Vittorio Emanuele III di Savoia e Template:Unstrut-Hainich-Kreis: differenze tra le pagine

(Differenze fra le pagine)
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
LCeccoli (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Etichette: Modifica da mobile Modifica da applicazione mobile Modifica da applicazione iOS
 
Aggiorno
 
Riga 1:
{{MonarcaNavbox
|name = Unstrut-Hainich-Kreis
| nome = Vittorio Emanuele III
|title = {{bandiera|DEU}} [[Comuni della Germania|Comuni]] del [[circondario di Unstrut-Hainich]] [[File:Wappen Unstrut-Hainich-Kreis.svg|20px]]
| immagine = Vittorio Emanuele III (c. 1915–1920).jpg
| legenda = Foto-Cartolina di Vittorio Emanuele III circolante in [[Italia]] tra la [[prima guerra mondiale]] e gli [[Anni 1920|anni '20]].
| titolo = [[Re d'Italia#Savoia (1861-1946)|Re d'Italia]]
| sottotitolo =
| stemma = Royal Monogram of King Victor Emmanuel III of Italy.svg
| inizio regno =
| fine regno =
| regno = 29 luglio [[1900]] –<br /> 9 maggio [[1946]]
| incoronazione =
| investitura =
| predecessore = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
| erede =
| successore = [[Umberto II di Savoia|Umberto II]]
| titolo2 = [[Negus|Imperatore d'Etiopia]]
| titolo3 = [[Sovrani dell'Albania|Re d'Albania]]
| titolo4 = [[Re del Montenegro]]
| titolo5 = [[Primo maresciallo dell'Impero]]<br /><small>titolo condiviso con il capo del governo<br />[[Benito Mussolini]]</small>
| inizio regno2 = 9 maggio [[1936]]
| fine regno2 = 5 maggio [[1941]]
| predecessore2 = [[Hailé Selassié]]
| successore2 = [[Hailé Selassié]]
| inizio regno3 = 9 aprile [[1939]]
| fine regno3 = 27 novembre [[1943]]
| predecessore3 = [[Zog I]]
| successore3 = ''Monarchia abolita''
| inizio regno4 = 23 luglio [[1941]]
| fine regno4 = 10 settembre [[1943]]
| predecessore4 = ''Titolo creato''
| successore4 = ''Monarchia abolita''
| inizio regno5 = 30 marzo [[1938]]
| fine regno5 = 25 luglio [[1943]]
| nome completo = Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro
| trattamento = [[Maestà Imperiale e Reale]]
| onorificenze =
| altri titoli = [[Principe di Piemonte|Principe di Napoli]]<br)[[Duca di Savoia]]<br>[[Vittorio Emanuele III di Savoia#Titoli|Altri]]
| luogo di nascita = [[Napoli]]
| data di nascita = 11 novembre [[1869]]
| luogo di morte = [[Alessandria d'Egitto]]
| data di morte = 28 dicembre [[1947]]
| sepoltura =
| luogo di sepoltura = [[Cattedrale di Santa Caterina (Alessandria d'Egitto)|Cattedrale di Alessandria d'Egitto]] ([[1947]]-[[2017]])<br /> [[Santuario di Vicoforte]] (dal [[2017]])
| casa reale = [[Casa Savoia|Savoia]] {{simbolo| Lesser coat of arms of the Kingdom of Italy (1890).svg}}
| dinastia =
| padre = [[Umberto I di Savoia|Umberto I d'Italia]]
| madre = [[Margherita di Savoia]]
| consorte = [[Elena del Montenegro]]
| figli = [[Iolanda Margherita di Savoia|Iolanda]]<br />[[Mafalda di Savoia|Mafalda]]<br />[[Umberto II di Savoia|Umberto]]<br />[[Giovanna di Savoia (1907-2000)|Giovanna]]<br />[[Maria Francesca di Savoia|Francesca]]
| religione = [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]]
| motto reale =
| firma = Vittorio Emanuele III Autograph.svg
}}
{{Bio
| Nome = Vittorio Emanuele III
| Cognome =
| ForzaOrdinamento = Vittorio Emanuele 03 di Savoia
| PreData = nato '''Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia'''
| Sesso = M
| LuogoNascita = Napoli
| GiornoMeseNascita = 11 novembre
| AnnoNascita = 1869
| LuogoMorte = Alessandria d'Egitto
| GiornoMeseMorte = 28 dicembre
| AnnoMorte = 1947
| Attività = re
| Nazionalità = italiano
| Categorie = no
| FineIncipit = è stato [[Re d'Italia#Savoia (1861-1946)|Re d'Italia]] (dal [[1900]] al [[1946]]), [[Imperatore d'Etiopia]] (dal [[1936]] al [[1943]]), [[Primo Maresciallo dell'Impero]] (dal 4 aprile [[1938]]) e [[Sovrani dell'Albania|Re d'Albania]] (dal [[1939]] al [[1943]]). Abdicò il 9 maggio [[1946]] e gli succedette il figlio [[Umberto II di Savoia|Umberto II]]
}}
 
|group1 = Città
Figlio di [[Umberto I di Savoia]] e di [[Margherita di Savoia]], ricevette alla nascita il titolo di [[principe di Napoli]], nell'evidente intento di sottolineare l'[[unità d'Italia|unità nazionale]], raggiunta da poco.
|list1 = [[Bad Langensalza]]{{,}}[[Bad Tennstedt]]{{,}}[[Mühlhausen/Thüringen]]{{,}}[[Schlotheim]]
 
|group2 = Comuni
Il suo lungo regno (46 anni) vide, oltre alle due [[guerra mondiale|guerre mondiali]], l'introduzione del [[suffragio universale]] maschile ([[1912]]) e [[Suffragio femminile in Italia|femminile]] ([[1945]]), delle prime importanti forme di [[Stato sociale|protezione sociale]], il declino e il crollo dello [[Stato liberale]] ([[1900]]-[[1922]]), la nascita e il crollo dello [[Stato fascista]] ([[1925]]-[[1943]]), la composizione della [[questione romana]] ([[1929]]), il raggiungimento dei massimi confini territoriali dell'Italia unita, le maggiori conquiste in ambito coloniale ([[Libia]] ed [[Etiopia]]). Morì poco più di un anno e mezzo dopo la caduta del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]. Per la sua partecipazione a due guerre mondiali e la vittoria nella prima venne appellato Re Soldato e Re Vittorioso<ref>Romano Bracalini, '' [http://books.google.com/books/about/Il_re_vittorioso.html?id=A6I8AAAAIAAJIl re "vittorioso". La vita, il regno e l'esilio di Vittorio Emanuele III]''.</ref>. In Italia gli [[odonimi]] a lui dedicati sono 380 e sono distribuiti in maniera difforme<ref>[https://wiki.openstreetmap.org/wiki/Vittorio_Emanuele_III Le strade dedicate a Vittorio Emanuele III]</ref>.
|list2 = [[Anrode]]{{,}}[[Ballhausen]]{{,}}[[Blankenburg (Turingia)|Blankenburg]]{{,}}[[Bothenheilingen]]{{,}}[[Bruchstedt]]{{,}}[[Dünwald]]{{,}}[[Großvargula]]{{,}}[[Haussömmern]]{{,}}[[Herbsleben]]{{,}}[[Hornsömmern]]{{,}}[[Issersheilingen]]{{,}}[[Kammerforst (Turingia)|Kammerforst]]{{,}}[[Kirchheilingen]]{{,}}[[Körner]]{{,}}[[Kutzleben]]{{,}}[[Marolterode]]{{,}}[[Menteroda]]{{,}}[[Mittelsömmern]]{{,}}[[Neunheilingen]]{{,}}[[Obermehler]]{{,}}[[Oppershausen]]{{,}}[[Rodeberg]]{{,}}[[Schönstedt]]{{,}}[[Sundhausen]]{{,}}[[Südeichsfeld]]{{,}}[[Tottleben]]{{,}}[[Unstrut-Hainich]]{{,}}[[Unstruttal]]{{,}}[[Urleben]]{{,}}[[Vogtei (comune)|Vogtei]]
 
}}<noinclude>
== Biografia ==
[[Categoria:Comuni dell'Unstrut-Hainich-Kreis|*]]
=== Infazia e giovinezza ===
[[Categoria:Template di navigazione - comuni della Turingia|Unstrut-Hainich]]
==== Primi anni ed educazione ====
</noinclude>
[[File:Patria Esercito Re p360.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele poco dopo la nascita, a [[Monza]]<br>novembre [[1869]]]]
Vittorio Emanuele nacque a [[Napoli]] l'11 novembre [[1869]], dove i genitori si trovavano in visita. Oltre che con i nomi di Vittorio Emanuele Ferdinando, in onore dei nonni, sua madre [[Margherita di Savoia|Margherita]] volle che venisse battezzato anche con i nomi di Maria e Gennaro in modo da distendere i rapporti con la [[Chiesa]] (all'epoca pessimi) e conquistare l'affetto dei sudditi napoletani.
 
Il giovane Principe non ebbe un'infanzia molto felice: un po' perché la tradizionale educazione pedagogica di [[Casa Savoia]], severa e di carattere militare, non favoriva gli slanci affettuosi e un po' perché nessuno dei suoi genitori (con i quali gli era permesso desinare solo due volte a settimana) si occupò mai di lui. Dopo la nascita venne infatti affidato ad una balia locale per l'allattamento, mentre per la sua prima educazione Margherita scelse una nurse irlandese di nome Elizabeth Lee, detta familiarmente "Bessie", la quale era vedova di un ufficiale britannico e soprattutto cattolica osservante.
 
[[File:Le baptême du prince de Piémont.jpg|thumb|Il battesimo del [[Principe di Napoli]] in una [[stampa]] dell'epoca]]
Ella rimase per quattordici anni assieme al giovane principe e fu probabilmente l'unica persona per la quale egli abbia mai sviluppato un affetto filiale. Inoltre Vittorio Emanuele soffriva tremendamente per le sue carenze fisiche e ciò lo portò a sviluppare un carattere schivo e riflessivo fino al limite del cinismo: sembra che una volta Margherita gli avesse proposto di passeggiare assieme per [[Roma]] ed egli rispose alla madre: «E dove vuoi andare a mostrarti con un nano?».<ref name=":0">''Storia d'Italia'', volume XI, Fabbri Editori, 1965.</ref>
 
Per compensare le carenze fisiche il giovane Vittorio sviluppò un amore quasi morboso per lo studio e il lavoro di scrivania: pare che a dieci anni fosse in grado di ricordare a memoria tutto l'albero genealogico e l'ordine di successione di Casa Savoia da [[Umberto Biancamano]] in giù.
 
[[File:La regina Margherita col Principe di Napoli 1877.jpg|thumb|La regina [[Margherita di Savoia|Margherita]] con il Principe di Napoli nel [[1877]]]]
A nove anni tornò in visita a [[Napoli]] con suo padre, da pochi mesi salito al trono, sua madre, e il primo ministro, [[Benedetto Cairoli|Cairoli]]. In carrozza, questi si accorse di dare la sinistra al Principe, e fece per cambiar di posto, ma Umberto lo trattenne. Fu per questa svista di cerimoniale ch’egli poté interporre il proprio corpo fra quello del Re e il pugnale del cuoco [[Giovanni Passannante|Passannante]]. Il piccolo Principe ebbe la sua divisa di marinaretto imbrattata dal sangue di Cairoli ma, dicono, rimase impassibile anche se poi viene detto che la sera scoppiò in un pianto dirotto tra le braccia della sua tata Bessie.
 
Figlio unico di cugini primi, crebbe nel tipico ambiente familiare sabaudo: rigido e militare; come suo precettore fu scelto, su suggerimento del principe di Germania [[Federico III di Germania|Federico III]], il colonnello di Stato Maggiore [[Egidio Osio]], che era stato attaché militare all'Ambasciata Italiana a [[Berlino]]. Uomo molto duro, imperioso e abituato al comando, impresse al Principe un'educazione sul modello prussiano del re in arme. Pare che appena insediato avesse detto al suo pupillo: «Si ricordi che il figlio di un Re, come il figlio di un calzolaio, quando è asino è asino».<ref name=":0" /> Alcuni dicono che la severità di Osio ebbe effetti deleteri sul carattere del futuro sovrano, rendendolo ancora più insicuro e introverso, tuttavia questo fatto viene smentito anche dal rapporto di amicizia che il futuro sovrano continuò a serbare con il suo precettore, intrattenendo una corrispondenza quasi giornaliera e difendendolo dalle accuse rivoltegli.
 
[[File:Vittorio Emanuele III di Savoia 1884.jpg|thumb|left| Vittorio Emanuele III di Savoia nel [[1884]] con l'uniforme della [[Nunziatella]]]]
Ebbe educazione accurata<ref>Mario Bondioli Osio, ''La giovinezza di Vittorio Emanuele III nei documenti dell'archivio Osio''. Ed. Simonelli, Milano, 1997.</ref>, comprendente tra l'altro la frequenza della prestigiosa [[Scuola militare Nunziatella]] di [[Napoli]], che completò con lunghi viaggi all'estero. Elevato al rango regio, divenne solito frequentare le sedute d'inaugurazione dell'[[Accademia Nazionale dei Lincei]], così come di altre associazioni di stampo scientifico, alle quali si avvicinava, per i suoi interessi. Tra tutte le sue passioni, in ambito culturale, svettavano forse la [[numismatica]], la [[storia]] e la [[geografia]]: la sua conoscenza in queste materie era riconosciuta ad alti livelli, anche fuori dal Regno (scrisse un trattato sulla monetazione italiana, il ''[[Corpus Nummorum Italicorum]]''). In più occasioni Vittorio Emanuele venne chiamato, in virtù della sua profonda conoscenza in campo geografico, come mediatore nei trattati di pace. Venne riconosciuto come arbitro per la disputa territoriale dell'isola di [[Clipperton]] tra [[Francia]] e [[Messico]] e per la [[Disputa del Pirara]].
 
Al di fuori degli impegni istituzionali, risiedeva nei soggiorni piemontesi nei [[Castello Reale di Racconigi|castelli di Racconigi]] e [[castello di Pollenzo|di Pollenzo]]<ref name=Mola>Aldo A. Mola, ''Storia della Monarchia in Italia''. Edizioni Bompiani, Milano, 2002.</ref>. Qui, secondo i resoconti ufficiali di corte, praticava la lettura e l'agricoltura, studiando le tecniche che l'avrebbero portato a fondare a [[Roma]] l'[[Istituto internazionale di agricoltura]].
 
Estimatore di [[William Shakespeare]], parlava quattro lingue, il piemontese e il napoletano, ma non amava né il teatro, né i concerti.
 
====Congedo da Osio e periodo napoletano ====
[[File:Victor Emmanuel III of Italy - Project Gutenberg eText 13955.jpg|thumb|Il principe ereditario Vittorio Emanuele a [[Napoli]] nel [[1890]] circa]]
Al compimento dei vent'anni, Vittorio Emanuele prese congedo dal colonnello [[Egidio Osio|Osio]], essendo ormai diventato maggiorenne e pari grado del suo precettore con il quale continuò tuttavia a mantenere una corrispondenza quasi giornaliera. Per fargli fare pratica di comando fu assegnato al 1º [[Reggimento di fanteria Re]] a [[Napoli]], dove rimase per ben cinque anni. In quel di Napoli strinse amicizia con il principe [[Nicola Brancaccio]], il quale riuscì a vincere la ritrosia e la timidezza del giovane Vittorio Emanuele, instradandolo alla vita notturna napoletana fatta di teatri non propriamente "rispettabili" e camerini delle attrici.<ref name=":0" />
 
Per il giovane Principe il periodo napoletano fu forse il più felice della sua vita: imparò a parlare fluentemente il napoletano ed ebbe anche diverse amanti, tra cui la baronessa [[Maria Barracco]] (e pare che dalla relazione sia nata pure una figlia) anche se la sua preferenza andava alle attrici e alle ballerine.<ref name=":2">{{Cita libro|autore=Antonio Spinosa|titolo=Vittorio Emanuele III, l'astuzia di un Re|anno=1990|editore=Mondadori|p=}}</ref> Nel suo ruolo di comandante dimostrò una rigidità sfociante nella pignoleria, tanto che, stando alle sue lettere ad [[Osio]], risultò essere una vera e propria bestia nera per i propri sottoposti; in una lettera scrisse: «''Il mio Plotone di Allievi Ufficiali ha raggiunto il numero di 104 allievi; fra breve saranno 103 perché ne ho scacciato uno per aver rubato ad un compagno; sono convinto della necessità di spaventarli sui primordi''.»
 
[[File:Re Umberto I e il Principe di Napoli.jpg|thumb|Re [[Umberto I di Savoia]] con il figlio Vittorio Emanuele nel [[1893]]]]
Probabilmente l'unico più pignolo di lui era il suo comandante, il generale [[Giuseppe Ottolenghi]] di [[Sabbioneta]], che non perdeva occasione per strapazzare il Principe su eventuali mancanze di forma e ciò dava a Vittorio l'estro per affibbiare al suo superiore (di origine israelitica) nomignoli come “Giuseppe l'Ebreo" o "Povero Maccabeo". Tuttavia non si trattava di antisemitismo (estraneo a Vittorio Emanuele), quanto di una piccola ripicca personale verso il proprio superiore.<ref name=":2" />
 
Un fatto poco noto ai più è che durante il suo periodo di stanza a [[Napoli]] entrò in conflitto con un suo parigrado che all'epoca comandava il 10º [[Bersaglieri|Reggimento dei Bersaglieri]]: quel colonnello era [[Luigi Cadorna]] e tra i due nacque una feroce antipatia che durò tutta la vita e che ebbe evidenti conseguenze vent'anni dopo, durante la [[Grande Guerra]].
 
===Matrimonio ===
[[File:Vittorio Emanuele III di Savoia ed Elena di Montenegro.jpg|thumb|Vittorio Emanuele con [[Elena di Montenegro|Elena]]]]
La questione del matrimonio del giovane Principe divenne oggetto di estrema preoccupazione per [[Umberto I di Savoia]] e [[Margherita di Savoia|Margherita]]: nessun Savoia era giunto alla soglia dei venticinque anni scapolo e lo stesso Vittorio non mostrava alcuna intenzione di sposarsi. Questo divenne un caso di importanza internazionale all'interno della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice Alleanza]] di cui l'[[Italia]] faceva parte: lo stesso [[Kaiser]] [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]] s'interessò al caso e, approfittando di una visita a [[Berlino]] di Vittorio, affrontò il giovane Principe di petto redarguendolo: «Perché non vi decidete a prendere moglie?!» e in quel frangente il Principe, seppur così giovane, dimostrò tutta la sua caparbietà tenendogli testa e dicendogli di non impicciarsi dei suoi affari.<ref name=":2" />
 
La corte sabauda fece un tentativo di combinare un fidanzamento con la principessa [[Maud del Galles]], figlia terzogenita di [[Edoardo VII del Regno Unito]], ma le trattative fallirono per l'opposizione della regina [[Margherita di Savoia|Margherita]] la quale, dimostrandosi persino più intransigente del [[Papa]], voleva che la fanciulla abiurasse la sua fede protestante prima delle nozze con suo figlio. Alcuni, tra cui il ministro [[Benedetto Brin|Brin]], sospettavano che in realtà la questione religiosa fosse una scusa, in quanto la Regina non voleva che la futura nuora offuscasse la sua celebrata bellezza.<ref name=":2" /> Neppure il tentativo di fidanzamento con la principessa danese [[Luisa di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg]] andò a buon fine, questa volta per l'opposizione dello stesso Principe ereditario: egli infatti non voleva sentire parlare di matrimoni combinati, soprattutto perché il risultato di queste unioni (spesso tra consanguinei) le vedeva ogni mattina davanti allo specchio, e ne era così conscio che non aveva difficoltà di fronte al generale [[Carlo Porro|Porro]], suo Capo di Stato Maggiore, ad ammettere con schiettezza: «Ch'am varda nen. A sa ben che mi a son fòtu ant'le gambe!».<ref>«Non mi stia a guardare. Sa bene ch'io sono fottuto nelle gambe!»</ref>
 
[[File:Elena del Montenegro.jpg|thumb|[[Elena del Montenegro]] nel [[1897]]]]
Al fine di scongiurare un simile rischio, venne combinato il matrimonio tra il ventisettenne principe di Napoli e una principessa montenegrina, [[Elena del Montenegro|Elena]], la cui famiglia era molto legata, da vincoli politici e familiari, alla [[Impero russo|Corte di San Pietroburgo]]. Allo stesso tempo, il matrimonio con un'esponente della più antica famiglia autoctona di principi balcanici, nonostante la relativa povertà e l'inferiorità del lignaggio, se comparato a quello sabaudo, rafforzava la politica italiana nelle regioni al di là dell'[[Adriatico]]. Tuttavia furono non pochi negli ambienti di corte e politici a storcere il naso a questa unione, considerando che i Savoia erano la più antica dinastia europea dopo gli [[Hohenzollern]], mentre [[Nicola del Montenegro]] era poco più di un principe-pastore.
 
[[File:Hautecombe - Appartements du Roi 11.JPG|thumb|Ritratti di Vittorio Emanuele ed [[Elena del Montenegro]] nell'[[Abbazia di Altacomba]]]]
Il fidanzamento tra Vittorio ed Elena fu una vera e propria "congiura", alla quale parteciparono praticamente tutte le case regnanti europee e l'unico ad esserne all'oscuro fu proprio il giovane Principe. Il primo incontro tra i due avvenne a [[Venezia]] nel [[1895]], durante l'inaugurazione dell'[[I Esposizione internazionale d'arte|Esposizione Internazionale dell'arte]]: per sicurezza Elena era stata fatta accompagnare dalla sorella Anna, nell'eventualità che il Vittorio preferisse l'una all'altra. Tuttavia la preferenza del Principe andò proprio ad Elena, che era riuscita a colpirlo con la sua bellezza slava e gli occhi da "daina ferita".<ref name=":2" /> Il secondo incontro tra i due avvenne tredici mesi dopo a [[Mosca]], durante i festeggiamenti per l'incoronazione dello [[zar]] [[Nicola II di Russia|Nicola II]], e finalmente il giovane Vittorio si dimostrò veramente interessato alla giovane Elena, tanto che decise di parlarne ai suoi genitori. Naturalmente il Principe non sapeva nulla della congiura ai suoi danni ed era timoroso che Umberto e Margherita s'incollerissero per questa sua infatuazione per la figlia di un principe-pastore; invece, con somma sorpresa di Vittorio, i genitori non solo non s'arrabbiarono, ma furono talmente felici da gettargli pure le braccia al collo in un raro momento di tenerezza.<ref name=":2" />
 
[[File:La Mujer (1900) (14782984945).jpg|thumb|Il matrimonio di Vittorio Emanuele ed [[Elena del Montenegro]] in un'illustarzione del giornale [[La Mujer]]]]
Il matrimonio, per nulla sfarzoso, fu celebrato al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] con rito civile, seguito da quello religioso cattolico nella [[Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri]] il 24 ottobre [[1896]]<ref>[http://www.santamariadegliangeliroma.it/paginamastersing.html?codice_url=vittorio_emanuele3&lingua=ITALIANO&ramo_home=Parrocchia Sito della Basilica: il matrimonio del Principe di Napoli].</ref>. Per commemorare l'evento fu previsto un francobollo noto come "[[Nozze di Vittorio Emanuele III]]" che però non venne mai distribuito e del quale esistono, al giorno d'oggi, 100 esemplari in tutto. Al suo arrivo in [[Italia]], il 19 ottobre [[1896]], [[Elena del Montenegro]] aveva abiurato al [[credo ortodosso]], sua fede d'origine, e professato il credo [[Chiesa cattolica|cattolico]] nella [[Basilica di San Nicola]] di [[Bari]].
 
[[File:Reale Famiglia Italiana.jpg|thumb|Vittorio Emanuele con moglie e figli]]
La coppia, felicissima dal lato affettivo, tardò ad avere figli. Dopo quattro anni, nacque la principessa [[Iolanda Margherita di Savoia|Jolanda]] ([[1901]]), che nel [[1923]] sposò, non senza iniziali impedimenti per la disparità di nobiltà, il conte [[Giorgio Carlo Calvi di Bergolo]]. Dopo la nascita di [[Mafalda di Savoia|Mafalda]] ([[1902]]), che sposò nel [[1925]] il langravio [[Filippo d'Assia]], arrivò l'atteso erede maschio, [[Umberto II di Savoia|Umberto]] ([[1904]]), [[principe di Piemonte]], che nel [[1930]] sposò [[Maria José del Belgio]]. La quartogenita, [[Giovanna di Savoia (1907-2000)|Giovanna]] ([[1907]]), sposò nel [[1930]] [[Boris III di Bulgaria]] e, infine, l'ultimogenita [[Maria Francesca di Savoia|Maria Francesca]] (1914]]) che sposò nel [[1939]] il principe [[Luigi di Borbone-Parma]].
 
=== Ascesa al trono e orientamento politico ===
[[File:Pier Celestino Gilardi-ritratto del re vittorio emanuele III.jpg|thumb|''Ritratto del Re Vittorio Emanuele III'' di [[Pier Celestino Gilardi]]]]
La notizia dell'[[Regicidio di Umberto I|assassinio]] del padre Re [[Umberto I di Savoia]], ucciso il 29 luglio [[1900]] a [[Monza]] ad opera dell'anarchico [[Gaetano Bresci]], giunse a Vittorio Emanuele mentre si trovava in crociera nel [[Mediterraneo]] con la moglie [[Elena del Montenegro]]: fino ad allora il principe di Napoli aveva considerato la propria ascesa al trono ancora lontana, data l'età del padre, che al momento del [[regicidio]] aveva cinquantasei anni.
 
Il giovane Re si mise subito all'opera e, appena due giorni dopo la morte del padre, convocò il Presidente del Consiglio [[Giuseppe Saracco]] per un colloquio, del quale lo stesso lasciò un dettagliato resoconto: Saracco era appena uscito dalla camera ardente del defunto Re, quando Vittorio Emanuele lo convocò nel suo studio; senza dargli tempo di pronunciare le solite parole di cordoglio, il nuovo Re gli mostrò le carte che si ammucchiavano sul tavolo. Erano decreti su cui il padre non aveva fatto in tempo ad apporre la firma, ma che secondo lui andavano poco d’accordo con la Costituzione. Saracco replicò che la valutazione di costituzionalità non era competenza del Re, il quale doveva limitarsi a firmare come sin allora aveva sempre fatto. Il giovane Re però rispose «Già, ma d’ora in avanti il Re firmerà solo gli errori suoi, non quelli degli altri».
 
[[File:Patria Esercito Re p418.jpg|thumb|Re Vittorio Emanuele III di Savoia]]
Saracco, che oltre tutto passava per un grande esperto di Diritto, si sentì offeso e offrì seduta stante le dimissioni. Il Principe fece finta di non sentire, ma insistette che i decreti, prima che alla firma, gli fossero portati in lettura. Dopodiché spiegò al presidente come concepiva i doveri suoi e quelli altrui. «Non ho la pretesa di rimediare con le sole mie forze alle presenti difficoltà. Ma sono convinto che queste difficoltà hanno una causa unica. In Italia pochi compiono esattamente il loro dovere: v’è troppa mollezza e rilassatezza. Bisogna che ognuno, senza eccezioni, osservi esattamente i suoi obblighi. Io sarò d’esempio, adempiendo a tutti i miei doveri. I Ministri mi aiuteranno, non cullando alcuno in vane illusioni, non promettendo quanto saranno certi di poter mantenere».
 
Il 2 agosto [[1900]], a pochi giorni dal regicidio, nel suo primo discorso alla [[Italia|Nazione]] il nuovo Re elencava i capisaldi della sua visione politica.
 
[[File:Giuramento di Vittorio Emanuele III.jpg|thumb|Giuramento di Vittorio Emanuele III prestato a [[Palazzo Madama (Roma)|Palazzo Madama]].]]
L'11 agosto giurò fedeltà allo [[Statuto albertino|Statuto]] nell'aula del Senato, davanti al presidente [[Giuseppe Saracco]] e ai due rami del [[Parlamento]], disposto alle sue spalle. Nel discorso, scritto di proprio pugno, il nuovo Re delineava una politica conciliante e parlamentarista: {{Citazione|Monarchia e Parlamento procedono solidali in quest'opera salutare.|Discorso di Vittorio Emanuele III in occasione del suo giuramento, 11 agosto [[1900]]}} Dopo l'incoronazione il neo-re ordinò a [[Guido Cirilli]] la progettazione e la costruzione di una [[cappella Espiatoria|cappella commemorativa]] al padre dove era stato assassinato; facendo questo il re Vittorio Emanuele III fece abbattere la sede della [[Forti e Liberi|Società Ginnastica Monzese Forti e Liberi]] di [[Monza]] e la fece ricostruire dall'altro lato di viale [[Cesare Battisti]] di [[Monza]].
 
Infine, la riconciliazione nazionale voluta dal Sovrano prese forma con il Regio Decreto 11 novembre [[1900]], n. 366, nel quale il Re concedeva l'[[amnistia]] per i reati di stampa e per i delitti contro la libertà di lavoro e condonava la metà delle pene irrogate per i [[moti del 1898]]<ref>Guido Jetti, Il referendum istituzionale (tra il diritto e la politica), Guida, 2009, p. 109.</ref>. Nel 1901 venne emessa la prima serie di francobolli, che inaugurò le lunghe emissioni filateliche del suo Regno; tale serie, detta "[[Serie Floreale 1901]]", portava intrinsecamente la novità di usare il nuovo stile detto [[Art Nouveau|Liberty]], che negli anni a venire fu appunto italianizzato in "Floreale".
 
==== Politica estera: tra Triplice Alleanza e nuove intese ====
[[File:Vittorio Emanuele III a cavallo.jpg|thumb|Vittorio Emanuele a cavallo]]
Secondo la tradizione sabauda e nel rispetto delle prerogative statutarie, Vittorio Emanuele III esercitò una rilevante azione nel campo della politica estera e militare<ref name=Trecc>Enciclopedia Italiana Treccani (1939), tomo XXXV, voce: Vittorio Emanuele III.</ref>. Salutato da molti osservatori come "antitriplicista", egli, pur mantenendosi nel solco della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice]], sostenne il ravvicinamento alle altre Potenze escluse dall'alleanza e contro le quali essa potenzialmente era stata costituita: la [[Impero russo|Russia]], che ostacolava i disegni di espansione austriaci, e la [[Terza Repubblica francese|Francia]], di cui i tedeschi temevano il desiderio di rivincita.
 
===== Riavvicinamento alla Francia =====
[[File:Gruppo Militare Sabaudo.png|thumb|Fotografia ritraente il Principe di Napoli un mese prima delle sue auguste nozze a bordo del "[[Savoia (piroscafo)|Savoia]]", in occasione delle grandi manovre navali. Alla sua destra il padre [[Umberto I di Savoia|Umberto I]], e alla sua sinistra lo zio [[Tommaso di Savoia-Genova|Tommaso di Savoia]], [[Savoia-Genova|Duca di Genova]], direttore delle operazioni]]
La normalizzazione dei rapporti con la [[Terza Repubblica francese|Repubblica francese]] era cominciata qualche anno prima dell'ascesa al Trono di Vittorio Emanuele, con la firma delle tre convenzioni tra l'Italia e la [[Tunisia]] del 30 settembre [[1896]] e successivamente con l'accordo commerciale italo-francese del 21 novembre [[1898]], che poneva termine alla guerra doganale tra le due potenze. Nel dicembre del [[1900]], con lo scambio di note [[Emilio Visconti Venosta|Visconti Venosta]]-[[Camille Barrère|Barrère]], il governo italiano ottenne un primo riconoscimento francese del suo interesse per la [[Tripolitania]]-[[Cirenaica]]. L'accordo ebbe l'effetto di svuotare la [[Triplice Alleanza]] di una parte del suo contenuto, legato al contrasto italo-francese nel [[Mediterraneo]].
 
[[File:Emile Loubet.jpg|thumb|upright=0.7|Il [[presidente francese]] [[Émile Loubet]]]]
L'accordo venne rinforzato nel luglio del [[1902]] dallo scambio di note [[Giulio Prinetti|Prinetti]]-[[Camille Barrère|Barrère]], che impegnava le due potenze a mantenersi neutrali nel caso di conflitto con altre Potenze. Il ravvicinamento italo-francese fu suggellato dalla visita a [[Parigi]] di Vittorio Emanuele, insignito della [[Legion d'onore]], al presidente [[Émile Loubet]], nell'ottobre del [[1903]], ricambiata a Roma nel [[1904]].
 
La politica estera italiana disegnava così un sistema che avrebbe reso meno rigida la divisione tra "blocchi di Potenze", che avrebbero portato alla deflagrazione del conflitto mondiale: in questo contesto, si spiega il comportamento italiano alla [[Conferenza di Algeciras]] sul [[Marocco]] del [[1906]], in cui il rappresentante italiano, [[Emilio Visconti Venosta|Visconti Venosta]], fu istruito a non appoggiare la Germania di [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]].
 
===== Russia e Balcani =====
[[File:Italian embassy to 'coronation of Nicholas II.jpg|thumb|Ambasciata italiana con il Principe di Napoli (Vittorio Emanuele III) al centro circondato da dignitari e ambasciatori presenti all'[[Incoronazione]] dello [[Zar]] [[Nicola II di Russia]]]]
Lo stabilrsi di buoni rapporti con la [[Russia]], di cui la più evidente manifestazione di ravvicinamento era stata in età umbertina il matrimonio di Vittorio Emanuele con [[Elena di Montenegro]], era il necessario corollario delle direttrici di politica estera nell'area balcanica, il cui ''status quo'', che almeno formalmente la Triplice s'impegnava a mantenere, era minacciato dalla inarrestabile crisi dell'[[Impero ottomano]], e dai confliggenti appetiti austriaci e russi, fra i quali l'[[Italia]] intendeva inserirsi, cercando di limitare i tentativi dell'alleato asburgico volti a mutare la situazione a proprio vantaggio, in violazione dell'articolo VIII del trattato.
 
[[File:Николай II и Виктор Эммануил III.png|thumb|Vittorio Emanuele III e [[Nicola II di Russia]]]]
L'Italia guardava ai [[Balcani]] quale potenziale area d'influenza per la propria economia. Di fronte alle mire espansionistiche della [[Serbia]], Vittorio Emanuele si pose quale mediatore per la creazione di uno Stato cuscinetto che impedisse a Pietro I lo sbocco sull'[[Adriatico]]: l'[[Albania]]. Il comportamento austriaco, che nel [[1908]] aveva annesso senza preavviso la [[Bosnia ed Erzegovina]], suscitando forti proteste da parte serba e russa, oltre che italiana, portò il Governo italiano a stringere accordi con quello [[Impero russo|russo]]: il 24 ottobre [[1909]] venne firmato tra le due Potenze il [[Accordo di Racconigi|trattato di Racconigi]], che da parte russa poneva fine alla politica di accordi esclusivi con l'[[Austria]] sui [[Balcani]], per i quali si prospettava l'attuazione del principio di [[nazionalità]] e un'azione diplomatica comune delle due Potenze in tal senso; inoltre, la [[Russia]] riconosceva l'interesse italiano per la [[Tripolitania]]-[[Cirenaica]].
 
====== Arbitrati internazionali ======
[[File:Day of Griscom's flight with Wilbur Wright flying the plane (4055965037).jpg|thumb|Nell'aprile [[1909]] i [[fratelli Wright]] si recarono all'[[areoporto di Roma-Centocelle]], al di fuori di [[Roma]], in [[Italia]], per fornire addestramento di volo a due luogotenenti italiani. Tra gli spettatori vi erano il re italiano Vittorio Emanuele III, il finanziere [[J.P. Morgan Jr]] e l'ambasciatore degli [[Stati Uniti]] in Italia, [[ambasciata statunitense in Italia#Elenco degli ambasciatori statunitensi dal 1840|Lloyd C. Griscom]].]]
I tradizionali buoni rapporti con l'[[Regno Unito|Inghilterra]] e la stima in ambito internazionale del [[Re d'Italia]] vennero confermati nella scelta di Vittorio Emanuele come [[Arbitrato internazionale|arbitro]] per stabilire i confini tra [[Brasile]] e [[Guyana britannica]] nel [[1903]]-[[1904]], e per i confini in [[Barotseland]] tra [[Portogallo]] e [[Gran Bretagna]] nel [[1905]]. Anche [[Francia]] e [[Messico]] ricorsero nel [[1909]] all'arbitrato di Vittorio Emanuele III per definire il possesso dell'[[isola di Clipperton]]<ref name=Trecc/>.
 
==== Istituto internazionale per l'agricoltura ====
[[File:David Lubin.jpg|thumb|[[David Lubin]]]]
{{Citazione|Un Istituto siffatto, organo di solidarietà fra tutti gli agricoltori e perciò elemento poderoso di pace.|Messaggio di Vittorio Emanuele III a Giolitti, [[1905]]}}
Coerentemente con il proprio pensiero umanitario, nel [[1905]], accogliendo la proposta di [[David Lubin]], Vittorio Emanuele III si fece personalmente promotore a livello internazionale della fondazione dell'[[Istituto internazionale di agricoltura]], evolutosi nel secondo dopoguerra nella [[Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura|FAO]], con l'obiettivo di abbattere la piaga della fame mondiale.
 
L'Ente era finanziato prevalentemente attraverso i contributi degli Stati aderenti, che andavano da un minimo di 12.500 lire ad un massimo di 200.000 lire. Vittorio Emanuele III, che era abituato a sostenere con i propri averi le molte istituzioni scientifiche e caritative da lui patrocinate, partecipava con la somma annua di 300.000 lire, che si aggiungevano alla donazione della palazzina che doveva servire da sede all'Istituto<ref>[https://waldimaro.blogspot.com/2009/11/fu-vittorio-emanuele-iii-creare.html Vittorio Emanuele III e l'Istituto internazionale di agricoltura].</ref>.
 
==== Politica interna: apertura a sinistra e pace sociale ====
[[File:Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele III.jpg|thumb|Il re (2º a sinistra) con [[Francesco Saverio Nitti]] (1º a sinistra) a [[Torino]] nel [[1911]] per il [[Anniversario dell'Unità d'Italia|cinquantenario dell'unità d'Italia]].]]
{{Citazione| Conviene ora con prudente risolutezza proseguire sulla strada che la [[giustizia sociale]] consiglia [...] in sollievo delle classi lavoratrici. Sono felici portati della civiltà nuova l'onorare il lavoro, il confortarlo di equi compensi e di preveggente tutela, l'innalzare le sorti degli obliati dalla fortuna. Se a ciò Governo e Parlamento provvedano, egualmente solleciti dei diritti di tutte le classi, faranno opera memoranda di giustizia e di pace sociale.|Discorso della Corona, 20 febbraio [[1902]]}}
 
L'operato di Vittorio Emanuele III in politica interna riguarda in primo luogo la realizzazione della pace sociale, attraverso una legislazione volta a superare "l'ardente contrasto fra capitale e lavoro"<ref>Discorso della Corona del 30 novembre 1904.</ref>. La pace sociale e la necessità di operare con equità tra le classi sociali sono, infatti, temi ricorrenti dei discorsi della Corona, normalmente redatti di proprio pugno dal re.
 
Nella visione politica del sovrano, punto fondamentale per il raggiungimento della desiderata pace sociale era "conseguire una più elevata condizione intellettuale, morale ed economica delle classi popolari"<ref>Discorso della Corona del 27 novembre 1913.</ref>, in particolare assicurando un completo livello di istruzione a tutti i cittadini.
 
Le leggi promulgate tra [[1900]] e [[1921]] nell'ambito della legislazione sociale voluta da Vittorio Emanuele III riguardano: la tutela giuridica degli emigranti ([[1901]]), la tutela del lavoro delle donne e dei minori ([[1902]]), le misure contro la [[malaria]] e per la [[chinino|chinizzazione]] ([[1902]]), l'istituzione dell'Ufficio del lavoro ([[1902]]), l'[[edilizia popolare]] ([[1903]]), gl'infortuni sul lavoro ([[1904]]), l'obbligo del riposo settimanale ([[1907]]), l'istituzione della Cassa nazionale delle assicurazioni sociali ([[1907]]), la mutualità scolastica e l'istituzione della Cassa nazionale per la maternità ([[1910]]), l'assistenza a favore dei colpiti da [[disoccupazione]] involontaria ([[1917]])<ref>Waldimaro Fiorentino, ''100 anni fa Vittorio Emanuele III saliva al Trono'', Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Roma, 2000.</ref>. Sempre nel [[1917]], fu istituita l'[[Opera Nazionale Combattenti]].
 
[[File:Ruling-monarchs.jpg|thumb|I [[sovrano|monarchi]] del [[XX secolo]]]]
Dato l'interesse di Vittorio Emanuele III per la questione sociale, molti contemporanei lo dipinsero come un "Re socialista"<ref>Mario Missiroli, ''La Monarchia socialista'', Laterza e figli, Bari, 1914.</ref>. Attento alle esigenze di progresso del Paese, che alla vigilia della [[Grande Guerra]] era divenuto la settima Potenza industriale al mondo, diede lo status di ente morale nel [[1908]] alla [[Società italiana per il progresso delle scienze]] fondata nel [[1839]].
Contribuì finanziariamente alla fondazione a [[Milano]] della prima ''Clinica di medicina del lavoro'' d'[[Europa]] e di uno dei primi [[Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori|istituti per lo studio e la cura del cancro]].
 
==== Attentati ====
{{S sezione|storia}}
[[File:Esequie Attentato Vittorio Emanuele III del 1926 a Milano.jpg|thumb|Le esequie delle vittime dell'[[attentato a Vittorio Emanuele III]] del [[1926]] a [[Fiera Campionaria di Milano]]]]
Il 14 marzo [[1912]] il muratore romano [[Antonio D'Alba]], [[anarchico]], sparò due<ref>[http://www.cassino2000.com/sezioni.php?action=content&idsezione=35&cat=Personaggi «D'Alba (&#91;...&#93;) sparò due colpi di pistola contro re Vittorio Emanuele III»].</ref> colpi di pistola contro di lui, mancandolo. Poche ore dopo il fallito attentato, Vittorio Emanuele ricevette la visita dei socialisti riformisti [[Ivanoe Bonomi]], [[Leonida Bissolati]] e [[Angiolo Cabrini]], che si felicitarono con il Re; questo gesto diede poi il pretesto alla maggioranza del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] di espellere i tre riformisti colpevoli di aver appoggiato il quarto [[governo Giolitti]] nella guerra contro la [[Turchia]]. Fra i socialisti il più intransigente fu [[Benito Mussolini]], che accusò i riformisti di connivenze con il «gregge clerico-nazionalista-monarchico», dichiarando «O col Quirinale o col socialismo!».<ref>Spinosa, ''op. cit.'', pp. 127-129</ref>
 
Il 12 aprile [[1928]], mentre inaugurava la VIII edizione della [[Fiera Campionaria di Milano]], Vittorio Emanuele fu bersaglio [[Attentato a Vittorio Emanuele III|di un sanguinoso attentato dinamitardo]]: una bomba esplosa fra la folla assiepata in attesa di vedere il Re uccise venti persone fra donne, bambini e militari presenti. Il Re non venne tuttavia colpito. Furono arrestati i [[Partito repubblicano italiano|repubblicani]] [[Ugo La Malfa]], [[Lelio Basso]] e [[Leone Cattani]].<ref>Spinosa, ''op. cit.'', p. 279</ref>
 
Nel [[1941]], durante una visita in [[Albania]], il Re Imperatore fu oggetto di un terzo attentato: un giovane, Vasil Laci Mihailoff, sparò cinque volte, ma nessuno dei colpi esplosi compì il regicidio. Vittorio Emanuele III, rimasto impassibile, commentò: "Spara ben male quel ragazzo".<ref>Spinosa, ''op. cit.'', pp. 384-385</ref>
 
==== Rapporti tra Stato e Chiesa ====
[[File:Pio XII al Quirinale.JPG|thumb|Papa [[Pio XII]] al [[Quirinale]].]]
In politica ecclesiastica, Vittorio Emanuele si mostrò restio ad aperture verso le pretese politiche della [[Chiesa cattolica]]: la firma, nel [[1929]], dei [[Patti Lateranensi]] è da imputarsi più all'iniziativa di [[Benito Mussolini]] che al monarca, che avrebbe fatto cadere un precedente tentativo di [[Vittorio Emanuele Orlando|Orlando]] nell'immediato primo dopoguerra. In questo primo periodo, pur nel massimo rispetto delle istituzioni ecclesiastiche e della fede della propria [[Casa Savoia|Casa]] e degli Italiani, il Re volle mantenere il sistema di [[separazione fra Stato e Chiesa]], senza ricucire per via concordataria o pattizia i rapporti rotti con la [[Presa di Roma]] e con le [[Risorgimento|campagne risorgimentali]].
 
Nella vita privata Vittorio Emanuele era assai diverso dai propri predecessori per quanto riguardava i rapporti con la [[Chiesa]]. Il suo bisnonno [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] era fortemente religioso; suo nonno [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] era un incredulo che tuttavia servava un superstizioso timore per la Chiesa; suo padre [[Umberto I di Savoia|Umberto]] era invece un agnostico osservante che in chiesa ci andava più per dare l'esempio ai sudditi che non che per convinzione personale, ma al contempo aveva un profondo rispetto per la Gerarchia. Vittorio Emanuele era invece uno [[scetticismo|scettico]] che non credeva e non praticava: da giovane aveva coltivato letture positiviste (come [[Comte]], [[Stuart Mill]] e [[Ardigò]]) tuttavia, più che un [[laicismo|laicista]], egli era un "ghibellino" profondamente conscio del proprio ruolo come quello che la Chiesa aveva avuto nella storia del Paese e dunque ne diffidava.<ref name=":1">{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|titolo=Storia d'Italia - L'Italia di Giolitti (1900-1920) vol. X|dataoriginale=1965|editore=Bur, Rizzoli|capitolo=Il Nuovo Re}}</ref>
 
[[File:Cimeli caccia a Roma post1860.JPG|upright=1.6|thumb|destra|Stampa satirica e anticlericale sulla [[questione romana]]: con [[Roma]] sullo sfondo, [[Giuseppe Garibaldi]] e [[Vittorio Emanuele II di Savoia]] sparano a pipistrelli "clericali", [[Napoleone III di Francia]], nelle vesti di un gendarme, difende [[Pio IX]] e [[Francesco II delle Due Sicilie]] (abbigliato come pazzariello napoletano) mentre due inglesi in tenuta da caccia osservano e esclamano: "Lasciate che Vittorio faccia quel bel tiro e siamo più che contenti"]]
Vittorio Emanuele, in effetti, considerava la [[Questione Romana]] risolta con la [[Legge delle Guarentigie]], che assicuravano la piena autonomia al Pontefice, al quale venivano riconosciuti i [[diplomazia|diritti di legazione attiva e passiva]] e la cui persona veniva equiparata, per certi aspetti, specialmente di rilievo penale, a quella del Re<ref>In particolare l'articolo primo della legge delle Guarentigie ("La persona del Sommo Pontefice è sacra e inviolabile") riproduceva in modo identico la formula dell'articolo quarto dello [[Statuto Albertino]] ("La persona del Re è sacra e inviolabile"), inoltre stabiliva che "L'attentato contro la persona del Sommo Pontefice e la provocazione a commetterlo sono puniti colle stesse pene stabilite per l'attentato e per la provocazione a commetterlo contro la persona del Re. Le offese e le ingiurie pubbliche commesse direttamente contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti, o coi mezzi indicati nell'art. 1 della legge sulla stampa, sono punite colle pene stabilite all'art. 19 della legge stessa", cioè le pene previste in caso di offesa del Re e dei membri della famiglia reale.</ref>.
 
Un alto livello di tensione nei rapporti tra Stato e Chiesa fu causato dalla visita del [[1904]] del [[presidente francese]] [[Émile Loubet]] a Vittorio Emanuele: la [[Santa Sede]] protestò per il fatto che un Capo di Stato cattolico in visita a [[Roma]] avesse reso omaggio al [[Re d'Italia]] prima che al [[Papa]]. L'incidente produsse in [[Francia]] il rafforzamento delle posizioni [[anticlericalismo|anticlericali]] e la rottura delle relazioni diplomatiche con la [[Santa Sede]].
 
=== Guerra di Libia ===
[[File:Vittorio Emanuele III e Tripoli.jpg|thumb|Vittorio Emanuele III in un francobollo delle [[Poste coloniali]] ([[1934]])]]
La visita dello zar Nicola nell'ottobre [[1909]] portò, tra le altre cose, al riconoscimento dell'influenza italiana nell'[[Africa]] che si affaccia sul [[mar Mediterraneo]] e, nello specifico, nell'area [[Libia|libica]]. Da ciò, già si poteva scorgere l'inizio dell'impresa militare nella [[Tripolitania]] e nella [[Cirenaica]], nel [[1911]]: non tardò, per giovare a questo fine, la divisione delle sfere di influenza nel Mediterraneo africano tra [[Francia]] e [[Italia]] a seguito delle [[crisi marocchine]], nelle quali Vittorio Emanuele si schierò a fianco di [[Parigi]], riconoscendo, a sua volta, la priorità francese nell'area più occidentale del [[Sahara]].
 
L'iniziativa coloniale italiana era, tuttavia, già attiva sul continente africano. Già era occupata l'[[Eritrea]], mentre la [[Somalia]] era colonia dal [[1907]], ma le loro posizioni, sul [[Corno d'Africa]], le rendevano remote e, in ogni caso, la loro conformazione territoriale e la scarsa importanza sul piano strategico non davano lustro alla politica coloniale italiana. L'Italia era anzitutto sul [[Mediterraneo]], e l'ultima terra ancora non posta sotto il dominio di una qualche potenza europea era la [[Libia]].
 
Il governo italiano agì con cautela: la [[Cirenaica]] e la [[Tripolitania]] erano poste sotto il controllo dell'[[Impero ottomano]], minato ormai da un cancro interno che lo rendeva un'entità ormai moribonda, ma in ogni caso, da non trascurare: la rivolta dei [[Giovani Turchi]] servì come trampolino di lancio per l'operazione militare.
 
[[File:Cartolina Tripolitania e Cirenaica 1911.jpg|thumb|Cartolina diffusa nel [[1911]] - [[1912]] che esalta "i valorosi combattenti nel nome d'[[Italia]] nostra in [[Tripolitania]] e in [[Cirenaica]]"]]
Il 29 settembre [[1911]] iniziò lo sbarco italiano in [[Libia]], annessa, secondo decreto regio, il 5 novembre, senza considerare la grande debolezza dell'occupazione, che risentiva di un esercito ancora arretrato e la resistenza attiva dei capi tribali delle aree interne. Non a caso, nell'occasione dell'imminente prima guerra mondiale, la [[Libia]] non tarderà ad riprendersi, con l'esercito italiano tutto impiegato su altri fronti, un'autonomia praticamente completa. Nell'ambito della [[guerra italo-turca]], furono anche annesse, nel [[1912]], le isole greche del [[Dodecaneso]]. Con la pace di [[Losanna]], del 18 ottobre [[1912]], l'Impero ottomano riconobbe all'[[Italia]] il possesso della [[Tripolitania italiana|colonia Tripolitania]] e [[Cirenaica italiana|di quella Cirenaica]].
 
=== Prima guerra mondiale ===
[[File:Vittorio Emanuele III Bianca croce di Savoia.jpg|thumb|left|upright=0.8|Immagine di Vittorio Emanuele III durante la [[Grande Guerra]].]]
{{Citazione|La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta.|[[Bollettino della Vittoria]], 4 novembre [[1918]]}}
Nella [[prima guerra mondiale]], Vittorio Emanuele III sostenne la posizione inizialmente neutrale dell'[[Italia]]. Molto meno favorevole del padre alla [[Triplice alleanza (1882)|Triplice Alleanza]] (di cui l'Italia era parte con [[Germania]] ed [[Impero austro-ungarico]]) e ostile all'[[Austria]], promosse la causa dell'[[Irredentismo italiano|irredentistismo]] del [[Trentino]] e della [[Venezia Giulia]]. Le vantaggiose offerte dell'[[Intesa]] (formalizzate nel [[Patto di Londra]], stipulato in segreto all'insaputa del parlamento) indussero Vittorio Emanuele ad appoggiare l'abbandono della triplice alleanza (4 maggio [[1915]]) passando a combattere a fianco dell'Intesa ([[Francia]], [[Gran Bretagna]] e [[Russia]]).
 
Ad inizio maggio, l'azione neutralista di [[Giovanni Giolitti]] insieme alla diffusione di notizie circa concessioni territoriali da parte austriaca aprirono una crisi parlamentare. Il 13 maggio, [[Antonio Salandra|Salandra]] rimetteva nelle mani del Re il mandato. {{chiarire|Il ''[[Corriere della Sera]]'' scrisse: “L'on. Giolitti e i suoi amici trionfano. Più ancora trionfa il [[Bernhard von Bülow|Principe di Bülow]]. Egli è riuscito a far cadere il Ministero che conduceva il Paese alla guerra.”; e il ''[[Il Messaggero|Messaggero]]'': “L'on. Salandra dà partita vinta agli organizzatori del malefico agguato; si arrende alle male arti diplomatiche del Principe di Bülow.”|Non è chiaro cosa c'entrino le insinuazioni di giornali interventisti contro l'opera neutralista di Giolitti, con Vittorio Emanuele III.}}
 
[[Giovanni Giolitti|Giolitti]] fu convocato di conseguenza dal Re, per formare il nuovo governo. Questi però, {{chiarire|informato dei nuovi impegni presi}} con la [[Triplice intesa]] decise di rifiutare l'incarico, così come altri politici convocati.
 
[[File:DC-1915-28-v.jpg|thumb|Retro copertina de [[La Domenica del Corriere]]: Il Re e l’on. [[Antonio Salandra|Salandra]] visitano il fronte della nostra guerra, fra le entusiastiche acclamazioni delle truppe.<br>[[Achille Beltrame]], 18 luglio [[1915]]]]
Il 16 maggio Vittorio Emanuele respingeva ufficialmente le dimissioni di [[Antonio Salandra|Salandra]]. Il 20 e il 21 maggio, a stragrande maggioranza, le due camere del Parlamento votarono a favore dei poteri straordinari al Sovrano e al [[Governo]] in caso di ostilità. Il 23 maggio l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] dichiarava guerra all'[[Austria-Ungheria]].
 
Fin dall'inizio delle ostilità sul fronte italiano (24 maggio [[1915]]) fu costantemente presente al fronte, {{citazione necessaria|meritandosi}} da allora il soprannome di «Re soldato». Durante le operazioni belliche affidò la luogotenenza del Regno allo zio [[Tommaso di Savoia-Genova|Tommaso, duca di Genova]]. Non si stabilì nella sede del quartier generale di [[Udine]] ma in un paese vicino, Torreano di [[Martignacco]], presso Villa Linussa (da allora chiamata Villa Italia) con un piccolo seguito di ufficiali e gentiluomini.
 
Ogni mattina, seguìto dagli aiutanti da campo, partiva in macchina per il fronte o a visitare le retrovie. La sera, quando ritornava, un ufficiale di Stato Maggiore veniva a ragguagliarlo sulla situazione militare. Il Re, dopo aver ascoltato, esprimeva i suoi pareri, senza mai scavalcare i compiti del Comando Supremo.
 
Soggiornò brevemente a [[Monteaperta]] (presso l'ospedale militare del Gran Monte, attuale Rifugio A. N.A. Montemaggiore-Monteaperta) durante i combattimenti vista la notevole importanza logistica di Monteaperta alle spalle del fronte.
 
Dopo la [[battaglia di Caporetto]], per decisione concordata tra i governi Alleati durante la [[conferenza di Rapallo]] viene sostituito [[Luigi Cadorna|Cadorna]] con il generale [[Armando Diaz]], l'8 novembre [[1917]], al [[convegno di Peschiera]], il re ratifica quanto già sottoscritto dal [[Governo Orlando]] facendo sue le decisioni di questo. {{Citazione necessaria|Il Consiglio dei Ministri avrebbe voluto conferire al Re la Medaglia d'Oro al Valor Militare, ma il Sovrano la rifiutò con le seguenti parole: ''«Non ho conquistato alcuna quota difficile; vinto nessuna battaglia, non ho affondato alcuna corazzata; compiuto alcuna gesta di guerra aerea»''.}}
 
[[File:Albert I and Victor Emmanuel III.jpg|thumb|upright=0.8|Vittorio Emanuele III con re [[Alberto I del Belgio]].]]
La vittoria italiana portò all'annessione all'Italia del [[Trentino-Alto Adige|Trentino e dell'Alto Adige]] (con [[Trento]]), della [[Venezia Giulia]], di [[Zara]] e di alcune isole [[Dalmazia|dalmate]] (tra le quali [[Lagosta (isola)|Lagosta]]).
 
Il Re, tra il [[1914]] ed il [[1918]], ricevette circa 400 lettere - anche minacciose e minatorie - di carattere prevalentemente anti-bellicista da individui di qualsiasi estrazione sociale, soprattutto bassa e composta da semi-alfabeti. Attualmente esse sono conservate nell'[[Archivio Centrale dello Stato]] in tre fondi, ma sono state digitalizzate e rese di pubblico dominio<ref>[http://aiter.unipv.it/lettura/RE/lettere Lettere al re (1914-1918)] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160312122707/http://aiter.unipv.it/lettura/RE/lettere |date=12 marzo 2016 }} su aiter.unipv.it.</ref>, essendo di grande interesse storico e linguistico<ref>{{Cita pubblicazione | url = https://www.academia.edu/3512695/_Sua_Maesta_e_una_pornografia_._La_scrittura_della_protesta_nelle_lettere_al_Re_durante_la_Grande_Guerra | autore = Mirko Volpi | titolo = "Sua Maestà è una pornografia!" La scrittura della protesta nelle lettere al Re durante la Grande Guerra | rivista = La lingua italiana. Storia, struttura e testi. | volume = VI | anno = 2010 | editore = Fabrizio Serra Editore | città = Pisa/Roma | pp = 123-40 | accesso = 2 luglio 2014}}</ref>.
 
=== Dal primo dopoguerra al primo Governo Mussolini ===
[[File:George v L Meyer with Victor Immanuel III in San Rossore Italy.jpg|thumb|Vittorio Emanuele III e [[Geroge von Lengerke Meyer]] a [[San Rossore]]]]
A causa della crisi economica e politica che seguì la guerra, l'Italia conobbe una serie di agitazioni sociali ([[Biennio rosso in Italia]]) che i deboli governi liberali dell'epoca non furono in grado di controllare. Nel Paese si diffuse il timore di una [[Rivoluzione russa|rivoluzione]] [[comunismo|comunista]] simile a quella in corso in [[Russia]] e nel contempo le classi possidenti temevano di essere travolte dalle idee socialiste; queste condizioni storiche portarono all'affermarsi di movimenti politici antidemocratici e illiberali.
 
Uno di questi erano i [[Fasci italiani di combattimento|Fasci di combattimento]], movimento costituito nel [[1919]] dall'ex direttore dell'[[Avanti!]] [[Benito Mussolini]]. Al movimento erano collegate le [[squadre d'azione]], che successivamente sarebbero state integrate nella [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]]. Mussolini aveva chiaramente scelto di forzare la situazione, ormai giunta ad un'impasse. A fine ottobre [[1922]] Mussolini, eletto da un anno deputato alla Camera, fece dunque scattare il suo piano di occupazione del potere. Il 27 ottobre iniziarono i primi movimenti squadristici con l'occupazione, nell'[[Italia]] settentrionale, di prefetture e caserme. Vittorio Emanuele si precipitò a [[Roma]] da [[San Rossore]] e comunicò al primo ministro [[Luigi Facta]] la propria intenzione di decidere personalmente sulla crisi in atto.
 
Gli eventi delle ore successive sono molto confusi e non permettono ancora oggi di fornire una chiara ricostruzione degli eventi: [[Luigi Facta|Facta]] ebbe almeno due colloqui con il sovrano sia alla stazione di [[Roma]] che a [[Villa Savoia]], nei quali il Re avrebbe detto al Ministro che si rifiutava di deliberare «sotto la minaccia dei moschetti fascisti» per poi chiedere al Governo di prendere tutti i provvedimenti necessari e poi sottoporglieli per ottenere la sua approvazione. Di questi colloqui comunque le versioni sono assai discordanti (secondo una versione Facta minacciò le proprie dimissioni). La cosa assai strana però è che, nonostante la situazione fosse molto grave, il Primo Ministro, convinto fino all'ultimo che Mussolini bluffasse, se ne andò a dormire come se nulla fosse salvo essere svegliato nel cuore della notte dai suoi collaboratori che lo informavano delle occupazioni fasciste e della calata delle colonne di [[camicie nere]] su [[Roma]].
 
[[File:Illustrazione Italiana 1922 - Sul ponte Salario.jpg|thumb|[[Squadre fasciste]] alle porte di [[Roma]]]]
Alle sei del mattino del 28 ottobre Facta riunì il Consiglio dei ministri, che deliberò, su precise insistenze del generale Cittadini, primo aiutante di campo del Re, il ricorso allo [[stato d'assedio]] per bloccare la [[marcia su Roma]]. Ma quando alle 9 Facta si recò dal Re al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] per la controfirma, ricevette il rifiuto del monarca a sottoscrivere l'atto. Quando Vittorio Emanuele vide la bozza del proclama andò su tutte le furie e, dopo aver strappato il testo dalle mani di Facta, in uno scatto di collera disse al Ministro: «Queste decisioni spettano soltanto a me. Dopo lo stato d'assedio non c'è che la [[guerra civile]]. Ora bisogna che qualcuno di noi due si sacrifichi». Allora sembra che Facta abbia risposto: «Vostra Maestà non ha bisogno di dire a chi tocca». E si congedò.<ref>L'Italia in camicia nera, Milano, Rizzoli, 1976.</ref>
 
Questo improvviso mutamento d'indirizzo non è ancora stato chiarito dalla storiografia. [[Renzo De Felice]], il maggiore storico del fascismo, abbozza un elenco di possibili motivi che potrebbero avere indotto il re ad evitare lo scontro col fascismo, cioè:
* la debolezza del governo Facta;
* i suoi timori per gli atteggiamenti filofascisti del [[Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta|Duca d'Aosta]];
* le incertezze dei vertici militari;
* il timore di una guerra civile.
 
Secondo [[Mauro Canali]]<ref>''Vittorio Emanuele III. Il re che permise il 'golpe' a Mussolini'', Liberal, 30 agosto 2008.</ref> bisogna aggiungerne un altro, riconducibile alla personalità del re, cioè alla sua supposta pavidità che lo indusse a non sfidare sul terreno militare lo [[squadrismo]] fascista. "Le sue preoccupazioni - aggiunge Canali - erano assolutamente fuori luogo, dato lo squilibrio delle forze in campo". Infatti le forze dell'esercito di stanza a [[Roma]] erano molto superiori a quelle dei fascisti: 28&nbsp;000 uomini contro qualche migliaio, ed equipaggiati alla meglio. Su questo dato concordano tutti gli storici, ma devono essere considerate le menzionate "incertezze" dei vertici militari, le pressioni della classe dirigente, la volontà di evitare il deterioramento della crisi interna.
 
In conseguenza della decisione del Re, Facta presentò le dimissioni, subito accolte dal Sovrano. Il 29 ottobre [[1922]], Vittorio Emanuele, consultatosi con i massimi esponenti della classe dirigente politica liberale ([[Giovanni Giolitti|Giolitti]], [[Antonio Salandra|Salandra]]) e militare italiana ([[Armando Diaz|Diaz]], [[Paolo Thaon di Revel|Thaon di Revel]]), dopo la bocciatura da parte mussoliniana di un possibile gabinetto Salandra-Mussolini, con l'intento di far rientrare il movimento fascista nell'alveo costituzionale parlamentare e di favorire la pacificazione sociale, affidò al capo del fascismo Benito Mussolini, deputato dal 1921, l'incarico di formare un nuovo governo.
 
[[File:Benito Mussolini.gif|miniatura|Mussolini fotografato nel [[1923]]]]
Mussolini, che si indirizzò al Parlamento con tono minaccioso ("''Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli...''"), ricevette una larga fiducia dal Parlamento, ottenendo alla Camera 316 voti a favore, 116 contrari e 7 astenuti. Ricordiamo i voti favorevoli di [[Giovanni Giolitti]], di [[Benedetto Croce]], in seguito il massimo rappresentante dell'[[antifascismo]] liberale e di [[Alcide De Gasperi]]<ref>[http://www.degasperi.net/scheda_fonti.php?id_obj=1800&obj_type=f2&parent_cat= Raccolta di documenti su De Gasperi].</ref>, poi padre della repubblica italiana, mentre [[Francesco Saverio Nitti]] lasciò l'aula in segno di protesta<ref>[[Gianfranco Bianchi]], ''Da Piazza San Sepolcro a Piazzale Loreto'', Vita e Pensiero, Roma, 1978, p.264.</ref>. Il Governo, composto da quattordici ministri e sedici ministeri, con Mussolini capo del Governo e [[ministro ad interim]] di Esteri e Interni, era formato da [[Associazione Nazionalista Italiana|nazionalisti]], [[Partito Liberale Italiano|liberali]] e [[Partito Popolare Italiano (1919)|popolari]], tra i quali il futuro [[presidente della repubblica]] [[Giovanni Gronchi]], sottosegretario all'Industria.
 
Secondo De Felice, "senza il compromesso con la monarchia è molto improbabile che il fascismo sarebbe mai potuto arrivare veramente al potere".
 
=== Stato fascista (1925-1943) ===
[[File:S. M. Il Re e Mussolini ai funerali del Gen. Diaz.jpg|thumb|Il Re e [[Benito Mussolini]] ai funerali del generale [[Armando Diaz|Diaz]]]]
Nell'aprile del [[1924]] vennero indette nuove elezioni, svoltesi tra gravi irregolarità. Il deputato [[socialismo|socialista]] [[Giacomo Matteotti]], che aveva denunciato queste irregolarità, venne rapito il 10 giugno 1924 e trovato morto il 16 agosto dello stesso anno. Il fatto scosse il mondo politico e aprì un semestre di forte crisi interna, risolto infine il 3 gennaio [[1925]] quando [[Benito Mussolini]], rafforzato sul piano internazionale dal recente incontro con [[Austen Chamberlain|Chamberlain]]<ref>[[Ennio Di Nolfo]], ''Storia delle relazioni internazionali. Dal 1918 ai giorni nostri'', Laterza, 2008, p. 24.</ref>, rivendicò la responsabilità non materiale dell'accaduto ("Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!")<ref>[[Discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925]]</ref>, indicando al parlamento la procedura di messa in stato d'accusa conformemente all'articolo 47 del [[Regio Statuto]]. La Camera, dove l'opposizione era frantumata nelle molteplici correnti e incapace di accordarsi su strategie condivise, non procedette e Mussolini diede inizio, per via parlamentare, alla trasformazione in senso [[autoritarismo|autoritario]] e poi [[totalitarismo|totalitario]]<ref>[[Renzo De Felice]], ''Mussolini il duce. Lo Stato totalitario (1936-1940)'', Einaudi, Milano, 1996.</ref> dello Stato.
 
Il Re, che fino ad allora aveva conservato il controllo dell'esercito, non si oppose. Del resto, il Parlamento, dove alla Camera per soli sette seggi gli iscritti al [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] erano la maggioranza assoluta, indebolito dalla [[secessione dell'Aventino]], non aveva fornito alcun pretesto giuridico per chiedere le dimissioni di Mussolini né elaborato una credibile compagine di governo alternativa. Né la scelta extraparlamentare dell'opposizione era riuscita a mobilitare le masse. Il Re restò quindi in attesa di un'iniziativa parlamentare nel rispetto delle regole istituzionali<ref>«Ma Vittorio Emanuele III non avrebbe mai potuto accantonare il suo rigido legalismo, travalicando le sue competenze istituzionali per nominare un nuovo governo, magari militare e sciogliere la Camera», Luciano Regolo, ''Il re signore: tutto il racconto della vita di Umberto di Savoia,'' Simonelli Editore, 1998 - ISBN 88-86792-14-X.</ref>.
 
[[File:Eduardo Gioja Viktor Emanuel III 1913.jpg|thumb|Vittorio Emanuele III di Savoia ritratto da [[Edoardo Gioja]]]]
Quando il senatore [[Ranieri di Campello|Campello]] presentò a Vittorio Emanuele le prove della responsabilità del presidente del Consiglio dei ministri nel [[delitto Matteotti]], il Re avrebbe risposto: «Sono cieco e sordo. I miei occhi e le mie orecchie sono la [[Camera dei deputati|Camera]] e il [[Senato del Regno|Senato]]»<ref>P. Ortoleva, M. Revelli, ''Storia dell'età contemporanea'', Milano 1998, p. 123.</ref>.
 
[[Francesco Saverio Nitti]], durante il suo esilio dovuto alle intimidazioni fasciste, inviò una lettera al monarca in cui gli rivolse accuse di ignavia connivenza con Mussolini e lo esortò a prendere provvedimenti contro il regime<ref>[[Francesco Barbagallo]], ''Francesco Saverio Nitti'', UTET, Torino, 1984, p.489.</ref>. Il 27 dicembre iniziò ad essere pubblicato su ''Il Mondo'' e poi su altri giornali il memoriale dello squadrista [[Cesare Rossi]], nel quale Mussolini veniva documentatamente indicato come mandante di un gran numero di atti di violenza politica prima del delitto Matteotti e, almeno implicitamente, anche di quest'ultimo. Ma nemmeno queste rivelazioni portarono il Re a dimettere Mussolini, il quale secondo la procedura avrebbe prima dovuto essere messo dal Parlamento in stato d'accusa.
 
[[File:Victor Emmanuel III-TIME-1925.jpg|thumb|Vittorio Emanuele III sulla copertina del [[Time]], [[1925]]]]
D'altronde grazie alla [[legge Acerbo|legge elettorale Acerbo]] ed ai brogli denunciati da Matteotti, i fascisti avevano, sia pur di sette seggi, la maggioranza parlamentare assoluta. Il mancato ricorso all'articolo 47 non testimoniava, quindi, l'innocenza di Mussolini ma piuttosto il suo controllo sul Parlamento stesso<ref>G. Candeloro, ''Storia dell'Italia moderna: Il Fascismo e le sue guerre'', Volume 9, p. 92.</ref>. Nei giorni successivi, durante il gennaio del 1925, furono chiusi 35 circoli politici di opposizione, sciolte 25 organizzazioni definite "sovversive", arrestati 111 oppositori ed eseguite 655 perquisizioni domiciliari<ref name="ortoleva">P. Ortoleva, M. Revelli, ''Storia dell'età contemporanea'', Milano 1993, p. 372.</ref>.
 
Nel novembre [[1925]] il Re firmò le cosiddette [[Leggi fascistissime]] con cui furono sciolti tutti i partiti politici (tranne il PNF) e instaurata la censura sulla stampa. Con la legge del 24 dicembre 1925 venne modificato lo [[Statuto Albertino]]<ref name=ortoleva/>, attribuendo al Capo del Governo, responsabile solo di fronte al Re, la nomina e revoca dei ministri; nel 1926 il Re autorizzò la nascita del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, che sottraeva alla magistratura ordinaria tutti i reati politici, e la formazione della polizia politica segreta ([[OVRA]]). Venne istituito il confino di polizia per gli oppositori. I successivi rapporti con il Duce furono caratterizzati da burrascose scenate private, nelle quali il Re difendeva le proprie prerogative, preoccupato di salvaguardare una legalità formale e rigorosi silenzi pubblici.
 
=== Apice del consenso al regime fascista ===
[[File:Visita del RE a Bengasi.JPG|thumb|Visita di Vittorio Emanuele III a [[Bengasi]], maggio [[1938]]]]
Al termine della vittoriosa [[guerra d'Etiopia]] le truppe italiane entrarono in [[Addis Abeba]] il 5 maggio [[1936]] e il 9 successivo Vittorio Emanuele III assunse il [[imperatore|titolo imperiale]]. L'[[Impero etiope]] insieme alle altre [[colonialismo italiano|colonie italiane]] ([[Eritrea]] e [[Somalia]]) furono unite nell'[[Africa Orientale Italiana]]. La conquista dell'[[Etiopia]] e del titolo imperiale furono progressivamente riconosciuti dalla maggior parte dei membri della comunità internazionale, tra cui l'[[Inghilterra]] e la [[Francia, con l'eccezione di [[Stati Uniti]] e [[Russia]], nonostante l'[[negus|imperatore etiopico]] in esilio [[Hailé Selassié]] avesse denunciato presso la [[Società delle Nazioni]] le gravi violazioni della [[Convenzione di Ginevra]] perpetrate dalle truppe italiane (luglio [[1936]]).
 
Nel [[1938]], all'apice del consenso popolare del regime, che aveva ottenuto la firma del [[Manifesto della razza]] da parte di grandi esponenti della cultura italiana tra cui il futuro [[Costituzione della Repubblica Italiana|padre costituente]] [[Amintore Fanfani]], il Re firmò le [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]] del governo fascista, che introdussero discriminazioni nei confronti degli [[ebraismo|Ebrei]]. Di formazione liberale, Vittorio Emanuele avversò, sia pur non pubblicamente, queste disposizioni che cancellavano uno dei più notevoli apporti di [[Casa Savoia]] al [[Risorgimento|Risorgimento Italiano]], il principio di non discriminazione e di parità di trattamento dei sudditi indipendentemente dal culto professato stabilito nel [[1848]].
 
[[File:M 78 10 personnalités italiennes.jpg|thumb|Le principali personalità italiane nel primo [[Novecento]]]]
In effetti, l'attuazione delle leggi razziali fu alla base di un ulteriore inasprimento dei rapporti tra la Corona e il [[Duce]], sempre più stanco degli ostacoli frapposti dalla prima (rimasta l'unico serio freno-opposizione insieme alla [[Chiesa cattolica]]) e intenzionato a cogliere il momento opportuno per instaurare un [[repubblica|regime repubblicano]]<ref>In particolare si veda [[Galeazzo Ciano]], ''Diario 1937-1943'', BUR, giorno 28 novembre [[1938]]: "Trovo il Duce indignato col Re. Per tre volte, durante il colloquio di stamane, il Re ha detto al Duce che prova un'infinita pietà per gli ebrei [...] Il Duce ha detto che in Italia vi sono 20000 persone con la schiena debole che si commuovono sulla sorte degli ebrei. il Re ha detto che è tra quelli. Poi il Re ha parlato anche contro la Germania per la creazione della 4 divisione alpina. Il Duce era molto violento nelle espressioni contro la Monarchia. Medita sempre più il cambiamento di sistema. Forse non è ancora il momento. Vi sarebbero reazioni".</ref>.
 
Nell'aprile del [[1939]] venne conquistata l'[[Albania]], della quale Vittorio Emanuele III, pur scettico sull'opportunità dell'impresa, fu proclamato re.
 
====Rapporti con il Fascismo ====
[[File:Hitler a Roma.jpg|thumb|upright=2.2|Visita ufficiale di [[Hitler]] a [[Roma]] nel [[1938]]; sul palco in prima fila da sinistra: [[Benito Mussolini]], [[Adolf Hitler]], Vittorio Emanuele III d'Italia, [[Elena del Montenegro]]; in seconda fila, da sinistra: [[Joachim von Ribbentrop]], [[Joseph Goebbels]], [[Rudolf Hess]], [[Heinrich Himmler]]]]
{{Citazione|C'è voluta la mia pazienza, con questa Monarchia rimorchiata. Non ha mai fatto un gesto impegnativo verso il regime. Aspetto ancora perché il Re ha 70 anni e spero che la natura mi aiuti, e quando alla firma del Re, si sostituirà quella meno rispettabile del principe potremo agire.|Mussolini a [[Galeazzo Ciano|Ciano]], ''Diario di Ciano, 1937-1943'', 17 luglio [[1938]]}}
I rapporti tra Vittorio Emanuele III e Mussolini non andarono mai al di là dei rapporti formali tra capo di Stato e capo del Governo. Il Re, di formazione liberale, durante tutto il periodo fascista non mancò di ricordare positivamente a Mussolini e ai suoi collaboratori l'esperienza dello Stato liberale<ref>[[Galeazzo Ciano]], ''Diario 1937-1943'', BUR.</ref>.
Vittorio Emanuele non celò le sue idee profondamente anti-tedesche in generale, e anti-naziste in particolare, idee che si rafforzarono durante la visita di Stato di [[Hitler]] a [[Roma]] nel maggio [[1938]]. D'altra parte l'ostilità tra Hitler e Vittorio Emanuele III era reciproca e più volte il dittatore austriaco naturalizzato tedesco e i suoi collaboratori suggerirono a [[Benito Mussolini]] di sbarazzarsi della Monarchia.<ref>[[Galeazzo Ciano]], ''Diario 1937-1943'', BUR, primi giorni di maggio 1938.</ref>
 
Il [[duce]] del [[Fascismo]] già da tempo meditava l'abolizione dell'istituto monarchico, in modo da ritagliarsi maggiore spazio d'azione, ma rinviò più volte la decisione a causa dell'ampio sostegno popolare alla monarchia<ref>In particolare, Mussolini credette di potersi occupare dell'abolizione della Monarchia una volta terminata la [[Guerra di Spagna]], cfr. [[Galeazzo Ciano]], ''Diario 1937-1943'', BUR, 18 giugno 1938.</ref>.
 
Il Re si mostrò particolarmente ostile alle innovazioni istituzionali del regime, all'introduzione di nuove onorificenze e cerimonie che contribuivano a rafforzare il peso del capo del Governo, ai progetti di "modifica dei costumi italiani", come l'introduzione del [[saluto fascista]], la questione del lei e, maggiormente, la questione razziale<ref>Si veda ad esempio [[Galeazzo Ciano]], ''Diario 1937-1943'', BUR, 17 luglio 1938.</ref>. Questa opposizione, sia pur non espressa pubblicamente, esasperò le relazioni con Mussolini e gli ambienti più radicali del partito fascista, fedeli al programma originario del partito e sostenitori della scelta repubblicana del regime.
 
[[File:Rank insignia of primo maresciallo dell'impero of the Italian Army (1940).png|thumb|Distintivo di grado per paramano di [[Primo Maresciallo dell'Impero]] del [[Regio Esercito Italiano]]]]
Mussolini scrisse che il sovrano aveva cominciato a odiarlo fin dalla legge di costituzionalizzazione del [[Gran consiglio del fascismo]] (9 dicembre [[1928]]), ma ritenne che la vera causa di frattura fu il titolo di [[Primo Maresciallo dell'Impero]], approvato per acclamazione dalla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera]] il 30 marzo [[1938]] (sotto l'impulso di Starace, Costanzo e [[Galeazzo Ciano]] e certo non all'insaputa del duce) e conferito sia al Presidente del Consiglio che al Re (secondo [[Luigi Federzoni|Federzoni]], allora Presidente del Senato "''non si poteva non usare un riguardo, del resto puramente formale, al Re''"<ref>L.Federzoni, ''Italia di ieri per la storia di domani'', Milano 1967, p. 167.</ref>): in un incontro privato, riferito dallo stesso Mussolini, Vittorio Emanuele III, pallido di collera, gli disse che avrebbe preferito abdicare piuttosto che subire quell'affronto<ref>Questi episodi sono riportati in R.De Felice, ''Mussolini il Duce Vol. 2 - Lo stato totalitario (1936 - 1940)'', Einaudi 1996, ISBN 978-88-06-19568-7.</ref>.
 
Il 28 dicembre [[1939]], l'incontro di Vittorio Emanuele III e [[papa Pio XII]], la prima di un pontefice al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] dopo la [[presa di Roma]], fu letto come un tentativo in favore della pace in [[Europa]].
 
=== Seconda guerra mondiale ===
[[File:Vittorio Emanuele III 1936.jpg|thumb|upright=0.8|left|Vittorio Emanuele III in divisa militare nel [[1936]].]]
A seguito dell'avvicinamento tra [[Italia fascista]] e [[Germania nazista]], simboleggiato dalla nascita dell'[[Asse Roma-Berlino]] dell'ottobre [[1936]] e della firma del [[Patto d'Acciaio]] del 22 maggio [[1939]], il 10 giugno [[1940]] [[Benito Mussolini]] dichiarò guerra a [[Francia]] e [[Gran Bretagna]], schierandosi a fianco dei tedeschi nella [[seconda guerra mondiale]]. Il Re aveva inizialmente espresso il proprio parere contrario alla guerra sia perché conscio dell'impreparazione militare italiana, sia perché da sempre filo-britannico e avverso alle politiche della Germania nazista. Nei mesi precedenti, Vittorio Emanuele III, tramite il ministro della Real Casa [[Pietro d'Acquarone|Acquarone]], aveva messo in atto un tentativo di rovesciare Mussolini; la legalità formale sarebbe stata salvaguardata ottenendo un voto di sfiducia dal [[Gran consiglio del fascismo]] e [[Galeazzo Ciano|Ciano]], che rifiutò, sarebbe stato chiamato a guidare il nuovo governo<ref>[http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo8a.htm 1940, quando il re progettò il golpe contro Mussolini].</ref>. Lo schema sarebbe stato ripreso tre anni dopo a guerra ormai persa.
 
[[File:Vittorio Emanuele III e nipote.JPG|thumb|Vittorio Emanuele III e il nipote [[Vittorio Emanuele di Savoia]]]]
Dopo qualche effimero successo in [[Egitto]] e nell'Africa orientale, i disastri che sopravvennero fra l'autunno [[1940]] e la primavera [[1941]] (fallito [[Campagna italiana di Grecia|attacco]] alla [[Grecia]], sconfitte navali di [[notte di Taranto|Taranto]] e [[battaglia di Capo Matapan|Capo Matapan]], perdita di gran parte dei territori italiani in [[Libia italiana|Libia]], perdita totale dei possedimenti in [[Africa Orientale Italiana|Africa orientale]]) rivelarono la debolezza delle forze italiane, che dovettero essere tratte d'impaccio dall'alleato tedesco sia nei [[Balcani]] (primavera [[1941]]) che in [[Africa]] settentrionale.
 
Vittorio Emanuele, sfuggito ad un attentato durante una visita in [[Albania]] nel [[1941]], osservò con sempre maggior preoccupazione l'evolversi della situazione militare ed il progressivo asservimento delle forze italiane agli interessi tedeschi, cui egli era inviso. La sconfitta nella [[seconda battaglia di El Alamein]] del 4 novembre [[1942]] portò nel giro di pochi mesi all'abbandono totale dell'Africa e poi all'invasione alleata della [[Sicilia]] ([[Sbarco in Sicilia]], iniziata il 9 luglio [[1943]]) e all'inizio di sistematici bombardamenti alleati sulle città italiane.
 
=== Caduta del Fascismo ===
{{vedi anche|Ordine del giorno Grandi}}
[[File:Bombardamento di Roma.gif|thumb|Il [[bombardamento di Roma]] in una foto dell'epoca]]
Queste nuove sconfitte spinsero il [[Gran consiglio del fascismo]] a votare contro il supporto alla politica di [[Mussolini]] (25 luglio [[1943]]). Lo stesso giorno, Vittorio Emanuele dimissionò Mussolini, che, posto sotto custodia<ref>"Fall of a Dictator." Economist [London, England] 31 July 1943: 129+. The Economist Historical Archive, 1843-2012.</ref>, riconobbe la sua lealtà al Re e al nuovo governo Badoglio. Già da giugno Vittorio Emanuele aveva intensificato i suoi contatti con esponenti dell'antifascismo, direttamente o mediante il ministro della Real Casa d'Acquarone. Il 22 luglio, all'indomani del vertice di Feltre tra Mussolini e Hitler e dopo il primo [[bombardamento di Roma]], il sovrano aveva discusso con Mussolini della necessità di uscire dal conflitto lasciando soli i tedeschi e dell'evenienza di un avvicendamento alla presidenza del Consiglio<ref>Pietro Ciabattini, Il Duce, il Re e il loro 25 luglio, Bologna, Lo Scarabeo, 2005.</ref>. La Regina Elena lasciò scritto nelle sue memorie un resoconto dell'incontro che precedette l'arresto di Mussolini e la sua reazione successiva:
 
"''Eravamo in giardino. A me non aveva ancora detto nulla. Quando un emozionato Acquarone ci raggiunse, e disse a mio marito «Il generale dei carabinieri desidera, prima dell’arresto di Mussolini, l’autorizzazione di Vostra [[Maestà]]». Io restai di sasso. Mi venne, poi da tremare quando sentii mio marito rispondere «Va bene. Qualcuno devi prendersi la responsabilità. Me l’assumo io». Poi salì la scalinata con il generale. Attraversavo l’atrio quando Mussolini arrivò. Andò incontro a mio marito. E mio marito gli disse «Caro Duce, l’Italia va in tocchi…», Non lo aveva mai chiamato così, ma sempre “eccellenza”. Io nel frattempo salii al piano superiore, mentre la mia dama di compagnia, la Jaccarino attardandosi nella saletta era rimasta giù e ormai non poteva più muoversi. Più tardi mi riferì tutto. Mi narrò che mio marito aveva perso le staffe e si era messo a urlare contro [[Mussolini]], infine gli comunicò che lo destituiva e che a suo posto metteva [[Pietro Badoglio]]. Quando poi la Jaccarino mi raggiunse, dalla finestra di una sala, vedemmo mio marito tranquillo e sereno, che accompagnava sulla scalinata della villa, Mussolini, Il colloquio era durato meno di venti minuti. Mussolini appariva invecchiato di vent’anni. Mio marito gli strinse la mano. L’altro mosse qualche passo nel giardino, ma fu fermato da un ufficiale dei carabinieri seguito da soldati armati. Il dramma si era compiuto. Mi sentivo ribollire. Per poco non sbattei contro mio marito, che rientrava. «È fatta» disse piano, lui. «Se dovevate farlo arrestare» gli gridai a piena voce, indignata «..questo doveva avvenire fuori casa nostra. Quel che avete fatto non è un gesto da sovrano…». Lui ripeté «Ormai è fatta» e cercò di prendermi sotto braccio, ma io mi allontanai di scatto da lui, «Non posso accettare un fatto del genere» dissi «mio padre non lo avrebbe mai fatto”»poi andai a rinchiudermi nella mia camera''“
 
[[File:Pietro Badoglio.jpg|thumb|[[Pietro Badoglio]]]]
Il nuovo [[Governo Badoglio I|Governo Badoglio]] ereditò il gravoso compito di elaborare una strategia di uscita dal conflitto e di garantire l'ordine pubblico all'interno del Paese. Le condizioni interne non rendevano realmente possibile la continuazione della guerra a fianco dell'alleato tedesco: urgeva quindi siglare un armistizio con le potenze alleate ed evitare che l'esercito tedesco, che a seguito degli accordi presi con il precedente Governo stava rafforzando la sua presenza nella Penisola, riversasse la sua potenza contro le truppe e la popolazione italiana. Il Governo annunciò quindi la continuazione della guerra, ma intavolò negoziati con gli Alleati.
 
=== Armistizio ===
{{vedi anche|Armistizio di Cassibile|Fuga di Vittorio Emanuele III}}
[[File:Proclama di Vittorio Emanuele ai marinai d'Italia (25 settembre 1943).jpg|thumb|[[Proclama del Re]] ai marinai d'Italia dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] (25 settembre [[1943]]).]]
Il 3 settembre fu firmato a [[Cassibile]] l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] con gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]], che lo resero noto l'8 settembre contrariamente a quanto calcolato dal Governo Badoglio<ref>[http://www.romacivica.net/anpiroma/Resistenza/8_settembre1.htm Lettera di Badoglio all'ambasciatore italiano in Spagna] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080704205802/http://www.romacivica.net/anpiroma/resistenza/8_settembre1.htm |data=4 luglio 2008 }}.</ref>.
 
In effetti, l'annuncio dell'armistizio l'8 settembre colse di sorpresa il Re che aveva convocato al [[Quirinale]] [[Pietro Badoglio]], il ministro [[Raffaele Guariglia|Guariglia]], i generali [[Vittorio Ambrosio|Ambrosio]], [[Mario Roatta|Roatta]], [[Giacomo Carboni|Carboni]], Sandalli e Zanussi, l'ammiraglio [[Raffaele De Courten|De Courten]], il maggiore Marchesi, il duca [[Pietro d'Acquarone|Acquarone]] e [[Paolo Puntoni|Puntoni]], aiutante di campo del Re. Alla riunione Carboni e De Courten proposero di sconfessare l'armistizio e conseguentemente l'operato di Badoglio e di continuare la guerra a fianco dei tedeschi. La proposta, appoggiata inizialmente dalla maggioranza dei convenuti, dopo essere stata definita irrealistica da Marchesi, venne respinta da Vittorio Emanuele e Badoglio comunicò l'armistizio ormai reso pubblico dagli Alleati<ref>[[Elena Aga Rossi]], ''Una Nazione allo sbando. L'armistizio italiano del settembre 1943'', Il Mulino, Bologna, 1993, pp. 113-118.</ref>.
 
L'esercito, lasciato senza un chiaro piano d'azione in risposta ad un'offensiva dell'ex alleato tedesco, si trovò disorientato ad affrontare i colpi delle numerose unità tedesche che erano state inviate in Italia all'indomani della caduta di Mussolini. In effetti, Badoglio, che riteneva che ai tedeschi, come avrebbe voluto [[Erwin Rommel|Rommel]], sarebbe convenuto ritirarsi dall'Italia, comunicò che le truppe italiane non dovessero prendere l'iniziativa di attacchi contro l'ex alleato, ma limitarsi a rispondere.
 
[[File:Il Castello Ducale di Crecchio.jpg|thumb|Il [[Castello ducale di Crecchio]] ([[provincia di Chieti]]), dove Vittorio Emanuele si rifugiò assieme al [[Maresciallo Badoglio]] in direzione di [[Ortona]] per [[Brindisi]]]]
La notte tra l'8 e il 9 settembre il Re, dopo un'iniziale esitazione e convinto da Badoglio della necessità che non cadesse nelle mani tedesche<ref>Lucio Lami, ''Il Re di maggio'', Ares, pp. 204-205. In particolare, Lami riporta le parole del Re in risposta a Badoglio: «Sono vecchio, anche se mi prendono cosa volete che mi facciano?». Ma in precedenza Vittorio Emanuele si era espresso diversamente: «Non voglio correre il rischio di fare la fine del [[Leopoldo III del Belgio|re dei Belgi]]. [...] Non ho alcuna intenzione di cadere nelle mani di [[Hitler]] e di diventare una marionetta di cui il Führer possa muovere i fili a seconda dei suoi capricci». Badoglio scrive: «Una questione per me d'importanza capitale s'impadronì del mio spirito: quella cioè di mantenere ad ogni costo uno stretto e continuo contatto con gli Alleati in modo che l'armistizio, firmato d'ordine mio dal generale Castellano, rimanesse sempre operante. – Tale rimanendo l'armistizio, l'[[Italia]] sarebbe stata trattata non più come nazione nemica, ma come nazione che aveva solennemente dichiarato e firmato di far subito causa comune con gli anglo-americani. – Ora, se il Governo fosse rimasto a Roma, la sua cattura sarebbe stata inevitabile ed i tedeschi si sarebbero affrettati a sostituirlo con un Governo fascista ed avrebbero subito provveduto ad annullare l'armistizio. – Bisognava ad ogni costo evitare questa disastrosa eventualità che avrebbe significato la completa rovina dell'Italia.
Che questa mia convinzione fosse esatta lo dimostrarono più tardi gli avvenimenti di [[Ungheria]]. In detto Paese l'ammiraglio [[Miklós Horthy|Horty]] avendo al mattino proclamato l'armistizio fu immediatamente arrestato dai tedeschi, ed obbligato nel pomeriggio a dichiarare nulla la precedente comunicazione e ad assicurare che l'Ungheria avrebbe continuata la guerra. – E tutti sanno le tremende conseguenze che tale dichiarazione ebbe per quel disgraziatissimo paese.», Pietro Badoglio, ''L'Italia nella Seconda guerra mondiale'', A. Mondadori, 1946, pp. 114-117.
.</ref>, [[Fuga di Vittorio Emanuele III|fuggì da Roma]] alla volta di [[Brindisi]], città libera dal controllo tedesco e non occupata dagli anglo-americani, arrivando in mattinata del 9 settembre nel borgo abruzzese di [[Crecchio]] (CH) a pochi chilometri da Ortona, ospite al [[Castello ducale De Riseis]] della famiglia di [[Bovino]]. Lo Stato Maggiore invece ripiegò a [[Chieti]], a una trentina di chilometri distante da [[Crecchio]], presso il Palazzo Mezzanotte. Trascorsa una giornata al castello, godendo di tutti i favori disponibili alla sua persona, Vittorio Emanuele proseguì la fuga imbarcandosi ad [[Ortona]] sulla Corvetta "Baionetta". Alla difesa di Roma, dichiarata [[città aperta]], il Re lasciò il genero, il generale [[Giorgio Carlo Calvi di Bergolo]], comandante del Corpo d'armata della città. Tuttavia, il maresciallo Badoglio, che probabilmente credeva ancora di poter raggiungere un qualche accordo con la Germania, non diede l'ordine di applicare il piano militare ("[[Memoria 44]]") elaborato dall'Alto comando per affrontare un eventuale cambio di fronte<ref>Lucio Lami, ''Il Re di maggio'', Ares, pp. 201-205.</ref>. Seguirono dure rappresaglie tedesche contro l'esercito italiano; la più nota è l'[[eccidio di Cefalonia]].
 
[[Coat of Arms of the Italian Social Republic (alternate).svg|thumb|[[Stemma della Repubblica Sociale Italiana|Stemma]] della [[Repubblica Sociale Italiana]]
Il 12 settembre [[1943]] i tedeschi liberarono Mussolini, nel corso di una operazione militare. [[Mussolini]] il 25 settembre successivo proclamò la nascita della [[Repubblica Sociale Italiana]] a [[Salò]], dividendo anche di fatto in due parti l'[[Italia]]. Questa situazione terminò il 25 aprile [[1945]], quando un'offensiva alleata e del ricostituito [[Regio Esercito]] insieme all'insurrezione generale proclamata dal [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]] portarono le truppe dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] alla resa.
 
=== "Regno del Sud" ===
{{vedi anche|Regno del Sud}}
[[File:Re brindisi.jpg|thumb|Vittorio Emanuele III a Brindisi passa in rassegna una formazione del [[Regio Esercito]]]]
[[Fuga di Vittorio Emanuele III|La fuga del Re e dei ministri militari a Brindisi]] lasciò l'intero esercito italiano dislocato in patria e su tutti i fronti di guerra senza ordini al completo sbando, permettendo all'esercito tedesco di attuare senza problemi l'[[operazione Achse]] e sancendo la più grave disfatta dell'[[Regio Esercito|esercito italiano]] che nell'arco di 10 giorni subì 20.000 perdite e oltre 800.000 prigionieri.
 
Secondo alcune teorie monarchiche tuttavia la fuga permise la continuità formale dello stato soprattutto agli occhi degli Alleati.
 
In questo modo gli Alleati vedevano garantita la validità dell'armistizio mentre la presenza di un governo legittimo evitava all'Italia l'instaurazione di un duro regime di occupazione, almeno nelle zone meridionali<ref>Aurelio Lepre, ''La storia del Novecento'', Zanichelli, 1999, p. 1036; Enciclopedia Treccani, Appendici 1938-48, vol. II, p. 1122.</ref>. A Brindisi venne fissata la sede del governo: assicuratosi il riconoscimento anglo-americano, Vittorio Emanuele dichiarò formalmente guerra al Terzo Reich il 13 ottobre e gli Alleati accordarono all'Italia lo status di «nazione cobelligerante».
 
Nel frattempo si procedette alla riorganizzazione dell'esercito: il Re dovette affrontare la fronda dei ricostituiti partiti politici, allora ancora dei comitati di notabili, in particolare di quelli riuniti nel CLN di Roma presieduto da [[Ivanoe Bonomi|Bonomi]]. Anche da parte di notabili rimasti leali alla Corona, tra cui [[Benedetto Croce]] in un acceso discorso al [[Congresso di Bari]], furono sollevate richieste di abdicazione del sovrano.
 
[[File:Insediamento governo Badoglio a Salerno (1944).jpg|thumb|left|L'insediamento del [[Governo Badoglio II|secondo governo Badoglio]] a [[Salerno]] nell'aprile 1944.]]
Ma Vittorio Emanuele non cedette neppure dinanzi alle forti pressioni esercitate dagli angloamericani, intendendo così difendere il principio monarchico e dinastico che lui stesso rappresentava e, al contempo, tentando di riaffermare almeno formalmente l'indipendenza dello Stato dalle ingerenze esterne, sebbene vada notato che diverse clausole del cosiddetto "[[armistizio lungo]]", di carattere essenzialmente politico, facevano gravare una pesantissima ipoteca sull'indipendenza dello Stato al cospetto delle [[Nazioni Unite]] che lo avevano costretto ad una resa senza condizioni.
 
Il 12 aprile [[1944]] un radiomessaggio diffondeva infine la decisione del Sovrano di nominare il figlio [[Umberto II di Savoia|Umberto]] luogotenente a liberazione della Capitale avvenuta. La soluzione della Luogotenenza, istituto cui già [[Casa Savoia]] era ricorsa più volte in passato, venne caldeggiata dal monarchico [[Enrico De Nicola]] in un suo incontro con il Capo dello Stato<ref>"Dopo avere incontrato il Sovrano, in un drammatico colloquio che avvenne al Qui- rinale nel febbraio del 1944 – presenti la Regina ed il Ministro della Real Casa – per prospettargli la proposta così congegnata, cui avevano previamente acconsentito i generali anglo – americani ed i rappresentanti delle forze antifasciste, De Nicola con estremo garbo attese che la risposta gli venisse recapitata all’indomani, nella sua abitazione privata": Tito Lucrezio Rizzo, ''Parla il Capo dello Stato'', Gangemi, 2012, p. 17.</ref>. Il 5 giugno [[1944]] affidò al sopracitato Umberto la Luogotenenza del Regno, senza però abdicare.
 
All'inizio del 1944, [[Benedetto Croce]] affermò: "Fin tanto che rimane a capo dello Stato la persona del presente re, noi sentiamo che il fascismo non è finito, che esso ci rimane attaccato addosso, che continua a corroderci ed infiacchirci, che riemergerà più o meno camuffato".<ref>[https://books.google.it/books?id=Wg-dBgAAQBAJ&pg=PT360&lpg=PT360&dq=benedetto+croce+%22fascismo%22+%22addosso%22&source=bl&ots=8j9QGuyBq7&sig=rM6XS3hVTcEO4t-1mc5vjptU3HU&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiN3-aomIvKAhVCkg8KHcgyCwkQ6AEIQTAG#v=onepage&q=benedetto%20croce%20%22fascismo%22%20%22addosso%22&f=false Vittorio Emanuele III].</ref> Nel 1945, [[Arturo Toscanini]] dichiarò a ''Time'' "Sono fiero di tornare quale cittadino della libera Italia, ma non quale suddito del re degenerato e del principe di casa Savoia."<ref>{{Cita libro
|titolo = Arturo Toscanini
|autore = Andrea Della Corte
|url = https://books.google.it/books?id=UveVeFi02igC&dq=%22toscanini%22+%22re+degenerato%22&hl=it&source=gbs_navlinks_s
|editore = Edizioni Mediterranee
|città =
|anno = 1981
|volume = 6
|opera = Collezione Biblioteca
|p = 292
|cid =
}}</ref>
 
=== Ultimi anni e morte ===
[[File:Adolfo wildt, re vittorio emanuele II, 1930 (mi, gam) 01.jpg|thumb|Busto di Re Vittorio Emanuele III di [[Adolfo Wildt]]]]
Vittorio Emanuele, in un estremo ma tardivo tentativo di salvare la monarchia, abdicò a [[Napoli]] in favore del figlio [[Umberto II di Savoia]] il 9 maggio [[1946]], circa un mese prima del [[Nascita della Repubblica Italiana|referendum istituzionale]] del 2 giugno; l'autenticazione della firma del re, anziché dal Presidente del Consiglio, fu fatta da un notaio ([[Nicola Angrisano]] del collegio notarile di Napoli)<ref>L'atto di abdicazione di Vittorio Emanuele III è riprodotto sul sito della [https://marteau7927.wordpress.com/2014/05/09/abdicazione-di-vittorio-emanuele-iii-9-maggio-1946/ wordpress].</ref>.
 
[[File:Funerali di Vittorio Emanuele III.jpg|thumb|Infunerali di Vittorio Emanuele III ad [[Alessandria d'Egitto]]]]
Vittorio Emanuele III morì il 28 dicembre [[1947]] ad [[Alessandria d'Egitto]] dove, con il titolo di «[[Conte di Pollenzo]]», si era ritirato in esilio prima della consultazione referendaria; si spense quindi il giorno dopo la firma della [[Costituzione italiana]] che, con la XIII disposizione finale, avrebbe visto lo Stato avocare a sé i beni in [[Italia]] degli ex re di [[Casa Savoia]] e delle loro consorti<ref>[http://www.nascitacostituzione.it/04finali/13/index.htm?disp13-008.htm&2 La nascita della Costituzione].</ref>. La morte di Vittorio Emanuele III in una casetta della campagna egiziana fu dovuta - come accertarono i medici - a una congestione polmonare degenerata in trombosi. L'ex sovrano ne soffriva ormai da 5 giorni allorché, il 28, giunse la morte; il monarca spirò alle 14.20, dopo essersi sentito male un'ultima volta alle 4.30 del mattino (era sempre stato mattiniero).
 
Le ultime parole dell'ex re furono: "Quanto durerà ancora? Avrei delle cose importanti da sbrigare", frase che egli rivolse al medico accorso al suo capezzale dopo il sopraggiungere di una paralisi. Qualche giorno prima, e precisamente il 23, Vittorio Emanuele III aveva invece detto: "Viviamo proprio in un bel porco mondo"; tali parole furono rivolte al proprio [[aiutante di campo]], il [[colonnello]] [[Torella di Romagnano]], e si riferivano al fatto che Vittorio Emanuele aveva notato che nella corrispondenza giunta dall'Italia per le festività natalizie brillavano per la loro assenza alcune missive di personalità da cui, evidentemente, si aspettava gli omaggi.
 
[[File:Tomba di Vittorio Emanuele III al Santuario di Vicoforte nella cappella di San Bernardo .jpg|miniatura|Tomba di Vittorio Emanuele III al [[santuario di Vicoforte]]. ]]
La scomparsa di Vittorio Emanuele III limitò ogni avocazione al solo Umberto II<ref>[http://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/01/01_cap02_sch01.htm Servizio studi Camera, Leggi costituzionali – Casa Savoia (XIII disp. trans. fin.)].</ref>. Il [[re d'Egitto]] [[Fārūq I d'Egitto|Faruq]] dispose che il defunto avesse funerali di carattere militare (col feretro cioè disposto su un affusto di cannone e scortato da un'adeguata rappresentanza delle [[forze armate egiziane]]); la salma di Vittorio Emanuele III - salutata durante l'esequie da 101 colpi di cannone - fu tumulata nella [[Cattedrale di Santa Caterina (Alessandria d'Egitto)|cattedrale cattolica latina]] di [[Alessandria d'Egitto]]<ref>{{Cita news|autore=[[Giuseppe Josca]]|titolo=Quella tomba dimenticata di Vittorio Emanuele III|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/febbraio/03/Quella_tomba_dimenticata_Vittorio_Emanuele_co_0_0102031538.shtml|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=3 febbraio 2001}}</ref><ref>{{Cita news|autore=[[Sergio Romano]]|titolo=Vittorio Emanuele III dimenticato in Egitto|url=http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_Settembre_01/-VITTORIO-EMANUELE-III-DIMENTICATO-IN-EGITTO_81f51d30-12d0-11e3-b29f-7fb8749168ea.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131203030030/http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_Settembre_01/-VITTORIO-EMANUELE-III-DIMENTICATO-IN-EGITTO_81f51d30-12d0-11e3-b29f-7fb8749168ea.shtml|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=3 febbraio 2001|urlmorto=sì|dataarchivio=3 dicembre 2013}}</ref><ref>{{Cita news|autore=[[Sergio Romano]]|titolo=Vittorio Emanuele III dimenticato in Egitto| url=http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_Settembre_01/-VITTORIO-EMANUELE-III-DIMENTICATO-IN-EGITTO_81f51d30-12d0-11e3-b29f-7fb8749168ea.shtml|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=1º settembre 2013}}</ref>. D'altronde, per desiderio dell'estinto, sulla bara non furono deposti fiori; infatti, a chi volle onorarne la memoria, fu consigliato di seguire il suggerimento della [[Elena del Montenegro|regina Elena]], ovvero di beneficare la [[Italo-egiziani|comunità italiana in Alessandria d'Egitto]].<ref>{{Cita news|url=http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/12/16/news/tornera_in_piemonte_la_salma_dell_ex_re_d_italia_vittorio_emanuele_terzo-184293798/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1|titolo=Tornerà in Piemonte la salma dell'ex re d'Italia Vittorio Emanuele terzo|pubblicazione=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=16 dicembre 2017|accesso=16 dicembre 2017}}</ref> Il 17 dicembre [[2017]], quasi in concomitanza con il settantesimo anniversario della morte, la salma di Vittorio Emanuele III è stata ufficialmente rimpatriata a bordo di un aereo dell'[[Aeronautica Militare Italiana]] e tumulata nella cappella di San Bernardo del [[santuario di Vicoforte]], a fianco della moglie [[Elena del Montenegro|Elena]], i cui resti vi erano stati traslati da [[Montpellier]] due giorni prima.<ref>{{Cita news|url=http://www.lastampa.it/2017/12/17/edizioni/cuneo/il-santuario-di-vicoforte-venne-fatto-costruire-come-mausoleo-dei-savoia-AckD0k9DX98c1ZPmjlRxaN/pagina.html|titolo=Vittorio Emanuele III tumulato a Vicoforte|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=17 dicembre 2017|accesso=17 dicembre 2017}}</ref>
 
Secondo lo storico americano del fascismo [[Peter Tompkins]], Vittorio Emanuele III sarebbe stato un “[[Massoneria in Italia|massone]] segreto della [[Gran Loggia d'Italia degli Alam|loggia di Piazza del Gesù]]”<ref>{{cita libro | cognome=Tompkins | nome=Peter |titolo= Dalle carte segrete del Duce. Momenti e protagonisti dell'Italia fascista nei National Archives di Washington | editore= Marco Tropea | città= Milano | anno= 2001}} pag. 69</ref>. Tuttavia questa diceria pare sia infondata e attribuibile piuttosto ad una fantasia giornalistica. Infatti l'idea secondo cui il Re sarebbe stato Massone sarebbe nata, oltre che per il conclamato [[anticlericalismo]] del Re (poiché all'epoca essere anticlericali era visto automaticamente come sinonimo di appartenenza alla Massoneria), a causa di un episodio durante il funerale di Re Umberto durante il quale Vittorio Emanuele, spazientito dalla predica dell'officiante avrebbe esclamato: «Quanto la tirano lunga, questi preti!». Da quella volta il Re fu etichettato come massone anche se non lo era.<ref name=":1" />
 
== Numismatica ==
[[File:Lire 5 anno 1927.jpg|thumb|5 [[lira|Lire]] del [[1927]] raffiguranti l'[[aquila imperiale]] (a sinistra) e Vittorio Emanuele III d'Italia]]
Fu studioso di numismatica e grande collezionista di monete. Nel 1900 acquistò dagli eredi la collezione [[Filippo Marignoli|Marignoli]] composta da circa 35.000 pezzi nei tre metalli<ref>[https://web.archive.org/web/20140610154134/http://www.bdnonline.numismaticadellostato.it/materiali/pdf/BdNonline_Materiali_1_2013.pdf Andrea Pucci,''Bollettino di numismatica on line'', Materiali 3, Marzo 2013] pp. 8 e 10.</ref>. Pubblicò il ''[[Corpus Nummorum Italicorum]]'' ([[1909]] - [[1943]]), opera in 20 volumi dove sono classificate e descritte le monete italiane. Lasciò l'opera, incompiuta, in dono allo Stato italiano. La sua attività di numismatico fu premiata nel 1904 con l'assegnazione della [[medaglia della Royal Numismatic Society]].
 
Volle una monetazione circolante ricca e varia, dando così vita a una vera e propria collezione tra le più belle e seguite. Fece coniare inoltre molte monete in numero limitato esclusivamente per i numismatici. Alla partenza per l'Egitto il 9 maggio 1946, il Re scrisse al presidente del consiglio [[Alcide De Gasperi]]: «''Signor presidente, lascio al popolo italiano la collezione di monete che è stata la più grande passione della mia vita''»<ref>L. Travaini, ''Storia di una passione. Vittorio Emanuele III e le monete'', Edizioni Quasar, 2005, retrocopertina.</ref>. Tale collezione è oggi parzialmente esposta nel piano seminterrato di [[Museo nazionale romano di Palazzo Massimo|Palazzo Massimo alle terme]] a Roma.
 
== Epiteti ==
[[File:San Remo023.jpg|thumb|Busti di Vittorio Emanuele III ed Elena nel cortile della chiesa russa ortodossa ([[chiesa di Cristo Salvatore]]) di [[Sanremo]]]]
Nel suo lungo regno, Vittorio Emanuele III ricevette dalla stampa, da eminenti uomini di cultura o da politici a seconda della corrente filomonarchica o antagonista a questa alcuni epiteti passati alla storia. Gli epiteti propagandistici celebrativi sono legati alla Grande guerra, alla sua assidua presenza al fronte, e alla sua "alta guida" delle operazioni belliche che portarono il Regno alla vittoria sul tradizionale nemico dell'Unità italiana: "Re soldato", "Re di Peschiera", "Re della Vittoria", o semplicemente "Re Vittorioso"<ref>Romano Bracalini, ''Vittorio Emanuele III: il re "Vittorioso"'', Mondadori, 1987.</ref>.
 
Di riflesso alla sua politica improntata a idee di pace e protezione sociale, fu dipinto come il "Re socialista", e, similmente, per il suo appoggio a Giolitti fu noto come il "Re borghese"<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/vittorio-emanuele-iii-re-d-italia_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/ Vittorio Emanuele III, re d'Italia], Enciclopedia dei ragazzi (2006).</ref>.
 
Dopo l'[[armistizio dell'8 settembre|8 settembre]] fu anche chiamato dai fascisti di [[Repubblica Sociale Italiana|Salò]] "Re Fellone", appellativo che rimase in una certa stampa<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/novembre/08/Vittorio_Emanuele_III_non_sempre_co_0_9711088017.shtml ''Vittorio Emanuele III, re non sempre fellone''], ''[[Corriere della Sera]]'', 8 novembre 1997.</ref>.
 
[[File:Sciaboletta.jpg|thumb|Re Sciaboletta in una caricatura dell'epoca]]
Alcune caratteristiche fisiche furono all'origine di altri nomignoli ideati negli ambienti antimonarchici o frutto di trovate goliardiche. Il Re venne soprannominato "Sciaboletta" a causa della bassa statura (1,53&nbsp;m), che avrebbe reso necessaria la forgiatura di una sciabola particolarmente corta, ad evitare che strisciasse sul terreno<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/12/30/tifosi-del-re-sciaboletta.html ''I tifosi del Re Sciaboletta''], ''[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]'', 30 dicembre 1997.</ref>. Sempre con riferimento alla statura, fu chiamato "Re Tappo"; Mussolini lo definì il "Re bloccardo"<ref>Da un discorso del 1910 citato in M.G. di Savoia e R. Bracalini, ''Diario di una Monarchia'', Mondadori, 2001, p. 74.</ref>.
 
Similmente, il [[Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta|Duca d'Aosta]], riferendosi a Vittorio Emanuele e alla regina Elena (di origine montenegrina), li definì "[[Battaglia di Curtatone e Montanara|Curtatone e Montanara]]", guadagnandosi l'allontanamento da Corte e una missione in Africa<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2003/marzo/12/saga_parallela_dei_duchi_Aosta_co_0_030312088.shtml Dal Corriere della Sera (12 marzo 2003): ''La saga parallela dei duchi d'Aosta, i cugini rivali''].</ref>.
 
== Albero genealogico e osservazioni genetiche ==
<div align="center">
{| class="wikitable"
|-
|-
| rowspan="16" align="center"| '''Vittorio Emanuele III di Savoia'''
| rowspan="8" align="center"| '''Padre:'''<br />[[Umberto I di Savoia]]
| rowspan="4" align="center"| '''Nonno paterno:'''<br />[[Vittorio Emanuele II di Savoia]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Carlo Alberto di Savoia]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna paterna:'''<br />[[Maria Teresa d'Asburgo-Toscana]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Ferdinando III di Toscana]].
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli]]
|-
| rowspan="4" align="center"| '''Nonna paterna:'''<br />[[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Leopoldo II d'Asburgo-Lorena]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Maria Ludovica di Borbone-Napoli]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna paterna:'''<br />[[Maria Elisabetta di Savoia-Carignano]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]]
|-
| rowspan="8" align="center"| '''Madre:'''<br />[[Margherita di Savoia]]
| rowspan="4" align="center"| '''Nonno materno:'''<br />[[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando di Savoia-Genova]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno materno:'''<br />[[Carlo Alberto di Savoia]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna materna:'''<br />[[Maria Teresa d'Asburgo-Toscana]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Ferdinando III di Toscana]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli]]
|-
| rowspan="4" align="center"| '''Nonna materna:'''<br />[[Elisabetta di Sassonia]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno materno:'''<br />[[Giovanni di Sassonia|Giovanni I Re di Sassonia]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Massimiliano di Sassonia|Massimiliano principe di Sassonia]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Carolina di Borbone-Parma]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna materna:'''<br />[[Amalia Augusta di Baviera]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Massimiliano I di Baviera]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Carolina di Baden]]
|}
</div>
 
L'albero genealogico di Vittorio Emanuele III ben evidenzia l'elevato livello di consanguineità dei matrimoni contratti nelle generazioni a lui precedenti: tre dei quattro nonni erano cugini di primo grado l'uno con l'altra, avendo tutti e tre per nonni la coppia formata da [[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]] e [[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]].
 
=== Ascendenza patrilineare ===
# [[Umberto I Biancamano|Umberto I]], [[conte di Savoia]], circa 980-1047
# [[Oddone di Savoia|Oddone]], conte di Savoia, 1023-1057
# [[Amedeo II di Savoia|Amedeo II]], conte di Savoia, 1046-1080
# [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II]], conte di Savoia, 1065-1103
# [[Amedeo III di Savoia|Amedeo III]], conte di Savoia, 1087-1148
# [[Umberto III di Savoia|Umberto III]], conte di Savoia, 1136-1189
# [[Tommaso I di Savoia|Tommaso I]], conte di Savoia, 1177-1233
# [[Tommaso II di Savoia|Tommaso II]], conte di Savoia, 1199-1259
# [[Amedeo V di Savoia|Amedeo V]], conte di Savoia, 1249-1323
# [[Aimone di Savoia (1291-1343)|Aimone]], conte di Savoia, 1291-1343
# [[Amedeo VI di Savoia|Amedeo VI]], conte di Savoia, 1334-1383
# [[Amedeo VII di Savoia|Amedeo VII]], conte di Savoia, 1360-1391
# [[Amedeo VIII di Savoia|Amedeo VIII]] (Antipapa Felice V), [[principe di Piemonte|duca di Savoia]], 1383-1451
# [[Ludovico di Savoia|Ludovico]], duca di Savoia, 1413-1465
# [[Filippo II di Savoia|Filippo II]], duca di Savoia, 1443-1497
# [[Carlo II di Savoia|Carlo II]], duca di Savoia, 1486-1553
# [[Emanuele Filiberto di Savoia|Emanuele Filiberto]], duca di Savoia, 1528-1580
# [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]], duca di Savoia, 1562-1630
# [[Tommaso Francesco di Savoia|Tommaso Francesco]], [[principe di Carignano]], 1596-1656
# [[Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano|Emanuele Filiberto]], principe di Carignano, 1628-1709
# [[Vittorio Amedeo I di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo I]], principe di Carignano, 1690-1741
# [[Luigi Vittorio di Savoia-Carignano|Luigi Vittorio]], principe di Carignano, 1721-1778
# [[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo II]], principe di Carignano, 1743-1780
# [[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano|Carlo Emanuele]], principe di Carignano, 1770-1800
# [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], [[re di Sardegna]], 1798-1849
# [[Vittorio Emanuele II]], [[re d'Italia]], 1820-1878
# [[Umberto I di Savoia|Umberto I]], re d'Italia, 1844-1900
# '''Vittorio Emanuele III''', re d'Italia, 1869-1947
 
== Titoli ==
Sua Maestà Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e per volontà della Nazione,
{{div col}}
* [[Re d'Italia]],
* [[Sovrani dell'Albania|Re d'Albania]],
* [[Imperatore d'Etiopia]],
* [[Re del Montenegro]],
* [[Primo Maresciallo dell'Impero]],
* [[Re di Sardegna]],
* [[Regno di Cipro|Re di Cipro]], di [[Re di Gerusalemme|Gerusalemme]] e di [[Sovrani della Cilicia armena|Armenia]],
* Duca di [[Ducato di Savoia|Savoia]],
* Principe di [[Carignano]],
* [[Principe di Piemonte]],
* Principe di [[Oneglia]],
* Principe di [[Poirino]],
* Principe di [[Trino]],
* [[Principe del Sacro Romano Impero|Principe e Vicario perpetuo]] del [[Sacro Romano Impero]],
* Principe di [[Carmagnola]],
* Principe di [[Montmélian]] con [[Arbin]] e [[Francin]],
* Principe [[Balivo|Balì]] del ducato di [[Aosta]],
* Principe di [[Chieri]],
* Principe di [[Dronero]],
* Principe di [[Crescentino]],
* Principe di Riva di [[Chieri]] e [[Banna]],
* Principe di [[Busca]],
* Principe di Bene,
* Principe di [[Bra]],
* [[Savoia-Genova|Duca di Genova]],
* Duca di [[Monferrato]],
* [[Savoia-Aosta|Duca d'Aosta]],
* Duca del [[Chiablese]],
* Duca del [[Canton Ginevra|Genevese]],
* Duca di [[Brescia]],
* Duca di [[Piacenza]],
* Duca di [[Carignano Ivoy]],
* [[Marca d'Ivrea|Marchese di Ivrea]],
* [[Marchese di Saluzzo]],
* Marchese di [[Susa (Italia)|Susa]] e di [[Ceva]],
* Marchese del [[Maro]],
* Marchese di [[Oristano]],
* Marchese di [[Cesana Torinese|Cesana]],
* Marchese di [[Savona]],
* Marchese di [[Tarantasia]],
* Marchese di [[Borgomanero]] e [[Cureggio]],
* Marchese di [[Caselle Torinese|Caselle]],
* Marchese di [[Rivoli]],
* Marchese di [[Pianezza]],
* Marchese di [[Govone]],
* Marchese di [[Salussola]],
* Marchese di [[Racconigi]], con [[Tegerone]], [[Migliabruna]] e [[Motturone]],
* Marchese di [[Cavallermaggiore]],
* Marchese di [[Marene]],
* Marchese di [[Modane]] e di [[Lanslebourg-Mont-Cenis|Lanslebourg]],
* Marchese di [[Livorno Ferraris]],
* Marchese di [[Santhià]],
* Marchese di [[Agliè]],
* Marchese di [[Centallo]] e [[Demonte]],
* Marchese di [[Desana]],
* Marchese di [[Ghemme]],
* Marchese di [[Vigone]],
* Marchese di [[Villafranca]],
* Conte di [[Moriana]],
* [[Conte di Ginevra]],
* Conte di [[Nizza]],
* Conte di [[Tenda (Francia)|Tenda]],
* Conte di [[Romont (Francia)|Romont]], [[contea di Asti (età moderna)|conte di Asti]],
* Conte di [[Alessandria]],
* Conte del [[Goceano]],
* Conte di [[Novara]],
* Conte di [[Tortona]],
* Conte di [[Bobbio]],
* Conte di [[Soissons]],
* Conte dell'[[Secondo Impero francese|Impero Francese]],
* Conte di [[Sant'Antioco (Italia)|Sant'Antioco]],
* [[Conte di Pollenzo]],
* Conte di [[Roccabruna (Francia)|Roccabruna]],
* Conte di [[Tricerro]],
* Conte di [[Bairo]],
* Conte di [[Ozegna]],
* Conte di [[Barge]],
* Conte delle [[Apertole]],
* Barone di [[Canton Vaud|Vaud]] e del [[Faucigny (Alta Savoia)|Faucigny]],
* Alto Signore di [[Principato di Monaco|Monaco]] e di [[Mentone]],
* Signore di [[Vercelli]],
* Signore di [[Pinerolo]],
* Signore della [[Lomellina]] e [[Valle Sesia]],
* Nobil Uomo e [[Patrizio Veneto]],
* Patrizio di [[Ferrara]],
* Custode della [[Sacra Sindone]].
{{div col end}}
 
== Onorificenze ==
=== Onorificenze italiane ===
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Most Holy Annunciation BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata
|collegamento_onorificenza = Ordine Supremo della Santissima Annunziata
|motivazione =
|data = 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere_di_gran_croce_OMS_BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine militare di Savoia
|collegamento_onorificenza = Ordine militare di Savoia
|data = 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere di gran Croce Regno SSML BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|data = 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere di Gran Croce OCI Kingdom BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine della Corona d'Italia
|collegamento_onorificenza = Ordine della Corona d'Italia
|motivazione =
|luogo = 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine Civile di Savoia BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine civile di Savoia
|collegamento_onorificenza = Ordine Civile di Savoia
|motivazione =
|luogo = 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = OrdineLavoro.png
|nome_onorificenza = Fondatore e unico Gran maestro dell'Ordine cavalleresco al merito agrario, industriale e commerciale
|collegamento_onorificenza = Ordine al merito del lavoro
|motivazione =
|luogo = 4 giugno [[1901]] - 8 maggio [[1921]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = OrdineLavoro.png
|nome_onorificenza = Fondatore e primo Gran maestro dell'Ordine al merito del Lavoro
|collegamento_onorificenza = Ordine al merito del lavoro
|motivazione =
|luogo = 8 maggio [[1921]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine coloniale della stella d'italia cavaliere gran croce.png
|nome_onorificenza = Fondatore e primo Gran maestro dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia
|collegamento_onorificenza = Ordine coloniale della Stella d'Italia
|motivazione =
|luogo = 18 gennaio [[1914]] - 9 maggio [[1946]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine della Besa - gran croce.png
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine della Besa (Regno d'Albania)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Besa
|motivazione =
|luogo = 16 aprile [[1940]] - 27 novembre [[1943]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine di Skanderbeg - gran croce.png
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine di Skanderbeg (Regno d'Albania)
|collegamento_onorificenza = Ordine di Skanderbeg
|motivazione =
|luogo = 16 aprile [[1940]] - 27 novembre [[1943]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere gran croce aquila romana vecchio.png
|nome_onorificenza = Fondatore e unico Gran maestro dell'Ordine civile e militare dell'Aquila romana (Regno d'Italia)
|collegamento_onorificenza = Ordine civile e militare dell'Aquila romana
|motivazione =
|luogo = 14 marzo [[1942]] - 3 gennaio [[1945]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Mauriziana_BAR.svg
|nome_onorificenza = Medaglia Mauriziana pel merito militare di dieci lustri per ufficiali generali
|collegamento_onorificenza = Medaglia Mauriziana
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine=MeritoMilitare.png
|nome_onorificenza=Croce al merito di guerra
|collegamento_onorificenza=Croce al merito di guerra
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
|immagine = 1GMx4.png
|nome_onorificenza = Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna)
|collegamento_onorificenza = Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18
|motivazione = con barrette "1915", "1916", "1917", "1918"
}}
{{Onorificenze
|immagine = Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia BAR.svg
|nome_onorificenza = Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia 1848-1918
|collegamento_onorificenza = Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia
|motivazione =
|data = 19 gennaio [[1922]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Vittoria.png
|nome_onorificenza = Medaglia commemorativa interalleata italiana della Vittoria (1918)
|collegamento_onorificenza = Medaglia interalleata della vittoria (Italia)
|motivazione =
|data = 16 dicembre [[1920]]
}}
 
=== Onorificenze straniere ===
{{Onorificenze
|immagine = Seraphimerorden ribbon.svg
|nome_onorificenza = Cavaliere del Reale Ordine dei Serafini (Svezia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Serafini
|motivazione =
|data = 15 aprile [[1888]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Garter UK ribbon.png
|nome_onorificenza = Cavaliere straniero del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera (K.G., Regno Unito)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Giarrettiera
|motivazione =
|data = 1891
}}
{{Onorificenze
|immagine = SMOM-gcs.svg
|nome_onorificenza = Balì Cavaliere di gran croce d'Onore e Devozione del [[Sovrano Militare Ordine di Malta]]
|data = 10 febbraio 1891
}}
{{Onorificenze
|immagine = Orderelefant_ribbon.png
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'Elefante
|motivazione =
|data = 23 settembre [[1891]]
}}
{{Onorificenze
|immagine = Royal Victorian Chain Ribbon.gif
|nome_onorificenza = decorato di Royal Victorian Chain (Regno Unito)
|collegamento_onorificenza = Royal Victorian Chain
|motivazione =
|data = 1903
}}
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Bath (ribbon).svg
|nome_onorificenza = Cavaliere di gran croce onorario dell'Onorevolissimo Ordine del Bagno, divisione militare (G.C.B. (hon. -mil.-), Regno Unito)
|collegamento_onorificenza = Ordine del Bagno
|motivazione =
|data = 1916
}}
{{Onorificenze
|immagine = FIN Order of the White Rose Grand Cross BAR.png
|nome_onorificenza = Commendatore di gran croce con collare dell'Ordine della Rosa Bianca di Finlandia (Finlandia)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Rosa Bianca
|motivazione =
|data = 1920
}}
{{Onorificenze
|immagine = TCH CS Vojensky Rad Bileho Lva 1st (1945) BAR.svg
|nome_onorificenza = Stella d'oro dell'Ordine militare del Leone bianco (Cecoslovacchia)
|collegamento_onorificenza = Ordine Militare del Leone Bianco
|motivazione =
|luogo = [[1925]]<ref>[http://www.vyznamenani.net/?p=1053 Vittorio Emanuele III].</ref>
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine Supremo del Cristo Rib.png
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine supremo di Cristo (Santa Sede)
|collegamento_onorificenza = Ordine supremo del Cristo
|data = 2 gennaio 1932
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordem-Yugo-Flechas.png
|nome_onorificenza = Gran Collare dell'Ordine imperiale del Giogo e delle Frecce (Spagna)
|collegamento_onorificenza = Ordine imperiale del giogo e delle frecce
|motivazione =
|luogo = 1º ottobre [[1937]]<ref>[https://www.boe.es/datos/pdfs/BOE//1937/349/A03666-03667.pdf Bollettino Ufficiale di Stato]</ref>
}}
{{Onorificenze
|immagine = EST Cross of Liberty Civilian Service.png
|nome_onorificenza = Croce della Libertà per il servizio civile di I classe (Estonia)
|collegamento_onorificenza = Croce della Libertà
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = Order of Saint Peter of Cetinje. Ribbon.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine di San Pietro di Cettigne (Regno di Montenegro)
|collegamento_onorificenza = Ordine di San Pietro di Cettigne
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = Lacplesis_Military_Order_Ribbon.png
|nome_onorificenza = Cavaliere di gran croce dell'Ordine di Lāčplēsis (Lettonia)
|collegamento_onorificenza = Ordine di Lāčplēsis
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = JPN_Daikun'i_kikkasho_BAR.svg
|nome_onorificenza = Collare del Ordine supremo del Crisantemo (Giappone)
|collegamento_onorificenza = Ordine del Crisantemo
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ord.Aquilanera.png
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine supremo dell'Aquila Nera (Regno di Prussia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'Aquila Nera
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Golden Fleece Rib.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Regno di Spagna)
|collegamento_onorificenza = Toson d'Oro
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = Order of SS. Cyril and Methodius ribbon.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine dei Santi Cirillo e Metodio (Regno di Bulgaria)
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Santi Cirillo e Metodio
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = PRT Military Order of the Tower and of the Sword - Grand Cross BAR.png
|nome_onorificenza = Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Torre e della Spada (Portogallo)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Torre e della Spada
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = POL Order Orła Białego BAR.svg
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Polonia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'aquila bianca
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine = POL Virtuti Militari Wielki BAR.svg
|nome_onorificenza = Cavaliere di gran croce dell'Ordine Virtuti Militari (Polonia)
|collegamento_onorificenza = Ordine Virtuti Militari
|motivazione =
}}
{{Onorificenze
|immagine=PRT Three Orders BAR.png
|nome_onorificenza=Fascia dei Tre Ordini (Portogallo)
|collegamento_onorificenza=Fascia dei Tre Ordini
|motivazione=
}}
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* {{Cita libro | Francesco | Perfetti | titolo=Parola di Re. Il diario segreto di Vittorio Emanuele | anno= 2006 | editore=Le Lettere | città=Firenze|isbn=978-88-7166-965-6}}
* Piero Operti, ''Lettera aperta a Benedetto Croce (con la risposta di Croce)'', Volpe editore, Roma, 1963.
* Mario Viana, ''La Monarchia e il fascismo'', L'Arnia, Firenze, 1951.
* Gioacchino Volpe, ''Scritti su Casa Savoia'', Volpe editore, Roma, 1983, pag. 126 ss., 155 ss., 234 ss., 272 ss.
* Carlo Delcroix, ''Quando c'era il Re'', Rizzoli, Milano, 1959, pag. 15 ss.
* Alberto Bergamini, ''Il Re Vittorio Emanuele III di fronte alla storia'', Società editrice Superga, Torino, 1950.
* Gioacchino Volpe, ''Vittorio Emanuele III. Dalla nascita alla corona d'Albania'' (con introduzione di [[Domenico Fisichella]]), Marco Editore, Lungro di Cosenza, 2000.
 
== Voci correlate ==
* [[Abdicazione di Vittorio Emanuele III]]
* [[Parco nazionale del Gran Paradiso]]
 
== Altri progetti ==
{{Interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://wikii.itam.ws/index.php/Jelena|Elena del Montenegro|lingua=cs}}
* {{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=OiBlGzzQDDE|titolo=La voce di Vittorio Emanuele III}}
 
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Re d'Italia]]
|immagine = Royal Standard of Italy (1880-1946).svg
|periodo= 29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
|precedente = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|successivo = [[Umberto II di Savoia|Umberto II]]
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Colonia eritrea|Reggente della Colonia d'Eritrea]]
|immagine = Eritrea COA.svg
|periodo= 29 luglio [[1900]] - [[1941]]
|precedente = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|successivo = Titolo abolito
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Somalia Italiana|Reggente della Colonia di Somalia]]
|immagine =Italian Somaliland COA.svg
|periodo= 29 luglio [[1900]] - [[1941]]
|precedente = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|successivo = Titolo abolito
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Negus|Imperatore d'Etiopia]]
|immagine = Flag of Italy (1861-1946) crowned.svg
|periodo= [[1936]] - [[1941]]
|precedente = [[Hailé Selassié]]
|successivo = [[Hailé Selassié]]
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Sovrani dell'Albania|Re dell'Albania]]
|immagine = Flag of Albania (1939-1943; crowned).svg
|periodo= [[1939]] - [[1943]]
|precedente = [[Zog I di Albania]]
|successivo = [[Enver Hoxha]]<br />Come leader dello Stato d'Albania
}}
{{Box successione
|tipologia = precedenza titoli nobiliari
|carica = [[Linea di successione al trono d'Italia|Erede al trono italiano]]
|immagine =Royal Standard of the Crown Prince of Italy (1880-1946).svg
|periodo = ''Principe ereditario''<br />[[1878]]-[[1900]]
|precedente = [[Umberto I di Savoia|Umberto, principe di Piemonte]]<br />Poi monarca col nome di Umberto I
|successivo = [[Umberto II di Savoia|Umberto, principe di Piemonte]]<br />Poi monarca col nome di Umberto II
}}
{{Box successione
|tipologia = titolo nobiliare
|carica = [[Principe di Napoli]]
|immagine = CoA of the prince of Naples.svg
|periodo= [[1878]]-[[1900]]<br />''1ª creazione''
|precedente = Titolo inesistente
|successivo = Titolo confluito nella Corona
}}
{{box successione
|tipologia=titolo onorifico
|precedente=[[Umberto I di Savoia]]
|successivo=[[Umberto II di Savoia]]
|carica=[[Storia della Sindone|Custode della Sacra Sindone]]
|periodo=29 luglio [[1900]] - 9 maggio [[1946]]
|immagine=Turiner Grabtuch Gesicht negativ klein.jpg
}}
{{Re d'Italia}}{{Africa Orientale Italiana}}
{{Libia italiana}}
{{Colonialismo italiano}}
{{leggirazziali}}
{{Governi del Regno d'Italia}}
 
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|Casa Savoia|Grande Guerra|seconda guerra mondiale|storia d'Italia}}
 
[[Categoria:Cavalieri dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata]]
[[Categoria:Casa Savoia]]
[[Categoria:Imperatori d'Etiopia]]
[[Categoria:Personalità italiane della prima guerra mondiale]]
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale]]
[[Categoria:Re d'Italia (1861-1946)|Vittorio Emanuele 03]]
[[Categoria:Re d'Albania]]
[[Categoria:Storia delle relazioni tra Santa Sede e Stato italiano]]
[[Categoria:Cavalieri dell'Ordine dell'Aquila Bianca]]
[[Categoria:Persone legate al colonialismo italiano]]
[[Categoria:Decorati con l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro|V]]
[[Categoria:Militari italiani della prima guerra mondiale]]
[[Categoria:Marescialli d'Italia]]
[[Categoria:Numismatici italiani del XX secolo]]
[[Categoria:Vincitori della medaglia della Royal Numismatic Society]]
[[Categoria:Nunziatella]]
[[Categoria:Numismatici italiani del XIX secolo]]
[[Categoria:Vittorio Emanuele III di Savoia| ]]