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{{Bio
{{quote|Io ero nato per cacciar l'elefante sulle rive dell’Omo o per condurre una nave fra le fenditure della banchisa polare; ma questo paese idiota che si chiama Italia mi chiuse inesorabilmente le vie sulle quali mi sospingevano tutti gli impulsi della mia Psiche, e mi costrinse ad un lavoro forzato e ingrato di scribacchino che è stato il tormento della mia vita e il fastidio di tanta gente.}}
|Nome = Antonio
|Cognome = Picolomini d'Aragona
|Sesso = M
|LuogoNascita =
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita =
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte =
|Attività = <!-- Campo obbligatorio, ma può essere sovrascritto, vedi istruzioni a fianco -->
|Nazionalità = <!-- Idem -->
|PostNazionalità =
}}
 
== Biografia ==
'''Edoardo Scarfoglio''' ([[Paganica]], [[Provincia dell'Aquila]], [[26 settembre]] [[1860]] - [[6 ottobre]] [[1917]]) fu un poeta, giornalista e scrittore [[italia]]no.
 
==Biografia Note ==
<references/>
 
{{Box successione
Il padre, Michele, era un magistrato di origine [[Calabria|calabrese]] e la madre, Marianna Volpe, era di origine [[Abruzzo|abruzzese]]. Ebbe una difficile carriera scolastica a causa del suo temperamento ribelle e dopo aver ripetuto diverse classi nel liceo "Giambattista Vico" di [[Chieti]], fu inviato a [[Roma]] presso lo zio Carlo, per studiare presso il liceo "Visconti".
|tipologia = militare
|carica = [[Capitano generale della Chiesa]]
|immagine = Flag of the Papal States (pre 1808).svg
|periodo = [[1458]] - [[1464]]
|precedente = [[Pier Luigi Borgia]]
|successivo = [[Girolamo Riario]]
}}
 
{{Portale|biografie|storia}}
Nel [[1878]], appena diciottenne, aveva pubblicato il primo articolo ("Gli atomi") sulla rivista [[Sardegna|sarda]] "Vita di pensiero", fondata e diretta da [[Antonio Scano]]. L'articolo espone il piano programmatico che poi Scarfoglio seguirà per tutta la sua vita.
 
A Roma riuscì a completare gli studi secondari, proseguendo nel contempo l'attività [[Giornalismo|giornalistica]] (articoli ancora su "Vita di pensiero", su "Rivista Minima" e sul giornale “[[Fanfulla della Domenica]]”, diretto da [[Ferdinando Martini]]) e [[Letteratura|letteraria]] (raccolta di poesie ("Papaveri", pubblicata nel [[1880]] dall'editore Carabba di Lanciano su “Palestra dei giovani”). In quest'unica raccolta poetica è evidente la volontà di agganciarsi ai movimenti contemporanei e l'imitazione dei "classici" quali [[Francesco Petrarca|Petrarca]], [[Ugo Foscolo|Foscolo]], [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] e [[Giosuè Carducci|Carducci]]: la parte più originale è quella in cui il giovane scrittore esalta la natura, dando libero sfogo ai propri sentimenti.
 
Si iscrisse insieme all'amico [[Giulio Salvadori]] all'Università, seguendo i corsi di [[filologia romanza]] di [[Ernesto Monaci]] e frequentando la [[Biblioteca Vaticana]].
 
Fece parte della redazione del "[[Capitan Fracassa (giornale)|Capitan Fracassa]]", fondato nel 1880 da [[Luigi Arnaldo Vassallo|Gandolin]], dove scrisse con lo pseudonimo di "Papavero". Presso il giornale incontrò nuovamente il poco più giovane [[Gabriele D'Annunzio]], che aveva conosciuto giovanissimo a [[Francavilla]]. Il giornale era anche un cenacolo del nuovo giornalismo e della nuova letteratura italiana e un salotto letterario da cui passavano i più importanti personaggi.
 
==Il circolo Sommaruga==
 
Nel [[1881]] Scarfoglio passò al circolo di [[Angelo Sommaruga]] e collaborò alla rivista "[[Cronaca bizantina]]" da questi appena fondata, insieme all'amico [[Giulio Salvadori]] e a [[Cesare Testa]]. L'astro principale era il [[Giosuè Carducci|Carducci]], ma vi scrissero le firme più importanti del momento (tra cui [[Matilde Serao]], [[Giustino Ferri]], [[Ugo Fleres]], [[Luigi Lodi]], [[Gabriele D'Annunzio]], [[Cesare Pascarella]]). Scarfoglio collaborò con Sommaruga anche alla rivista "[[Domenica letteraria]], pubblicando un [[idillio]], poesie, bozzetti storici, articoli di [[critica letteraria]].
 
Pubblicò nel [[1883]] un volume di racconti ("Processo di Frine") e nel [[1884]]-[[1885]] una raccolta di scritti critici ("Il libro di Don Chisciotte"), a lungo annunciato sulle pagine di "Cronache Bizantine". Il volume aveva intenti soprattutto provocatori e polemici contro la letteratura contemporanea (soprattutto [[Francia|francese]]: persino il venerando [[Victor Hugo|Hugo]], era tacciato di decadenza senile, [[Honoré de Balzac|Balzac]] “dottrinario e cattedratico”, espressi con una prosa giornalistica fatta di intuizioni e efficacia stilistica. La letteratura contemporanea (soprattutto francese) veniva denigrata In nome del classicismo, che avrebbe tuttavia dovuto per la narrativa esprimersi in una nuova lingua più moderna (il classicismo impediva a Carducci di aderire alle soluzioni dei nuovi scrittori naturalisti, mentre la Serao scriveva “in un neonapoletano illustre curiosissimo” e il [[Giovanni Verga|Verga]] usava una lingua “artifiziosa e faticosa”.
 
Il volume di racconti del "Processso di Frine", fu pensato come esperimento narrativo che avrebbe dovuto portarlo in seguito ad un'opera più matura, ripercorrendo le esperienze del [[romanticismo]], di [[Emile Zola]], di [[Capuano]] e del Verga.
 
Nel [[1884]] i rapporti con Sommaruga furono interrotti polemicamente e in modo brusco e in conseguenza questi in breve fallì e dovette fuggire all'estero
 
Il [[28 febbraio]] del [[1885]] sposò [[Matilde Serao]]. Le partecipazioni consistettero in un biglietto scritto a mano: "''Avvisiamo gli amici che ci siamo sposati oggi'', con le due firme e la data.
 
Con la moglie fondò e condusse prima un giornale a Roma ("il Corriere di Roma") e poi, a [[Napoli]] il "Corriere di Napoli" e quindi "Il Mattino".
 
Il matrimonio da cui nacquero quattro figli (Antonio, Carlo, Paolo e Michele), ma Scarfoglio ebbe numerose avventure extraconiugali, tra cui una relazione, durata per circa un anno, con una cantante francese, Gabrielle Bessard, che nel [[1892]] si uccise davanti alla sua porta, lasciandogli la bambina nata dal loro rapporto, quando egli decise di troncare. La bimba, Paolina, venne quindi allevata in famiglia. Il matrimonio con la Serao, e la loro collaborazione, si interruppe quindi nel [[1904]].
 
Viaggiò molto per lavoro e passione (D'Annunzio lo chiamerà "Ulisse" e ricorderà nel poema “Laus vitae” il viaggio in [[Grecia]] che fecero insieme nel 1895)l. Scarfoglio asciò anche due libri di viaggi ("Le nostre cose in Africa", del [[1895]], e "Il cristiano errante" del [[1897]]). Nel [[1936]] il figlio Carlo pubblicò una raccolta degli scritti "africani" del padre ("Viaggio in Abissinia. Nascita del colonialismo italiano"). Amava le imbarcazioni e nel corso della sua vita ne possedette otto, vivendovi spesso anche quando non era in viaggio.
 
==I giornali==
===Il ''Corriere di Roma''===
Nonostante il cattivo stato delle finanze della coppia, appena sposata, Scarfoglio percorse l'intera Italia alla ricerca di finanziatori per fondare un nuovo giornale. Fu fatta una "sottoscrizione di azionisti", con azioni a 1000 lire l'una, e il primo numero uscì per il Natale del [[1885]]. Appena sei mesi dopo, tuttavia, si dovettero mettere in vendita nuove azioni a 250 lire.
 
Al giornale collaborarono tra gli altri [[Nicola Masasi]], la [[Contessa Lara]], [[Giuseppe Giacosa]], [[Salvatore di Giacomo]], [[Antonio Fogazzaro]], [[Giovanni Verga]]. Nonostante una nutrita redazione (il Cesareo, anche E.Boutet, P.Bernasoni, C.Paladini, A.Pardo, G.Petrai, V.Gervasi, R.Marvasi, G.Ventura, P.Mantegazza e G.Gavazzi Spech) vi comparvero spesso grossolani errori (per esempio un 29 febbraio al posto di un 1 marzo). Scarfoglio vi scrisse spesso con lo [[pseudonimo]] di "Tartarin", che continuò ad utilizzare anche in seguito.
 
Vi furono pubblicati a puntate due romanzi di appendice e si sperimentò la pubblicazione di una rivista ("La Civetta") come dono per gli abbonati. Nel secondo anno il giornale uscì il pomeriggio (al posto della "Libertà" che aveva cessato le pubblicazioni). Nonostante questi tentativi, tuttavia, il passivo del giornale continuava ad aumentare e non si riusciva a sostenere la concorrenza degli altri giornali, che usufruivano di mezzi più consistenti.
 
Nel [[1886]] il giornale concorrente "[[La Tribuna]]" annunciò che avrebbe offerto ai propri abbonati per l'anno successivo un nuovo libro di D'Annunzio, “Isotta Guttadauro", e in risposta, sulle pagine del Corriere, le cui condizioni finanziarie non permettevano alcuna offerta del genere, venne annunciata l'uscita di un poema "eroi-comico" intitolato "''Risaotta al pomidauro''", una [[parodia]] dell'opera dannunziana, che iniziò la pubblicazione sul giornale il 16 ottobre. Successivamente anche sulla rubrica mondana della Serao comparve un secondo poemetto parodistico ("Risaottina allo zafferano"). D'Annunzio rispose su una lettera pubblicata il 27 ottobre sulla "Tribuna". La conseguenza fu un [[duello]], nel quale Scarfoglio ferì D'Annunzio al terzo assalto. Più tardi tuttavia Scarfoglio e D'Annunzio si riappacificarono.
 
In seguito alla cattiva situazione finanziaria, uno dei principali finanziatori del giornale, il banchiere napoletano Matteo Schilizzi, propose alla coppia di passare a [[Napoli]], accollandosi i debiti del giornale romano (circa 14.000 o 15.000 lire) e il "Corriere di Roma" cessò le pubblicazioni il 14 novembre del [[1887]].
 
===Il ''Corriere di Napoli''===
A Napoli esistevano i giornali "Il Roma" e "Il pungolo". Soprattutto il primo aveva un ampio numero di lettori, per il programma democratico e il carattere popolaresco. La coppia con il finanziamento di Schilizzi, vi fondò un nuovo giornale, il "Corriere di Napoli", che rivoluzionò il giornalismo meridionale mediante una nuova veste tipografica, nuovi contenuti, e una diversa amministrazione e gestione, dalla pubblicità alla diffusione. Rispetto al "Corriere di Roma" aveva meno letteratura e più notizie (da Parigi, da Berlino, da Londra, da New York). Grazie anche alla collaborazione di Carducci e di D'Annunzio il giornale ebbe successo e Scarfoglio (che ancora si firmava con lo pseudonimo di Tartarin) divenne il giornalista più popolare d'Italia.
 
Il Corriere partecipò all'agone politico, secondo le intenzioni del suo finanziatore Schilizzi. Lo stesso Scarfoglio si presentò nel [[1890]] come candidato presso il collegio di Caserta, ma nonostante l'appoggio del giornale non venne eletto. Le divergenze sulla politica africana incrinarono il rapporto con Schilizzi: Scarfoglio favoriva una attiva politica [[Colonialismo|coloniale]], mentre il banchiere appoggiava ora l'uno ora l'altro dei politici a seconda delle proprie simpatie. Nel [[1891]] Scarfoglio attaccava il ministro dell'interno [[Giovanni Nicotera]], che invece Schilizzi favoriva. Il contrasto fu momentaneamente sanato inviando il giornalista in un viaggio di circa sei mesi nella provincia dell'[[Harrar]] in [[Etiopia]], per indagare le possibilità di un'eventuale espansione coloniale italiana.
 
Al ritorno, Scarfoglio e la moglie lasciarono ill "Corriere di Napoli", di cui cedettero il proprio quarto di proprietà con 100.000 lire.
 
===Il Mattino===
Con questo capitale la coppia decise la fondazione di un nuovo giornale, che venne chiamato "Il Mattino" e uscì con il primo numero il 16 marzo del [[1892]]. L'editoriale prometteva di dare voce alle proteste del [[Mezzogiorno]]. Il pubblico a cui si rivolgeva era tuttavia la vecchia aristocrazia e la borghesia emergente, gli unici alfabetizzati, e che si interessava alla politica, ma desiderava anche essere informato sugli avvenimenti mondani. Oltre alla coppia vi scrissero [[Ferdinando Russo]], [[Francesco Saverio Nitti]], D'Annunzio e [[Ferdinando Verdinois]].
 
La sede fu nella centralissma [[Galleria Umberto I]], con i macchinari (la nuovissima "macchina a rotazione o a carta continua") nei sotterranei. Il giornale costava 5 centesimi e l'abbonamento 15 lire. La pubblicità inizialmente gestita in proprio e curata dal marchese Franz Lecaldano, venne in seguito affidata alla ditta Haas Enstein & Vogler. Le campagne promozionali per il giornale furono per la prima volta utilizzate prendendo spunto da quelle dei prodotti commerciali, con manifesti e regali per gli abbonati.
 
Il giornale offriva ai lettori due romanzi a puntate (“Alle due Beatrici” di [[Anton Giulio Barilli]], “Bel Ami” di [[Guy de Maupassant]], “Il Simoniaco” (seguito dell’"Innocente") di [[Gabriele D’Annunzio]],, “I Fratelli Karamanzov” di [[Fiodor Dostoiewsky]], “Tramontando il sole” di [[Matilde Serao]], “Il figlio del fantasma” di [[Ferdinando Musso]] furono quelli annunciati nel primo numero), ed ebbe un ruolo determinante nella città, facendola diventare un polo letterario importante.
Garantiva inoltre corrispondenti da [[Roma]] ([[Luigi Mercatelli]]), da tutte le capitali europee e dalle province meridionali e prestava attenzione fin alle vicende del Mediterraneo orientale, dove Scarfoglio si recò spesso in viaggio dalla [[Grecia]], alla [[Turchia]], ai [[Balcani]].
 
Il giornale, [[Liberalismo|liberale]], democratico, [[Nazionalismo\nazionalista]] e anti[[Socialismo|socialista]], rappresentò il volto complesso di Napoli, cadendo più volte in contraddizione: appoggiò la povera gente durante la "rivoluzione del pane" rischiando il sequestro e la cessazione delle pubblicazioni, ma contemporaneamente invocò il pugno di ferro contro il [[socialismo]] e le lotte operaie, difendendo la [[borghesia]].
 
Malgrado il successo presso il pubblico non ebbe mai rilevanti guadagni e la famiglia Scarfoglio fu sempre in debito, ipotecando le future pubblicità e i futuri romanzi.
 
====La politica di Scarfoglio e del Mattino====
La linea di Scarfoglio, più giornalistica che veramente politica, difendeva i lavoratori e il popolo napoletano disoccupato e ne propugnava il progresso, che riteneva tuttavia dovesse essere sorretto e guidato, per mancanza di saggezza e cultura, e tenendo dunque a distanza il socialismo. Fu di volta in volta a favore dei governi che si impegnavano a dare importanza alla [[questione meridionale]].
 
La linea del principale articolista politico, Nitti, era invece per lo sviluppo di un’[[Capitalismo|economia capitalistica]], diretta da un’attiva e consapevole borghesia in collaborazione con una classe di lavoratori moderna e organizzata. Nel [[1894]] Nitti lasciò il giornale per andare a dirigere la [[Torino|torinese]] “Riforma Sociale” e il giornale assunse posizioni sempre più conservatrici.
 
Già durante lo scandalo della [[Banca Romana]], che aveva coinvolto [[Francesco Crispi|Crispi]], Scarfoglio ne aveva inizialmente difeso il presidente, Bernardo Tanlongo, in appoggio a Crispi di cui condivideva la politica [[Interventismo|interventista]]. Quando tuttavia Crispi, tornato al potere, prese misure repressive contro le rivolte in [[Sicilia]], il giornale si schierò contro il governo. Nel [[1896]] la sconfitta di [[Battaglia di Adua|Adua]] provocò la caduta di Crispi. La netta opposizione al nuovo governo di [[Antonio Starabba]], che aveva firmato la pace, e le critiche alla monarchia provocarono numerosi sequestri del giornale.
 
Nel [[1898]] in seguito alla nuova tassa sul macinato imposta dal governo e al vertiginoso aumento di prezzi che ne era derivato, originò la "rivolta del pane" prima a [[Milano]], e quindi in tutte le principali città. Il governo scelse la linea della repressione e il Mattino si schierò contro di esso e contravvenne alla censura governativa: il giornale fu sequestrato tra il 12 maggio e il 28 luglio, mentre Scarfoglio dovette fuggire in [[Svizzera]].
 
Il giornale subì uno scossone ancor più grave per l'appoggio fornito al discusso sindaco Celestino Summonte, del quale l'inchiesta di [[Giuseppe Saredo]] provò nel [[1901]] i legami con la [[camorra]]. L'inchiesta coinvolse anche il giornale e Scarfoglio, che venne accusato di aver ricevuto denaro per scrivere i suoi articoli nella direzione voluta dagli accusati. Scarfoglio nei tre anni della durata dell'inchiesta attaccò a più riprese violentemente Saredo.
 
Appoggiò i governi di [[Giuseppe Zanardelli]] e di [[Giovanni Giolitti]] nel [[1903]], sebbene rimanesse deluso dalla mancanza di ministri meridionali
 
Nel [[1911]] appogiò fortemente la conquista della [[Libia]], ma in seguito ai problemi legati all'intervento Scarfoglio si allontanò quindi dal giornale, scrivendovi sempre più raramente.
 
Fu contrario all'intervento nella [[prima guerra mondiale]], ma una volta che l'Italia entrò in guerra rimase fedele al proprio nazionalismo e scrisse auspicandone la vittoria e il mantenimento dell'unità. Non vide la fine della guerra, stroncato da un infarto pochi giorni prima della disfatta di Caporetto.
 
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