciclo economico]], divenne popolare negli [[Anni 1960|anni sessanta]]. Per i pessimisti la disoccupazione tecnologica è uno dei fattori che guidano il fenomeno della disoccupazione strutturale. Fin dagli anni ottanta anche gli economisti ottimisti hanno sempre di più accettato l'idea che la disoccupazione strutturale sia cresciuta nelle economie avanzate, tendendo però a incolpare [[globalizzazione]] e [[Delocalizzazione (economia)|delocalizzazione]] piuttosto che il cambiamento tecnologico. Altri ritengono che la principale causa della crescita della disoccupazione sia la riluttanza dei governi nel perseguire una politica fiscale espansiva a causa dell'abbandono delle politiche [[Economia keynesiana|keynesiane]] negli anni settanta e primi ottanta.<ref name="Woirol 1996 loc= pp. 77 - 90"/><ref name="Effective Demand"/><ref name = "Vivarelli2012"/> Nel [[XXI secolo]], e specialmente dal [[2013]], i pessimisti sostengono con crescente insistenza che la minaccia di una disoccupazione strutturale globale sia in crescita.<ref name = "sympathy"/><ref name = "replicants"/><ref name="Martin"/> Dall'altra parte, una prospettiva più ottimista suggerisce che il cambiamento tecnologico cambierà la struttura di un'organizzazione in modo tale che i lavoratori impiegati in ruoli manageriali diventeranno sempre più specializzati grazie al fatto che l'aiuto della tecnologia gli lascerà più tempo per migliorare se stessi. Il tipico ruolo manageriale di conseguenza cambierà in modo da permettere ai manager di concentrarsi sul compito di supportare i dipendenti migliorando le loro prestazioni, permettendogli quindi di aggiungere più, invece che meno, valore.
|ordinepiùbasso =
 
|immaginenastro =
===Effetti di compensazione===
|legendanastro =
[[File:BrownManchesterMuralJohnKay.jpg|thumb|''John Kay inventore della spoletta volante AD 1753'', di [[Ford Madox Brown]], ritrae [[John Kay]] mentre da il bacio d'addio a sua moglie mentre un uomo lo trascina fuori di casa per scappare da una folla arrabbiata a causa del suo telaio meccanico, che ha ridotto il lavoro. Gli effetti di compensazione non erano molto noti allora.]]
 
Gli effetti di compensazione sono le conseguenze positive dell'innovazione che compensano l'iniziale perdita di lavoro causata dalle nuove tecnologie. Negli anni venti del [[XIX secolo|1800]] [[Jean-Baptiste Say]] descrisse vari effetti di compensazione in risposta a all'affermazione di [[David Ricardo|Ricardo]] secondo cui la disoccupazione tecnologica a lungo termine era una possibilità. Poco dopo [[John Ramsay McCulloch]] elaborò un intero sistema di effetti. Il sistema venne chiamato ''teoria della compensazione'' da [[Karl Marx]], che attaccò le sue idee sostenendo che non era certo che quegli effetti si verificassero; la questione da allora rimane centrale nel dibattito.<ref name = "Vivarelli2012"/><ref name="Blaug 1997 loc= p182">{{cita libro
|autore= Mark Blaug
|wkautore= Mark Blaug
|titolo=Economic Theory in Retrospects
|anno= 1997
|editore= Cambridge University Press
|p=187
|città=
|lingua=en
|isbn= 0521577012
|cid= Blaug
}}</ref>
 
Gli effetti di compensazione sono dovuti a:
 
# ''Invenzione di nuove macchine'', e di conseguenza il lavoro necessario a costruirle;
# ''Nuovi investimenti,'' conseguenza dei profitti più alti resi possibili dalle nuove tecnologie;
# ''Cambiamenti nei salari''. Nei casi in cui la disoccupazione aumenti, questo può causare una flessione degli stipendi, permettendo a più lavoratori di essere reimpiegati ad un costo più basso. Dall'altra parte a volte i lavoratori godranno di un aumento di salario nel momento in cui la loro redditività aumenta. Questo porta a un aumento del reddito e quindi ad una spesa maggiore, che di conseguenza incoraggia la creazione di posti di lavoro;
# ''Prezzi più bassi'', che portano ad un aumento della domanda, e quindi a più posti di lavoro. I prezzi bassi possono anche portare ad una riduzione degli stipendi, dato che beni di consumo meno cari aumentano il potere d'acquisto;
# ''Nuovi prodotti'', dove l'innovazione crea direttamente nuovi posti di lavoro.
 
Il primo punto oggi viene raramente discusso agli economisti; spesso l'idea di Marx, che lo rifiutò, viene considerata corretta.<ref name = "Vivarelli2012"/> Anche i pessimisti spesso concedono che l'innovazione dei prodotti assieme all'effetto numero 5 può a volte avere un effetto positivo sull'occupazione.
 
Un'importante distinzione può essere tracciata tra innovazione dei processi e dei prodotti.<ref group="N">Le tecnologie che diminuiscono i posti di lavoro possono essere classificate con meccanizzazione, [[automazione]] e ottimizzazione dei processi. Le prime due riguardano il trasferimento dei compiti dagli umani alle macchine, mentre il terzo spesso prevede l'eliminazione di quei compiti. Il ''fil rouge'' che collega i tre punti è la rimozione di forza lavoro e la conseguente diminuzione dell'occupazione. Nella pratica le categorie spesso di sovrappongono: un miglioramento dei processi può includere automazione o meccanizzazione. La linea tra meccanizzazione e automazione poi è soggettiva, dato che a volte la meccanizzazione include il [[controllo automatico]] ad un livello tale che può essere considerata automazione.</ref> Dall'[[America Latina]] sono emerse delle prove che sembrano suggerire che l'innovazione dei prodotti contribuisca in maniera importante alla crescita dell'[[occupazione]] nelle fabbriche, più dell'innovazione dei processi.<ref>{{Cite journal|last=Crespi|first=Gustavo|last2=Tacsir|first2=Ezequiel|date=December 2012|title=Effects of Innovation on Employment in Latin America|url=|journal=Inter-American Development Bank|volume=|pages=}}</ref> La misura in cui gli altri effetti siano sufficienti nel compensare la perdita di lavoro è tutt'ora oggetto di un acceso dibattito tra gli economisti.<ref name="Vivarelli2012">{{cite web
|url= http://ftp.iza.org/dp6291.pdf
|title= Innovation, Employment and Skills in Advanced and Developing Countries: A Survey of the Literature
|publisher= [[Institute for the Study of Labor]]
|author= Marco Vivarelli
|date = January 2012
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref name="Vivarelli2007">{{cite web
|url= http://ftp.iza.org/dp2621.pdf
|title= Innovation and Employment: : A Survey
|publisher= [[Institute for the Study of Labor]]
|author= Marco Vivarelli
|date = February 2007
|accessdate=14 July 2015}}
</ref>
 
Un possibile effetto di compensazione è il [[moltiplicatore keynesiano|moltiplicatore]]. Secondo una ricerca elaborata da Enrico Moretti, per ogni lavoro qualificato creato nell'[[alta tecnologia]] in una data città, più di due lavori vengono creati in settori non-[[tradable]]. Le sue conclusioni suggeriscono che la crescita tecnologica e la conseguente creazione di posti di lavoro nell'hi-tech possano avere un effetto di diffusione più importante di quanto si pensasse;<ref>{{Cite journal|last=Moretti|first=Enrico|date=May 2010|title=Local Multipliers|url=|journal=American Economic Review|volume=|pages=}}</ref> per quanto riguarda l'Europa le sue conclusioni sembrano trovare conferma.<ref>{{Cite journal|last=Goos|first=Maarten|last2=Konings|first2=Jozef|last3=Vandeweyer|first3=Marieke|date=September 2015|title=Employment Growth in Europe: The Roles of Innovation, Local Job Multipliers and Institutions.|url=|journal=Tjalling C. Koopmans Research Institute|volume=|pages=}}</ref>
 
Molti economisti oggi pessimisti nei confronti della disoccupazione tecnologica accettano che gli effetti di compensazione si siano realizzati nel modo sostenuto dagli ottimisti nel [[XIX secolo|XIX]] e [[XX secolo]]. Nonostante ciò asseriscono che la [[Informatizzazione|computerizzazione]] significhi che gli effetti di compensazione oggi siano meno prominenti. Uno dei primi esempi venne fornito da [[Wassily Leontief]] nel [[1983]]. Leontief conferma che l'avvento della meccanizzazione abbia portato alla disoccupazione tecnologica in un primo momento, salvo poi aumentare la domanda di lavoro e portare ad un aumento dei salari dovuto all'aumento di [[produttività]]. Mentre le prime macchine abbassarono la domanda di “muscoli”, queste non erano intelligenti e necessitavano di operatori umani per rimanere produttive. Con l'introduzione dei computer nel mondo del lavoro oggi c'è meno domanda non solo di “muscoli”, ma anche di “cervelli". Di conseguenza, anche se la produttività continua a salire, la decrescente domanda per il lavoro umano può significare paghe più basse e meno lavoro.<ref name="Vivarelli2012" /><ref name="Martin" /><ref name="Advance" /> Questa posizione non è pienamente supportata da più recenti sturi empirici. Una ricerca del [[2003]] di Erik Brynjolfsson e Lorin Hitt presente prove dirette che suggeriscono un effetto a breve termine benefico della computerizzazione nelle fabbriche sulla produttività. Inoltre hanno trovato che il contributo a lungo termine della computerizzazione e dei cambiamenti tecnologici può essere ancora maggiore.
 
===La fallacia luddista===
{{Vedi anche|Luddismo}}
[[File:FrameBreaking-1812.jpg|miniatura|Luddisti ritratti mentre distruggono un telaio, 1812]]
Con [[fallacia]] luddista si intende l'errore commesso da chi affronta l'argomento della disoccupazione tecnologica senza tenere conto degli effetti di compensazione. Le persone che usano il termine in genere pensano che il progresso tecnologico non avrà un impatto negativo a lungo termine sull'occupazione, e finirà per aumentare gli stipendi per tutti i lavoratori, dato che il progresso contribuisce ad arricchire la società nel suo complesso. Il termine cita i luddisti del [[XIX secolo]]. Durante il [[XX secolo]] e nella prima decade del [[XXI secolo|XXI]] l'opinione dominante tra gli economisti era che la disoccupazione tecnologica fosse in effetti una fallacia, ma in tempi più recenti si assiste ad una controtendenza; l'opinione per cui la fallacia luddista non sia in effetti una fallacia è sempre più popolare.<ref name = "sympathy">
{{cite news
|url= https://www.nytimes.com/2013/06/14/opinion/krugman-sympathy-for-the-luddites.html?_r=0
|title= Sympathy for the Luddites
|publisher= New York Times
|author= [[Paul Krugman]]
|date = 2013-06-12
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref>{{Harvnb|Ford|2009|loc= Chpt 3, 'The Luddite Fallacy'}}</ref><ref name = "Death">{{cite web
|url= http://www.project-syndicate.org/commentary/robert-skidelsky-revisits-the-luddites--claim-that-automation-depresses-real-wages
|title= Death to Machines?
|publisher= [[Project Syndicate]]
|author= [[Robert Skidelsky, Baron Skidelsky|Lord Skidelsky]]
|date = 2013-06-12
|accessdate=14 July 2015}}
</ref>
 
I presupposti che fanno pensare a possibili difficoltà a lungo termine sono due. Il primo, tradizionalmente riconducibile ai luddisti (anche se non è una corretta sintesi del loro pensiero), vuole che ci sia una quantità fissa di lavoro disponibile; di conseguenza, se le macchine faranno quel lavoro, non ci sarà più lavoro per gli uomini, un fenomeno che gli economisti chiamano [[lump labor fallacy]] (fallacia della quantità fissa di lavoro) e che solitamente rifiutano. L'altro presupposto è che siano possibili effetti negativi a lungo termine che niente hanno a che fare con una “quantità fissa di lavoro”. Secondo questa posizione la quantità di lavoro disponibile può essere infinita, ma:
 
# Le macchine possono fare gran parte del lavoro “facile”;
# La definizione di ciò che è “facile" si espande con il progresso tecnologico;
# Con l'avanzata del punto 2, il lavoro non-facile, quello che richiede più capacità, talento, conoscenza e interconnessioni tra discipline diverse, può arrivare a richiedere capacità cognitive più elevate di quanto gran parte degli esseri umani siano in grado di fornire.
 
Quest'ultimo punto di vista è quello supportato da molti degli attuali sostenitori della disoccupazione tecnologica di sistema a lungo termine.
 
===Livello di competenza e disoccupazione tecnologica===
[[File:Automation of foundry with robot.jpg|miniatura|Un robot industriale opera in una fonderia]]
Un'opinione comune tra chi discute la relazione tra innovazione e mercato del lavoro è che l'innovazione colpisca in maniera negativa i lavoratori poco qualificati, dando un vantaggio agli altri. Secondo Lawrence F. Katz questo può essere stato vero per gran parte del XX secolo, ma nel XIX furono i lavoratori qualificati (come ad esempio gli [[Artigiano|artigiani]]), che avevano costi alti, ad esserne colpiti, mentre i lavoratori meno qualificati trassero beneficio dall'innovazione. Mentre nel XXI secolo l'innovazione sta sostituendo alcuni lavori non qualificati, altre professioni simili sembrano resistere all'[[automazione]], mentre i colletti bianchi che richiedono un livello di competenza intermedio vengono sempre più spesso sostituiti dall'informatica.<ref name = "relative">{{cite web
|url= http://www.nber.org/papers/w18752
|title= Technical change and the relative demand for skilled labor: The united states in historical perspective
|work= [[National Bureau of Economic Research]]
|author= [[Lawrence F. Katz]], Robert A. Margo
|date= Feb 2013
|accessdate=14 July 2015
}}</ref><ref name = "polarization">
{{cite journal
|author1=David H. Autor |author2=David Dorn |date=August 2013
|title=The growth of low skill service jobs and the polarization of the US labor market
|journal=[[The American Economic Review]]
|URL=https://ideas.repec.org/p/nbr/nberwo/15150.html
|volume= 103 |issue= 5
|pages= 1553–97
}}
</ref><ref name="Reversal">{{cite web
|url= http://www.nber.org/papers/w18901
|title= The Great Reversal in the Demand for Skill and Cognitive Tasks
|work= [[National Bureau of Economic Research]]
|author= [[Paul Beaudry]], David A. Green, Benjamin M. Sand
|date = March 2013
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
 
L''''Ordine livoniano''' (anche noto come '''Ordine di Livonia''') fu un'autonoma sezione dell'[[Ordine teutonico]],<ref>{{cite book |title=The Teutonic Knights: A Military History |last=Urban |first=William |authorlink= |author2= |year=2005 |publisher= |___location= |isbn=1-85367-667-5 |pages=259–273 |url=https://books.google.com/books?id=zzwXIQAACAAJ&dq }}</ref><ref>http://www.sapere.it/enciclopedia/Cavali%C3%A8ri+Portaspada.html</ref> costituitosi nel 1237. Divenne poi parte della [[Livonia#Terra mariana|confederazione livoniana]] dal 1435 al 1561. Il nome deriva dalla [[Livonia|regione in cui nacque]].<ref>http://www.teutonic.altervista.org/C/027.html</ref>
Alcuni studi recenti, invece, come quello del [[2015]] di Geord Gaetz e Guy Michels, rilevano che, almeno nell'ambito dei [[robot industriali]], l'innovazione sta aumentando le [[Salario|paghe]] dei lavoratori più qualificati avendo allo stesso tempo un impatto negativo su quelli di livello inferiore.<ref name="GGG" /> A concordare con questa tesi un report del 2015 di Carl Benedikt Frey, Michael Osborne e il Citi Investment Research & Analysis, dove si prevede che nei prossimi dieci anni saranno i lavoratori meno qualificati a pagare il prezzo più alto.<ref name = "OM2015">
{{cite web
|url= http://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/reports/Citi_GPS_Technology_Work.pdf
|title= TECHNOLOGY AT WORK : The Future of Innovation and Employment
|publisher= [[Oxford Martin School]]
|author= Carl Benedikt Frey , Michael Osborne and [[Citi Investment Research & Analysis|Citi Research]]
|date = February 2015
|accessdate=4 Nov 2015}}
</ref>
 
==Storia==
Geoff Colvin di ''[[Forbes]]'' sostiene che le previsioni riguardo ai lavori che un computer non sarebbe mai stato in grado di fare si sono rivelate sbagliate. Un miglior approccio per capire quali compiti necessiteranno dell'intervento umano sarebbe di considerare le attività in cui le persone hanno la responsabilità di prendere decisioni importanti, come [[Giudice|giudici]], [[Chief executive officer|CEO]], autisti e [[Politico|politici]], o dove la natura umana può essere soddisfatta solo da una profonda connessione interpersonale, anche se quei compiti potrebbero essere automatizzati.<ref>{{cite web|title = Humans are underrated|url = http://fortune.com/2015/07/23/humans-are-underrated/|website = Fortune|accessdate = 2015-07-26}}</ref>
[[File:2011 09 22Jauniunai11.JPG|left|300px|thumb|Rievocazione storica della Crociata livoniana presso [[Jauniūnai]] ([[contea di Vilnius]])]]
L'ordine fu formato dagli ex membri dei [[cavalieri portaspada]] dopo la sconfitta contro i [[samogizi]] nel [[1236]] nella [[battaglia di Šiauliai]], mentre era in corso la [[crociata livoniana]]: fu così che i cavalieri portaspada confluirono nell'Ordine teutonico, formando un gruppo interno, quello dell'Ordine livoniano nel [[1237]].<ref>{{cite book |title=Eastern Europe: An Introduction to the People, Lands, and Culture |last=Frucht |first=Richard C. |authorlink= |author2= |year=2005 |publisher=ABC-CLIO |___location= |isbn=1-57607-800-0 |pages=69 |url=https://books.google.com/books?id=lVBB1a0rC70C&pg=PA69&dq=%22Livonian+order%22#PPA69,M1 }}</ref> Tra il [[1237]] e il [[1290]], l'Ordine livoniano si impossessò della [[Curlandia]], della [[Livonia]] e della [[Semigallia]]. Nel [[1298]], i [[lituani]] conquistarono la roccaforte di Karkus a nord di Riga e sconfissero i cavalieri livoniani nella battaglia di Turaida, uccidendo anche il [[Gran Maestro]] e altri 22 comandanti.<ref>{{cite web|url=http://m.ldkistorija.lt/index.php/istoriniai-faktai/vytenis-ir-ryga/504|title=Orbis Lituaniae – Lietuvos Didžiosios Kunigaikštystės istorijos|first=e-solution: Gaumina|last=www.gaumina.lt|date=|website=m.ldkistorija.lt|accessdate=5 April 2018}}</ref> Nel [[1346]], l'Ordine acquistò il [[Ducato di Estonia]] dal [[re di Danimarca|re danese]] [[Valdemaro IV di Danimarca|Valdemaro IV]]. La vita quotidiana nei possedimenti degli ex cavalieri portaspada è descritta nelle cronache di Balthasar Russow (''Chronica der Provinz Lyfflandt'').<ref>http://itaaliapuhkus.ee/it/chiesa-dello-spirito-santo</ref>
 
L'ordine teutonico cadde in declino a seguito della sconfitta riportata nella [[battaglia di Grunwald]] ([[1410]]) e l'annessione dei territori a quelli della [[Prussia]]ad opera di [[Alberto I di Prussia|Alberto di Brandenburg]] nel [[1525]], mentre l'ordine livoniano riuscì a conversare ancora la propria esistenza e indipendenza (a differenza di altre [[Ordine di Dobrzyń|compagnie religiose di qualche secolo prima]]).
Di contro, altri vedono le abilità umane destinate a diventare obsolete. Gli accademici Carl Benedikt e Michael A. Osborne dell'[[Università di Oxford]] hanno previsto che la [[Informatizzazione|computerizzazione]] potrà rendere la metà dei lavori superflui nei prossimi dieci-vent'anni;<ref>{{cite web|url=https://www.theguardian.com/technology/2014/jun/15/robot-doctors-online-lawyers-automated-architects-future-professions-jobs-technology|author=Tom Meltzer|publisher=Wired|date=June 15, 2014|title=Robot doctors online lawyers automated architects: the future of the professions.}}</ref> nelle 702 professioni prese in considerazione hanno trovato una forte correlazione tra [[istruzione]] e [[reddito]] e abilità che potranno essere automatizzate, con i lavori d'ufficio e nei servizi che presentano il maggior rischio.<ref>{{cite web|authors=Carl Benedikt Frey and Michael A. Osborne|title=The future of employment: How susceptible are jobs to computerization?|date=September 17, 2013}}</ref> Nel 2012 [[Vinod Khosla]], co-fondatore di [[Sun Microsystems]], ha predetto che l'80% dei dottori saranno sostituiti da macchine ad [[apprendimento automatico]] in grado di fornire diagnosi tramite un software.<ref>{{cite web|url=https://techcrunch.com/2012/01/10/doctors-or-algorithms/|author=Vonod Khosla|publisher=Tech Crunch|title=Do We Need Doctors or Algorithms?|date=January 10, 2012}}</ref>
 
La sconfitta dell'ordine livoniano nella [[battaglia di Swienta]] (Wilkomierz) il primo settembre [[1435]], quando persero la vita il Gran Maestro e diversi [[cavaliere|cavalieri]] d'alto rango, ridusse il territorio ad un'area assimilabile alla [[regione storica]] della [[Livonia]]. L'accordo a cui seguì la costituzione della [[Terra Mariana]] (''eiine fruntliche eyntracht''), fu firmato a Walk il 4 dicembre [[1435]]: le parti erano rappresentate da una parte dall'[[arcidiocesi di Riga|arcivescovo di Riga]], la [[diocesi di Curlandia]], [[Diocesi di Dorpat|Dorpat]], [[Diocesi di Ösel-Wiek|Ösel–Wiek]] e [[Diocesi di Reval|Reval]]; dall'altra, i rappresentanti dell'ordine e i [[vassalli]], i capi politici di [[Riga]], Reval e l'insediamento di Dorpat.<ref name="VLM">{{cite book |title=Vana-Liivimaa maapäev |last=Raudkivi |first=Priit |authorlink= |author2= |year=2007 |publisher=Argo |___location= |isbn=9949-415-84-5 |page= |pages=118–119 |url=https://books.google.com/books?id=4QxtGQAACAAJ&dq }}</ref>
=== Prove empiriche ===
Molte ricerche sperimentali hanno cercato di quantificare l'impatto della disoccupazione tecnologica, per lo più a livello [[microeconomia|microeconomico]]. La maggior parte delle ricerche sulle imprese hanno riscontrato la natura positiva delle innovazioni tecnologiche per quanto riguarda l'[[tasso di occupazione|occupazione]]. Ad esempio gli economisti tedeschi Stefan Lachnmaier e Horst Rottmann hanno trovato che l'innovazione sia dei prodotti che dei processi ha un effetto positivo sull'[[occupazione]]. Curiosamente l'innovazione dei processi avrebbe un effetto maggiore rispetto a quella dei prodotti.<ref>{{Cite journal|last=Lachenmaier|first=Stefan|last2=Rottmann|first2=Horst|date=|title=May 2010|url=|journal=International Journal of Industrial Organization|volume=29|pages=210-220}}</ref> Negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] si assiste ad un processo simile, dove l'innovazione nel [[Attività manifatturiera|settore manifatturiero]] ha un effetto positivo sul numero totale dei posti di lavoro, cioè non limitato solamente alle aziende toccate direttamente dall'innovazione.<ref>{{Cite journal|last=Coad|first=Alex|last2=Rao|first2=Rekha|date=May 2011|title=The firm-level employment effects of innovations in high-tech US manufacturing industries|url=|journal=Journal of Evolutionary Economics|volume=21|issue=2|pages=255-283}}</ref>
 
Durante le guerre che accaddero qualche anno dopo in Livonia, l'ordine subì una cocente sconfitta ad opera delle truppe [[Granducato di Mosca|moscovite]] nella [[battaglia di Ergeme]] nel [[1560]]. Si invocò così la protezione di [[Sigismondo II Augusto]], [[Regno di Polonia (1385-1569)|re della Polonia]] e [[Granducato di Lituania|Granduca di Lituania]], perché l'ordine era impegnato in una guerra con Guglielmo di Brandenburgo nel 1557.
A livello di industria, però, le ricerche hanno prodotto risultati contrastanti. Uno studio del [[2017]] sul settore manifatturiero e dei [[Settore terziario|servizi]] in undici paesi europei suggerisce che l'effetto positivo dell'innovazione sull'occupazione esiste solo nei settori medio e alto. Inoltre sembra che ci sia una correlazione negativa tra [[occupazione]] e creazione di [[Capitale (economia)|capitale]], il che suggerisce che il progresso tecnologico possa potenzialmente ridurre il lavoro dato che l'innovazione dei processi è spesso incorporata negli [[Investimento|investimenti]].<ref>{{Cite journal|last=Piva|first=Mariacristina|last2=Vivarelli|first2=Marco|date=January 2017|title=Technological Change and Employment: Were Ricardo and Marx Right?|url=|journal=Institute of Labor Economics|volume=|pages=}}</ref>
 
Dopo aver raggiunto un [[Trattato di Vilnius (1561)|accordo]] con Sigismondo II, Augusto e i suoi rappresentanti (in particolare [[Mikołaj Krzysztof Radziwiłł]]), assieme all'ultimo Gran Maestro livoniano, [[Gotthard Kettler]], posero fine all'ordine: Kettler si convertì al [[luteranesimo]]. Nella parte meridionale delle terre appartenenti all'ordine ormai sciolto, costituì per sé e per la sua famiglia il [[Ducato di Curlandia e Semigallia]], al fine di risiedervi e ricavare proventi dalle terre possedute. L'[[Estonia]] settentrionale tornò a rientrare nel possesso dei [[danesi]] e degli [[svedesi]].
Poche analisi sono state fatte a livello [[macroeconomia|macroeconomico]], e con risultati contrastanti. L'economista italiano Marco Vivarelli ha trovato che la riduzione del lavoro dovuta al progresso tecnologico sembra aver colpito l'[[Italia]] più degli Stati Uniti, mentre l'effetto positivo dell'innovazione dei prodotti sull'occupazione si osserva solo negli Stati Uniti e non in Italia.<ref>{{Cite book|title=The Economics of Technology and Employment Theory and Empirical Evidence|last=Vivarelli|first=Marco|publisher=Edward Elgar Publishing|year=1995|isbn=978 1 85898 166 6|___location=Italy}}</ref> Un altro studio del [[2013]] invece dimostra come gli effetti negativi del cambiamento tecnologico siano solo transitori.<ref>{{Cite journal|last=Feldmann|first=Horst|date=November 2013|title=Technological unemployment in industrial countries|url=|journal=Journal of Evolutionary Economics|volume=23|issue=5|pages=}}</ref>
 
Dal 14° al 16° secolo, divenne lingua ufficiale la [[Lingua alto-tedesca media|media]], quella più parlata negli insediamenti della [[Lega Anseatica]]; in seguito, fu sostituita dall'[[Lingua alto-tedesca protomoderna|Alto tedesco]] (16°-17° secolo)<ref name=Koch59>{{cite book|last=Koch|first=Kristine|title=Deutsch als Fremdsprache im Russland des 18. Jahrhunderts|publisher=Walter de Gruyter|___location=Berlin/New York|year=2002|series=Die Geschichte des Deutschen als Fremdsprache|volume=1|isbn=3-11-017503-7|language=German|page=59}}</ref>.
=== Misurare l'innovazione tecnologica ===
Gli approcci per documentare e misurare quantitativamente l'innovazione tecnologica sono stati finora essenzialmente quattro.
 
== Maestri di Livonia (all'interno dell'Ordine teutonico) ==
Il primo, proposto da Jordi Gali nel [[1999]] e perfezionato da Neville Francis e Valerie A. Ramey nel [[2005]], è di usare restrizioni a lungo termine nella [[vector autoregression]] per identificare lo shock tecnologico, assumendo che solo la tecnologia influenzi la produttività nel lungo termine.<ref>{{Cite journal|last=Gali|first=Jordi|date=1999|title=Technology, Employment, and the Business Cycle: Do Technology Shocks Explain Aggregate Fluctuations?|url=|journal=American Economic Review|volume=89|issue=1|pages=249-271}}</ref><ref>{{Cite journal|last=Francis|first=Neville|last2=Ramey|first2=Valerie|date=2005|title=Is the Technology-Driven Real Business Cycle Hypothesis Dead? Shocks and Aggregate Fluctuations Revisited.|url=|journal=Journal of Monetary Economics|volume=52|issue=8|pages=1379-1399}}</ref>
 
[[File:LivonianShield.svg|thumb|Scudo dei Cavalieri portaspada]]
Il secondo approccio è firmato da Susanto Basu, John Fernald e Miles Kimball,<ref>{{Cite journal|last=Basu|first=Susanto|last2=Fernald|first2=John|last3=Kimball|first3=Miles|date=2006|title=Are Technology Improvements Contractionary?|url=|journal=American Economic Review|volume=96|issue=5|pages=1418-48}}</ref> che hanno creato una misura del cambiamento tecnologico aggregato con dei [[residuo di Solow|residui di Solow]] aumentati, controllando gli effetti aggregati non tecnologici come il ritorno incostante della [[concorrenza imperfetta]].
 
Il Gran Maestro di Livonia, come quello dell'[[Ordine teutonico]], veniva eletto dai compagni di cavalleria a vita. Il Gran Maestro esercitava poteri di gestione e supervisione: gestiva anche un consiglio che poteva essere riunito a seconda di quando lo riteneva opportuno e il suo consiglio era considerato uguale a un comando. I teutonici non intervennero nella precedente divisione delle autonomie locali, considerata un'area secondaria e la cui supervisione era affidata ad ambasciatori.<ref>{{cite book |title=Livonian Crusade |last=Urban |first=William L |authorlink= |author2= |year=2004 |publisher=Lithuanian Research and Studies Center |___location= |isbn=0-929700-45-7 |pages=12, 14 |url=https://books.google.com/books?id=h9BTAAAACAAJ&dq }}</ref>
Il terzo metodo, inizialmente sviluppato da John Shea nel 1999, adotta un approccio più diretto ed impiega indicatori osservabili come [[ricerca e sviluppo]] (R&D), spesa e numero di richieste di [[brevetto]].<ref>{{Cite journal|last=Shea|first=John|date=1998|title=What Do Technology Shocks Do?|url=|journal=NBER Macroeconomics Annual|volume=13|pages=275-322}}</ref> Questo metodo è diffusamente usato nella ricerca empirica dato che non dipende dall'assunto che solo la tecnologia influenzerà la [[produttività]] sul lungo termine, e misura in maniera abbastanza accurata la variazione dell'output in relazione a quella dell'input. Ci sono però delle limitazioni con le misure dirette come R&D. Ad esempio, dato che R&D misura solo l'input nell'innovazione, l'output sarà difficilmente correlato in maniera perfetta con l'input. Inoltre R&N non riesce a misurare il lasso di tempo che passa tra lo sviluppo di un nuovo prodotto o servizio e il suo sbarco sul mercato.<ref>{{Cite journal|last=Alexopoulos|first=Michelle|last2=Cohen|first2=Jon|date=2011|title=Volumes of evidence: examining technical change in the last century through a new lens.|url=|journal=Canadian Journal of Economics|volume=44|issue=2|pages=413-450}}</ref>
 
* [[Hermann Balk]] 1237–1238
Il quarto approccio, elaborato da Michelle Alexopoulos, guarda al numero di nuovi titoli pubblicati nel campo della tecnologia e informatica per misurare il progresso tecnologico, che risulta essere coerente con la spesa per R&D.<ref>{{Cite journal|last=Alexopoulos|first=Michelle|date=2011|title=Read All about It!! What Happens Following a Technology Shock?|url=|journal=American Economic Review|volume=101|pages=1144–1179}}</ref> Questo metodo inoltre è in grado di misurare il lag tra un cambiamento tecnologico e l'altro.
* [[Dietrich von Grüningen]] 1238–1242
* [[Dietrich von Grüningen]] 1244–1246
* [[Andreas von Stierland]] 1248–1253
* [[Anno von Sangershausen]] 1253–1256
* [[Burkhard von Hornhausen]] 1256–1260
* [[Werner von Breithausen]] 1261–1263
* [[Konrad von Mandern]] 1263–1266
* [[Otto von Lutterberg]] 1266–1270
* [[Walther von Nortecken]] 1270–1273
* [[Ernst von Rassburg]] 1273–1279
* [[Konrad von Feuchtwangen]] 1279–1281
* [[Wilken von Endorp]] 1281–1287
* [[Konrad von Herzogenstein]] 1288–1290
* [[Halt von Hohembach]] –1293
* [[Heinrich von Dinkelaghe]] 1295–1296
* Bruno 1296–1298
* [[Gottfried von Rogga]] 1298–1307
* [[Conrad von Jocke]] 1309–1322
* [[Johannes Ungenade]] 1322–1324
* [[Reimar Hane]] 1324–1328
* [[Everhard von Monheim]] 1328–1340
* [[Burchard von Dreileben]] 1340–1345
* [[Goswin von Hercke]] 1345–1359
* [[Arnold von Vietinghof]] 1359–1364
* [[Wilhelm von Vrymersheim]] 1364–1385
* [[R. von Eltz]] 1385–1389
* [[Wennemar Hasenkamp von Brüggeneye]] 1389–1401
* [[Konrad von Vietinghof]] 1401–1413
* [[Diderick Tork]] 1413–1415
* [[Siegfried Lander von Spanheim]] 1415–1424
* [[Zisse von Rutenberg]] 1424–1433
* [[Franco Kerskorff]] 1433–1435
* [[Heinrich von Bockenvorde]] 1435–1437
* [[H. Vinke von Overbergen]] 1438–1450
* [[Johann Osthoff von Mengede]] 1450–1469
* [[Johann Wolthuss von Herse]] 1470–1471
* [[Bernd von der Borch]] 1471–1483
* [[Johann Fridach von Loringhofe]] 1483–1494
* [[Wolter von Plettenberg]] 1494–1525
 
==Voci Storia correlate==
* [[Antica Prussia]]
===Prima del XVI secolo===
* [[Ordine di Dobrzyń]]
[[File:Vespasianus03 pushkin.jpg|thumb|250px
* [[Ordini religiosi cavallereschi]]
|L'imperatore romano [[Vespasiano]], “poiché un ingegnere gli promise di trasportare in Campidoglio, con poca spesa, alcune enormi colonne, egli gli offrì una somma considerevole per la sua invenzione, ma rifiutò di utilizzarla, dicendogli di «consentire a lui di nutrire il povero popolo»”.<ref>{{cita libro
| nome= Svetonio
| titolo= Vite dei cesari
|capitolo= Libro VIII, capitolo 18}}</ref>]]
 
== Note ==
Secondo l'autore Gregory Woirol il fenomeno della disoccupazione tecnologica esiste molto probabilmente dall'invenzione della ruota.<ref>{{cita|Woirol 1996|p. 17}}</ref> Le società antiche avevano vari metodi per alleviare la povertà di chi non riusciva a sostenersi col proprio lavoro. [[storia della Cina|Antica Cina]] e [[antico Egitto]] potrebbero aver avuto vari programmi di aiuto “statali” in risposta della disoccupazione tecnologica almeno dal secondo millennio a.C.<ref name="reflief">
<references/>
{{cite news
|date=1940-03-03
|title= Relief
|url= https://www.newspapers.com/newspage/48947293/
|newspaper= [[The San Bernardino County Sun]]
|___location= California
|accessdate=14 July 2015}}
</ref> [[regno di Israele|Ebrei]] e [[induismo|induisti]] avevano dei sistemi più decentralizzati data la spinta delle loro fedi ad occuparsi dei poveri.<ref name="reflief"/> Nell'[[antica Grecia]] un gran numero di lavoratori potevano ritrovarsi disoccupati a causa sia delle scoperte tecnologiche che delle concorrenza degli schiavi («macchine di carne e sangue»<ref>{{cita|Forbes 1932|p. 2}}</ref>). A volte questi disoccupati morivano di fame o erano obbligati a diventare loro stessi schiavi, mentre in altri casi erano aiutati dai sussidi. [[Pericle]] rispose alla disoccupazione tecnologica percepita lanciando programmi di lavori pubblici per fornire lavoro ai disoccupati. I conservatori criticarono i programmi di Pericle considerandoli un spreco di denaro pubblico ma vennero sconfitti.<ref>{{cita|Forbes 1932|pp. 24-30}}</ref>
 
==Altri progetti==
Forse il primo studioso a parlare del fenomeno è [[Aristotele]], che nel primo libro della ''[[Politica (Aristotele)|Politica]]'' ipotizza che se le macchine diventeranno sufficientemente avanzate non ci sarà più bisogno dell'apporto umano al lavoro.<ref>
{{Interprogetto}}
{{cite journal
|last=Campa
|first=Riccardo
|date= Feb 2014
|title=Technological Growth and Unemployment: A Global Scenario Analysis
|journal=[[Journal of Evolution and Technology]]
|URL=http://jetpress.org/v24/campa2.htm
|ISSN = 1541-0099
}}
</ref>
 
==Collegamenti esterni==
Come per i greci, anche i [[antica Roma|romani]] risposero alla disoccupazione tecnologica alleviando la povertà con i sussidi, una misura che poteva toccare anche centinaia di migliaia di famiglie allo stesso tempo.<ref name="reflief"/> Meno spesso vennero creati programmi di opere pubbliche, come fatto ad esempio dai [[Gracchi]]. Vari imperatori arrivarono a rifiutare o vietare innovazioni che riducevano il lavoro.<ref>{{cita|Forbes 1993|capitolo 2}}</ref><ref>{{cita|Forbes 1932|pp. 49-53}}</ref> Le carenze di lavoro nell'Impero iniziarono a svilupparsi verso la fine del secondo secolo, e da questo punto la disoccupazione di massa in Europa sembra aver retrocesso per più di un millennio.<ref>{{cita|Forbes 1932| pp. 147-150}}</ref>
 
{{portale|cristianesimo|Germania|Lituania|Lettonia|Polonia|storia}}
Il [[medioevo]] e il primo [[rinascimento]] videro il frequente uso di tecnologie di recente invenzione e di altre tecnologie che erano state concepite, ma poco usate, nell'età classica.<ref>
{{cite book
|author = [[Roberto Sabatino Lopez]]
|title=The Commercial Revolution of the Middle Ages, 950-1350
|chapter= Chpt. 2,3
|year= 1976
|isbn=0521290465
|publisher=[[Cambridge University Press]]
}}</ref> La disoccupazione di massa riapparve in europa nel XV secolo, in parte come conseguenza dell'aumento demografico, in parte dei cambiamenti nella disponibilità di terre per l'agricoltura di sussistenza causata dalle ''[[enclosures]]''.<ref name="Schumpeter 1987 loc= Chpt 6">{{cita|Schumpeter 1987|capitolo 6}}</ref> La minaccia della disoccupazione spinse le autorità europee a schierarsi dalla parte dei [[gilda (storia)|lavoratori]], vietando le nuove tecnologie e a volte condannando a morte chi cercava di promuoverle o venderle. A volte tali esecuzioni erano eseguite con metodi normalmente riservati ai peggiori criminali, come successe ad esempio in Francia, dove cinquantotto persone vennero condannate al [[supplizio della ruota]] con l'accusa di aver venduto beni proibiti.<ref>{{cita libro
|titolo=The Worldly Philosophers: The Lives, Times And Ideas Of The Great Economic Thinkers
|nome=Robert L.
|cognome=Heilbroner
|anno=1999
|editore= Touchstone}}
</ref>
 
===Dal XVI al XVIII secolo===
[[File:Elizabeth I Rainbow Portrait.jpg|thumb|right| [[Elisabetta I d'Inghilterra]], che rifiutò di brevettare il telaio inventato da [[William Lee]] dicendo: «Considerate cosa potrebbe fare la vostra invenzione ai miei poveri sudditi. Li porterebbe sicuramente alla rovina privandoli del lavoro, facendoli così mendicanti.»]]
Forse una delle ragioni per cui la Gran Bretegna fu la nazione europea più all'avanguardia nella rivoluzione industriale fu che l'élite dirigente iniziò ad assumere un approccio meno restrittivo nei confronti dell'innovazione in anticipo rispetto al resto del continente.<ref>{{cita|Habakkuk}}. L'autore inoltre aggiunge che a causa della mancanza di lavoro, rispetto ai loro omologhi britannici, i lavoratori statunitensi opposero meno resistenza all'innovazione tecnologica permettendo cambiamenti più rapidi e rendendo così più efficiente il settore manifatturiero americano.</ref> Nonostante ciò la preoccupazione per l'impatto delle nuove tecnologie sul lavoro rimase forte per tutto il XVI e XVII secolo. Un esempio esplicativo è quello dell'inventore [[William Lee]], che invitò la regina Elisabetta I a vedere un nuovo telaio che permetteva di risparmiare lavoro. La regina rifiutò di emettere un brevetto per il timore che quest'invenzione potesse causare disoccupazione nel settore tessile. Lee andò quindi a promuovere la sua invenzione in Francia, anche questa volta senza successo, per poi ritornare in Inghilterra e proporre la sua invenzione a [[Giacomo I d'Inghilterra|Giacomo I]], successore di Elisabetta. La richiesta venne però nuovamente respinta con le stesse motivazioni.<ref name="Martin"/>
 
Soprattutto dopo la [[Gloriosa rivoluzione]], le autorità divennero meno comprensive nei confronti delle preoccupazioni dei lavoratori. Una componente sempre più influente del pensiero [[mercantilismo|mercantilista]] voleva che l'introduzione di tecnologie che fanno risparmiare lavoro avrebbe ridotto la disoccupazione, dato che le imprese britanniche avrebbero avuto la possibilità di aumentare la loro quota di mercato a danno di quelle straniere. Dall'inizio del XVIII secolo i lavoratori non poterono più contare sul supporto da parte delle autorità contro la minaccia della disoccupazione tecnologica che percepivano, reagendo di tanto in tanto con qualche protesta (come la distruzione delle macchine). Schumpter fa notare che con l'avanzare del XVIII secolo vari pensatori ([[Johann Heinrich Gottlob von Justi]] è l'esempio più importante), avrebbero sempre più spesso sollevato preoccupazioni nei confronti della disoccupazione tecnologica,<ref>{{cita|Schumpeter 1987|capitolo 4}}</ref> mentre l'opinione prevalente tra le élite per cui la disoccupazione tecnologica non sarebbe stata un problema andò consolidandosi.<ref name="Martin"/><ref name="Schumpeter 1987 loc= Chpt 6"/>
 
===XIX secolo===
È stato solo nel XIX secolo che il dibattito sulla disoccupazione tecnologica è diventato intenso, soprattutto un Gran Bretagna dove erano concentrati molti pensatori economici. Basandosi sul lavoro di [[Josiah Tucker]] e [[Adam Smith]], vari [[economia politica|economisti]] iniziarono a creare quella che sarebbe diventata la moderna disciplina economica.<ref group="N">Smith non affrontò direttamente il problema della disoccupazione tecnologica, ma Tucher fin dal 1757 sosteneva che l'introduzione delle macchine avrebbe creato più lavoro di quanto ce ne fosse in loro assenza.</ref> Mentre rigettavano gran parte del [[mercantilismo]], i membri della neonata disciplina erano d'accordo nel non considerare la disoccupazione tecnologica un problema a lungo termine. Nelle prime decadi del XIX secolo non mancarono però le voci dissonanti di vari importanti economisti; tra questi [[Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi|Sismondi]],<ref name="Sowell_2006">{{Citation |last=Sowell |first=T. |year=2006 |title=Chapter 5: Sismondi: A Neglected Pioneer |work=On Classical Economics}}</ref> [[Thomas Robert Malthus]] , [[John Stuart Mill]] e, dal 1821, [[David Ricardo]]. Quest'ultimo inizialmente era convinto che l'innovazione avrebbe beneficiato l'intera popolazione, ma venne persuaso dall'idea malthusiana per cui la tecnologia poteva abbassare gli stipendi della classe operaia e causare disoccupazione nel lungo termine. Espresse questo punto di vista nel capitolo ''Sulle macchine'' (''On Machinery''), aggiunto alla terza ed ultima edizione del 1821 di ''Sui principi dell'economia politica e della tassazione''. Data la grande influenza di Ricardo, che era forse il più rispettato economista del suo tempo, le sue opinioni vennero contestate da altri economisti. La prima importante risposta venne da [[Jean-Baptiste Say]], il quale sosteneva che nessuno avrebbe adottato le macchine se queste avessero ridotto la produzione,<ref group="N">Normalmente l'introduzione delle macchine avrebbe aumentato l'output e diminuito il costo unitario.</ref> e che, come diceva la [[Legge di Say]], l'offerta creava la propria comanda. Di conseguenza ogni lavoratore licenziato avrebbe automaticamente trovato lavoro da qualche altra parte una volta che il mercato avrebbe avuto il tempo di adeguarsi.<ref>{{cite web
|url= http://www.academia.edu/3465367/Is_Industrial_Innovation_Destroying_Jobs
|title= Is industrial innovation destroying jobs?
|work= [[Academia.edu]] (Originally published in [[The Cato Journal]] )
|date = 18 Jan 2014
|accessdate= 14 July 2015
}}</ref> [[John Ramsay McCulloch|Ramsey McCulloch]] elaborò e formalizzò il punto di vista ottimista di Say, e ricevette il sostegno di [[Charles Babbage]], [[Nassau Senior]] e molti altri economisti meno conosciuti.
 
Verso la metà del XIX secolo [[Karl Marx]] si unì al dibattito. Basandosi sul lavoro di Ricardo e Mill, Marx andò ancora più a fondo presentando una visione profondamente pessimista della disoccupazione tecnologica; il suo punto di vista attrasse molti seguaci e fondò una scuola di pensiero, ma l'opinione della maggioranza degli economisti non cambiò più di tanto. Dagli anni settanta del 1800, almeno in Gran Bretagna, il tema della disoccupazione tecnologica svanì sia in termini di preoccupazione popolare che di dibattito accademico. Infatti divenne sempre più chiaro che l'innovazione stava aumentando la prosperità per tutti i segmenti della società britannica, inclusa la classe operaia. Mentre la [[economisti classici|scuola classica]] lasciava il posto a quella [[economia neoclassica|neoclassica]] il pensiero pessimista di Mill e Ricardo era sempre meno preso in considerazione.<ref>{{Cita|Woirol|pp. 2, 20–22}}</ref>
 
===XX secolo===
[[File:1980s computer worker, Centers for Disease Control.jpg|thumb|I critici della disoccupazione tecnologica sostengono che la tecnologia è usata dal lavoratori e non li sostituisce su larga scala.]]
 
Per i primi vent'anni del XX secolo la disoccupazione di massa non fu un problema importante come lo era nella prima metà del XIX secolo. Mentre la [[marxismo|scuola marxista]] e alcuni altri pensatori misero in dubbio il punto di vista ottimista, la disoccupazione tecnologica non era una preoccupazione per il pensiero economico dominante fino alla seconda metà degli [[anni venti]], quando la questione riemerse in Europa. Nello stesso periodo gli Stati Uniti erano generalmente più prosperosi, ma anche la disoccupazione urbana iniziò a crescere dal 1927, mentre gli agricoltori dovettero fare i conti con la disoccupazione fin dall'inizio degli anni venti; molti rimasero senza lavoro a causa delle nuove tecnologie agricole, come il [[trattore]]. Il fulcro del dibattito economico si era ormai spostato dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dove la questione emerse con più forza in due occasioni, negli [[anni trenta]] e [[anni sessanta|sessanta]].<ref>{{cita|Woirol|pp. 2, 8–12}}</ref>
 
Secondo lo storico dell'economia Gregory Woirol i due picchi presentano delle similitudini.<ref name="Woirol 1996 loc= pp. 8 - 12">{{cita|Woirol|pp. 8–12}}</ref> In entrambi i casi il dibattito accademico fu preceduto da un'ondata di preoccupazione popolare causata dai recenti aumenti di disoccupazione. In entrambi i casi il dibattito si risolse, ma piuttosto andò a scemare quando con lo scoppio di una guerra ([[Seconda guerra mondiale]] per gli anni trenta, [[guerra del Vietnam]] per gli anni sessanta) ridusse la disoccupazione. In entrambi i casi il dibattito si svolse facendo poco riferimento al pensiero precedente.
 
Negli anni trenta gli ottimisti basarono le loro argomentazioni nell'idea [[economia neoclassica|neoclassica]] per cui il mercato si sarebbe adattato automaticamente riducendo la disoccupazione grazie agli effetti di compensazione. Negli anni sessanta la fiducia negli effetti di compensazione era meno forte, ma il grosso degli [[economia keynesiana|economisti keynesiani]] del tempo erano convinti che l'intervento del governo avrebbe potuto contrastare la disoccupazione tecnologica permanente che non veniva eliminata dale forze del mercato. Un'altra similitudine fu la pubblicazione di un importante studio federale in cui si evidenziava come la disoccupazione tecnologica non fosse un problema nel lungo termine, aggiungendo però che l'innovazione era un fattore importante nella disoccupazione a breve termine e consigliando al governo di offrire assistenza.<ref group="N">Negli anni trenta lo studio si intitolava ''Unemployment and technological change''(Report no. G-70, 1940) ad opera di Corrington Calhoun Gill del 'National Research Project on Reemployment Opportunities and Recent changes in Industrial Techniques'. Da notare che alcuni dei primi studi federali, come ''Memorandum on Technological Unemployment'' (1933) del Ewan Clague Bureau of Labor Statistics, facevano propria la visione pessimistica della disoccupazione tecnologica. Alcuni studiosi, come Udo Sautter nel capitolo 5 di ''Three Cheers for the Unemployed: Government and Unemployment Before the New Deal'' (Cambridge University Press, 1991), sostengono che all'inizio degli anni trenta c'era un consenso quasi assoluto tra gli esperti statunitensi nel considerare la disoccupazione tecnologica un problema importante, mentre altri come Bruce Bartlett in [http://www.academia.edu/3465367/Is_Industrial_Innovation_Destroying_Jobs Is Industrial Innovation Destroying Jobs (Cato Journal 1984)] sostengono che la maggior parte degli economisti rimasero ottimisti anche in quel periodo. Negli anni sessanta il più importante studio federale che segnò la fine del dibattito fu ''Technology and the American economy'' (1966) della 'National Commission on Technology, Automation, and Economic Progress' [http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=26449 established by president Lyndon Jonhson in 1964]</ref><ref name="Woirol 1996 loc= pp. 8 - 12"/>
 
Con l'avvicinarsi del boom economico negli anni settanta la disoccupazione crebbe nuovamente nella maggior parte delle economie avanzate, questa volta rimanendo relativamente alta per il resto del secolo. Vari economisti, il più importante dei quali era forse [[Paul Samuelson]], ancora una volta che ciò era dovuto all'innovazione.<ref>{{cite journal
|url= https://ideas.repec.org/a/bla/scandj/v91y1989i1p47-62.html
|title=Ricardo Was Right!
|journal= [[The Scandinavian Journal of Economics]]
|volume=91
|issue= 1
|pages= 47–62
|first= Paul |last=Samuelson|date=1989
|doi=}}</ref> Vennero anche pubblicate varie opere di successo che mettevano in guardia dalla disoccupazione tecnologica. Tra queste si ricorda ''Peoples' Capitalism: The Economics of the Robot Revolution'' (1976) di James Albus,<ref name="peoplescapbook">[[James S. Albus]], [http://www.PeoplesCapitalism.org/book/PeoplesCapitalismBook.pdf Peoples' Capitalism: The Economics of the Robot Revolution] (free download)</ref><ref name="peoplescap">[[James S. Albus]], [http://www.PeoplesCapitalism.org People's Capitalism main website]</ref> alcuni lavori di
[[David F. Noble]] nel 1984<ref name="Noble1984"> {{cita libro
|autore= David F. Noble
|wkautore=
|titolo=Forces of Production: A Social History of Industrial Automation
|anno= 1984
|editore= Knopf
|città= New York
|lingua=en
|isbn= 978-0-394-51262-4
|lccn= 83048867
|cid= Noble 1984
}}</ref> e nel 1993;<ref name="Noble1993">{{cita libro
|autore= David F. Noble
|wkautore=
|titolo=Progress Without People: In Defence of Luddism
|anno= 1993
|editore= Charles H. Kerr
|città= Chicago
|lingua=en
|isbn= 978-0-88286-218-7
|cid= Noble 1993
}} Ripubblicato nel 1995 con il titolo {{cita libro
|autore=
|wkautore=
|titolo= ''Progress Without People: New Technology, Unemployment, and the Message of Resistance''
|anno=
|editore= Between the Lines Press
|città= Toronto
|lingua=
|isbn= 978-1-896357-01-0
|cid=
}}.</ref> [[Jeremy Rifkin]] e il suo ''[[The End of Work]]'' (1995);<ref name="Rifkin1995">{{cita libro
|autore= Jeremy Rifkin
|wkautore= Jeremy Rifkin
|titolo=The End of Work: The Decline of the Global Labor Force and the Dawn of the Post-Market Era
|anno= 1995
|editore= Tarcher–G.P. Putnam's Sons
|città= New York
|lingua=en
|isbn= 978-0-87477-779-6
|cid= Rifkin
}} Pubblicato anche in italiano da [[Baldini&Castoldi]] (1995) e [[Mondadori]] (2002) con il titolo ''[[La fine del lavoro]]''.</ref> ''[[The Global Trap]]'' (1996)<ref>''[[The Global Trap]]'' ipotizza che una “società 20/80“ possa emergere nel XXI secolo. In questa società il 20% della popolazione in età da lavoro sarà sufficiente a mantenere in vita l'economia mondiale. Gli autori descrivono come ad una conferenza tenutasi a San Francisco nel 1995 a cui parteciparono 500 importanti politici e imprenditori invitati da [[Mikhail Gorbachev]] sorse la questione della “società dell'1/5”. Gli autori descrivono un aumento della produttività causato dalla diminuzione della quantità di lavoro al punto che questo possa essere svolto da solamente in quinto della popolazione mondiale in età da lavoro, lasciando i restanti quattro quindi disoccupati.</ref> In generale con la chiusura del XX secolo aumentarono le preoccupazione per la disoccupazione tecnologica soprattutto in Europa.<ref>{{cita|Woirol|pp. 143–144}}</ref> Per gran parte del XX secolo al di fuori dei due picchi degli anni trenta e sessanta il consenso tra gli economisti fu che l'innovazione non causasse la disoccupazione tecnologica a lungo termine.<ref>{{cita|Woirol|p. 3}}</ref>
 
===XXI secolo===
Nella prima decade del XXI secolo il consenso che l'innovazione non causasse disoccupazione a lungo termine era ancora forte, anche se messo in discussione da vari studi accademici<ref name = "Vivarelli2012"/><ref name = "Vivarelli2007"/> e opere popolari come ''Robotic Nation''<ref name="Brain2003">{{cita libro
|autore= Marshall Brain
|wkautore=
|titolo=Robotic Nation
|anno= 2003
|editore= Marshall Brain
|città= Raleigh
|lingua=en
|url = http://marshallbrain.com/robotic-nation.htm
|isbn=
|cid= Brain
}}.</ref> di Marshall Brain e ''The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future''<ref name="Ford2009">{{Harvnb|Ford|2009}}</ref> di Martin Ford.
 
Tuttavia le preoccupazione riguardo la disoccupazione tecnologica tornò a crescere nel 2013, in parte causata dalla pubblicazione di vari studi che prevedevano un significativo aumento della disoccupazione tecnologica nei decenni a venire e prove empiriche che in alcuni settori l'occupazione stava scendendo globalmente nonostante un aumento dell'output, non considerando quindi [[globalizzazione]] e [[delocalizzazione (economia)|delocalizzazioni]] come le uniche cause della crescente disoccupazione.<ref name = "replicants">{{Cite news
|url= http://www.ft.com/cms/s/2/dc895d54-a2bf-11e3-9685-00144feab7de.html
|title= Technology: Rise of the replicants
|work= [[Financial Times]]
|author= Richard Waters
|date= 2014-03-03
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref><ref name="Martin">{{cite web
|url= http://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/academic/The_Future_of_Employment.pdf
|title= The future of employment: how susceptible are jobs to computerisation
|work= [[Oxford Martin School|Oxford University, Oxford Martin School]]
|author1=Carl Benedikt Frey |author2=Michael A. Osborne
|lastauthoramp=yes |date=2013-09-17
|accessdate=14 July 2015
}}</ref><ref>{{cite web
|url= https://www.theatlantic.com/business/archive/2014/01/what-jobs-will-the-robots-take/283239/
|title= What Jobs Will the Robots Take?
|work= [[The Nation]]
|author= Derek Thompson
|date = 23 Jan 2014
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
 
Sempre nel 2013 il professor Nick Bloom della [[Stanford University]] ha dichiarato che c'è stato un recente cambio di opinione riguardo la disoccupazione tecnologica tra i suoi colleghi economisti.<ref>{{Cite news
|url= http://www.economist.com/news/special-report/21599525-job-destruction-robots-could-outweigh-creation-mighty-contest
|title= A mighty contest: Job destruction by robots could outweigh creation
|work= [[The Economist]]
|author= Special Report
|date = 2013-03-29
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
Nel 2014 il ''[[Financial Times]]'' ha riferito che l'impatto dell'innovazione sull'occupazione è stato un tema dominante nelle discussioni economiche recenti.<ref name="control">{{Cite video
|url= http://video.ft.com/3656737291001/Robots-are-still-in-our-control/Markets
|title= Robots are still in our control
|publisher= [[The Financial Times]]
|author= Cardiff Garcia, [[Erik Brynjolfsson]] and [[Mariana Mazzucato]]
|date= 2014-07-03
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref> Secondo quanto scritto dal professore ed ex politico Michael Ignatieff nel 2014 le domande riguardanti gli effetti del cambiamento tecnologico hanno «ossessionato ovunque le politiche democratiche».<ref>{{Cite news
|url= http://www.ft.com/cms/s/1c4cb838-8cfd-11e3-ad57-00144feab7de.html
|title= We need a new Bismarck to tame the machines
|work= [[Financial Times]]
|author= [[Michael Ignatieff]]
|date = 10 February 2014
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref>
Le preoccupazioni riguardano anche prove che mostrano un calo della disoccupazione a livello globale in vari settori, come ad esempio il manifatturiero; il calo degli stipendi dei lavoratori con qualifiche medio-basse è iniziato nei decenni precedenti e continua ad intensificarsi; l'aumento del lavoro [[precariato|precario]] ed episodi in cui l'uscita da una [[recessione]] non ha portato ad un aumento dell'occupazione. Il XXI secolo ha visto una gamma di lavori qualificati essere sostituiti dalle macchine, come la traduzione, ricerca legale e anche giornalismo di basso livello. Lavori di assistenza, intrattenimento ed altri compiti che richiedono empatia, in precedenza ritenuti non automatizzatili, hanno iniziato ad essere toccati dall'automazione.<ref name = "replicants"/><ref name="Martin"/><ref>{{cite news
|title= Rise of the robots: what will the future of work look like?
|accessdate=14 July 2015
|url=https://www.theguardian.com/business/2013/feb/19/rise-of-robots-future-of-work
|publisher= The Guardian
|author = [[Robert Skidelsky, Baron Skidelsky|Lord Skidelsky]]
|date=2013-02-19
|___location=London}}</ref><ref>
{{cite web
|url= https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/francesca-bria/robot-economy-full-automation-work-future
|title= The robot economy may already have arrived
|publisher= [[openDemocracy]]
|author= Francesca Bria
|date = February 2016
|accessdate=20 May 2016}}
</ref><ref>
{{cite web
|url= http://wire.novaramedia.com/2015/03/4-reasons-why-technological-unemployment-might-really-be-different-this-time/
|title= 4 Reasons Why Technological Unemployment Might Really Be Different This Time
|publisher= novara wire
|author= [[Nick Srnicek]]
|date = March 2016
|accessdate=20 May 2016}}
</ref><ref>
{{cite book
|author = [[Andrew McAfee]] and [[Erik Brynjolfsson]]
|title=The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies
|chapter= ''passim'', see esp Chpt. 9
|year= 2014
|isbn=0393239357
|publisher=W. W. Norton & Company
}}</ref>
 
[[Lawrence Summers]], ex segretario del tesoro degli Stati Uniti e professore di Economia ad Harvard, ha dichiarato nel 2014 che non credeva più che l'automazione avrebbe creato nuovi posti di lavoro e che «Questo non è un ipotetico futuro. È qualcosa che sta emergendo davanti ai nostri occhi in questo momento»"<ref group="N">In altre recenti dichiarazioni Summers parla di «conseguenze devastanti» per chi esegue lavori ripetitivi a causa dei robot, [[stampa 3D]], [[intelligenza artificiale]] e tecnologie simili. Secondo Summers «ci sono già più americani che pagano un'assicurazione di inabilità (un'assicurazione che consente al beneficiario di ottenere un sussidio nel caso in cui una [[disabilità]] gli impedisca di continuare a fare il suo lavoro) di quante facciano lavori produzione nel [[attività manifatturiera|manifatturiero]]. E il trend va nella direzione sbagliate, in particolare per i lavoratori meno qualificati, dato che il capitale di capacità rappresentato dall'intelligenza artificiale per sostituire sia i colletti bianchi che le tute blu crescerà rapidamente negli anni a venire». Summers ha anche dichiarato che «Ci sono molte ragioni per pensare che la rivoluzione dei [[software]] sarà anche più profonda di [[rivoluzione agricola|quella agricola]]. Questa volta il cambiamento arriverà più in fretta e riguarderà una fetta molto più ampia dell'economia. […] Ci sono più settori che perdono posti di lavoro di quanti ne creino. E l'aspetto multiuso dei software significa che le industrie e i lavori che creeranno non saranno per sempre. […] Se il trend attuale continua potrebbe benissimo essere che fra una generazione in quarto degli uomini di mezza età ad un certo punto saranno senza lavoro.»</ref><ref name="summers">{{cite web|author1=Lawrence H. Summers|authorlink1=Lawrence Summers|title=Lawrence H. Summers on the Economic Challenge of the Future: Jobs|url=https://online.wsj.com/news/article_email/lawrence-h-summers-on-the-economic-challenge-of-the-future-jobs-1404762501-lMyQjAxMTA0MDIwMjEyNDIyWj|accessdate=22 August 2014|date=2014-07-07}}</ref><ref name=NYT-2014-12-15>[https://www.nytimes.com/2014/12/16/upshot/as-robots-grow-smarter-american-workers-struggle-to-keep-up.html?_r=0&abt=0002&abg=0 As Robots Grow Smarter, American Workers Struggle to Keep Up] (2014-12-15), ''[[The New York Times]]''</ref><ref name="inequalityPuzzle">Larry Summers, [http://www.democracyjournal.org/32/the-inequality-puzzle.php?page=all The Inequality Puzzle], ''[[Democracy: A Journal of Ideas]]'', Issue #32, Spring 2014</ref> Nonostante sia un ottimista, il professor Mark McCarty ha dichiarato nell'autunno 2014 che l'«opinione prevalente» in questo momento è che l'epoca della disoccupazione tecnologica sia arrivata.<ref name="MacCarthy">{{Cite news
|url= http://thehill.com/blogs/congress-blog/technology/219224-time-to-kill-the-tech-job-killing-myth
|title= Time to kill the tech job-killing myth
|work= [[The Hill (newspaper)|The Hill]]
|author=Mark MacCarthy
|date = 30 September 2014
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
 
Al [[Forum economico mondiale]] di [[Davos]] del 2014 [[Thomas Friedman]] ha fatto notare che il legame tra tecnologia e disoccupazione sembra essere stato il tema principale delle discussioni. Un sondaggio fatto a Davos nel 2014 ha trovato che l'80% dei 147 che hanno risposto era d'accordo nel dire che la tecnologia stava guidando un aumento della disoccupazione.<ref>{{cite web
|url= http://www.weforum.org/node/138333
|title= Forum Debate: Rethinking Technology and Employment <--Centrality of work, 1:02 - 1:04 -->
|work= [[World Economic Forum]]
|date = Jan 2014
|accessdate=14 July 2015
}}</ref> L'anno successivo [[Gillian Tett]] del ''[[Financial Times]]'' ha riscontrato che quasi tutti i partecipanti alle discussioni su [[disuguaglianza economica|disuguaglianze]] e tecnologia si aspettavano un aumento delle disuguaglianze nei prossimi cinque anni causato dalla perdita di posti di lavoro.<ref>{{Cite video
|url= http://video.ft.com/4002224464001/Inequality-fears-focus-on-tech/world
|title= technology would continue to displace jobs over the next five years.
|publisher= [[The Financial Times]]
|author= [[Gillian Tett]]
|date = 21 Jan 2015
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref> Sempre nel 2015 l'autore Martin Ford ha vinto il Financial Times and McKinsey Business Book of the Year Award con il suo ''Rise of the Robots: Technology and the Threat of a Jobless Future'' e a [[New York]] ci fu il primo forum mondiale sulla disoccupazione tecnologica. Più tardi lo stesso anno [[Andy Haldane]], capo economista della [[Bank of England]], e [[Ignazio Visco]], governatore della [[Banca d'Italia]], lanciarono ulteriori avvertimenti sul peggioramento della disoccupazione tecnologica.<ref name = "Haldane2015">
{{cite web
|url= http://www.bankofengland.co.uk/publications/Pages/speeches/2015/864.aspx
|title= Labour’s Share
|publisher= [[Bank of England]]
|author= [[Andy Haldane]]
|date = November 2015
|accessdate=20 May 2016}}
</ref><ref name = "Visco2015">
{{cite web
|url= http://www.bis.org/review/r151112a.htm
|title= For the times they are a-changin'...
|publisher= [[Banca d'Italia|Bank of Italy]]
|author= [[Ignazio Visco]]
|date = November 2015
|accessdate=20 May 2016}}
</ref>
 
Altri economisti invece rimangono ottimisti. Nel 2014 il Pew Research Center ha fatto un sondaggio tra 1896 professionisti del settore economico e tecnologico trovando una divergenza di opinioni: il 48% credeva che le nuove tecnologie avrebbero rimosso più lavori di quanti ne avrebbero creati entro il 2025, mentre gli altri erano convinti dell'opposto.<ref>{{cite web|last1=Smith|first1=Aaron|last2=Anderson|first2=Janna|title=AI, Robotics, and the Future of Jobs|url=http://www.pewinternet.org/2014/08/06/future-of-jobs/|website=Pew Research Center|accessdate=14 August 2014|date=6 August 2014}}</ref> Non tutti i recenti studi empirici hanno trovato prove a sostegno del punto di vista pessimista. Uno studio del 2015, prendendo in esame l'impatto dei [[robot industriale|robot industriali]] in 17 paesi tra il 1993 e il 2007, non ha trovato una generale perdita di posti di lavoro causata dai robot, mentre ci fu un leggero aumento degli stipendi.<ref name = "GGG">{{cite web
|url= http://www.cepr.org/active/publications/discussion_papers/dp.php?dpno=10477
|title= Robots at Work
|publisher= [[Centre for Economic Policy Research]]
|author1=Georg Graetz |author2=Guy Michaels |date = March 2015
|accessdate=14 July 2015}}
</ref> Il professore di economia Bruce Chapman dell'[[Australian National University]] ha fatto notare che studi come quello di Frey e Osbourne tendono ad esagerare la probabilità di future perdite di lavoro, dato che non tengono conto dei nuovi lavori che molto probabilmente verranno a crearsi in quelli che ad oggi sono settori ancora sconosciuti.<ref>{{cite web
|url= http://www.afr.com/p/national/work_space/employment_fears_in_the_face_of_Ad3O4o9hoKfh6dZi1M7s9N
|title= Employment fears in the face of increasing automation
|work= [[The Australian Financial Review]]
|author= Jacob Greber
|date= 2015-02-01
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
 
Una ricerca della [[Oxford Martin School]] ha mostrato che i dipendenti che fanno «lavori in cui si seguono procedure ben definite che possono facilmente essere eseguiti da sofisticati algoritmi» sono a rischio disoccupazione. Lo studio, pubblicato nel 2013, mostra che l'automazione può interessare sia lavoratori qualificati che non, a qualsiasi livello di salario, con i lavori pagati meno a correre un rischio maggiore.<ref name="Martin"/> Secondo uno studio pubblicato da McKinsey Quarterly,<ref name=MKQ1115>{{cite web|author1=Michael Chui, James Manyika, and Mehdi Miremadi|title=Four fundamentals of workplace automation As the automation of physical and knowledge work advances, many jobs will be redefined rather than eliminated—at least in the short term.|url=http://www.mckinsey.com//Insights/Business_Technology/Four_fundamentals_of_workplace_automation|publisher=[[McKinsey Quarterly]]|accessdate=November 7, 2015|date=November 2015|quote=Pochissimi lavori saranno automatizzati interamente nel breve e medio termine. Piuttosto alcune attività saranno più soggette ad essere automatizzate.}}</ref> invece, nel 2015 l'impatto della computerizzazione nella maggior parte dei casi non è di rimpiazzo dei lavoratori ma automazione di porzioni del loro compito.<ref name=NYT11615>{{cite news|author1=Steve Lohr|title=Automation Will Change Jobs More Than Kill Them|url=http://bits.blogs.nytimes.com/2015/11/06/automation-will-change-jobs-more-than-kill-them/|accessdate=November 7, 2015|work=The New York Times|date=November 6, 2015|quote=technology-driven automation will affect most every occupation and can change work, according to new research from McKinsey}}</ref>
 
==Soluzioni==
 
===Vietare/rifiutare l'innovazione===
[[File:Gandhi spinning.jpg|right|thumb|«Ciò che contesto è la mania delle macchine, non le macchine in se stesse. La mania per le cosiddette ‘macchine risparmia-fatica’. Gli uomini continueranno a ‘risparmiare fatica’, finché migliaia di loro non resteranno senza lavoro e non si abbandoneranno sulle pubbliche strade a morire di fame» — [[Gandhi]], 1924.<ref>
{{cita news|autore=Gandhi|titolo=|pubblicazione=Young India|data=13.11.1924|accesso=|lingua=en|formato=}}, citato in {{cita libro|titolo=La voce della verità|autore=Gandhi|anno=1993|editore=Newton Compton|città=Roma|url=http://serenoregis.org/2012/01/04/gandhi-e-lo-sviluppo-un%E2%80%99alternativa-radicale-all%E2%80%99occidente-massimiliano-fortuna/#sdendnote7sym}}</ref>]]
 
Storicamente le innovazioni furono talvolta vietate a causa della preoccupazione per il loro impatto sull'occupazione. Dallo sviluppo della moderna economia, però, questa opzione in genere non è mai stata considerata una soluzione, almeno non per le economie avanzate. Anche gli opinionisti pessimisti riguardo la disoccupazione a lungo termine considerano l'innovazione come positiva per la società nel suo insieme; [[John Stuart Mill]] è forse l'unico importante economista ad aver suggerito la proibizione dell'uso delle nuove tecnologie come una possibile soluzione alla disoccupazione.<ref name="Blaug 1997 loc= p182"/>
 
Gli [[economia gandhiana|economisti gandhiani]] hanno chiesto di rimandare l'adozione delle tecnologie che permettevano di ridurre il lavoro fino a che la disoccupazione non fosse alleviata, un punto di vista rigettato da [[Nehru]], che sarebbe diventato primo ministro dell'[[India]] dopo l'indipendenza. Politiche volte a rallentare l'introduzione dell'innovazione per evitare la disoccupazione tecnologica vennero tuttavia implementate da [[Mao Zedong]] in Cina.<ref>
{{cite book
|author = B. N. Ghosh
|title=Gandhian political economy: principles, practice and policy
|pages= 14, 15
|year= 2007
|isbn=0754646815
|publisher= Ashgate
}}</ref><ref>
{{cite book
|author = Vijay Sanghvi
|title=Congress Resurgence Under Sonia Gandhi
|pages= 33–35
|year= 2006
|isbn=8178353407
|publisher= Kalpaz
}}</ref><ref>
{{cite book
|author = Ram K. Vepa
|title= Mao's China: A Nation in Transition
|pages= 180–183
|year= 2003
|isbn=8170171113
|publisher= Abhinav Publications
}}</ref>
 
===Sussidi===
L'uso di varie forme di [[sussidio]] viene spesso considerato una soluzione alla disoccupazione tecnologica anche dai conservatori e dagli ottimisti sugli effetti a lungo termine della disoccupazione tecnologica. I programmi di welfare storicamente hanno dimostrato di essere più durevoli rispetto ad altre soluzioni come la creazione di posti di lavoro con le opere pubbliche. Nonostante fosse la prima persona a creare un sistema in cui descrive gli effetti di compensazione, [[Ramsey McColluch]] e la maggior parte degli [[economia classica|economisti classici]] sostenevano la creazione di programmi di sussidio, dato che sapevano che il mercato non si sarebbe adattato istantaneamente al cambiamento imposto dalle nuove tecnologie creando nuovi posti di lavoro.<ref name="Blaug 1997 loc= p182"/>
 
===Reddito di base===
{{Main|Reddito di base|Reddito minimo garantito|Imposta negativa}}
 
Molti opininisti hanno sostenuto che le tradizionale forme di sussidio possano essere inadeguate come risposta alle future sfide poste dalla disoupazine tecnologica, sostenendo quindi il reddito di base come un'alternativa. Tra questi ci sono Martin Ford,<ref>{{Harvnb|Ford|2009|loc = ''passim'', see esp. pp. 158–168}}</ref> [[Erik Brynjolfsson]],<ref name="control"/> [[Robert Reich]] e [[Guy Standing|Guy Standing]]. Reich in particolare si è spinto a dire che l'introduzione di un reddito di base, forse implementato con l'imposta negativa, è «quasi inevitabile»,<ref>{{cite web
|url= http://www.dailykos.com/story/2014/03/26/1287365/-Robert-Reich-Universal-Basic-Income-In-The-US-Almost-Inevitable
|title= Robert Reich: Universal Basic Income In The US 'Almost Inevitable'
|work= Daily Kos
|author = GleninCA
|date = 26 Mar 2014
|accessdate= 14 July 2015
}}</ref> mentre Standing sostiene il reddito di base sia «politicamente essenziale».<ref name="paypressure">{{cite web
|url= http://www.ft.com/cms/s/2/ec422956-3f22-11e4-a861-00144feabdc0.html
|title= Pay pressure
|publisher= [[The Financial Times]]
|author=Chris Giles Sept, Sarah O’Connor, Claire Jones and Ben McLannahan
|date=18 September 2014
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref>
Dalla seconda metà del 2015 progetti pilotta di reddito di base sono stati annunciati in [[Finlandia]], [[Olanda]] e [[Canada]]. Ancora più di recente vari imprenditori hanno espresso il loro sostegno a favore di queste politiche, il più importante è forse Sam Altman, presidente di Y Combinator.<ref>{{cite news
|title= Tech billionaires got rich off us. Now they want to feed us the crumbs
|accessdate=14 July 2015
|url=https://www.theguardian.com/business/2010/sep/28/world-in-international-currency-war-warns-brazil
|publisher= The Guardian
|author = Ben Tarnoff
|date=2016-05-16
|___location=London}}</ref>
 
Tra gli scettici del reddito di base troviamo esponenti sia della destra che della sinistra, e lo spettro politico nel suo insieme ha avanzato proposte diverse. Ad esempio, sebbene la forma più celebre di reddito minimo (con tassazione e distribuzione) sia considerata un'idea di sinistra che la destra contesta, altre forme sono state promosse anche da [[libertarianismo|libertariani]] come [[Milton Friedman]] e [[Friedrich von Hayek]]. Il Family Assistance Plan del [[partito Repubblicano|repubblicano]] [[Richard Nixon]], che aveva molto in comune con un reddito di base, nel 1969 venne approvato dalla [[Camera dei rappresentanti (Stati Uniti d'America)|Camera dei rappresentanti]], ma respinto al [[senato (Stati Uniti d'America)|senato]].<ref name="Nixon1978">{{cite book | last = Nixon | first = Richard | year = 1978 | title = RN: The Memoirs of Richard Nixon | publisher = Grosset & Dunlap | ___location = New York | isbn = 978-0-448-14374-3 }}</ref>
 
Un'obiezione al reddito di base è che possa essere un [[incentivo|disincentivo]] a lavorare, ma i progetti pilota in India, Africa e Canada indicano che ciò non accade e che un reddito di base incoraggia l'imprenditoria di basso livello e lavoro più produttivo e collaborativo. Un altra obiezione è che finanziarlo in maniera sostenibile sia molto difficile. Sebbene ci siano delle proposte, come la ''wage recapture tax'' di Martin Ford, per aumentare il gettito fiscale, la questione rimane aperta, e gli scettici hanno archiviato la sfida come utopistica. Anche da parte progressista ci sono delle perplessità, ad esempio sul fatto che la soglia minima possa essere troppo bassa e non aiutare gli economicamente vulnerabili, specialmente se il reddito minimo viene finanziato dai tagli ad altre forme di welfare.<ref name="paypressure"/><ref>{{Harvnb|Ford|2009|loc= pp.162-168}}.</ref><ref name = "MITRotman">
{{cite web
|url= http://www.technologyreview.com/featuredstory/538401/who-will-own-the-robots/
|title= Who Will Own the Robots?
|publisher= [[MIT]]
|author= David Rotman
|date = 16 June 2015
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref>
{{cite web
|url= https://www.vice.com/en_uk/read/something-for-everyone-0000546-v22n1
|title= Why the Tech Elite Is Getting Behind Universal Basic Income
|publisher= [[Vice (rivista)|]]
|author= [[Nathan Schneider]]
|date = January 2015
|accessdate=14 July 2015}}
</ref>
 
Per affrontare meglio le preoccupazioni sul finanziamento e sul controllo del governo un modello alternativo è che i costi e il controllo siano distribuiti sul settore privato invece che su quello pubblico. Le compagnie sarebbero obbligate ad assumere persone, ma il mansionario sarebbe lasciato all'innovazione privata, e gli individui avrebbero dovuto competere per essere assunti e mantenere il loro posto di lavoro. Si tratterebbe di una forma di reddito minimo per le imprese, ovvero una forma di reddito di base basata sul mercato. Si differenzia dal lavoro garantito nel fatto che il datore di lavoro non è il governo (le imprese lo sono) e che non c'è la possibilità di avere dipendenti che non possono essere licenziati, un problema che interferisce con il dinamismo economico. L'obiettivo di questo sistema non è che ad ogni persona sia garantito un lavoro, ma piuttosto che esistano abbastanza lavori da evitare una disoccupazione di massa e quindi che il lavoro non sia un privilegio del 20% più qualificato della popolazione.
 
Un altra proposta per una reddito minimo basato sul mercato è stata avanzata dal Center for Economic and Social Justice (CESJ), un'organizzazione [[no-profit]], come parte di una «giusta [[terza via]]» attraverso la distribuzione di potere e libertà. Chiamato ''Capital Homestead Act'',<ref name="Capital_Homestead_Act">{{Citation |author1=Center for Economic |author2=Social Justice |lastauthoramp=yes |authorlink=Center for Economic and Social Justice (CESJ) |title=Capital Homestead Act Summary |url=http://www.cesj.org/learn/capital-homesteading/capital-homestead-act-summary/ }}</ref> ricorda ''People’s Capitalism'' di James Albus<ref name="peoplescapbook"/><ref name="peoplescap"/> per il fatto che la [[funzione monetaria]] e i [[valori mobiliari]] siano per lo più distribuiti direttamente agli individui invece che passare attraverso meccanismi centralizzati.
 
===Education===
Una migliore accessibilità all'educazione di qualità, compresa quella per adulti, è una soluzione è vista di buon occhio da tutto lo spettro politico, ed anche dagli ottimisti e dal mondo dell'industria. Ci sono però voci critiche. Alcuni accademici sostengono che questa soluzione potrebbe non essere sufficiente a risolvere il problema della disoccupazione tecnologica, facendo notare il recente calo nella domanda per molte competenze di livello intermedio, e che non tutti sono in grado di diventare esperti nei settori più avanzati.<ref name = "relative"/><ref name = "polarization"/><ref name="Reversal"/> Kim Taipale ha dichiarato che «L'era della distribuzione sulla curva di Bell che ha supportato una prominente classe media è finita […] L'educazione di per se non farà la differenza»,<ref name = "Power-curve">
{{cite web
|url= http://www.aspeninstitute.org/policy-work/communications-society/power-curve-society-future-innovation-opportunity-social-equity
|title= POWER-CURVE SOCIETY: The Future of Innovation, Opportunity and Social Equity in the Emerging Networked Economy
|publisher= [[The Aspen Institute]]
|author= [[David Bollier]]
|date = January 2013
|accessdate=14 July 2015}}
</ref> mentre nel 2011 [[Paul Krugman]] che una migliore educazione non sarebbe stata una soluzione sufficiente per contrastare la disoccupazione tecnologica.<ref name = "Degrees">
{{cite news
|url= https://www.nytimes.com/2011/03/07/opinion/07krugman.html?_r=0
|title= Degrees and Dollars
|publisher= The New York Times
|author= [[Paul Krugman]]
|date = March 2011
|accessdate=14 July 2015}}
</ref>
 
===Lavori pubblici===
Programmi di [[lavori pubblici]] in passato sono stati usati da parte del governo come mezzo per aumentare l'occupazione. [[Jean-Baptiste Say]], generalmente associato all'economia di [[libero mercato]], indicò i lavori pubblici come una possibile soluzione alla disoccupazione tecnologica; Lo stesso dicasi per [[Lawrence Summers]].<ref name = "Inclusive">
{{cite web
|url= https://cdn.americanprogress.org/wp-content/uploads/2015/01/IPC-PDF-full.pdf
|title= Report of the Commission on Inclusive Prosperity
|publisher= [[Center for American Progress]]
|author= [[Ed Balls]]|author2=[[Lawrence Summers]] (co-chairs)
|date = Jan 2015
|accessdate=14 July 2015}}
</ref>
Alcuni opinionisti, come il professor Marthew Forstater, sostengono che lavori pubblici e lavoro garantito nel settore privato potrebbero essere la soluzione ideale alla disoccupazione tecnologica, dato che welfare e reddito minimo difficilmente forniscono alle persone l'apprezzamento e l'inclusione che invece permette il lavoro.<ref name = "unemployment history">
{{cite web
|url= http://cas.umkc.edu/econ/economics/faculty/Forstater/papers/CEFPS/Working%20Papers/WP16-Forstater.pdf
|title= Unemployment in Capitalist Economies - A History of Thought for Thinking About Policy
|publisher= Center for Full Employment and Price Stability, [[University of Missouri–Kansas City]]
|author= Mathew Forstater
|date = August 2001
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref name = "better world">{{cite journal
|last=Forstater
|first=Mathew
|title=Working for a better world Cataloging arguments for the right to employment
|journal=[[Philosophy & Social Criticism]]
|year=2015|volume=41|issue=1
|url=http://psc.sagepub.com/content/41/1/61.abstract
|doi = 10.1177/0191453714553500
|accessdate=14 July 2015
}}</ref> Inoltre per le economie meno sviluppate i lavori pubblici potrebbero essere una soluzione più facilmente percorribile rispetto a programmi di welfare.<ref name = "Advance"/>
 
===Orario di lavoro ridotto ===
Nel 1870 un lavoratore americano lavorava in media 75 ore alla settimana; appena prima della [[seconda guerra mondiale]] erano scese a 42. Altri paesi sono passati attraverso un processo simile. Secondo [[Wassily Leontief ]] questo fu un aumento volontario della disoccupazione tecnologica. La riduzione nelle ore di lavoro aiutò a condividere il lavoro disponibile, e venne vista con favore dai lavoratori che erano felici di ottenere più tempo libero, dato che l'innovazione a quel tempo in generale permetteva un aumento dei salati.<ref name = "Advance">
{{cite journal
|author=[[Wassily Leontief]]
|date= September 1983
|title=Technological Advance, Economic Growth, and the Distribution of Income
|journal=[[Population and Development Review]]
|jstor=1973315
|doi= 10.2307/1973315
|volume= 9 |issue= 3
|pages= 403–410
}}
</ref>
 
Ulteriori riduzione nelle ore di lavoro sono state proposte come misura di contrasto alla disoccupazione da economisti come [[John R. Commons]], [[Lord Keynes]] e [[Luigi Pasinetti]], ma in generale nel XX secolo gli economisti sono stati contrari ad ulteriori riduzioni dell'orario di lavoro dicendo che rifletteva la fallacia della quantità fissa di lavoro (''lump labour fallacy'').<ref>{{cite journal
|last=Walker
|first=Tom
|title=Why economists dislike a lump of labor
|journal=Review of Social Economy
|year=2007|volume=65|issue=3
|url=http://econpapers.repec.org/article/tafrsocec/v_3a65_3ay_3a2007_3ai_3a3_3ap_3a279-291.htm
|accessdate=14 July 2015
}}</ref>
 
Nel 2014 il co-fondatore di [[Google]] [[Larry Page]] ha suggerito di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni per permettere a più persone di trovare lavoro dato che la tecnologia aumenterà la disoccupazione.<ref name=NYT-2014-12-15/><ref>
{{Cita video
|autore = Khosla Ventures
|titolo = Fireside chat with Google co-founders, Larry Page and Sergey Brin with Vinod Khosla
|url = https://www.youtube.com/watch?v=Wdnp_7atZ0M
|accesso = 19.06.2017
|data = 03.07.2014
|editore =
|lingua = en
|ora = 00
|minuto = 13
|secondo = 00
|citazione =
|urlarchivio =
|dataarchivio =
|cid =
|postscript =
}}</ref><ref>[http://www.ft.com/intl/cms/s/2/3173f19e-5fbc-11e4-8c27-00144feabdc0.html#axzz3HwhuzzJU FT interview with Google co-founder and CEO Larry Page] (2014-10-31), ''[[The Financial Times]]''</ref>
 
===Allargare la proprietà dei beni tecnologici===
Varie delle soluzione proposte non ricadono nel tradizionale spettro politico. Tra queste c'è l'allargamento della proprietà dei robot e di altri beni produttivi. Allargare la proprietà delle tecnologie è unìidea che è stata sostenuta da James S. Albus.<ref name="peoplescapbook"/><ref>{{cite web|url=http://www.james-albus.org |title=Dr. James Albus |publisher=James-albus.org |date = | accessdate=2013-03-28}}</ref> [[John Lanchester]],<ref>[[John Lanchester|Lanchester, John]] (March 2015). ''[http://www.lrb.co.uk/v37/n05/john-lanchester/the-robots-are-coming The Robots Are Coming],'' Vol. 37, No. 5, pages 3-8, ''[[London Review of Books]]''</ref> [[Richard B. Freeman]],<ref name = "MITRotman"/> and Noah Smith.<ref>{{cite web|url=https://www.theatlantic.com/business/archive/2013/01/the-end-of-labor-how-to-protect-workers-from-the-rise-of-robots/267135/|title=The End of Labor: How to Protect Workers From the Rise of Robots|author=Noah Smith|publisher=The Atlantic|date=2013-01-14}}</ref>
[[Jaron Lanier]] ha proposto una soluzione abbastanza simile: un meccanismo in cui le persone comuni ricevono un [[micropagamento]] per i [[big data]] che generano con la normale navigazione e altri aspetti della loro presenza online.<ref>
{{cite book
|author = [[Jaron Lanier]]
|title=[[Who Owns the Future?]]
|page= ''passim'', see esp p.20
|year= 2013
|isbn=1846145228
|publisher= Allen Lane
}}</ref>
 
===Cambiamenti strutturali verso un'economia della post-scarsità===
Il [[Movimento Zeitgeist]] (TZM), il Venus Project (TVP) di [[Jaques Fresco]] e altri individui e organizzazioni hanno proposto un cambiamento strutturale verso un'economia della post-scarsità<ref group="N">Ovvero un'economia dove la maggior parte dei beni vengono prodotti con un minimo apporto umano, in modo tale che essi siano disponibili gratis o quasi</ref> nella quale le persone siano “liberate” dal lavoro automatizzabile e monotono, invece che “perdere” quel lavoro. Nel sistema proposto da TZM tutti i lavori sono o automatizzati o aboliti perché non aggiungono un vero valore alla società (la normale [[pubblicità]] sarebbe uno di questi) e razionalizzati da processi più [[efficienza (economia)|efficienti]] e [[sostenibilità|sostenibili]] con collaborazioni basate su altruismo e rilevanza sociale, piuttosto che su costrizioni o guadagni.<ref>{{cite web|last1=Feuer|first1=Alan|title=Peter Joseph and Jacque Fresco Critique the Monetary Economy|url=https://www.nytimes.com/2009/03/17/nyregion/17zeitgeist.html|publisher=The New York Times|accessdate=5 January 2017|date=16 March 2009}}</ref><ref>{{cite web|last1=Simon|first1=Alex|title=Awaiting Interreflections: Peter Joseph's Highly Anticipated New Film Series Inches Towards its 2016 Release|url=http://www.huffingtonpost.com/alex-simon/awaiting-interreflections_b_7628680.html|publisher=The Huffington Post|accessdate=5 January 2017|date=20 June 2015}}</ref><ref>{{cite web|last1=Donovan|first1=Travis|title=The Zeitgeist Movement: Envisioning A Sustainable Future|url=http://www.huffingtonpost.com/travis-walter-donovan/the-zeitgeist-movement-en_b_501517.html|publisher=The Huffington Post|accessdate=5 January 2017|date=16 May 2010}}</ref> Il movimento crede anche che il tempo libero potrà forse permettere un nuovo rinascimento nella creatività, inventiva, capitale sociale e comunitario, ed anche ridurre lo [[stress]].
 
===Altre soluzioni===
La minaccia della disoccupazione tecnologica è stata occasionalmente usate sia dagli economisti del [[libero mercato]] come giustificazione per riforme dal lato dell'offerta per rendere più facile il licenziamento e l'assunzione dei lavoratori, sia da altri economisti per aumentare la protezione dei lavoratori.<ref name="Effective Demand">
{{cite web
|url= http://www.cfeps.org/pubs/sp/sp10.html
|title=
Technical Change, Effective Demand, and Employment
|publisher= Center for Full Employment And Price Stability
|author1=Sergio Cesaratto |author2=Antonella Stirati |author3=Franklin Serrano |date = Oct 2001
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref name = The-Economist-2013-11-05>[http://www.economist.com/blogs/freeexchange/2013/11/labours-declining-share Labour's Declining Share - A Spectre to Worry About?], ''[[The Economist]]'', 2013.11.05</ref>
 
Economisti come [[Larry Summers]] proposto un pacchetto di misure che potrebbero essere necessarie, come un vigoroso sforzo di collaborazione tra [[paradiso fiscale|paradisi fiscali]], [[segreto bancario|segretezza bancaria]], [[riciclaggio]] e [[arbitraggio]] regolatorio che permettono di accumulare grandi ricchezze evitando di pagare le tasse, e di rendere più difficile l'accumulo di grandi fortune senza richiedere un «grande contributo sociale» in cambio. Summers suggerisce di applicare in maniera più decisa le norme anti [[monopolio]], riduzione della [[proprietà intellettuale]] eccessiva, un miglior incoraggiamento ad adottare schemi di condivisione del profitto che potrebbe beneficiare i lavoratori e dargli un pacchetto azionario come forma di accumulazione della ricchezza; rinforzo di accordi di svambio collettivi, migliramento del governo aziendale, rafforzamento delle norme finanziare per eliminare i sussidi alle attività finanziarie, allentare le restrizioni per l'utilizzo dei terreni che possono causarne un aumento del valore, migliorare l'educazione dei giovani e un ritorno all'educazione per i disoccupati, più investimenti pubblici e privati nello sviluppo delle infrastrutture come produzione di [[produzione di energia elettrica|energia]] e trasporti.<ref name="summers"/><ref name=NYT-2014-12-15/><ref name="inequalityPuzzle"/><ref>{{cite web|url=http://motherboard.vice.com/read/dont-fear-the-robots-taking-your-job-blame-the-monopolies-behind-them|title=Don't Fear the Robots Taking Your Job, Fear the Monopolies Behind Them|author=Victoria Turk|date=2014-06-19|publisher=Vice.com}}</ref>
 
[[Michael Spence]] avverte che rispondere al futuro impatto della trecnologia richiederà una comprensione dettagliata della forze e movimenti globali che la tecnologia ha messo in moto. Adattarsi ad essi «richiederà cambi di mentalità, politiche, investimenti (specialmente in capitale umano) e probabilmente modelli di impiego e distribuzione».<ref>Michael Spence, [http://www.project-syndicate.org/commentary/michael-spence-describes-an-era-in-which-developing-countries-can-no-longer-rely-on-vast-numbers-of-cheap-workers Labor’s Digital Displacement] (2014-05-22), ''[[Project Syndicate]]''</ref>
 
Dalla pubblicazione del libro ''[[Race Against The Machine]]'' i suoi autori, i professori Andrew McAfee e Erik Brynjolfsson dell'[[Massachusetts Institute of Technology|MIT]], sono diventati voci importanti nel dibattito sulla disoccupazione tecnologica. I due romangono relativamente ottimisti, iniziando col dire che «la chiave per vincere la gara non è di competere “contro” le macchine ma “con” le macchine».<ref name=NYTimesReview>Steve Lohr, ''[https://www.nytimes.com/2011/10/24/technology/economists-see-more-jobs-for-machines-not-people.html More Jobs Predicted for Machines, Not People],'' book review in ''[[The New York Times]]'', 2011.10.23</ref><ref name=TechCrunch>[[Andrew Keen]], ''[http://techcrunch.com/2011/11/15/keen-on-how-the-internet-is-making-us-both-richer-and-more-unequal-tctv/ Keen On How The Internet Is Making Us Both Richer and More Unequal (TCTV)],'' interview with [[Andrew McAfee]] and [[Erik Brynjolfsson]], [[TechCrunch]], 2011.11.15</ref><ref name=BusinessInsider>JILL KRASNY, ''[http://www.businessinsider.com/mit-professors-the-99-should-shake-their-fists-at-the-tech-boom-2011-11 MIT Professors: The 99% Should Shake Their Fists At The Tech Boom]'', [[Business Insider]], 2011.11.25</ref><ref name=Salon-Timberg-2011>Scott Timberg, ''[http://www.salon.com/2011/12/18/the_clerk_rip/ The Clerk, RIP],'' [[Salon.com]], 2011.12.18</ref><ref name=Salon-Leonard-2014>[[Andrew Leonard]], ''[http://www.salon.com/2014/01/17/robots_are_stealing_your_job_how_technology_threatens_to_wipe_out_the_middle_class/ Robots are stealing your job: How technology threatens to wipe out the middle class]'', [[Salon.com]], 2014.01.17</ref><ref>
{{cite web
|url= http://www.technologyreview.com/featuredstory/515926/how-technology-is-destroying-jobs/
|title= How Technology Is Destroying Jobs
|publisher= [[MIT]]
|author= David Rotman
|date = June 2015
|accessdate=14 July 2015}}
</ref><ref>{{Cite news
|url= http://www.ft.com/cms/s/2/bd4a767c-1b99-11e5-8201-cbdb03d71480.html
|title= The FT’s Summer books 2015
|work= [[Financial Times]]
|date = 26 June 2015
|accessdate=14 July 2015
|format=}}</ref>
 
==Note==
===Esplicative===
<references group="N"/>
 
===Riferimenti===
<references/>
 
==Bibliografia==
* {{cita libro
|autore= John Douglas Forbes
|wkautore=
|titolo= Some evidences of technological unemployment in ancient Athens and Rome
|anno= 1932
|editore= Stanford University Press
|città=
|lingua=en
|oclc=654841233
|cid= Forbes 1932
}}
* {{cita libro
|autore= Sir John Habakkuk
|wkautore=
|titolo= American and British Technology in the Nineteenth Century: The Search for Labour Saving Inventions
|anno= 1967
|editore= Cambridge University Press
|città=
|lingua=en
|isbn=978-0521094474
|cid= Habakkuk
}}
* {{cita libro
|autore= Joseph Schumpeter
|wkautore= Joseph Schumpeter
|titolo= History of Economic Analysis (new edititon)
|anno= 1987
|editore= Routledge
|città=
|lingua=en
|isbn=0415108888
|cid= Schumpeter 1987
}}
* {{cita libro
|autore= Robert Jacobus Forbes
|wkautore=
|titolo= Studies in Ancient Technology
|volume= 2
|anno= 1993
|editore= Brill
|città=
|lingua=en
|isbn=9004006222
|cid= Forbes 1993
}}
* {{cita libro
|autore= Jeremy Rifkin
|wkautore= Jeremy Rifkin
|titolo=The End of Work: The Decline of the Global Labor Force and the Dawn of the Post-Market Era
|anno= 1995
|editore= Tarcher–G.P. Putnam's Sons
|città= New York
|lingua=en
|isbn= 978-0-87477-779-6
|cid= Rifkin
}} Pubblicato anche in italiano da [[Baldini&Castoldi]] (1995) e [[Mondadori]] (2002) con il titolo ''[[La fine del lavoro]]''.
* {{cita libro
|autore= Gregory R. Woirol
|wkautore=
|titolo=The Technological Unemployment and Structural Unemployment Debates
|anno= 1996
|editore= Praeger
|città=
|lingua=en
|isbn= 0313298920
|cid= Woirol
}}
* {{cita libro
|autore= Mark Blaug
|wkautore= Mark Blaug
|titolo=Economic Theory in Retrospects
|anno= 1997
|editore= Cambridge University Press
|città=
|lingua=en
|isbn= 0521577012
|cid= Blaug
}}
* {{cita libro
|autore= Marshall Brain
|wkautore=
|titolo=Robotic Nation
|anno= 2003
|editore= Marshall Brain
|città= Raleigh
|lingua=en
|url = http://marshallbrain.com/robotic-nation.htm
|isbn=
|cid= Brain
}}
* {{cita libro
|autore= Martin R. Ford
|wkautore=
|titolo=The Lights in the Tunnel: Automation, Accelerating Technology and the Economy of the Future
|anno= 2009
|editore= Acculant Publishing
|città=
|lingua=en
|url =http://www.thelightsinthetunnel.com/
|isbn= 978-1448659814
|cid= Ford
}}
 
==Voci correlate==
* [[Disoccupazione]]
* [[Rivoluzione industriale]]
** [[Rivoluzione industriale in Inghilterra]] (prima rivoluzione industriale)
** [[Seconda rivoluzione industriale]]
** [[Terza rivoluzione industriale]]
* [[Positivismo]]
* [[Innovazione tecnologica]] nell'[[innovazione tecnologica (economia)|economia]] e nell'[[innovazione tecnologica (informatica)|informatica]]
* [[New economy]]
 
{{portale|economia}}
 
[[Categoria:DisoccupazioneOrdini cavallereschi]]
[[categoria:cambiamento tecnologico]]