Judo e Arturo Martini: differenze tra le pagine

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[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Arturo, Cavallo.jpg|thumb|upright=1.3|''Cavallo'', 1926 ca. <br>[[Collezioni d'arte della Fondazione Cariplo]]]]
{{Vetrina inserimento|arg=sport|arg2=società}}
[[File:KMM Martini.JPG|thumb|upright=1.3|''Giuditta e Oloferne'', 1932 ca. <br>[[Museo Kröller-Müller]], [[Otterlo]]]]
{{Avvisounicode}}
{{Bio
{{nota disambigua}}
|Nome = Arturo
[[File:Jigoro Kano and Kyuzo Mifune.jpg|thumb|right|200px|[[Kyuzo Mifune]] (a sinistra) e [[Jigoro Kano]] (a destra).]]
|Cognome = Martini
Il {{nihongo|'''judo'''|柔道|jūdō|extra=Via della Cedevolezza}} è un'[[arte marziale]], uno [[sport da combattimento]] ed un metodo di [[difesa personale]] [[giappone]]se formalmente nato in Giappone con la fondazione del [[Kodokan|Kōdōkan]] da parte del Prof. [[Jigoro Kano|Jigorō Kanō]], nel [[1882]]. I praticanti di tale disciplina sono denominati judoisti o più comunemente {{nihongo|[[judoka]]|柔道家|jūdōka}}, con un certo abuso di linguaggio.<ref>Il suffisso {{nihongo|'''ka'''|家|ka}} è usato in Giappone per denotare coloro che intraprendono una qualsiasi attività in modo serio e continuativo. In particolare, l'ideogramma deriva dai radicali {{nihongo|'''ben'''|宀|ben|corona}} e {{nihongo|'''inoko'''|豕|inoko|maiale}}, ma denota comunemente un casato o comunque una famiglia. L'utilizzo nelle arti marziali difatti sottintende l'ingresso effettivo nella famiglia dei praticanti e quindi per estensione, andrebbe usato indicativamente per i gradi dal 3º dan in poi, essendo questi ultimi – almeno in teoria – meno inclini ad abbandonare la famiglia dei praticanti dell'arte marziale. Ciò detto, è tuttavia accettabile autodefinirsi "jūdōka" poiché è puramente una questione di coscienza personale relativamente al sentimento di appartenenza alla famiglia del jūdō. L'appellativo di "jūdōista", in tal senso, è da considerarsi altresì sempre appropriato.</ref>
|Sesso = M
|LuogoNascita = Treviso
|GiornoMeseNascita = 11 agosto
|AnnoNascita = 1889
|LuogoMorte = Milano
|GiornoMeseMorte = 22 marzo
|AnnoMorte = 1947
|AttivitàAltre = e [[docente]]
|Epoca = 1900
|Attività = scultore
|Attività2 = pittore
|Attività3 = incisore
|Nazionalità = italiano
}}
 
==Biografia==
{{Citazione|Il jūdō è la ''via'' {{nihongo||道|}} più efficace per utilizzare la forza fisica e mentale. Allenarsi nella disciplina del jūdō significa raggiungere la perfetta conoscenza dello spirito attraverso l'addestramento attacco-difesa e l'assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico-spirituale. Il perfezionamento dell'io così ottenuto dovrà essere indirizzato al servizio sociale, che costituisce l'obiettivo ultimo del jūdō.<ref name=Kano2005a-23>{{cita|Kano 2005 a|pag. 23}}</ref>
=== Gli inizi ===
Jū {{nihongo||柔|}} è un bellissimo concetto riguardante la logica, la virtù e lo splendore; è la realtà di ciò che è sincero, buono e bello. L'espressione del jūdō è attraverso il ''waza'', che si acquisisce con l'allenamento tecnico basato sullo studio scientifico.<ref>{{cita|Mifune|pag. 21}}</ref>|Jigorō Kanō}}
Nasce in una famiglia economicamente disagiata, terzo dei quattro figli di Antonio, cuoco di professione, e Maria Della Valle, cameriera originaria di [[Brisighella]].
Espulso dalla scuola nel 1901, a causa di ripetute bocciature, diviene apprendista presso un'oreficeria a [[Treviso]] e subito dopo frequenta la scuola di [[ceramica]] (collabora in particolare con la [[Fornace Guerra Gregorj]]) dove apprende la pratica artigianale del modellare<ref>{{cita testo|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/arturo-martini_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Arturo Martini|sito=treccani.it|accesso=23 maggio 2019}}</ref>.
Affascinato da questa tecnica inizia a frequentare lo studio dello scultore [[Antonio Carlini]] a Treviso e contemporaneamente frequenta il primo anno (1906-07) dell'[[Accademia di belle arti di Venezia]]. Riesce ad ideare una nuova tecnica incisoria di tipo calcografico che lui stesso denomina [[cheramografia]].{{cn}}
A questo periodo risalgono le sua prime opere conosciute: il ''Ritratto di Fanny Nado Martini'', in terracotta (1905) e il ''Busto del pittore Pinelli'', che si rifanno alla scultura di fine Ottocento.
Nel 1908 a [[Venezia]] partecipa alla prima edizione delle mostre di [[Ca' Pesaro]] con la piccola scultura il ''Palloncino''.<ref>{{Cita libro|curatore=Gianni Vianello|titolo=Arturo Martini l'ultimo grande interprete dell'imagine in scultura|anno=1979}}</ref>
 
=== L'esordio in Europa e la rivista "Valori Plastici" ===
Il jūdō è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica nel [[1964]] in occasione delle [[Giochi della XVIII Olimpiade|Olimpiadi di Tōkyō]], e ha rappresentato alle [[Giochi della XXVIII Olimpiade|Olimpiadi di Atene]] [[2004]] il terzo sport più universale con atleti da 98 diversi Paesi, mentre alle [[Giochi della XXX Olimpiade|Olimpiadi di Londra]] hanno partecipato 387 atleti da 135 diversi Paesi.<ref>[http://kodokan.org/e_info/topics201301.html Messaggio per l'Anno Nuovo dal Presidente Haruki Uemura]</ref>
Interessato al movimenti artistici europei, frequenta nel 1909 a [[Monaco di Baviera|Monaco]] la Scuola di [[Adolf von Hildebrand]]. Nel 1912 si trasferìsce per alcuni mesi a [[Parigi]] dove approfondisce la conoscenza del [[cubismo]] e delle [[avanguardie]] e dove espone al [[Salon d'Automne]].
 
Partecipa all'Esposizione Libera Futurista Internazionale, tenutasi a Roma, tra aprile maggio del 1914 con il ''Ritratto di Omero Soppelsa'', considerato un omaggio al futurismo.
== Descrizione ==
Negli stessi anni collabora con la rivista futurista [[L'Eroica (periodico)|L'Eroica]], dedicata ai temi dell'arte, della letteratura e della [[xilografia]].
[[File:judo.svg|thumb|right|200px|"Jūdō" in kanji]]
Interrompe forzatamente l'attività a causa della [[Prima guerra mondiale|guerra]], a cui partecipa.
Il termine "jūdō" è composto da due [[kanji]]: {{nihongo|'''柔'''|柔|jū, yawara|extra=gentilezza, adattabilità, cedevolezza, morbidezza}} e {{nihongo|'''道'''|道|dō, michi|extra=via}}; ed è quindi traducibile anche come ''via dell'adattabilità'', o ''via della gentilezza'';<ref name=Fukuda1973>{{cita libro|autore=Keiko Fukuda|titolo=Born for the Mat - A Kodokan Kata Textbook for Women|editore=Japan|anno=1973|lingua=inglese}}</ref> esplicitando così il principio {{nihongo|'''yawara'''|柔}} sul quale si basa il jūdō.
Si avvicina quindi alla grafica astratta e nascono i primi abbozzi del suo [[libro d'artista]] ''Contemplazioni''<ref>Il libro fu pubblicato a [[Faenza]] nel 1918.</ref>. Il libro presenta, al posto del testo, una sequenza di segni geometrici<ref>L'opera rappresenta il primo libro a "scrittura asemantica" {{cita testo|url= https://www.ibs.it/contemplazioni-rist-anast-1918-libro-arturo-martini/e/9788884092762|titolo=Contemplazioni (rist. anast. 1918)|sito=IBS.it|accesso=23 maggio 2019}}</ref>. Nell'aprile del 1920 sposa Brigida Pessano, di [[Vado Ligure]], luogo in cui si stabilirà per alcuni anni. Dal loro matrimonio nascono Maria Antonietta (1921) e Antonio (1928). Questo è il periodo in cui realizza ''L'Amante morta'', ''Fecondità'' e ''Il Dormiente'' <ref>Le opere si trovano a Roma, presso la [[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea]])</ref>.
{{Citazione|Il termine "jūdō" è stato usato in tempi remoti antecedenti alla restaurazione Meiji, ma generalmente si preferiva dire "jū-jutsu", o più comunemente "yawara", che compendia il precedente: l'uno richiamandosi all'agilità vera e propria e l'altro alle tecniche di attacco e difesa.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
Collabora, fra il 1918-22, con [[Mario Broglio]] alla rivista [[Valori Plastici]], aderendo all'omonimo movimento artistico<ref>{{cita libro|titolo=Arturo Martini-l'ultimo grande interprete dell'immagine in scultura - 17 opere degli anni Venti e Trenta|curatore1=Gianni Vianello Montecarlo|città=Busto Arsizio|editore=Il calligramma|anno=1979}}</ref>. Grazie a questa esperienza riscopre la scultura antica, superando così [[Naturalismo (arte)|naturalismo]] ottocentesco al quale era ancora legato.
Tra le opere di rilievo di questo periodo si ricordano ''La Maternità'' (1925) e ''Il Bevitore'' (1926), quest'ultima un'opera in [[Ceramica|terracotta]] custodita alla [[Pinacoteca di Brera]]<ref>{{cita web|url=http://pinacotecabrera.org/collezione-online/opere/bevitore/|titolo=Il bevitore|sito=http://pinacotecabrera.org|accesso=23 maggio 2019}}</ref>. Nel [[1925]] è invitato ad esporre in una sala alla III Biennale Romana; l'anno dopo partecipa per la prima volta alla [[Biennale di Venezia]], dopo i precedenti rifiuti. Nello stesso anno espone alla prima mostra di [[Novecento (movimento artistico)|Novecento]]. Sarà presente anche alla seconda edizione del 1929, con ''Il Figliol prodigo'' (1926). Nel novembre 1927 inaugura una personale di ceramiche a Milano alla [[Galleria Pesaro]].
 
===La maturità artistica===
Il jūdō del Prof. [[Jigoro Kano|Kanō]] è l'evoluzione del [[jujitsu|jū-jutsu]] della [[Tenshin Shin'yō-ryū]] e della [[Kitō-ryū]].
In quest'ultimo periodo definisce la sua arte che si traduce in un'ideale punto d'incontro tra antico e moderno.
Nel 1928 realizza grandi opere come ''La Pisana'', ''Il bevitore'' e la monumentale (quattro metri) ''Tomba di Ippolito Nievo''. Nel 1929 viene chiamato alla cattedra di plastica decorativa all'[[ISIA]] di Monza e vi rimane fino all'anno successivo: la sua ''Leda col cigno'', scultura in gesso, è rimasta ad arricchire la raccolta dei [[Musei Civici di Monza|Musei civici]] monzesi<ref>{{Cita libro|curatore=Gianni Vianello|titolo=Arturo Martini l'ultimo grande interprete dell'immagine in scultura|anno=1979|editore=Il Calligrammma|città=Busto Arsizio}}</ref>.
Allestisce, nel 1930, uno "studio-forno" nello stabilimento dell'[[Ilva]] Refrattari, a Vado Ligure, dove può modellare e cuocere le terrecotte senza doverle spostare. Crea così una serie di grandi opere, come ''Il Pastore'' e ''Il Ragazzo seduto'' (1930), ''Il Sogno'' (1931), ''Chiaro di Luna'' e ''Sport Invernali'' (1931-32), opere in cui "l'allusione al movimento che sembra irrigidirsi nella forma"<ref>{{cita libro|titolo=La scultura lingua morta e altri scritti|autore=Arturo Martini|curatore=Elena Pontiggia|città=Milano|editore=Abscondita|anno=2001}}</ref>.
Nel 1931 riceve un premio di centomila lire alla Prima [[Quadriennale di Roma]], somma che gli permette di risolvere temporaneamente i diversi problemi economici che lo avevano sempre tormentato. Nel 1932 ha una sala personale alla [[Biennale di Venezia|Biennale]] veneziana, da cui ottiene un vasto successo<ref>{{Cita libro|Arturo Martini l'ultimo grande interprete dell'immagine in scultura|p=10}}</ref>.
Nel 1933 si stabilisce a Milano e tiene una personale alla [[Galleria d'Arte Moderna]]. In questo periodo sperimenta l'utilizzo di nuove tecniche espressive come il [[legno]], la [[pietra]], la [[creta]] e l [[bronzo]], lo si vede infatti partecipare regolarmente alle grandi esposizioni nazionali: alla [[Biennale di Venezia]] (1934-36-38), alla [[Triennale di Milano]] (1933-36-40) e alla [[Quadriennale di Roma]] (1935-39). Realizza in questo periodo numerose sculture monumentali tra cui il gigantesco gesso ''Mosè salvato dalle acque'', alto sei metri, esposto alla [[Triennale di Milano]] nel 1933; ''La sete'' (1934), in pietra, dove riemerge il ricordo dei calchi di [[Pompei]]; il bronzo di ''Athena'' (1935), alto cinque metri; ''I morti di Bligny trasalirebbero'' (1936), ispirato al discorso di Mussolini contro le [[Sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni economiche]] imposte all'Italia dopo l'[[Impero d'Etiopia|occupazione dell'Etiopia]] del 1935; ''Il Leone di Giuda'' (1936), dedicato alla vittoria fascista sull'Etiopia; ''La Giustizia Corporativa'', destinata al [[Palazzo di Giustizia (Milano)|Palazzo di Giustizia]] di Milano; ''Il Gruppo degli Sforza'' (1938-39), opera destinata all'[[Ospedale Niguarda Ca' Granda]] di Milano.<ref>{{cita libro|titolo=La scrittura lingua morta e altri scritti|autore=Arturo Martini|curatore=Elena Pontiggia|città=Milano|editore=Abscondita|anno=2001}}</ref>
 
=== StoriaLa del jūdōpittura ===
Negli anni 1939 e 1940 inizia a dipingere. Nel 1940 espone con successo le sue opere alla [[Galleria Barbaroux]]. Scrive, nel febbraio 1940, in alcune lettere indirizzate a [[Carlo Anti]], rettore dell'[[Università degli studi di Padova]]:''Io farò assolutamente il pittore […] la mia conversione non è un capriccio, ma è grande e forte come quella di Van Gogh''<ref>{{cita libro|autore=Arturo Martini|titolo=Le lettere di Arturo Martini/con testi di Mario De Micheli, Claudia Gian Ferrari, Giovanni Comisso|anno=1992|editore=Charta|città=Milano|p=148}}</ref> ee ancora Sono felice, la pittura mi diverte e mi dà altre speranze che ormai la scultura non mi dava più>><ref>{{cita libro|nome=Guido|cognome=Perrocco|titolo=Arturo Martini|anno=1962|editore=Editalia|città=Roma}}</ref>
=== Contesto storico-politico ===
Realizza tra il 1940-42 per il [[Palazzo dell'Arengario]] di Milano alcuni [[Altorilievo|altorilievi]]: ''Il Tito Livio'' e ''La donna che nuota sott'acqua.'' In queste opere si muove verso una sempre maggiore libertà espressiva, convinto della necessità di superare la statuaria e che la scultura "''se vuol vivere, deve morire nell'astrazione"''<ref>{{Cita libro|nome=Arturo|cognome=Martini|curatore=Elena Pontiggia|titolo=La scultura lingua morta e altri scritti|collana=Carte d'artisti ; 15|anno=2016|editore=Abscondita|città=Milano|ISBN=978-88-8416-743-9}}</ref>. Riprenderà questo tema nei suoi ''Colloqui sulla scultura''<ref>{{Cita libro|nome=Martini|cognome=Arturo|titolo=Colloqui sulla scultura : 1944-1945|collana=Memoranda. Arte|anno=2006|editore=Canova|città=Treviso|ISBN=88-8409-174-8}}</ref>.
Il contesto storico era particolare: Il [[1853]] aveva segnato una data importante per il [[Giappone]]: il commodoro [[Matthew Calbraith Perry|Matthew C. Perry]], della [[United States Navy|Marina Militare degli Stati Uniti d'America]], entra nella [[baia di Tokyo]] con una flotta di quattro navi da guerra (le cosiddette [[Navi Nere]]) consegnando a dei rappresentanti dello [[shogun]]ato [[Shogunato Tokugawa|Tokugawa]] un messaggio col quale si chiedevano l'apertura dei [[Porto|porti]] e trattati commerciali.
Il Giappone, che fino a quel momento aveva vissuto in completo isolamento dal resto del mondo ([[Sakoku]]), grazie alla [[Convenzione di Kanagawa]], apre finalmente le frontiere agli stranieri. Dopo l'abdicazione dell'ultimo shogun [[Tokugawa Yoshinobu]] avvenuta nel [[1867]], il potere imperiale di fatto riacquisiva il controllo politico del Paese, e contestualmente alla [[Restaurazione Meiji]], la promulgazione dell'editto del [[1876]] col quale si proibiva il porto del [[Daisho|daishō]] decretava la scomparsa della casta dei [[samurai]].
 
=== Gli ultimi anni ===
Scrive [[Armando Troni|Troni]]: «Agli ex daimyō il governo assegnò titoli nobiliari di varia classe, a seconda della importanza delle loro famiglie ed una indennità pecuniaria proporzionale alle loro antiche rendite, in buoni del tesoro.
Nel 1942-44 si trasferisce a Venezia dove diventa insegnante di scultura presso l'[[Accademia di belle arti di Venezia|Accademia di belle arti]]. Nell'estate del 1945 viene sospeso dall'insegnamento per aver aderito al fascismo. Rispetto a questa scelta aveva scritto: "''Siccome morivo di fame con il giolittismo, ho creduto a questo movimento, cioè al fascismo"''<ref>{{Cita|Le lettere di Arturo Martini|p.264}}</ref>.
Venne infine dichiarata la eguaglianza fra le quattro classi dei samurai, contadini, artigiani e mercanti. I corpi armati dei samurai vennero sciolti [...] e si determinò una nuova divisione delle classi sociali che si distinsero infatti in: nobiltà, borghesia, e popolo.
Fra le molte riforme [...] bisogna ancora ricordare l'adozione del sistema metrico decimale e del calendario gregoriano».<ref name=Troni1942-84>{{cita libro|autore=Armando Troni|titolo=Storia del Giappone|editore=Casa Editrice Nerbini|anno=1942|pagine=pag. 84|capitolo=Le riforme e la occidentalizzazione del Giappone}}</ref>
 
In conclusione della sua carriera artistica gli viene commissionata la realizzazione della statua dell'eroe virgiliano ''Palinuro'' (1946) per l'[[Università degli Studi di Padova]]; realizza anche il monumento funebre dedicato a un partigiano caduto, ''Monumento al partigiano Masaccio'' (1947). Infine progetta un'appendice al libretto ''La scultura lingua morta'', comunicando i suoi pensieri allo scrittore [[Antonio Pinghelli]], che li pubblicherà postumi, nel 1948, con il titolo ''Il trucco di Michelangelo''.
Vi furono importanti cambiamenti culturali nella vita dei giapponesi dovuti all'assorbimento della mentalità occidentale e naturalmente ciò provocò un rigetto di tutto ciò che apparteneva al passato, compresa la cultura guerriera che tanto aveva condizionato la vita del popolo durante il periodo feudale. Il [[jujitsu|jū-jutsu]], essendo parte integrante di questa cultura, lentamente scomparve quasi del tutto. Inoltre, le [[arti marziali]] tradizionali vennero ignorate anche a causa della diffusione delle [[armi da fuoco]] e molti dei numerosi [[dōjō]] allora esistenti furono costretti a chiudere per mancanza di allievi; i pochi rimasti erano frequentati da ex-[[samurai]] lottatori professionisti pagati appunto per combattere (essendo il loro unico mezzo di sostentamento) e che talvolta venivano coinvolti in episodi di violenza o crimini. Questo influenzò ulteriormente il giudizio negativo del popolo nei confronti del [[jujitsu|jū-jutsu]] nel quale vedeva un'espressione di violenza e sopraffazione.
 
Muore il 22 marzo 1947, colpito da paralisi cerebrale<ref>{{cita libro|autore=Carlo Carrà|titolo=Testimonianze su Arturo Martini|rivista=Le tre Venezie|mese=aprile, maggio, giugno XXI}}</ref>.
{{Citazione|Per la nuova disciplina che volevo diffondere ho evitato di proposito anche i nomi tradizionali fino ad allora largamente usati, quali "jū-jutsu", "tai-jutsu", "yawara", [...] e ho adottato "jūdō". I motivi per cui ho voluto evitare le denominazioni tradizionali erano più d'uno. A quel tempo molti avevano del jū-jutsu o del tai-jutsu un concetto diverso da come io li intendevo; non pensando minimamente a un beneficio fisico e mentale, li collegavano immediatamente ad azioni violente come strangolamenti, lussazioni, fratture, contusioni e ferite... Era un'epoca in cui le trasformazioni sociali costringevano gli uomini di spada e del jū-jutsu, un tempo celebri, ad affrontare un nuovo modo di vivere, perché venivano perdendo la protezione dei potenti feudatari, tanto che qualcuno di essi, dedicandosi al commercio a cui non era educato, a volte cadeva in una vita misera di vagabondo, mentre altri, per sbarcare il lunario, dovevano esibire le loro capacità senza pudore. Perciò, quando si parlava di arte della spada o di jū-jutsu, nessuno immaginava che si trattasse della preziosissima disciplina che tramandava la quintessenza della cavalleria samurai. Queste cose mi indussero a rinnovare almeno il nome della disciplina, altrimenti mi sarebbe risultato difficile anche trovare degli allievi che vi si dedicassero.<ref name=Kano2005a-22-23>{{cita|Kano 2005 a|pag. 22-23}}</ref>|Jigorō Kanō}}
Tra i suoi allievi c'è l'artista [[Maria Lai]].
 
== Riconoscimenti ==
=== Jigorō Kanō ed il jū-jutsu ===
Già nel 1948, gli viene tributato un omaggio postumo alla V [[Quadriennale di Roma]].
[[File:Kano Jigoro.jpg|thumb|left|200px|[[Kanō Jigorō]].]]
Nel [[1967]] la grande mostra monografica, allestita su progetto di [[Carlo Scarpa]] nel [[Convento di Santa Maria (Treviso)|Convento di Santa Maria]] a [[Treviso]], spinge l'amministrazione ad acquisire il [[Complesso di Santa Caterina]], oggi sede principale dei [[Musei civici di Treviso]].
La storia del jūdō ed il jūdō stesso sono inseparabili dal fondatore, [[Jigoro Kano|Jigorō Kanō]]. Nato nel 1860 in una famiglia agiata, nel 1877, sebbene in contrasto con le idee del padre al riguardo, entrò in contatto con il suo primo maestro [[Fukuda Hachinosuke]] di [[Tenshin-shin'yo ryū jū-jutsu]] tramite il "conciaossa" [[Yagi Teinosuke]] anch'egli un tempo jū-jutsuka della stessa [[ryū]].
A lui sono dedicati numerose scuole italiane, tra le quali la scuola media statale di [[Santa Maria del Rovere]] a [[Treviso]] e il Liceo Artistico di [[Savona]].
 
== Opere ==
{{Citazione|Tenshin-shin'yo è una scuola nata da Iso Mataemon unendo i metodi di Yoshin-ryū e Shin-no-shindo-ryū. Nell'infanzia il nome del Fondatore era Okayama Hachirogi, divenuto Kuriyama Mataemon alla maggiore età, e finalmente era stato adottato dalla famiglia Ito ed assunto dal Bakufu col titolo di Iso Mataemon Ryu Kansai Minamoto Masatari.|Jigoro Kano}}
[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico - BEIC 6356182.jpg|thumb|Terrecotte. Galleria Il Milione, Milano, 1963]]
[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico - BEIC 6363731.jpg|thumb|''Annunciazione''. Milano, 1963.]]
[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico - BEIC 6356386.jpg|thumb| Milano, 1963]]
* ''Veduta dell'Isola di San Giorgio di Venezia'', [[Casa della cultura (Palmi)|Casa della cultura]], [[Palmi]]<ref>Guida d'Italia - Calabria: dal Pollino all'Aspromonte le spiagge dei due mari le città, i borghi arroccati, Milano, Touring Editore, 2003. ISBN 8836512569</ref>
* ''La Prostituta'', terracotta dipinta, 1909-1913, [[Venezia]], [[Galleria internazionale d'arte moderna (Venezia)|Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro]]
* ''Vaso fiaba'', 1911, [[Treviso]], [[Musei civici di Treviso|Museo Civico]]
* ''Fanciulla piena d'amore'', maiolica dorata, 1913, [[Venezia]], [[Galleria internazionale d'arte moderna (Venezia)|Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro]]
* ''Il buffone'', 1914, [[Venezia]], [[Galleria internazionale d'arte moderna (Venezia)|Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro]]
*''Fanciulla verso sera'', 1919, [[Venezia]], [[Galleria internazionale d'arte moderna (Venezia)|Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro]]
*''Pulzella d'Orleans'', 1920
* ''Gli amanti'', post 1920, [[Milano]], [[Villa Necchi Campiglio|Museo Villa Necchi Campiglio]]<ref>{{Cita web
|url= http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/2p100-01073/|titolo= Gli amanti Martini, Arturo
|sito= lombardiabeniculturali.it|data= 4 gennaio 2018|accesso=22 marzo 2018}}</ref>
* ''Il poeta Checov'', 1921
* ''Dormiente'', 1921, [[Roma]], [[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea|Galleria nazionale d'arte moderna]]
* ''L'amante morta'', post 1921, [[Milano]], [[Villa Necchi Campiglio|Museo Villa Necchi Campiglio]]<ref>{{Cita web
|url= http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/2p100-01074/|titolo= L'amante morta Martini, Arturo
|sito= lombardiabeniculturali.it|data= 4 gennaio 2018|accesso=22 marzo 2018}}</ref>
* ''Busto di fanciulla'', post 1921, Milano, Museo Villa Necchi Campiglio<ref>{{Cita web|url= http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/2p100-01085/|titolo= Busto di fanciulla Martini, Arturo|sito= lombardiabeniculturali.it|data= 4 gennaio 2018|accesso=22 marzo 2018}}</ref>
* ''Orfeo'', pietra, 1922, [[Roma]], [[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea|Galleria nazionale d'arte moderna]]
* ''Monumento ai caduti'', 1925, [[Vado Ligure]]
* ''Il Buon Pastore'', legno, 1925, (Città del Vaticano, [[Collezione d'arte religiosa moderna]])
* ''Il figliol prodigo'', bronzo, 1926, ([[Acqui Terme]], Opera Pia Ottolenghi)
* ''Il bevitore'', [[terracotta]], 1926, [[Milano]], [[Pinacoteca di Brera|Pinacoteca nazionale di Brera]]
* ''Cavallo'', 1926 ca. ([[Collezioni d'arte della Fondazione Cariplo]])
* ''Via Crucis'' (6 stazioni), terracotta, 1926-1927, (Città del Vaticano, Collezione d'arte religiosa moderna)
* ''Il chirurgo'', 1927
* ''L'arca di Noè'', 1927, fontana in Piazza delle Ville, [[Anticoli Corrado]]
* ''La madre'', 1929-30, [[Torino]], [[Galleria civica d'arte moderna e contemporanea|Galleria civica d'arte moderna]]
* ''Donna al sole'', terracotta, 1930
* ''Il sogno'', terracotta, 1931
* ''Aviatore'', 1931
* ''[[La convalescente]]'', 1932, Museo del Novecento, Milano
* ''Giuditta e Oloferne'', 1932 ca. ([[Museo Kröller-Müller]] di [[Otterlo]])
* ''Venere dei porti'', 1932. [[Treviso]], [[Musei civici di Treviso|Museo Civico]]
* ''Vittoria alata'', 1934, salone della Crociera del Decennale, [[Esposizione aeronautica italiana]], [[Milano]]
* ''Leone di Monterosso'', terracotta, 1934, (Città del Vaticano, Collezione d'arte religiosa moderna)
* ''La sete'', pietra di Finale, 1935, [[Roma]], [[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea|Galleria nazionale d'arte moderna]]
* ''[[I morti di Bligny trasalirebbero]]'', 1935-1936, Museo del Novecento, Milano
* ''La giustizia fascista'', marmo, 1936-37, [[Milano]], [[Palazzo di Giustizia (Milano)|Palazzo di Giustizia]]
* ''Il gruppo degli Sforza'', 1938-39, [[Milano]], [[Ospedale Niguarda Ca' Granda|Grande Ospedale Metropolitano Niguarda]]<ref>
{{Cita web|url= http://www.ospedaleniguarda.it/chi-siamo/niguarda-e-arte/arturo-martini-il-gruppo-degli-sforza
|titolo=Arturo Martini: il Gruppo degli Sforza|autore= Enrico Magliano|sito= ospedaleniguarda.it|data= 2 febbraio 2017|accesso= 6 settembre 2018}}</ref>
* ''Statua della Minerva'', presso il palazzo del Rettorato, alla [[Sapienza Università di Roma#Città niversitaria|Città universitaria, Roma]];
* ''Monumento Irina Lukaszewicz'' Cimitero monumentale di Milano, riparto XVIII, n. 374, 1941<ref>{{cita libro|curatore=Comune di Milano|titolo=Il cimitero monumentale di Milano, guida storico-artistica|anno=1996|editore=Silvana Editoriale|p=137}}</ref>;
* Bassorilievo in bronzo del Sacro Cuore di Cristo Re, sul portale della [[Basilica del Sacro Cuore di Cristo Re|chiesa omonima]] a Roma;
*''Tuffo di nuotatrice'', 1942
*''Monumento a Tito Livio'', 1942, [[Palazzo Liviano]] dell'[[Università di Padova]]
* Atmosfera di una testa, 1945
* ''Palinuro'', 1946-47, [[Università di Padova]]
* ''Donna distesa'' Museo Fortunato Calleri di Catania''.''
 
==Arturo Martini nei Musei==
Inoltre, come spiega [[Sanzo Maruyama]], il nome della scuola deriva da «''yo'', che significa "salice" e ''shin'' che significa "spirito". La scuola dello ''spirito come il salice'' si ispira alla flessibilità dell'albero», «questa scuola studiava ''atemi'', ''torae'' e ''shime'', principalmente in costume di città. Non dava importanza alle proiezioni.»<ref name=Barioli2004-22>{{cita|Barioli 2004|pag. 22}}</ref>
 
*[[Ca' Pesaro|Galleria internazionale d'arte moderna Ca' Pesaro]] di Venezia
Nel [[1879]], Fukuda propose al giovane Kanō di partecipare all'esibizione di jū-jutsu per il [[Presidente degli stati uniti|Presidente degli Stati Uniti]] [[Ulysses Simpson Grant]], dove i maestri Iso e Fukuda avrebbero dato una dimostrazione del [[kata]] mentre Kanō e [[Ryusaku Godai]] del [[randori]]. Il Presidente fu molto colpito dall'esibizione e confidò allo stesso Fukuda che avrebbe voluto che il [[jujitsu|jū-jutsu]] divenisse più popolare negli [[Stati Uniti]].
*Museo civico di Treviso
*[[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea|Galleria Nazionale d'Arte Moderna]] di Roma
*[[Vado Ligure]] giardini pubblici
*[[Galleria civica d'arte moderna e contemporanea]] di Torino
*[[Museo Middelheim]] di scultura all'aperto di Anversa
*[[Tate Gallery]] di Londra
*[[Civico Museo d'Arte Contemporanea]] di Milano
*[[Palazzo di Giustizia (Milano)|Palazzo di Giustizia]], Milano
*[[Università degli Studi di Padova]]
*[[Banca Popolare di Vicenza]]
*[[Museo del Paesaggio]], Verbania Pallanza
*[[Museo Novecento]] di Firenze
 
==Arturo Martini nelle collezioni private==
Alla morte del cinquantaduenne maestro Fukuda, nove giorni dopo la famosa esibizione, e ricevuti formalmente dalla vedova di Fukuda i {{nihongo|'''denshō'''|伝承|denshō|extra=trasmissione, tradizione, leggenda}}, Kanō divenne il maestro del [[dōjō]].
*[[Pinacoteca di Brera]] di Milano, collezione Jesi
 
*[[Acqui Terme]], collezione Ottolenghi
Dopo poco Kanō si iscrisse al [[dōjō]] di [[Iso Masatomo]], discepolo di [[Iso Mataemon]] fondatore dello stile, che fu felice di prenderlo come suo assistente. Il maestro Iso insegnava principalmente i [[kata]] e gli [[atemi-waza]].
*[[Montebelluna]], collezione Banca Antonveneta
 
In seguito alla morte del maestro Iso e al raggiungimento della laurea in Lettere presso l'[[Università Imperiale di Tokyo]] nel [[1881]], Kanō si trovò nuovamente alla ricerca di un nuovo maestro. Chiese quindi dapprima al maestro [[Masaki Motoyama]] un rispettato maestro della [[Kitō ryū]], ma questi non essendo più in grado di insegnare data l'età, gli suggerì di fare richiesta al maestro [[Tsunetoshi Iikubo]], amico di Motoyama ed esperto di [[kata]] e di [[nage-waza]].
 
Scrive [[Brian Watson|Watson]]: «Ci sono molte differenze degne di rilievo tra lo stile Tenshin Shin'yō e lo stile Kitō. Ad esempio, il Tenshin Shin'yō possiede un maggior numero di tecniche di strangolamento e di immobilizzazione rispetto al Kitō, mentre quest'ultimo ha sempre avuto tecniche di proiezione di maggior efficacia.»<ref name=Watson2005-37>{{cita|Watson 2005|pag. 37}}</ref>
 
{{Citazione|Dopo due anni di studio e allenamento, iniziati attorno al 1878, il mio fisico cominciò a trasformarsi e al termine di tre anni avevo acquisito una notevole robustezza muscolare. Sentivo leggerezza nell'animo e m'accorgevo che il carattere alquanto irascibile che avevo da ragazzo diveniva sempre più mite e paziente e che la mia indole acquistava maggiore stabilità. Non si trattava solo di questo: ero consapevole di aver guadagnato benefici sul piano spirituale. Pertanto, alla conclusione dei miei studi di jū-jutsu, approdai a una mia verità: cioè che questo insegnamento poteva essere applicato a risolvere qualsiasi circostanza in ogni momento della vita, tanto che in me si fece strada la convinzione che tale beneficio psicofisico dovesse essere portato a conoscenza di tutti e non solo riservato a una ristretta cerchia di praticanti.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
 
=== Il [[Kodokan|Kōdōkan]] ===
[[File:Kodokan Jigoro Kano Statue.jpg|thumb|right|200px|Statua di Jigorō Kanō Shihan all'entrata del Kōdōkan di Tōkyō.]]
Contestualmente all'incarico di docente al [[Gakushuin]], il Prof. Kanō aveva deciso che era giunto il momento di lasciare il suo alloggio studentesco e di fondare un proprio [[dōjō]].
 
Scrive [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Nel febbraio 1882 aveva affittato un alloggio nel tempio di [[Eishoji|Eishō]], a [[Shitaya-kita]], nel quartiere [[Umebori]].»<ref name=Barioli2004-33>{{cita|Barioli 2004|pag. 33}}</ref>
 
E [[Brian Watson|Watson]] precisa: «In un quartiere di [[Tokyo|Tōkyō]] conosciuto come [[Shitaya-kita|Shitaya-kita Inarichō]], trovò un tempio buddhista chiamato [[Eishoji|Eishōji]] che aveva a disposizione varie stanze vuote da prendere in affitto. Dopo aver visitato il tempio e contattato l'abate, un monaco di nome [[Shumpo Asahi]], Jigorō decise di affittare tre stanze: la più piccola la tenne per sé, quella media la destinò all'accoglienza dei suoi allievi, e quella più grande la trasformò in un [[dōjō]] con un tatami costituito da dodici tappetini.»<ref name=Watson2005-40>{{cita|Watson 2005|pag. 40}}</ref>
 
Per inciso, l'[[Eishōji]] secondo l'odierna toponomastica è a [[Inarichō]] nell'area metropolitana di [[Tōkyō]], nelle vicinanze del quartiere di [[Ueno (Tokyo)|Ueno]],<ref>L'entrata dell<nowiki>'</nowiki>''Eishōji'' [http://maps.google.com/maps?ll=35.712014,139.782786&spn=0.002217,0.004823&z=18&iwloc=lyrftr:com.panoramio.all,6260703004609439824,35.711589,139.782711&lci=com.panoramio.all 東上野 永昌寺].
Tale tempio non è da confondere col suo più famoso omonimo ubicato nella città di [[Kamakura (Kanagawa)|Kamakura]]. Quello originale, ospitante il primo [[Kōdōkan]] è ancora visitabile. Ha due ingressi, uno non facilmente accessibile poiché alquanto costretto dagli edifici limitrofi, l'altro con parcheggio auto su ''Kiyosu-bashi Dori''.</ref> mentre l'attuale sede del Kōdōkan, costituita da ben otto piani e operativa dal [[1958]], è ubicata a [[Kasuga (Tokyo)|Kasuga]], [[Bunkyō (Tōkyō)|Bunkyo-ku]], sempre nell'area metropolitana di [[Tōkyō]].
 
Il Prof. Kanō riprese allora il termine "jūdō", che [[Terada Kan'emon]], il quinto [[sōke]] della [[Kitō-ryū]], aveva coniato quando aveva creato il proprio stile e fondato la sua scuola, la [[Jikishin-ryū]],<ref name=Waterhouse1982-170-171>{{cita pubblicazione
| cognome = Waterhouse
| nome = David
| anno = 1982
| titolo = Kanō Jigorō and the Beginnings of the Jūdō Movement
| conferenza = symposium
| città = Toronto
| pagine = 170-171
}}</ref>
<ref name=Draeger1973>{{cita libro|autore=Donn F. Draeger|titolo=Classical Budo - The Martial Arts and Ways of Japan|volume=2|editore=Weatherhill|id=ISBN 978-0-8348-0234-6}}</ref> ma che, come lo stesso Kanō fa notare, «esisteva anche prima della [[Restaurazione Meiji]] (un esempio ne è la scuola [[Chokushin-jūdō]]).»<ref name=Kano2005a-229>{{cita|Kano 2005 a|pag. 229}}</ref>
Lo stile venne conosciuto anche come "Kanō jū-jitsu" o "Kanō jū-dō", poi come "Kōdōkan jū-dō" o semplicemente "jū-dō" o "jūdō". Nel primo periodo, venne anche chiamato "jū-jitsu", da cui sono derivate ambiguità persistenti soprattutto all'estero fino agli anni quaranta.<ref>Al riguardo è emblematico il titolo del libro di [[O. H. Gregory]] e [[Tsunejirō Tomita]], ''Judo: La moderna scuola del Jū-Jitsu'', Chicago, O. H. Gregory, ~1906.</ref>
 
A sostegno della scientificità del metodo Kanō, scrive [[Shun Inoue]]:
{{Citazione|Dagli inizi del Kōdōkan, invece di legarsi ad una sola scuola, Kanō creò una nuova, "scientifica", arte marziale selezionando le migliori tecniche delle scuole di jūjutsu. Inizialmente egli combinò azioni di lotta e tecniche di colpo ai punti vitali proprie della Tenshin Shin'yō-ryū con le tecniche di proiezione predilette dalla Kitō-ryū. Ma Kanō non limitò la sua ricerca alle sole tecniche di queste due scuole. [...] <br /> In aggiunta all'utilizzo dei principî scientifici, Kanō fu pioniere di un nuovo metodo d'insegnamento e di una nuova concezione di rapporto tra insegnante e allievo. [...] <br /> Kanō, un razionalista, credeva nel potere della scienza e volle che il Kōdōkan judo avesse un fondamento scientifico. {{Quote|Ovviamente non fu possibile esaminare a fondo ogni tecnica del Kōdōkan jūdō su basi scientifiche. Ma in generale, poiché esse erano modellate secondo principî scientifici, la loro superiorità rispetto alle vecchie scuole fu subito evidente.|Jigorō Kanō}} Kanō la mette proprio come se lo sviluppo e la diffusione del Kōdōkan jūdō fossero una "vittoria della scienza".|Shun Inoue|From the beginning of the Kōdōkan, rather than wedding himself to any one school, Kanō created a new, "scientific" martial art by selecting the best techniques of the established schools of jūjutsu. Initially, he combined wrestling moves and techniques of delivering blows to vital points of the body emphasized in the Tenjin Shin'yō school with throwing techniques that were mainstay of the Kitō school. But Kanō did not limit his research to the techniques of these two schools. [...] <br /> In addition to utilizing scientific principles, Kanō pioneered a new mode of instruction and a new relationship between teacher and student. [...] <br /> Kanō, a rationalist, believed in the power of science and wanted Kōdōkan jūdō to be grounded in a scientific thought. {{Quote|Of course it was not possible to thoroughly investigate every technique of Kōdōkan jūdō on a scientific basis. But on the whole, because they were fashioned in accord with science, their superiority to older schools was readily apparent.<ref name=Kano1988-55>Intervista a Jigorō Kanō del 1935, tratta da: {{Ja}}{{cita pubblicazione
| cognome = Kanō
| nome = Jigorō
| anno = 1988
| titolo = Kanō Jigorō taikei
| editore = Honnotomosha
| pagine = 55
}}</ref> |Jigorō Kanō}} Kanō makes it sound as if the development and diffusion of Kōdōkan jūdō were a "victory of science".<ref name=Inoue-164-165>{{cita libro|autore=Shun Inoue|titolo=The Invention of the Martial Arts|pagine=pagg. 164-165|capitolo=From Jujutsu to Judo|lingua=inglese}}</ref>|lingua=en}}
 
Riguardo ai membri del primo [[Kōdōkan]] scrive ancora [[Brian Watson|Watson]]: «Il primo allievo di Jigorō nel nuovo [[dōjō]] fu [[Tsunejirō Tomita]], un giovane proveniente dalla [[penisola di Izu]], nella [[prefettura di Shizuoka]]» e «il secondo allievo ad essere ammesso al [[dōjō]] fu un ragazzo di nome [[Shirō Saigō]], che in seguito sarebbe diventato uno dei migliori jūdōka della sua generazione. Tra gli altri allievi che si unirono alla scuola di Kanō vi furono vari colleghi universitari di Jigorō, studenti ed ex-studenti della [[Gakushūin]], e alcuni suoi amici.»<ref name=Watson2005-40/>
Inoltre i rapporti con il maestro [[Tsunetoshi Iikubo|Iikubo]] non si erano certo interrotti, anzi, Kanō accettava di buon grado le visite del [[sōke]] della [[Kitō-ryū]] sia dal punto di vista tecnico, in quanto gli allievi potevano apprendere direttamente da Iikubo i particolari del suo [[jujitsu|jū-jutsu]], sia ovviamente dal punto di vista personale per la profonda stima che ognuno aveva dell'altro.
Tuttavia il padrone del tempio, il signor [[Shumpo Asahi|Asahi]], prete del [[Jodo-shinsu]], la più antica setta [[Buddhismo giapponese|buddhista]] del [[Giappone]],<ref name=Barioli2004-34-39>{{cita|Barioli 2004|pagg. 34-39}}</ref> a causa dei rumori dovuti alla pratica, più volte dovette redarguire Kanō e i suoi, finché non si decise di costruire il primo vero e proprio [[dōjō]] esterno ai locali del tempio.
 
Il jūdō quindi, strettamente all'arte del combattimento, venne completamente collaudato durante il periodo a cavallo tra il [[anni 1890|XIX]] e il [[anni 1900|XX secolo]]. Il riconoscimento della sua eccellenza pratica e teorica nell'ambito del {{nihongo|'''[[bujutsu]]'''|武術|bu-jutsu|extra=arti marziali}} senz'armi contribuì a salvare molti altri {{nihongo|'''[[koryu|ryū]]'''|流|ryū|extra=scuola, stile}} e metodi dall'oblio, nonostante il periodo storico non certamente favorevole. Già nel [[1905]], infatti, gran parte delle vecchie scuole di [[jujitsu|jū-jutsu]] si era integrata con il Kōdōkan contribuendo così allo sviluppo e alla diffusione del metodo Kanō in tutto il mondo.<ref name=RattiWestbrook1977-372>{{cita|Ratti, Westbrook|pag. 372}}</ref>
 
=== La filosofia del Kōdōkan jūdō ===
[[File:Kodokan dai dojo.jpg|thumb|left|200px|Panoramica del ''Dai Dōjō'' del Kōdōkan Jūdō Institute, Tokyo.]]
Nel [[1882]] [[Jigorō Kanō]] era docente di [[Lingua inglese|inglese]] ed [[economia]] alla [[Gakushūin]].<ref name=Watson2005-177>{{cita|Watson 2005|pag. 177}}</ref> Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico ed intellettuale dei giovani.
 
{{Citazione|Il jū-jutsu tradizionale, come tante altre discipline del bu-jutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco-difesa. È probabile che molti maestri abbiano anche impartito anche lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica.
Diverso è invece il caso del Kōdōkan, dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo. Il fatto è che le ricerche sul jū-jutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come "la migliore applicazione della forza mentale e fisica".<ref name=Kano2005b-228>{{cita|Kano 2005 b|pag. 228}}</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Quindi, [[Jigorō Kanō]] Shihan eliminò dal [[randori]] tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei [[kata]], in modo che si potesse praticarle senza pericoli. Ed infatti, una delle caratteristiche fondamentali del jūdō è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di [[Uke (arti marziali)|uke]] nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di [[Tori (arti marziali)|tori]], e alla presenza del [[tatami]] che assorbe la caduta di [[Uke (arti marziali)|uke]]. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o non, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale.
 
Difatti non bisogna mai dimenticare il retaggio marziale del jūdō: il Prof. Kanō studiò e approfondì le [[nage-waza]] della [[Kitō-ryū]], le [[katame-waza]] e gli [[atemi-waza]] di [[Tenshin Shin'yō-ryū]] e costituì un suo personale sistema di educazione al combattimento efficace e gratificante, supportato da forti valori etici e morali mirati alla crescita individuale e alla formazione di persone di valore.
 
Scrive [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Questa è la diversità di concezione tra il ''jūjutsu'' e il ''jūdō''. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca.»<ref name=Barioli2008-54>{{cita pubblicazione
| cognome = Barioli
| nome = Cesare
| anno = 2008
| mese = ottobre
| titolo = Il judo educazione
| rivista = Athlon
| numero = 10
| editore = FIJLKAM
| città = Roma
| pagine = 54
| url = http://venus.unive.it/venescus/judo/athlon%20rivista/ATHLON_10_2008.pdf
}}</ref>
Questa fu la vera evoluzione rispetto al jū-jutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina: {{nihongo|'''[[seiryoku-zen'yō]]'''|精力善用|extra=il miglior impiego dell'energia}} e {{nihongo|'''[[jita-kyō'ei]]'''|自他共栄|extra=tutti insieme per il mutuo benessere}}.
 
Le qualità sulle quali si poggia il codice morale del fondatore e alle quali ogni judoista dovrebbe mirare durante la pratica e la vita di tutti i giorni si rifanno agli ideali del [[bushidō]]: {{nihongo|'''gi'''|義|gi|onestà}}, {{nihongo|'''yū'''|勇|yū|coraggio}}, {{nihongo|'''jin'''|仁|jin|benevolenza}}, {{nihongo|'''rei'''|礼|rei|educazione}}, {{nihongo|'''makoto'''|誠|makoto|sincerità}}, {{nihongo|'''meiyo'''|名誉|meiyo|onore}}, {{nihongo|'''chūgi'''|忠義|chūgi|lealtà}}.
{{vedi anche|Bushidō}}
 
Per ottenere ciò, secondo gli insegnamenti del Prof. Kanō, è necessario impiegare proficuamente le proprie risorse, il proprio tempo, il lavoro, lo studio, le amicizie, al fine di migliorare continuamente la propria vita e le relazioni con gli altri, conformando cioè la propria vita al compimento del principio del "miglior impiego dell'energia". Da ciò dunque l'alto valore educativo del judo.
 
A tal proposito scrive [[Luca Stornaiuolo|Stornaiuolo]]: «L’elemento peculiare dell’ideale del Prof. Kanō, il fine ultimo della sua filosofia, è – senza mezzi termini – il cambiamento della società.
{{nihongo|''Jita-kyōei''|自他共栄}}, ossia la "mutua prosperità", è il veicolo di un immaginario pacifista e ambientalista, che vede il perfezionamento dell’uomo come la chiave di volta dell’intero sistema. La consapevolezza dell’inutilità del singolo ha il suo duale positivo nell’unione di più individui il cui obiettivo è il benessere comune. Il Kōdōkan Jūdō si propone quindi come lo strumento adatto al raggiungimento dello scopo: trascendendo l’educazione fisica ({{nihongo|''rentaihō''|練体法}}) e la teoria dell’attacco-difesa ({{nihongo|''shōbuhō''|尚武法}}), si giunge al jūdō superiore ({{nihongo|''shūshinhō''|修身法}}), dove il praticante è in armonia con se stesso e gli altri, e dove gli altri sono in armonia con loro stessi e collettivamente coi singoli.»<ref name=Stornaiuolo2011-88-89>{{cita|Stornaiuolo|pagg. 88-89}}</ref>
 
Il judo mira a compiere la sintesi tra le due tipiche espressioni della cultura giapponese antica e cioè ''Bun-bu'', la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera.
 
{{Citazione|Il dottor Kanō utilizzava un ideale giapponese molto antico: forza e cultura unite insieme. La cultura senza forza è inefficace, la forza senza cultura è barbarica. Il dottor Kanō esemplificava questo ideale nella sua persona; creò il jūdō, ma fu anche un personaggio di spicco dell’istruzione nazionale, oltre che preside di due importanti licei e autore degli scritti raccolti in tre importanti volumi.
Spiegò che l’ideogramma {{nihongo|"''bun''"|文}} comprendeva i concetti di cultura, raffinatezza, buon carattere, chiarezza di visione e d’intelligenza. {{nihongo|"''Bu''"|武}} significa capacità di combattere, forza di volontà, concentrazione, capacità di mantenere la calma. Divideva questo ideogramma in due parti; [...] La parte in basso a sinistra significa "controllare" o "fermare", la parte in alto a destra era il vecchio carattere che significava "lancia". L’ideogramma, complessivamente, significa "''controllare la lancia''".
Vuol dire che bisogna imparare a usare la lancia, non allo scopo di attaccare, ma per "controllare la lancia" con cui si viene attaccati.
Questa doveva essere la base fondamentale della forza ''bu'' che si ottiene praticando il jūdō o altre arti marziali.<ref name=Leggett2005-83>{{cita|Leggett|pag. 83}}</ref>|Trevor Leggett}}
 
=== XX secolo ===
==== Sviluppo del judo a livello mondiale ====
Il jūdō nei primi anni del [[XX secolo|Novecento]] conobbe una straordinaria diffusione in [[Giappone]] e parallelamente iniziò la sua diffusione nel resto del mondo grazie a coloro che avevano modo di entrare in contatto col Giappone, principalmente commercianti e militari, che una volta apprese le tecniche di base lo importarono poi nei loro paesi d'origine.
Non meno importante fu la venuta in [[Europa]] intorno al [[1915]] di importanti maestri giapponesi, allievi diretti di Jigoro Kano, che diedero ulteriore impulso allo sviluppo del jūdō, tra cui [[Gunji Koizumi]] in [[Inghilterra]] nel [[1920]] e [[Mikonosuke Kawaishi]] in [[Francia]].
 
==== Nascita del Brazilian Jiu-Jitsu ====
{{vedi anche|Brazilian Jiu-Jitsu}}
Come appendice del Kodokan Jūdō, negli [[Anni 1920|anni venti]], il maestro [[Mitsuyo Maeda]] portò i fondamentali del [[ne-waza]] oltreoceano insegnandoli a [[Carlos Gracie]] e [[Luis França]]. Il [[Brazilian Jiu-Jitsu]] divenne poi un'arte marziale a sé stante attraverso sperimentazioni, pratica e adattamenti ad opera del maestro [[Hélio Gracie]] e del fratello Carlos.
 
==== Morte di Kanō e secondo dopoguerra ====
Jigoro Kano morì nel [[1938]], in un periodo in cui il [[Giappone]], mosso da una nuova spinta imperialista, si stava avviando verso la seconda guerra mondiale.
Dopo la disfatta, la nazione venne posta sotto il controllo degli [[Stati Uniti d'America|USA]] per dieci anni e il jūdō fu sottoposto ad una pesante censura poiché catalogato tra gli aspetti pericolosi della cultura giapponese che spesso esaltava la guerra.
Fu perciò proibita la pratica della disciplina ed i numerosi libri e filmati sull'argomento vennero in gran parte distrutti.
Il jūdō venne poi "riabilitato" grazie al [[Comitato Olimpico Internazionale|CIO]] di cui Jigorō Kanō, primo membro asiatico<ref>Il [[CIO]] infatti precisa:{{Citazione|Judo has grown and developed as an Olympic sport. It is the first Olympic sport to have originated in Asia, with Dr Jigoro Kano being the first Asian IOC member.|[http://www.olympic.org/ijf IOC]}}</ref>, fece parte quale delegato per il [[Giappone]].
 
==== Jūdō tradizionale e jūdō sportivo ====
[[File:Judo pictogram.svg|thumb|right|100px|Pittogramma olimpico del Jūdō]]
A partire dal dopoguerra, con l'organizzazione dei primi Campionati Internazionali e Mondiali, e successivamente con la sua inclusione alle [[Giochi della XVIII Olimpiade|Olimpiadi del 1964]], il [[judo (sport)|jūdō]] si è sempre più avvicinato allo sport da combattimento e alle discipline di lotta occidentali, distaccandosi lentamente dalla tradizione tanto da assumere un'identità propria come pratica sportiva a sé stante.
 
Anche le metodologie di insegnamento e di allenamento sono mutate di conseguenza e difatti si è cominciato a privilegiare la ricerca del vantaggio minimo che permette di vincere la gara, a discapito della ricerca della tecnica magistrale che sì attribuisce la vittoria immediata ma che al contempo espone l'atleta ad un maggiore rischio di subire un contrattacco. Tale percorso è stato possibile utilizzando tecniche derivate dalla [[lotta libera]] che per efficacia in gara e affinità biomeccanica ben si uniscono alle tecniche tradizionali del jūdō pur tradendone la vocazione e la genealogia marziale.
 
Tale risvolto, inevitabile, si è acuito con l'entrata in scena negli [[anni 1980|anni ottanta]] degli atleti dell'ex [[Unione Sovietica|URSS]], spesso esperti di [[sambo]], lotta che, epurata delle tecniche di colpo, ben si presta ad un confronto agonistico e all'integrazione col jūdō.
 
In conseguenza di ciò, si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizione l'allievo-atleta di guadagnare immediatamente punti in gara, prediligendo talora posizioni statiche assolutamente contrarie alla filosofia jūdōistica classica. Inoltre, una delle conseguenze di tale impianto didattico è la scarsa considerazione degli aspetti [[educazione|educativi]] e formativi della disciplina, il che è spesso indice di scarsa preparazione dell'insegnante, che non comprende la necessità di fornire un'adeguata base tecnica e morale all'allievo prima di focalizzarsi sulla pratica agonistica.
 
{{Citazione|Come ripeto ogni volta, il judo è una disciplina concepita come Grande Via, ossia universale. Esso permette di graduare l'insegnamento secondo la necessità e l'interpretazione personale. Può essere concepito come bujutsu, può costituire un'educazione fisica, interessare la coltivazione mentale e morale, fino a permettere l'applicazione della capacità acquisite al vivere quotidiano. Diverso è invece il caso degli sport agonistici, che rappresentano un genere di attività fisica dedicato essenzialmente al risultato di vittoria-sconfitta, anche se l'allenamento ad essi, a patto che sia eseguito in modo corretto, porta un giovamento sul piano fisico e mentale e quindi può risultare efficace e utile, cosa di cui nessuno discute.
 
Fatto sta che la differenza è enorme: mentre negli sport competitivi l'obiettivo si confina nell'ambito ristretto di ricercare la vittoria, quello del judo propone una finalità ampia e complessa, tanto che possiamo definire gli sport competitivi come un'applicazione parziale dell'obiettivo in cui si riconosce la disciplina del judo. Dunque è plausibile, anzi lecito, interpretare il judo anche nell'accezione agonistica e competitiva, anche se questo rappresenta un genere di allenamento che da solo non porta al compimento dell'obiettivo vero e proprio della disciplina. In altre parole: è vero che bisogna riconoscere nell'esigenza dei tempi l'istanza del judo come sport da competizione, tuttavia senza dimenticare nemmeno per un attimo quele ne è il significato e la vera funzione.<ref name=Kano2005a-269-270>{{cita|Kano 2005 a|pagg. 269-270}}</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Allo scopo di riaffermarne il valore tradizionale, si sono costituite nel tempo associazioni sportive che tendono a far rivivere i principi espressi dal Fondatore, quantunque anch'esse si dedichino all'attività agonistica, riunite all'interno di diversi [[Ente di promozione sportiva|enti di promozione sportiva]] riconosciuti dal [[CONI]] ed [[Organizzazione non a scopo di lucro|associazioni sportive senza scopo di lucro]], tra cui le più importanti sono: [[Associazione Amici del Judo|AAdJ]], [[Nihonden Judo]]<sup>®</sup>-[[Associazione Centri Sportivi Italiani|ACSI]], [[Associazione Italiana Cultura Sport|AICS]], [[Associazione Italiana Judo|AIJ]], [[Associazione Italiana Sport Educazione|AISE]], [[Centro Sportivo Educativo Nazionale|CSEN]], [[Centro Sportivo Italiano|CSI]], [[Centro Universitario Sportivo|CUS]], [[Federazione Italiana Judo Tradizionale|FIJT]], [[Unione Italiana Sport Per tutti|UISP]], ecc.
 
Naturalmente tale movimento tradizionalista non deve essere concepito come antonimia della pratica sportiva, bensì come complemento fondamentale a quest'ultima. Come scrive lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel jūdō invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.»<ref name=Kano1925>{{cita pubblicazione
| cognome = Kanō
| nome = Jigorō
| anno = 1925
| titolo =
| rivista = Yuko no Katsudo
| città = Tokyo
}}</ref>
Mentre invece, «per coloro che si dimostrassero particolarmente portati alla competizione è lecito interpretare sportivamente la disciplina, purché non si dimentichi che l'obiettivo finale è ben più ampio.»<ref name=Kano1925/>
 
==== In Italia ====
Le prime testimonianze si riferiscono ad un gruppo di militari appartenenti alla [[Regia Marina]] i quali nel [[1905]] tennero una dimostrazione di "lotta giapponese" (cosi veniva definito il jūdō) davanti al Re d'Italia [[Vittorio Emanuele III]].
Gli ufficiali Moscardelli e [[Michele Pizzolla]], in servizio a [[Yokohama]] in Giappone ottennero, secondo quanto contenuto negli archivi della Marina, il 1º dan di jūdō già nel [[1889]].
Bisognerà però aspettare la fine degli [[Anni 1910|anni dieci]] perché si incominci a parlare di jūdō, grazie all'opera di un altro marinaio, [[Carlo Oletti]], che diresse i corsi di jūdō per l'Esercito istituiti appunto nel [[1920]].
 
Fino al [[1924]] il jūdō resterà confinato nell'ambito militare, allorquando fu costituita la '''[[FILG]]''' (Federazione Italiana Lotta Giapponese), assorbita poi nel [[1931|'31]] dalla '''[[Federazione Italiana Atletica Pesante|FIAP]]''' (Federazione Italiana Atletica Pesante), e quindi nel [[1974|'74]] dalla '''[[FILPJ]]''', (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo), che a sua volta, inglobando anche il [[karate]], cambierà denominazione in '''[[FILPJK]]''' (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate) nel 1995; infine nel luglio del 2000 l'Assemblea Nazionale decide di scindere la FILPJK in '''[[FIJLKAM]]''' (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) e [[FIPCF]] (Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica).
 
Particolare merito spetta, per la divulgazione in Italia del jūdō e per la costituzione in organizzazione federale, al Maestro Benemerito<ref>Onorificenza rilasciata dall'ente in base all'età e al contributo all'interno dello stesso.</ref> [[Tommaso Betti Berutto]], autore del testo – usato come riferimento da almeno due generazioni di insegnanti tecnici italiani, ma non certo indenne da gravi imperfezioni – "''Da cintura bianca a cintura nera''", al Maestro Benemerito [[Giovanni Bonfiglio]], pioniere del jūdō e delle arti marziali in Sicilia e Calabria già dal 1946, e all'Avv. [[Augusto Ceracchini]], cinque volte Campione d'Italia e co-istitutore dell'Accademia Nazionale Italiana Judo<ref>Ente predisposto alla formazione degli insegnanti tecnici di jūdō negli anni settanta.</ref>, al Maestro Benemerito [[Nicola Tempesta]], 8º dan, padre del jūdō napoletano, nove volte Campione d'Italia e primo italiano Campione d'Europa, e al Maestro [[Cesare Barioli]], autore di importanti testi sul jūdō di carattere tecnico, sia come metodo educativo e formativo.
 
== Le tecniche ==
Secondo il metodo d'insegnamento del Prof. Kanō, il Kōdōkan Jūdō consiste fondamentalmente nell'esercitare la tecnica di combattimento e nella ricerca teorica, entrambe cose elaborate dal principio "yawara".
 
{{Citazione|''Yawara'' significa adeguarsi alla forza avversaria al fine di ottenere il pieno controllo. Esempio: se vengo assalito da un avversario che mi spinge con una certa forza, non devo contrastarlo, ma in un primo momento debbo adeguarmi alla sua azione e, avvalendomi proprio della sua forza, attirarlo a me facendogli piegare il corpo in avanti
[...] La teoria vale per ogni direzione in cui l'avversario eserciti forza.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
 
Il jūdō offre un ricco repertorio di tecniche di combattimento, categorizzato solitamente come di seguito. Queste tecniche comprendono l'applicazione del principio ''yawara'' (non soltanto nel contesto dell'elasticità passiva intesa in senso [[buddhismo giapponese|buddhista]], ma anche come principio attivo del [[contrattacco]]), enucleano i principi dell'attacco-difesa propri del metodo Kanō e ne dimostrano l'efficacia sia nel [[autodifesa|combattimento reale]], sia nella [[judo (sport)|competizione sportiva]].<ref name=RattiWestbrook1977-372/>
 
=== Tassonomia del ''waza'' ===
Le tecniche del jūdō del Prof. Kanō, ed oggi riconosciute ufficialmente dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] di [[Tokyo|Tōkyō]], sono così suddivise:
 
* Nage-waza
:* Tachi-waza
::* Te-waza
::* Koshi-waza
::* Ashi-waza
:* Sutemi-waza
::* Ma-sutemi-waza
::* Yoko-sutemi-waza
* Katame-waza
:* Osae-komi-waza
:* Shime-waza
:* Kansetsu-waza
* Atemi-waza
:* Ude-ate
::* Yubisaki-ate
::* Kobushi-ate
::* Tegatana-ate
::* Hiji-ate
:* Ashi-ate
::* Hiza-gashira-ate
::* Sekitō-ate
::* Kakato-ate
 
==== Nage-waza (tecniche di proiezione) ====
Secondo la tassonomia tradizionale delle tecniche di jūdō, il gruppo preponderante è quello delle {{nihongo|'''nage-waza'''|投技|nage-waza|extra=tecniche di proiezione}}. Tali tecniche sono metodi di proiezione dell'avversario atti alla neutralizzazione della carica offensiva di quest'ultimo.
L'apprendimento è strutturato secondo un sistema chiamato '''[[go-kyō-no-waza]]''' che ordina 40 tecniche in 5 {{nihongo|''kyō''|教|kyō|gruppi}} di 8 tecniche, in base alla difficoltà di esecuzione e alla violenza della caduta. Il totale delle [[nage-waza]] ufficialmente riconosciute dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] e dall'[[International Judo Federation|IJF]] è di 67 tecniche.
 
* All'interno delle [[nage-waza]] si distinguono le {{nihongo|'''tachi-waza'''|立技|tachi-waza|tecniche impiedi}}, ovvero le tecniche in cui [[Tori (arti marziali)|tori]] proietta [[Uke (arti marziali)|uke]] rimanendo in una posizione di equilibrio stabile, e le {{nihongo|'''sutemi-waza'''|捨身技|sutemi-waza|tecniche di sacrificio}}, ovvero le tecniche in cui [[Tori (arti marziali)|tori]] proietta [[Uke (arti marziali)|uke]] sacrificando il suo equilibrio.
** Le [[tachi-waza]] a loro volta si suddividono in tre gruppi: {{nihongo|'''te-waza'''|手技|te-waza|tecniche di braccia}}, {{nihongo|'''koshi-waza'''|腰技|koshi-waza|tecniche di anca}} e {{nihongo|'''ashi-waza'''|足技|ashi-waza|tecniche di gamba}}.<ref name=Kano2005b-54>{{cita|Kano 2005 b|pag. 54}}</ref>
** Le [[sutemi-waza]] a loro volta si suddividono in due gruppi: {{nihongo|'''ma-sutemi-waza'''|真捨身技|ma-sutemi-waza|tecniche di sacrificio sul dorso}} e le {{nihongo|'''yoko-sutemi-waza'''|横捨身技|yoko-sutemi-waza|tecniche di sacrificio sul fianco}}.<ref name=Kano2005b-54/>
 
È tuttavia importante sottolineare che tale suddivisione biomeccanica ai fini dell'appartenenza o meno di un [[waza]] ad un gruppo, considera l'uso ''prevalente'' di una parte del corpo di [[Tori (arti marziali)|tori]], e non l'uso ''esclusivo'' di tale parte.
 
Alle [[nage-waza]] è dedicato il [[nage-no-kata]].
 
==== Katame-waza (tecniche di controllo) ====
Il secondo macrogruppo è costituito dalle {{nihongo|'''katame-waza'''|固技|katame-waza|extra=tecniche di controllo}}. Tali tecniche possono essere eseguite nel {{nihongo|''[[ne-waza]]''|寝技|ne-waza|extra=tecnica al suolo, combattimento a terra}} in successione ad un [[nage-waza]], ovvero a seguito di un {{nihongo|''hairi-kata''|入り形|hairi-kata|extra=forma d'entrata, opportunità}}, oppure –in rari casi– come azioni propedeutiche ad una proiezione.<ref name=Kano2005b-53>{{cita|Kano 2005 b|pag. 53}}</ref>
 
* Le [[katame-waza]] si suddividono in {{nihongo|'''osae-komi-waza'''|抑え込み技|osae-komi-waza|tecniche di immobilizzazione}}, {{nihongo|'''shime-waza'''|絞技|shime-waza|tecniche di strangolamento}},<ref>Sebbene formalmente le [[shime-waza]] siano generalmente tutte le tecniche di strangolamento, nella pratica si distinguono più precisamente due tipi di [[shime-waza]]: strangolamenti di tipo respiratorio (soffocamenti) e strangolamenti di tipo circolatorio. In entrambi i casi il motivo di strangolamento è il non afflusso di ossigeno al cervello, ma la caratteristica peculiare dei soffocamenti è l'interruzione dell'azione respiratoria di [[Uke (arti marziali)|uke]] con compressioni alla laringe di [[Uke (arti marziali)|uke]]; mentre nel caso degli strangolamenti propriamente detti, c'è un'interruzione fattiva del flusso sanguigno con compressioni all'arteria carotide.</ref> e {{nihongo|'''kansetsu-waza'''|関節技|kansetsu-waza|tecniche di leva articolare}}.<ref name=Kano2005b-55>{{cita|Kano 2005 b|pag. 55}}</ref>
 
Nel caso delle [[osae-komi-waza]] si possono distinguere due sottogruppi anche se tale ulteriore suddivisione trascende la tassonomia tradizionale. Esistono quindi immobilizzazioni su quattro punti d'appoggio dette {{nihongo|'''shihō-gatame'''|四方固|shihō gatame|controllo su quattro punti}} e le immobilizzazioni "diagonali" dette {{nihongo|'''kesa-gatame'''|袈裟固|kesa-gatame|controllo a fascia}}; per quanto concerne gli [[shime-waza]], è anche possibile distinguere ulteriori sottoclassificazioni non ufficiali a seconda della posizione relativa di [[Tori (arti marziali)|tori]] e [[Uke (arti marziali)|uke]], o alle prese di [[Tori (arti marziali)|tori]] su [[Uke (arti marziali)|uke]], come nel caso dei {{nihongo|'''jūji-jime'''|十字絞|jūji-jime|strangolamento a croce}}; mentre invece, per i [[kansetsu-waza]] è possibile riconoscere due sottogruppi principali, il primo indicante le leve di distensione dette {{nihongo|'''hishigi-gatame'''|挫固|hishigi-gatame|controllo distorsivo}}, e il secondo le leve di torsione degli arti dette {{nihongo|'''garami'''|緘|garami|torsione}}.
 
Alle [[katame-waza]] è dedicato il [[Katame no kata|katame-no-kata]].
 
==== Atemi-waza (tecniche di colpo) ====
* L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato {{nihongo|'''atemi-waza'''|当て身技|atemi-waza|extra=tecniche di colpo}} e si divide in: {{nihongo|'''ude-ate'''|腕当て|ude-ate|extra=colpi con gli arti superiori}} e {{nihongo|'''ashi-ate'''|足当て|ashi-ate|extra=colpi con gli arti inferiori}}.<ref name=Kano2005b-53/>
** Gli [[ude-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|'''yubisaki-ate'''|指先当て|yubisaki-ate|extra=colpi inferti con la punta delle dita}}, {{nihongo|'''kobushi-ate'''|拳当て|kobushi-ate|extra=colpi inferti con il pugno}}, {{nihongo|'''tegatana-ate'''|手刀当て|tegatana-ate|extra=colpi inferti col taglio della mano}}, ed {{nihongo|'''hiji-ate'''|肘当て|hiji-ate|extra=colpi inferti con il gomito}}.<ref name=Kano2005b-56>{{cita|Kano 2005 b|pag. 56}}</ref>
** Gli [[ashi-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|'''hiza-gashira-ate'''|膝頭当て|hiza-gashira-ate|extra=colpi inferti con il ginocchio}}, {{nihongo|'''sekitō-ate'''|石塔当て|sekitō-ate|extra=colpi inferti con l'avampiede}}, e {{nihongo|'''kakato-ate'''|踵当て|kakato-ate|extra=colpi inferti con il tallone}}.<ref name=Kano2005b-56/>
 
Lo stesso Jigorō Kanō spiega gli effetti di tali tecniche: «Un attacco sferrato con potenza contro un punto vitale può dare come risultato dolori, perdita di coscienza, menomazioni, coma o addirittura morte. Le [[atemi-waza]] vengono praticate solamente nei [[kata]], mai nel [[randori]].»<ref name=Kano2005b-53/>
 
=== Ukemi ===
È molto importante per un jūdōka saper cadere senza farsi male, ed infatti le {{nihongo|'''ukemi'''|受身|ukemi|extra=cadute}} sono le prime nozioni che vengono insegnate ai nuovi praticanti. Esistono quattro diversi tipi di [[ukemi]]:<ref name=Kano2005b-43>{{cita|Kano 2005 b|pag. 43}}</ref>
* {{nihongo|'''Mae-ukemi'''|前受身|mae-ukemi|extra=caduta in avanti frontale}}.
* {{nihongo|'''Zempō-kaiten-ukemi'''|前方回転受身|zempō-kaiten-ukemi|extra=caduta in avanti frontale con rotolamento}},<ref>Conosciuta anche come ''mae-kaiten-ukemi''.</ref> applicabile in due forme: {{nihongo|'''migi'''|右|migi|extra=destra}} e {{nihongo|'''hidari'''|左|hidari|extra=sinistra}}.
* {{nihongo|'''Ushiro-ukemi'''|後ろ受身|ushiro-ukemi|extra=caduta indietro}}.<ref>Conosciuta anche come ''ko-hō-ukemi''.</ref>
* {{nihongo|'''Yoko-ukemi'''|横受身|yoko-ukemi|extra=caduta laterale}},<ref>Conosciuta anche come ''soku-hō-ukemi''.</ref> applicabile sia a destra che a sinistra.
Il jūdō moderno tende ad interpretare la caduta come una sconfitta, ma in realtà essa è a tutti gli effetti una tecnica per consentire al corpo di scaricare senza danni l'energia cinetica accumulata durante la proiezione. Se male eseguita, possono verificarsi infortuni come [[lussazione|lussazioni]] della spalla, [[contusione|contusioni]] al capo, ai piedi, ecc.
 
=== Fasi dell'esecuzione del waza ===
==== Kuzushi ====
La possibilità di poter eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull'ottenimento di uno [[equilibrio meccanico|squilibrio]] {{nihongo|'''kuzushi'''|くずし|kuzushi|squilibrio, obliquo}} dell'avversario mediante azioni di spinta o trazione, ovvero tramite azioni ben calibrate atte al raggiungimento dello {{nihongo|'''tsukuri'''|作り|tsukuri|costruzione}}.
{{Citazione|I movimenti base di ''kuzushi'' sono la spinta e la trazione, che vengono eseguiti con tutto il corpo, e non solo con le braccia. L'azione di sbilanciamento può essere eseguita lungo una linea retta o curva, e in ogni direzione. Per neutralizzare ogni tentativo dell'avversario di farci perdere l'equilibrio, bisogna dapprima cedere alla sua azione, e poi applicare il nostro ''kuzushi''.<ref name=Kano2005b-40-41>{{cita|Kano 2005 b|pagg. 40-41}}</ref>|Jigorō Kanō}}
Viene definito {{nihongo|'''happō-no-kuzushi'''|八方のくずし|happō-no-kuzushi|extra=8 direzioni di squilibrio}} il sistema di classificazione delle direzioni di squilibrio per il quale è possibile spostare il [[centro di massa|baricentro]] del corpo dell'avversario rispetto allo {{nihongo|'''shizen-tai'''|自然体|shizen-tai|extra=posizione naturale}} nelle 8 direzioni principali disposte idealmente a mo' di [[rosa dei venti]], ossia verso l'avanti, indietro, laterale (destra e sinistra) e in diagonale (destra e sinistra).
 
==== Tsukuri e kake ====
{{Citazione| Il {{nihongo|''waza''|技}} si basa sul principio fondamentale del jūdō, che è {{nihongo|''seiryoku-zen'yō''|精力善用}} ed esso si esprime nella tecnica con le teorie di {{nihongo|''tsukuri''|作り}} e di {{nihongo|''kake''|掛け}}.
 
''Tsukuri'' è preparato dal {{nihongo|''kuzushi''|くずし}} (il quale significa rompere la postura e l'equilibrio del vostro avversario), per mettere il vostro corpo in {{nihongo|''jibun-wo-tsukuru''|自分を作る|extra=tenersi pronti}} al fine di facilitare il vostro attacco.
''Kake'' è chiamata l'applicazione dell'ultimo momento decisivo dell'azione tecnica. ''Tsukuri'' e ''kake'' possono anche essere considerati i principi fondamentali della tecnica del jūdō.
 
{{nihongo|''Seiryoku-zen'yo''|精力善用}} e {{nihongo|''jita-kyo'ei''|自他共栄}} interessano fortemente l'esercizio di ''tsukuri'' e ''kake'' e capirne e padroneggiarne la teoria serve ad applicarla a tutte le fasi della vita umana.
 
Principalmente è {{nihongo|''waza-kara-dō-ni-iru''|技から道に入る}}, entrare nella via passando dal waza.|Kōdōkan Jūdō Institute|「身体と精神を最も有効に働かせる」、これが柔道の根本原理で、この原理を技の上に生かしたのが「作り」と「掛け」の理論となります。
 
「作り」は、相手の体を不安定にする「くずし」と、自分の体が技を施すのに最も良い位置と姿勢をとる「自分を作る」ことから成り立っています。「掛け」は、この作られた一瞬に最後の決め手を施すことをいいます。 この「作り」と「掛け」は、柔道の根本原理に従った技術原理ということができます。
 
互いに、精力善用・自他共栄の根本原理に即した作りと掛けを競い合う間に、自然とこの根本原理を理解し、体得して、社会百般の実生活に生かそうとしています。
「技から道に入る」わけです。<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Waza [http://www.kodokan.org/j_basic/waza_j.html 技の原理].</ref>|lingua=ja}}
I concetti di [[tsukuri]] e di [[kake]] sono di fondamentale importanza nell'esecuzione delle tecniche. Il primo quindi si esplicita quando si è nella corretta posizione per effettuare la tecnica<ref name=Kano2005b-42>{{cita|Kano 2005 b|pag. 42}}</ref> impiegando meno energia possibile, seguendo il principio del {{nihongo|'''seiryoku-zen'yō'''|精力善用|seiryoku-zen'yō|extra=miglior impiego dell'energia}}, mentre invece il secondo è traducibile come la realizzazione materiale del gesto tecnico, o talvolta, anche solo come la proiezione.<ref name=Kano2005b-42/>
 
Il maestro [[Kyūzō Mifune]] spiega così entrambi i principî:
{{Citazione|'''TSUKURI E KAKE (POSIZIONARSI PER LA PROIEZIONE ED ESECUZIONE DELLA PROIEZIONE'''<br />
''Sincronizzazione di braccia, gambe ed ànche''<br />
Prima di eseguire una tecnica, è essenziale spostare il proprio corpo nella posizione corretta dopo aver rotto l'equilibio dell'avversario. Ciò è detto ''tsukuri''. L'esecuzione della tecnica è conosciuta come ''kake''.
Poiché l'intenzione immediata e l'azione simultanea sono insegnate dal principio, talvolta i praticanti intendono che ci sia una sequenza per le azioni di braccia, gambe e ànche. Normalmente, ''tsukuri'' precede ''kake''. E inoltre, l'elemento fondamentale da capire è usare la forza della mente per controllare braccia, gambe ed ànche, per agire in perfetto sincronismo. Questo è essenziale.|Kyūzō Mifune|'''TSUKURI AND KAKE (POSITIONING TO THROW AND EXECUTION OF THROW)'''<br />
''Synchronization of arm, leg and hips''<br />
Before executing a technique, it is essential to move your body into the correct position after having broken your opponent's balance. –This is called ''tsukuri''. The execution of the technique itself is known as ''kake''.
Because immediate intent and simultaneous action are taught from the beginning, sometimes people understand these to mean that there is a sequence for the actions of the arm, leg, and hips. As a rule, ''tsukuri'' precedes ''kake''. Also, the fundamental element to understand is to use the power of your mind to control the arms, legs, and hips, to act in perfect synchronization. –This is essential.<ref name=Mifune2004-44>{{cita|Mifune|pag. 44}}</ref>|lingua=en}}
 
=== Princìpi di esecuzione del waza ===
Secondo la didattica classica, i principi di esecuzione del ''waza'' sono tre:
 
* {{nihongo|'''Sen'''|先|sen|l'iniziativa}}.
* {{nihongo|'''Go-no-sen'''|後の先|go-no-sen|il contrasto dell'iniziativa}}.
* {{nihongo|'''Sen-no-sen'''|先の先|sen-no-sen|l'iniziativa sull'iniziativa}}.
 
==== Sen ====
Il principio '''sen''' è tutto ciò che riguarda l'attaccare l'avversario mediante tecniche dirette o {{nihongo|'''renraku-waza'''|連絡技|renraku-waza|tecniche in successione}}.
''Sen'' si applica in primo luogo tramite azioni mirate a sviluppare l'azione mantenendo l'iniziativa, continuando ad incalzare l'avversario con attacchi continui atti a portarlo in una posizione di squilibrio o comunque vulnerabile.
 
==== Go-no-sen ====
Il principio '''go-no-sen''' si attua con l'uso dei {{nihongo|'''bōgyo-no-gaeshi'''|防禦の返|bōgyo-no-gaeshi|tecniche di difesa e contrattacco}}. Tali tecniche, applicabili prima, durante o dopo l'attacco da parte dell'avversario, sono generalmente etichettate a seconda della tipologia di contrattacco: {{nihongo|'''chōwa'''|調和|chōwa|schivare}}, {{nihongo|'''gō'''|剛|gō|bloccare}}, {{nihongo|'''yawara'''|和|jū, yawara|assecondare}}.
 
==== Sen-no-sen ====
Ipotizzando che l'esecuzione del waza preveda in generale un tempo di preparazione (anche solo mentale) all'esecuzione pratica e considerando tale tempo parte dell'attacco, il principio '''sen-no-sen''' consiste nell'attaccare l'avversario quando quest'ultimo è in tale fase di preparazione.
Solo l'assidua pratica nel {{nihongo|'''randori'''|乱取り|randori|pratica libera}} permette di sviluppare la capacità di percezione delle azioni dell'avversario necessaria all'applicazione di tale principio.
 
{{Citazione|"''Sen-no-sen''" è un principio d’azione riservato a jūdōisti molto abili, che fonde i due precedenti e che richiede intuizione. Non si può allenare ''sen-no-sen'' con esercizi educativi, ma lo si comprende solo con la pratica spinta. Per fare un esempio supponiamo che l’avversario abbia una buona posizione tanto che risulta difficile affrontarlo con il principio ''sen''; tuttavia c’è un attimo in cui il suo atteggiamento mentale di difesa si rilascia per lasciare posto a quello di attacco: naturalmente non si è ancora mosso per attaccare, ha solo cambiato l’atteggiamento mentale; allora si attacca trovandolo scoperto.
''Sen-no-sen'' appare esteriormente come un attacco ''sen'', ma nel mondo interiore è come un ''go-no-sen''.<ref name=Barioli1988-111>{{cita|Barioli 1988|pag. 111}}</ref>|Cesare Barioli}}
 
=== Esercizi d'allenamento ===
* {{nihongo|'''Tandoku-renshū'''|単独練習|tandoku-renshū|esercitazione individuale}}.
* {{nihongo|'''Sōtai-renshū'''|相対練習|sōtai-renshū|esercitazione in relazione [con un compagno]}}.
* {{nihongo|'''Uchi-komi'''|打ち込み|uchi-komi|entrare dentro}}: esercizio che consiste nell'eseguire un gran numero di ripetizioni di una singola tecnica al fine di allenare il corpo a tale movimento.
* {{nihongo|'''Nage-komi'''|投げ込み|nage-komi|proiettare dentro}}: esercizio di affinamento della proiezione.
* {{nihongo|'''Yakusoku-geiko'''|約束稽古|yakusoku-keiko|allenamento con promessa, allenamento in accordo}}: scambio di tecniche in movimento con un compagno dove questi applica un'opposizione nulla o concordata.
* {{nihongo|'''Kakari-geiko'''|掛り稽古|kakari-keiko|allenamento all'attacco}}: esercizio specifico di ruolo finalizzato all'allenamento delle strategie d'attacco (o di difesa).
* {{nihongo|'''Randori'''|乱取|randori|pratica libera}}.
* {{nihongo|'''Shiai'''|試合|shiai|gara, competizione}}.
 
== I kata ==
I {{nihongo|'''[[kata]]'''|形|kata|forma}} sono costituiti da esercizi di tecnica e di concentrazione di particolare difficoltà e racchiudono in sé la sorgente stessa dei principî del jūdō. La buona esecuzione dei [[kata]] necessita di lunghi periodi di pratica e di studi approfonditi, al fine di apprenderne il senso profondo.
 
{{Citazione|Prima dell'era Meiji, molti maestri di jū-jutsu insegnavano solo i kata. Ma io ho studiato sia il Tenshin Shin'yō jū-jutsu che il Kitō jū-jutsu, ed entrambi gli stili includono la pratica sia dei kata che del randori. Se dovessi paragonare il jū-jutsu ad una lingua, allora direi che lo studio dei kata può essere associato allo studio della grammatica, mentre la pratica del randori può essere associata alla scrittura. [...] Agli studenti avanzati piace cambiare spesso il compagno di allenamento durante il randori, e molti di loro tendono a trascurare lo studio dei kata.
Nell'esecuzione dei kata, tori indietreggia quando viene attaccato da uke, per poi rivolgere la forza dell'avversario contro lui stesso. Questa è la flessibilità del jūdō: una cedevolezza iniziale prima della vittoria finale.<ref name=Watson2005-56-57>{{cita|Watson 2005|pagg. 56-57}}</ref>|Jigorō Kanō}}
 
Scrive inoltre [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Il signor Kanō riteneva di utilizzare le "forme" per conservare la purezza del jūdō attraverso il tempo e le interpretazioni personali. Ma il barone [[Kanetaka Ōura|Ōura]], primo presidente del [[Dai Nippon Butoku Kai|Butokukai]], ci vedeva la possibilità (1895) di proporre una base comune alle principali scuole di jū-jutsu, per presentare al mondo la tradizione di lotta del grande Giappone.»<ref name=Barioli2008-53>{{cita pubblicazione
| cognome = Barioli
| nome = Cesare
| anno = 2008
| mese = ottobre
| rivista = Athlon
| titolo = Il judo educazione
| editore = FIJLKAM
| città = Roma
| numero = 10
| pagine = 53
| url = http://venus.unive.it/venescus/judo/athlon%20rivista/ATHLON_10_2008.pdf
}}</ref>
Ed infatti, come lo stesso Kanō scrive nelle sue memorie, sia il ''kime-no-kata'' che il ''katame-no-kata'' ed il ''nage-no-kata'' furono formalizzati dal Kōdōkan e ratificati (con qualche modifica) dal [[Dai Nippon Butoku Kai|Dai Nippon Butokukai]] per un utilizzo su scala nazionale,<ref name=Watson2008-80>{{cita|Watson 2008|pag. 80}}</ref> ed attualmente, su scala mondiale.
 
[[File:Sato koshiki.jpg|thumb|right|200px|Il maestro Tadashi Satō mentre dimostra una tecnica del ''koshiki-no-kata'' all'EJU Kata Seminar, Roma, 2013.]]
Il [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] riconosce come ufficiali i seguenti [[kata]]:<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Kata [http://www.kodokan.org/j_basic/kata_j.html 形と乱取について].</ref>
* {{nihongo|[[Nage no kata|'''Nage-no-kata''']]|投の形|nage-no-kata|extra=forme delle proiezioni}}.<ref>Composto di 5 gruppi: ''te-waza'', ''koshi-waza'', ''ashi-waza'', ''mae-sutemi-waza'', ''yoko-sutemi-waza''.</ref>
* {{nihongo|[[Katame no kata|'''Katame-no-kata''']]|固の形|katame-waza|extra=forme dei controlli}}.<ref>Composto di 3 gruppi: ''osae-komi-waza'', ''shime-waza'', ''kansetsu-waza''.</ref>
* {{nihongo|[[Kime no kata|'''Kime-no-kata''']]|極の形|kime-no-kata|extra=forme della decisione}}.<ref>Anticamente chiamato {{nihongo|'''shinken-shōbu-no-kata'''|真剣勝負の形|shinken-shōbu-no-kata|extra=forme del combattimento reale}}.</ref>
* {{nihongo|[[Ju no kata|'''Jū-no-kata''']]|柔の形|jū-no-kata|extra=forme dell'adattabilità}}
* {{nihongo|[[Kodokan Goshin Jutsu|'''Kōdōkan goshin-jutsu''']]|講道館護身術|Kōdōkan goshin-jutsu|extra=arte di autodifesa del Kōdōkan}}.<ref>Istituito nel 1956 ad uso delle forze dell'ordine giapponesi.</ref>
* {{nihongo|[[Itsutsu no kata|'''Itsutsu-no-kata''']]|五の形|itsutsu-no-kata|extra=forme dei cinque principî}}.
* {{nihongo|[[Koshiki no kata|'''Koshiki-no-kata''']]|古式の形|koshiki-no-kata|extra=forme antiche}}.<ref>Rievocazione delle forme della [[Kitō-ryū]] di [[jujitsu|jū-jutsu]]. Vedi [http://www.youtube.com/watch?v=ot5z7viZhqc Koshiki-no-kata] (''tori'': [[Jigoro Kano]], ''uke'': [[Yoshiaki Yamashita]]).</ref>
* {{nihongo|[[Seiryoku Zen'yo Kokumin Taiiku no Kata|'''Seiryoku-zen'yō kokumin-taiiku-no-kata''']]|精力善用国民体育|Seiryoku-zen'yō kokumin-taiiku-no-kata|extra=forme dell'educazione fisica nazionale del miglior impiego dell'energia}}.
L'insieme di [[nage-no-kata]] e [[Katame no kata|katame-no-kata]] viene anche definito {{nihongo|'''randori-no-kata'''|乱取りの形|randori-no-kata|forme della pratica libera}} poiché in essi vi sono i principî e le strategie in uso nel {{nihongo|'''randori'''|乱取り|randori|pratica libera}}.
 
Non ufficialmente riconosciuto dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] è il:
* {{nihongo|[[Go no kata|'''Gō-no-kata''']]|剛の形|gō-no-kata|extra=forme della forza}}.<ref>Questo è il primo kata adottato dal jūdō caduto però in disuso dopo la morte del Prof. [[Jigorō Kanō]] il quale ne abbandonò lo sviluppo in favore del [[Ju no kata|''jū-no-kata'']].</ref>
 
Inoltre, non riconosciuti dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] in quanto creati ''ad hoc'' da maestri o ex-maestri del Kōdōkan in base alle proprie caratteristiche tecniche, sono:
* {{nihongo|[[Nage ura no kata|'''Nage-ura-no-kata''']]|投裏の形|nage-ura-no-kata|extra=forme delle controproiezioni}}.<ref>Ad opera di [[Kyuzo Mifune|Kyuzō Mifune]], ''jūdan'' ed allievo diretto di [[Jigorō Kanō]] [[Shihan]].</ref>
* {{nihongo|[[Go no sen no kata|'''Go-no-sen-no-kata''']]|後の先の形|go-no-sen-no-kata|extra=forme del contrasto dell'iniziativa}}.<ref> Ad opera di [[Mikonosuke Kawaishi]], creatore di uno stile personale ed insegnante in [[Francia]].</ref>
 
== Il dōjō ==
[[File:Dojo organization.png|thumb|left|200px|Schema dell'interno di un ''[[dōjō]]'' tradizionale.]]
Il luogo dove si pratica il jūdō si chiama {{nihongo|'''[[dōjō]]'''|道場|dōjō|extra=luogo (di studio) della via}}, termine usato anche nel [[buddhismo giapponese]] ad indicare la camera adibita alla pratica della meditazione {{nihongo|'''[[zazen]]'''|坐禅|zazen|posizione dello zen}}, e per estensione, indica un luogo ove il {{nihongo|''reihō''|礼法|reihō|extra=etichetta}} è requisito fondamentale.
{{Citazione|Quando si visita un dōjō per la prima volta, generalmente si rimane colpiti dalla sua pulizia e dall'atmosfera solenne che lo pervade. Dovremmo ricordarci che la parola "''dōjō''" deriva da un termine buddhista che fa riferimento al "luogo dell'illuminazione". Come un monastero, il dōjō è un luogo sacro visitato dalla persone che desiderano perfezionare il loro corpo e la loro mente.<br />
La pratica del randori e dei kata viene eseguita nel dōjō, che è anche il luogo in cui si disputano le gare di combattimento.<ref name=Kano2005b-24>{{cita|Kano 2005 b|pag. 24}}</ref>|Jigorō Kanō}}
Nel [[dōjō]], il jūdō viene praticato su un materassino chiamato {{nihongo|'''[[tatami]]'''|畳|tatami}}.
Il tatami in Giappone è fatto di paglia di riso, ed è la normale pavimentazione delle abitazioni in stile tradizionale. Fino agli anni settanta circa si è usato anche per la pratica del jūdō, ma oggi, per fini igienici ed ergonomici, si usano materiali sintetici: infatti per la regolare manutenzione del [[dōjō]] è importante che i tatami siano facili da pulire, e per consentire ai jūdōka di allenarsi confortevolmente, devono essere sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare ed adeguatamente elastici da poter attutire la caduta.
 
Il [[dōjō]] ha una organizzazione definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i [[Punto cardinale|punti cardinali]]:
* Nord: {{nihongo|'''Kamiza'''|上座|kamiza|extra=posto d'onore}}, che rappresenta la saggezza, è riservato al {{nihongo|'''[[sensei]]'''|先生|sensei|insegnante}} titolare del [[dōjō]] alle spalle del quale è apposta l'immagine di [[Jigorō Kanō]] [[Shihan]].
* Est: {{nihongo|'''Jōseki'''|上席|jōseki|extra=posto degli alti gradi}}, che rappresenta la virtù, è riservato ai {{nihongo|'''[[sempai]]'''|下席|senpai|extra=compagno maggiore}}, agli ospiti illustri, o in generale agli {{nihongo|'''yūdansha'''|有段者|yūdansha|extra=portatori di dan}}.
* Sud: {{nihongo|'''Shimoza'''|下座|shimoza|extra=posto inferiore}}, che rappresenta l'apprendimento, è riservato ai {{nihongo|'''mudansha'''|無段者|mudansha|extra=non portatori di dan}}.
* Ovest: {{nihongo|'''Shimoseki'''|下席|shimoseki|extra=posto dei bassi gradi}}, che rappresenta la rettitudine, è generalmente vuoto, ma all'occorrenza è occupato dai 6ⁱ ''kyū''.
L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a ''kamiza'', i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra. Il capofila di ''shimoza'', usualmente il più esperto tra i ''mudansha'', di norma è incaricato del rispetto del ''reihō''. In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione del {{nihongo|'''seiza'''|正座|seiza|extra=posizione formale}} in ginocchio, del {{nihongo|'''mokusō'''|黙想|mokusō|extra=silenzio contemplativo}} e del suo termine {{nihongo|'''yame'''|止め|yame|extra=fine}}, del saluto al fondatore {{nihongo|'''shōmen-ni-rei'''|正面に礼|shōmen-ni-rei|extra=saluto al principale}}, del saluto al maestro {{nihongo|'''sensei-ni-rei'''|先生に礼|sensei-ni-rei|extra=saluto all'insegnante}}, del saluto a tutti i praticanti {{nihongo|'''otagai-ni-rei'''|お互いに礼|otagai-ni-rei|extra=saluto reciproco}}, e del ritorno alla posizione eretta {{nihongo|'''ritsu'''|立|ritsu, tachi|extra=in piedi}}.
 
Nei [[dōjō]] tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove vi sono conservate le armi per la pratica dei [[kata]]: {{nihongo|'''bokken'''|木剣|bokken|extra=spada di legno}}, {{nihongo|'''tantō'''|短刀|tantō|extra=pugnale}}, {{nihongo|'''bō'''|棒|bō|extra=bastone}}, e {{nihongo|'''kenjū'''|拳銃|kenjū|extra=pistola}}<ref>Naturalmente la pistola usata per la pratica dei [[kata]] è di legno o di gomma, anche se fino agli anni '90 era consentito dimostrare il Kōdōkan goshin-jutsu con una pistola reale privata di caricatore e senza colpo in canna.</ref>; e il {{nihongo|'''nafudakake'''|名札掛|nafudakake|extra=tabella dei nomi}}, dove sono affissi in ordine di grado i [[tag]] di tutti i jūdōka appartenenti al [[dōjō]].
 
=== Il tatami per lo shiai ===
Il tatami utilizzato nelle competizioni {{nihongo|'''shiai'''|試合|shiai|extra=gara, competizione}} deve avere le misure minime di 12×12&nbsp;m per le classi Esordienti A e B; e di 13×13&nbsp;m per le classi Cadetti, Juniores e Seniores, ed uno spessore di almeno 4 centimetri. Al centro vi è l'area di combattimento di dimensioni minime di 6×6&nbsp;m per le classi Esordienti A e B, e di 7×7&nbsp;m per le classi Cadetti, Juniores e Seniores; e dimensioni massime di 10×10&nbsp;m. La zona di pericolo di colore rosso di 1 metro di larghezza è stata abolita nel 2007<ref name=PAF2007>[[FIJLKAM]] Programma dell'Attività Federale 2007.[http://www.fijlkam.it/fileadmin/documenti/judo/UfficioGare_PAF/PAF_judo_011206.pdf]</ref> a seguito delle delibere [[International Judo Federation|IJF]] in materia,<ref>IJF, Sports and Organization Rules, Standards Requirements for Competition Area (MAT) and Tatamis, [http://www.intjudo.eu/index.php?Menu=Static_Page&Action=List&m_static_id=45&lang_id=2&mid=1&main=12#18] ultimo aggiornamento: 25 luglio 2004.</ref> disponendo così della sola area di combattimento interna e dell'area di sicurezza esterna, quest'ultima di larghezza non inferiore a 3&nbsp;m.<ref name=PAF2010>[[FIJLKAM]] Programma dell'Attività Federale 2010.[http://www.fijlkam.it/fileadmin/documenti/judo/UfficioGare_PAF/PAF_JUDO_2010.pdf]</ref>
 
== Il jūdōgi ==
{{vedi anche|Jūdōgi}}
I jūdōka vestono una divisa chiamata {{nihongo|'''[[jūdōgi]]'''|柔道着|jūdōgi|extra=divisa da jūdō}}<ref>La corretta pronuncia è [dʒu'dɔgi], ''cfr.'' l'italiano "[[ghiro]]" [ɡiro].</ref> composta dagli {{nihongo|'''zubon'''|ズボン|zubon|pantaloni}} di [[Cotone (tessuto)|cotone]] bianco rinforzato soprattutto alle ginocchia e da una {{nihongo|'''uwagi'''|上着|uwagi|giacca, casacca}} anch'essa bianca di cotone rinforzato, tenuti insieme da una {{nihongo|'''obi'''|帯|obi|cintura}} colorata. Introdotto da [[Jigorō Kanō]] nel jūdō per la prima volta, l'uso del colore della cintura serve per il riconoscimento del grado e dunque presumibilmente dell'esperienza del jūdōka.
 
{{vedi anche|Judo (sport)}}
Durante le competizioni i contendenti indossano una obi bianca o rossa, generalmente da sola oppure più raramente in aggiunta alla propria (e solo se codesta è nera), allo scopo di essere distinti chiaramente ed evitare errori nell'attribuzione dei punteggi di gara. Nelle competizioni internazionali si diversifica il colore del ''jūdōgi'' anziché quello della cintura, per rendere ancora più distinguibili i contendenti sia per l'arbitro che soprattutto per il pubblico, specialmente televisivo.
 
== Il sistema di graduazione ==
Ad ogni praticante viene attribuito un grado che identifica sinteticamente -almeno nelle intenzioni di [[Jigoro Kano|Jigorō Kanō]] Shihan- il suo livello tecnico e quindi la conoscenza e l'abilità nel waza, la sua condotta etica e morale, così come la capacità di applicare i principi del jūdō alla vita quotidiana.
Jigorō Kanō stesso, in un articolo del 1918, indica i criteri per la promozione di dan:
 
{{Citazione|'''La promozione ai vari gradi'''
Esistono casi in cui è prevista la bocciatura alla classe superiore o il rinvio dell'esame, quando vengono rilevate situazioni di noncuranza o inosservanza delle regole fondamentali che ogni allievo è tenuto a conoscere; oppure di fronte alla constatazione di un procedimento scorretto nella modalità di apprendimento. [...] Nell'esame di promozione rientrano naturalmente anche altre considerazioni, quali il livello di comprensione dei principî del jūdō, l'attitudine comportamentale del candidato, ecc. Ad esempio, di recente abbiamo preso l'iniziativa di inviare a una scuola superiore un regolamento riguardante gli esami di promozione in cui si precisano i seguenti canoni da tenere in considerazione per le valutazioni:
* Portamento corporeo;
* Educazione e rispetto dei riti;
* Capacità tecnica e fisica;
* Comportamento individuale operoso o indolente.<ref name=Kano2005a-59>{{cita|Kano 2005 a|pag. 59}}</ref>|Jigorō Kanō}}
 
La classificazione prevede una divisione tra ''mudansha'', ovvero i non portatori di ''[[dan (arti marziali)|dan]]'', e gli ''yūdansha'', ovvero i portatori di ''[[dan (arti marziali)|dan]]''.
Tale classificazione, ad opera del Prof. Kanō, è una evoluzione del sistema tradizionale basato su onorificenze, ancora in uso al [[Dai Nippon Butoku Kai]], che prevede l'assegnazione di titoli onorifici a seconda dell'esperienza del praticante.
 
{{Citazione|L'introduzione del nostro sistema di graduazione avvenne subito dopo la fondazione del Kōdōkan nel 1882. Precedentemente le qualifiche variavano da scuola a scuola, ma in genere risultavano suddivise in tre livelli: Mokuroku, Menkyō e Kaiden, con conferimento del rotolo di attestato, che conteneva anche altri dati e raccomandazioni.
Chi riusciva a superare il livello dilettantistico poteva pertanto allinearsi nella qualifica ''Mokuroku''; progredendo ulteriormente e acquistando la competenza didattica, veniva concesso il ''Menkyō'', con l'autorizzazione di insegnare il jū-jutsu della propria scuola; progredendo ancora e con l'acquisizione dell'abilità che si può definire magistrale, finalmente veniva conferito il certificato di ''Kaiden'', contenente la dichiarazione di aver trasmesso al titolare ogni segreto orale e scritto della disciplina.
I gradi erano al massimo cinque, con lunghi intervalli di tempo tra uno e l'altro, cosa che personalmente trovavo controproducente non solo sul piano didattico, ma anche nell'incoraggiare gli allievi.<ref name=Kano2005a-66>{{cita|Kano 2005 a|pag. 66}}</ref>|Jigorō Kanō}}
L'uso delle cinture, quindi, è stato introdotto sostanzialmente dal Prof. Kanō col fine di esplicitare il grado effettivo del praticante, ma è da attribuire agli occidentali (e più precisamente, prima ai francesi in accordo col metodo di [[Mikonosuke Kawaishi]] e successivamente ai brasiliani con i fratelli [[Carlos Gracie|Carlos]] ed [[Helio Gracie]]) l'uso sistematico delle cinture colorate per i ''mudansha''.
 
Tale sistema di graduazione non è standard in tutto il mondo, ma generalmente prevede i seguenti colori per identificare i jūdōka dal 6º al 1º kyū: bianco, giallo, arancione, verde, blu, e marrone.
Al momento è tuttavia in uso in molte associazioni sportive italiane un sistema di graduazione per i ''mudansha'' che prevede anche l'attribuzione di mezze-cinture, che nonostante siano in antitesi al judo tradizionale, sono state introdotte negli ultimi anni con il pretesto di gratificare l'allievo e portarlo gradualmente all’effettiva capacità intellettiva e tecnica verso il compimento del 14º anno di età. Esistono quindi, tra i vari kyū, le cinture: bianco-gialla, gialla-arancione, arancio-verde, verde-blu e la blu-marrone.
 
Per gli ''yūdansha'', invece, esiste uno standard globalmente accettato che è quello del Kōdōkan di Tōkyō, che prevede i seguenti colori: nera dal 1º al 5º dan, bianco-rosso dal 6º all'8º dan, e rosso per il 9º e il 10º dan.
Le donne, inoltre, per tradizione, possono indossare la cintura del grado a cui appartengono, con una particolare riga bianca orizzontale.<ref name=Kano2005b-25>{{cita|Kano 2005 b|pag. 25}}</ref>
 
=== In Italia ===
In [[Italia]], i gradi inferiori alla cintura nera sono rilasciati in seguito ad un esame periodico organizzato dall'Insegnante Tecnico del club. Per ottenere invece il grado di cintura nera 1º dan ci sono diversi percorsi:
* Al 15º anno di età, i possessori del grado di 2º kyū, possono ottenere il 1º dan per meriti agonistici classificandosi almeno al 3º posto al Campionato Italiano Cadetti; oppure al 17º anno di età, i possessori del grado di 1º kyū, classificandosi nei primi 7 al Campionato Italiano Juniores; oppure dal 17º al 23º anno di età, i possessori del grado di 1º kyū, classificandosi nei primi 7 al Campionato Italiano Under 23.<ref name=PAF2010/>
* Al 18º anno di età, i possessori del grado di 2º kyū, possono partecipare al Grand Prix 1º e 2º dan il quale prevede una serie di tornei a punteggio: al raggiungimento della soglia di 40 punti si ottiene il 1º dan, e al raggiungimento di ulteriori 50 punti, il 2º dan.<ref name=PAF2010/>
* Al 16º anno di età, per coloro i quali fossero 1º kyū da almeno 2 anni, è possibile sostenere un esame teorico-pratico indetto dal Comitato Regionale.<ref name=EsamiGraduazione>[[FIJLKAM]] Esami di Graduazione. [http://www.fijlkam.it/fileadmin/documenti/didattica/judo/J_Esami_Graduazione_01.pdf]</ref>
 
Di seguito altre regole per la promozione a dan successivi (valide in Italia):
* I medagliati ad un Campionato Italiano di classe ottengono generalmente la promozione al dan successivo, fino al 3º dan, direttamente dal Presidente della [[FIJLKAM]].
* I medagliati ad un Campionato Europeo di classe ottengono generalmente la promozione al dan successivo, fino al 4º dan, direttamente dal Presidente dell'[[EJU]].
* I medagliati ad un Campionato Mondiale o alle Olimpiadi ottengono generalmente la promozione al dan successivo, fino al 5º dan, direttamente dal Presidente dell'[[International Judo Federation|IJF]].
 
Per l'ottenimento di gradi dal 1º al 5º dan, tuttavia, è possibile sostenere un esame di graduazione regionale (fino al 3º dan), o nazionale (fino al 5º dan), rispettando i vincoli temporali minimi, ovvero di ''n+1'' anni di attesa per ogni esame di graduazione, dove ''n'' è il proprio dan, fino al 5º dan.<ref name=EsamiGraduazione/> Dan successivi vengono attribuiti –almeno in Italia–, principalmente, per meriti politici.
 
{| border="0" cellpadding="2" cellspacing="1" width="60%"
|-
| align=center|'''[[Kyū]]'''
| align=center|[[Dan (arti marziali)|'''Dan''']]
|-
| style="vertical-align:top;" |
{| width="100%" class="wikitable"
|-
! [[Kyū]]
! [[Kanji]]
! [[Rōmaji]]
! colspan=2 | Colore
|-
| align=center | 6
| 六級
| Rokkyū
| width="20px" bgcolor="white"|
| [[bianco]]
|-
| align=center | 5
| 五級
| Gokkyū
| width="20px" bgcolor="yellow"|
| [[giallo]]
|-
| align=center | 4
| 四級
| Yokkyū
| width="20px" bgcolor="orange"|
| [[arancione]]
|-
| align=center | 3
| 三級
| Sankyū
| width="20px" bgcolor="green"|
| [[verde]]
|-
| align=center | 2
| 二級
| Nikyū
| width="20px" bgcolor="blue"|
| [[blu]]
|-
| align=center | 1
| 一級
| Ikkyū
| width="20px" bgcolor="brown"|
| [[marrone]]
|}
|
{| width="100%" class="wikitable"
|-
! [[Dan (arti marziali)|Dan]]
! [[Kanji]]
! [[Rōmaji]]
! colspan=3 | Colore
|-
| align=center | 1
| 初段
| Shodan
| colspan=2 width="20px" bgcolor="black" rowspan=5 |
| rowspan=5 |[[nero]]
|-
| align=center | 2
| 二段
| Nidan
|-
| align=center | 3
| 三段
| Sandan
|-
| align=center | 4
| 四段
| Yodan
|-
| align=center | 5
| 五段
| Godan
|-
| align=center | 6
| 六段
| Rokudan
| width="10px" bgcolor="white" rowspan=3|
| width="10px" bgcolor="red" rowspan=3|
| rowspan=3|[[bianco]]-[[rosso]]
|-
| align=center | 7
| 七段
| Nanadan
|-
| align=center | 8
| 八段
| Hachidan
|-
| align=center | 9
| 九段
| Kudan
| colspan=2 rowspan=2 bgcolor="red"|
| rowspan=2 | [[rosso]]
|-
| align=center | 10
| 十段
| Jūdan
|}
|}
 
== Profilo degli illustri maestri di jūdō ==
=== Kōdōkan ===
==== 10ⁱ dan ====
===== Maschi =====
* '''[[Yoshitsugu Yamashita]]''' ([[Giappone]], 1865–1935, conosciuto anche come ''Yoshiaki Yamashita'') promosso postumo nel 1935. Pioniere del jūdō negli [[Stati Uniti]], è stato il primo jūdōka ad essere riconosciuto ''jūdan''.
* '''[[Hajime Isogai]]''' ([[Giappone]], 1871–1947) promosso nel 1937.
* '''[[Hidekazu Nagaoka]]''' ([[Giappone]], 1876–1952) promosso nel 1937.
* '''[[Kyūzō Mifune]]''' ([[Giappone]], 1883–1965) promosso nel 1945. È considerato il più grande esperto di jūdō dopo [[Jigorō Kanō]].
* '''[[Kunisaburō Iizuka]]''' ([[Giappone]], 1875–1958) promosso nel 1946.
* '''[[Kaichirō Samura]]''' ([[Giappone]], 1880–1964) promosso nel 1948.
* '''[[Shotarō Tabata]]''' ([[Giappone]], 1884–1950) promosso nel 1948.
* '''[[Kotarō Okano]]''' ([[Giappone]], 1885–1967) promosso nel 1967.
* '''[[Matsutarō Shoriki]]''' ([[Giappone]], 1885–1969) promosso nel 1969. È conosciuto anche come il padre del [[baseball]] professionistico giapponese.
* '''[[Shōzō Nakano]]''' ([[Giappone]], 1888–1977) promosso nel 1977.
* '''[[Tamio Kurihara]]''' ([[Giappone]], 1896–1979) promosso nel 1979.
* '''[[Sumiyuki Kotani]]''' ([[Giappone]], 1903–1991) promosso il 27 aprile 1984.
* '''[[Ichirō Abe]]''' ([[Giappone]], 1923–) promosso l'8 gennaio 2006. Ex direttore generale della [[All-Japan Judo Federation]].
* '''[[Toshirō Daigō]]''' ([[Giappone]], 1926–) promosso l'8 gennaio 2006. Due volte campione degli [[All-Japan Judo Championship]] ed ex manager della nazionale giapponese di jūdō. È attualmente il direttore degli insegnanti del Kōdōkan. Il suo soprannome è "''Mr. Kōdōkan''".
* '''[[Yoshimi Ōsawa]]''' ([[Giappone]], 1927–) promosso l'8 gennaio 2006. Grande promotore del jūdō femminile.
 
==== 9ⁱ dan ====
===== Maschi<ref name="lista incompleta">Lista incompleta.</ref> =====
* '''[[Haruki Uemura]]''' ([[Giappone]], 1951–) promosso nel 2007. Campione del Mondo a [[Campionati mondiali di judo 1975|Vienna nel 1975]] e Campione Olimpico a [[Giochi della XXI Olimpiade|Montréal nel 1976]]. È l'attuale presidente del [[Kodokan|Kōdōkan Jūdō Institute]].
* '''[[Saburō Matsushita]]'''.
* '''[[Hiroyuki Hasegawa]]'''.
* '''[[Hiroshi Nishioka]]'''.
* '''[[Kiyoshi Kobayashi (Judo)|Kiyoshi Kobayashi]]'''.
* '''[[Eihachiro Okamoto]]'''.
* '''[[Yoshizo Matsumoto]]'''.
* '''[[Teizo Kawamura]]'''.
 
===== Femmine =====
* '''[[Keiko Fukuda]]''' ([[Giappone]]/[[Stati Uniti]], 1913–2013) promossa l'8 gennaio 2006. Nipote di [[Hachinosuke Fukuda]] ed espatriata negli [[Stati Uniti]]. È l'unica donna al mondo mai insignita di tale grado.
 
=== IJF ===
==== 10ⁱ dan ====
===== Maschi =====
* '''[[Charles Palmer]]''' ([[Inghilterra]], 1930–2001) promosso dall'[[IJF]] nel 1996.
* '''[[Anton Geesink]]''' ([[Paesi Bassi]], 1934–2010) promosso dall'[[IJF]] nel 1997.
* '''[[George Kerr]]''' ([[Scozia]], 1937–) promosso dall'[[IJF]] nel 2010.
 
==== 9ⁱ dan ====
===== Maschi =====
* '''[[Ken Noritomo Otani]]''' ([[Giappone]]/[[Italia]], 1920–) promosso dall'[[IJF]] il 26 marzo 2000.<ref>[http://fiammayamato.ponesoft.it/interne/04-Ricerche.asp?Modo=12&IDArc=20.70.17%C513%2F6%2F2007 Ken Otani - Conferimento 9º dan]</ref>
* '''[[Franco Cappelletti]]''' ([[Italia]], ?) promosso dall'[[IJF]] nel 2007.
 
=== Federazioni nazionali ===
==== 10ⁱ dan ====
===== Maschi<ref name="lista incompleta"/> =====
* '''[[Mikonosuke Kawaishi]]''' ([[Giappone]]/[[Francia]], 1899–1969) promosso dalla [[FFJDA]] il 1º gennaio 1957.<ref>[http://83.206.59.187/extranet/cd_textes_off_07-08/Pages/FF%20Judo%20115.pdf LISTE DES HAUT GRADÉS]</ref>
* '''[[Philip S. Porter]]''' ([[Stati Uniti]], 1925–2011) promosso dalla [[USMA]] il 1º gennaio 2005.
* '''[[Henri Courtine]]''' ([[Francia]], 1930–) promosso dalla [[FFJDA]] il 10 dicembre 2007.<ref>[http://www.judoinfo.com/courtine.htm Henri Courtine, 10th Dan Promotion]</ref>
* '''[[Jaap Nauwelaerts de Agé]]''' ([[Paesi Bassi]], 1917–), promosso dalla [[Judo Bond Nederland|JBN]] il 15 novembre 2008.
* '''[[George Lee Harris]]''' ([[Stati Uniti]] 1933–2011): promosso postumo dalla [[USJA]] il 15 gennaio 2011.<ref>[http://www.goltzjudo.com/George%20Harris%20PR%201-11.pdf Comunicato stampa], 22 gennaio 2011.</ref>
* '''[[Yoshihirō Uchida]]''' ([[Stati Uniti]], 1920–) promosso dall'[[USA Judo]] il 19 luglio 2013.
 
===== Femmine =====
* '''[[Keiko Fukuda]]''' ([[Giappone]]/[[Stati Uniti]], 1913–2013) promossa dall'[[USA Judo]] il 28 luglio 2011 e dalla [[USJF]] il 10 settembre 2011.
 
== Note ==
{{<references|3}}/>
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=SilvanoArturo AddamianiMartini|titolo=JudoLa Kata|volume=Vol.scrittura 2,lingua 3morta e altri scritti|cittàeditore=RomaAbscondita|editorecitt=[[Edizioni Mediterranee]]Milano|anno=19762001|idcid=ISBNArturo 978-88-272-0347-7Martini}}
* {{cita libro|autore=CesareGino BarioliScarpa|titolo=IlColloqui librocon delArturo judoMartini|editore=Rizzoli|città=Milano|editore=Giovanni De Vecchi Editore|anno=1988|id=ISBN 88-412-2016-31968|cid=BarioliGino 1988Strada}}
*{{cita libro|autore1=Mario De Micheli|autore2=Claudia Gian Ferrari|autore3=Giovanni Comisso|titolo=Le lettere di Arturo Martini|editore=Charta|anno=1992}}
* {{cita libro|autore=Cesare Barioli|titolo=L'avventura del judo|città=Milano|editore=Vallardi Industrie Grafiche|anno=2004|id=ISBN 978-88-7696-368-1|cid=Barioli 2004}}
* {{cita libro|autorecuratore=TommasoGuido Betti BeruttoPerocco|titolo=DaArturo cintura bianca a cintura neraMartini|editore=Editalia|città=Roma|editore=Nuova Editrice Spada|anno=2004|id=ISBN 978-88-8122-145-51962}}
* {{cita libro|autore=OtelloPontiggia BisiElena|titolo=CapireArturo ilMartini: Judola vita in figure|città=Reggio EmiliaMonza|editore=BizzocchiJohan & Levi|anno=1989|id={{noISBN}}2017}}
* Pontiggia Elena, ''I volti e il cuore. La figura femminile da Ranzoni a Sironi e Martini'', catalogo della mostra, Verbania, Museo del Paesaggio 2017 ISBN 978-88-941034-3-4
* {{cita libro|autore=Bruno Carmeni|titolo=Judo. Tecniche a terra|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1990|id={{noISBN}}}}
* Gianni Vianello, Claudia Gian Ferrari, Nico Stringa, ''Arturo Martini. Catalogo ragionato delle sculture'', Neri Pozza, Vicenza, 1998
* {{cita libro|autore=Toshiro Daigo|titolo=Kodokan Judo Throwing Techniques|città=Tokyo|editore=Kodansha Interational|anno=2005|id=ISBN 978-4-7700-2330-8|lingua=inglese|cid=Daigo 2005}}
* Nico Stringa, ''Arturo Martini'', Gruppo editoriale L'Espresso, Roma, 2005
* {{cita libro|autore=Keiko Fukuda|titolo=Ju-no-kata. A Kodokan textbook|città=Berkeley, CA|editore=North Atlantic Books|anno=2005|id=ISBN 1-55643-504-5|lingua=inglese}}
* Gian Ferrari Claudia, Elena Pontiggia, Velani Livia (a cura di), ''Arturo Martini'', Milano, Skira Editore, 2006, ISBN 8876249397
* {{cita libro|autore=H. Irving Hancock|titolo=Jigoro Kano o l'origine del judo|città=Milano|editore=[[Luni Editrice]]|anno=2005|id=ISBN 978-88-7435-074-2}}
* Antonella Crippa, [http://www.artgate-cariplo.it/collezione-online/page45d.do?link=oln82d.redirect&kcond31d.att3=491 Arturo Martini], catalogo online [http://www.artgate-cariplo.it/collezione-online/page1z.do Artgate] della [[Fondazione Cariplo]], 2010, CC-BY-SA.
* {{cita libro|autore=Shun Inoue|titolo=Budō no tanjō (武道の誕生)|città=Tokyo|editore=Yoshikawa Kōbunkan|anno=2004|id=ISBN 4-642-05579-7|lingua=giapponese}}
* Maria Gioia Tavoni, ''Riproporre il silenzio per le Contemplazioni di Arturo Martini'', Faenza, Fratelli Lega Editori, 2017
* {{cita libro|autore=Jigoro Kano|titolo=Judo Jujutsu|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1995|id=ISBN 88-272-1125-X}}
* {{cita libro|autore=Jigoro Kano|titolo=Fondamenti del judo|città=Milano|editore=[[Luni Editrice]]|anno=2005|id=ISBN 978-88-7435-020-9|cid=Kano 2005 a}}
* {{cita libro|autore=Jigoro Kano|titolo=Kodokan judo|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=2005|id=ISBN 978-8827-21-7|cid=Kano 2005 b}}
* {{cita libro|autore=Katsuhiko Kashiwazaki|titolo=Tomoe-nage|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1992|id=ISBN 88-272-0169-6}}
* {{cita libro|autore=Yves Klein|titolo=I fondamenti del judo|città=Milano|editore=[[Isbn Edizioni]]|anno=2007|id=ISBN 978-88-7638-062-4}}
* {{cita libro|autore=Kazuzo Kudo|titolo=Judo in azione|città=Roma|volume=Vol. 1, 2|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1987-1989|id={{noISBN}}}}
* {{cita libro|autore=Trevor Leggett|titolo=Lo spirito del budo|città=Milano|editore=[[Luni Editrice]]|anno=2005|id=ISBN 88-7435-077-5|cid=Leggett}}
* {{cita libro|autore=Kyuzo Mifune|titolo=The Canon of Judo|città=Tokyo|editore=Kodansha International|anno=2004|id=ISBN 4-7700-2979-9|lingua=inglese|cid=Mifune}}
* {{cita libro|autore=Isao Okano, Tetsuya Sato|titolo=Judo vitale|città=Roma|volume=Vol. 1, 2|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1977|id=ISBN 88-272-0349-4}}
* {{cita libro|autore=Oscar Ratti, Adele Westbrook|titolo=I Segreti dei Samurai|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=1977|id=ISBN 88-272-0166-1|cid=Ratti, Westbrook}}
* {{cita libro|autore=Luca Stornaiuolo|titolo=Jū no Kokoro. Le mie ricerche di jūdō|città=Raleigh, NC|volume=1|editore=Lulu.com|anno=2011|id=ISBN 978-1-4477-0775-2|cid=Stornaiuolo}}
* {{cita libro|autore=Sakujiro Yokoyama, Eisuke Oshima|titolo=Judo Kyohan: Old school Judo from the turn of the century|editore=Rising Sun Productions|anno=2007|id=ISBN 0-920129-95-1|url=http://www.jigorokano.it/Cartella%20Yokoyama/Indice.html|lingua=inglese}}
* {{cita libro|autore=Brian N. Watson|titolo=Il padre del judo|città=Roma|editore=[[Edizioni Mediterranee]]|anno=2005|id=ISBN 978-8827-21-7|cid=Watson 2005}}
* {{cita libro|autore=Brian N. Watson|titolo=Judo Memoirs of Jigoro Kano|città=Victoria, BC|editore=Trafford Publishing|anno=2008|id=ISBN 978-1-4251-6349-5|lingua=inglese|cid=Watson 2008}}
 
== Voci correlate ==
* [[JudoL'Eroica ai Giochi olimpici(periodico)]]
* [[Judo (sport)]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{Interprogetto|commons=Judo|wikt=judo}}
 
== Collegamenti esterni ==
*{{cita web|http://www.claudiagianferrari.it/d_Documenti/d_Contributi/testo49.pdf|Claudia Gian Ferrari, ''Gli anni venti di Arturo Martini - La stagione di Valori Plastici e Novecento''}}
* {{Thesaurus BNCF}}
*{{cita web|url=http://www.wwmm.org/storie/storia.asp?id_storia=471&pagina=11&project=0|titolo=Leda col cigno, Monza, Musei Civici}}
* {{Dmoz|World/Italiano/Sport/Arti_Marziali/Judo/|Judo}}
*{{cita web |1=http://www.scultura-italiana.com/Galleria/Martini%20Arturo/imagepages/image14.html |2=Donna che nuota sott'acqua, 1942 |accesso=7 dicembre 2007 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070808222221/http://www.scultura-italiana.com/Galleria/Martini%20Arturo/imagepages/image14.html |dataarchivio=8 agosto 2007 |urlmorto=sì }}
* {{en}} [http://judoinfo.com/ JudoInfo.com] Sito informativo sul judo (in inglese).
*{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/arturo-martini_(Dizionario-Biografico)/|Dizionario biografico Treccani}}
* [http://www.judo-educazione.it/video/index_video.html Judo-Educazione.it] Video storici sull'esecuzione di kata e approfondimenti sul judo tradizionale.
*{{cita web|http://www.scuolanticoli.com/pagemartini_2.htm|Luigi Scialanca, ''Arturo Martini cattivo ad Anticoli Corrado''}}
* [http://www.infojudo.com InfoJudo] Sito informativo sul Judo. Offre informazioni su tecniche, storia e principi del judo.
 
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