Questione adriatica e Gruppo di Ur: differenze tra le pagine

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Il '''Gruppo di Ur''' è stato un sodalizio [[esoterico]] attivo in [[Italia]] a partire dal [[1927]]<ref>{{Cita web|autore=Fabio Milana|capitolo=I cenacoli intellettuali/2: dalla Conciliazione al concilio|titolo=Cristiani d'Italia|città=Roma|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|anno=2011|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/i-cenacoli-intellettuali-2-dalla-conciliazione-al-concilio_%28Cristiani-d%27Italia%29/}}</ref>, dal quale prese il nome una rivista pubblicata dal sodalizio stesso. Il nome viene dall'espressione fonetica ''u-r'' esistente nel [[caldeo]] e nel [[alfabeto runico|runico]] col significato rispettivamente di fuoco e toro o ariete, e come prefisso "ur" nel tedesco a indicare qualcosa di primigenio, di antico.<ref>p. 213 in D. Z. Lycourinos (2012)</ref>
[[File:Mare Adriatico.jpg|thumb|upright=1.3|Mappa del mare Adriatico]]
 
==Storia==
Con '''questione adriatica''', si indica la contesa per il dominio delle terre che si affacciano sul [[mare Adriatico]] orientale da [[Monfalcone]] fino alle [[Bocche di Cattaro]]. Tali terre a partire dalla [[Primavera dei Popoli]] del 1848, furono contese da [[popolazione|popolazioni]] slave e italiane. Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio e che fu legato all'affermarsi degli [[Stato-nazione|stati nazionali]] in territori etnicamente misti.
Il gruppo fu fondato nel 1927 da [[Arturo Reghini]], esoterista pitagorico<ref name="ref_A">p.215 Gary Lachman (2012)</ref> e [[Giovanni Colazza]] un esoterista [[Rudolf Steiner|steineriano]], che raccolsero un gruppo di adepti interessati a pratiche magiche e studi esoterici<ref>J. Godwin (2012)</ref>. Reghini scelse il giovane [[Julius Evola]] come primo direttore della rivista "UR", che era espressione del gruppo. La consistenza del gruppo è rimasta segreta ma è stimata tra le dodici e le quindici persone<ref>p. 203 M. Sedgwick (2009)</ref>. Evola ben presto divenne la voce più creativa di questo gruppo<ref name="ref_A" /> e alla fine del 1928 esautorò Arturo Reghini e il discepolo di questi [[Giulio Parise]]. Forti dissapori personali con Parise portarono alla scissione nel gruppo, dopo la quale Evola fondò una nuova rivista dal nome "Krur".
 
Il Gruppo di Ur si dichiarava indipendente dalle scuole o dalle tendenze esoteriche formate in epoca moderna e contemporanea come l'[[occultismo]], la [[massoneria]], lo [[spiritismo]], ecc. Al suo interno furono accettati anche alcuni cattolici e una significativa componente di [[Rudolf Steiner|steineriani]]<ref>p. 83 in G. De Turris (2006)</ref>, la cui [[antroposofia]] sarebbe stata la maggiore o una delle maggiori componenti della linea di pensiero del gruppo<ref>p. 271 Staudenmaier (2014)</ref>.
== La composizione etnica della Venezia Giulia e della Dalmazia ==
{{vedi anche|Istria|Storia della Dalmazia|Lingua slovena in Italia|Toponimi italiani dell'Istria|Toponimi italiani della Dalmazia|Toponimi italiani della Liburnia, Morlacchia e Quarnaro}}
[[File:Frankenreich 768-811.jpg|thumb|upright=1.3|L'[[Impero carolingio]] nel 791|sinistra]]
 
Secondo Evola<ref>"Il Cammino del Cinabro"- terza edizione :Roma, Edizioni Mediterranee, 2014</ref>, l'obiettivo del gruppo era duplice:
Con la caduta dell'[[Impero romano d'Occidente]] (476 d.C.) le popolazioni [[Romanizzazione (storia)|romanizzate]] dell'[[Istria]] e della [[Dalmazia]] rimasero in balìa di alcune tribù bellicose, principalmente [[Avari]] e [[Slavi]]. I primi insediamenti di popolazioni slave, giunte a seguito degli [[Avari]], risalgono al [[IX secolo]] (sia in Istria che in Dalmazia)<ref>Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale, Bandecchi & Vivaldi Editori, Pontedera 2007</ref>.
# suscitare la forza sovrasensibile capace d'aiutare i singoli membri;
# indirizzare questa forza superiore, già individualizzata, verso il cambiamento, da dietro le quinte della storia, di tutte le altre forze influenti socialmente nel proprio tempo.
 
Vennero costituite filiali operative del Gruppo a Roma e in altre città della Penisola<ref>''Glosse varie: costituzione di una catena magica'', in ''Ur 1927'' e ''Istruzioni di catena'', in ''Ur 1928''</ref>: le cosiddette "catene", delle quali risulta maggiormente descritta solo quella nella città di [[Genova]]<ref>''Esperienze di catena'', in ''Krur 1929''</ref>, di cui sono ignoti i componenti della catena, se non che fosse costituita da cinque persone e che il suo direttore era un ex appartenente alla "[[Giuliano_Kremmerz#Biografia|Myriam]]". Queste catene, presenti anche in altre tradizioni esoteriche, come i [[rosacroce]], sono formate da gruppi di persone che si riuniscono per ritornare a presunte e primordiali perdute tradizioni<ref name="ref_A" />, ritenendo di poter evocare forze occulte per influenzare gli eventi in corso. Secondo De Turris utilizzando riti neopagani queste catene provarono a influenzare il [[fascismo]] e non sarebbero state estranee ai tre attentati contro [[Mussolini]] avvenuti a partire dal 1927<ref>p. 246 in G. De Turris (2006)</ref>. A questo riguardo Taunton annota che Evola nella sua autobiografia ''Il cammino del Cinabro'' scrisse che correvano voci su tentativi di uccidere un capo di stato tramite [[magia cerimoniale|riti magici]], riti a cui vennero associate le catene di Ur, e Mussolini arrivò a pensare che vi fosse un complotto contro di lui, fino a quando non conobbe il reale scopo delle catene<ref>G. Tauton (2014)</ref>.
Alla fine del [[VIII secolo]] l'Istria interna e i dintorni, furono conquistate infatti da [[Carlo Magno]]: poiché tali terre erano scarsamente popolate, in quanto impervie, i [[Franchi]] e successivamente le autorità del [[Sacro Romano Impero]] vi consentirono l'insediamento degli slavi. Ulteriori insediamenti di slavi si verificarono in epoche successive; per quanto riguarda l'Istria, ad esempio, in seguito alle [[peste|pestilenze]] del XV e XVI secolo.
 
Secondo [[Gary Lachman]] lo scopo dei rituali magici pagani era quello di introdurre nel fascismo il presunto spirito "guerriero" e "virile" dell'antica Roma<ref>p.216 Gary Lachman (2012)</ref>.
Le [[Lingua ladina|comunità ladine]] che popolavano l'area di [[Postumia]], [[Idria]] e dell'alto [[Isonzo]] sono scomparse dal [[Rinascimento]], assimilate dalle popolazioni slave. Del resto intorno all'anno 1000 tutta la valle dell'Isonzo, fino alle sue sorgenti nelle [[Alpi Giulie]], era popolata in maggioranza da popoli ladini.
[[File:Italy 1796 AD-it.png|thumb|upright=1.3|L'Italia nel 1796]]
 
Nel 1927 il gruppo di Ur venne attaccato da [[Giovanni Battista Montini]], futuro [[Papa Paolo VI]] e al tempo assistente centrale ecclesiastico della [[FUCI]], dalle pagine della rivista ''Studium'', accusandolo "di abuso di pensiero e di parole, ... di aberrazioni retoriche, di rievocazioni fanatiche, di superstiziose magie"<ref>p. 150 in G. De Turris (2006)</ref>.
La [[Repubblica di Venezia]], tra il IX e il XVIII secolo, estese il suo dominio (suddiviso in due "dipendenze": i ''[[Domini di Terraferma]]'' e lo ''[[Stato da Mar]]'') soprattutto sulle cittadine costiere dell'Istria, nelle isole del [[Quarnaro]] e sulle coste della Dalmazia, che erano abitate da popolazioni romanizzate fin dai tempi più antichi.
 
Tra i membri del gruppo viene annoverata anche [[Maria de Naglowska]], occultista e e mistica russa, e teorizzatrice della [[magia sessuale]], che in quegli anni visse a Roma<ref>p. 152 Hugh B. Urban</ref>; un lontano seguace del gruppo fu [[Mircea Eliade]], che citò la raccolta degli scritti del Gruppo di Ur in una sua novella scritta nel 1941<ref>p.222-223 Gary Lachman (2012)</ref>. Il suo interesse verso il gruppo è stato spiegato come una conseguenza del suo interesse giovanile verso l'occultismo<ref>p. 109 M. Sedgwick (2009)</ref>.
Fino al XIX secolo gli abitanti di queste terre non conoscevano l'[[nazionalità|identificazione nazionale]], visto che si definivano genericamente "istriani" e "dalmati", di cultura "[[Lingue romanze|romanza]]" oppure "[[Lingue slave|slava]]", senza il benché minimo accenno a concetti patriottici oppure nazionalistici, che erano sconosciuti<ref>{{cita web | url = http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/articoligiornali/artadriatico.htm| titolo = "L'Adriatico orientale e la sterile ricerca delle nazionalità delle persone" di Kristijan Knez; La Voce del Popolo (quotidiano di Fiume) del 2/10/2002 | data = Consultato il 10 luglio 2009}} «... è privo di significato parlare di sloveni, croati e italiani lungo l'Adriatico orientale almeno sino al XIX secolo. Poiché il termine nazionalità è improponibile per un lungo periodo, è più corretto parlare di aree culturali e linguistiche, perciò possiamo parlare di dalmati romanzi, dalmati slavi, di istriani romanzi e slavi.»
«Nel lunghissimo periodo che va dall'alto Medioevo sino alla seconda metà del XIX secolo è corretto parlare di zone linguistico-culturali piuttosto che nazionali. Pensiamo soltanto a quella massa di morlacchi e valacchi (...) che sino al periodo su accennato si definivano soltanto dalmati. Sino a questo periodo non esiste affatto la concezione di stato nazionale, e come ha dimostrato lo storico Federico Chabod, nell'età moderna i sudditi erano legati soltanto alla figura del sovrano e se esisteva un patriottismo, questo era rivolto soltanto alla città d'appartenenza.»</ref>.
La firma dei [[Patti Lateranensi]] nel 1929, con la conseguente scomparsa di atteggiamenti anticlericali da parte del fascismo e l'[[Fascismo clericale|avvicinamento]] politico tra [[Vaticano]] e fascismo, fecero sparire la possibilità da parte del Gruppo di Ur di promuovere una trasformazione paganeggiante del fascismo e causarono al sodalizio vari problemi<ref >Paul Furlong, ''[https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=fVGkhzpXxLkC&q=ur+group#v=snippet&q=ur%20group&f=false The Social and Political Thought of Julius Evola]'': Londra, Routledge, anno 2011, pagina 88, {{ISBN|9780203816912}}</ref><ref name="Evola, Cinabro">Julius Evola, ''Il Cammino del Cinabro'', 1963</ref> che portarono al suo scioglimento<ref>p. 56 [[Nicholas Goodrick-Clarke]] (2003)</ref>.
Dopo la [[seconda guerra mondiale]] un altro sodalizio tentò di riprendere in Italia l'attività del Gruppo di Ur: il Gruppo dei Dioscuri<ref>p. 753 M. Introvigne (2006)</ref>. Julius Evola fu il leader di questo gruppo e inspirò questa nuova esperienza esoterica voluta da alcuni giovani a lui vicini e che frequentavano casa sua negli [[Anni 1950|Anni cinquanta]] e sessanta. <!-- È certo che Evola sia stato costantemente informato dell'iniziativa, e che ebbe visione dei quattro fascicoli di impronta esoterica -I ''Fascicoli dei Dioscuri'', pubblicati all'interno del [[Ordine Nuovo (movimento)|Movimento Politico Ordine Nuovo-]] prima che essi fossero diffusi tra il 1969 ed il 1973. Il Gruppo dei Dioscuri operò a Roma, Napoli, Messina e Milano, e diversamente dal Gruppo di Ur, ebbe al centro del proprio intento operativo la "Tradizione romana prisca". -->
 
Il nome del gruppo ed il suo significato secondo G.B. Forster "ha indubitabilmente ispirato ad [[Umberto Eco]]" la definizione di Ur-fascismo<ref>vedi nota 37 in p. 137 G.B. Forster (2016) [https://books.google.it/books?id=1WYpDwAAQBAJ&printsec=frontcover&dq=Trump+in+the+White+House:+Tragedy+and+Farce&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwicrbP_j8HYAhWIGCwKHRt5DXIQ6AEIKTAA#v=onepage&q=ur%20group&f=false that undoubtedly inspired Umberto Eco's famous 1955 article on "Ur-fascism"]</ref>, da lui descritto in un articolo sul [[New York Review of Books]] del 1995<ref>{{cita web|url=http://www.nybooks.com/articles/1995/06/22/ur-fascism/|titolo=Ur-Fascism|autore=Umberto Eco|editore=New York Review of Books|data=22 giugno 1995|accesso=5 gennaio 2018|lingua=en}}</ref>, in cui discute e descrive gli aspetti attorno ai quali il fascismo si forma e si coagula.
Vi era una differenza di carattere linguistico-culturale tra città e costa (prevalentemente romanzo-italiche) e le campagne dell'entroterra (in parte slave o slavizzate). Le classi dominanti ([[aristocrazia]] e [[borghesia]]) erano dovunque di lingua e cultura italiana, anche qualora di origine slava. Nella Venezia Giulia, oltre che l'italiano, si parla anche la [[lingua veneta]], la [[lingua friulana]], la [[lingua istriota]] e la [[lingua istrorumena]], mentre in Dalmazia era comune la [[lingua dalmatica]], che si estinse nel 1898, con la morte dell'ultimo parlatore, [[Tuone Udaina]].
 
==La rivista==
== Gli opposti nazionalismi ==
Espressione dei lavori interni al Gruppo di Ur fu la rivista, nella quale gli autori degli articoli si firmavano con uno pseudonimo, perché piuttosto che pubblicizzare la propria persona preferivano diffonderne il pensiero. Direttore della rivista fu [[Julius Evola]] nel [[1927]], insieme a [[Arturo Reghini]] e [[Giulio Parise]] nel [[1928]]; di nuovo e solamente Evola nel [[1929]], quando il nome della rivista fu cambiato in "Krur" .
{{vedi anche|Croatizzazione|Dalmati italiani}}
Fino all'[[XIX secolo|Ottocento]], in [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]], le popolazioni di lingua [[lingue romanze|romanza]] e [[Lingue slave meridionali|slava]] convissero pacificamente. Con la [[Primavera dei popoli]] del 1848-49, anche nell'Adriatico orientale, il sentimento di appartenenza nazionale cessò di essere una prerogativa delle classi elevate e cominciò, gradualmente, a estendersi alla masse<ref>Sul conflitto fra italiani e slavi a Trieste si veda: Tullia Catalan, ''I conflitti nazionali fra italiani e slavi alla fine dell'impero asburgico'', scheda in {{Cita|Pupo, Spazzali|p. 35-39}}</ref><ref>Sul conflitto nazionale fra italiani e slavi nella regione istriana, si consultino i seguenti link (sito del "Centro Di Documentazione della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata"):{{collegamento interrotto|1=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/3e.html] |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}{{collegamento interrotto|1=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/7e.html] |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>.
Fu solo a partire da tale anno che il termine "italiano" (ad esempio) cessò, anche in queste terre, di essere una mera espressione di appartenenza geografica o culturale e cominciò ad implicare l'appartenenza a una "nazione" italiana<ref>''Istria nel tempo'', Centro Ricerche Storiche di Rovigno, 2006, [http://www.crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/425-482.pdf cap. V], par. 3,4</ref>. Analogo processo subirono le altre entità culturali e si vennero pertanto a definire i moderni gruppi nazionali: italiani, sloveni, croati e serbi.
 
Nella rivista di "UR" vennero pubblicati parecchi testi [[Ermetismo (filosofia)|ermetico]]-[[alchimia|alchemici]] come la [[Turba philosophorum]], filosofici e rituali, di varia provenienza: vi sono testi antichi come l’''APATHANATHISMOS'': rituale di [[Mitraismo|Mithra]] noto anche come [[Papiri magici greci|Gran Papiro Magico di Parigi]], la prima traduzione italiana di "LUCE" , dall'originale greco confrontato con la versione tedesca di [[Albrecht Dieterich|Dietercich]] e con quella inglese del Mead, con introduzione e commento di EA, LEO, LUCE e Pietro Negri," esso conterebbe l'unico rituale degli antichi Misteri che sia pervenuto completo fino a noi, in una redazione che data con ogni probabilità al principio del quarto secolo d.C." ; estratti dal ''de Mysteriis'' di [[Giamblico]], i ''Versi d'oro'' di [[Pitagora]], uno scongiuro magico pagano, ''Massime di saggezza pagana'' di [[Plotino]], rinascimentali (''De Pharmaco Catholico'', un codice "plumbeo" alchemico italiano, la ''Clavis Philosophiae Chemisticae'' di [[Gerard Dorn]], ''La dignità dell'uomo'' di [[Pico della Mirandola]]), moderni (brani tratti da [[Il Golem (romanzo)|Il Golem]] e ''Il volto verde'' di [[Gustav Meyrink]], il saggio ''Prospettive'' tratto da ''Musica delle fonti'' di [[Otokar Brezina]]), testi di [[Aleister Crowley]], [[Giuliano Kremmerz]] e orientali (un brano del primo capitolo del ''[[Kulārṇava Tantra]]''<ref>p. 155 H.B. Urban (2006)</ref>, alcuni passi del [[Majjhima Nikaya]], brani dal [[mantra]] [[tantra|tantrico]] ''[[Shri chakra sambhara]]'', tre canti di [[Milarepa]])<ref>[https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=44252 Stefano Arcella, ''Julius Evola e l’esperienza del Gruppo di Ur. La storia “occulta” dell’Italia del Novecento'']</ref>.
Tra il [[1848]] e il [[1918]], in particolar modo dopo la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e la perdita del [[Veneto]] a seguito della [[Terza guerra d'Indipendenza]] ([[1866]]), l'[[Impero Austroungarico]] favorì l'affermarsi dell'etnia slovena<ref name="relazione.1">Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita2.htm "Capitolo 1980-1918"], Capodistria, 2000</ref> e croata, per contrastare l'[[irredentismo]] (vero o presunto) e la buona organizzazione delle comunità urbane<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 38}}</ref> della popolazione italiana, ritenuta inoltre meno leale e affidabile.<ref name="relazione.1" /><ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L.Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref> Nel corso della riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore [[Francesco Giuseppe]] delineò compiutamente in tal senso un piano di ampio respiro:
 
La rivista uscì con il nome di ''Ur'' negli anni [[1927]] (10 fascicoli, di cui due doppi) e [[1928]] (8 fascicoli, di cui quattro doppi), mentre il [[1929]] vide la fine della fase operativa del Gruppo con l'uscita di Reghini e Parise, accusati da Evola di voler mettere al rivista sotto il controllo della [[massoneria in Italia|massoneria]]<ref>p. 35 Geneviève Dubois (1996)</ref>. La pubblicazione della rivista, sempre sotto la direzione di Evola, riprese col cambio di nome in ''Krur'' (8 fascicoli, di cui due doppi), pubblicando interventi anche di autori che lo avevano abbandonato ma dei quali il barone possedeva ancora vari testi. Questo portò ad una breve battaglia legale con Reghini che lo accusò di diffamazione e plagio<ref>p. 215 Gary Lachman (2012)</ref>. Il nome della nuova rivista era tratto dal [[lingua sumera|sumero]] ''k-r, k-u-r'' ossia residenza, casa, montagna e forza, e i suoi contenuti includevano anche una componente nazionalistica<ref name="ref_B">p. 154 H.B. Urban (2006)</ref>.
{{Citazione|Sua maestà ha espresso il preciso ordine di opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer, e di mirare alla [[germanizzazione]] o [[slavizzazione]] - a seconda delle circostanze - delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in [[Trentino|Tirolo meridionale]], [[Dalmazia]] e [[Litorale adriatico]].|Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi'', Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971, vol. 2, p. 297.<ref>Citazione completa della fonte e traduzione in Luciano Monzali, ''Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra'', Le Lettere, Firenze 2004, p. 69.</ref>.}}
 
Nel dicembre 1929 fu pubblicato l'ultimo numero di ''Krur'', sul quale Evola annunciava lo scioglimento del gruppo, che in realtà era avvenuto già da un anno, e il proseguimento della propria attività filosofica sulla nuova rivista dal titolo ''La Torre''<ref name="ref_B" />, della quale saranno editi 10 numeri (dal febbraio al giugno [[1930]]) ma che fu costretta a chiudere per l'ostilità di settori del regime fascista, in primis quelli diretti da [[Achille Starace]]. Tale ostilità giunse a colpire Evola con violenti attacchi squadristi. Alla rivista ''La Torre'' collaborarono alcuni aderenti al Gruppo di Ur: [[Guido De Giorgio]] (con lo pseudonimo di Zero), [[Girolamo Comi]], [[Domenico Rudatis]], [[Emilio Servadio]].
In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo.La situazione in Dalmazia|costante diminuzione della popolazione italiana]], in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti<ref>Raimondo Deranez, [http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/bombardieritesti/particolari_dalmazia.htm Particolari del martirio della Dalmazia], Stab.Tipografico dell'Ordine, Ancona, 1919</ref>. Nel [[1845]] i censimenti austriaci (peraltro approssimativi) registravano quasi [[Croatizzazione#La croatizzazione durante il Regno di Jugoslavia|il 20% di Italiani in Dalmazia]], mentre nel 1910 [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo. La situazione in Dalmazia|erano ridotti a circa il 2,7%]]. Tutto ciò spinse sempre più gli autonomisti a identificare se stessi come italiani, fino ad approdare all'[[irredentismo]].
 
I fascicoli di ''Ur'' e ''Krur'' furono ripubblicati, con forti modifiche redazionali di gran parte dei testi originali da parte di Evola, nel [[1955]]-[[1956]] in tre volumi dall'editore [[Bocca editore|Bocca]] ,sotto il titolo di ''Introduzione alla Magia'', con la revisione dell'orientalista [[Paul Masson-Oursel]]<ref>p. 331 H. T. Hakl, C. McIntosh (2014)</ref>. Una seconda edizione data [[1971]] e fu effettuata dalle [[Edizioni Mediterranee]] con lo stesso titolo. Nel 1987 anche le Edizioni [[I Dioscuri]] ripubblicarono i tre volumi di Bocca. Tutte e tre queste riedizioni risentono delle modifiche introdotte da Julius Evola. L'editrice [[Tilopa edizioni|Tilopa]] di Roma ha pubblicato negli anni [[1980]]-[[1981]] la ristampa anastatica dei fascicoli originali. Questa attività editoriale indica che questi sono ancora di interessi per i gruppi politici di destra e per gli occultisti<ref>p. 161 H.B. Urban (2006)</ref>
== L'irredentismo italiano in Istria e Dalmazia ==
{{vedi anche|Irredentismo italiano in Istria|Irredentismo italiano in Dalmazia}}
[[File:A-H ethnic 1910 Pict 4.JPG|thumb|upright=1.3|Caratterizzazione linguistica della popolazione in Istria, Quarnaro e Dalmazia nel 1910]]
 
==I membri==
L'[[irredentismo italiano in Istria]] fu un movimento esistente tra gli [[Irredentisti istriani|istriani di etnia italiana]] che nell'[[Ottocento]] e [[Novecento]] promuoveva l'unione dell'[[Istria]] al Regno d'Italia<ref>[http://www.fvgnews.net/view.php?t=n&k=2790 Paolo Radivo: Irredentismo italiano in Istria]</ref>. Nella prima metà dell'[[Ottocento]] l'Istria era infatti parte dei territori austroungarici, ed il nascente nazionalismo italiano iniziò a manifestarsi, specialmente a [[Capodistria]]:
Tra coloro che fecero parte del Gruppo di Ur o collaborarono alle riviste di ''Ur'' e ''Krur ''(tra parentesi il loro nome simbolico utilizzato per firmare, secondo l'idea della "impersonalità attiva"<ref>p. 125 in G. De Turris (2006)</ref>) possono essere citati:
 
* [[Giovanni Colazza]] (Leo), discepolo di [[Rudolf Steiner]].
{{Citazione|Dal 1866 l'Istria e la Dalmazia si trovarono per la prima volta dopo molti secoli separate dal Veneto. Vienna adottò una politica di favoritismo verso sloveni e croati. Allora in Dalmazia molte scuole italiane furono trasformate in croate. Il croato venne imposto come lingua ufficiale ovunque, meno che a Zara. In Istria invece il movimento nazionale croato era più arretrato. Un grosso ruolo lo svolse il clero: in particolare i vescovi di Parenzo-Pola, Trieste-Capodistria e Veglia, nominati con l’approvazione dell’Imperatore, che favorirono gli slavi. Un vescovo di Veglia fu perfino richiamato in Vaticano dopo le proteste degli italiani di Veglia, Cherso e Lussino contro la soppressione dell’italiano nella liturgia e nella scuola. I sacerdoti slavi, tenendo i registri dello stato civile, compirono molti abusi. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20mila nomi modificati, soprattutto a Cherso, Lussino e Veglia. Per evitare il rito in croato molti optarono per i funerali civili o battezzarono altrove i propri figli. Nel 1900 nella diocesi di Trieste-Capodistria vi erano 100 preti italiani contro 189 slavi, neanche la metà dei quali originaria di queste terre|Gabriele Bosazzi, Unione degli Istriani}}
* [[Giovanni Antonio Colonna di Cesarò]] (Breno, Krur), discepolo di Rudolf Steiner.
* [[Girolamo Comi]] (Gic), poeta cattolico vicino ad Arturo Onofri.
* [[Guido De Giorgio]] (Havismat), cattolico, prima vicino al pensiero di [[René Guénon]], <nowiki/>poi seguace di [[Pio da Pietrelcina]].
* [[Aniceto Del Massa]] (Sagittario), [[Antroposofia|antroposofo]].
* [[Julius Evola]] (Agarda, Arvo, Ea, Iagla).
* [[Nicola Moscardelli]] (Sirio, Sirius), poeta cattolico ispirato dalla poetica di Onofri.
* [[Roggero Musmeci Ferrari Bravo]] (Ignis; anche Arvo, secondo [[Renato del Ponte|Del Ponte]], Krur e Breno, secondo Piero Fenili)
* [[Arturo Onofri]] (Oso), poeta e discepolo di Rudolf Steiner.
* [[Giulio Parise]] (Luce), [[Massoneria in Italia|massone]].
* [[Ercole Quadrelli]] (Abraxa, Tikaipos), ermetista.
* [[Arturo Reghini]] (Henìocos Arìstos, Pietro Negri), pitagorico, massone.
* Corallo Reginelli (Taurulus), prima antroposofo, poi [[ermetismo (filosofia)|ermetista]].
* [[Domenico Rudatis]] (Rud), [[alpinista]] [[esoterismo|esoterista]].
* [[Massimo Scaligero]], antroposofo, già connesso con Arturo Reghini dalla prima metà degli anni '20.
* [[Emilio Servadio]] (Es), [[psicanalisi|psicanalista]], poeta.
 
Altre persone, delle quali non si conoscono i nomi, firmarono con gli pseudonimi di: Alba, Arom, Nilius, Primo Sole, Zam.
Nel 1861, in occasione della [[proclamazione del Regno d'Italia]], e nel 1866, dopo la [[terza guerra d'indipendenza]], l'Istria non fu annessa all'Italia per svariate ragioni, a causa delle quali molti istriani si organizzarono al fine di ottenere questa unione, abbracciando l'[[irredentismo italiano]]. Del resto gli irredentisti volevano l'annessione dell'Istria all'Italia perché la ritenevano ''terra irredenta'' in quanto culturalmente parte del retaggio identitario italiano e geograficamente inclusa nei confini naturali dell'[[Italia (regione geografica)|Italia fisica]]<ref>[http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI Irredentismo italiano in Istria e Dalmazia, di Lucio Toth] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120406064420/http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI |data=6 aprile 2012 }}</ref>. A dimostrazione di questo legame con l'Italia, si può citare il più noto fra gli [[irredentisti istriani]], [[Nazario Sauro]], che fu tenente di vascello nella [[Regia Marina]] italiana durante il primo conflitto mondiale e che venne giustiziato per tradimento dall'Austria-Ungheria. Un altro esempio noto, è il [[capodistria]]no generale [[Vittorio Italico Zupelli]], già distintosi nella [[Guerra italo-turca]] (1911-1912), a cui fu addirittura affidato il [[Ministero della guerra del Regno d'Italia|Ministero della guerra italiano]] durante la prima guerra mondiale.
[[Immagine:Fiume cheering D'Annunzio.jpg|thumb|left|Manifestazione irredentista a Fiume (11 novembre 1918), all'epoca non ancora facente parte del Regno d'Italia. Fiume passò all'Italia nel 1924, per poi essere ceduta alla Jugoslavia nel 1947]]
 
Secondo [[Renato del Ponte]] in base a testimonianze orali risultano aver fatto parte del Gruppo di Ur (non scrivendo però sulla rivista) anche l'ingegnere [[Arezzo|aretino]] [[Moretto Mori]] e [[Amerigo Bianchini]], entrambi amici di Reghini (dopo l'espulsione di Guido Bolaffi, Bianchini divenne il [[Maestro venerabile]] della [[loggia massonica|loggia]] "Hermes" di [[Firenze]], facente parte [[Massoneria in Italia|del Rito Filosofico Italiano]]).
Analogo movimento fu l'[[irredentismo italiano in Dalmazia]]. I primi avvenimenti che coinvolsero i [[dalmati italiani]] nel [[Risorgimento]] furono i [[Primavera dei popoli|moti rivoluzionari del 1848]], durante i quali essi presero parte alla costituzione della [[Repubblica di San Marco]] a [[Venezia]]. Gli esponenti dalmati più famosi che intervennero furono [[Niccolò Tommaseo]] e [[Federico Seismit-Doda]]<ref name="treccani">''Dizionario Enciclopedico Italiano'' (Vol. III, pag. 729-730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970</ref>.
 
==Note==
Dopo tale fase storica in Dalmazia nacquero due movimenti a carattere [[nazionalismo|nazionalista]], quello italiano e quello slavo. Il movimento italiano trovò come guida [[Antonio Bajamonti]]<ref name="treccani" />, che dal 1860 al 1880 fu podestà di Spalato per il partito autonomista filoitaliano che rappresentava la maggioranza italiana nella città.
 
<references/>
Le istanze politiche dei dalmati italiani erano promosse dal [[Partito Autonomista]], fondato nel [[1878]] e scioltosi nel [[1919]]: membro di spicco ne fu proprio Antonio Bajamonti. Il partito, che originariamente ebbe il favore anche di parte della popolazione slava, sostituì progressivamente ad un programma autonomista per la regione un progetto irredentista per la stessa, considerati l'ostilità dell'autorità austriaca e i dissidi con l'elemento slavo. Il 26 aprile [[1909]], con provvedimenti legislativi entrati in vigore il 1º gennaio 1912, la [[lingua italiana]] perse il proprio status di lingua ufficiale della regione in favore del solo [[lingua croata|croato]] (precedentemente entrambe le lingue erano riconosciute): l'italiano non poté più essere usato a livello pubblico e amministrativo, sicché i dalmati italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali<ref name="treccani"/>.
==Bibliografia==
* [[Claudio Mauri]], ''La catena invisibile. Il giallo del fascismo magico'', Milano, Mursia, 2005. ISBN 8842533319.
* [[Renato Del Ponte]], ''Evola e il magico Gruppo di Ur. Studi e documenti per servire alla storia di Ur-Krur'', Borzano, Albinea, Sear Edizioni, 1994.
* [[Gianfranco De Turris]], ''Esoterismo e fascismo: storia, interpretazioni, documenti'', Edizioni Mediterranee, 2006.
* Geneviève Dubois, ''Fulcanelli. Svelato l'enigma del più famoso alchimista del XX secolo'' Edizioni Mediterranee, 1996.
* Julius Evola, ''Introduzione alla magia'', 3 voll., Roma, Mediterranee, 1971.
* Julius Evola, ''Ur 1927''. Roma, Tilopa, 1980.
* Julius Evola, ''Ur 1928''. Roma, Tilopa, 1980.
* Julius Evola, ''Krur 1929''. Roma, Tilopa, 1981.
* Julius Evola, ''Introduzione alla magia quale scienza dell'io'', La Spezia, Fratelli Melita, 1987.
* {{en}} [[John Bellamy Foster]], ''Trump in the White House: Tragedy and Farce'', NYU Press, 2017.
* {{en}} [[Nicholas Goodrick-Clarke]], ''Black Sun: Aryan Cults, Esoteric Nazism, and the Politics of Identity'', NYU Press, 2003.
* {{en}} [[Joscelyn Godwin]], ''Atlantis and the Cycles of Time: Prophecies, Traditions, and Occult Revelations'', Simon and Schuster, 2010.
* {{en}} [[Hans Thomas Hakl]], ''Julius Evola and the UR Group'', ''Aries'', 12, Leida, Brill, 2012, pp.&nbsp;53–90.
* {{en}} Hans Thomas Hakl, Christopher McIntosh, ''Eranos: An Alternative Intellectual History of the Twentieth Century'', Routledge, 2014.
* [[Massimo Introvigne]], ''Le religioni in Italia'', Centro studi sulle nuove religioni, Raffaella Di Marzio, 2006.
* {{en}} [[Gary Lachman]], ''Politics and the Occult: The Left, the Right, and the Radically Unseen'', Quest book, 2012.
* {{en}} Damon Zacharias Lycourinos, ''Occult Traditions'', Numen Books, 2012.
* Marco Rossi, ''Neopaganesimo e arti magiche nel periodo fascista'', in ''Storia d'Italia, Annali 25, Esoterismo'', a cura di [[Gian Mario Cazzaniga]], Einaudi, Torino, 2010, pp.&nbsp;599–627.
* {{en}} [[Mark Sedgwick]], ''Against the Modern World: Traditionalism and the Secret Intellectual History of the Twentieth Century'', Oxford University Press, 2009.
* Roberto Sestito, ''Il figlio del sole. Vita e opere di Arturo Reghini. Filosofo e matematico'', Ancona, IGNIS.
* {{en}} Peter Staudenmaier, ''Between Occultism and Nazism: Anthroposophy and the Politics of Race in the Fascist Era'', BRILL, 2014.
* {{en}} Gwendolyn Taunton, ''Primordial Traditions, Volume 1'', Numen Books, 2014.
* {{en}} [[Hugh B. Urban]], ''Magia Sexualis: Sex, Magic, and Liberation in Modern Western Esotericism'', University of California Press, 2006.
 
== Collegamenti esterni ==
Allo scoppio della [[prima guerra mondiale]] molti dalmati italiani si arruolarono nel [[Regio Esercito]] per combattere a fianco dell'[[Italia]]: tra questi famoso fu [[Francesco Rismondo]]; altri, come [[Natale Krekich]] e [[Ercolano Salvi]] vennero internati in [[Austria]]. Tra gli irredenti oltreconfine che si arruolarono nel Regio Esercito, ci fu anche Antonio Bergamas, volontario di [[Gradisca d'Isonzo]], comune friulano annesso al Regno d'Italia solo dopo la guerra, morto in combattimento senza che il suo corpo fosse stato mai ritrovato. Sua madre, [[Maria Bergamas]], a guerra conclusa scelse la salma di un soldato italiano morto nella prima guerra mondiale, la cui identità resta sconosciuta, a cui fu in seguito data solenne sepoltura all'Altare della Patria al [[Vittoriano]]<ref name="treccani"/>. La sua tomba divenne il [[sacello]] del [[Milite Ignoto (Italia)|Milite Ignoto]], che, ancora oggi, rappresenta tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani<ref name="treccani"/>.
* [https://www.ereticamente.net/2018/01/sul-gruppo-di-ur-e-la-tradizione-di-roma-prima-parte-luca-valentini.html Luca Valentini, ''Sul Gruppo di Ur e la Tradizione di Roma'' (prima parte)] su ereticamente.net
 
{{Portale|italia|religioni|storia d'Italia}}
== Grande Guerra e annessione all'Italia ==
{{vedi anche|Patto di Londra|Vittoria mutilata}}
[[File:Serenissima.svg|thumb|center|Cartina della Dalmazia e della Venezia Giulia coi confini previsti dal Patto di Londra (linea rossa) e quelli invece effettivamente ottenuti dall'Italia (linea verde). In fucsia sono invece indicati gli antichi domini della [[Repubblica di Venezia]]|alt=|800x800px]]
 
[[Categoria:Magia]]
Nel [[1915]] l'Italia [[interventismo|entrò]] nella [[Prima guerra mondiale|Grande Guerra]] a fianco della [[Triplice Intesa]] in base ai termini del [[Patto di Londra]], che le assicuravano il possesso dell'intera [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]] settentrionale, incluse molte isole. La città di [[Fiume (Croazia)|Fiume]], invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del [[Regno d'Ungheria]], nel caso in cui la Croazia avesse continuato ad essere un [[banato]] dello stato magiaro o della Duplice Monarchia<ref>Si vedano la voce [[Patto di Londra|Trattato di Londra]] e il '''[[s:it:Trattato di Londra|testo integrale del trattato]]''' su [[s:Pagina principale|Wikisource]]</ref>.
[[Categoria:Esoteristi italiani]]
 
[[Categoria:Neopaganesimo in Italia]]
Al termine della guerra, il [[Regio Esercito]] occupò militarmente tutta la Venezia Giulia e la Dalmazia, secondo i termini dell'armistizio, inclusi i territori assegnatigli dal trattato di Londra. Ciò provocò le reazioni opposte delle diverse etnie, con gli italiani che acclamarono alla "redenzione" delle loro terre e gli slavi che guardavano con ostilità e preoccupazione i nuovi arrivati. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento.
[[File:Foto Fiume.jpg|thumb|[[Gabriele D'Annunzio]] (al centro con il bastone) durante l'[[impresa di Fiume]]|alt=|300x300px]]
 
Successivamente, la definizione dei confini fra l'Italia e il [[Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni|nuovo stato jugoslavo]] fu oggetto di una lunga e aspra contesa diplomatica, che trasformò il contrasto nazionale in una contrapposizione fra Stati sovrani, che coinvolse vasti strati dell'opinione pubblica esasperandone ulteriormente i sentimenti.
 
Forti tensioni suscitò in particolare la [[Stato libero di Fiume|questione di Fiume]], che fu rivendicata dall'Italia sulla base dello stesso principio di [[autodeterminazione]] che aveva fatto assegnare al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni|regno jugoslavo]] le terre dalmate, già promesse all'Italia.
 
La questione dei confini fu infine risolta con i trattati [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|di Saint Germain]] e di [[Trattato di Rapallo (1920)|Rapallo]]. L'Italia ottenne [[Vittoria mutilata|solo parte]] di ciò che le era stato promesso dal patto segreto di Londra. In base al ''principio di nazionalità'', sostenuto dalla [[Quattordici punti|dottrina Wilson]], le fu negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di [[Zara (Croazia)|Zara]] e alcune isole). Per via del mancato rispetto del Patto di Londra, l'epilogo della prima guerra mondiale venne definito "[[vittoria mutilata]]".
 
Col trattato di Rapallo Fiume venne eretta a [[Stato libero di Fiume|stato libero]], per poi essere annessa all'Italia in seguito al [[trattato di Roma (1924)|trattato di Roma]] ([[1924]]). In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi rimasero in territori assegnati al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]]. Contemporaneamente si ritrovarono entro i confini del Regno d'Italia 490.000 slavi (di cui circa 170.000 Croati e circa 320.000 Sloveni).
 
== Il biennio rosso e il "fascismo di confine" ==
{{vedi anche|Biennio rosso in Italia|Storia del fascismo italiano}}
[[File:FuneraliGulliRossi.xcf|thumb|left|I funerali di Gulli e Rossi a Sebenico]]
Nel biennio 1919-20 l'Europa fu investita da ondate di scioperi e agitazioni di operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro, il cosiddetto [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Spesso le fabbriche furono occupate e gestite sul modello dei [[Soviet]], sorti dalla [[Rivoluzione russa]]. Contemporaneamente scoppiarono conflitti e scontri di carattere etnico in quei territori soggetti a opposte rivendicazioni nazionali. Nella [[Carinzia]] meridionale, ad esempio, vi fu l'[[domenica di sangue di Marburgo|eccidio di Marburgo]], causato da milizie slovene. Conflitti armati scoppiarono in varie regioni dell'Europa orientale, per le definizione dei confini.
[[File:L'incendio dell'Hotel Balkan.jpeg|thumb|L'Hotel Balkan sede del ''[[Narodni Dom]]'' dopo l'incendio ([[1920]])]]
 
Anche l'Italia fu investita da un'[[biennio rosso in Italia|ondata di tensioni sociali]], con proteste, scioperi e agitazioni, che coinvolsero anche Trieste e la [[Venezia Giulia]], oltre che la vicina [[Dalmazia]] (in gran parte sotto occupazione militare italiana). Tali problematiche si sommarono alle preesistenti tensioni nazionali e al diffondersi dell'idea di "vittoria mutilata" e divennero un fertile terreno per l'affermazione del [[Fasci italiani di combattimento|nascente fascismo]], che si proponeva come tutore dell'italianità e del mantenimento dell'ordine nazionale della Venezia Giulia, talvolta con il tacito appoggio delle autorità. I contrasti etnici tra italiani e slavi nell'immediato dopoguerra provocarono, fra gli altri, gli [[incidenti di Spalato]], culminati nell'uccisione (il 12 luglio 1920) di due militari della [[Regia Marina]], il comandante della [[Regia Nave]] ''[[Puglia (ariete torpediniere)|Puglia]]'' [[Tommaso Gulli]] e il motorista Aldo Rossi. I fascisti, il giorno dopo la morte dei due militari, organizzarono una manifestazione anti-jugoslava a [[Trieste]].
 
Altri eventi degni di nota furono l'uccisione di un italiano<ref>Attilio Tamaro, ''Venti anni di storia'', Editrice Tiber, Roma, 1953, pp. 79:"Mentre si svolgeva l'imponente comizio e Francesco Giunta, segretario del fascio, parlava, uno slavo uccise un fascista, che s'era intromesso per salvare un ufficiale da quello aggredito</ref> da parte di un cittadino sloveno e l'incendio, da parte dei fascisti, del [[Narodni dom]] ("Casa nazionale slovena") di [[Trieste]]. Tale incidente assunse a posteriori un forte significato simbolico, venendo ricordato dagli slavi come l'inizio dell'oppressione italiana.
 
== L'italianizzazione fascista ==
{{vedi anche|Italianizzazione (fascismo)}}
La situazione degli slavi peggiorò con la presa del potere da parte del [[Partito Nazionale Fascista]], nel [[1922]], quando fu gradualmente introdotta in tutta Italia una politica di [[assimilazione forzata|assimilazione]] delle minoranze etniche e nazionali:
* gran parte degli impieghi pubblici furono assegnati agli appartenenti al gruppo etnico italiano, che nell'ultimo periodo di dominazione asburgica ne era stato completamente estromesso a vantaggio degli Slavi e dei Tedeschi;
* con l'introduzione della Legge n. 2185 del 1º ottobre 1923 ([[Riforma Gentile|Riforma scolastica Gentile]]), fu abolito nelle scuole l'insegnamento delle lingue croata e slovena. Nell'arco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 160 scuole con lingua d'insegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 320 scuole con lingua d'insegnamento slovena furono sostituiti con insegnanti italiani, che imposero agli alunni l'uso esclusivo della lingua italiana<ref>Pavel Strajn, La comunità sommersa – Gli Sloveni in Italia dalla A alla Ž, - Editoriale Stampa Triestina, Trieste 1992</ref><ref>Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op.cit.)</ref>;[[File:Treaty of Rapallo.png|thumb|upright=1.6|Tratteggiato in rosso, il territorio abitato quasi esclusivamente da sloveni assegnato al Regno d'Italia in base al trattato di Rapallo che fu oggetto di italianizzazione]]
* con il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d'ufficio nomi italiani a tutte le centinaia di località dei territori assegnati all'Italia con il Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1986</ref>;
* in base al Regio Decreto n. 494 del 7 aprile 1926 le autorità italiane italianizzarono i cognomi a decine di migliaia di croati e sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1985</ref>. Inoltre, con una legge del 1928 i parroci e gli uffici anagrafici ricevettero il divieto di iscrivere nomi stranieri nei registri delle nascite<ref>Alojz Zidar, Il popolo sloveno ricorda e accusa (op.cit.)</ref>.
 
Simili politiche di [[assimilazione forzata]] erano all'epoca assai comuni in Europa, venendo applicate, fra gli altri, anche da paesi come la [[Francesizzazione dei toponimi dei comuni del Nizzardo|Francia]]<ref>Fabio Ratto Trabucco, [http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false Il regime linguistico e la tutela delle minoranze in Francia] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211105818/http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false |data=11 febbraio 2009 }}, su "Il politico (Rivista italiana di scienze politiche)", Anno 2005, Volume 70)</ref> o il [[Regno Unito]], oltre che dalla stessa Jugoslavia soprattutto nei confronti delle proprie minoranze italiane, tedesche, ungheresi e albanesi<ref>Sull'assimilazione della minoranza tedesca in Slovenia si veda [http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false Harald Heppner (Hrsg.), ''Slowenen und Deutsche im gemeinsamen Raum: neue Forschungen zu einem komplexen Thema. Tagung der Südostdeutschen Historischen Kommission (Maribor), September 2001'', Oldenbourg, München 2002] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140116214508/http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA |data=16 gennaio 2014 }}. Per la situazione dei tedeschi del Gottschee: [http://www.gottschee.de/ ''Sito sui tedeschi del Gottschee (Slovenia)'']. Per la situazione della minoranza albanese, Robert Elsie, ''Kosovo: in the heart of the powder keg'', Columbia University Press, New York 1997.</ref>. Si potrebbe inoltre ricordare la situazione degli ungheresi di Transilvania, dei bulgari di Macedonia, o degli ucraini di Polonia.
 
La politica di "[[Pulizia etnica|bonifica etnica]]" avviata dal fascismo fu tuttavia particolarmente pesante, in quanto l'intolleranza nazionale, talora venata di vero e proprio razzismo, venne affiancata e coadiuvata dalle misure repressive tipiche di un regime totalitario<ref>[http://www.kozina.com/premik/porita3.htm Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1918 - 1941]. Consultato il 1º settembre 2010</ref>.
 
L'azione del governo fascista annullò l'autonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano goduto durante la dominazione asburgica e esasperò i sentimenti di avversione nei confronti dell'Italia. Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della [[Grande Guerra]], si fusero in gruppi più grandi a carattere eversivo, come la [[Borba (quotidiano)|Borba]] e il [[TIGR]], che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. [[Basovizza#Il monumento ai .22martiri di Basovizza.22|Alcuni elementi]] di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale speciale per la difesa dello Stato]] per le uccisioni di cui si erano resi responsabili (1 terrorista condannato e fucilato a Pola nel 1929, con 4 complici condannati a 25 anni di carcere ciascuno; 4 terroristi condannati e giustiziati a Trieste, con 12 complici condannati a pene detentive per complessivi 147 anni e 6 mesi - cosiddetto "1° processo di Trieste" - nel 1930; 9 terroristi condannati a morte per terrorismo e spionaggio in periodo bellico di cui 5 giustiziati, con 51 complici condannati, complessivamente, a 666 anni e 6 mesi di carcere - cosiddetto "2° processo di Trieste" - nel 1941, a guerra iniziata).
 
== L'invasione della Jugoslavia ==
=== La prima fase delle operazioni militari ===
{{vedi anche|Operazione 25|Fronte jugoslavo (1941-1945)|Partigiani jugoslavi|Provincia di Lubiana|Governatorato di Dalmazia|Crimini di guerra italiani}}
[[File:Governate of Dalmatia 1941-1943-es.svg|thumb|upright=1.3|left|Mappa del Governatorato della Dalmazia, con segnate la [[provincia di Zara]] (in verde), la [[provincia di Spalato]] (in arancio) e la [[provincia di Cattaro]] (in rosso scarlatto)]]
 
Nell'aprile del 1941 l'Italia partecipò all'[[invasione della Jugoslavia|attacco dell'Asse contro la Jugoslavia]], la quale, dopo la resa dell'esercito, avvenuta il giorno 17<ref>L'atto di resa fu firmato a Belgrado alla presenza del Ministro degli esteri Aleksandar Cincar-Marković e del generale Janković in rappresentanza della Jugoslavia, del generale Maximilian von Weichs per la Germania e del colonnello Bonfatti per l'Italia. V. Salmaggi e Pallavisini, La seconda guerra mondiale, Mondadori, 1989, pag. 119.</ref>, e l'inizio della politica di occupazione, fu smembrata e parte dei suoi territori furono annessi agli stati invasori.
 
A seguito del [[Trattato di Roma (1941)|trattato di Roma]] l'Italia annesse parte della Slovenia, parte della [[Banovina di Croazia]] nord-occidentale (che venne accorpata alla [[Provincia di Fiume]]), parte della [[Dalmazia]] e le [[Bocche di Cattaro]] (che andarono a costituire il [[Governatorato di Dalmazia]]), divenendo militarmente responsabile della zona che comprendeva la fascia costiera, e il relativo entroterra, della ex-Jugoslavia.
 
In Slovenia fu costituita la [[Provincia di Lubiana]], dove, a fini politici e in contrapposizione con i tedeschi, si progettò, senza successo, di instaurare un'amministrazione rispettosa delle peculiarità locali<ref>Regio decreto-legge del 3 maggio 1941, n. 291 (istituzione della Provincia di Lubiana: "ART. 2- Con decreti reali (...) saranno stabiliti gli ordinamenti della provincia di Lubiana, la quale, avendo una popolazione compattamente slovena, avrà un ordinamento autonomo con riguardo alle caratteristiche etniche della popolazione, alla posizione geografica del territorio e alle speciali esigenze locali"</ref>. Nella [[Provincia di Fiume]] e nel [[Governatorato di Dalmazia]] fu invece instaurata fin dall'inizio una politica di italianizzazione forzata, che incontrò una decisa resistenza da parte della popolazione a maggioranza croata.
 
La Croazia fu dichiarata indipendente con il nome di [[Stato Indipendente di Croazia]], il cui governo fu affidato al partito ultranazionalista degli [[ustascia]], con a capo [[Ante Pavelić]].
 
La resa dell'esercito jugoslavo non fermò i combattimenti e in tutto il paese crebbe un'intensa attività di [[Resistenza (politica)|resistenza]] che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dall'altro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche.
 
Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrati, da tutte le parti in causa, numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it">{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/diari/pagliani.htm|titolo=Diari di guerra: Il diario di Renzo Pagliani, bersagliere nel battaglione "Zara"|autore= |editore=digilander.libero.it|data=|accesso=10 novembre 2009}}</ref>.
 
Nella [[Provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura e in molti casi furono commessi crimini di guerra con devastazioni di villaggi e ritorsioni contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana, aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani.
[[File:Croatia-41-45.gif|thumb|upright=1.3|Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dell'Asse.
{{legenda|#339966|Aree assegnate all'Italia: l'area costituente la [[provincia di Lubiana]], l'area accorpata alla [[provincia di Fiume]] e le aree costituenti il [[Governatorato di Dalmazia]]}}
{{legenda|#ff0000|[[Stato Indipendente di Croazia]]}}
{{legenda|#0000ff|Area occupate dalla [[Germania nazista]]}}
{{legenda|#996666|Aree occupate dal [[Regno d'Ungheria (1920-1946)|Regno d'Ungheria]]}}]]
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime lettere personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA">Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003 e Idem, ''Breve storia del confine orientale nel Novecento'', in Giuseppe Aragno (a cura di), ''Fascismo e foibe. Ideologia e pratica della violenza nei Balcani'', La Città del Sole, Napoli, 2008</ref>.
 
Nei territori annessi, accorpati alla [[Provincia di Fiume]] e al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate del [[1942]].
 
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, ''Atlante storico dell'Adriatico orientale'' (op. cit.)}}
 
Il 12 luglio 1942, nel villaggio di [[Podhum]], per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani, su ordine del Prefetto della Provincia di Fiume [[Temistocle Testa]], tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 e i 64 anni. Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'eccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate<ref>Si veda Dino Messina [http://www.corriere.it/cultura/08_agosto_07/crimini_guerra_italia_indaga_messina_f6424ffc-6446-11dd-8c8a-00144f02aabc.shtml Crimini di guerra italiani, il giudice indaga. Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati] (articolo sul ''[[Corriere della Sera]]'', del 7 agosto 2008); [[Alessandra Kersevan]], ''Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento per civili jugoslavi 1941-1943'', Nutrimenti editore, 2008, p.61; [[Giacomo Scotti]] [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/27-34_SCOTTI.pdf "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum"] sul sito Anpi.it {{pdf}}.</ref>.
 
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, e i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba<ref name="arcipelagoadriatico.it">{{cita web|url=http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|titolo=L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia|autore=|editore=Centro Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|data=2007|accesso=10 novembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120309110640/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|dataarchivio=9 marzo 2012}}</ref>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente. A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane e i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
 
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref name="Fondazione ISEC 1990. pp. 497-528">Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. (video documentario) di Ken Kirby, curato dallo storico Michael Palumbo; Filippo Focardi e [[Lutz Klinkhammer]] (a cura di), ''La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata'', in Contemporanea, a. IV, n.3, luglio 2001, pp. 497-528; Mimmo Franzinelli, ''Salvate quei generali! Ad ogni costo'' e ''La memoria censurata'', in Millenovecento n. 3 gennaio 2003, pp. 112-120: Nicola Tranfaglia, ''Come nasce la repubblica. Documenti CIA e italiani 1943/1947'', Bompiani, Milano 2004.
Documenti custoditi nel Fondo Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri italiano, in particolare il Telespresso N. 1506 del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale Affari Politici, VIII, datato Roma, 28 ottobre 1946, indirizzato al Ministero della Guerra, Gabinetto e al Ministero della Giustizia, Gabinetto, Oggetto: Criminali di guerra Italiani richiesti dalla Jugoslavia, firmato da Pietro Nenni, e il Pro Memoria allegato al documento, in cui si legge testualmente: “La Legazione di Jugoslavia ha presentato al Ministero degli Affari Esteri una serie di Note Verbali in data 16,18,27 e 30 dicembre 1947, con le quali, in applicazione all'Art. 45 del Trattato di Pace, richiede la consegni di 27 presunti criminali di guerra italiani, specificando per ciascuno di essi vari capi d'accusa”. Interessante è anche la nota n. 10599.7./15.2 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, datata Roma, 16 febbraio 1948 e firmata dal Sottosegretario di Stato Giulio Andreotti, a cui è acclusa copia conforme della lettera protocollata Segr. Pol. 875, datata Roma, 20 agosto 1949, inviata all'Ammiraglio Franco Zannoni, Capo Gabinetto Ministero della Difesa</ref>.
 
=== Repressione, conflitti etnici e crimini contro i civili ===
{{vedi anche|Provincia di Lubiana|Provincia di Fiume|Governatorato di Dalmazia|Crimini di guerra italiani|Resistenza jugoslava}}
[[File:Rab Concentration camp.jpg|thumb|upright=1.2|Vista del [[campo di concentramento di Arbe]] usato per l'internamento della popolazione civile slovena]]
[[File:Fluminensia-podhum-grobnik-zrtve-spomenik-sime-vulas1.jpg|thumb|upright=1.2|Monumento alle vittime dell'eccidio di [[Podhum]].<ref>Il 12 luglio 1942 nel villaggio di [[Podhum]], per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani per ordine del Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 ed i 64 anni.<br />Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'[[strage|eccidio]]. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate. Si veda Dino Messina [http://www.corriere.it/cultura/08_agosto_07/crimini_guerra_italia_indaga_messina_f6424ffc-6446-11dd-8c8a-00144f02aabc.shtml Crimini di guerra italiani, il giudice indaga. Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati] (articolo sul ''[[Corriere della Sera]]'', del 7 agosto 2008); [[Alessandra Kersevan]], ''Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento per civili jugoslavi 1941-1943'', Nutrimenti editore, 2008, p.61; [[Giacomo Scotti]] [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/27-34_SCOTTI.pdf "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum"] sul sito Anpi.it {{pdf}}.</ref>]]
 
La resa dell'esercito jugoslavo non fermò i combattimenti ed in tutto il paese crebbe un'intensa attività di [[Resistenza (politica)|resistenza]] che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dall'altro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche.
 
Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrate da tutte le parti in causa numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it"/>.
 
Nella [[provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura ed in molti casi furono commessi crimini di guerra con devastazioni di villaggi e rappresaglie contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani.
 
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase »gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi«, che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA"/>.
 
Nei territori annessi, accorpati alla [[provincia di Fiume]] ed al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate [[1942]].
 
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op. cit.)}}
 
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, ed i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba.<ref name="arcipelagoadriatico.it"/>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente.
A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane ed i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
 
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref name="Fondazione ISEC 1990. pp. 497-528"/>
 
== Gli eccidi delle foibe ==
{{vedi anche|Massacri delle foibe}}
[[File:Pazin (Fojba-Schlucht) 1.jpg|thumb|left|La foiba di [[Pisino]], in [[Istria]], che fece parte dell'Italia dal 1920 al 1947]]
[[File:Foiba di Vines - recupero cadaveri.jpg|thumb|Recupero di resti umani dalla [[foiba di Vines]], località Faraguni, presso [[Albona]] d'Istria negli ultimi mesi del 1943]]
[[File:1943 foibe recupero salme.jpg|thumb|Autunno 1943: recupero di una salma in una foiba, gli uomini indossano maschere antigas per i miasmi dell'aria attorno alla foiba]]
 
Durante la [[seconda guerra mondiale]] e nell'immediato [[secondo dopoguerra]] (1943-1945) i [[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|partigiani jugoslavi]] e l'[[OZNA]] compirono i [[massacri delle foibe]], ovvero degli [[strage|eccidi]] ai danni della [[Italiani|popolazione italiana]] della [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]]<ref>Raoul Pupo, Roberto Spazzali, ''[http://books.google.it/books?id=LLjVe4e0wm0C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=%22Quando%20si%20parla%20di%20foibe%22&f=false Foibe]'', Bruno Mondadori, 2003. ISBN 88-424-9015-6, p. 2.</ref><ref>Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano, 2003, ISBN 88-04-48978-2, pag. 4</ref>. Il nome deriva dai grandi [[inghiottitoio|inghiottitoi]] [[carsico|carsici]] dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati "[[foiba|foibe]]".
 
Per [[metonimia|estensione]] i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «È noto infatti che la maggior parte delle vittime non finì i suoi giorni sul fondo delle cavità carsiche, ma incontrò la morte lungo la strada verso la deportazione, ovvero nelle carceri o nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 1}}: «È questo un uso del termine [NdR: "foibe"] consolidatosi ormai, (...), anche in quello [NdR: linguaggio] storiografico, (...) purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale.»; pag. 3 «solo una parte degli omicidi venne perpetrata sull'orlo di una foiba (...) la maggior parte delle vittime perì nelle carceri, durante le marce di trasferimento o nei campi di prigionia ... nella memoria collettiva "infoibati" sono stati considerati tutti gli uccisi...»</ref>. Si stima che le vittime in Venezia Giulia e nella Dalmazia siano state circa 11.000, comprese le salme recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi<ref name=autogenerato1>{{cita libro|autore=Guido Rumici|titolo=Infoibati (1943-1945). I Nomi, I Luoghi, I Testimoni, I Documenti|editore=Mursia|anno=2002|isbn=978-88-425-2999-6}}: «Lo storico [[Guido Rumici]] stima invece il numero delle vittime in minimo 6.000, cifra che salirebbe però a oltre 11.000 se si considerano anche tutti coloro che sono scomparsi nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>[http://www.huffingtonpost.it/micol-sarfatti/perche-quasi-nessuno-ricorda-le-foibe_b_2658946.html Micol Sarfatti, Perché quasi nessuno ricorda le foibe?]</ref>, comprese le vittime recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi<ref>[http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm Le foibe in breve - foibadibasovizza.it] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211072024/http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm |data=11 febbraio 2009 }}</ref>.
 
Gli eccidi delle foibe e il successivo [[esodo istriano|esodo]] costituiscono l'epilogo di una secolare lotta per il predominio sull'[[Adriatico]] orientale, che fu conteso da popolazioni [[Italiani|italiane]] e [[Slavi|slave]] (prevalentemente [[Croati|croate]] e [[Sloveni|slovene]], ma anche [[Serbi|serbe]]).
Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio (un caso analogo è quello dell'[[espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale]]) che fu legato all'affermarsi degli [[Stato-nazione|stati nazionali]] in territori etnicamente misti e dove, secondo alcuni storici, l'identità e l'etnia degli individui e delle popolazioni erano più processi costruiti politicamente che dati immutabili e naturali<ref>Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa: 1953, Il mulino, Bologna 2012</ref><ref>{{cita web | url = http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/58-le-foibe-i-fatti-la-costruzione-della-memoria-la-ricerca-storica.html| titolo = "Le foibe: i fatti, la costruzione della memoria, la ricerca storica.
Strumenti per la didattica" di Antonio Brusa| data = Consultato il 13 gennaio 2018}} Secondo Antonio Brusa «Occorre disporre “le foibe” sul tavolo dei fenomeni simili. In questo caso, quelli che caratterizzano l’immediato dopo-guerra, con le vendette, le espulsioni e gli eccidi di massa, a danno sia dei fascisti e dei nazisti, ma soprattutto delle popolazioni civili. A seguito di questo processo drammatico, oltre dieci milioni di civili furono cacciati dalle loro terre. Tedeschi dalla Polonia e dalla Cechia, ungheresi e rumeni dalla Jugoslavia, italiani dall'Istria. Si contarono oltre due milioni di vittime. La contestualizzazione è fondamentale sia per capire il fatto delle foibe, sia per discuterne in classe, evitando gli equivoci del dibattito pubblico, che tende a inserire nella stessa categoria di “massacro”, eccidi storicamente diversi, quali quelli perpetrati dal nazismo durante la guerra e quelli a danno delle popolazioni sconfitte, dopo la guerra. Alcuni storici, di recente, dilatano i tempi, includendo in questi processi di migrazione forzata una cronologia che risale a metà ottocento». «Inoltre, questo argomento richiama con insistenza parole/concetti quali “identità”, “memoria collettiva”, “memoria condivisa”, “etnia”, “confini” e così via. Si faccia attenzione, in questi casi, al fatto che questi termini designano dei processi di costruzione politica: non indicano dati “naturali” o “essenziali” di una popolazione, come spesso si crede. La vicenda delle foibe, in particolare, è anche un momento di costruzione identitaria, sia pure con tempi e modalità diversi, da entrambi i fronti; ed è stata un argomento per tracciare e rendere definitivi dei confini.»</ref>.
 
Alcuni storici hanno voluto vedere in questi atti, quasi tutti verificatisi nell'Istria meridionale (oggi croata), una sorta di ''[[jacquerie]]'', quindi di rivolta spontanea delle popolazioni rurali, in parte slave, come vendetta per i torti subiti durante il periodo fascista; altri, invece, hanno interpretato il fenomeno come un inizio di [[pulizia etnica]]<ref>{{cita web | autore=Silvia Ferreto Clementi | titolo=La pulizia etnica e il manuale Cubrilovic | url=http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm}}</ref> nei confronti della popolazione italiana.
 
In ogni caso queste azioni furono un preludio all'azione svolta in seguito dall'armata jugoslava.<br />Alcuni storici (come il francese Michel Roux) asserirono che vi era una similitudine tra il comportamento contro gli italiani nella Venezia Giulia ed a Zara e quello promosso da [[Vaso Čubrilović]] (che divenne ministro di [[Josip Broz Tito|Tito]] dopo il 1945) contro gli Albanesi della Jugoslavia<ref>[http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm Le Foibe - 1945/2005]</ref>.
 
{{citazione|Con la fine della guerra a questi si aggiunsero gli appartenenti alle unità fasciste che avevano operato agli ordini dei nazisti, soprattutto ufficiali, e il personale politico fascista che aveva collaborato con i nazisti... La borghesia italiana se ne andò... in quanto la trasformazione socialista della società presupponeva la sua espropriazione... numerosi anche coloro che erano arrivati in Istria dopo il 1918 al servizio dello Stato italiano e che seguirono questo Stato (ovvero l'impiego) quando dovette abbandonare la regione|Sandi Volk, ''Esuli a Trieste'', op. cit.}}
 
Nonostante la [[ricerca scientifica]] abbia, fin dagli anni novanta del [[XX secolo]], sufficientemente chiarito gli avvenimenti<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «...dietro l'apparente caoticità delle situazioni e degli interventi sembra possibile discernere con una certa chiarezza le spinte fondamentali dell'onda di violenza politica che spazza la regione, fino a ricostruire le linee essenziali di una proposta interpretativa generale, che certo andrà vagliata e integrata alla luce dei nuovi apporti documentari, ma i cui connotati di fondo appaiono già delineati in maniera sufficientemente nitida.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. XI}}</ref>, la conoscenza dei fatti nella [[pubblica opinione]] permane distorta e oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. X, 110}}: «A tutt'oggi, nonostante esse [N.d.R.: le tesi militanti] abbiano dimostrato tutta la loro fragilità sul piano scientifico, continuano a essere largamente diffuse, anche perché si prestano a un uso politico che non è mai venuto meno…»</ref><ref>Raoul Pupo, "Il lungo esodo", BUR, 2005, ISBN 88-17-00949-0, pp. 17-24.</ref>.
 
== L'esodo giuliano dalmata ==
{{vedi anche|Esodo giuliano dalmata}}
[[File:Esule con tricolore - Esodo giuliano-dalmata.png|thumb|Una giovane esule italiana in fuga trasporta, insieme ai propri effetti personali, una [[Bandiera d'Italia|bandiera tricolore]]]]
 
Al massacro delle foibe seguì l'[[esodo giuliano dalmata]], ovvero l'[[emigrazione]] forzata della maggioranza dei cittadini di [[Italiani|etnia]] e di [[lingua italiana]] in [[Istria]] e nel [[Quarnaro]], dove si svuotarono dai propri abitanti interi villaggi e cittadine. Nell'esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall'[[Italia]] alla Jugoslavia con il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di Parigi]] e anche la [[Dalmazia]], dove vivevano i [[dalmati italiani]].
 
Con la firma del trattato l'esodo s'intensificò ulteriormente. Da Pola, così come da alcuni centri urbani istriani ([[Capodistria]], [[Parenzo]], [[Orsera]], ecc.) partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana, da altri ([[Buie]], [[Umago]] e [[Rovigno]]) si desumono percentuali inferiori ma sempre molto elevate. Si stima che l'esodo giuliano-dalmata abbia interessato un numero compreso tra i 250.000 e i 350.000 italiani. I massacri delle foibe e l'esodo giuliano-dalmata sono ricordati dal [[Giorno del ricordo]], solennità civile nazionale [[italia]]na celebrata il [[10 febbraio]] di ogni anno.
 
L'ultima fase migratoria ebbe luogo dopo il [[1954]] allorché il [[Memorandum di Londra]] assegnò definitivamente la zona A del [[Territorio Libero di Trieste]] all'Italia, e la zona B alla Jugoslavia. L'esodo si concluse solamente intorno al [[1960]]. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria e nel Quarnaro erano rimasti 17.516 italiani su un totale di 432.136 abitanti.
 
== La questione triestina ==
{{vedi anche|Questione triestina|Corsa per Trieste|Trattato di Osimo}}
[[File:Trieste 1954.jpg|miniatura|sinistra|La folla festante per il ritorno di Trieste all'Italia, 26 ottobre 1954]]
 
Nella parte finale della [[seconda guerra mondiale]] e durante il [[Secondo dopoguerra italiano|successivo dopoguerra]] ci fu la contesa sui territori della [[Venezia Giulia]] tra [[Italia]] e [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]], che è chiamata "questione giuliana" o "questione triestina". [[Trieste]] era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre del 1918, al termine della [[prima guerra mondiale]], e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo del 1920]]: al termine della seconda, con l'Italia sconfitta, ci furono infatti le occupazioni militari tedesca e poi jugoslava.
 
L'occupazione jugoslava fu ottenuta grazie alla cosiddetta "[[corsa per Trieste]]", ovvero all'avanzata verso la città giuliana compiuta in maniera concorrenziale nella primavera del 1945 da parte della quarta armata jugoslava e dell'[[ottava armata britannica]].
 
Il 10 febbraio del 1947 fu firmato il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace dell'Italia]], che istituì il [[Territorio Libero di Trieste]], costituito dal litorale triestino e dalla parte nordoccidentale dell'Istria, provvisoriamente diviso da un confine passante a sud della cittadina di [[Muggia]] ed amministrato dal Governo Militare Alleato (zona A) e dall'esercito jugoslavo (zona B), in attesa della creazione degli organi costituzionali del nuovo stato.
 
Nella regione la situazione si fece incandescente e numerosi furono i disordini e le proteste italiane: in occasione della firma del trattato di pace, la maestra [[Maria Pasquinelli]] uccise a Pola il generale inglese [[Robin De Winton]], comandante delle truppe britanniche. All'entrata in vigore del trattato (15 settembre [[1947]]) corse addirittura voce che le truppe jugoslave della zona B avrebbero occupato Trieste.<ref>Antonio Ciarrapico, ''L'impossibile revisione del trattato di pace con l'Italia'', in Nuova Storia Contemporanea n°8, Anno XIV, Settembre-ottobre 2010, pag. 125</ref> Negli anni successivi la diplomazia italiana cercò di ridiscutere gli accordi di Parigi per chiarire le sorti di Trieste, senza successo.
 
La situazione si chiarì solo il 5 ottobre [[1954]] quando col [[Memorandum di Londra]] la ''Zona "A"'' del TLT passò all'amministrazione civile del governo italiano, mentre l'amministrazione del governo militare jugoslavo sulla ''Zona "B"'' passò al governo della Repubblica socialista. Gli accordi prevedevano inoltre alcune rettifiche territoriali a favore della Jugoslavia fra cui il centro abitato di [[Capodistria|Albaro Vescovà / Škofije]] con alcune aree appartenenti al Comune di [[Muggia]] (pari a una decina di km²). Il trattato fu un passo molto gradito alla NATO, che valutava particolarmente importante la stabilità internazionale della Jugoslavia.
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* AA.VV., "Istria nel tempo: manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume", Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, 2006
* AA.VV., ''Rapporti italo-sloveni 1880-1956'', Nova revija, Ljubljana 2001 ISBN 961-6352-23-7
* Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra vol 1. Le Lettere. Firenze, 2004
* Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia. 1914-1924 vol 2. Le Lettere. Firenze, 2007
* {{Cita libro|autore=Raoul Pupo|titolo=Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio|editore=Rizzoli|città=Milano|anno=2005|id=ISBN 88-17-00562-2|cid=Pupo2005}}
 
== Voci correlate ==
* [[Massacri delle foibe]]
* [[Esodo istriano]]
* [[Istria]]
* [[Storia della Dalmazia]]
* [[Storia di Trieste]]
 
{{Questione adriatica}}
{{Portale|guerra|italia|storia|storia d'Italia|Venezia Giulia e Dalmazia}}
 
[[Categoria:Storia contemporanea europea]]
[[Categoria:Storia della Venezia Giulia]]
[[Categoria:Storia della Slovenia]]
[[Categoria:Storia della Croazia]]
[[Categoria:Storia della Jugoslavia]]