Casale del Pozzo e Moti del 1830-1831: differenze tra le pagine
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I '''moti del 1830-1831''' furono tentativi di insurrezione, eredi dei [[moti del 1820-1821]], che nacquero in [[Francia]] e si diffusero poi in numerosi [[paesi europei]].
Come durante i moti di dieci anni prima, i veri protagonisti di queste insurrezioni non furono membri del popolo, bensì della borghesia cittadina. Su esempio del popolo francese, che aveva cacciato il suo re [[Carlo X di Francia|Carlo X]] e l'opprimente politica reazionaria del governo dando vita ad un regime monarchico costituzionale retto da [[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo d'Orléans]], numerose altre nazioni diedero vita ad insurrezioni; positive, come nel caso del [[Belgio]], che ottenne l'[[indipendenza del Belgio|indipendenza]] dai [[Paesi Bassi]], negative, come nel caso della [[Polonia]] e di [[Storia di Modena#Il Risorgimento|Modena]].
== La rivoluzione del 1830 in Francia ==
{{Vedi anche|Rivoluzione di luglio}}
[[File:1841 portrait painting of Louis Philippe I (King of the French) by Winterhalter.jpg|thumb|[[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo]], [[Sovrani di Francia|re dei Francesi]], che deluse le aspettative degli insorti polacchi e italiani.]]
Alla morte di [[Luigi XVIII di Francia|Luigi XVIII]], spentosi senza discendenza nel [[1824]], salì al [[re di Francia|trono di Francia]] suo fratello Carlo, [[conte di Artois]], che divenne re con il nome di [[Carlo X di Francia|Carlo X]].
Il nuovo re dimostrò subito il suo desiderio di tornare ad un regime simile a quello della [[monarchia assoluta]], restaurando integralmente le condizioni prerivoluzionarie. Concesse numerosi privilegi al [[clero]] ed all'[[aristocrazia]] fino ad emanare una legge, la cosiddetta "legge del Miliardo", che avrebbe risarcito tutti i nobili fuoriusciti dal territorio francese durante gli anni della [[rivoluzione francese|rivoluzione]]. Carlo, con l'aiuto del suo primo ministro [[Jules, Principe di Polignac|Polignac]], di idee fortemente reazionarie, decise di ovviare alle sempre più numerose proteste dei democratici e dei [[borghesia|borghesi]] revocando la carta costituzionale ottriata, concessa da Luigi XVIII nel [[1814]] e pubblicizzando la campagna militare che avrebbe portato di lì a poco alla conquista dell'[[Algeria]].
Le manifestazioni di protesta non si placarono, ma andarono sempre più ampliandosi, anche a causa della crisi recessiva, dovuta a due anni di carestia: il re perse la fiducia persino del suo Parlamento alle elezioni. Così Carlo, il 26 luglio [[1830]], emanò quattro decreti, le [[ordinanze di Saint-Cloud]], con i quali restringeva ulteriormente il diritto di voto, escludendo completamente la borghesia, annullava la libertà di stampa applicando pesanti censure, scioglieva il Parlamento ed indiceva nuove elezioni.
In seguito a queste disposizioni, il popolo di [[Parigi]] insorse, guidato principalmente da esponenti della media ed alta borghesia.<ref>A guidare i rivoltosi furono principalmente il liberale Louis Thiers, il banchiere Laffitte ed il marchese [[Gilbert du Motier de La Fayette|La Fayette]], grande nome della [[rivoluzione francese]].</ref> In tre giornate particolarmente violente, le "tre gloriose" (27, 28 e 29 luglio), i parigini si scontrarono per le vie cittadine con i soldati del re, che non riuscirono a tenere testa alla folla. L'assalto delle truppe venne respinto e Carlo X dovette rinunciare al trono fuggendo in [[Inghilterra]].
Di lì a poco venne offerta la corona di Francia a [[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo d'Orléans]], membro di un ramo cadetto dei [[Borbone]]. Sembrava l'uomo adatto alle esigenze: di nobile stirpe, quindi atto ad essere il re, figlio di un aristocratico schieratosi con i rivoluzionari<ref>Luigi Filippo era figlio di [[Luigi Filippo II di Borbone-Orléans]] che si meritò il nome di ''Egalité'' (Uguaglianza) durante gli anni della rivoluzione grazie al suo avvicinamento ai rivoluzionari che giustiziarono [[Luigi XVI di Francia|Luigi XVI]].</ref>, eccellente amministratore delle sue terre, dotato di abitudini e mentalità tipicamente borghesi. Luigi Filippo, che regnò per diciotto anni, fu un monarca costituzionale: il re non era più tale per volere divino, ma per legittimazione dei suoi sudditi. Inoltre, la nuova Costituzione non era più "ottriata" (ossia elargita ai sudditi dalla volontà del sovrano, come atto unilaterale), bensì frutto di un accordo tra il sovrano ed il Parlamento.
== L'indipendenza belga ==
{{Vedi anche|Rivoluzione belga}}
[[File:Leopold I by Franz Winterhalter.jpg|thumb|upright=0.8|left|Ritratto di [[Leopoldo I del Belgio|Leopoldo I]], primo re del Belgio.]]
In seguito al [[Congresso di Vienna]], [[Belgio]] e [[Paesi Bassi]] furono uniti in un unico stato, che avrebbe dovuto funzionare da [[stato cuscinetto]] per una eventuale volontà francese di espansione territoriale. Lo stato aveva come forma di governo la [[monarchia]], retta dall'olandese [[Guglielmo I dei Paesi Bassi|Guglielmo I di Orange-Nassau]]. I belgi mal sopportavano l'unione tra il loro paese e i Paesi Bassi: il nuovo re aveva adottato una forte politica di accentramento amministrativo e tutti gli incarichi di rilievo erano occupati da olandesi. I belgi erano esclusi così dalla vita politica. A questo si andavano ad aggiungere motivi religiosi: gli olandesi erano [[protestantesimo|protestanti]], mentre il Belgio era un paese con forti tradizioni [[cattolicesimo|cattoliche]]. Inoltre la politica di dipendenza economica dall'[[Inghilterra]] promossa dal governo olandese frenava la sempre maggiore crescita economica delle industrie belghe.
Nonostante fossero divisi in regioni con forti antagonismi tra loro, i belgi misero da parte le antiche rivalità e si unirono in un movimento, che prese il nome di movimento unionista, che univa le forze agricole delle campagne e quelle industriali delle città. Ben presto, nell'agosto [[1830]], scoppiò a [[Bruxelles]] un moto rivoluzionario. Guglielmo non seppe scendere a patti con gli insorti ed inviò truppe armate per sedare la rivolta. Tuttavia il moto belga riscosse numerose simpatie tra i francesi, che vedevano così infrangersi lo stato cuscinetto creato sul loro confine.
Alla conferenza indetta a [[Londra]], i delegati francesi guidati dal principe [[Charles Maurice de Talleyrand-Périgord|Talleyrand]] convinsero gli inglesi sulla necessità di una nazione belga indipendente. Malgrado la loro vicinanza a re Guglielmo, gli inglesi si espressero a favore di un nuovo stato belga. Il Belgio fu così definitivamente riconosciuto come stato indipendente, staccato dai Paesi Bassi, con un regime [[monarchia costituzionale|monarchico costituzionale]] a capo del quale fu scelto il principe tedesco Leopoldo di Sassonia-Coburgo, che prese il nome di [[Leopoldo I del Belgio]].
== Le insurrezioni in Polonia ==
{{Vedi anche|Rivolta di Novembre}}
Dalla caduta di [[Napoleone]], la [[Polonia]] aveva perso l'indipendenza e si trovava ad essere uno [[stato satellite]] della potenza [[Russia|russa]]. Era dal [[1795]], anno dell'abdicazione del re [[Stanislao II di Polonia|Stanislao Poniatowski]], che la Polonia non aveva un re. Sull'onda dei successi ottenuti dai rivoluzionari francesi, che erano riusciti a mettere in fuga l'assolutista Carlo X, alcuni polacchi, appartenenti principalmente a circoli intellettuali e militari, promossero un moto rivoluzionario che portasse alla tanto anelata indipendenza. A scatenare questa reazione furono diversi fattori: in particolar modo la grande ostilità nei confronti della Russia, che andava esercitando con sempre maggiore intensità una politica di repressione nei confronti della Polonia, in particolare dopo l'ascesa dello [[zar]] [[Nicola I di Russia|Nicola I]], che aveva già sventato con la violenza il [[decabrismo|moto decabrista]].
Quando diedero inizio alla rivoluzione, i giovani cadetti erano convinti che la [[Francia]] di [[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo]] sarebbe intervenuta militarmente a favore degli insorti contro la Russia. Pur mostrando simpatia per l'insurrezione, il re francese mantenne un atteggiamento di passività, senza schierarsi apertamente. Entrare in guerra contro la Russia a favore della Polonia avrebbe avuto come conseguenza la reazione della [[Prussia]] e dell'[[Austria]], unite allo zar dai patti della [[Santa Alleanza]].
Perse le speranze in un aiuto francese, si pensava di poter contare almeno sulle masse popolari delle campagne. Tuttavia queste, da secoli legate alle [[Servitù della gleba|servitù feudali]], non ebbero la reazione prevista. Nonostante ciò, il moto portò alla liberazione della Polonia centrale ed alla formazione di un esercito regolare. Ben presto però sorsero dei conflitti fra i capi del moto: alcuni erano convinti che, giunti a questo punto, si dovesse scendere a patti con i russi, altri credevano invece nella necessità di una guerra ad oltranza. Approfittando delle divisioni interne degli insorti, le armate russe attaccarono i reparti polacchi che tentarono una strenua resistenza, ma nell'ottobre [[1831]] furono costretti a capitolare. [[Varsavia]] venne presa ed il moto soffocato nel sangue. La Polonia tornava ad essere una provincia russa.
== I moti nei Ducati e nello Stato Pontificio ==
In seguito ai moti francesi, si riaccesero in alcuni italiani le speranze per una nuova insurrezione.<ref>I [[moti del 1820-1821]] non avevano portato ad alcun risultato positivo negli stati italiani.</ref> In particolare, nel [[ducato di Modena]] la [[carboneria]] locale, con a capo [[Ciro Menotti]], aveva intrecciato rapporti amichevoli con il duca [[Francesco IV di Modena|Francesco IV]], che si mostrava particolarmente interessato alla questione ed aveva in mente oscuri progetti espansionistici per tramutare il suo piccolo ducato in un regno italico. Si andò così organizzando un grande moto di insurrezione che si allargò a numerose città appartenenti allo Stato Pontificio, da Bologna alle Marche e all'Umbria. A Modena l'arresto di Ciro Menotti, il 3 febbraio [[1831]], su ordine dello stesso duca Francesco IV, fece scoppiare la rivolta.
Il 5 febbraio gli insorti dichiararono la secessione delle [[Suddivisioni amministrative dello Stato Pontificio in età contemporanea|Legazioni]] di [[Legazione apostolica di Bologna|Bologna]], [[Legazione apostolica di Ferrara|Ferrara]], [[Legazione apostolica di Ravenna|Ravenna]] e [[Legazione apostolica di Forlì|Forlì]], dallo [[Stato della Chiesa]]. La rivolta si diffuse, inoltre, tra le varie Legazioni delle [[Marche]] e dell'[[Umbria]].<ref>{{cita|D. Spadoni}}.</ref><ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/moti-del-1830-31_(Dizionario-di-Storia)/</ref> Inizialmente, in Romagna, se si eccettua uno scontro tra insorti e gendarmi avvenuto a [[Forlì]], le autorità pontificie cedettero il potere senza resistenza. Le nuove autorità provvisorie proclamarono la nascita delle [[Province Unite Italiane]], una repubblica parlamentare con capitale [[Bologna]] sotto la presidenza di [[Giovanni Vicini]] che ne promulgò la costituzione.
Il territorio delle Province Unite fu attraversato, tra il 5 e il 9 febbraio, dalle truppe del generale [[Giuseppe Sercognani]], comandante della Guarda nazionale di Pesaro. Dopo aver sconfitto ad [[Ancona]] e [[Terni]] gli [[Zuavi pontifici]], Sercognani si spinse fino ai confini col [[Lazio]]. Alle porte di [[Rieti]] fu respinto dall'esercito pontificio, che lo costrinse a rientrare.
A Forlì il 17 marzo, [[Napoleone Luigi Bonaparte]], già re d'[[Regno d'Olanda|Olanda]] per pochi giorni col titolo di Luigi II, trovò la morte, per un'epidemia di [[morbillo]]. Il Bonaparte s'era impegnato nel sostegno all'insurrezione come [[Carboneria|carbonaro]], assieme al fratello, il futuro [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], che divenne un ricercato della polizia austriaca (entrambi erano stati espulsi mesi prima da Roma per il loro attivismo politico).
Nonostante gli insorti fossero riusciti ad impadronirsi d'importanti città come [[Parma]] e [[Bologna]] (in questo periodo va inquadrata l'incursione compiuta da [[Giuseppe Sercognani]] con i volontari della Vanguardia in direzione di Roma), le Province Unite Italiane non riuscirono a reggere l'intervento armato dell'Austria del febbraio-marzo [[1831]]. Gli insorti sperarono invano nell'intervento di [[Luigi Filippo di Francia]] che aveva prestato soccorso con successo ai ribelli belgi; non aiutarono la causa secessionista anche le notevoli discordie presenti tra gli stessi capi della rivolta. Gli austriaci scesero verso il [[Po]] seguendo la via del [[Brennero]]; oltrepassato il fiume (25 febbraio) si diressero verso [[Modena]]. In pochi giorni furono a [[Bologna]] e poi a [[Ferrara]]. Il 25 marzo avvenne la [[Battaglia delle Celle]] a [[Rimini]]. Il 26 aprile [[1831]], con l'occupazione della piazzaforte di [[Ancona]], le Province Unite cessarono di esistere e in breve tempo fu ristabilito l'ordine, cui seguirono condanne a morte.
In Romagna, alla fine dell'anno il pontefice inviò un esercito di cinquemila soldati per reprimere le rivolte di [[Rimini]], [[Cesena]] («Battaglia del Monte», 22 gennaio 1832) e [[Forlì]].<ref>{{cita libro | nome= Marianna| cognome= Borea| titolo= L'Italia che non si fece| anno= 2013| editore= Armando| città= Roma}}</ref>
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* [[Giuseppe Mazzatinti]], ''I moti del 1831 a Forlì'', Torino, Roux Frassati e C., 1897.
* Domenico Spadoni, "La fisionomia del moto del '31 nelle Marche", in Comitato di Macerata della Società Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano (a cura di), ''Le Marche nella rivoluzione del 1831'', Macerata, Unione Tip. Operaia, 1935.
* Francesco Traniello, ''Lezioni di storia'', vol. 2, tomo II ("L'Ottocento"), Torino, SEI, 1998, pp. 85–89. ISBN 88-05-02589-5.
== Voci correlate ==
* [[Moti del 1820-1821]]
* [[Primavera dei popoli]]
* [[Risorgimento]]
* [[Rivoluzione di luglio]]
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Portale|italia|Risorgimento|storia|storia d'Italia}}
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[[Categoria:Risorgimento italiano]]
[[Categoria:Rivolte]]
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