Sibilla Appenninica e A9.com: differenze tra le pagine

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[[File:A9.jpg|thumb|La home page di A9.com]]
{{C|testo troppo confuso, dove sono confluite informazioni da testi diversi scientifici e non, da prendere a riferimento questo saggio: https://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult/article/view/1206/879|mitologia|luglio 2015}}
{{Personaggio
|medium = mitologia
|nome = Sibilla Appenninica
|epiteto =
|immagine = Sibillla Appenninica di Adolfo de Carolis.jpg
|didascalia = ''[[La Sibilla Appenninica]]'' presso il [[Palazzo del Governo (Ascoli Piceno)|Palazzo del Governo]] di [[Ascoli Piceno]], dipinto di [[Adolfo De Carolis]]
|autore = [[Antoine de La Sale]], [[Andrea da Barberino]], vari
|sesso = f
}}
 
'''A9.com''' è un [[motore di ricerca]] lanciato il 14 aprile [[2004]] da [[Amazon.com]]. A9 ottiene i risultati di ricerca da [[Windows Live Search|Live Search]] e da [[Alexa Internet|Alexa]], Amazon.com ed altri motori di ricerca.<ref>[http://www.searchengineshowdown.com/blog/2006/05/alexa_a9_switch_from_google_to_1.shtml Alexa & A9 Switch from Google to MSN<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
La '''Sibilla Appenninica''', detta anche '''Sibilla Picena''', è una figura dell'[[immaginario collettivo]] fantastico diffusosi a partire dal [[medioevo]] nell'area montana del [[Ascoli Piceno|Piceno]] e di [[Norcia]], in particolare appunto sui [[Monti Sibillini]], ai quali questa ha dato il nome.
 
A9 è dotato di alcune caratteristiche assenti da altri motori di ricerca. Oltre alle ricerche nel testo delle pagine web, A9 compie ricerche sui testi disponibili in consultazione gratuita presso Amazon, a condizione che l'utente abbia un account su Amazon. La sua interfaccia consente agli utenti di combinare più risultati di ricerca, e di confrontarli.
Sebbene nei testi [[Medioevo|medievali]] si parli della Sibilla, la definizione di ''Sibilla Appenninica'' compare per la prima volta solo nel [[1967]], nella tesi di laurea di Luigi Paolucci.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Tea Fonzi|data=19 novembre 2014|titolo=La Sibilla dell’Appennino: una risorsa dimenticata|rivista=Tesi di laurea magistrale in Management dei Beni Culturali dell'Università di Macerata|volume=|numero=}}</ref>
 
Il lancio di A9 è stato controverso, poiché il motore di ricerca registra ogni ricerca compiuta dagli utenti e la ricollega all'account posseduto dall'utente su Amazon. La dichiarazione sulla privacy di A9 recita:
Probabilmente a causa di complessi processi di [[sincretismo]] culturale viene identificata come [[Sibilla|''sibilla'']]; ma in realtà, nonostante alcune fonti risalenti all'inizio dell'[[Impero romano|era imperiale]] riferiscano di un oracolo sugli [[Appennini|Appenini]], essa non rientra nel canone delle dieci [[Sibilla|Sibille]] [[Età classica|classiche]] riportato da [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]].<ref>A. Bucciarelli, op. cit., p. 25.</ref>
 
{{Citazione|Di tanto in tanto potremmo delegare ad imprese ed individui terzi la conduzione di servizi per nostro conto. Questi includono la spedizione di messaggi di posta elettronica e l'analisi dei dati. Le imprese e gli individui terzi hanno accesso alle informazioni personali necessarie allo svolgimento di questi compiti. Le informazioni personali non possono essere usate per altri fini}}
<br />
 
Nel gennaio [[2005]] A9.com ha aggiunto la funzione "BlockView" alle ricerche su pagine gialle e su cartine geografiche. La funzione consentiva agli utenti di visualizzare le foto delle imprese presenti sulla maggior parte del territorio di 24 delle principali città americane. Gli utenti possono inoltre far scorrere l'immagine della strada sia verso destra che verso sinistra, per ottenere immagini di imprese vicine a quella che interessa. Inizialmente A9.com aveva previsto di aggiungere sempre nuove immagini ed aziende al proprio motore di ricerca, però attualmente questo servizio non è più disponibile.
== Le leggende ==
Secondo la leggenda, la [[Sibilla Appenninica|Sibilla]] è una maga, incantatrice e indovina; regina di un mondo sotterraneo paradisiaco al quale si accede attraverso la [[Grotta della Sibilla|grotta]] che si apre sulla vetta del [[Monte Sibilla]].
 
Il 29 settembre [[2006]] Amazon ha interrotto alcuni dei servizi offerti da A9.com, quali lo Instant Reward, la barra degli strumenti, le pagine gialle, le mappe e BlockView, oltre ad altri elementi personalizzabili quali l'agenda, i segnalibri e la cronologia delle proprie ricerche.
Le prime fonti scritte riguardanti questa leggenda risalgono al [[Basso Medioevo|basso medioevo]]; i testi che contribuiscono alla definizione della figura della Sibilla Appenninica come la si conosce oggi sono fondamentalmente due:
 
A9.com usa vari motori di ricerca:
* ''Il Paradiso della Regina Sibilla'' (in ''La Salade''), [[Antoine de La Sale]], [[1420]]
* [[Windows Live Search|Live Search]] effettua ricerche generali e per notizie (questa funzione è stata effettuata da [[Google]] dal 14 aprile [[2004]] al 30 aprile [[2006]]);
* [[Alexa Internet]] fornisce informazioni di massima sui siti internet;
* [[Amazon.com]] offre la funzione "cerca nel libro";
* [[Answers.com]] per riferimenti bibliografici;
* [[Wikipedia]] (tramite Answers.com) per la ricerca di articoli enciclopedici;
* [[Zoominfo]] per la ricerca di persone;
* [[IceRocket]] per la ricerca nei blog;
* [[Internet Movie Database]] per la ricerca di film:
* 400 ulteriori servizi di ricerca.
 
* [[Il Guerrin Meschino|''Il Guerrin Meschino'']], [[Andrea da Barberino]], steso intorno al [[1410]], ma stampato [[Opera postuma|postumo]] solo nel [[1473]]
 
Le due opere [[XV secolo|quattrocentesche]] riportano per iscritto voci e racconti provenienti dalla tradizione orale locale del tempo<ref name=":1" />, delle cui origini non si hanno però ulteriori notizie, in quanto dal [[I secolo]] fino al [[medioevo]] non esiste ancora alcun tipo di fonte storica o riferimento archeologico che possa aiutare nella ricostruzione dei processi culturali avvenuti in quel periodo<ref name=":2">{{Cita libro|autore=G. Santarelli|titolo=op. cit.}}</ref>.
 
Altri aspetti e prerogative della Sibilla e delle sue damigelle, identificate nel folklore come ''fate'', si apprendono dai racconti degli anziani di [[Montegallo]], [[Montemonaco]], [[Montefortino]], [[Castelsantangelo sul Nera]], [[Norcia]], raccolti e messi per iscritto nel corso del [[XX secolo]] da autori come [[Mario Polia|Mario Polìa]]<ref>{{Cita libro|autore=M. Polia|titolo=op. cit.}}</ref>, Renzo Roiati<ref>{{Cita libro|autore=R. Roiati|titolo=op. cit.}}</ref>, Giuliana Poli<ref>{{Cita libro|autore=Giuliana Poli|titolo=L'antro della Sibilla e le sue Sette Sorelle|url=https://books.google.it/books/about/L_antro_della_sibilla_e_le_sue_sette_sor.html?id=Z-l_PgAACAAJ&source=kp_cover&redir_esc=y|edizione=Controcorrente, 2008}}</ref>.
 
=== Il racconto di Antoine de La Sale ===
[[File:Mappa Paradiso della Regina Sibilla.jpg|miniatura|244x244px|Illustrazione del [[1420]] di [[Antoine de La Sale]], raffigurante il [[Monte Vettore|Vettore]] e il [[Lago di Pilato]], e la [[Monte Sibilla|Sibilla]] con la sua [[Grotta della Sibilla|grotta]].]]Il gentiluomo francese [[Antoine de La Sale|Antoine de la Sale]], in un capitolo de ''La Salade'', redige la relazione di un viaggio che egli compì in [[Italia]] nella primavera del [[1420]], durante il quale visitò [[Montemonaco]] e la [[Grotta della Sibilla|grotta del Monte Sibilla]].
Lo scritto è dedicato alla duchessa [[Agnese di Borgogna (1407-1476)|Agnese di Borgogna]] (moglie di [[Carlo I di Borbone]], sorella di [[Filippo III di Borgogna|Filippo il Buono]], principessa Borgogna), alla quale l'autore sta inviando il suo resoconto per onorare una promessa fatta: da questo si evincerebbe la curiosità di detta signora di conoscere meglio quelle storie sul [[Lago di Pilato|lago]] e la [[Grotta della Sibilla|grotta]] dei [[Monti Sibillini]], delle quali era in qualche maniera già precedentemente venuta a conoscenza.
[[Antoine de La Sale|De La Sale]] descrive innanzitutto i luoghi e la prima parte accessibile della grotta, che egli stesso ha verosimilmente esplorato; poi riporta i racconti orali degli abitanti di [[Montemonaco]] (tra cui un sacerdote, tale Antonio Fumato) i quali narrano di varie spedizioni all'interno della grotta, più o meno fantastiche, compiute dagli abitanti locali e da un cavaliere tedesco e il suo scudiero che si avventurarono nella [[Grotta della Sibilla|grotta]] giungendo al paradiso della Sibilla.
[[File:Illustrazione del 1420 di Antoine de La Sale, raffigurante l'ingresso del regno della Sibilla.jpg|miniatura|217x217px|Il cavaliere tedesco e il suo scudiero sulla soglia del Regno della Sibilla]]
Entrati nella grotta tramite uno stretto pertugio in parte occluso da una roccia, si giunge facilmente ad un primo vano quadrato dove tutt'intorno vi sono dei sedili intagliati nella roccia delle pareti. Da questa stanza si prosegue solo scendono per stretti e ripidi cunicoli, i quali scoraggiarono [[Antoine de La Sale|de La Sale]], che non proseguì oltre.
Tuttavia, dai racconti degli abitanti di [[Montemonaco]], si apprende che questi cunicoli scendano per circa tre [[Miglio (unità di misura)|miglia]] per poi allargarsi in un ampio corridoio, fino a giungere ad una fessura dalla quale scaturisce un vento procelloso che ricaccia indietro anche i più audaci; quindici [[Tesa (unità di misura)|tese]] oltre la vena del vento la corrente d'aria cessa, dopodiché, proseguendo per ancora altre tre [[Tesa (unità di misura)|tese]], si arriva sul ciglio di un baratro senza fondo dove scorre un fiume fragorosissimo, attraversabile solo tramite un ponte di materia indefinita, lunghissimo e non più largo di un [[Piede (unità di misura)|piede]]. Ma come per incanto, appena imboccato il ponte questo si allarga e l'abisso si rimpicciolisce sempre più, finché ci si trova in una galleria fantasmagorica attraversata da una strada comodissima. Al termine della strada si trovano due statue di dragoni dagli occhi fiammeggianti che illuminano tutt'intorno; superati i dragoni si prosegue per ancora cento passi lungo un corridoio strettissimo, fino ad uno spiazzo quadrangolare dove si trovano due porte di metallo che sbattono violentemente l'una contro l'altra rischiando di schiacciare chi dovesse tentare di attraversarle.
Oltre le porte metalliche vi è una porta fastosissima e luminosissima che immette nel regno della Sibilla, la quale accoglie festosa l'intrepido viaggiatore insieme ad una moltitudine di soavi damigelle e giovani, tra lo sfolgorio abbagliante di vesti e gioielli.
 
Coloro che abitano nella grotta imparano a comprendere tutte le lingue del mondo dopo nove giorni, e dopo trecento giorni sanno parlarle tutte. Ed essi restano immortali fino alla fine dei tempi.
Chi entra nella grotta può decidere di andarsene solo dopo l'ottavo, il trentesimo o il trecentotrentesimo giorno, e chi dovesse decidere di rimanere nella grotta per un anno non potrà più tornare al mondo terreno.
 
Nella grotta non esistono vecchiaia e dolore, né sofferenza del caldo o del freddo, ma si gode fino al sommo della delizia. Tutti gli abitanti della grotta vivono immersi nelle più fastose ricchezze, allietati dalle splendide damigelle della Sibilla. Tuttavia alla mezzanotte di ogni venerdì essi si trasformano serpenti schifosi, e tali restano fino alla mezzanotte del sabato.
 
Il cavaliere tedesco dei racconti di [[Antoine de La Sale|De La Sale]] si rende presto conto di vivere in un paradiso demoniaco, e decide infine di uscire prima dello scadere dell'anno, per salvare la sua anima dalla dannazione eterna. Egli si recò a Roma per chiedere l'assoluzione del [[Papa]], il quale non la concesse immediatamente a salutare ammonimento; ma il cavaliere disperato lasciò delle lettere di addio ai pastori dei [[Monti Sibillini]] e si rituffò per sempre nel paradiso della Regina Sibilla.<ref name=":3">{{Cita libro|autore=Giuseppe Santarelli|titolo=Leggende dei Monti Sibillini|edizione=Voce del Santuario Madonna dell'Ambro, 1974|pp=23-30}}</ref>
 
Un'altra storia riportata da [[Antoine de La Sale]] è quella del ''Sire di Pacs'' (o ''di Pacques'') che si disperò dopo aver trovato incisa la firma del fratello all'interno dell'[[Grotta della Sibilla|antro della Sibilla]]. Il [[Antoine de La Sale|De La Sale]] riferisce verosimilmente la presenza di queste firme di cavalieri Europei nel primo vano della grotta: il che testimonierebbe un importante flusso di visitatori anche durante il medioevo.<br />
 
=== Il Guerrin Meschino ===
[[File:Guerino detto il Meschino p0319.jpg|miniatura|316x316px|Guerino giunge alle porte del Regno della Sibilla]]
Quasi in concomitanza al viaggio di [[Antoine de La Sale]] (circa una trentina di anni prima), il letterato fiorentino [[Andrea da Barberino]] compone [[Il Guerrin Meschino|''Il Guerrin Meschino'']]: un [[Letteratura cavalleresca|romanzo cavalleresco]] ambientato nell'anno [[824]] in cui si raccontano le gesta di Guerino, cavaliere presso la corte di [[Costantinopoli]], soprannominato "meschino" a causa del fatto che egli non conosceva i propri genitori, ragione per cui egli si mette in viaggio per l'[[Europa]] alla ricerca delle proprie origini. Durante le sue peripezie Guerino si ritrova a [[Norcia]], dal qual paese parte alla volta della [[grotta della Sibilla]] per chiedere alla veggente di rivelargli il nome dei suoi genitori.
 
La descrizione che che [[Andrea da Barberino]] dà della corte della Sibilla è molto simile a quella dei racconti popolari trascritti dal [[Antoine de La Sale|De La Sale]], e anche le vicende del cavaliere all'interno della grotta non sono troppo dissimili da quelle del cavaliere tedesco di [[Antoine de La Sale]].
La Sibilla trattiene Guerino senza rivelargli il nome dei suoi genitori, tentandolo a peccare e rinnegare Dio. Il cavaliere riuscirà infine a resistere alle tentazioni della maga grazie alla sua fede cristiana, e dopo un anno lascerà la grotta, ma senza aver raggiunto il suo scopo. Quando Guerino si recherà poi a [[Roma]] a chiedere perdono al [[Papa]], il pontefice concederà l'assoluzione e lo invierà come penitenza lungo la via di [[Santiago di Compostela|Santiago de Compostela]] a proteggere i pellegrini.
Infine Guerino scoprirà la sua identità in [[Irlanda]], presso il [[Pozzo di San Patrizio]].
 
Nella versione originale del romanzo si parla esplicitamente di [[Sibilla]], mentre nelle versioni successive, sottoposte alla censura dell'[[Inquisizione medievale|Inquisizione]], diversi capitoli vengono soppressi e il termine ''Sibilla'' viene sostituito con ''[[Alcina (personaggio)|Alcina]]'' (maga dell'''[[Orlando furioso|Orlando Furioso]]'' di [[Ludovico Ariosto]], datato [[1516]]). Il motivo di questa modifica è da ricercarsi nel fatto che nel [[XIV secolo|XIV]]-[[XV secolo|XV sec.]] la figura della [[sibilla]] era già completamente affermata nella cultura cristiana come profetessa della nascita del [[Messia]], e non poteva perciò ricoprire il ruolo demoniaco attribuitole nell'opera e nelle leggende popolari.
 
=== La tradizione popolare ===
Secondo la tradizione locale, la Sibilla è una [[fata]] buona, ''Maga bella e maliarda'',<ref name="Roiati p. 79">R. Roiati, op. cit., p. 79.</ref> "''veggente e incantatrice'',"<ref name="Polia p. 229">M. Polia, op. cit., p. 229.</ref>, ma ''non perfida e neppure demoniaca'',<ref name="Roiati p. 79" /> circondata dalle sue ancelle che scendono a valle per insegnare a filare e tessere le lane alle fanciulle del posto.
Sempre secondo la tradizione locale, fu la Sibilla a provocare un intenso evento tellurico nel paese di ''Colfiorito'', antico nome di [[Pretare]], che distrusse il sito riducendolo ad un mucchio di pietre. Questo avvenne quando le sue fate rimasero a ballare nel borgo oltre l'orario consentito per il rientro nella grotta.<ref>M. Scatasta, ''La leggenda della Sibilla'', ''art. cit.'', p.28.</ref>
 
<br />
 
=== Il lago di Pilato ===
{{Vedi anche|Lago di Pilato}}
[[File:Lake Pilato.jpg|miniatura|265.99x265.99px|Il [[lago di Pilato]], sul [[Monte Vettore]]]]
Oltre alle leggende legate alla [[grotta della Sibilla]], si tramandano fatti e storie anche riguardo al [[lago di Pilato]] (situato sul vicino [[Monte Vettore]]).
 
Come per le leggende legate alla [[Grotta della Sibilla|grotta]], anche quelle sul [[Lago di Pilato|lago]] ci sono pervenute dal suddetto testo di [[Antoine de La Sale]]: è qui infatti che si racconta di come il corpo di [[Ponzio Pilato]], dopo essere stato giustiziato per ordine dell'[[Imperatore romano|imperatore]] per non aver impedito la [[crocifissione]] di [[Gesù]], fu caricato su un carro trainato da due [[Bufalo mediterraneo italiano|bufali]] che da [[Roma]] lo trasportarono fino ai [[Monti Sibillini]] e si gettarono infine nel lago. Il [[Antoine de La Sale|De La Sale]] riferisce questa storia udita dagli abitanti di [[Montemonaco]], dimostrando come questa non può essere vera in quanto la versione raccontata dal popolo voleva che l'imperatore che emise la condanna a morte fu [[Vespasiano|Tito Vespasiano]], quando [[Ponzio Pilato|Pilato]] visse invece sotto [[Tiberio]].
 
[[Antoine de La Sale]] racconta anche che al tempo della sua visita a [[Montemonaco]] (inizio [[XV secolo|XV sec]]), l'accesso al lago fosse vietato in quanto frequentatissima meta di [[Negromanzia|negromanti]] che vi salivano per consacrare [[Libro del comando|libri del comando]] ai demoni che abitavano quelle acque. Ogni volta che qualcuno evocava gli spiriti maligni del lago si scatenava una violenta tempesta che distruggeva tutti i raccolti della zona; ed era perciò interesse degli abitanti del luogo tutelarsi: per visitare il lago era necessario un salvacondotto rilasciato dalle autorità della città di [[Norcia]], e il malcapitato che vi fosse stato sorpreso senza autorizzazione avrebbe perfino rischiato la vita. Si racconta di una volta in cui due negromanti (uno dei quali era un prete) vennero catturati presso il lago dai locali: uno venne condotto a Norcia e condannato, mentre l'altro fu fatto a pezzi e gettato nelle acque del lago.<ref name=":2" />
 
Durante i secoli [[XV secolo|XV]], [[XVI secolo|XVI]] e [[XVII secolo|XVII]] la letteratura italiana è prodiga di riferimenti, seppur spesso consistenti solo in semplici accenni, alle arti negromantiche praticate presso il [[lago di Pilato]].<ref name=":2" />
Conferma dell'importante afflusso di visitatori al lago e alla grotta è data da una bolla papale del [[1452]], in cui si emana una sentenza di scomunica verso la popolazione di [[Montemonaco]] per aver accompagnato in questi luoghi gente "provenienti da ogni dove" per esercitare l'arte dell'[[alchimia]].<ref name=":1" />
 
== Origine del mito ==
 
=== Le sibille ===
{{Vedi anche|Sibilla}}
[[File:Aegeus consults the Pythia Attic red-figured kylix by the Kodros painter Antikensammlung Berlin.jpg|miniatura|299x299px|Una [[kylix]] [[attica]] del [[440 a.C.|440]]-[[430 a.C.]] su cui è rappresentato il [[Re di Atene|re anteniese]] [[Egeo]] nell'atto di consultare l'oracolo di Delfi.]]
In genere per [[sibilla]] si intende una istituzione religiosa del [[mondo classico]]. Nell'[[Antica Grecia]] e poi presso i [[Impero romano|Romani]], la sibilla era una sacerdotessa dotata di capacità [[Profezia|profetiche]] ispirate da una divinità, solitamente [[Apollo]] o [[Ecate]]. La carica era ricoperta esclusivamente da donne vergini interamente consacrate al dio.
 
La sibilla più antica di cui si hanno documentazioni (circa [[XIV secolo a.C.]]) è la [[Pizia]]: profetessa dell'[[Oracolo di Delfi]], ovvero una sacerdotessa che esercitava la [[divinazione]] del futuro presso il [[Tempio di Apollo (Delfi)|tempio di Apollo]] della città [[Grecia|greca]] di [[Delfi]], situato nella [[Focide]] alle falde del [[Parnaso|Monte Parnàso]]. La [[Pizia]] era coadiuvata da un gruppo di sacerdoti che amministravano il culto di [[Apollo]] ed interpretavano i vaticini che essa pronunciava invasata dalla spirito del dio. Per quasi due millenni il ruolo fu ricoperto dalle donne della città di [[Delfi]], scelte senza requisiti di età. La pratica venne destituita nel [[392|392 d.C.]], quando i [[decreti teodosiani]] soppressero i [[culti pagani]].
 
In [[Età Antica|età antica]] le sedi [[Oracolo|oracolari]] presidiate dalle sibille proliferarono intorno al [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]]. Nella seconda metà del [[I secolo a.C.]], l'autore romano [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]], in un capitolo della sua opera [[Antiquitates rerum humanarum et divinarum|''Antiquitates rerum humanarum et divinarum'']], riporta un [[Sibilla#Varrone e l'elenco canonico delle Sibille|elenco delle dieci sibille]] esistenti in quel periodo: [[Cimmeri|Cimmeria]], [[Sibilla Cumana|Cumana]], [[Pizia|Delfica]], [[Ellesponto|Ellespontica]], [[Eritre|Eritrea]], [[Frigia]], [[Sibilla Libica|Libica]], [[Sibilla Persica|Persica]], Samia, [[Sibilla Tiburtina|Tiburtina]]. In seguito [[Lattanzio]] confermerà la stessa lista nel suo [[Lattanzio#De Divinis institutionibus|''De Divinis institutionibus'']] ([[304]]-[[313 d.C.]]).
 
I responsi oracolari delle sibille erano raccolti in nove testi greci noti come [[Libri sibillini|Libri Sibillini]], conservati a Roma e andati bruciati nell'[[83 a.C.]]; si tentò in seguito di ricostruirli, ma dei nuovi volumi si ha notizia solo fino al [[V secolo|V secolo d.C.]].
 
==== Le sibille italiche ====
[[File:Tempio della Sibilla 7.JPG|miniatura|[[Tempio della Sibilla|Tempio della Sibilla Tiburtina]] a [[Tivoli]]]]
In [[Penisola italiana|Italia]] esisteva un centro oracolare presso l'[[acropoli]] [[Magna Grecia|magnogreca]] di [[Cuma]], dove sorgeva dal [[VI secolo a.C.]] un [[Tempio di Apollo (Cuma)|tempio dedicato ad Apollo]] sulla sommità di un rilievo roccioso. Secondo il mito la [[Sibilla Cumana]] esercitava la sua attività divinatoria nei pressi del [[Lago d'Averno]], all'interno di una caverna nota appunto come [[Antro della Sibilla]]: essa scriveva i vaticini in esametri su delle foglie di [[Arecaceae|palma]] che venivano poi mescolate dai venti provenienti dalle cento aperture dell'antro, rendendo i responsi incomprensibili e misteriosi.
 
La [[Sibilla Cumana]] entra nella mitologia classica grazie all'[[Eneide]] di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] (fine [[I secolo a.C.]]), in cui si racconta che la sacerdotessa, attraverso il [[lago d'Averno]], discese con [[Enea]] nell'[[Ade (regno)|Ade]], dove l'eroe troiano incontrerà il padre [[Anchise]].
 
Al [[II secolo a.C.]] risale invece il [[Tempio della Sibilla|tempio della sibilla]] dell'acropoli di Tibur ([[Tivoli]]), dove esercitava la [[Sibilla Tiburtina]].
 
==== Le sibille nel cristianesimo ====
[[File:'Cumaean Sibyl Sistine Chapel ceiling' by Michelangelo JBU35.jpg|miniatura|275x275px|[[Sibilla Cumana (Michelangelo)|Sibilla Cumana]] dipinta da [[Michelangelo Buonarroti|Michelangelo]] sulla volta della [[Cappella Sistina]]]]
Con il sovrapporsi della [[Cristianesimo|religione cristiana]] a quella pagana, si tentò di estirpare i culti oracolari e lentamente si innescò un processo di [[sincretismo]] che trasformò le sibille classiche in profetesse della nascita del [[Gesù|Cristo]]. Già dal [[II secolo]] i vaticini delle sibille erano andati gradualmente modificandosi, adattandosi alla sovrapposizioni di varie tradizioni, prima su tutte quella cristiana<ref>{{Cita libro|autore=Claudio Schiano|titolo=Il secolo della Sibilla. Momenti di traduzione cinquecentesca degli "Oracoli Sibillini"|edizione=Edizioni di Pagina, Bari, 2005}}</ref>.
 
Tra il [[II secolo a.C.|II]] e il [[I secolo a.C.]] compaiono i volumi più antichi degli [[Oracoli sibillini|Oracoli Sibillini]]: questi testi, fatti risalire alle comunità [[Ebrei|ebraiche]] di [[Alessandria d'Egitto]] (quindi classificati come "tradizione giudaico-ellenistica"), riadattano gli oracoli del mondo greco-romano (attribuiti soprattutto alla [[Sibilla Eritrea]]) in un'ottica [[Monoteismo|monoteista]], fortemente connotata da tematiche apocalittiche<ref>{{Cita libro|autore=H.R. Drobner|titolo=Patrologia|edizione=Piemme, 1998}}</ref>.<br>
I primi [[Padri della Chiesa]] traggono ispirazione proprio da questi testi per la trasposizione della figura della sibilla dallo scenario pagano a quello cristiano<ref>{{Cita libro|autore=Monaca Mariangela|titolo=Oracoli Sibillini a cura Monaca Mariangela|edizione=Città Nuova, Roma, 2005}}</ref>.<br>
Saranno poi i testi ripresi dagli intellettuali cristiani ("tradizione giudeo-cristiana") a circolare fino al [[XIV secolo]].
 
Nel suo [[La città di Dio|''De civitate Dei'']], [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino di Ippona]] (uno dei [[Padri della Chiesa|padri fondatori della dottrina cristiana]], vissuto dal [[354]] al [[430]] d.C.) riprese alcuni versi dalla [[Bucoliche#Egloga IV|IV Egloga]] delle [[Bucoliche]] di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] (circa [[40 a.C.]])<ref>{{Cita libro|autore=Publio Virgilio Marone|titolo=Bucoliche, IV Egloga|url=https://it.wikisource.org/wiki/La_IV_Ecloga_di_Virgilio}}</ref>, nei quali si parla di un responso oracolare attribuito alla [[Sibilla Cumana]] secondo il quale una Vergine partorirà un fanciullo che vivrà tra gli dèi e governerà il mondo come un padre, cancellando il timore e le colpe degli uomini, ponendo fine alla mitologica ''Età del Ferro'' e decretando l'inizio di una nuova ''[[Età dell'oro|Età dell'Oro]]'' in cui l'uomo vivrà in pace, sostentato dalle messi e dagli armenti elargiti dalla natura benevola. Il componimento venne interpretato da [[Agostino d'Ippona|Agostino]] come un annuncio della venuta del [[Cristo]] redentore dell'umanità, predetto appunto dalla [[Sibilla Cumana]].
 
Dall'[[VIII secolo]], teologi cristiani quali [[Isidoro di Siviglia]], [[Rabano Mauro]], [[Gervasio di Tilbury]] e [[Vincenzo di Beauvais]], scrivono delle sibille come profetesse di Cristo in terre pagane. I testi degli oracoli sono trasmessi soprattutto da [[Rabano Mauro]] nel ''De Universo'' e da [[Isidoro di Siviglia]] nelle ''[[Etymologiae]]''.<ref>{{Cita libro|autore=A. Salvi|titolo=Le sibille nelle fonti medievali, in "Il Santuario dell’Ambro e l’area
dei Sibillini. Atti del convegno" (Santuario dell’Ambro, 8-9 giugno 2001)|edizione=Edizioni di Studia Picena, Ancona|anno=2002|pp=479-494}}</ref> Quest'ultimo in particolare parla delle sibille antiche trasmettendo la lista di [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]], e riporta inoltre che il termine "sibilla" diventa appellativo di donna che pratichi la divinazione: questa associazione tra essere femminile e pratiche divinatorie costituisce un elemento importante per il delineamento dell'immagine della [[strega]] dal [[IX secolo|IX]]-[[X secolo]]<ref>{{Cita libro|autore=Ileana Chirassi Colombo|titolo=Un pellegrinaggio del fantastico: itinerario al
regno di Sibylla, in "Homo viator: nella fede, nella cultura, nella storia. Atti
del convegno" (Tolentino, Abbazia di Chiaravalle, 18-19 ottobre 1996), a cura di B. Cleri|edizione=QuattroVenti, Urbino|pp=37-64}}</ref>.
 
Le [[Sibilla|sibille]] entrarono quindi a pieno titolo nella cultura religiosa cristiana. Tanto che con la riscoperta della cultura classica avvenuta durante il [[Rinascimento]] ([[XIV secolo|XIV]]-[[XVI secolo]]) esse compariranno affiancate ai [[Profeta (ebraismo)|profeti biblici]] nelle opere di arte sacra: sono famose [[Veggenti|sibille affrescate]] da [[Michelangelo Buonarroti|Michelangelo]] al fianco dei [[Profeta|profeti biblici]] sulla volta della [[Cappella Sistina]] ([[1508]]-[[1512|12]]), o quelle intarsiate nella [[Pavimento del Duomo di Siena|pavimentazione]] del [[Duomo di Siena]] ([[1482]]-[[1483|83]]). Altri esempi di sibille raffigurate nell'arte sacra si trovano negli affreschi della chiesa di S.Giovanni Evangelista a Tivoli ([[1483]]), o della Cappella di [[Pierre Marciac|Marciac]] della [[Chiesa della Trinità dei Monti|chiesa di Trinità dei Monti]] a Roma ([[XVI secolo|XVI sec]]), o ancora tra le sculture del [[Pulpito di Sant'Andrea|pulpito della chiesa di Sant'Andrea di Pistoia]] ([[1298]]-[[1301]]).
 
Nel territorio dei [[Monti Sibillini]] ritroviamo le sibille affrescate nel [[Santuario della Madonna dell'Ambro]] ([[Montefortino]]) e nella chiesa di Santa Maria in Pantano ([[Montegallo]]).
 
=== La sibilla sull'Appennino ===
Un primo riferimento storico riconducibile a un qualche culto pagano sugli Appennini sembra potersi trovare nella ''[[Svetonio#De vita Caesarum|Storia dei Cesari]]'' di [[Svetonio]] che, a proposito di [[Vitellio]], accenna ad una veglia negli [[Appennini]] tenuta prima del suo ingresso a [[Roma]] nel [[69]]<ref>[http://la.wikisource.org/wiki/Vita_Vetellii De vita Caesarum]</ref>:{{citazione|Sulla sommità dell'Appennino si fece anche una veglia||In Appennini quidem iugis etiam pervigilium egit|lingua=la}}
 
Anche [[Trebellio Pollione]] nella sua ''[[Historia Augusta|Storia Augusta]]'' riporta un episodio relativo a [[Claudio il Gotico]], che, nel [[268]], consultò sul suo futuro un oracolo negli Appennini:<ref>[http://la.wikisource.org/wiki/Historia_Augusta_-_Divus_Claudius Historia Augusta]</ref>
 
{{citazione|Analogamente, quando negli Appennini chiese del suo futuro, ricevette il seguente responso||Item cum Appennino de se consuleret, responsum huius modi accepit|lingua=la}}
 
Potrebbe aver consultato l'oracolo sibillino anche l'imperatore [[Aureliano]] ([[III secolo]]) figlio di Zenobia, sacerdotessa del [[Tempio del Sole (Roma)|tempio del Sole]].<ref name=":0" />
 
Tuttavia, in questi documenti non si fa nessun accenno ad una [[sibilla]], tanto che all'inizio del [[IV secolo|IV sec]], [[Lattanzio]] conferma il catalogo di [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]] (precedente di un paio di secoli), nel quale non compare nessuna sede sibillina sui monti dell'[[Appennino centrale]].
Inoltre, dopo il [[II secolo]] non si hanno fonti scritte né archeologiche che permettano di ricostruire i processi storici avvenuti nei seguenti mille anni, fino al [[medioevo]], quando una [[sibilla]] compare negli scritti di [[Antoine de La Sale]] e di [[Andrea da Barberino]].<ref name=":2" />
 
Dal [[XV secolo|XV sec]] almeno si diffuse una leggenda secondo la quale la [[Sibilla Cumana]], vergine profetessa della nascita di Cristo, si adirò con Dio per non essere stata scelta come madre del Salvatore, e fu per questo esiliata sugli [[Appennini]]<ref>{{Cita libro|autore=Francesco Adornato|titolo=Sviluppo integrato e risorse del territorio, Un caso di studio nel Piceno|url=https://books.google.it/books?id=ZXdyrzfi8gMC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|edizione=FrancoAngeli, Milano, 2006|p=145}}</ref>. Nel [[Il Guerrin Meschino|Guerrin Meschino]] si narra questa storia, che il protagonista sente raccontare da due uomini appena giunto nella città di [[Norcia]]:{{Citazione|Di questa città ho udito dir, che ci è la Incantatrice Alcina, la qual s'ingannò di modo, che ella credea che Dio scendesse in lei, quando incarnò in Maria vergine, e per questo ella si disperò, e fu giudicata per questa cagion in queste montagne.|[[Andrea da Barberino]], ''Guerrino detto il Meschino'', Libro V, cap. 137<ref name="GuerinMeschino">{{Cita libro|autore=Andrea da Barberino|titolo=Guerrino detto il Meschino|url=https://books.google.it/books?id=CGBcAAAAcAAJ&pg=PT14&dq=Guerino+Meschino&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi1qL-ete3fAhWM26QKHVu6BBEQ6AEISDAG#v=snippet&q=maria%20vergine&f=false|edizione=Venezia, 1589}}</ref>}}[[File:Sibilla Chimica Madonna dell'Ambro.jpg|miniatura|223x223px|Sibilla dipinta nel [[Santuario della Madonna dell'Ambro|Santuario dell'Ambro]]]]Anche [[Giovanni Battista Lalli|Giovan Battista Lalli]], poeta [[Rinascimento#Il tramonto del Rinascimento|tardo rinascimentale]] di [[Norcia]] scrisse all'inizio del [['600]]:{{Citazione|È fama, che da Cuma, oue le prime<br>
Stanze l'illustre Profetessa ottenne,<br>
Mentre turba importuna iui le opprime<br>
La sua quiete, a lei partir convenne.<br>
Ne le rimote, e discoscese cime<br>
Del Norsin Monte a riposar se'n venne<br>
Dal curioso vulgo iui si cela,<br>
E raro altri secreti altrui riuela.|[[Giovanni Battista Lalli|G.B.Lalli]], ''Il Tito overo Gerusalemme desolata'', Canto II, strofa 11<ref name="GBLalli">{{Cita libro|autore=G.B.Lalli|titolo=Il Tito overo Gerusalemme desolata|url=https://books.google.it/books?id=VlZTzSPuB4YC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|edizione=Foligno, 1635}}</ref>}}
 
Non si hanno fonti certe sull'origine di questa leggenda che vede la [[Sibilla Cumana]] spostarsi verso gli [[Appennini]]. Il primo documento in cui si trova un riferimento ad una storia simile è ''Le Livre de Sibile'', attribuito al monaco francese [[Filippo di Thaon|Philippe de Thaon]] ([[XI secolo|XI]]-[[XII secolo|XII sec]]): egli tradusse in francese medievale (più esattamente in [[Lingua anglo-normanna|anglo-normanno]]) un poema latino riguardante la [[Sibilla Tiburtina]], nel quale si narra che la profetessa fu chiamata a Roma e interpellata per interpretare un sogno fatto nella stessa notte da cento [[Senato romano|senatori]] che sognarono ognuno nove soli diversi; la Sibilla risponde che non era possibile svelare un tale segreto in un luogo contaminato e corrotto qual era il [[Campidoglio]], ma era necessario spostarsi sul monte [[Aventino]].
Nella traduzione francese medievale viene riportato "''mont Apennin''" invece di "''mont Aventin''".<ref>{{Cita libro|autore=Ileana Chirassi Colombo|titolo=Storia di una fata gelosa di Maria, in "Il Santuario
dell’Ambro e l’area dei Sibillini, Atti del convegno" (Santuario dell’Ambro,
8-9 giugno 2001), a cura di G. Avarucci|edizione=Edizioni di Studia Picena, Ancona|anno=2002|pp=505-561}}</ref>
 
==== Il lago e la grotta ====
L'associazione della [[Sibilla Cumana]] ai monti di [[Norcia]] deve aver determinato la sovrapposizione dell'[[antro della Sibilla]] di [[Cuma]] alla [[Grotta della Sibilla|grotta del Monte Sibilla]], e quindi l'identificazione del [[lago di Pilato]] con il [[lago d'Averno]]. Infatti nelle leggende locali dei [[Monti Sibillini]] il lago di Pilato è dimora di demoni e luogo di contatto con il mondo infernale<ref>{{Cita libro|autore=Giuseppe Ghilarducci|titolo=Sulle tracce della Sibilla - Un documento del XV sec.|edizione=Progetto Elissa-Editrice Miriamica, Montemonaco, 1998}}</ref>, proprio come il lago d'Averno è per [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] l'ingresso dell'[[Ade (regno)|Ade]], tramite il quale la [[Sibilla Cumana]] conduce [[Enea]] all'incontro con defunto padre [[Anchise]].
 
 
=== Il culto di Cibele ===
[[File:Cibele, Roma, Antiquarium del Palatino.jpg|miniatura|320x320px|Simulacro di [[Cibele]], [[II secolo a.C.|II sec a.C.]], [[Roma]] - [[Antiquarium del Palatino]]]]
A riguardo dell'origine più antica della Sibilla Appeninica, la maggioranza degli studiosi (tra i quali [[Gaston Paris]], [[Pio Rajna|Pio Ràjna]], [[:de:Fernand_Desonay|Fernand Desonay]] e Domenico Falzetti) cita le tradizioni legate a [[Cibele]]: ''Magna Mater'' anatolica, dea dei laghi e delle fonti, [[Introduzione del culto di Cibele a Roma|importata a Roma]] dalla [[Frigia]] nel [[204 a.C.]], venerata con riti orgiastici e cruenti. Alla dea sarebbe stata sostituita la [[sibilla]], tenuta in grande onore anche dai [[Cristianesimo|cristiani]] come profetessa.
Secondo gli apologeti di questa teoria, la stessa parola "''Sybilla''" potrebbe esse morfologicamente connessa con "''Cybele''".
Ancora, la forma della corona rocciosa della vetta del [[Monte Sibilla]] ricorderebbe il [[polos]] che adorna il capo di [[Cibele]] nelle icone tradizionali, la quale circostanza avrebbe contribuito all'accostamento della divinità a questo particolare monte.
 
Altri parlano di una dea [[Nemesi]] o [[Norzia]], dea della fortuna e del fato, di origine [[Etruschi|etrusca]], rappresentata da un idolo d'[[argento]] con il volto di pietra nera, affine a [[Cibele]], e che era venerata sotto forma di roccia ma anche come uno straordinario idolo, prima di pietra e poi d'[[argento]], noto a [[Norcia]] sin dall'[[Età del bronzo|epoca del bronzo]] tardo: la [[Artio|dea Orsa]]. Si tratta di un ricco complesso mitico-rurale (sino ad ora quasi ignorato, forse una traduzione italica [[Umbri|paleoumbra]] del culto di [[Santuario di Artemide Brauronia|Artermide Brauronia]] con possibili influenze [[Celti|celtiche]]) nato a [[Norcia]] ma trasferitosi sulle montagne nel [[VI secolo a.C.|VI secolo]] e che può costituire un antecedente significativo del culto sibillino. Il nome della cattedrale di [[Concattedrale di Santa Maria Argentea|Santa Maria Argentea]] testimonierebbe il culto di questi idoli dalla testa argentata.
 
Forse il culto pastorale del [[Giove (divinità)|Giove]] delle alture - o, secondo altri, della [[Vittoria (divinità)|Dea della Vittoria]] - si fuse con altre tradizioni oracolari dei [[Pelasgi]] approdati sulle coste marchigiane e con quelle dei [[Celti]] presenti sul territorio sin dal [[V secolo a.C.|V seccolo a.C.]], ma anche con arcaici culti solari e riti erotico-orgiastici a dominante femminile.
 
Le cerimonie a carattere iniziatico femminile (legate alle nozze e più in generale alla propiziazione delle fecondità umana e animale) erano caratterizzate da riti orgiastici e sembrerebbero apparentate con i riti descritti nelle [[Tavole eugubine|tavole iuguvine]], il più importante testo rituale dell'antichità classica risalente al [[1000 a.C.]], inciso in sette tavole di bronzo tra [[III secolo a.C.|III]] e [[I secolo a.C.|I sec a.C.]] L'intero complesso può costituire le basi del mito della Sibilla Appenninica la cui figura si definisce e si consolida in epoca medievale.<ref name=":0">Tratto da una didascalia esplicativa esposta presso il Museo della Sibilla a [[Montemonaco]] ([[Provincia di Ascoli Piceno|AP]])</ref>
 
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=== Medioevo e letteratura cavalleresca ===
 
==== La figura del cavaliere ====
{{Vedi anche|Cavalleria medievale#Valori_della_cavalleria_e_investitura_del_cavaliere}}{{Vedi anche|Letteratura cavalleresca}}[[File:Guerino detto il Meschino p0052b.png|miniatura|Illustrazione di una [[capolettera]] tratta da un'edizione del [[Il Guerrin Meschino|Guerrin Meschino]] del [[1841]], tipografia Guglielmini-Radaelli, [[Milano]].]]
Nel [[medioevo]] viene a definirsi in [[Europa]] la figura del [[Cavalleria medievale|cavaliere]]: non solo inteso come un nuovo ruolo militare che in quel periodo iniziò a ricoprire un'importanza sempre crescente negli [[Esercito|eserciti]], ma anche come modello di valori ideale.
I costi da sostenere per l'equipaggiamento e l'addestramento della [[cavalleria]] facevano del cavaliere un ruolo riservato a ceti sociali nobili e abbienti, finendo per delineare una vera e propria casta sociale [[Élite (sociologia)|elitaria]]. Gradualmente si diffusero i [[Stemma|blasoni]] come segno distintivo del cavaliere in battaglia e nei [[Torneo cavalleresco|tornei]], vennero introdotte le liturgie iniziatiche dell'investitura, si costituirono gli [[Ordine cavalleresco|ordini cavallereschi]], e i cavalieri divennero gli eroi della letteratura epica medievale.
 
Questo nuovo stile letterario si sviluppò dai poemi e le canzoni del [[Ciclo carolingio|''ciclo carolingio'']], che celebravano le gesta di [[Carlo Magno]] e dei suoi [[Paladino|paladini]] e cavalieri, spesso rileggendo la storia in chiave leggendaria; e dal ''[[Materia di Bretagna|ciclo bretone]]'', ovvero l'insieme dei racconti leggendari di origine [[Celti|celtica]] riguardanti le [[isole britanniche]], e in particolar modo i cavalieri di [[Re Artù]].
Questa celebrazione e mitizzazione della figura del cavaliere contribuì ad adergerla, da semplice ruolo militare quale effettivamente era, a modello ideale di virtù e valori: il cavaliere si attiene alle regole del [[codice cavalleresco]], che gli impongono lealtà, onore e coraggio; egli è inoltre difensore della cristianità, e protettore dei deboli, delle vedove e degli orfani, è devoto ad una donna alla quale presta giuramento di fedeltà e in nome della quale compie le proprie gesta.<ref>{{Cita libro|autore=A. Camera, R. Fabietti|titolo=Elementi di storia, vol. 1, Il Medioevo|edizione=Zanichelli, 1977|p=153}}</ref>
 
Presto si sviluppano dei temi ricorrenti su cui la letteratura cavalleresca è imperniata: primi tra tutti la ricerca del [[Graal]] e l'amore ideale per la dama che redime il cavaliere.
 
==== Il mito cavalleresco del Cavaliere e la Dea ====
[[File:Arnold Böcklin 008.jpg|miniatura|272x272px|[[Ulisse]] e [[Calipso]], [[Arnold Böcklin]], olio e tempera su tavola, [[1883]]]]
Un tema che ricorre in diversi miti cavallereschi è quello ''dell'Eroe e della Dea'', della quale il cavaliere ha bisogno per adempire alla sua missione, ma che al contempo lo tiene prigioniero con le sue [[Eros (filosofia)|arti erotiche]] in un paradiso malefico. È possibile rintracciare la stessa identica storia del [[Il Guerrin Meschino|Guerrin Meschino]] e della Sibilla, sotto mutate vesti letterarie, nelle leggende germaniche del [[Tannhäuser]] sul [[Venusberg (mitologia)|Venusberg]] e nel [[Mitologia celtica|mito celtico]] di [[Oisin|Oisìn]] nel [[Tír na nÓg]]. Ancora, un tema molto simile si ritrova anche in [[Omero]], nelle vicende di [[Odìsseo]] e [[Calipso]].<ref>Uno stesso nucleo narrativo ricorrente in mitologie diverse è stato chiamato da [[Claude Lévi-Strauss]] ''mitèma'', e spesso nasconde significati filosofici più profondi, tramandati tramite una storia simbolica. Il concetto di ''mitema'' si ricollega a quello che lo [[psicoanalista]] [[Carl Gustav Jung|Jung]] definisce [[Archetipo|archètipo]] dell'[[inconscio collettivo]]: secondo questa teoria, nello stesso modo in cui i desideri inconsci di un individuo si manifestano nel sogno, così i [[Valore (scienze sociali)|valori]] etico-sociali di un popolo appartenenti alla stessa cultura, o ad identità culturali simili o correlate, si manifestano nella [[mitologia]]. Per questo motivo, una stessa tematica può svilupparsi indipendentemente in culture o zone geografiche senza una diretta influenza.</ref><ref name=":1">C. Catà, ''Il retroterra “celtico” di Andrea da Barberino. Significati storico-filosofici del mitema dell'incontro tra il Cavaliere e la Fata-Sibilla'', in S. Papetti (a cura di), ''Atti del Convegno “Corrado Giaquinto tra Fortunato Duranti e la Sibilla” '',Montefortino, 18-24 settembre 2009</ref>
 
Questa tematica ricorrente nel mito, definita ''mitèma'', sarebbe comparsa originariamente nelle [[Mitologia celtica|leggende tradizionali celtiche]] di [[Oisin]], ma sulla sua diffusione in [[Europa]] ci sono due teorie<ref name=":3" />:
 
* la prima vorrebbe che il mitema celtico, venendo a contatto con le tradizioni popolazioni germaniche, sarebbe stato reinterpretato nella leggenda del cavaliere [[Tannhäuser]], per poi giungere in [[Penisola italiana|Italia]] e subire gli influssi delle preesistenti leggende della Sibilla, trasformandosi nelle storie dei cavalieri narrate dal [[Antoine de La Sale|De La Sale]], e poi su reinterpretazione letteraria di [[Andrea da Barberino]], nella storia del [[Il Guerrin Meschino|Guerrin Meschino]]
 
* altri sostengono invece che il processo sia avvenuto all'inverso: ovvero che il mitema si sia sviluppato prima nella leggenda della Sibilla, e solo in seguito, grazie alla divulgazione attuata dal romanzo di [[Andrea da Barberino]], sarebbe stato trasposto nella leggenda del [[Tannhäuser]]. Questa teoria sarebbe avallata dal fatto che il primo riferimento scritto alla leggenda germanica si trova in un [[lied]] del [[XVI secolo]], molto posteriore quindi al [[Il Guerrin Meschino|Guerrin Meschino]], al quale poi [[Richard Wagner|Wagner]] si sarebbe ispirato per comporre la sua opera teatrale [[Tannhäuser (opera)|''Tannhäuser und der Sängerkrieg auf Wartburg'']] ([[1842|1845]])<ref>Sulle concordanze musicologiche e letterarie fra la leggenda italiana della Sibilla Appenninica e il ''[[Tannhäuser (opera)|Tannhäuser]]'' di [[Wagner]] si veda Markus Engelhardt (Direttore del Dipartimento Musicologico dell'Istituto Storico Germanico di [[Roma]]): Dal Monte Sibillino al Venusberg nel Tannhäuser di Wagner pag 57-67 in ''Le terre della Sibilla Appenninica, Antico crocevia di idee scienze e cultura'', Atti del Convegno di Ascoli Piceno-Montemonaco 6-9 novembre 1998, a cura del Progetto Elissa, Progetto Elissa, 1999</ref>. In questa versione inoltre, quando [[Tannhäuser]] si reca da [[Papa Urbano IV]] per avere l'assoluzione, il pontefice la negherà dicendo che il perdono sarebbe stato possibile solo quando il suo bastone sarebbe fiorito, metafora per indicare la necessità di un miracolo divino: questa particolarità della grazia divina necessaria per la salvezza dell'anima (in contrapposizione con il perdono ottenuto per merito delle sue azioni dal Guerrin Meschino) è un concetto tipicamente [[Riforma protestante|luterano]], quindi introdotto dal [[XVI secolo]], e per questo costituirebbe una prova della posteriorità della leggenda del [[Tannhäuser]] rispetto a quella del Meschino. C'è inoltre da dire che [[Andrea da Barberino]], tra l'altro anche traduttore delle [[Canzone di gesta|''chanson de geste'']] e autore de ''I Reali di Francia'', doveva essere un cultore della letteratura cavalleresca che di certo non ignorava il mito celtico di [[Oisin]].<ref name=":1" />
 
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==Le fate dei monti Sibillini==
Le ancelle della Sibilla che abitano la grotta sono identificate nella tradizione locale come ''fate'': esse sono donne bellissime<ref name="Roiati p. 80">R. Roiati, op. cit., p.80.</ref> con piedi caprini,<ref name="Roiati p. 80" /> che di notte frequentano le feste ed i balli dei paesi,<ref name="Roiati p. 80" /> ma devono ritirarsi sui monti prima dell'alba: alla fuga precipitosa da una di queste feste nella quale si erano attardate, la leggenda fa risalire ''la Strada delle Fate'',<ref>A. Bucciarelli, op. cit., p. 26.</ref> una [[faglia]] a 2000 metri sul [[monte Vettore]].
 
Sono [[Fata|fate]] la cui storia è indissolubilmente legata alle tradizioni leggendarie e popolari che si originano dalla presenza dell'[[oracolo]] della Sibilla Appenninica. Di loro non si ritrovano tracce nei racconti e nei miti del contado [[Ascoli Piceno|ascolano]], ma soltanto nelle narrazioni tramandate dal versante umbro, cioè dalle zone di montagna comprese tra il massiccio del [[monte Vettore|Vettore]] e [[monte Sibilla]].<ref name="Polia p. 228">M. Polia, op. cit., p. 228.</ref> Esse appartenevano alla corte della Sibilla Appenninica, (nel dialetto locale indicata come "''Sibbilla''", "''veggente e incantatrice'',"<ref name="Polia p. 229" />), e con questa dimoravano stabilmente all'interno della sua [[Grotta della Sibilla|grotta]].
 
Sui [[monti Sibillini]] ci sono molti luoghi segnati dal passaggio e dalla leggenda lasciata dalle fate, infatti, oltre alla [[grotta della Sibilla]], ci sono: le “''fonti delle fate''”, i “''sentieri delle fate''” e la "''strada delle fate''".
 
Queste affascinanti creature si muovevano tra il [[lago di Pilato]], dove secondo la tradizione si recavano per il pediluvio,<ref name="Polia p. 230">M. Polia, op. cit., p. 230.</ref> ed i paesi di Foce, [[Montemonaco]], [[Montegallo]], tra il [[Piani di Castelluccio|Pian Grande, il Pian Piccolo ed il Pian Perduto]] di [[Castelluccio (Norcia)|Castelluccio]] di [[Norcia]] e [[Pretare]],<ref name="Polia p. 228" /> dove ancora oggi una rappresentazione detta “''La discesa delle fate''” custodisce e rievoca la memoria della presenza di queste creature.<ref name="Roiati p. 80" /><ref>A. Bucciarelli, op. cit., p.28.</ref>
 
Uscivano prevalentemente di notte e dovevano ritirarsi in montagna prima del sorgere delle luci dell'aurora<ref name="Roiati p. 81">R. Roiati, op. cit., p.81.</ref> per non essere escluse dall'appartenere al regno incantato della Sibilla.
 
Secondo le tradizioni locali le fate si recavano a valle per insegnare alle giovani la [[filatura]] la [[tessitura]] delle [[Lana|lane]]. Renzo Roiati le individua come “''le Tria Fata''”.<ref name="Roiati p. 81" />
 
Sono descritte come giovani donne di bell'aspetto, vestite con caste gonne da cui spuntavano zampe di [[Capra hircus|capra]] e che il calpestio dei loro passi ricordava il rumore degli zoccoli degli animali sulle pietraie dei monti.<ref name="Polia p. 229" /> Questa caratteristica del piede caprino è diffusa nei racconti di tutta la zona dei Sibillini.
 
Secondo l'[[antropologo]] [[Mario Polia]] le fate appenniniche erano avvezze alle asperità della montagna<ref name="Polia p. 230" /> e non sono da considerarsi come figure assimilabili alle creature leggiadre delle tradizioni celtiche,<ref name="Polia p. 230" /> alle donne-elfo della tradizione germanica fatte di luce solare,<ref name="Polia p. 230" /> alle fate delle fiabe che ballano nelle radure dei boschi o alle figure minori delle ninfe greche.<ref name="Polia p. 230" />
 
Le fate sibilline amavano danzare nelle notti di plenilunio<ref name="Polia p. 230" /> e, appropriandosi segretamente dei cavalli<ref name="Polia p. 230" /> dei residenti, raggiungevano le piazze dei paesi vicini alla loro grotta per ballare<ref name="Polia p. 230" /> con i giovani pastori. Sempre secondo questi ricordi si attribuisce alle fate l'aver introdotto il ballo del "''[[saltarello]]''".
 
A [[Montefortino]], presso la frazione di [[Rubbiano (Montefortino)|Rubbiano]], vicino alle [[Gole dell'Infernaccio]], c'è un appezzamento di terreno che in ricordo di questi balli (in dialetto locale “''valli''”), ancora oggi si chiama “''Valleria''”.<ref>Valleria in [http://www.beniculturali.marche.it/Ricerca.aspx?ids=64882 Beni culturali - Marche] URL consultato il 25 febbraio 2015.</ref>
 
Secondo la leggenda, dopo essere uscite dalla loro grotta, le fate si fermavano presso una stalla per impadronirsi degli equini ed utilizzarli per rapidi spostamenti. Il proprietario dei cavalli insospettito dal ritrovare al mattino le bestie sudate ed affaticate,<ref name="Polia p. 230" /> nonostante la fresca temperatura del ricovero,<ref name="Polia p. 230" /> si appostò per capire cosa succedesse durante la sua assenza e scoprì che erano proprio le fate a servirsi dei suoi animali.<ref name="Polia p. 230" />
 
Anche in alcuni detti popolari sopravvive il ricordo di queste misteriose creature quando si dice: “''Quanto sono belle queste fate, però jè scrocchieno li piedi come le capre''.”<ref name="Polia p. 229" /> Polia riporta questa frase nella narrazione del racconto in cui descrive l'avvenenza di queste donne ed il desiderio degli uomini di riaccompagnarle presso la loro dimora.
 
Da questa abitudine delle fate di avere contatti con il mondo che le circondava nasce anche il tema del mito dell'amore che le legava agli uomini.<ref name="Polia p. 229" /> Questi ultimi, una volta entrati in contatto con loro, sarebbero stati sottratti al loro mondo, abbandonando così la sorte di semplici mortali, ed investiti di una sorta di immortalità virtuale<ref name="Polia p. 229" /> che li avrebbe lasciati in vita fino alla fine del mondo, così come succedeva alle fate, ma costretti a vivere nel sotterraneo regno di Alcina.<ref name="Polia p. 229" />
 
Le fate sibilline furono demonizzate per lunghi secoli dalle prediche di santi e di frati e costrette a rifugiarsi nelle viscere della montagna e costrette ad entrare a far parte del mondo invisibile.<ref name="Polia p. 231">M. Polia, op. cit. p. 231.</ref> Sempre secondo la ricerca di Polia, gli abitanti delle zone imputano la scomparsa delle fate ad una sorta di “''scomunica''” inflitta loro da Alcina che volle punirle per aver incautamente mostrato le loro parti caprine.<ref name="Polia p. 230" />
 
{{cn|Alcuni sostengono che le fate ci siano ancora adesso sui monti Sibillini e a riscontro di questa convinzione adducono fantasiose prove:
*le “treccioline” delle criniere delle cavalle. A volte gli animali condotti liberi al pascolo sui monti tornano con la criniera pettinata a treccioline ed i valligiani sostengono che le artefici sarebbero le fate;
*le luci random, fenomeno osservato in prevalenza nella zona di Santa Maria in Pantano, a Colle di Montegallo, quando, dopo il tramonto, sulle montagne si vedono delle luci che si muovono come se fossero delle persone, individuate come le fate che risalgono i pendii.}}<br />
==== Ipotesi sull'origine delle fate ====
Secondo Cesare Catà sarebbero numerose le similarità tra le ''fairies'' celtiche e le fate sibilline (così come tra i folletti irlandesi, chiamati [[Leprechaun|leprechauns]], e i folletti dei Monti Sibillini, detti nella lingua locale ''Mazzamurélli'').<ref name=":1" /> Come nella cultura celtica, anche in ambiente sibillino le figure delle fate e dei folletti presero forma nell'incontro sincretico tra culti pagani e tradizione cristiana.<ref>"Per molti versi la cultura dei Monti della Sibilla, che risulta protagonista del sapere connesso alla phantasia tra Medioevo e Rinascimento, presenta tratti accostabili a quelli della cultura celtica irlandese che prese forma soprattutto nell'Occidente dell'Isola, dove, come nei Monti della Sibilla, vennero a incontrarsi, attorno alla montagna del Ben Bulben, culture pagane e Cristianesimo, dando vita a una vasta e formidabile schiera di leggende fiabesche popolari." In: {{Cita web|url=http://www.fantasymagazine.it/rubriche/11433/i-monti-della-sibilla-nella-marca/?print=1|titolo=Cesare Catà, I monti della Sibilla nella Marca|accesso=16-04-2010}}</ref>
 
Un interessante parallelismo, notato ancora da Cesare Catà, riguarda la leggenda sibillina delle fate che intreccerebbero i crini dei cavalli al pascolo, e l'uomo che osasse sciogliere le trecce delle fate sarebbe colpito da sventura. È interessante notare come in [[Romeo e Giulietta]], tragedia teatrale del [[XVI secolo]], si parli della [[Regina Mab]] che intreccia le criniere dei cavalli<ref>[[William Shakespeare|W. Shakespeare]], [[Romeo e Giulietta]], monologo di [[Mercuzio]] (Atto I, Scena IV)</ref>. Questo similarità di storie potrebbe essere riconducibile ad un mitèma dal profondo significato filosofico: le trecce fatate sarebbero il simbolo della manifestazione del mistero della divinità, e l'uomo che volesse svelare questo mistero sciogliendo le trecce subirebbe conseguenze spiacevoli.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cesare Catà|titolo=L'essenziale è invisibile agli occhi|rivista=Lezione tenuta durante il workshop "Letteralmente fotografia" a Castelluccio di Norcia, dal 28 al 31 marzo 2013|volume=|numero=|url=https://www.youtube.com/watch?v=Rgc3mMM8IL0}}</ref>
 
Secondo altri, le fate in realtà potrebbero essere state delle donne [[Senoni|celtiche]], che orfane dei loro guerrieri morti o fatti prigionieri dai [[Impero romano|Romani]] nella [[Battaglia del Sentino|battaglia di Sentino]] del [[293 a.C.]], si rifugiarono in migliaia sulle alture marchigiane dove trovarono ospitalità.<ref>{{Cita web|url=http://vocesibillina.blogspot.com/2011/03/fate-sibilline-e-battaglia-del-sentino.html|titolo=Fate sibilline e battaglia del Sentino|autore=Giuseppe Matteucci, Associazione "La Cerqua Sacra", Montefortino|cognome=|nome=}}</ref>
 
<br />
==Note==
<references/>
 
==Bibliografia==
*Antonio Rodilossi, ''Ascoli Piceno città d'arte'', "Stampa & Stampa" Gruppo Euroarte Gattei, Grafiche STIG, Modena, 1983, pp.&nbsp;121;
*''Le terre della Sibilla Appenninica, Antico crocevia di idee scienze e cultura'', Atti del Convegno di Ascoli Piceno-Montemonaco 6-9 novembre 1998, a cura del Progetto Elissa, Progetto Elissa, 1999;
*Adele Anna Amadio e Stefano Papetti (a cura di), "''Adolfo de Carolis - Il salone delle feste del Palazzo del Governo di Ascoli Piceno''", Fast Edit, Ascoli Piceno, dicembre 2001;
*[[Mario Polia]], "''Tra Sant'Emidio e la Sibilla. Forme del sacro e del magico nella religiosità popolare ascolana''" Arnaldo Forni Editori, Bologna, 2004, pp.&nbsp;228 – 231;
*Renzo Roiati, "''La Sibilla Appenninica e le nove stelle maggiori della vergine''", Edizioni Lìbrati, Tipografia Fast Edit di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno), luglio 2006, pp: 77 - 82;
*Marco Scatasta, ''La leggenda della Sibilla'' in Flash Ascoli - mensile di vita Picena, anno 2008, n. 366, p.&nbsp;28;
* ''"Saggia sibilla, quant'ornata, bella" '' di Cristina Marziali in ''"Adolfo de Carolis e la democrazia del bello"'', catalogo della mostra del Polo Museale di Montefiore dell'Aso 13 dicembre 2008-3 maggio 2009 a cura di Tiziana Maffei. Edizione Librati, Ascoli Piceno, 2009;
*Cesare Catà, '' Il retroterra “celtico” di Andrea da Barberino. Significati storico-filosofici del mitema dell'incontro tra il Cavaliere e la Fata-Sibilla'', in S. Papetti (a cura di), ''Atti del Convegno “Corrado Giaquinto tra Fortunato Duranti e la Sibilla”'', Montefortino, 2010, pp.&nbsp;63–81;
*Cesare Catà, ''Filosofia del Fantastico. Escursione tra i Monti Sibillini, l'Irlanda e la Terra di Mezzo'', [[Il Cerchio (casa editrice)|Il Cerchio]], [[Rimini]], 2012
*Maria Luciana Buseghin, ''L'ultima sibilla. Antiche divinazioni, viaggiatori curiosi e memorie folcloriche nell'Appenino umbro-marchigiano'', Carsa Edizioni, Pescara, 2012
*Americo Marconi, ''La Sibilla, Marte Editrice,'' Marte Editrice, Colonnella (TE), 2016
*Giuseppe Santarelli, ''Leggende dei Monti Sibillini'', Voce del Santuario Madonna dell'Ambro, 1974
 
== Voci correlate ==
*[[Sibilla]]
*[[La Sibilla Appenninica]], dipinto di [[Adolfo De Carolis]]
*[[Grotta della Sibilla]]
 
* [[Monti Sibillini]]
 
==Collegamenti esterni==
* {{cita web|http://a9.com/|A9.com}}
*{{cita web|cognome=Scatasta|nome=Marco|url=http://www.enciclopediapicena.it/pdf/M_366-28-2008.pdf|titolo=Enciclopedia picena. La leggenda della Sibilla||accesso=13 ottobre 2015|formato=pdf|sito=Enciclopedia Picena|pagina=28|anno=2008}}
* {{cita web|http://battellemedia.com/archives/000575.php|Discussione e recensione di A9.com}}
*{{cita web|http://www.fantasymagazine.it/rubriche/11433/1/i-monti-della-sibilla-nella-marca/|Articolo di Cesare Catà}}
* {{cita web|url=http://www.mcelhearn.com/article.php?story=20040927102639632|titolo=A9.com e la tutela della privacy|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071128034059/http://www.mcelhearn.com/article.php?story=20040927102639632|dataarchivio=28 novembre 2007}}
*Tea Fonzi, [https://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult/article/view/1206/879 ''La Sibilla dell’Appennino: una risorsa dimenticata''], tesi di laurea magistrale in Management dei Beni Culturali dell'Università di Macerata, 19 novembre 2014
* {{cita web|url=http://patft.uspto.gov/netacgi/nph-Parser?patentnumber=7,287,042|titolo=Patent for including an unformatted search string after the ___domain part of a URL}}
*https://teafonzi.it/category/sibilla-dellappennino/ Blog nel quale si approfondisce il tema sul piano storico
 
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