Pietre d'inciampo in Toscana e Chino Darín: differenze tra le pagine

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{{Bio
[[File:Stolpersteine in Pisa.jpg|thumb|upright=0.9|Pietre d'inciampo a Pisa, 2017]]
|Nome = Chino
La lista delle '''pietre d'inciampo in Toscana''' contiene l'elenco delle [[pietre d'inciampo]] poste in [[Toscana]]. Esse commemorano il destino delle vittime toscane della [[Shoah]] e degli altri vittime del [[regime nazista]]. Le pietre d'inciampo (in tedesco ''Stolpersteine'') sono una iniziativa dell'artista tedesco [[Gunter Demnig]] che ha già posato più di 68.000 pietre in tutta Europa. <small>(Agosto 2018)</small>
|Cognome = Darín
|PostCognomeVirgola = nome completo '''Ricardo Mario Darín Bas'''
|Sesso = M
|LuogoNascita = San Nicolás de los Arroyos
|GiornoMeseNascita = 15 gennaio
|AnnoNascita = 1989
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte =
|Attività = attore
|Nazionalità = argentino
|Immagine = Corsini_y_Darín.JPG
|Didascalia = Chino Darín (sinistra) con il regista [[Diego Corsini]] (destra)
}}
 
==Biografia==
Le prime pietre d'inciampo in Toscana sono state collocate il 17 gennaio 2013 a [[Livorno]].
Nato a [[San Nicolás de los Arroyos]], figlio dell'attore [[Ricardo Darín]] e di Florencia Mas. Ha una sorella minore di nome Clara.
 
Debutta come attore nel 2010 partecipando alla serie televisiva ''[[Alguien que me quiera]]'', mentre l'anno seguente recita nella serie ''[[Los únicos]]''. Il suo debutto cinematografico avviene nella commedia sportiva del 2011 ''[[En fuera de juego]]''. Nel 2014 è co-protagonista, al fianco di [[Demián Bichir]], nel film ''[[Morte a Buenos Aires]]''. La sua interpretazione del poliziotto omosessuale El Ganso ottiene diversi riconoscimenti.
Di solito le pietre d'inciampo venne collocate davanti l'ultima abitazione scelta liberamente dalla vittima. Tre città in Toscana hanno un'altra regola: A Prato ed a Siena le pietre d'inciampo furano collocate al luogo del arresto, a Grosseto si trovano davanti il Palazzo del Comune.
 
Nel 2015 interpreta il ruolo di Alejandro Puccio nella miniserie televisiva ''[[Historia de un clan]]'', incentrata storia della famiglia Puccio. L'anno successivo lavoro nella serie televisiva ''[[L'ambasciata]]''. Nel 2018 recita in ''[[L'angelo del crimine]]'', film biografico sulla vita di [[Robledo Puch]], dove Darín ricopre il ruolo del suo socio criminale Ramón Peralta.
<small>Le tabelle sono parzialmente ordinabili; l'ordinamento avviene in ordine alfabetico seguendo il nome.</small>
== Sintesi ==
Le famiglie ebrei della Toscana furono costretti dalle [[leggi razziali fasciste]] a emigrare, a dividersi, a nascondersi. Dopo l'occupazione tedesca erano in pericolo quotidiano di essere arrestati, deportati ed assassinati.
 
==Filmografia==
== Città metropolitana di Firenze ==
===Cinema===
=== San Casciano in Val di Pesa ===
*''[[En fuera de juego]]'', regia di [[David Marqués]] (2011)
Chiara Molducci, l'assessore alla Cultura a [[San Casciano in Val di Pesa]] chiamava le pietre d'inciampo un atto "con il quale rendiamo onore ai nostri ebrei deportati che furono ingiustamente sterminati, è nostro compito raccontare un fatto tragico che ha coinvolto il territorio e che si intreccia con la storia mondiale perché una simile barbarie non accada più".<ref>[[Controradio (Firenze)]]: ''[https://www.controradio.it/san-casciano/ Memoria, San Casciano: in Via Roma le prime pietre d’inciampo]'', 3 gennaio 2018</ref>
*''[[Morte a Buenos Aires]]'' (''Muerte en Buenos Aires''), regia di [[Natalia Meta]] (2014)
*''[[Voley]]'', regia di [[Martín Piroyansky]] (2014)
*''[[Pasaje de vida]]'', regia di [[Diego Corsini]] (2015)
*''[[Uno mismo]]'', regia di [[Gabriel Arregui]] e [[Ezequiel García Luna]] (2015)
*''[[Angelita la doctora]]'', regia di [[Helena Tritek]] (2016)
*''[[Primavera (film 2016)|Primavera]]'', regia di [[Santiago Giralt]] (2016)
*''[[O Silêncio do Céu]]'', regia di [[Marco Dutra]] (2016)
*''[[La reina de España]]'', regia di [[Fernando Trueba]] (2016)
*''[[Le leggi della termodinamica]]'' (''Las leyes de la termodinámica''), regia di [[Mateo Gil]] (2018)
*''[[L'angelo del crimine]]'' (''El ángel''), regia di [[Luis Ortega]] (2018)
*''[[Una notte di 12 anni]]'' (''La noche de 12 años''), regia di [[Álvaro Brechner]] (2018)
*''[[Durante la tormenta]]'', regia di [[Oriol Paulo]] (2018)
 
===Televisione===
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
*''[[Alguien que me quiera]]'' – serie TV, 77 episodi (2010)
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
*''[[Los únicos]]'' – serie TV, 56 episodi (2011-2012)
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
*''[[Farsantes]]'' – serie TV, 90 episodi (2013-2014)
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
*''[[El hipnotizador]]'' – serie TV, 2 episodi (2015)
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
*''[[Historia de un clan]]'' – miniserie TV, 11 episodi (2015)
|-
*''[[L'ambasciata]]'' (''La embajada'') – serie TV, 11 episodi (2016)
| <!--[[File:Stolperstein für Giacomo Modigliani (San Casciano in Val di Pesa).jpg|120px]]-->
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />GIACOMO MODIGLIANI<br /><small>NATO 1891<br />ARRESTATO 17.10.1943<br />DEPORTATO<br />FOSSOLI<br />ASSASSINATO 1944<br />AUSCHWITZ</small></div></div>
| Via Roma, 32/34
|
'''Giacomo Modigliani''', nato il 3 settembre 1891 a [[Firenze]],<br />
'''Elena Castelli''', nata il 28 agosto 1906 anche a Firenze, e<br />
'''Vittorio Modigliani''', nato il 19 dicembre 1935 a Firenze,
formavano una famiglia ebrei italiana, estinta dal regime Nazista durante la [[Shoah]].
 
== Doppiatori italiani ==
Giacomo ra il figlio di Leone Modigliani e Olimpia Modigliani. Si sposava con Elena Castelli, figlia di Salomone Castelli e Onesta Baffelli. Elena aveva almeno una sorella, Olga (vedi sotto). La coppia aveva un figlio, Vittorio. La famiglia sfollò a San Casciano in Val di Pesa già nel 1942 per due ragioni, per paura dei bombardamenti di Firenze, e pecche la famiglia di Elena possedeva proprietà in questo paese. Tutte e tre furono arrestati tra ottobre 1943 e il 31 marzo 1944. Venivano detenuti prima nei carceri di Firenze, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Venivano deportati al [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 13, partendo da Fossoli il 26 giunio 1944, arrivano al 30 del lo stesso mese. Il figlio di otto anni e sei mesi fu assassinato immediatamente dopo l'arrivo in una camera a gas. Le date del decesso di padre e madre sono sconosciute.<ref>[[Il Gazzettino]]: ''[http://www.gazzettinodelchianti.it/articoli/approfondimenti/19140/notizie-su-san-casciano/pietre-inciamo-san-casciano-posa.php#.WxdT0EsypvY Il ricordo degli ebrei deportati da San Casciano adesso è incastonato in via Roma]'', 11 gennaio 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]], consultati il 9 novembre 2018:
* [[Emanuele Ruzza]] ne ''L’ambasciata'', ''Durante la tormenta''
* ''[http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-5510/modigliani-giacomo.html Modigliani, Giacomo]'',
* [[Gianluca Crisafi]] in ''L'angelo del crimine''
* ''[http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1383/castelli-elena.html Castelli, Elena]'',
* ''[http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-5513/modigliani-vittorio.html Modigliani, Vittorio]''.</ref> L'unica della famiglia che poteva sopravvivere era la figlia '''Letizia Modigliani'''. Sua figlia raccontò come era possibile:
 
== Riconoscimenti ==
{{Quote|Durante il tragitto mia madre Letizia iniziò a piangere e urlare disperatamente - continua il racconto Francesco Salesia - voleva andare sul camion con il suo babbo, tanto che un sottufficiale tedesco, forse preso dalla compassione, in un momento in cui il camion rallentò, prese per il braccio mia madre e la depose sulla strada. Lì si trovava una suora che in un attimo afferrò la bambina e la nascose sotto l’abito fino a quando la colonna dei camion si allontanò. Era una suora dell’ordine delle [[Sorelle ministre della carità di San Vincenzo de' Paoli|Figlie della Carità di S. Vincenzo dè Paoli]] che la portò e la nascose per un certo periodo a [[Impruneta]].<ref>[[Il Gazzettino]]: ''[http://www.gazzettinodelchianti.it/articoli/approfondimenti/19289/notizie-su-san-casciano/giorno-memoria-bambina-modigliani-ebrei-san-casciano-suore-impruneta.php#.W-WcGUu8pvZ Giorno della Memoria, la bambina ebrea salvata dalle suore dell'Impruneta]'', 27 gennaio 2018 (con un ritratto fotografico del piccolo Vittorio)</ref>}}
|-
| <!--[[File:Stolperstein für Paolo Sternfeld (San Casciano in Val di Pesa).jpg|120px]]-->
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />PAOLO STERNFELD<br /><small>NATO 1888<br />ARRESTATO 17.10.1943<br />DEPORTATO<br />FOSSOLI<br />ASSASSINATO 1944<br />AUSCHWITZ</small></div></div>
| Via Roma, 32/34
| '''Paolo Sternfeld''' nacque il 8 gennaio 1888 a [[Venezia]]. Era il figlio di Giacomo Sternfeld (1848-1921) e di Giovanna Tedesco (1856-1938). Aveva quattro fratelli, Giorgio (1878-1939), Oscar (1880-1944), Giacomo Guido Dante Campostella (1881-1954), Enrico (1891-1918), e una sorellina, Paola, che morì all'età di due anni. Si sposava con Olga Castelli, la sorella di Elena (vedi sopra). La famiglia Castelli possedeva qualche proprietà a San Casciano anche se erano residenti a Firenze. La coppia andò lì, presumibilmente già nel 1942, per proteggersi dai bombardamenti su Firenze. Fu arrestato a San Casciano Val di Pesa (Firenze) e detenuto al [[campo di transito di Fossoli]]. Veniva deportato al [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 9, partendo da Fossoli il 5 aprile 1944, arrivano al 10 aprile. Non sopravvisse alla [[Shoah]].<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: ''[http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-7581/sternfeld-paolo.html Sternfeld, Paolo]'', consultato il 9 novembre 2018</ref>
 
*2015 - [[Bucheon International Fantastic Film Festival]]
Cosa succedeva alla moglie non si sa.
**Miglior attore per ''Morte a Buenos Aires''
|}
*2018 - [[Noir in Festival]]
**Miglior attore per ''El ángel''
 
==Collegamenti esterni==
== Provincia di Grosseto ==
*{{collegamenti esterni}}
=== Grosseto ===
Un’iniziativa organizzata dall’ISCREC, l’[[Istituo per la Resistenza e l’età contemporanea]], procurava la prima collocazione di pietre d'inciampo a [[Grosseto]], in occasione [[Giornata della Memoria]] 2017.
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-style="vertical-align:top"
|[[File:Stolperstein für Albo Bellucci (Grosseto).jpg|120px]]
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>A GROSSETO ABITAVA</small><br />ALBO BELLUCCI<br /><small>NATO 1907<br />ARRESTATO 1943<br />DEPORTATO 1944<br />GUSEN<br />ASSASSINATO 22.4.1945</small></div>
| Palazzo del Comune
| '''Albo Bellucci''' nacque nel 1907. Era un commesso presso il Tribunale di Grosseto. Si impegnava attivamente nella [[Resistenza italiana|Resistenza]], insieme agli amici [[Antonio Meocci]] e Giuseppe Scopetani (vedi sotto). Faceva parte delle cellule comuniste cittadine nel corso del 1935. Quando, nel settembre 1936, il giornale sovversivo “L'intransigeant” fu affisso su un muro di Grosseto, il sospetto cadde su di lui. Bellucci fu fermato e diffidato il 1 aprile 1937 e, successivamente, perse il lavoro. Alla fine dell' ottobre 1937, secondo il comunista Aristeo Banchi, il giovanotto fu “ridotto a uno straccio a furia di manganellate”.<ref name=AlboCant >Cantieri della memoria: ''[http://www.cantieridellamemoria.it/it/71/albo-bellucci Albo Bellucci]'', consultato il 10 novembre 2018 (con un ritratto fotografico)</ref> Imperterrito, nel 1941 lo stesso Banchi cercò di irrobustire le reti clandestine, con l’ausilio di Albo Bellucci e Enrico Orlandini. Furono denunciati di un infiltrato. Bellucci e altri tre compagni furono arrestati il 4 febbraio 1942 e condannati al confino per un anno in un paesino della [[Basilicata]]. Immediatamente dopo l’[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] dell’8 settembre 1943, Bellucci prese parte alle prime riunioni del Comitato militare provinciale nella villa di Tullio Mazzoncini (vedi sotto) a Campospillo. L'organizzazione fu smantellato dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] il 26 novembre 1943. Albo Bellucci e Ultimino Magini furono arrestati a Paganico. La lotta dei compagni per ottenere il suo rilascio è fallita. Bellucci, Mazzoncini e Scopetani furono trasferiti nelle carceri di Siena, poi in quelle di Parma. All’inizio del 1944 i tre antifascisti venivano deportati als [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Albo Bellucci non sopravvisse i sforzi di prigionia, lavori forzati, freddo e fame. Morì a nel sottocampo di Gusen al 22 aprile 1945.<ref name=AlboCant /><ref>Grosseto contemporanea: ''[http://www.grossetocontemporanea.it/albo-bellucci-la-morte-di-un-antifascista-grossetano-nel-lager-di-mathausen/ Albo Bellucci: la morte di un antifascista grossetano nel lager di Mauthausen.]'', consultato il 10 novembre 2018</ref><ref>[[Istituto storico della Resistenza in Toscana]]: ''[http://www.istoresistenzatoscana.it/partigiano/Albo/Bellucci/26567 Dettaglio partigiano: Bellucci Albo]'', consultato il 10 novembre 2018</ref><ref>Toscana Novecento: ''[http://www.toscananovecento.it/custom_type/arte-e-memoria-della-deportazione-a-grosseto/?print=print Arte “Inciampare” nel passato per capire il presente]'', consultato il 10 novembre 2018</ref><ref>Resistenza Toscana: ''[http://resistenzatoscana.org/monumenti/grosseto/cippo_a_bellucci_e_scopetani/ Cippo a Bellucci e Scopetani]'', consultato il 10 novembre 2018</ref><ref>[[SIUSA]] Archivi di personalità: ''[http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=404&RicProgetto=personalita Meocci Antonio]'', consultato il 10 novembre 2018</ref><ref>Maremma Touring, Il racconto di un territorio : ''[http://www.maremmatouring.it/web/2017/04/25/la-liberazione-di-grosseto/La liberazione di Grossetto]'', consultato il 10 novembre 2018</ref>
|-
|[[File:Stolperstein für Italo Ragni (Grosseto).jpg|120px]]
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>A GROSSETO ABITAVA</small><br />ITALO RAGNI<br /><small>NATO 1900<br />ARRESTATO 1939<br />DEPORTATO<br />GUSEN<br />ASSASSINATO 6.5.1941<br />MAUTHAUSEN</small></div>
| Palazzo del Comune
| '''Italo Ragni''' nacque a [[Campagnatico]] il 4 giugno 1900. La madre Itala muore per le complicazioni del parto e il padre Ciro morì quando il figlio aveva tre anni. Venne affidato alla zia Rosa Ragni Bacci di Grosseto e suo marito Nazzareno. Dopo le elementari, Italo Ragni abbracciava le idee libertarie e aderisce al [[Circolo Germinal]]. Insieme al cugino Algiso Giovannelli, detto il ''Titta'', frequenta un gruppo di anarchici. Il 4 dicembre 1919, insieme ad altri sovversivi, invade la stazione di Grosseto e cominciò di minare la strada ferrata. Ragni era il bracciante o il manovale edile del gruppo. Tutti sono stati denunciati. Negli anni seguenti fu più volte molestato dagli fascisti. Nell'aprile del 1924 lascia l’Italia e andava in Francia – come hanno già fatto altri compagni di ideali. Lì è stato denunciato più volte dal console fascista di Lyon. Giacomo Salvetti informava il Ministero dell’Interno che:
 
{{Quote|Egli militava qui nel partito anarchico come semplice gregario, ma non esplicava propaganda. A di lui carico non risultano precedenti penali. Connotati: statura 1,58, capelli occhi castani, corporatura regolare, colorito roseo”. Il dodici aprile l’Ufficio schedario politico invita la Scuola di polizia scientifica a riprodurre dieci copie di una foto di Italo, il ventiquattro la Scuola superiore di polizia trasmette le immagini richieste e il ventotto il capo della polizia ordina al console di Lyon di “fare esercitare sul sovversivo in oggetto la possibile vigilanza per seguirlo nell’esplicazione della sua attività politica, riferendone. Qualora poi il medesimo dovesse dirigersi in Italia, pregasi di segnalarlo alle autorità di P.S. di confine ed a questo Ministero per le disposizioni di fermo e perquisizione.|<ref name=Ragni />}}
 
Fu arrestato il 27 maggio 1927 dalla polizia francese, insieme a Romeo Seghettini, Umberto Malfatti e Romeo Romani. Venivono processati il 5 agosto 1927 a Lyon. Ragni fu assolto per insufficienza di prove. Però la calunnia continuò e nell'ottobre del 1928 l’anarchico fu cacciato dalla Francia e accompagnato alla frontiera belga.<ref name=Ragni >Radio Maremma Rossa (per una memoria storica locale R/esistenziale): ''[http://www.radiomaremmarossa.it/?page_id=133 Italo Ragni]'', consultato il 9 novembre 2018</ref> Il 29 luglio 1929 fu espulso anche dal Belgio “per propaganda sovversiva” – insieme a Umberto Malfatti, Aldo Gorelli e Silvestro Seffusati. Venne accompagnato fino alla frontiera con la Germania.
|-
|[[File:Stolperstein für Giuseppe Scopetani (Grosseto).jpg|120px]]
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>A GROSSETO ABITAVA</small><br />GIUSEPPE SCOPETANI<br /><small>NATO 1904<br />ARRESTATO 1943<br />DEPORTATO 1944<br />GUSEN<br />ASSASSINATO 18.2.1945</small></div>
| Palazzo del Comune
| '''Giuseppe Scopetani''' nacque a Grosseto il 20 novembre 1904. Era il figlio di Italo e Isola Pomarani. La famiglia proveniva dalla provincia di Arezzo. Aveva dieci fratelli. Per qualche anno fu mazziniano, come il fratello Bruno. Era di idee repubblicane ed entrava nel partito comunista, frequentava [[Gastone Barbini]] ed aveva contatto epistolare con [[Raffaello Bellucci]], che risiedeva a Nizza. Divenne tipografo e successivamente assicuratore nell'agenzia di Bellucci in via Vinzaglio. Andava anche dai clienti con materiale di propaganda clandestina. Nel 1943 faceva parte del Comitato Militare grossetano insieme a Raffaello e Albo Bellucci (vedi sopra), Tullio Mazzoncini (vedi sotto) e Antonio Meocci. Partecipò alle riunioni clandestine e faceva funzionare un ciclostile con cui si poteva organizzare la propaganda antifascista. Scopetani si trovava sfollato a Scansano presso i suoceri, con sua moglie e il figlio di due anni. Qui fu formalmente invitato a presentarsi in caserma dai carabinieri. Decide di non fuggire, ma di presentarsi. Fu arrestato e detenuto prima nel carcere di Siena, poi a Parma. Dopo un bombardamento colpì il carcere, i prigionieri potevano liberarsi. Ma Scopetani e Bellucci volevano soccorrere i feriti e furono arrestati dai tedeschi. Arrivò al [[campo di concentramento di Mauthausen]] tra il 24 e il 27 giugno 1944. Gli venne assegnato il numero di matricola 76572 e si dichiarò tipografo. Fu trasferito a Schlier Redl Zipf e poi al sottocampo di Gusen. Lì venne ucciso il 18 febbraio 1945.<ref>Cantieri della memoria: ''[http://www.cantieridellamemoria.it/it/73/giuseppe-scopetani Giuseppe Scopetani]'', consultato il 9 novembre 2018 (con un ritratto fotografico)</ref>
 
A Grosseto, una via porta il suo nome.
|}
 
=== Magliano in Toscana ===
Il progetto “Cantieri della memoria” nacque con lo scopo di legare [[storia]] e memoria del territorio all’arte. L'unica pietra d'inciampo a [[Magliano in Toscana]] fu ordinata da questo progetto.<ref>[[Il Giunco]] (quotidianodella Maremma): ''[https://www.ilgiunco.net/2018/01/06/anche-a-magliano-il-progetto-pietre-dinciampo-per-riportare-a-casa-i-deportati/ Anche a Magliano il progetto ‘Pietre d’inciampo’ per ‘riportare a casa’ i deportati]'', 6 gennaio 2018</ref>
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-
| <!--[[File:Stolperstein für Tullio Mazzoncini (Magliano in Toscana).jpg|120px]]-->
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />26.11.1943</small><br />TULLIO MAZZONCINI<br /><small>NATO 1906<br />DEPORTATO 1944<br />MAUTHAUSEN<br />LIBERATO</small></div></div>
| Campospillo
| '''Tullio Mazzoncini''' nacque il 8 agosto 1906 a [[Viareggio]]. Era antifascista, partigiano comunista e membro del Comitato militare clandestino di Campospillo. Alla fine del novembre 1943 squadristi locali e militi della MVSN perquisiscono la sua fattoria trovandovi armi e munizioni per l'attività partigiana. Verranno arrestati Albo Bellucci, Tullio Mazzoncini e Giuseppe Scopetani. Essendo il proprietario, Mazzoncini fu accusato come “capo costituendo partito comunista“ e fu deportato al [[campo di concentramento di Mauthausen]].<ref>[[Il Giunco]]: ''[https://www.ilgiunco.net/2018/01/06/anche-a-magliano-il-progetto-pietre-dinciampo-per-riportare-a-casa-i-deportati/ Anche a Magliano il progetto ‘Pietre d’inciampo’ per ‘riportare a casa’ i deportati]'', 6 gennaio 2018</ref><ref>Radio Maremma Rossa (per una memoria storica locale R/esistenziale): ''[http://www.radiomaremmarossa.it/?page_id=1849 8 agosto]'', consultato il 9 novembre 2018</ref><ref>Radio Maremma Rossa: ''[http://www.radiomaremmarossa.it/?page_id=2088 26 novembre]'', consultato il 9 novembre 2018</ref>
 
Sopravvisse, fu liberato dagli alleati e tornò in patria.
|}
 
== Provincia di Livorno ==
=== Livorno ===
L’iniziativa di collocate pietre d'inciampo anche a [[Livorno]] fu promossa dalla [[Comunità di Sant'Egidio]] con il Comune di Livorno, la [[Comunità ebraica di Livorno|comunità ebraica]], l’[[Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea|Istoreco]] e la [[Diocesi di Livorno|diocesi]].<ref>[[Il Tirreno]] (Toscana): ''[http://iltirreno.gelocal.it/regione/2017/01/22/news/anche-in-toscana-le-pietre-d-inciampo-coi-nomi-dei-deportati-1.14756220 Anche in Toscana le pietre d’inciampo coi nomi dei deportati]'', 22 gennaio 2017</ref><ref>[[Comunità di Sant'Egidio]] (Livorno): ''[http://www.santegidio.org/pageID/3/langID/it/itemID/19564/Pietre-d-inciampo-a-Livorno-la-marcia-della-memoria-della-Shoah.html Pietre d'inciampo: A Livorno la marcia della memoria della Shoah]'', 18 gennaio 2017</ref> C'è un rapporto famoso sul convoglio n.8, che partiva da Fossoli il 22 febbraio 1944:
 
{{Quote|Il treno era composto da dodici vagoni merci, ciascuno dei quali era occupato da 45 e fino a 60 persone. Il mio vagone era il più piccolo ed era occupato da 45 persone. Un occupante il mio vagone poté leggere un cartello appeso all’esterno del vagone stesso che portava la scritta “Auschwitz”, ma nessuno di noi sapeva il significato di questa parola, né dove la località si trovasse...Nel nostro vagone c’era un bambino ancora lattante e una bambina di pochi anni…|[[Primo Levi]]}}
 
Furono deportate su questo treno anche Franca Baruch (undici mesi) e Perla Beniacar (otto anni), entrambe assassinate nelle camere a gas immediatamente dopo l'arrivo al 26 febbraio 1944.
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-
| [[File:Stolperstein für Franca Baruch (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />FRANCA BARUCH<br /><small>NATA 1943<br />ARRESTATA 20.12.1943<br />GABBRO (LI)<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATA 26.2.1944</small></div></div>
| Via Fiume, 2
|'''Franca Baruch''' nacque il 19 marzo 1943 a Livorno,<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-443/baruch-franca.html|titolo=''Baruch, Franca''|accesso=8 novembre 2017}}</ref><br />'''Raffaello Baruch''', nato a [[Smirne]] (Turchia) il 20 agosto 1913,<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-445/baruch-raffaello.html|titolo=''Baruch, Raffaello''|accesso=7 novembre 2017}}</ref> e<br />'''Camelia Nahoum''', nata a [[Smirne]] (Turchia) il 15 agosto 1919,<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-705/nahoum-camelia.html|titolo=''Nahoum, Camelia''|accesso=8 novembre 2017}}</ref> formavano una famiglia ebrea italiana, che fu estinta dal regime Nazista ad Auschwitz.
 
Raffaello Baruch, figlio di Samuele Baruch e Franca Perla, crebbe a Smirne e si sposava con Camelia Nahoum, figlia di Giacobbe Nahoum e Rebecca Nugnos. Andavano per vivere a Livorno. La coppia aveva almeno una figlia, Franca Baruch. La bambina e sua madre furono arrestati a [[Gabbro]] il 20 dicembre 1943. Venivano detenute prima nella caserma di Livorno, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Il padre fu arrestato a [[Borgo a Buggiano]] (Pistoia) il 25 gennaio 1944. Venne portato prima al carcere di Pistoia, poi a Fossoli. Il 22 febbraio 1944 tutta la famiglia fu deportata nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 8, partendo da Fossoli. Il treno giungeva alla destinazione al 26 febbraio 1944. La bambina di undici mesi fu separata dalla madre e assassinata in una camera a gas immediatamente dopo l'arrivo.<ref name=Brancale >[[Michele Brancale]], L'ora di Religione: {{Cita web|url=http://blog.quotidiano.net/brancale/2013/01/15/quattro-pietre-dinciampo-e-una-memoria-viva-a-livorno/|titolo=''Quattro pietre d’inciampo e una memoria viva''|accesso=8 novembre 2017}}</ref> Nessuno della famiglia poteva sopravvivere alla [[Shoah]]. Il padre fu assassinato il 16 settembre 1944, la madre il 18 gennaio 1945.
|-
| [[File:Stolperstein für Isacco Bayona (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />ISACCO BAYONA<br /><small>NATO 1926<br />ARRESTATO 20.12.1943<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />SOPRAVVISSUTO</small></div></div>
| Via della Posta, 9
| '''Isacco Bayona''' nacque il 21 luglio 1926 [[Salonicco]] (in Grecia). Era il figlio di Raffaele Bayona e di
* '''Diamante Jacob''', figlia di Isacco Jacob e Dora Eskenasi, nata a Salonicco il 27 marzo 1898. Aveva quattro bambini.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-4150/jacob-diamante.html|titolo=''Jacob, Diamante''|accesso=7 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
Il fratello e le sorelle di Isacco erano:
* '''Carlo Bayona''', nato il 29 dicembre 1923 a Salonicco.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=|titolo=''Bayona, Carlo''|accesso=8 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
* '''Lucia Bayona''', nata il 6 febbraio 1932 a Salonicco.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-681/bayona-lucia.html|titolo=''Bayona, Lucia''|accesso=8 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
* '''Dora Bayona''', nata il 7 marzo 1934 a Salonicco.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-680/bayona-dora.html|titolo=''Bayona, Dora''|accesso=8 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
 
La madre, i fratelli e le sorelle furono tutti arrestati al [[Gabbro]] (Livorno) il 20 dicembre 1943. Venivano detenute prima nella caserma di Livorno, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Furono tutti deportati nel [[campo di sterminio di Auschwitz]], con il convoglio del 30 gennaio 1944, partito da Milano. Il treno giungeva alla destinazione al 6 febbraio 1944. Ad Auschwitz la famiglia fu separata. La madre e le due sorelle furono assassinate in una camera a gas immediatamente dopo l'arrivo. Dora non aveva nemmeno dieci anni, Lucia fu assassinata al giorno del suo dodicesimo compleanno.
 
Carlo e Isacco furono ammessi al campo e ricevettero i numeri di matricola 173405 e 173404. Isacco è stato l'unico di tutta la famiglia a sopravvivere alla [[Shoah]]. Suo fratello fu assassinato il 17 marzo 1945, poche settimane prima della liberazione.<ref name=Brancale /><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-975/bayona-isacco.html|titolo=''Bayona, Isacco''|accesso=8 novembre 2018}}</ref>
 
Isacco Bayona morì nel gennaio 2013, essendo l'ultimo testimone livornese dell’orrore dei campi di sterminio. Era un importante testimone. Dopo la sua morte, l'[[Unione delle comunità ebraiche italiane]] scrisse:
 
{{Quote|Bayona – con le sue parole – ha contribuito a far luce sui crimini della Shoah e a vanificare le menzogne di chi ancora oggi nega quanto accaduto. A lui e a tutti coloro che, a prezzo di enormi sofferenze interiori, hanno saputo raccontare l’indicibile per indicare a tutti noi e in particolare alle nuove generazioni un cammino di comprensione, diritti e libertà, la nostra eterna e profonda gratitudine. Che il suo ricordo sia di benedizione.<ref>moked/מוקד, il portale dell'ebraismo italiano: ''[http://moked.it/blog/2013/01/15/isacco-bayona-1926-2013/ Isacco Bayona 1926-2013]'', 15 gennaio 2013</ref>}}
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| <!--[[File:Stolperstein für Matilde Beniacar (Livorno).jpg|120px]]-->
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />MATILDE BENICAR<br /><small>NATA 1926<br />ARRESTATA 25.1.1944<br />BORGO A BUGGIANO<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />LIBERATA</small></div></div>
| Via Cassuto, 1<br /><small>ex Via Reale 1</small>
| '''Matilde Beniacar''' nacque il 18 gennaio 1926 a [[Smirne]] in una famiglia ebrei di origine turca. Era la figlia primogenita di Moise Beniacar e Estrea Levi. Aveva due sorelle e un fratello, Bulissa Luisa (nata 1928), Giacomo (nato 1931) e Perla (nata 1935, vedi sotto). Dopo la nascita di Giacomo la famiglia si trasferì a Livorno. Fu arrestata insieme con la famiglia a [[Borgo a Buggiano]] (Pistoia) il 25 gennaio 1944. Venne detenuta prima al carcere di Pistoia, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Il 22 febbraio 1944 fu deportata nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 8, partendo da Fossoli. Il treno giungeva alla destinazione al 26 febbraio 1944. La madre, il fratello e le sorelle furono assassinati in una camera a gas immediatamente dopo l'arrivo. Matilde era l'unica della sua famiglia che poteva sopravvivere alla [[Shoah]].<ref name=Brancale /><ref>[[Comunità di Sant'Egidio]]: ''[https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/23944/Memoria-della-deportazione-degli-ebrei-di-Livorno.html Memoria della deportazione degli ebrei di Livorno]'', 23 gennaio 2018, consultato 6 giugno 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-981/beniacar-matilde.html|titolo=''Beniacar, Matilde''|accesso=8 novembre 2017}}</ref> Si ricordava bene "il momento del distacco sul binario morto del campo e il suo nome, urlato dalla sorellina, che non voleva restasse sola."<ref name=Brancale />
 
Il padre fu assassinato al 5 maggio 1944, anche lui ad Auschwitz.
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| [[File:Stolperstein für Perla Beniacar (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />PERLA BENICAR<br /><small>NATA 1935<br />ARRESTATA 25.1.1944<br />BORGO A BUGGIANO<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATA 26.2.1944</small></div></div>
| Via Cassuto, 1<br /><small>ex via Reale 1</small>
|'''Perla Beniacar''' nacque il 19 giugno 1935 a Livorno. Era la figlia di Moise Beniacar e Estrea Levi. Aveva due sorelle, Matilde (nata nel 1926, vedi sopra) e Bulissa Luisa (nata nel 1928) e un fratello, Giacomo (nato 1931). Tutti e tre i fratelli furono nati a Smirne. Fu arrestata a [[Borgo a Buggiano]] (Pistoia) il 25 gennaio 1944. Venne detenuta prima al carcere di Pistoia, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Il 22 febbraio 1944 fu deportata nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 8, partendo da Fossoli. Il treno giungeva alla destinazione al 26 febbraio 1944. Non è sopravvissuta alla [[Shoah]]. Fu assassinata in una camera a gas immediatamente dopo l'arrivo, insieme alla madre, al fratello ed alla sorella Luisa.<ref name=Brancale /><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-762/beniacar-perla.html|titolo=''Beniacar, Perla''|accesso=7 novembre 2017}}</ref> La sorella maggiore si ricordava:
 
{{Quote|Perla era una bambina intelligente [...], vedeste com’era bella … aveva tutti i boccoli sul viso. Le piaceva tanto andare a scuola. Mi ricordo che quando siamo arrivati al campo e ci hanno diviso, Perla e Giacomo mi corsero incontro…mi venivano dietro…non volevano che soffrissi da sola, ma ci hanno separato e quella è l'ultima volta che li ho visti.<ref name=Brancale />}}
 
Fu assassinato anche il padre, al 5 maggio 1944. L'unica sopravvivente era la sorella Matilde.
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| [[File:Stolperstein für Dina Bona Attal (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />DINA BONA ATTAL<br /><small>NATA 1899<br />ARRESTATA 8.12.1943<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATA 6.2.1944</small></div></div>
| Via Coroncina, 16
|'''Dina Bona Attal''' nacque 1899 a Livorno. Suoi genitori erano Davide Attal e Rosa Sacchi oppure Saqui. Aveva una sorella, Ada (nata il 4 marzo 1896 a [[Lucca]]). Sposava Mario Bueno. La coppia aveva almeno un figlio, Dino (vedi sotto). Fu arrestata insieme al figlio a [[Marlia]] (Lucca) il 8 dicembre 1943 fu detenuta al campo di Bagni di Lucca e poi al [[carcere di San Vittore]] a Milano. Furono deportati nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] di con il convoglio n. 6 partendo da Milano il 30 gennaio 1944. Il treno giungeva la destinazione al 6 febbraio 1944. Dina Bona Attal non poteva sopravvivere alla [[Shoah]]. Fu mandata nelle camerea gas immediatamente dopo l'arrivo.<ref name=dina >Fina a grave: ''[https://www.findagrave.com/memorial/33411706/dina-bueno Dina Attal Bueno]'', consultato il 7 novembre 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-629/attal-dina-bona.html|titolo=''Attal, Dina Bona''|accesso=7 novembre 2017}}</ref>
 
Anche suo padre, suo figlio, sua sorella e il nipote di nove anni furono assassinati dal regime nazista ad Auschwitz.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-628/attal-davide.html|titolo=''Attal, Davide''|accesso=7 novembre 2017}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-624/attal-ada.html|titolo=''Attal, Ada''|accesso=7 novembre 2017}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-625/attal-benito.html|titolo=''Attal, Benito''|accesso=7 novembre 2017}}</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Dino Bueno (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />DINO BUENO<br /><small>NATO 1922<br />ARRESTATO 8.12.1943<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO</small></div></div>
| Via Coroncina, 16
|'''Dino Bueno''' nacque il 12 luglio 1922 a Livorno. Suoi genitori erano Mario Bueno e Dina Attal (vedi sopra).<ref name=dina /> Fu arrestato insieme alla madre a [[Marlia]] (Lucca) il 8 dicembre 1943 fu detenuto al campo di Bagni di Lucca e poi al [[carcere di San Vittore]] a Milano. Furono deportati nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] di con il convoglio n. 6 partendo da Milano il 30 gennaio 1944. Il treno giungeva la destinazione al 6 febbraio 1944. Dino Bueno e sua madre non potevano sopravvivere alla [[Shoah]]. La madre fu mandata nelle camerea gas immediatamente dopo l'arrivo. Anche Dino Bueno perdeva la vita ad Auschwitz.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-960/bueno-dino.html|titolo=''Bueno, Dino''|accesso=7 novembre 2017}}</ref>
 
Anche il nonno, la zia e il cugino furono assassinati dal regime nazista ad Auschwitz.
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| [[File:Stolperstein für Nissim Levi (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />NISSIM LEVI<br /><small>NATO 1928<br />ARRESTATO 18.12.1943<br />DEPORTATO 1944<br />AUSCHWITZ<br />LIBERATO</small></div></div>
| Via Strozzi, 3
|'''Elio Levi Nissim''' nacque il 14 agosto 1928 a [[Torino]]. Suoi genitori erano Abramo Levi e Rosa Adut. Aveva una sorella, Selma (nata il 19 giugno 1924 a [[Smirne]] in Turchia), ed un fratello, Mario Moisè (nato il 13 marzo 1927 a Smirne). Fu arrestato il 18 dicembre 1943 a [[Guasticce]] e detenuto al carcere di Pisa. Venne trasferito al [[Campo di transito di Fossoli]]. Il 16 maggio 1944 fu deportato con il convoglio n. 10 al [[campo di concentramento di Auschwitz]]. Il treno raggiunge la destinazione al 23 maggio 1944. È sopravvissuto alla [[Shoah]].<ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-4977/levi-elio-nissim.html|titolo=''Levi, Elio Nissim''|accesso=3 novembre 2018}}</ref>
 
Il padre, la nonna, Mazaltov Elias (nata nel 1871 a Smirne), e lo zio, Heschielle Nissim Levi (nato 1904 a Smirne), furono tutti assassinati dal regime naziste.<ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-4397/levi-abramo.html|titolo=''Levi, Abramo''|accesso=3 novembre 2018}}</ref><ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-2443/elias-mazaltov.html|titolo=''Elias, Mazaltov''|accesso=3 novembre 2018}}</ref><ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-4642/levi-heschielle-nissim.html|titolo=''Levi, Heschielle Nissim''|accesso=3 novembre 2018}}</ref> La madre, la sorella e il fratello potevano sopravvivere alla [[Shoah]].
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| [[File:Stolperstein für Enrico Menasci (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />ENRICO MENASCI<br /><small>NATO 1931<br />ARRESTATO 16.10.1943<br />ROMA<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO 6.2.1944</small></div></div>
| Via Verdi, 101
|'''Enrico Menasci''' nacque il 27 marzo 1931 a Livorno. Era il figlio di Raffaello Menasci (vedi sotto) e di Piera Rossi. Fu arrestato insieme al padre a Roma il 16 ottobre 1943 e detenuto nel Collegio Militare di Roma. La governante della famiglia tentò di salvare il ragazzo dalla deportazione. Dichiarò ai tedeschi che Enrico era suo figlio. Dopo molte urla lo lasciarono. Sul [[Ponte Garibaldi (Roma)|ponte Garibaldi]] però, mentre i deportati sfilavano in direzione [[Lungotevere]], il ragazzo si divincolò dalle mani della governante per gettarsi tra le braccia del suo padre. Enrico e Raffaello Menasci furono deportati il 18 ottobre 1943 nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 2 partito da Roma. Il treno giungeva la destinazione al 23 ottobre 1943. Entrambi non sopravvissero alla [[Shoah]]. Il figlio fu strappato dal padre e gasato immediatamente dopo l'arrivo. Aveva dodici anni.<ref name=Brancale /><ref>I nomi della Shoah italiana: ''[http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?id=5245 Enrico Menasci]'', consultato il 4 novembre 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-5245/menasci-enrico-1.html|titolo=''Menasci, Enrico''|4 novembre 2018}}</ref>
 
Il padre fu assassinato il 29 febbraio 1944 ad Auschwitz. Anche il nonno, la zia e suo marito furono assassinati in quel campo.
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| [[File:Stolperstein für Raffaello Menasci (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />RAFFAELO MENASCI<br /><small>NATO 1896<br />ARRESTATO 16.10.1943<br />ROMA<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />MORTO 1944<br />VARSAVIA</small></div></div>
| Via Verdi, 101
|'''Raffaello Menasci''' nacque il 11 febbraio 1896 a Livorno. Era il figlio di Enrico Menasci (1860-1944) e di Irma Rignani. Aveva almeno una sorella, Ernesta (1895-194?). Divenne professore di patologia speciale medica dimostrativa presso l’[[Università di Pisa]]. Sposava Piera Rossi. La coppia aveva almeno un figlio, Enrico (nato nel 1931, vedi sopra). Era molto stimato, però perde la cattedra a causa delle [[Leggi razziali fasciste|leggi razziali]]. Fu arrestato insemie al figlio di 12 anni a Roma il 16 ottobre 1943 e detenuto nel Collegio Militare di Roma. Padre e figlio furono deportati il 18 ottobre 1943 nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio n. 2 partito da Roma. Il treno giungeva la destinazione al 23 ottobre 1943. Entrambi non sopravvissero alla [[Shoah]]. Il figlio fu strappato dal padre e gasato immediatamente dopo l'arrivo. Raffaello Menasci fu assassinato il 29 febbraio 1944 ad Auschwitz.<ref name=Brancale /><ref>Sistema bibliotecario di Ateneo: ''[https://www.sba.unipi.it/it/risorse/archivio-fotografico/persone-in-archivio/menasci-raffaello Menasci Raffaello]'', ritratto fotografico con firma, consultato il 4 novembre 2018</ref><ref>I nomi della Shoah italiana: ''[http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?nome=Raffaello&cognome=Menasci&id=5247 Raffaello Menasci]'', consultato il 4 novembre 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-5247/menasci-raffaello.html|titolo=''Menasci, Raffaello''|4 novembre 2018}}</ref>
 
Il padre, 84enne, la sorella ed il cognato furono tutti assassinati dal regime nazista.<ref>I nomi della Shoah italiana: ''[http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?id=5244 Enrico Menasci]'', consultato il 4 novembre 2018</ref><ref>I nomi della Shoah italiana: ''[http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?id=5246 Ernesta Menasci]'', consultato il 4 novembre 2018</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6210/piperno-gino.html|titolo=''Piperno, Gino''|4 novembre 2018}}</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Frida Misul (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />FRIDA MISUL<br /><small>NATA 1919<br />ARRESTATA 1.4.1944<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />SOPRAVVISSUTA</small></div></div>
| Via Chiarini, 2
|'''[[Frida Misul]]'''<!--nacque il 3 novembre 1919 a Livorno [http://www.comune.livorno.it/_nuovo_notiziario/it/default/17189/Installate-le-Pietre-d-Inciampo-per-Isacco-Bayona-e-Frida-Misul.html] [http://www.comune.livorno.it/_nuovo_notiziario/uploads/2014_01_10_11_39_48.pdf]-->
|-
| [[File:Stolperstein für Ivo Raba (Livorno).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />IVO RABÀ<br /><small>NATO 1919<br />ARRESTATO 2.2.1944<br />DEPORTATO 1944<br />ASSASSINATO 1945</small></div></div>
| Via Fagiuoli, 6
|'''Ivo Rabà''' nacque il 19 maggio 1919 a Livorno. Era il figlio di Alfredo Leone Rabà e Ada Cava. Aveva almeno un fratello minore, '''Vasco Rabà''' (nato il 10 aprile 1923 a Livorno). Fu arrestato insieme al fratello a [[Camaiore|Casoli di Camaiore]] (Lucca) il 2 febbraio 1944. I due giovanotti furono detenuti prima al carcere di Lucca, poi al [[campo di transito di Fossoli]]. Da lì furono deportati nel [[campo di sterminio di Auschwitz]] con il convogli n. 13, che partiva da Fossoli il 26 giugno 1944. Il treno giungeva la destinazione il 30 giugno 1944. Non sono sopravvissuti alla Shoah. Vasco Rabà fu assassinato dal regime nazista al 31 dicembre 1944 ed Ivo Rabà al 18 gennaio.<ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6378/raba-ivo.html|titolo=''Rabà, Ivo''|accesso=6 novembre 2018}}</ref><ref>CDEC Digital Library: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6381/raba-vasco.html|titolo=''Rabà, Vasco''|accesso=6 novembre 2018}}</ref>
|}
 
== Provincia di Lucca ==
=== Lucca ===
La cerimonia di apposizione della prima pietra "Memoria di Inciampo" -Stolperstein nel Comune di [[Lucca]] , viene accolta nel calendario Provinciale delle iniziative dedicate alla celebrazione dei Giorni della Memoria 2019 . Presenti nella ricorrenza del centesimo annuale dalla nascita di '''Elia Simoni''', l'artista tedesco Gunter Demnig da Berlino, le due figlie , Maria Giovanna Simoni, professoressa dell’Itc “Carrara”, e Danila Simoni, il sindaco [[Alessandro Tambellini]], l'assessora continuità della memoria storica Ilaria Vietina , un amico, Divo Stagi, rappresentanti Associazione Arma Aeronautica e tre classi delle scuole superiori lucchesi. Ricerche effettuate da Andrea Borelli.<ref name=Lucca >Comune di Lucca: ''[http://www.comune.lucca.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/19302 “Qui abitava Elia Simoni”: stamani a Sant'Anna è stata posizionata la prima pietra d'inciampo della città di Lucca]'', 18 gennaio 2019</ref>
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-style="vertical-align:top"
|<!--[[File:Stolperstein für Elia Simoni (Lucca).jpg|120px]]-->
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />ELIA SIMONI<br /><small>NATO 1919<br />INTERNATO MILITARE<br />ARRESTATO 1944<br />LIBERATO</small></div>
| Sant'Anna
Via dei Guami
| '''Elia Simoni''' nacque a Fagnano nel 1919. Chiamato alla leva militare anticipata nel 1938 giunse alle armi in qualità di aviere nella R. Aeronautica Italiana nel 1939. Dopo l'armistizio del 1943 rifiutò di arruolarsi nella [[Repubblica di Salò]]. Venne catturato dalla Armata Tedesca nel 1944 e trattenuto in un lager in territorio orientale Germanico. Era uno di circa 800.000 I.M.I. ([[internati militari italiani]]) che dopo l'[[armistizio di Cassibile]] si rifiutarono di continuare a combattere insieme con l'esercito del Terzo Reich. Rimase in Germania fino alla fine della guerra. Fu liberato dagli alleati nel 1945. Tornato a casa, raccontava della fame e del freddo, dei lavori forzati e delle sofferenze in detenzione. Lavorava come macellaio, fondava una famiglia e andava nelle scuole per raccontare la sua storia. Morirà nel 2015.<ref name=Lucca /><ref>[[Controradio (Firenze)|Controradio]]: ''[https://www.controradio.it/a-lucca-la-prima-pietra-dinciampo-in-memoria-di-elia-simoni/ A Lucca la prima pietra d’inciampo in memoria di Elia Simoni]'', 18 gennaio 2019</ref>
 
La Prefettura di Lucca conferiva ai familiari una medaglia d’onore alla memoria nel 2017.
|}
 
== Provincia di Pisa ==
=== Pisa ===
Le prime collocazioni a [[Pisa]] si svolgevano nel gennaio 2017, nel corso del ''Giorno della Memoria''. I ragazzi della IV ASA del liceo scientifico Filippo Buonarroti hanno condotto un'indagine storica sulla famiglia Roccas e hanno creato un video.<ref>Pisa informa: ''[http://www.pisainformaflash.it/news/la-famiglia-roccas-storia-di-una-deportazione-pisana/ La famiglia Roccas: storia di una deportazione pisana]'', 27 gennaio 2017</ref>
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-
| [[File:Stolperstein für Valentina Della Seta (Pisa).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />VALENTINA DELLA SETE<br /><small>NATO 1878<br />ARRESTATA 21.4.1944<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATA 23.5.1944</small></div></div>
| Piazza S. Paolo all’Orto, 19
|'''Valentina Della Seta''' nacque il 4 ottobre 1878 a [[Roma]]. Era la figlia di Raimondo Della Seta e Sara Pontecorvo. Aveva un fratello, Giovanni, e tre sorelle, Margherita, Eva e Gina. Sposava Angelo Di Nola. La coppia aveva una figlia, Elda (nata nel 1901, vedi sotto). La figlia, quando era cresciuta, sposò Mario Roccas (vedi sotto). La coppia aveva un figlio, Renzo (nato nel 1927, vedi sotto). Tutta la famiglia fu arrestata il 21 aprile 1944 a [[Chianni]], detenuti al carcere di Firenze e poi trasferita al [[campo di transito di Fossoli]]. Da lì furono deportati al [[campo di concentramento di Auschwitz]] con il convoglio n. 10, partendo da Fossoli il 16 e arrivando ad Auschwitz il 23 maggio 1944. Non è sopravvissuta alla [[Shoah]].<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1950/della-seta-valentina.html|titolo=''Della Seta, Valentina''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[http://www.pisainformaflash.it/evento-pisa/pisa-non-dimentica-2/]</ref>
 
Tutta la famiglia fu estinta. La figlia, il genero ed il nipote furono assassinati ad Auschwitz. Lo stesso destino ha colpito il fratello, due sorelle, Eva e Gina, ed un cognato.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1946/della-seta-giovanni.html|titolo=''Della Seta, Giovanni''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1942/della-seta-eva.html|titolo=''Della Seta, Eva''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1944/della-seta-gina.html|titolo=''Della Seta, Gina''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-2855/franco-jacopo.html|titolo=''Franco, Jacopo''|accesso=5 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Elda Di Nola (Pisa).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />ELDA DI NOLA<br /><small>NATO 1901<br />ARRESTATA 21.4.1944<br />DEPORTATA<br />ASSASSINATA</small></div></div>
| Piazza S. Paolo all’Orto, 19
|'''Elda Di Nola''' nacque il 5 maggio 1901 a [[Pisa]]. Era la figlia di Angelo Di Nola e di Valentina Della Seta (vedi sopra). Sposava Mario Roccas (vedi sotto). La coppia aveva almeno un figlio, Renzo (nato nel 1927, vedi sotto). Tutta la famiglia fu arrestata il 21 aprile 1944 a [[Chianni]]. Furono detenuti al carcere di Firenze e poi trasferiti al [[campo di transito di Fossoli]]. Da lì furono deportati al [[campo di concentramento di Auschwitz]] con il convoglio n. 10, partendo da Fossoli il 16 e arrivando ad Auschwitz il 23 maggio 1944. Non è sopravvissuta alla [[Shoah]]. Venne assassinata dal regime nazista i data ignota.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-2118/di-nola-elda.html|titolo=''Di Nola, Elda''|accesso=6 novembre 2018}} (con un ritratto fotografico)</ref>
 
La madre, il marito e il figlio furono tutti assassinati ad Auschwitz, anche lo zio e due zie, la cognata, il cognato e loro bambini.
|-
| [[File:Stolperstein für Mario Roccas (Pisa).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />MARIO ROCCAS<br /><small>NATO 1900<br />ARRESTATO 21.4.1944<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO 26.11.1944<br />ESSLINGEN</small></div></div>
| Piazza S. Paolo all’Orto, 19
|'''Mario Roccas''' nacque il 15 marzo 1900 a [[Bracciano]]. Era il figlio di Vito Roccas e Giuseppina Della Seta. Aveva almeno una sorella, Laura.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6522/roccas-laura.html|titolo=''Roccas, Laura''|accesso=5 novembre 2018}}</ref> Sposava Elda Di Nola (vedi sopra). La coppia aveva almeno un figlio, Renzo (nato nel 1927, vedi sotto). Tutta la famiglia fu arrestata il 21 aprile 1944 a [[Chianni]]. Furono detenuti al carcere di Firenze e poi trasferiti al [[campo di transito di Fossoli]]. Da lì furono deportati al [[campo di concentramento di Auschwitz]] con il convoglio n. 10, partendo da Fossoli il 16 e arrivando ad Auschwitz il 23 maggio 1944. Non è sopravvissuto alla [[Shoah]]. Venne assassinato dal regime nazista il 26 novembre 1944.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6523/roccas-mario.html|titolo=''Roccas, Mario''|accesso=5 novembre 2018}}</ref>
 
La moglie, il figlio e la suocera (vedi sopra) furono assassinati ad Auschwitz. Lo stesso destino ha colpito la sorella, il cognato e loro tre bambini di tre, cinque e sei anni di vita.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6522/roccas-laura.html|titolo=''Roccas, Laura''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1413/citoni-giacomo-guido.html|titolo=''Citoni, Giacomo Guido''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1409/citoni-carlo.html|titolo=''Citoni, Carlo''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1408/citoni-arrigo.html|titolo=''Citoni, Arrigo''|accesso=5 novembre 2018}}</ref><ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1414/citoni-giuseppina-anita.html|titolo=''Citoni, Giuseppina Anita''|accesso=5 novembre 2018}}</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Renzo Roccas (Pisa).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />RENZO ROCCAS<br /><small>NATO 1927<br />ARRESTATO 21.4.1944<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO 31.10.1944</small></div></div>
| Piazza S. Paolo all’Orto, 19
|'''Renzo Roccas''' nacque il 10 giugno 1927 a [[Casale Monferrato]]. Era il figlio di Mario Roccas e Elda Di Nola (tutte e due vedi sopra). Suo nonna era Valentina Della Seta (vedi sopra). Tutta la famiglia fu arrestata il 21 aprile 1944 a [[Chianni]]. Furono detenuti al carcere di Firenze e poi trasferiti al [[campo di transito di Fossoli]]. Da lì furono deportati al [[campo di concentramento di Auschwitz]] con il convoglio n. 10, partendo da Fossoli il 16 e arrivando ad Auschwitz il 23 maggio 1944. Il ragazzino non poteva sopravvivere alla [[Shoah]]. Venne assassinato dal regime nazista il 31 ottobre 1944.
 
Anche madre, padre e nonna furono assassinati. Anche tanti altri membri della famiglia.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea|CDEC Digital Library]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-6524/roccas-renzo.html|titolo=''Roccas, Renzo''|accesso=5 novembre 2018}}</ref>
|}
 
== Provincia di Prato ==
=== Prato ===
<!--{{vedi anche|Prato}}
<ref>Find a grave: ''[]'', consultato il 7 novembre 2018</ref>
-->
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-style="vertical-align:top"
| [[File:Stolperstein für Edo Settimo Abati (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />EDO SETTIMO ABATI<br /><small>NATO 1926<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 2.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza San Marco
| '''Edo Settimo Abati''' nacque il 14 febbraio 1926 a Prato. Lavorava come apprendista. Il 7 marzo 1944 venne arrestato in piazza San Marco dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] in seguito allo sciopero generale che aveva attraversato l'Italia occupatain quei giorni. Fu portata nella sede delle GNR al [[Castello dell'Imperatore]], dove incontrò il fratello Renato Abati (vedi sotto), prelevato lo stesso giorno nella piazza del Collegio. La stessa sera fu trasferito, insieme al fratello e agli altri uomini fermati, alle [[Scuole Leopoldine]] di Firenze, il centro di raccolta per tutti gli arrestati nella provincia. Al 8 marzo, insieme colla maggior parte dei prigionieri catturati dopo lo sciopero, fu deportato dalla [[Stazione di Firenze Santa Maria Novella]] nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Arrivò l'11 marzo 1944 e venne classificato con la categoria [[Schutzhäftling]], prigioniero in "custodia protettiva". Ricevò il numero di matricola 56.887. Il 25 marzo venne trasferito nel [[Campo di concentramento di Ebensee|sottocampo di Ebensee]], dove morì il 2 maggio 1944. Aveva solo 18 anni.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=199&sel_lang=german Abati Edo Settimo]'', consultato il 8 giugno 2018</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Renato Abati (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />RENATO ABATI<br /><small>NATO 1914<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 15.9.1944<br />CASTELLO HARTHEIM</small></div></div>
| Piazza S. Francesco<br /><small>(presso la fontana)</small>
|'''Renato Abati''' è nato il 6 febbraio 1882 a Prato. Era un tessitore impiegato presso il lanificio Lucchesi in via Corradori. In oltre lavorava come pasticcere. Nel marzo 1944 partecipò allo sciopero generale. Era un socialista con forti convinzioni. Venne arrestato il 7 marzo 1944 dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] (GNR). L'arresto accade nell'ambito di una retata con l'intenzione di sopprimere le proteste. Fu detenuto prima alla sede della GNR al [[Castello dell'Imperatore]] e più tardi nelle Scuole Leopoldine di Firenze. Al 8 marzo, insieme colla maggior parte dei prigionieri catturati dopo lo sciopero, fu deportato dalla [[Stazione di Firenze Santa Maria Novella]] nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Arrivò l'11 marzo 1944 e venne classificato con la categoria [[Schutzhäftling]], prigioniero in "custodia protettiva". Dichiarò di essere tessitore e ricevò il numero di matricola 56.886. Il 25 marzo venne trasferito nel [[Campo di concentramento di Ebensee|sottocampo di Ebensee]]. Lì, il 2 maggio 1944 morì il fratello Edo Settimo Abati, diciottenne, socialista anche lui (vedi sopra). I due fratelli si sono incontrati al Castello dell'Imperatore, al giorno del loro arresto, ed hanno fatto lo stesso percorso. Non si sa se Renato Abati poteva star accanto al fratello morente, perché lui stesso era in pessime condizione e fu riportato al campo medico di Mauthausen. Nel KZ, perdendo la capacità di lavorare aveva lo stesso status di una condanna a morte. Fu trasferito al centro di eutanasia del [[castello di Hartheim]] e fu assassinato il 15 settembre 1944.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=201&keywords=Renato+Abati Abati Renato]'', consultato il 8 giugno 2018</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Gino Bartoletti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />GINO BARTOLETTI<br /><small>NATO 1901<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 3.6.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Porta al Mercatale
| '''Gino Bartoletti''' nacque a Prato il 3 novembre 1901. Nel 1944 abitava nella frazione della Castellina con sua moglie e quattro figli. Lavorava come magazziniere presso la ditta Chiostri, in via Marco Roncioni. La sera del 7 marzo 1944 venne fermato ad un posto di blocco vicino [[Piazza Mercatale|Porta Mercatale]] dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] (GNR). L'arresto fu notato da uno dei suoi figli, che chiese al padre di tornare a casa con lui. Il ragazzino fu allontanato da un milite fascista che assicurò che il prigioniero non tornerà mai più alla propria abitazione. Gino Bartoletti fu internato prima alla Fortezza di Prato, la sede della GNR, e poi alle Scuole Leopoldine di Firenze. Fu deportato da Firenze al [[campo di concentramento di Mauthausen]] l’8 marzo 1944. Il treno giungeva la destinazione l’11 marzo 1944. Lì riceveva il numero di matricola 56.931, dichiarò di essere un tessitore e fu classificato nella categoria Schutzhäftling (prigioniero in "custodia protettiva"). Fu trasferito al sottocampo di Ebensee il 25 marzo 1944. Lì morì a causa del lavoro forzato, a causa della malnutrizione e delle condizioni igieniche al 3 giugno 1944, dopo soli tre mesi di prigionia. Aveva 42 anni.<ref name=Museo >[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/le-pietre-dinciampo/ Le Pietre d’inciampo in Italia]'', consultato il 3 novembre 2018</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Gino Bartolini (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />GINO BARTOLINI<br /><small>NATO 1912<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 5.6.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Galcianese, 20
| '''Gino Bartolini''' nacque il 19 ottobre 1902 a Prato, nella frazione di Iolo. Divenne operaio presso il carbonizzo Corsi, in via del Castagno. Era sposato. Non prendeva parte allo sciopero generale del marzo 1944 organizzato dalle forze antifasciste perché non era mai stato attratto dalla politica. La mattina dell’8 marzo 1944 andava a ritirare il libretto di lavoro, perché la ditta nella quale era impiegato stava per chiudere. Quel giorno era da poco uscito dall’ospedale. La sua condizione fisica era precaria. Nonostante la debolezza e il disinteresse politico fu arrestato dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]], che lo trattennero nella località il Pino. Una vicina divenne testimone dell'arresto e corre a casa sua per informare sua moglie, la quale si recò immediatamente in Fortezza e poi alla stazione di Firenze. La moglie faceva tanti tentativi di far liberare il marito o perlomeno di parlarlo. Tutto invano, fu allontanata da un milite fascista minacciandola con sua mitra. Gino Bartoletti fu deportato nella stessa notte da Firenze al [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Non rivedeva più sua moglie. Arrivò l’11 marzo 1944 e riceveva il numero di matricola 56.933. Fu classificato nella categoria Schutzhäftling (prigioniero in "custodia protettiva") e dichiarò la sua professione, operaio tessile. Il 25 marzo 1944 fu trasferito al sottocampo di Ebensee. Lì morì dopo soli tre mesi di prigionia il 5 giugno 1944, all’età di 31 anni.<ref name=Museo />
|-
| [[File:Stolperstein für Mario Belgrado (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />16.12.1943</small><br />MARIO BELGRADO<br /><small>NATO 1891<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO</small></div></div>
| Via Ricasoli
| '''Mario Belgrado''' era il figlio di Saul Belgrado e di Cesarina Calò. Nacque il 10 marzo 1905 a [[Firenze]]. Nel 1931 si era trasferito a Prato, dove lavorava come orologiaio in via Ricasoli. In seguito delle [[leggi razziali fasciste]] del 1938 e alle crescenti persecuzioni dopo l'[[Operazione Alarico|occupazione militare tedesca dell'Italia]] si nascondeva presso il laboratorio orafo nel quale era impiegato. Continuava a lavorare nel suo nascondiglio però questa precauzione non era sufficiente. Nel novembre o dicembre 1943 venne arrestato ed inviato al campo di [[Bagno a Ripoli]]. Venne successivamente trasferito nel [[carcere di San Vittore]] a Milano. Venne deportato nel [[Campo di concentramento di Auschwitz|campo di sterminio di Auschwitz]] con il convoglio no. 6 partendo al 30 gennaio 1944 da Milano. Arrivò ad Auschwitz al 6 febbraio 1944. Non è sopravvissuto alla [[Shoah]].<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea]]: {{Cita web|url=http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-500/belgrado-mario.html|titolo=''Belgrado, Mario''|accesso=24 marzo 2018}}</ref><ref>I nomi della Shoah: ''[http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?nome=Mario&cognome=Belgrado&luogo_ARR=Prato&giorno_n=10&id=500 Mario Belgrado]'', consultato il 24 marzo 2018</ref><ref>Museo della deportazione e resistenza: ''[http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=204 Belgrado Mario]'', consultato il 25 marzo 2018</ref>
 
Fosse probabilmente l'unico ebreo di Prato.
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| [[File:Stolperstein für Leonello Betti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />LEONELLO BETTI<br /><small>NATO 1908<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 22.4.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Duomo
| '''Leonello Betti''' nacque a [[Barberino di Mugello]] il 24 ottobre 1908. Trovava impiego presso la ditta tessile Parenti a Prato. Prima della nascita della [[Repubblica Sociale Italiana]] era stato responsabile locale nei gruppi balilla, però non si aderisce alla RSI. Forse per questo fu arrestato in piazza Duomo dai suoi ex camerati il’8 marzo 1944 quando si stava recando alla sua ditta per sapere se dopo il bombardamento del giorno precedente l’attività era ripresa. La famiglia non riuscì di farlo rilasciare e fu tradotto alla Fortezza e poi alle Scuole Leopoldine di Firenze. Si è profondamente pentito della sua precedente attitudine nel discorso con i suoi compagni di sventura. Nella stessa notte fu deportato da Firenze nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Lì arrivò l’11 marzo 1944, fu classificato con la categoria ''[[Schutzhäftling]]'' e ricevò il numero di matricola 56.961. Dichiarò di essere un tessitore. Fu sfruttato come manovale, trasferito al sottocampo di Gusen e successivamente a quello di Ebensee. Lì morì alle soglie della liberazione, al 22 aprile 1945.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/le-pietre-dinciampo/ Biografie dei deportati ricordati nelle pietre d’inciampo a Prato]'', consultato il 28 ottobre 2018</ref>
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| [[File:Stolperstein für Diego Biagini (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />DIEGO BIAGINI<br /><small>NATO 1894<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 8.4.1944</small></div></div>
| Piazza S. Francesco<br /><small>(presso la fontana)</small>
| '''Diego Biagini''' nacque il 19 aprile 1894 a Prato. Sposava una moglie di nome Natalia. La coppia aveva quattro figli. Era caporeparto nella tessitura di Ettore Lucchesi. All'inizio dell'anno 1944 fuggiva con la sua famiglia a Calenzano perché i continui bombardamenti colpivano Prato quasi ogni giorno. Essendo un convinto antifascista partecipava allo sciopero generale dei primi di marzo del 1944. Fu catturato in piazza San Francesco la sera del 7 marzo 1944. Diego Biagini fu portato prima al Castello dell'Imperatore, poi alle Scuole Leopoldine di Firenze. I suoi familiari lo cercarono in tutta la città non avendo notizia della sua sorte. Nella stessa notte un violento bombardamento distrugeva la casa della famiglia. Al'8 marzo 1944 fu deportato nel [[campo di concentramento di Mauthausen]], dove arrivò dopo tre giorni di passaggio in carro bestiame. Il suo numero di matricola era 56.962, fu classificato Schutzhäftling (deportato per motivi di sicurezza) e si dichiarò meccanico tessile. Fu trasferito al campo medico di Mauthausen, dove morì l'8 aprile 1944. Era il primo del gruppo partito da Prato a morire nel campo del concentramento, il secondo dopo [[Gino Gelli]] che fu esecuto durante il passagio verso l'Austria.
 
Dopo due mesi, al 13 giugno 1944, la moglie ricevette una lettera della ''Polizia di sicurezza'' di Firenze: "Sono assai spiacente dovervi comunicare, che il Vostro marito, Diego Biagini [...] è morto sul posto di lavoro l'8 aprile 1944 a causa di una incursione nemica. Questa lettera vale come certificato di morte presso le autorità italiane." La sua famiglia era l'unica a Prato a ricevere una lettera ufficiale da parte delle naziste - però basata su una menzogna: al 8 aprile 1944 non c'erano incursioni nemiche a Mauthausen. La conclusione del [[Museo della deportazione]]: "se la data fu effettivamente quella indicata, l'uomo [...] fu deliberatamente ucciso."<ref>[[Museo della deportazione]]: {{Cita web|url=http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=206&keywords=sciopero+generale|titolo=''Biagini Diego''|accesso=24 febbraio 2018}}</ref>
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| [[File:Stolperstein für Duilio Boretti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />DUILIO BORETTI<br /><small>NATO 1916<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 13.2.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Galcianese, 20
| '''Duilio Boretti''' nacque il 25 ottobre 1916 a Prato. Nel 1943 era militare di leva. Dopo l’[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] dell'8 settembre 1943 tornava a casa e tentava di rifarsi una vita. A causa della crisi economica non riuscì a riprendere il suo lavoro di cenciaiolo. Era disoccupato, quindi non poteva partecipare allo sciopero generale. Fu arrestato comunque la mattina del 7 marzo 1944 quando tornava da una visita ai suoi genitori nella frazione di San Giusto. Fu condotto alla Fortezza di Prato e poi alle Scuole Leopoldine di Firenze. Il giorno dopo fu rinchiuso assieme ai suoi compagni nei vagoni piombati alla stazione di Santa Maria Novella e deportato al [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Il treno raggiungeva la destinazione al’11 marzo 1944. Fu classificato con la categoria Schutzhäftling (custodia protettiva), otteneva il numero di matricola 56.982 e si dichiarò tessitore. Fu sfruttato come manovale e venne trasferito al sottocampo di Ebensee il 25 marzo 1944: Lì fu assassinato il 13 febbraio 1945. Aveva 28 anni.<ref name=Museo />
 
Fu sepolto nel [[KZ-Friedhof Ebensee]], il cimitero del Lager.<ref>Find a grave: ''[https://www.findagrave.com/memorial/22457849/duilio-boretti Duilio Boretti]'', consultato il 7 novembre 2018</ref>
|-
| [[File:Stolperstein für Noris Bresci (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />NORIS BRESCI<br /><small>NATO 1902<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 19.1.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza San Francesco
| '''Norisse Giuseppe Antonio Bresci''' nacque il 15 giugno 1902 a Prato. Nel 1944 era operaio tessile presso il lanificio Lucchesi. Dopo lo sciopero generale tornava in servizio la mattina dell’8 marzo 1944. Allo stesso giorno fu arrestato dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] nel stabilimento insieme ad altri dipendenti. Alcuni industriali pratesi collaboravano attivamente con la milizia fascista, che aveva l'ordine di aumentare il numero di uomini da deportare per punire le proteste degli operai italiani. Volevano sfruttarne al contempo la manodopera. Noris Bresci fu portato a Firenze e nella stessa notte fu deportato nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Il terne raggiungevala destinazione l’11 marzo 1944. Lì fu classificato nella categoria Schutzhäftling (custodia protettiva) e ricevevo il numero di matricola 56.987. Di dichiarò tessitore, ma fu sfruttato come manovale. Fu trasferito al sottocampo di Ebensee il 25 marzo 1944. Lì morì il 19 gennaio 1945 all’età di 42 anni.<ref name=Museo />
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| [[File:Stolperstein für Ruggero Bruschi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />RUGGERO BRUSCHI<br /><small>NATO 1896<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 6.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Duomo
| '''Ruggero Bruschi''' nacque il 29 settembre 1896 a [[Cantagallo (Italia)|Cantagallo]], una comune piccola nella [[Val di Bisenzio]]. Era capo filatore presso la ditta ''Berretti'', situata nel centro laniero in via Paolo dell’Abbaco. Abitava con sua famiglia in via Rubieri e non partecipava allo sciopero generale nei primi del marzo 1944. Tuttavia, fu arrestato la sera del 7 marzo vicino [[Porta al Serraglio]] da un gruppo di fascisti. La moglie e la figlia sentivano del suo arresto solo il giorno successivo. Marciavono a piedi fino a Firenze per effettuare il suo rilascio. Purtroppo, potevano soltanto vederlo salire su una camionetta che lo portava alla stazione, per essere deportato nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Lì arrivò l’11 marzo 1944. Fu classificato nella categoria [[Schutzhäftling]], di professione tessitore, e riceveva il numero di matricola 56.992. Dopo due settimane, al 25 marzo 1944 fu trasferito al sottocampo di Ebensee. La moglie non riusciva a saperne più niente di lui. Ruggero Bruschi morì ad Ebensee il 6 maggio 1944.<ref name=Museo />
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|-
| [[File:Stolperstein für Umberto Caiani (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />UMBERTO CAIANI<br /><small>NATO 1893<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 25.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Duomo
| '''Umberto Caiani'''
|-
| [[File:Stolperstein für Giuseppe Calamai (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />GIUSEPPE CALAMAI<br /><small>NATO 1918<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 10.10.1944<br />CASTELLO HARTHEIM</small></div></div>
| Piazza delle Carceri, 20 <BR />all'angolo Via Benedetto Cairoli
| '''Giuseppe Calamai'''
|-
| [[File:Stolperstein für Antonio Cecchi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />ANTONIO CECCHI<br /><small>NATO 1905<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 5.4.1945</small></div></div>
| Piazza delle Carceri, 20 <BR />all'angolo Via Benedetto Cairoli
| '''Antonio Cecchi'''
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| [[File:Stolperstein für Ancieto Ciabatti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />ANICETO CIABATTI<br /><small>NATO 1889<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 4.10.1944<br />CASTELLO DI HARTHEIM</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Aniceto Ciabatti''' nacque il 23 maggio 1889 a Mazzone, piccola frazione di Prato. Era sposato ed era il padre di Maggiorano, nato nel 1927 (vedi sotto). Lavorava come tintore tessile a Prato e abitava a Mezzana, nella periferia est della città. Al 8 marzo 1944, padre e figlio furono arrestati entrambi nella fabbrica tessile. Insieme colla maggior parte dei prigionieri catturati dopo lo sciopero, furono deportati dalla [[Stazione di Firenze Santa Maria Novella]] nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Arrivarono l'11 marzo 1944 e venivano classificati con la categoria [[Schutzhäftling]], prigioniero in "custodia protettiva". Ricevevano i numeri prigioniero 57050 (per il padre) e 57051 (per il figlio). Furono trasferiti al sottocampo Ebensee il 25 marzo 1944. Il destino dei Ciabatti era molto simile a quello di Giovanni e Francesco Mazzocchi, anche coloro un padre e un figlio di Prato, entrambi assassinati ad Ebensee. Altre coppie padre-figlio toscane erano Gene e Giuseppe Larini, entrambi calzolai della Limite sull'Arno, entrambi assassinati, così come Giuseppe e Nedo Nencioni, entrambi della Spezia. In quest'ultimo caso, il padre fu assassinato, ma il figlio poteva sopravvivere. [[Roberto Castellani]], un superstite di Mauthausen e presidente dell'[[ANED]] Prato (''Associazione nazionale ex-deportati politici nei campi nazisti''), raccontò di padre e figlio Ciabatti hanno sofferto particolarmente. Il padre voleva sempre dare al figlio qualcosa dalle sue povere razioni di cibo e viceversa. Gia dopo due mesi, al 5 giugno 1944, entrambi erano molto malati e deboli. Furono trasferiti a Mauthausen, nel campo per coloro che non potevano più lavorare. Aniceto Ciabatti fu assassinato nell'anno della sua deportazione, al 10 ottobre 1944 al centro di eutanasia del [[castello di Hartheim]] in una camera a gas.<ref name=Museo /><ref name=VäterSöhne >Nina Höllinger: ''[https://memorial-ebensee.at/website/content/stories/Medien/Zeitschriftenarchiv/pdf_bw103.pdf Väter und Söhne im Konzentrationslager]'', in: betrifft widerstand, ed. Memorial Ebensee, n. 103, dicembre 2011, 4-12</ref>
 
Sei giorni dopo, anche Maggiorano Ciabatti fu assassinato nello stesso luogo.<ref name=Museo />
|-
| [[File:Stolperstein für Maggiorano Ciabatti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />MAGGIORANO<br />CIABATTI<br /><small>NATO 1927<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 10.10.1944<br />CASTELLO DI HARTHEIM</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Maggiorano Ciabatti''' nacque il 1. maggio 1927. Nell'ottobre del 1944, entrambi furono assassinati nella [[camera a gas]] del [[Castello di Hartheim]], originariamente costruito per l'omicidio dei disabili.<ref name=Museo /><ref name=VäterSöhne />
|-
| [[File:Stolperstein für Severino Faggi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />SEVERINO FAGGI<br /><small>NATO 1894<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 24.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Severino Faggi'''
|-
| [[File:Stolperstein für Mario Fagotti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />MARIO FAGOTTI<br /><small>NATO 1908<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 3.11.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza delle Carceri
| '''Mario Fagotti'''
|-
| [[File:Stolperstein für Umberto Frilli (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />UMBERTO FRILLI<br /><small>NATO 1900<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />MORTO 12.5.1945<br />PER LE CONSEGUENZE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Umberto Frilli'''
|-
| [[File:Stolperstein für Otello Gabuzzini (Prato).jpg |120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />OTELLO GABUZZINI<br /><small>NATO 1895<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 15.3.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Otello Gabuzzini'''
|-
| [[File:Stolperstein für Armando Gattai (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />ARMANDO GATTAI<br /><small>NATO 1909<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 19.1.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Duomo
| '''Armando Gattai'''
|-
| [[File:Stolperstein für Cesare Giachetti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />CESARE GIACHETTI<br /><small>NATO 1903<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 8.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Cesare Giachetti'''
|-
| [[File:Stolperstein für Adelindo Giorgett (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />ADELINDO GIORGETT<br /><small>NATO 1884<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 11.3.1944</small></div></div>
| Via Puccetti, 1-3
| '''Adelindo Giorgett'''
|-
| [[File:Stolperstein für Giulio Gliori (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />GIULIO GLIORI<br /><small>NATO 1920<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 16.4.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
|Piazza San Marco
| '''Giulio Gliori'''
|-
| [[File:Stolperstein für Gonfiantino Gonfiantini (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />GONFIANTINO<br />GONFIANTINI<br /><small>NATO 1892<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 15.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Puccetti, 1-3
| '''Gonfiantino Gonfiantini'''
|-
| [[File:Stolperstein für Giovanni Guidotti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />GIOVANNI GUIDOTTI<br /><small>NATO 1921<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 29.3.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza San Francesco
| '''Giovanni Guidotti'''
|-
| [[File:Stolperstein für Arturo Lassi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />ARTURO LASSI<br /><small>NATO 1900<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 9.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Galcianese, 20
| '''Arturo Lassi'''
|-
| [[File:Stolperstein für Attilio Lombardi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />ATTILIO LOMBARDI<br /><small>NATO 1907<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 19.4.1945</small></div></div>
| Piazza delle Carceri, 20 <BR />all'angolo Via Benedetto Cairoli
| '''Attilio Lombardi'''
|-
| [[File:Stolperstein für Ezio Maranghi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />EZIO MARANGHI<br /><small>NATO 1926<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 6.5.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza San Francesco
| '''Ezio Maranghi'''
|-
| [[File:Stolperstein für Umberto Mascii (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />UMBERTO MASCII<br /><small>NATO 1891<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 23.4.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Umberto Mascii'''
|-
| [[File:Stolperstein für Spartaco Mencagli (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />SPARTACO MENCAGLI<br /><small>NATO 1924<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 20.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza San Francesco
| '''Spartaco Mencagli'''
|-
| [[File:Stolperstein für Ferdinando Micheloni (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />FERNANDINO<br />MICHELONI<br /><small>NATO 1883<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 17.4.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Puccetti, 1-3
| '''Ferdinando Micheloni'''
|-
| [[File:Stolperstein für Guido Moscardi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />GUIDO MOSCARDI<br /><small>NATO 1907<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 1.5.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Porta al Mercatale
| '''Guido Moscardi'''
|-
| [[File:Stolperstein für Porsenna Nannicini (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />PORSENNA NANNICINI<br /><small>NATO 1904<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 18.6.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
|Piazza delle Carceri
| '''Porsennao Nannicini'''
|-
| [[File:Stolperstein für Nello Petri (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />NELLO PETRI<br /><small>NATO 1902<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 25.4.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Nello Petri'''
|-
| [[File:Stolperstein für Mario Pini (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />MARIO PINI<br /><small>NATO 1921<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 19.2.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Duomo
| '''Mario Pini'''
|-
| [[File:Stolperstein für Renzo Ponzecchi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />RENZO PONZECCHI<br /><small>NATO 1919<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 30.9.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Galcianese, 20
| '''Renzo Ponzecchi'''<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[]'', consultato il 18 ottobre 2018</ref>
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| [[File:Stolperstein für Palmiro Risaliti (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />PALMIRO RISALITI<br /><small>NATO 1891<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 12.3.1945</small></div></div>
| Via Puccetti, 1-3
| '''Palmiro Risaliti''' nacque a Prato il 20 marzo 1891.<!--nel marzo 1944 era sfollato nella frazione di Vergaio per sfuggire ai bombardamenti alleati, lavorava alla ditta Campolmi e molto probabilmente partecipò senza tentennamenti allo sciopero generale, perchè da anni manifestava ferme idee politiche antifasciste.
 
Risaliti era nato , quindi affrontò il ventennio prima e la guerra poi nel pieno dei suoi anni, arrivando al travagliato periodo della Repubblica Sociale Italiana con un bagaglio di esperienza che gli permetteva di valutare con una discreta consapevolezza la situazione scaturita in Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Fu arrestato la mattina dell’8 marzo 1944 nella rifinizione Campolmi dagli uomini del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Vivo, che si erano introdotti nella fabbrica allo scopo di prelevare un cospicuo numero di scioperanti. quella stessa mattina Risaliti era tornato nella sua vecchia abitazione di via del Serraglio, nel centro della città, per chiudere il portone lasciato inavvertitamente aperto la era prima, quando era andato a controllare gli effetti del bombardamento alleato che si era abbattuto su Prato. Dopo aver chiuso casa decise di andare a lavoro, forse perchè fu informato da qualche collega della possibile conclusione della protesta o perchè intimorito dalle rappresaglie annunciate alla radio dalle autorità fasciste. Quella scelta si rivelò fatale. Dopo l’arresto anche Palmiro Risaliti venne condotto alla Fortezza e successivamente inviato insieme a tutti gli altri rastrellati a Firenze, prima alle Scuole Leopoldine e poi alla stazione di Santa Maria Novella.--> Fu arrestato la mattina dell’8 marzo 1944 nella rifinizione Campolmi dai carabinieri, che si erano introdotti nella fabbrica. Venne condotto alla Fortezza e successivamente inviato a Firenze, insieme a tutti gli altri rastrellati, prima alle Scuole Leopoldine e poi alla [[stazione di Santa Maria Novella]]. Fu deportato al [[campo di concentramento di Mauthausen]] da Firenze nella stessa notte. Arrivò a Mauthausen l’11 marzo 1944, riceveva il numero di matricola 57.372 e fu classificato con la categoria [[Schutzhäftling]] (in custodia protettiva). Si dichiarò addetto alla colorazione dei tessuti e fu sfruttato come manovale fino alla sua morte. Il 25 marzo 1944 venne trasferito al sottocampo di Ebensee. Lì morì il 12 marzo 1945, neanche due mesi prima della liberazione.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/le-pietre-dinciampo/ Le Pietre d’inciampo in Italia]'', consultato il 21 ottobre 2018</ref>
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| [[File:Stolperstein für Rolando Senatori (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />ROLANDO SENATORI<br /><small>NATO 1920<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 13.4.1945<br />EBENSEE</small></div></div>
| Via Galcianese, 20
| '''Rolando Senatori''' nacque a Prato il 17 agosto 1920. Era un commerciante, lavorava in proprio e abitava in piazza Mercatale. Era sposato. Nel 1944 fu sfollato nella frazione di San Giusto. Non partecipava allo sciopero generale. L’8 marzo 1944 voleva controllare se i bombardamenti avevano provocato dei danni alla sua abitazione. Fu fermato dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] in località il Pino ed arrestato. La moglie riusciva ad incontrarlo poco prima del suo trasferimento alla Fortezza. La donna disperata informò il socio in affari di Senatori, un influente squadrista. L’uomo però si dichiarò troppo occupato e decide di interessarsi solo quando non c’era ormai più niente da fare, quando Rolando Senatori era già nel boxcar verso il [[campo di concentramento di Mauthausen]], deportato da Firenze nella stessa notte. Arrivò a Mauthausen l’11 marzo 1944, riceveva il numero di matricola 57.403 e fu classificato con la categoria [[Schutzhäftling]] (in custodia protettiva). Si dichiarò tessitore e fu sfruttato come manovale fino alla sua morte. Il 25 marzo 1944 venne trasferito al sottocampo di Ebensee. Lì morì il 13 aprile 1945 all’età di 24 anni, pochi giorni prima della liberazione.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/le-pietre-dinciampo/ Le Pietre d’inciampo in Italia]'', consultato il 18 ottobre 2018</ref>
 
Secondo l'[[Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell'Età contemporanea]] fu partigiano dal febbraio 1944, unito alla Brigata di [[Lanciotto Ballerini]].<ref>Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell'Età contemporanea: ''[http://www.istoresistenzatoscana.it/partigiano/Rolando/Senatori/8297 Dettaglio partigiano: Senatori Rolando]'', consultato il 19 ottobre 2018</ref>
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| [[File:Stolperstein für Gino Vannucchi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />8.3.1944</small><br />GINO VANNUCCHI<br /><small>NATO 1891<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 10.6.1944<br />EBENSEE</small></div></div>
| Piazza Macelli
| '''Gino Vannucchi''' nacque il 20 aprile 1891 a Prato. Lavorava nella tintoria del lanificio Lucchesi che si trovava in piazza dei Macelli. La sede principale della ditta fu invece in via Corradori. L'8 di marzo 1944 gli fu ordinato di riscuotere il suo stipendio settimanale in via Corradori. Lì, insieme a molti colleghi, fu catturato dai militi della [[Guardia Nazionale Repubblicana]]. Furano portati prima al [[Castello dell'Imperatore]] e poi alle [[Scuole Leopoldine]] di Firenze. Seguiva la deportazione al [[campo di concentramento di Mauthausen]] dove arrivò l'11 marzo 1944. Venne classificato con la categoria [[Schutzhäftling]], prigioniero in "custodia protettiva" e ricevò il numero di matricola 57.456. Il 25 marzo 1944 fu trasferito al sottocampo di Ebensee, dove fu sfruttato nel lavoro forzato. Il 6 giugno venne portato al campo sanitario di Mauthausen. Il 10 giugno 1944 morì.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=238 Vannucchi Gino]'', consultato il 19 giugno 2018</ref>
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| [[File:Stolperstein für Valesco Vannucchi (Prato).jpg|120px]]
|<div align="center"><div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />7.3.1944</small><br />VALESCO VANNUCCHI<br /><small>NATO 1927<br />DEPORTATO<br />MAUTHAUSEN<br />ASSASSINATO 25.3.1945<br />GUSEN</small></div></div>
| Piazza San Francesco
| '''Valesco Vannucchi''' nacque a Prato l'11 novembre 1927. Lavorava come cardatore nella filatura Gelli in via Roma. La sera del 7 marzo 1944 venne arrestato in piazza San Francesco dalla [[Guardia Nazionale Repubblicana]] anche se aveva solo 16 anni. Fu portata nella sede delle GNR al [[Castello dell'Imperatore]]. Al 8 marzo fu trasferito alle [[Scuole Leopoldine]] di Firenze, il centro di raccolta per tutti gli arrestati nella provincia, e di la fu deportato dalla [[Stazione di Firenze Santa Maria Novella]] nel [[campo di concentramento di Mauthausen]]. Arrivò l'11 marzo 1944 e venne classificato con la categoria [[Schutzhäftling]], prigioniero in "custodia protettiva". Ricevò il numero di matricola 57.458. Il 18 marzo 1944 venne trasferito nel [[Campo di concentramento di Gusen|sottocampo di Gusen]], dove fu sfruttato come metalmeccanico fino allo sfinimento. Morì il 25 marzo 1945. Aveva solo 17 anni, era uno dei più giovani deportati.<ref>[[Museo della Deportazione e Resistenza]]: ''[http://www.museodelladeportazione.it/modules/smartsection/item.php?itemid=239 Vannucchi Valesco]'', consultato il 19 giugno 2018</ref>
|}
 
==Provincia di Siena==
===Siena===
Le pietre d'inciampo a [[Siena]] sono state collocate l'8 gennaio 2015 alle ore 15, alla presenza del sindaco e dei rappresentanti delle autorità cittadine. I responsabili per il progetto erano Adachiara Zevi e Mauro Galeazzi.<ref>''[https://www.intoscana.it/it/articolo/le-pietre-dinciampo-arrivano-a-siena-per-non-dimenticare-la-shoah/ LE "PIETRE D'INCIAMPO" ARRIVANO A SIENA PER NON DIMENTICARE LA SHOAH]'', 7 gennaio 2015</ref>
 
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-
|[[File:Stolperstein für Giacomo Augusto Hasda (Siena).jpg|120px]]
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATO<br />IL 6.11.1943</small><br />GIACOMO AUGUSTO<br />HASDÁ<br /><small>JG. 1869<br />DEPORTATO<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATO 14.11.1943</small></div>
| via Fiorentina 87
| '''Giacomo Augusto Hasdá''' (חסדא, יעקב בן רפאל) era il figlio di Raffaello Hasdà e di Allegra Corcos. Nacque a [[Livorno]] l' 8 agosto 1869. Coniugato con Ermelinda Bella Segre (vedi sotto). Consegue la [[Semikhah|Semikhà]] con il titolo di “Chakham” nel 1909 al Collegio Rabbinico di Livorno. Era vice-rabbino di Torino e rabbino di Cuneo nel 1907. Nell'ottobre dello stesso anni divenne il Rabbino di Pisa e vi rimane fino al 1943. Hasdá e sua moglie furono arrestati il 5 novembre 1943 a Siena loc. Stellino. La coppia anziana veniva detenuta al [[carcere di Pisa]], deportata nel [[campo di concentramento di Auschwitz|campo di sterminio di Auschwitz]] e assassinata immediatamente dopo l'arrivo l'11 novembre 1943.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea]]: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-3468/hasda-giacomo-augusto.html|titolo=''Hasdà, Giacomo Augusto''|accesso=13 settembre 2018}}, con un ritratto</ref><ref>Rabbini italiani: ''[http://www.rabbini.it/giacomo-augusto-hasda/ Giacomo Augusto Hasdà]'', consultato il 2 novembre 2018</ref>
 
Passarono solo sei giorni tra l'arresto e la morte.
|-
|[[File:Stolperstein für Ermelinde Bella Segre (Siena).jpg|120px]]
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>QUI FU ARRESTATA<br />IL 6.11.1943</small><br />ERMELINDA BELLA<br />SEGRE<br /><small>JG. 1875<br />DEPORTATA<br />AUSCHWITZ<br />ASSASSINATA 14.11.1943</small></div>
| via Fiorentina 87
| '''Ermelinde Bella Segre''' era la figlia di Cesare Segre e di Elisa Coen-Sacerdoti. Nacque a [[Trino]] il 20 dicembre 1875. Coniugato con Giacomo Augusto Hasdá, il Rabbino di Pisa (vedi sopra). La coppia anziana fu arrestata il 5 novembre 1943 a Siena loc. Stellino, detenuta al carcere di Pisa, deportata nel [[campo di concentramento di Auschwitz|campo di sterminio di Auschwitz]] e assassinata immediatamente dopo l'arrivo l'11 novembre 1943.<ref>[[Centro di documentazione ebraica contemporanea]]: {{Cita web|http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-7117/segre-ermelinda-bella.html|titolo=''Segre, Ermelinda Bella''|accesso=13 settembre 2018}}, con un ritratto</ref>
 
Passarono solo sei giorni tra l'arresto e la morte.
|}
 
=== Sinalunga ===
{|class="wikitable sortable toptextcells" style="width:100%"
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" width="120px"| Immagine
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:22%;"| Scritta
!class="hintergrundfarbe6" data-sort-type="text" style ="width:18%;"| Indirizzo
!class="hintergrundfarbe6 unsortable" style="width:60%;"| Biografia
|-style="vertical-align:top"
|<!--[[File:Stolperstein für Pesia Fajga (Sinalunga).jpg|120px]]-->
| style="text-align:center"| <div style="font-size:90%;"><small>QUI ABITAVA</small><br />PESIA FAJGA LEWINTER<br /><small><!--NATO 1919<br />INTERNATO MILITARE<br />ARRESTATO 1944<br />LIBERATO</small></div>-->
| Via dei Nelli, 9
| '''Pesia Fajga LeWinter''', chiamata Francesca, era una signora ebrea nata il 4 giugno 1900 a [[Brzezina]] in [[Polonia]]. Era la figlia di Samuele DeWinter. Fu internata insieme al marito David Zimet, nato il 25 aprile 1889, a Sinalunga a partire dal 1941. Il 7 febbraio 1943 nasce a Sinalunga Lucia, la figlia della coppia. Il marito morì nella cittadina della [[Valdichiana]] il 2 novembre del 1943. La vedova fu prelevata alla fine di dicembre 1943 per essere avviata al campo provinciale di Siena. Il 28 dicembre verrà comunicato il mandato di cattura.<ref>[[Siena Free]]: ''[http://www.sienafree.it/sinalunga/104244-giorno-della-memoria-a-sinalunga-una-pietra-dinciampo-per-ricordare-pesia-fajga-lewinter Giorno della memoria, a Sinalunga una pietra d'inciampo per ricordare Pesia Fajga Lewinter]'', consultato il 22 gennaio 2019</ref><ref>''[http://www.biblioato.it/DW/documenti2016/David%20e%20Francesca.pdf David e Francesca ebrei internati a Sinalunga]'', pubblicazione del Comune di Sinalunga per il [[Giorno della Memoria]] del 2016, a cura di Marcella Biribò, Emanuele Grieco, Ariano Guastaldi, Emma Licciano, consultato il 22 gennaio 2019</ref>
 
Dopo di che non si sa nulla sulla sorte di Pesia Fajga LeWinter e della sua bambina.<ref>Emanuele Grieco: ''[http://www.biblioato.it/DW/documenti2017/il%20volo%20di%20Fejga.pdf Il volo di Feiga, Una donna, una famiglia, un popolo]'', Biblioteca Comunale di Sinalunga, pubblicato in occasione del “Giorno della Memoria” 2017</ref>
|}
 
== Date delle collocazioni ==
Le pietre d'inciampo in Toskana sono state collocate da [[Gunter Demnig]] personalmente alle date sequente:
* 17 gennaio 2013: Livorno (Franca Baruch, Perla Beniacar, Enrico Menasci e Raffaello Menasci)<ref>Michele Brancale: ''[http://blog.quotidiano.net/brancale/2013/01/15/quattro-pietre-dinciampo-e-una-memoria-viva-a-livorno/ Quattro pietre d’inciampo e una memoria viva]'', Blog, L'ora di Religione, 15 gennaio 2013</ref>
* 14 gennaio 2014: [[Livorno]] (Isacco Bayona, Frida Misul)
* 15 e 16 gennaio 2014: [[Prato]]
* 7 gennaio 2015: [[Siena]]<ref>''[https://www.youtube.com/watch?v=VlI_8UcROF0 Pietre d'inciampo a Siena. Il sindaco: «Simbolo dell'impegno costante contro ogni fanatismo»]'', consultato al 14 agosto 2017</ref>
* 16 gennaio 2015: Livorno (Dina Bona Attal, Dino Bueno)
* 13 gennaio 2017: [[Grosseto]],<ref>''[http://www.lanazione.it/grosseto/cronaca/pietre-d-inciampo-1.2815206 Gunter Demnig installa le pietre d'inciampo a Grosseto / FOTO]'', consultato al 13 agosto 2017</ref> Livorno (Elio Levi Nissim, Ivo Rabà) e [[Pisa]]
* 9 gennaio 2018: [[Magliano in Toscana|Campospillo]]
* 10 gennaio 2018: Livorno (Matilde Beniacar), [[San Casciano in Val di Pesa]]
* 17 gennaio 2019: [[Sinalunga]]
* 18 gennaio 2019: [[Lucca]]
 
Le pietre d'inciampo di Livorno sono state ordinate ed organizzate della [[Comunità di Sant'Egidio]] e della Comunità Ebraica.<ref>Comunità di Sant'Egidio: ''[http://www.santegidio.org/pageID/3/langID/it/itemID/6303/Pietre_d_inciampo_memoria_della_deportazione_degli_ebrei_di_Livorno.html "Pietre d'inciampo": memoria della deportazione degli ebrei di Livorno]'', 17 gennaio 2013</ref>
 
== Note ==
<references />
 
== Voci correlate ==
* [[Pietre d'inciampo]]
* [[Olocausto]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stolpersteine in Tuscany}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.stolpersteine.com/start.html Sito dell'iniziativa] (in tedesco)
* [http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html?id=65637&pagename=129 Memorie d'inciampo a Roma] - descrizione dell'iniziativa a Roma a cura del MiBAC
*[https://www.romaapiedi.com/itinerari-turistici-roma/protagonisti-silenziosi-i-sampietrini/pietre-d-inciampo/ Elenco delle pietre d'inciampo a Roma, aggiornato al 23 febbraio 2017]
* [http://www.goethe.de/ins/it/gen/it8703706v.htm Comunicato stampa] - descrizione dell'iniziativa a Genova a cura del Goethe-Institut
* {{cita web|url=http://www.comune.bolzano.it/stampa_context.jsp?area=295&ID_LINK=426&id_context=26544|titolo=Comunicato stampa. Le Stolpersteine a Bolzano. 15 gennaio 2015}}
* {{cita web|http://bibliotecadisraele.wordpress.com/2012/01/09/roma-stolpersteine72-nuove-pietre-dinciampo-la-mappa-delle-installazioni/|Roma. Stolpersteine: 72 nuove pietre d’inciampo. La mappa delle installazioni. 9 gennaio 2012}}
* {{cita web|http://www.museodiffusotorino.it/pietredinciampo|Pietre d'inciampo a Torino}}
* [http://pietre.museodiffusotorino.it/ Mappa interattiva e biografie] delle ''Stolpersteine'' a Torino
* [http://www.museodiffusotorino.it/news/1237/la-posa-delle-prime-27-pietre-dinciampo-a-torino Comunicato stampa] - La posa delle prime pietre a Torino, gennaio 2015
* [http://mediagallery.comune.milano.it/cdm/objects/changeme:72438/datastreams/dataStream5599381410507632/content?pgpath=/sa_siti_tematici/Milano_memoria/Eventi_Giorno_della_Memoria/20170119_pietre_di_inciampo Cartella stampa] - Pietre d'inciampo a Milano, 19 gennaio 2017
* http://www.lager.it/pietre_inciampo.html
 
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Ebraismobiografie|storiacinema|televisione}}
{{Pietre d'inciampo in Italia}}
 
[[Categoria:ResistenzaFigli in Toscanad'arte]]
[[Categoria:Pietre d'inciampo in Italia|Toscana]]