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[[File:Cinecitta studios rome italy entrance.jpg|miniatura|destra|verticale|L'ingresso agli stabilimenti di [[Cinecittà]]]]
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"
Il '''''cinema italiano''''' è attivo sin dall'epoca dei [[Auguste e Louis Lumière|fratelli Lumière]] quando, grazie alla collaborazione tra gli operatori francesi e i nuovi operatori italiani è stato possibile effettuare riprese cinematografiche anche in [[Italia]].<ref name="Lumiere">{{cita libro | autore1=Michelle Aubert | wkautore1=Michelle Aubert | autore2=Jean-Claude Seguin | wkautore2=Jean-Claude Seguin | editore= BIFI/Bibliothèque du Film | anno=1996 | titolo=La production cinématographique des Frères Lumière | lingua=FR | ISBN=978-2-9509048-1-2}}</ref> Tali filmati risalgono al [[1896]] e sono stati realizzati nelle principali città della penisola.<ref name="ArchLum">{{Cita web|url=https://catalogue-lumiere.com/pays/italie/|titolo=L’œuvre cinématographique des frères Lumière - Pays: Italie|editore=catalogue-lumiere.com|lingua=FR|accesso=20 marzo 2018|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180320195614/https://catalogue-lumiere.com/pays/italie/|dataarchivio=20 marzo 2018}}</ref><ref name="Bologna">{{Cita web|url=https://festival.ilcinemaritrovato.it/proiezione/italy-1896-in-honor-of-aldo-bernardini/|titolo=Il Cinema Ritrovato - Italia 1896 - Grand Tour Italiano|editore=festival.ilcinemaritrovato.it|accesso=20 marzo 2018|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180321124127/https://festival.ilcinemaritrovato.it/proiezione/italy-1896-in-honor-of-aldo-bernardini/|dataarchivio=21 marzo 2018}}</ref>Questi brevi esperimenti incontrano subito la curiosità del ceto popolare incoraggiando gli operatori a produrre nuove pellicole fino a porre le basi per la nascita di una vera industria cinematografica.<ref name="ArchLum"/><ref name="Bologna"/>Nei primi anni del novecento si sviluppa il cinema muto che avrà il merito di portare alla ribalta numerosi divi italiani e che troverà una battuta d'arresto alla fine della [[prima guerra mondiale]].<ref name="AZcinema">{{cita libro | autore=Gino Moliterno | wkautore=Gino Moliterno | editore= Scarecrow Press | anno=2009 | p=243 | titolo=The A to Z of Italian Cinema | lingua=EN | ISBN=978-0-8108-7059-8}}</ref>
| style="background:#e0f0ff; border:1px solid silver; -moz-border-radius-topleft:12px; -webkit-border-top-left-radius:12px; border-top-left-radius:12px; width:20%; height:30px" | [[File:Help-browser.svg|18px|link=Aiuto:Benvenuto]] [[Aiuto:Benvenuto|Benvenuto]]
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Negli anni trenta, con l'avvento del [[Cinema sonoro|sonoro]] e la nascita di [[Cinecittà]], il cinema italiano vive nuove fasi produttive, sotto l'egida politica e finanziaria del [[regime fascista]].<ref name="Regime">{{cita libro | autore=Gian Piero Brunetta | wkautore=Gian Piero Brunetta | editore=Laterza | anno=2009 | titolo=Il cinema italiano di regime | ISBN=978-88-420-8944-5}}</ref> Una nuova importante stagione si compie alla fine della [[seconda guerra mondiale]] con la nascita del [[cinema neorealista]] che raggiunge per tutto il [[dopoguerra]] un vasto consenso di pubblico e critica.<ref name="Neorealismo">{{cita libro | autore=David Bruni | wkautore=David Bruni | editore=Lindau | anno=2013 | titolo=Roberto Rossellini: Roma città aperta | ISBN=978-88-6708-221-6}}</ref> Dalla metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] fino alla fine degli [[anni 1970|anni settanta]], grazie al [[cinema d'autore]], alla [[commedia all'italiana]] ed a molti altri generi, il cinema italiano raggiunge una posizione di grande prestigio sia nazionale che estera.<ref name="PostNeorealismo">{{cita libro | autore1=Silvia Bizio | wkautore1=Silvia Bizio | autore2=Claudia Laffranchi | wkautore2=Claudia Laffranchi | editore=Gremese Editore | anno=2002 | titolo=Gli italiani di Hollywood: il cinema italiano agli Academy Awards | ISBN=978-88-8440-177-9}}</ref><ref name="PostNeorealismo2">{{cita libro | autore=Alessandro Chiello | wkautore=Alessandro Chiello | editore=Alessandro Chiello | anno=2014 | titolo=C'eravamo tanto amati. I capolavori e i protagonisti del cinema italiano | ISBN=978-605-03-2773-1}}</ref> A partire dagli [[anni 1980|anni ottanta]], a causa di molteplici fattori, la produzione italiana attraversa una profonda crisi che non ha impedito la realizzazione di pellicole di qualità, premiate ed apprezzate in tutto il mondo.<ref name="crisicinema">{{cita libro | autore=Alessandro Grande | wkautore=Alessandro Grande | editore=Lulu.com | anno=2013 | titolo=La produzione del cinema italiano oggi | ISBN=978-1-4092-5750-9}}</ref><ref name="vitabella">{{cita libro | autore=Monica Repetto | wkautore=Monica Repetto | editore=Il castoro | anno=2000 | titolo=La vita è bella?: il cinema italiano alla fine degli anni Novanta e il suo pubblico | ISBN=978-88-8033-163-6}}</ref><ref name="terzomillenio">{{cita libro | autore=Franco Montini | wkautore=Franco Montini | editore=Il castoro | anno=2002 | titolo=Il cinema italiano del terzo millennio: i protagonisti della rinascita | ISBN=978-88-7180-428-6}}</ref>
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== Gli inizi (1896-1909) ==
<div align="center" style="font-size:130%">Buon lavoro e buon divertimento da parte di tutti i wikipediani!</div>
=== I primi documentari ===
[[File:Papst leo xiii a.jpg|miniatura|destra|verticale|Un fotogramma del più antico documentario italiano tuttora visibile che ritrae [[papa Leone XIII]]]]
I primi fotogrammi impressi su pellicola e prodotti in Italia sono [[documentario|documentari]] della durata di pochi minuti dedicati a regnanti, imperatori, papi e a scorci di alcune città. Il primo operatore di rilevanza storica è [[Vittorio Calcina]], autore di cortometraggi sia in forma documentaria che a soggetto. Tra le sue "vedute" più celebri va ricordata la ripresa della visita a [[Monza]] di re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e della regina [[Margherita di Savoia]], girata su commissione per conto dei fratelli Lumière<ref>Wladimiro Settimelli, ''Dall'agiografia al messaggio fotografico per la storia'', «Palatino», Roma, a. XI, 1967.</ref>. Suo è anche il più antico documentario italiano tuttora visibile: ''[[Sua Santità papa Leone XIII]]'' (1896), una breve inquadratura di [[papa Leone XIII]] nei [[Giardini Vaticani]].
[[File:Finto storpio (Italo Pacchioni, 1896).webm|300px|miniatura|sinistra|verticale|[[Italo Pacchioni]], ''Il finto storpio al Castello Sforzesco'' (1896)]]
In poco tempo altri pionieri si fanno strada. A mettersi in luce è il regista e inventore [[Filoteo Alberini]], che già a partire dal 1895 perfeziona un apparecchio di ripresa non dissimile da quello dei Lumière<ref>[http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf Fernaldo Di Giammatteo (1999), "Un raggio di sole si accende lo schermo", in ''I Cineoperatori. La storia della cinematografia italiana dal 1895 al 1940 raccontata dagli autori della fotografia (volume 1°)''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130929035334/http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf |data=29 settembre 2013 }}</ref>. Sono attivi anche [[Italo Pacchioni]], [[Arturo Ambrosio]], [[Giovanni Vitrotti]] e [[Roberto Omegna]].
<div style="margin:0; padding:0; font-size:105%">
Il successo di questi "quadri in movimento" è immediato. Il [[cinematografo]] affascina per la sua capacità di mostrare con inedita precisione realtà geografiche lontane e, viceversa, di immortalare momenti quotidiani senza storia. Vengono ripresi eventi sportivi, avvenimenti locali, intensi traffici stradali, l'arrivo di un treno, visite di personaggi famosi, ma anche disastri e calamità naturali.
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[[Utente:Postcrosser|Postcrosser]] ([[Discussioni utente:Postcrosser|msg]]) 12:30, 26 lug 2019 (CEST)
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== Avviso ==
Per dare una sommaria idea del tipo di riprese effettuate, alcuni quadri del tempo riportano i seguenti titoli: ''Arrivo del treno alla Stazione di Milano'' (1896), ''La battaglia di neve'' (1896), ''la gabbia dei matti'' (1896), ''Ballo in famiglia'' (1896), ''Il finto storpio al Castello Sforzesco'' (1896) e ''La Fiera di Porta Genova'' (1898), tutti girati da [[Italo Pacchioni]], anch'egli inventore di una macchina da presa con effetto stereoscopico conservata presso la [[Cineteca Italiana]] di [[Milano]].<ref>{{cita web|url=http://sempreinpenombra.com/2009/09/25/italo-pacchioni-alle-giornate-del-cinema-muto-2009/|titolo=Italo Pacchioni alle Giornate del Cinema Muto 2009|accesso=21 gennaio 2016}}</ref>
{{Non enciclopedico|Giuseppe Laurenzi}} --[[Utente:Melquíades|Melquíades]] ([[Discussioni utente:Melquíades|msg]]) 14:52, 26 lug 2019 (CEST)
Se la risposta delle classi popolari è entusiasta, la novità tecnologica sarà trattata con riserva dalla stampa e da una parte del mondo intellettuale. Nonostante le iniziali diffidenze, nell'arco di soli due anni il cinema scala le gerarchie della società incuriosendo le classi più abbienti. Il 28 gennaio 1897 i principi [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]] e [[Elena del Montenegro|Elena di Montenegro]] assistono a una proiezione organizzata da Vittorio Calcina, in una sala di [[Palazzo Pitti]] a [[Firenze]]<ref>Gian Piero Brunetta, ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Torino, Einaudi, 2003, p. 425.</ref>. Decisi a sperimentare il nuovo mezzo, si lasceranno riprendere in ''S.A.R. il Principe di Napoli e la Principessa Elena visitano il [[Battistero di San Giovanni (Firenze)|battistero di S. Giovanni a Firenze]]'' e il giorno del loro matrimonio in ''Dimostrazione popolare alle LL. AA. i Principi sposi (al [[Pantheon (Roma)|Pantheon - Roma]])''<ref>Elisabetta Bruscolini, ''Roma nel cinema tra realtà e finzione'', Roma, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, [2003?], p.18</ref><ref>[http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=14&stile=large Riprese degli operatori Lumière a Torino - Enciclopedia del cinema in Piemonte]</ref>.
{{clear}}
== Giuseppe Laurenzi ==
=== Cinema ambulanti e nascita dell'industria cinematografica ===
{{vedi anche|Nascita dell'industria cinematografica italiana}}
[[File:Image edited.jpg|miniatura|destra|verticale|Uno dei tanti loghi della [[Cines]]]]
Nei primi anni del XX secolo si sviluppa in tutta Italia il fenomeno dei cinema ambulanti che provvedono all'alfabetizzazione del mezzo visivo. Tale innovativa forma di spettacolo esaurisce, in breve tempo, una quantità di attrazioni ottiche (lanterne magiche, cineografi, stereoscopi, panorami, diorami...) che avevano alimentato l'immaginazione europea e favorito la circolazione di un comune mercato delle immagini.<ref name = "lu">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sala-cinematografica_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Italo Pacchioni alle Giornate del Cinema Muto 2009|accesso=11 febbraio 2017}}</ref>
Il nascente cinema italiano, dunque, resta ancora legato ai tradizionali spettacoli della [[commedia dell'arte]] o a quelli propri del folclore circense. Le proiezioni pubbliche avvengono nelle strade, nei caffè o nei teatri di varietà alla presenza di un [[ciarlatano|imbonitore]] che ha il compito di promuovere e arricchire la storia.<ref>Roberto Della Torre, ''Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano'', Educatt, Milano, 2014, p. 78.</ref>
{{non enciclopedico|Giuseppe Laurenzi}}E non è vero che non è vero finché non '''dimostri''' che non è vero. Dimmi cosa lo renderebbe [[WP:E|enciclopedico]]. --[[Utente:Micejerry|<span style="color:#FF0000">Mice</span>]], [[Discussioni utente:Micejerry|<span style="color:orange">''и добър вечер!''</span>]] 14:53, 26 lug 2019 (CEST)
Tra il [[1903]] e il [[1909]] il cinema ambulante, sino ad allora considerato alla stregua di un fenomeno da baraccone, perde consistenza assumendo i caratteri di un'autentica industria. Centinaia di case di produzione sorgono in tutto il paese: [[Cines]], [[Milano Film]], [[Itala Film]], [[Caesar Film]], [[Società Anonima Ambrosio]], [[Partenope Film]], [[Pasquali Film]], e innumerevoli altre sigle, destinate a durare il tempo della lavorazione di un film. Contemporaneamente si organizza nei centri urbani una rete sempre più capillare di sale cinematografiche (il [[Palazzo Agostini (Pisa)|Cinema Lumière]] di Pisa inizia le proiezioni già nel 1899, il Cinema Sivori di Genova addirittura dal 1896<ref>{{Cita web|url=https://www.comingsoon.it/cinema/news/il-cinema-piu-antico-d-italia-il-sivori-di-genova-veniva-inaugurato-120/n56920/|titolo=Il cinema più antico d'Italia: il Sivori di Genova veniva inaugurato 120 anni fa dai fratelli Lumière|sito=Tgcom24 |accesso=9 aprile 2017}}</ref>). Questa trasformazione porterà alla produzione dei [[film]] a soggetto, che per gran parte del [[Cinema muto|periodo muto]] affiancheranno il [[documentario]] fino a sostituirlo quasi completamente all'inizio della [[Prima guerra mondiale]].
La scoperta delle potenzialità spettacolari del mezzo cinematografico favorisce lo sviluppo di un cinema di grandi ambizioni, capace di inglobare tutte le suggestioni culturali e storiche del paese. La formazione scolastica è fonte inesauribile di idee e spunti facilmente assimilabili non solo da un pubblico colto ma anche da quello popolare. Decine di personaggi incontrati sui libri di testo fanno il loro ingresso sul grande schermo: [[il conte di Montecristo]], [[Giordano Bruno]], [[Libro di Giuditta#La storia|Giuditta e Oloferne]], [[Francesca da Polenta|Francesca da Rimini]], [[Lorenzino de' Medici]], [[Rigoletto]], il [[Ugolino della Gherardesca|Conte Ugolino]] e altri ancora. Dal punto di vista iconografico i riferimenti principali sono i grandi artisti rinascimentali e neoclassici, nonché i simbolisti e le illustrazioni popolari<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2002, p. 40.</ref>.
Nel 1905 la [[Cines]] inaugura il genere del [[film storico]], che negli anni dieci darà larga fortuna a molti cineasti italiani. Questa contingenza porterà alla nascita di uno dei primi film a soggetto recante il titolo ''[[La presa di Roma]]'' (1905), della durata di dieci minuti e realizzato da [[Filoteo Alberini]]. L'operatore impiega per la prima volta attori di provenienza teatrale, sfruttando l'argomento storico in chiave divulgativa e pedagogica. Il film, assimilando la lezione manzoniana di rendere verosimile la finzione storica, ricostruisce la presa di Roma del 20 settembre 1870, con annesse le notorie vicende della [[Breccia di Porta Pia]].
== Il periodo aureo (1910-1919) ==
Nei primi anni dieci l'industria cinematografica conosce un rapido sviluppo. Nel [[1912]], l'anno della massima espansione, vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 ed a Milano 120<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 38.</ref>. Nei tre anni che precedono la [[Prima guerra mondiale]], mentre la produzione si consolida, vengono esportati in tutto il mondo film mitologici, comici e drammatici. Nel frattempo, in ambito attoriale, nasce il fenomeno del divismo che per alcuni anni conoscerà un successo inarrestabile. Con la fine del decennio Roma si impone definitivamente come principale centro produttivo; tale resterà, nonostante le crisi che periodicamente scuoteranno l'industria, fino ai nostri giorni.
=== I kolossal storici ===
[[File:Cabiria poster.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Locandina di ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) di [[Giovanni Pastrone]]]]
Nel momento di massimo accrescimento produttivo, il genere storico perde il suo carattere pedagogico e illustrativo a favore di quello più spettacolare. I kolossal presentati nei primi anni del novecento mostrano tutte le ambizioni dell'[[Età giolittiana|Italia giolittiana]] che celebra sul grande schermo avvenimenti dell'antichità, con aspirazioni proprie di una potenza internazionale. Prima ancora dell'avvento del fascismo, questi film rievocano i trionfi degli antichi imperi romani, di cui si rivendica con orgoglio la discendenza culturale<ref>Maria Wyke, ''Projecting the Past. Ancient Rome, Cinema and History'', Psychology Press, Londra, 1997.</ref>. La [[Guerra italo-turca|conquista della Libia]] segna l'avvicinamento definitivo tra il sostrato nazionalista di questi film e la politica imperialista.
Gli archetipi del filone sono ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1908)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' (1908), di [[Arturo Ambrosio]] e [[Luigi Maggi]] e ''[[Nerone (film 1909)|Nerone]]'' ([[1909]]), dello stesso Maggi e [[Arrigo Frusta]]. Quest'ultima pellicola si ispira all'opera di [[Pietro Cossa]] che si rifà iconograficamente alle acqueforti di [[Bartolomeo Pinelli]], al [[neoclassicismo]] e allo spettacolo ''Nero, or the Destruction of Rome'' rappresentato dal [[circo Barnum]].<ref>Mario Verdone, ''Spettacolo romano'', Golem, Roma, 1970, pp. 141-147.</ref> Seguono ''[[Marin Faliero, doge di Venezia]]'' ([[1909]]), di [[Giuseppe De Liguoro]], ''Otello'' (1909), di [[Yambo]] e ''[[L'Odissea (film 1911)|Odissea]]'' ([[1911]]), di Bertolini, Padovan e De Liguoro. ''[[L'Inferno (film 1911 Milano Films)|L'Inferno]]'' ([[1911]]), prima ancora che un adattamento della [[Inferno (Divina Commedia)|cantica dantesca]], è una traduzione cinematografica delle incisioni di [[Gustave Doré]] che sperimenta l'integrazione tra effetti ottici e azione scenica, mentre ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1913)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' ([[1913]]), di [[Mario Caserini]], ricorre a innovativi effetti speciali.
Il primo regista a sfruttare pienamente questo enorme apparato spettacolare è [[Enrico Guazzoni]], già pittore e scenografo di fama. Nel suo ''[[Quo vadis? (film 1913)|Quo vadis?]]'' ([[1913]]) i personaggi e lo spazio scenico creano rapporti finora inediti, esaltando la dialettica tra individuo e massa che sarà al centro dei futuri film storici. La storia rimane sullo sfondo, mentre in primo piano si agitano drammi personali derivanti dal melodramma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 43.</ref>. Il successo internazionale del film segna la maturazione del genere e permette a Guazzoni di realizzare film sempre più spettacolari come ''[[Cajus Julius Caesar]]'' (1913) e ''[[Marcantonio e Cleopatra]]'' ([[1913]]). Dopo Guazzoni vengono [[Emilio Ghione]], [[Febo Mari]], [[Carmine Gallone]], [[Giulio Antamoro]] e tanti altri che contribuiscono all'espansione del genere.
[[Giovanni Pastrone]] è il regista più interessato alla ricerca di soluzioni scenografiche inedite. Già in ''[[La caduta di Troia]]'' ([[1911]]) sperimenta originali costruzioni prospettiche, ma è con il titanico ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) che la sua filmografia e l'intero genere raggiungono l'apice. Concepito come un autentico film-evento (anche grazie alla collaborazione di [[Gabriele D'Annunzio]]), la pellicola colpisce il pubblico per la sua ambizione, supportata da finanziamenti e costi produttivi senza precedenti. Le innovazioni tecniche (tra cui l'uso dei carrelli e del primo piano), la complessità della trama, l'uso espressivo del trucco, dell'illuminazione e l'opulenza scenografica contribuiscono alla sua fama di "oggetto d'arte" capace di superare i limiti del mezzo cinematografico<ref>Gianni Rondolino, Paolo Bertetto, ''Cabiria e il suo tempo'', Torino, 1998.</ref>. Negli anni a venire, pellicole come ''[[Intolerance]]'' (1916) di [[David W. Griffith]] o ''[[Metropolis (film 1927)|Metropolis]]'' (1927) di [[Fritz Lang]] saranno debitrici del film di Pastrone.
Dopo il grande successo di ''Cabiria'', con il mutare dei gusti del pubblico e le prime avvisaglie della crisi industriale, il genere comincia a mostrare segni di stanchezza. Il progetto di Pastrone di adattare la ''Bibbia'' con migliaia di comparse resta irrealizzato. Il ''[[Christus (film 1916)|Christus]]'' ([[1916]]) di Antamoro e ''[[La Gerusalemme liberata (film 1918)|La Gerusalemme liberata]]'' ([[1918]]) di Guazzoni restano notevoli per la complessità iconografica ma non offrono novità sostanziali. Nonostante sporadici tentativi di riallacciarsi al ''grandeur'' del passato, il filone dei kolossal storici si interrompe all'inizio degli anni venti.
=== Le dive del muto ===
[[File:FBertiniAssunta S1915.jpg|destra|miniatura|[[Francesca Bertini]] sul set del film ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' di [[Gustavo Serena]] ([[1915]])]]
Tra il [[1913]] e il [[1920]] si assiste all'ascesa, allo sviluppo e al declino del fenomeno del divismo cinematografico, nato con l'uscita di ''[[Ma l'amor mio non muore (film 1913)|Ma l'amor mio non muore]]'' ([[1913]]), di [[Mario Caserini]]. Il film ha un successo di pubblico enorme e codifica l'impostazione e l'estetica del divismo femminile. La recitazione di [[Lyda Borelli]] esercita una grandissima influenza per tutto il decennio e contribuisce a rinnovare l'immaginario romantico con influenze melodrammatiche, decadenti e simboliste.
[[Francesca Bertini]] è, dopo Lyda Borelli, la seconda grande diva del cinema italiano. Dotata di una maggiore versatilità rispetto alle dive contemporanee, passa dalla commedia al dramma passionale ricoprendo vari ruoli sociali e comunicando con efficacia un'ampia gamma di sentimenti. In ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]]), di [[Gustavo Serena]] si allontana dalle influenze liberty per avvicinarsi a una recitazione più naturalistica che ne favorisce la forza espressiva<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 51.</ref>.
Nel giro di pochi anni si affermano: [[Eleonora Duse]], [[Pina Menichelli]], [[Rina De Liguoro]], [[Leda Gys]], [[Hesperia (attrice)|Hesperia]], [[Vittoria Lepanto]] ed [[Italia Almirante Manzini]]. Film come ''[[Fior di male]]'' ([[1914]]), di [[Carmine Gallone]], ''[[Il fuoco (film)|Il fuoco]]'' ([[1915]]), di [[Giovanni Pastrone]], ''[[Rapsodia satanica]]'' ([[1917]]), di [[Nino Oxilia]] e ''[[Cenere (film)|Cenere]]'' ([[1917]]), di [[Febo Mari]], arrivano a modificare il costume nazionale, imponendo canoni di bellezza, modelli di comportamento e oggetti del desiderio. Questi modelli, fortemente stilizzati secondo le tendenze culturali e artistiche dell'epoca, si allontanano dal naturalismo a favore della recitazione melodrammatica, del gesto pittorico e della posa teatrale; il tutto favorito dall'impiego incessante del [[primo piano]] che amplifica ulteriormente il bagaglio espressivo dell'attrice.
<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 47-52.</ref>.
Nonostante la diversità delle interpreti e dei film, il modello femminile che emerge dal cinema di questo periodo è sostanzialmente riconducibile al modello melodrammatico, anche se contaminato dal decadentismo dannunziano e dalle teorie di Lombroso: «ora innocenti e pure, ora deliranti e in preda al "déreglement de tous les sens", ora madri dolcissime a cui viene negata la maternità, ora donne capaci di amare oltre la stessa morte»<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 52.</ref>. Soltanto negli anni venti, con la crisi produttiva e il tramonto delle dive, sarà possibile l'emergere di una figura femminile più realistica, priva dell'aura divina e più accessibile allo spettatore.
Nel medesimo lasso di tempo, il fenomeno del divismo si sviluppa anche sul fronte maschile, in virtù dell'affermazione di svariati attori teatrali come [[Amleto Novelli]], [[Ermete Novelli]], [[Emilio Ghione]], [[Ermete Zacconi]], [[Febo Mari]] ed i futuri registi [[Ubaldo Maria Del Colle]], [[Carlo Campogalliani]] e [[Mario Bonnard]]. Si ricorda, infine, la figura di [[Bartolomeo Pagano]], un ex [[camallo]] del porto di Genova, salito alla ribalta per le numerose interpretazioni in vari kolossal del momento, tra cui il già citato ''[[Cabiria]]'' (1914).
=== Le comiche ===
Nonostante un discreto successo nel primo decennio del secolo, le comiche mute non sono mai diventate un genere di rilievo. Il tratto rilevante di questa produzione, che conta centinaia di film (quasi tutti cortometraggi), è la capacità di assimilare varie forme di spettacolo popolare, dal teatro di piazza al ''vaudeville''. Costruiti attorno a esili trame con spunti umoristici e catastrofici, questi brevi film fungono da semplice accompagnamento a pellicole più ambiziose.
Il comico di maggior successo in Italia è André Deed, più noto come [[Cretinetti]], protagonista di innumerevoli corti per la [[Itala Film]]. Il suo successo apre la strada a [[Marcel Fabre]] (Robinet), [[Ernesto Vaser]] (Fricot) e tanti altri. L'unico attore di una certa sostanza è però [[Ferdinand Guillaume]], che diverrà famoso con il nome d'arte di Polidor<ref>{{cita pubblicazione | cognome=AAVV |titolo=I comici del muto italiano |rivista=Griffithiana |numero=24-25 |anno=1985}}</ref>.
L'interesse storico di questi film sta nella loro capacità di rivelare le aspirazioni e le paure di una società piccolo-borghese divisa tra il desiderio di affermazione e le incertezze del presente. È significativo che i protagonisti delle comiche italiane non si pongano mai in aperto contrasto con la società né incarnino desideri di rivalsa sociale (come accade per esempio con [[Charlie Chaplin]]), ma cerchino piuttosto di integrarsi in un mondo fortemente desiderato<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 46.</ref>.
=== Il cinema futurista ===
[[File:Thais Bragaglia 1917 03.jpg|miniatura|sinistra|Un fotogramma di ''[[Thaïs (film 1917 Italia)|Thaïs]]'' ([[1917]]) di [[Anton Giulio Bragaglia]]]]
{{vedi anche|Cinema futurista}}
Anche se in modo marginale, l'avanguardia futurista ha effetti sul cinema del periodo e soprattutto ne è influenzata. Con il suo interesse per la rapidità e la violenza espressiva, il futurismo trova nel cinema un'arte giovane, meno compromessa con la retorica passatista e soprattutto aperta ai futuri sviluppi tecnologici. Nel Manifesto della cinematografia futurista (1916) [[Filippo Tommaso Marinetti]], [[Bruno Corra]], [[Emilio Settimelli]], [[Arnaldo Ginna]] e [[Giacomo Balla]] descrivono il cinema come l'arte capace di sintetizzare tutte le tendenze sperimentali dell'epoca. Così facendo, rivendicano l'uso di "drammi di oggetti", "sinfonie di linee e colori" e "giochi delle proporzioni" per superare i limiti del naturalismo ottocentesco. Il cinema che auspicano è "antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero"<ref name = "ft">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/|titolo=Il cinema futurista - Treccani |accesso=26 maggio 2015}}</ref>.
Al di là della dichiarazione d'intenti, il futurismo non riuscirà a far proprio il nuovo mezzo di espressione, né sarà in grado di lasciare un segno duraturo nella sua evoluzione. L'influenza opera piuttosto in senso contrario: sarà il cinema a condizionare la produzione artistica del movimento, con il montaggio dei materiali più disparati, i primi piani e i dettagli, il taglio eccentrico delle immagini, l'uso di didascalie, stacchi e dissolvenze<ref>Giovanni Lista, "Futurisme et cinéma", in ''Peinture, cinéma, peinture'', Nathan, Parigi, 1989, p. 59.</ref>.
I film riconducibili al movimento sono pochissimi. Oltre a quelli astratti dipinti su pellicola da Bruno Corra e Arnaldo Ginna, andati perduti, le opere più significative sono soltanto due. La prima, ''[[Vita futurista]]'' (1916), di Arnaldo Ginna, è una sorta di verifica pratica delle tesi esposte nel ''Manifesto'': ironico e intenzionalmente provocatorio, il film ricorre a numerosi effetti speciali (parti colorate a mano, viraggi, inquadrature eccentriche, montaggio anti-naturalistico) per stimolare le reazioni emotive dello spettatore. La seconda, ''[[Thaïs (film 1917 Italia)|Thaïs]]'' (1917), di [[Anton Giulio Bragaglia]], nasce sulla base del trattato estetico ''Fotodinamismo futurista'' (1911), redatto dello stesso autore. La pellicola, costruita attorno a una vicenda melodrammatica e decadente, rivela in realtà molteplici influenze artistiche diverse dal futurismo marinettiano; le scenografie [[Secessione viennese|secessioniste]], l'arredamento [[Stile liberty|liberty]], e i momenti astratti e [[Surrealismo|surreali]] contribuiscono a creare un forte sincretismo formale. Nello stesso periodo Bragaglia realizza altre opere come ''Perfido incanto'', ''Il mio cadavere'' e il cortometraggio ''Dramma nell'Olimpo'', tutte andate perdute.
== La grande crisi e l'avvento del sonoro (1920-1930) ==
[[File:Dria Paola 1930.jpg|miniatura|destra|upright=0.7|Locandina del film ''[[La canzone dell'amore]]'' (1930) di [[Gennaro Righelli]]]]
Con la fine della [[Prima guerra mondiale|Grande guerra]] il cinema italiano attraversa un periodo di crisi dovuto a molti fattori: disorganizzazione produttiva, aumento dei costi, arretratezza tecnologica, perdita dei mercati esteri e incapacità di far fronte alla concorrenza internazionale, in particolare quella hollywoodiana<ref>Gian Piero Brunetta, ''Storia del cinema italiano'', vol. I, Laterza, Roma, 1993, p. 245.</ref>. Tra le cause principali va segnalata la mancanza di un ricambio generazionale con una produzione ancora dominata da autori e produttori di formazione letteraria, incapaci di far fronte alle sfide della modernità. La prima metà degli anni venti segna un netto riflusso produttivo: dai 350 film prodotti nel 1921 si passa ai 60 del 1924<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 57.</ref>.
Letteratura e teatro sono ancora le fonti narrative privilegiate. Resistono i [[feuilleton]], perlopiù ripresi da testi classici o popolari e diretti da specialisti come [[Roberto Roberti]] ed i [[kolossal]] religiosi di [[Giulio Antamoro]]. Sulla scorta dell'ultima generazione di dive, si diffonde un cinema sentimentale al femminile, incentrato su figure ai margini della società che, invece di lottare per emanciparsi (come accade nel contemporaneo cinema hollywoodiano), attraversano un autentico calvario allo scopo di preservare la propria virtù. La protesta e la ribellione da parte delle protagoniste femminili sono fuori discussione. È un cinema fortemente conservatore, legato a regole sociali sconvolte dalla guerra e in via di dissoluzione in tutta Europa. Un caso esemplare è quello di ''[[La storia di una donna]]'' ([[1920]]), di [[Eugenio Perego]], che usa una costruzione narrativa originale per proporre con toni melodrammatici una morale ottocentesca<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 56.</ref>. Un filone particolare è quello di ambientazione verista, grazie all'opera della prima regista donna del cinema italiano, [[Elvira Notari]], che dirige numerosi film influenzati dal teatro popolare e tratti da famose sceneggiate, canzoni napoletane, romanzi d'appendice oppure ispirati a fatti di cronaca.<ref>Gwendolyn Audrey Foster, ''Women Film Directors: An International Bio-Critical Dictionary'', Greenwood Publishing Group, Santa Barbara, 1995 pp. 282-284.</ref> Altra pellicola di ambientazione verista è ''[[Sperduti nel buio (film 1914)|Sperduti nel buio]]'' (1914), del regista siciliano [[Nino Martoglio]], considerata da certa critica come un primo esempio di cinema neorealista.<ref>Callisto Cosulich, articolo ''Primo contatto con la realtà'' in ''Eco del cinema e dello spettacolo'', n.77 del 31 luglio 1954.</ref>
In realtà la produzione italiana di questo periodo è marginale e il mercato è dominato dai film hollywoodiani. L'unico produttore capace di adeguarsi alla situazione è [[Stefano Pittaluga]], destinato a esercitare un controllo quasi assoluto sui film italiani fino agli anni trenta. Tra i registi in grado di misurarsi con le produzioni europee troviamo [[Lucio D'Ambra]], [[Carmine Gallone]] e soprattutto [[Augusto Genina]]. Realizzatore versatile e attento ai gusti del pubblico, Genina si dedica con facilità alla commedia brillante, ai melodrammi e ai film d'avventura, ottenendo spesso grandi successi al botteghino. Dalla seconda metà degli anni trenta presterà la sua regia a specifici film bellici, voluti e organizzati dalla propaganda fascista<ref>Sergio Grmek Germani, Vittorio Martinelli, ''Il cinema di Augusto Genina'', Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 1989.</ref>.
Si dovrà aspettare la fine del decennio per trovare pellicole di maggior respiro. In questo periodo un gruppo di intellettuali vicini alla rivista ''[[Rivista del cinematografo|Cinematografo]]'' e guidati da [[Alessandro Blasetti]] lancia un programma semplice quanto ambizioso. Consapevoli dell'arretratezza culturale italiana, decidono di rompere ogni legame con la tradizione precedente attraverso una riscoperta del mondo contadino, fino ad allora praticamente assente nel cinema italiano. ''[[Sole (film 1929)|Sole]]'' (1929) di Alessandro Blasetti mostra l'evidente influenza delle avanguardie sovietiche e tedesche nel tentativo di rinnovare la cinematografia italiana in accordo con gli interessi del regime fascista. ''[[Rotaie (film)|Rotaie]]'' ([[1930]]) di [[Mario Camerini]] fonde il genere tradizionale della commedia con il [[kammerspiel]] e il film realista, rivelando l'abilità del regista nel tratteggiare i caratteri della media borghesia<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 59-60.</ref>.
Pur non essendo paragonabili ai risultati più alti del cinema internazionale del periodo, i lavori di Alessandro Blasetti e Mario Camerini testimoniano un avvenuto passaggio generazionale tra i registi e gli intellettuali italiani, e soprattutto un'emancipazione dai modelli letterari e un avvicinamento ai gusti del pubblico. Una volta riorganizzata l'industria, i frutti di questa rinascita saranno completamente veicolati dal regime fascista.
Nella prima metà degli anni trenta, il mercato cinematografico mondiale attraversa un vero e proprio sconvolgimento provocato dall'avvento del sonoro. Lo scetticismo iniziale nei confronti del nuovo mezzo coinvolge produttori e cineasti di molti paesi, restii fin da subito a cimentarsi con la relativa ideazione. Tale invenzione stravolge le regole della grammatica cinematografica e viene vista come una minaccia per la distribuzione internazionale, potenzialmente soggetta (tramite il doppiaggio) a qualsiasi tipo di manipolazione. Il sonoro arriva in Italia nel 1930, tre anni dopo l'uscita de ''[[Il cantante di jazz (film 1927)|Il cantante di jazz]]'' (1927), e porta immediatamente a un dibattito sulla validità del cinema parlato e i suoi rapporti con il teatro.
Alcuni registi affrontano con entusiasmo la nuova sfida. Il primo film sonoro italiano è ''[[La canzone dell'amore]]'' ([[1930]]), di [[Gennaro Righelli]], che risulta essere un grande successo di pubblico. Anche Alessandro Blasetti sperimenta l'uso di una pista ottica per il suono nella pellicola ''[[Resurrectio]]'' (1930), girata prima della ''Canzone dell'amore'' ma distribuita alcuni mesi più tardi<ref name=Gori20>Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'', La Nuova Italia, Firenze, 1984, p. 20.</ref>. Simile al film di Righelli è ''[[Gli uomini, che mascalzoni...]]'' (1932), di [[Mario Camerini]], che ha il merito di far debuttare sugli schermi [[Vittorio De Sica]].
Con il passaggio al cinema parlato la maggior parte degli attori italiani del cinema muto, ancora legata alla stilizzazione teatrale, si ritrova squalificata. L'epoca delle dive e dei forzuti, sopravvissuti a stento agli anni venti, è definitivamente conclusa. Anche se alcuni interpreti passeranno alla regia o alla produzione, l'arrivo del sonoro favorisce il ricambio generazionale e la conseguente modernizzazione delle strutture.
== L'industria cinematografica nel periodo fascista (1922-1945) ==
{{vedi anche|Cinecittà}}
[[File:Centrosperimentale.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Il Centro Sperimentale di Cinematografia di [[Roma]]]]
Consapevole dell'importanza del cinema nella gestione del consenso sociale, il regime [[fascismo|fascista]] si preoccupa fin da subito di rilanciare una cinematografia in declino. Nel 1924 viene fondata l'[[Istituto Luce|Unione Cinematografica Educativa Luce]], una società di produzione e distribuzione a controllo statale. Nello stesso periodo viene istituito il [[Ministero della Cultura Popolare]] che, attraverso considerevoli contributi a fondo perduto (regolati dalla legge 918 del 1931), finanzia direttamente l'industria dello spettacolo.<ref>Istituto Nazionale Luce, Enciclopedia del Cinema (2003)</ref> Tra i maggiori beneficiari c'è la casa di produzione Cines-Pittaluga, che nel 1925 costruisce nuovi teatri di posa alle porte di Roma. Nonostante l'aumento degli investimenti derivato da questa politica dirigista, l'arretratezza tecnologica e culturale condanna alla marginalità l'ultimo periodo del cinema muto. Nel primo anno di vita della Cines saranno prodotti in Italia soltanto 12 film, contro i 350 importati dall'estero<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", in ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 342.</ref>.
Entro la fine del decennio, il regime diventerà l'unico finanziatore possibile dell'industria cinematografica. Da questo momento in poi, fino allo scoppio della guerra, produzione e mercato saranno stabilmente pilotati dalle autorità governative. Nel 1934 è istituita la Direzione generale per la Cinematografia guidata da [[Luigi Freddi]], che di fatto controllerà la produzione di film italiani e esteri fino alla caduta del regime. Lo stesso anno viene creata la Corporazione dello spettacolo, dove trovano posto tutti i principali produttori e distributori del paese. In questo periodo, oltre alla Cines, nascono altre società di produzione, tra cui la [[Lux Film]], specializzata in adattamenti letterari e film religiosi, e la Novella Film di [[Angelo Rizzoli (1889-1970)|Angelo Rizzoli]]. Tra i produttori più attivi vanno ricordati [[Gustavo Lombardo]] (presidente della [[Titanus]]), [[Giovacchino Forzano]] e i [[Scalera Film|fratelli Scalera]]. Tutti i produttori e i distributori ricevono fondi dallo Stato, che si dota anche di una propria catena di sale, l'[[Ente Nazionale Industrie Cinematografiche|E.N.I.C.]].
Nel 1935 viene istituito il [[Centro Sperimentale di Cinematografia]], destinato a imporsi come il principale luogo di formazione professionale del cinema italiano. Nello stesso anno gli stabilimenti della Cines vengono distrutti da un incendio. Sulle ceneri del vecchio sito industriale sorge nel 1937 [[Cinecittà]], uno dei complessi produttivi più grandi d'Europa, inaugurato in aperta sfida agli studios di Hollywood.<ref>[https://sites.google.com/site/ilcinemasonoro/home/029__ Il cinema sonoro, "Documenti"]</ref> Nel 1940 gli stabilimenti vengono statalizzati e ben presto diventano il cuore pulsante dell'industria cinematografica, portando metà della produzione a girare nei suoi teatri di posa. Da quel momento [[Roma]] diventa la capitale indiscussa del cinema italiano, con Cinecittà e il Centro Sperimentale destinati a esercitare per circa mezzo secolo un dominio incontrastato nella formazione delle competenze e nella produzione.
[[File:Cinepisorno.jpg|thumb|upright=1.3|Stabilimenti cinematografici Pisorno a Tirrenia nel 1938 fondati da [[Giovacchino Forzano]]]]
Fino alla fine del 1938 il regime fascista non impedirà l'importazione di film stranieri (basti pensare che il 73% degli incassi di quell'anno vanno a film hollywoodiani), ma con il rafforzamento finanziario e il sempre maggiore ruolo dello Stato nella produzione vengono adottate misure protezionistiche, volte a limitare le importazioni. Mettendo a punto una politica dittatoriale votata al monopolio dei mezzi di informazione, la legge Alfieri del 6 giugno 1938 blocca la circolazione di film stranieri, dando impulso alla produzione nazionale. Nel 1939 si realizzano 50 film, che diventeranno 119 nel 1942; contemporaneamente la quota di mercato nazionale dei film italiani passa dal 13% al 50%<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 348.</ref>. Nemmeno la guerra è capace di arrestare questo stato di euforia produttiva, che durerà fino al 1943.
Fino al momento della sua caduta, il regime imporrà un cinema strutturato in generi codificati: commedia farsesca e sentimentale, melodramma, feuilleton in costume, gialli polizieschi (quasi tutti d'ambientazione straniera), film musicali (tratti dalle più famose opere liriche), lungometraggi d'avventura, film a tema bellico e pellicole storiche. Il cinema del periodo fascista non sarà il veicolo privilegiato della propaganda (un compito svolto molto più persuasivamente dai Cinegiornali Luce), ma contribuirà a formare l'idea di società che il fascismo vuole imporre: una società pacificata, priva di conflitti interni, capace di slanci produttivi ma non toccata dai mali della modernità.
A questo intento celebrativo contribuisce una nuova generazione di attori: [[Vittorio De Sica]] incarna una virilità comune e per questo capace di catturare le attenzioni del pubblico; al suo fianco recitano [[Dria Paola]], [[Isa Pola]], [[Gianfranco Giachetti]], [[Carlo Ninchi]], [[Germana Paolieri]], [[Elio Steiner]] ed [[Isa Miranda]]. Tutti questi attori rappresentano un tentativo riuscito di riportare in auge un divismo di statura internazionale. Durante gli anni trenta e quaranta, allo stesso modo, interpreti come [[Gino Cervi]], [[Amedeo Nazzari]], [[Fosco Giachetti]], [[Massimo Girotti]], [[Leonardo Cortese]], [[Raf Vallone]] ed [[Ennio Cerlesi]] continueranno a incarnare la virilità italiana, divisa tra orgoglio nazionale e avvicinamenti progressivi alla realtà; così come [[Antonio Centa]], [[Osvaldo Valenti]], [[Erminio Spalla]], [[Rossano Brazzi]], [[Adriano Rimoldi]], [[Massimo Serato]], [[Andrea Checchi]], [[Enzo Fiermonte]], [[Renato Cialente]], [[Guido Celano]], [[Claudio Gora]] e [[Roberto Villa]]. Dal lato femminile [[Alida Valli]], [[Assia Noris]], [[Clara Calamai]], [[Doris Duranti]], [[Elsa Merlini]], [[Evi Maltagliati]], [[María Denis]] e [[Dina Sassoli]], portano sul grande schermo una bellezza più comune, distante dal fascino stilizzato delle dive del muto. Sulla stessa lunghezza d'onda faranno il loro debutto [[Valentina Cortese]], [[Luisa Ferida]], [[Elisa Cegani]], [[Caterina Boratto]], [[Carla Del Poggio]], [[Paola Barbara]], [[Mariella Lotti]], [[Vivi Gioi]], [[Marina Berti]], [[Luisella Beghi]] ed [[Elsa De Giorgi]]. Nello stesso periodo fa il suo esordio una giovane [[Anna Magnani]], che a partire dal dopoguerra diventerà una delle interpreti più significative di tutto il cinema italiano.
Un discorso a parte meritano alcuni attori provenienti dal varietà e capaci di portare al cinema fortunate maschere comiche: è il caso di [[Ettore Petrolini]], [[Ruggero Ruggeri]], [[Totò]], [[Gilberto Govi]], i fratelli [[Eduardo De Filippo|Eduardo]], [[Titina De Filippo|Titina]] e [[Peppino De Filippo]], [[Aldo Fabrizi]], [[Nino Taranto]], [[Renato Rascel]] ed [[Erminio Macario]]<ref name = "gp" >Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., pp. 203-2015.</ref>.
=== Film di propaganda ===
{{vedi anche|Cinema di propaganda fascista}}
[[File:Scipione l'africano - Carmine Gallone - 1937.png|miniatura|sinistra|Un'immagine del film ''[[Scipione l'Africano (film)|Scipione l'Africano]]'' (1937), diretto da [[Carmine Gallone]]]]
Le rappresentazioni cinematografiche dello squadrismo e delle prime azioni fasciste sono rare. ''[[Vecchia guardia (film)|Vecchia guardia]]'' (1934), di Alessandro Blasetti rievoca la supposta spontaneità vitalistica dello squadrismo con toni populisti, ma non viene apprezzato dalla critica ufficiale<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 194.</ref>. ''[[Camicia nera (film)|Camicia nera]]'' (1933), di [[Giovacchino Forzano]], realizzato per il decennale della [[marcia su Roma]], celebra le politiche del regime (la bonifica delle paludi pontine e la costruzione di [[Littoria]]) alternando sequenze narrative a brani documentari.
Con il consolidamento politico, l'autorità governativa impone all'industria cinematografica di rafforzare l'identificazione del regime con la storia e la cultura del paese. Da qui nasce l'intento di rileggere la storia italiana in una prospettiva autoritaria, riducendo teleologicamente ogni avvenimento passato a un prodromo della "rivoluzione fascista", in continuità con l'opera storiografica di [[Gioacchino Volpe]]. Dopo i primi tentativi in questa direzione, volti soprattutto a sottolineare il presunto legame tra [[Risorgimento]] e [[Fascismo]] (''[[Villafranca (film)|Villafranca]]'' di Forzano, 1933; ''[[1860 (film)|1860]]'' di Blasetti, 1933), la tendenza raggiunge il culmine poco prima della guerra. ''[[Cavalleria (film)|Cavalleria]]'' (1936), di [[Goffredo Alessandrini]], rievoca la nobiltà dei combattenti sabaudi presentandone le gesta come anticipazioni dello squadrismo. ''[[Condottieri (film 1937)|Condottieri]]'', (1937), di [[Luis Trenker]], racconta la storia di [[Giovanni dalle Bande Nere]] stabilendo esplicitamente un parallelo con [[Benito Mussolini]], mentre ''[[Scipione l'Africano (film)|Scipione l'Africano]]'' (1937), di [[Carmine Gallone]] (uno dei più grandi sforzi finanziari dell'epoca), celebra l'impero romano e indirettamente quello fascista<ref name=Brunetta352>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 352-355.</ref>.
L'[[Guerra d'Etiopia|invasione dell'Etiopia]] dà ai registi italiani la possibilità di estendere gli orizzonti delle ambientazioni<ref>Gian Piero Brunetta, Jean A. Gili, ''L'ora d'Africa del cinema italiano, 1911-1989'', Materiali di Lavoro, Rovereto, 2000.</ref>. ''[[Il grande appello]]'' (1936), di [[Mario Camerini]], esalta l'imperialismo descrivendo la "nuova terra" come un'opportunità di lavoro e redenzione, contrapponendo l'eroismo dei giovani soldati alla pavidità borghese. La polemica antipacifista che accompagna le imprese coloniali è evidente anche in ''[[Lo squadrone bianco]]'' (1936), di [[Augusto Genina]], che unisce la retorica propagandistica a notevoli sequenze di battaglia girate nel deserto della [[Tripolitania]]. La maggior parte dei film a celebrazione dell'impero sono in prevalenza documentari, volti a mascherare la guerra come una lotta della civiltà contro la barbarie. La [[Guerra civile spagnola|guerra di Spagna]] è descritta nei documentari ''Los novios de la muerte'' (1936), di [[Romolo Marcellini]] e ''Arriba España, España una, grande, libre!'' (1939), di [[Giorgio Ferroni]] e fa da sfondo a un'altra dozzina di film, tra i quali il più spettacolare è ''[[L'assedio dell'Alcazar]]'' (1940), di Augusto Genina<ref name=Brunetta352/>.
Possono essere annoverati come film di propaganda (seppur indiretta) anche pellicole come ''[[Pietro Micca (film)|Pietro Micca]]'' ([[1938]]) di [[Aldo Vergano]], ''[[Ettore Fieramosca (film 1938)|Ettore Fieramosca]]'', realizzato nello stesso anno da [[Alessandro Blasetti]], e ''[[Fanfulla da Lodi (film)|Fanfulla da Lodi]]'' ([[1940]]) di [[Giulio Antamoro]], in cui, prendendo a pretesto la narrazione epica di vicende storiche, si opera una palese apologia della dedizione alla patria (in certi casi spinta fino al sacrificio personale) nel medesimo solco dei film coloniali d'ambientazione contemporanea.
[[File:Vecchia guardia 1934.JPG|miniatura| Una scena del film ''[[Vecchia guardia (film)|Vecchia guardia]]'' (1934) di [[Alessandro Blasetti]]]]
Con la partecipazione dell'Italia alla [[seconda guerra mondiale]], il regime fascista rafforza ulteriormente il controllo sulla produzione e richiede un impegno più deciso nella propaganda. Oltre agli ormai canonici documentari, cortometraggi e cinegiornali, aumentano anche i film a soggetto in elogio delle imprese belliche italiane. Tra i più rappresentativi troviamo ''[[Bengasi (film)|Bengasi]]'' (1942), di Genina, ''[[Gente dell'aria]]'' (1943), di [[Esodo Pratelli]], ''[[I 3 aquilotti]]'' (1942), di [[Mario Mattoli]] (su sceneggiatura di [[Vittorio Mussolini]]), ''[[Il treno crociato]]'' (1943) di [[Carlo Campogalliani]], ''[[Harlem (film)|Harlem]]'' (1943) di [[Carmine Gallone]] e ''[[Quelli della montagna]]'' (1943), di [[Aldo Vergano]] con la supervisione di Blasetti. Una citazione a parte merita ''[[Uomini sul fondo]]'' (1941) di [[Francesco De Robertis]], un film notevole grazie al suo approccio quasi documentaristico<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 354.</ref>.
Il film di maggiore successo del periodo è il dittico ''[[Noi vivi]]''-''[[Addio Kira!]]'' (1942), di [[Goffredo Alessandrini]]. Riconducibile al genere del dramma anticomunista, questo cupo melodramma (ambientato in [[Unione Sovietica]]) è ispirato a un [[Noi vivi (romanzo)|romanzo]] della scrittrice [[Ayn Rand]] che esalta l'individualismo filosofico più radicale. Proprio a causa di questa generica critica all'autoritarismo, il dittico ha potuto essere interpretato come una blanda accusa al regime fascista<ref name=Brunetta355>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 355.</ref>.
Tra i registi che danno il loro contributo alla propaganda bellica c'è anche [[Roberto Rossellini]], autore di una trilogia composta da ''[[La nave bianca]]'' (1941), ''[[Un pilota ritorna]]'' (1942) e ''[[L'uomo dalla croce]]'' (1943). Anticipando per certi versi le sue opere della maturità, il regista adotta uno stile dimesso e immediato, che non contrasta l'efficacia della propaganda ma neppure esalta la retorica bellica dominante: è lo stesso approccio anti-spettacolare a cui resterà fedele per tutta la vita<ref name=Brunetta355/>.
=== Il cinema dei telefoni bianchi ===
{{vedi anche|Cinema dei telefoni bianchi}}
[[File:Grandimagazzini-1939-Noris.png|miniatura|sinistra|upright 1.2|[[Assia Noris]] nel film ''[[I grandi magazzini]]'' di [[Mario Camerini]] (1939)]]
La stagione dei [[Cinema dei telefoni bianchi|telefoni bianchi]] interessa un periodo di tempo relativamente breve, dalla seconda metà degli anni trenta alla caduta del fascismo. Il riferimento ai telefoni di colore bianco (all'epoca un segno di benessere sociale) indica fin da subito i caratteri di questo cinema che portano al rifiuto di qualunque problematica sociale, ponendo al centro della scena esili commedie sentimentali che conoscono un effimero successo. Se da un lato l'ambientazione piccolo-borghese rivela le speranze e i sogni collettivi della società italiana, dall'altro il carattere ameno delle storie è in netto contrasto con la politica dominante e il cinema di propaganda a essa legato<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 248.</ref>.
Una denominazione alternativa del genere è "cinema déco"<ref name=brunetta356>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 356.</ref>, per sottolineare i frequenti riferimenti alle tendenze e al costume dell'epoca. Le relative produzioni, infatti, traboccano di case di lusso, macchine di grido, vestiti ed arredamenti alla moda, degno contorno delle innocue e spensierate vicende comico-sentimentali di [[Amedeo Nazzari]], [[Vittorio De Sica]], [[Alida Valli]] ed [[Assia Noris]]. Il cosmopolitismo superficiale del genere è spiegabile anche per le necessità produttive: molti film sono adattamenti di commedie mitteleuropee di inizio secolo, che tentano di mascherare la frivolezza del contenuto con la brillantezza dello stile. L'ambientazione straniera di molte storie (spesso in un'Europa centrale indifferente alle tragedie del continente<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 250.</ref>), contribuisce a relegare questo cinema nel puro disimpegno, lontano da preoccupazioni belliche e sociali. Inoltre, il "cinema déco" si rivelerà ben presto il banco di prova di numerosi sceneggiatori destinati a imporsi nei decenni successivi (tra i quali [[Cesare Zavattini]] e [[Sergio Amidei]]), e soprattutto di numerosi scenografi come [[Guido Fiorini]], [[Gino Carlo Sensani]] e [[Antonio Valente]], i quali, in virtù delle riuscite invenzioni grafiche, porteranno tali produzioni a divenire una specie di "summa" dell'estetica piccolo-borghese del tempo<ref name=brunetta356/><ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', p. 251-257.</ref>.
Tra gli autori, [[Mario Camerini]] è il maggior regista del genere. Dopo aver praticato i filoni più diversi, negli anni trenta si sposta felicemente nel territorio della commedia sentimentale con ''[[Gli uomini, che mascalzoni...]]'' ([[1932]]), ''[[Il signor Max]]'' ([[1937]]) e ''[[I grandi magazzini]]'' ([[1939]]), nei quali mette a punto una leggerezza di tocco capace di valorizzare i divi dell'epoca. In altri film si confronta con la commedia di impronta hollywoodiana sul modello di [[Frank Capra]] (''[[Batticuore (film 1939)|Batticuore]]'', 1939) e con quella surreale alla [[René Clair]] (''[[Darò un milione]]'', 1936). Camerini è interessato alla figura dell'italiano tipico e popolare, tanto da anticipare alcuni elementi della futura commedia all'italiana<ref>Alberto Farassino, ''Mario Camerini'', Editions du Festival International du Film de Locarno, Locarno, 1992.</ref>. Il suo interprete maggiore, [[Vittorio De Sica]], ne continuerà la lezione in ''[[Maddalena... zero in condotta]]'' (1940) e ''[[Teresa Venerdì]]'' (1941), valorizzando soprattutto la direzione degli attori e la cura per le ambientazioni.
Tra gli altri registi troviamo [[Mario Mattoli]] (''[[Ore 9 lezione di chimica]]'', 1941), [[Jean de Limur]] (''[[Apparizione (film)|Apparizione]]'', 1944) e [[Max Neufeld]] (''[[La casa del peccato (film 1938)|La casa del peccato]]'', 1938; ''[[Mille lire al mese (film)|Mille lire al mese]]'', 1939). Di segno parzialmente diverso sono le commedie realiste di [[Mario Bonnard]] (''[[Avanti c'è posto...]]'', 1942; ''[[Campo de' fiori (film)|Campo de' fiori]]'', 1943), che si discostano dall'impronta ''déco''.
=== Il calligrafismo ===
{{vedi anche|Calligrafismo (cinema)}}
[[File:Tragica notte fotoscena.jpg|destra|miniatura|Una foto di scena di ''[[Tragica notte (film)|Tragica notte]]'' (1942) di [[Mario Soldati]]]]
Il [[Calligrafismo (cinema)|calligrafismo]] è una tendenza cinematografica relativa ad alcuni film realizzati in Italia nella prima metà degli [[Anni 1940|anni quaranta]] e dotati di una complessità espressiva che li isola dal contesto generale. L'esponente più noto di questa tendenza è [[Mario Soldati]], scrittore e regista di lungo corso destinato a imporsi con pellicole di ascendenza letteraria e solido impianto formale. I suoi film mettono al centro della storia personaggi dotati di una forza drammatica e psicologica estranea sia al cinema dei telefoni bianchi sia ai film propagandistici, e rinvenibili in opere come ''[[Dora Nelson]]'' ([[1939]]), ''[[Piccolo mondo antico (film 1941)|Piccolo mondo antico]]'' ([[1941]]), ''[[Malombra (film 1942)|Malombra]]'' ([[1942]]), ''[[Tragica notte (film)|Tragica notte]]'' ([[1942]]) e ''[[Quartieri alti]]'' ([[1943]]). [[Luigi Chiarini]], già attivo come critico, approfondisce la tendenza nei suoi ''[[La bella addormentata (film 1942)|La bella addormentata]]'' ([[1942]]), ''[[Via delle Cinque Lune]]'' ([[1942]]) e ''[[La locandiera (film 1944)|La locandiera]]'' ([[1944]]). I conflitti interiori dei personaggi e la ricchezza scenografica sono ricorrenti anche nei primi film di [[Alberto Lattuada]] (''[[Giacomo l'idealista (film)|Giacomo l'idealista]]'', [[1943]]) e [[Renato Castellani]] (''[[Un colpo di pistola]]'', [[1942]]), dominati da un senso di disfacimento morale e culturale che sembra anticipare la fine della guerra.
Altro importante esempio di film calligrafico è la versione cinematografica de ''[[I promessi sposi (film 1941)|I promessi sposi]]'' ([[1941]]), di [[Mario Camerini]] (molto fedele nella messa in scena al capolavoro del Manzoni), che grazie agli introiti percepiti diviene il lungometraggio più seguito a cavallo tra gli anni 1941 e 1942.<ref>VI° volume della ''Storia del cinema italiano'', op. cit. in bibliografia, pag. 670 e seg.</ref>
La caratteristica saliente in questo corpus eterogeneo di film risiede nella volontà di competere con le produzioni europee affermando l'autonomia del cinema nei confronti delle altre arti. Nello stesso tempo, si evoca la possibilità di confrontarlo con esse mediante uno stile che possa fondere e contaminare i diversi linguaggi espressivi<ref>Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5</ref>. Il risultato è un cinema formalmente complesso, capace di rievocare numerose tendenze culturali e di armonizzarle in una forma artistica compiuta. Si rivaluta così il carattere "artigianale" del cinema, più volte svilito dalle coeve produzioni dei telefoni bianchi e del filone apologetico. I riferimenti letterari principali sono quelli della narrativa ottocentesca, in prevalenza italiana (da [[Antonio Fogazzaro]] a [[Emilio De Marchi (scrittore)|Emilio De Marchi]]), russa e francese. Ai film collaborano letterati come [[Corrado Alvaro]], [[Ennio Flaiano]], [[Emilio Cecchi]], [[Vitaliano Brancati]], [[Mario Bonfantini]], [[Umberto Barbaro]] e documentaristi come [[Francesco Pasinetti]]. Sul versante visivo, il calligrafismo si rifà ai [[macchiaioli]] toscani, ai [[preraffaeliti]] e ai [[simbolisti]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 357-359.</ref>.
Le pellicole di questo breve periodo non hanno vocazione realista o di impegno sociale. L'interesse principale resta la cura formale e la ricchezza di riferimenti culturali racchiusi in un cinema capace di valorizzare la professionalità di ogni componente produttiva. Il calligrafismo non porta a innovazioni nel sistema produttivo, ma ne eleva la qualità e rivela le ambizioni di una nuova generazione di autori interessati a superare i limiti ristretti della cultura fascista<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., p. 258.</ref>. La critica del tempo bolla questi film come velleitari e superficiali (coniando appositamente l'espressione "calligrafismo"); in seguito, a partire dagli [[anni 1960|anni sessanta]], questo giudizio riduttivo è stato corretto<ref>Andrea Martini, ''La bella forma. Poggioli, i calligrafici e dintorni'', Marsilio, Venezia, 1992. ISBN 88-317-5774-1</ref>.
=== Il cinema della Repubblica di Salò ===
{{vedi anche| Cinevillaggio}}
[[File:Osvaldo Valenti prigioniero 1945.jpg|miniatura|sinistra|[[Osvaldo Valenti]] con la divisa della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Xª MAS]]]]
Per la brevità della sua storia, la fragilità delle strutture produttive e la debolezza dei film, il cinema della [[Repubblica Sociale Italiana|Repubblica di Salò]] è un campo scarsamente considerato dalla storiografia. Questa "non storia"<ref>L'efficace definizione è di Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 363.</ref> inizia all'indomani dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre]], quando [[Luigi Freddi]] stabilisce il nuovo centro della cinematografia fascista a [[Venezia]] allo scopo di riprendere la produzione. [[Ferdinando Mezzasoma]], nominato Ministro della Cultura Popolare, tenta di creare una piccola [[Cinevillaggio|Cinecittà veneziana]] con i registi, le maestranze e gli attori che hanno risposto all'appello di trasferirsi al nord. Ma il cinema della Repubblica Sociale è da subito condannato a lottare contro la scarsità di mezzi concessi dalle autorità, ormai prive di interesse per quella che Mussolini stesso aveva definito ''l'arma più forte''. Giorgio Venturini, Direttore generale dello spettacolo (peraltro privo di qualunque esperienza in campo cinematografico), descrive con realismo la situazione in cui si trova a operare:
{{Citazione|Quel che vedete non è certo Cinecittà: chiamiamolo pure un [[cinevillaggio]]; ma il piano urbanistico ne è stato così ben tracciato da consentire domani ogni più ampio sviluppo.<ref>{{cita pubblicazione | nome=Giorgio | cognome=Venturini |titolo=Discorso e cronaca della cerimonia d'inaugurazione |rivista=Film |volume=VII |numero=6 |anno=1944}}.</ref>}}
All'inizio del [[1944]] vengono inviate da [[Praga]] le apparecchiature cinematografiche requisite dai tedeschi a [[Cinecittà]] e la produzione può iniziare. Il tentativo di stabilire un solido gruppo di attori è però fallimentare: [[Osvaldo Valenti]], [[Luisa Ferida]], [[Roberto Villa]], [[Doris Duranti]], [[Massimo Serato]], [[Clara Calamai]], [[Elio Steiner]] e [[Germana Paolieri]] sono i soli nomi di prestigio ad aver giurato fedeltà al nuovo regime e ad aderire al [[cinevillaggio]]. Molti artisti di punta fuggono all'estero, altri si rendono irreperibili in attesa di tempi migliori. I restanti interpreti risultano figure di secondo piano, che non bastano a suscitare l'interesse del pubblico (tra questi si ricordano [[Luigi Tosi (attore)|Luigi Tosi]], [[Andreina Carli]], [[Mino Doro]], [[Nada Fiorelli]], [[Alfredo Varelli]], [[Loredana (attrice)|Loredana]], [[Nino Crisman]], [[Silvia Manto]], [[Giulio Stival]], [[Milena Penovich]], [[Maurizio D'Ancora]] ed [[Elena Zareschi]]). Tra i pochi registi che aderiscono al cinema repubblichino troviamo invece [[Piero Ballerini]], [[Francesco De Robertis]], [[Carlo Campogalliani]], [[Fernando Cerchio]], [[Ferruccio Cerio]], [[Giorgio Ferroni]], [[Mario Baffico]], [[Max Neufeld]] e [[Max Calandri]]; tra gli sceneggiatori [[Corrado Pavolini]] ed [[Alessandro De Stefani]].
Le risorse del Ministero vengono usate principalmente per riportare in vita il Cinegiornale Luce. I 55 servizi realizzati dalla metà del [[1943]] alla fine della guerra si occupano di cronache mondane, eventi sportivi, curiosità dall'estero. La guerra resta spesso sullo sfondo, e in un solo numero si parla dei [[partigiani]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 362.</ref>. I lungometraggi a soggetto, una quarantina in totale (molti dei quali andati perduti) sono improntati all'evasione dalla realtà circostante (commedie, film storici e feuilleton sentimentali), mentre ben pochi rientrano nell'ormai morente filone propagandistico. Fra i titoli sopravvissuti si ricorda ''[[La vita semplice]]'' (1946), di [[Francesco De Robertis]], un'amena storia sentimentale ambientata nella Venezia popolare.
La fine della guerra è anche la fine di questo fragile cinevillaggio, mai realmente decollato. Al cessare delle ostilità i dissidi saranno ricomposti in nome della ricostruzione nazionale, in parte nella velleitaria speranza di mantenere anche in tempo di pace una parte della produzione a Venezia<ref>Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986, p. 333.</ref>.
== Il cinema del dopoguerra (1945-1955) ==
Negli ultimi anni del conflitto l'Italia conosce tragedie e distruzioni immani. Uno dei sistemi produttivi più avanzati d'Europa si è dissolto e la produzione è praticamente ferma. In questo scenario desolante si manifesta una volontà di rinascita, che nel 1944 porta alla fondazione dell'[[Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali|ANICA]], erede diretta della FNFIS di epoca fascista, che raccoglie gli interessi di produttori, distributori ed esercenti. Un articolo del ''Mondo Nuovo'', rotocalco statunitense in lingua italiana, sintetizza così questa volontà di resurrezione:
{{Citazione|Produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal tetto. [...] Eppure nei teatri di posa italiani si continua a girare film. Meraviglia come soltanto ora, che non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponda a quello che è l'animo del paese<ref>"Manca tutto ma si lavora lo stesso", ''Mondo Nuovo'', I, n. 1, 19 marzo 1945, p. 24</ref>.}}
All'indomani del 25 aprile, il [[Comitato di Liberazione Nazionale]] forma un [[governo di coalizione]] su base [[cattolica]], [[liberale]], [[socialista]] e [[comunista]], con l'intento di ristabilire le libertà democratiche, venute meno nel ventennio fascista. Con l'avvento della [[Repubblica]], nel giro di pochi anni, la produzione si stabilizza: nel [[1945]] vengono prodotti 28 film, che salgono a 62 l'anno successivo e a 104 all'inizio degli anni cinquanta. Alla fine del decennio si arriverà a 167<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 586.</ref>. La crescita è facilitata anche da una politica di assistenza da parte del governo intesa a garantire la stabilità dell'assetto industriale, in opposizione all'azione degli studios hollywoodiani, della [[Psychological Warfare Branch|PWB]] e della diplomazia statunitense, che puntano invece a impedire la ripresa produttiva<ref>Ennio Di Nolfo, "La diplomazia del cinema americano", in David W. Ellwood, Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Hollywood in Europa'', La Casa Husher, Firenze, 1991, pp. 29-40.</ref>. Nel corso del decennio la cinematografia italiana si imporrà su i film statunitensi, che alla fine della guerra si erano abbattuti in massa sul mercato nazionale.<ref>Lorenzo Quaglietti, ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.</ref>
=== Il neorealismo ===
{{vedi anche|Neorealismo (cinema)}}
In questo campo di contraddizioni si sviluppa il [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], una stagione artistica e culturale che riguarda tutte le forme d'arte, ma che trova nel cinema i suoi risultati più compiuti. Il neorealismo nasce dal libero incontro di alcune individualità all'interno di un clima storico comune, rappresentato dal trauma della guerra e la relativa lotta di liberazione.<ref>Vincenzo De Caprio, Stefano Giovanardi, ''Il Neorealismo in Storia della letteratura italiana'', Einaudi, Milano, 1993, p. 1197.</ref> Per tali motivi il cinema neorealista non può essere considerato né una corrente né un movimento, dato che i registi di spicco ([[Roberto Rossellini]], [[Vittorio De Sica]], [[Luchino Visconti]] e [[Giuseppe De Santis]]) manterranno sempre una personalità autonoma e originale. I tratti comuni del nuovo realismo, inseparabili dal contesto storico, sono identificabili piuttosto nel senso etico di fratellanza nato dall'[[antifascismo]], nella centralità di personaggi comuni e nell'intreccio tra vicende private e storia pubblica, tutti elementi che spingono all'uso preferenziale (ma non esclusivo) di attori non professionisti e di ambientazioni reali. Si evolve in tal modo un cinema di stampo realista che assurge a simbolo di riscatto del popolo italiano, di quella società povera ma vitale che il cinema d'epoca fascista aveva completamente rimosso.
[[File:Roma città aperta.png|miniatura|destra|[[Aldo Fabrizi]] in una scena di ''[[Roma città aperta]]'' ([[1945]]) di [[Roberto Rossellini]]]]
Il momento di svolta avviene con ''[[Roma città aperta]]'' (1945), di [[Roberto Rossellini]], rievocazione della lotta antifascista a Roma negli ultimi mesi della guerra civile in cui le diverse anime della [[resistenza romana]] (comunista, liberale e cattolica) collaborano nel rispetto reciproco. Ciò che colpisce a livello scenografico è il pieno utilizzo di luoghi all'aperto dove, oltre agli attori, a essere protagonista è l'architettura stessa della [[città eterna]]. Quello che più interessa al regista sono "le strade, le chiese, i tetti, le case popolari, quegli spazi vitali che l'uomo è chiamato a difendere"<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita'', cit., p. 595.</ref>. Il film ottiene grande successo internazionale (anche in virtù delle prove di [[Aldo Fabrizi]] e [[Anna Magnani]]) e consacra Rossellini a portavoce del neorealismo. La visione ecumenica ritorna nel successivo, ''[[Paisà]]'' (1946), affresco bellico sull'avanzata degli alleati dalla Sicilia alla valle del Po, che rispetto al precedente sacrifica la psicologia individuale alla necessità dell'itinerario storico e geografico. Girato con mezzi di fortuna a ridosso dei fatti, il film suddivide gli avvenimenti narrati in sei episodi differenti, a tratti filmati con criteri e finalità propri del documentario.
Per certi versi speculare a ''[[Paisà]]'' è ''[[Germania anno zero]]'' (1947), dove l'autore muove la macchina da presa tra le macerie di una [[Berlino]] distrutta dai bombardamenti. Qui il trauma bellico è inserito nella visione cattolica della lotta dell'uomo contro le avversità della storia, che nel tragico finale sembra sancire la morte della solidarietà. ''[[Francesco giullare di Dio]]'' (1950) rinnova la ricerca tematica del regista rappresentando la religione popolare come risposta al senso del vivere. Nei seguenti ''[[Stromboli]]'' (1950), ''[[Europa '51]]'' (1952) e ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'' (1954), segnati dalla collaborazione con [[Ingrid Bergman]], il regista si interroga sul rapporto tra individuo e società, sulla solitudine dell'esistenza e sul silenzio di Dio, rappresentando i dati visibili come correlativi di una ricerca interiore. Questi film, accolti inizialmente con freddezza dalla critica, avranno grande influenza nello sviluppo del cinema europeo dei decenni successivi<ref>Mario Morcellini, Paolo De Nardis, ''Società e industria culturale in Italia'', Meltemi, 1998, p. 102.</ref>.
[[File:LadriDiBicicletteStaiola1948.jpg|miniatura|sinistra|[[Enzo Staiola]] in una sequenza di ''[[Ladri di biciclette]]'' ([[1948]]) di [[Vittorio De Sica]]]]
Sul versante opposto, la parabola di [[Vittorio De Sica]] è inseparabile da quella del suo sceneggiatore [[Cesare Zavattini]], che in più di un'occasione ha rappresentato la coscienza teorica del neorealismo. Insieme realizzano nel 1943 ''[[I bambini ci guardano]]'', che mostra una forte attenzione alla realtà contemporanea; attenzione ripresa e ampliata nei successivi ''[[La porta del cielo]]'' (1944) - girato a Roma nei mesi a cavallo della Liberazione - e ''[[Sciuscià (film)|Sciuscià]]'' (1946), che conoscerà in breve tempo una grande affermazione internazionale. A differenza di Rossellini, De Sica carica il film di intensità emotiva e cerca il coinvolgimento dello spettatore raccontando la difficile sopravvivenza di due ragazzini inevitabilmente sconfitti dalla società. Con ''[[Ladri di biciclette]]'' (1949) il dramma individuale, inserito in una più ampia problematica sociale, si carica di un pathos abilmente gestito dal regista, capace di impiegare al massimo grado le interpretazioni di attori non professionisti.<ref name = Zavattini>Dario Tomasi, " Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, verso la svolta ", in "Storia del cinema italiano. 1949-1953", 2003</ref>
''[[Miracolo a Milano]]'' (1951) entra nel territorio della favola sotto forma di apologo fantastico e incentra le proprie tematiche sul bisogno della solidarietà (portando allo scoperto una tendenza latente nella poetica di Zavattini). Tale rivendicazione del potere dell'immaginazione verrà accolta con grande scetticismo da parte della critica e non troverà più seguito.<ref name = Zavattini/> Infine, l'idea zavattiniana di mettere in scena una puntigliosa descrizione della vita quotidiana raggiunge il suo climax più alto con la pellicola ''[[Umberto D.]]'' (1953). La storia di un individuo qualunque alle prese con il dramma di vivere procede per accumulazione di dettagli che la regia porta fino al culmine della forza espressiva. Foriero di un acceso dibattito politico (è nota la stroncatura dell'allora sottosegretario [[Giulio Andreotti]]), il film è una sobria meditazione sulle asperità della vecchiaia, in seguito applaudito come uno dei punti d'arrivo di tutto il cinema neorealista.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3541}}</ref>
[[File:Girotti e Bosè.jpg|miniatura|destra|[[Massimo Girotti]] e [[Clara Calamai]] in ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' ([[1943]]) di [[Luchino Visconti]]]]
Tra i registi di questo periodo, [[Luchino Visconti]] è il più complesso, solo in parte riconducibile ai moduli del neorealismo. Il suo esordio apre la strada alla riscoperta della realtà con ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (1943), autentico film-spartiacque che mostra già l'ascendenza letteraria del suo cinema, l'interesse per il melodramma e l'ambientazione rurale. Piegando i motivi del noir americano ai moduli del realismo (in particolar modo francese), questo tragico dramma psicologico risulta del tutto anomalo nel contesto del cinema fascista e sarà un punto di riferimento obbligato per molti cineasti successivi<ref>Guido Aristarco, "Il neorealismo cinematografico", ''L'Europeo'', XXXIV, 4 giugno 1976, n. 20.</ref>. Dopo la partecipazione al film collettivo ''[[Giorni di gloria (film)|Giorni di gloria]]'' (1945) e un'importante attività teatrale, Visconti raggiunge uno degli apici della sua filmografia con ''[[La terra trema]]'' (1949). Interpretato da attori non professionisti e parlato in dialetto, il film è la summa di tutte le influenze artistiche e culturali del regista. Figura unica di intellettuale aristocratico e comunista, Il cineasta milanese guarda alla storia di una comunità di pescatori attraverso la lettura esplicitamente marxista della lotta di classe. Da un punto di vista estetico, il complesso apparato figurativo rende funzionale al dramma ogni elemento della messa in scena, con sequenze costruite secondo precisi rapporti plastici, cromatici, sonori e musicali<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., p. 600.</ref>. L'opera è un insuccesso di pubblico e Visconti ripiega su progetti meno ambiziosi. Il successivo ''[[Bellissima]]'' (1951) torna alla contemporaneità con una descrizione minuziosa del mondo del cinema e del fascino esercitato sui popolani, ma non rinuncia alla costruzione narrativa romanzesca né alla complessità figurativa.
[[File:Riso Amaro.jpg|miniatura|sinistra|[[Silvana Mangano]] in ''[[Riso amaro]]'' ([[1949]]) di [[Giuseppe De Santis]]]]
Interessato a estendere i confini del neorealismo è senz'altro [[Giuseppe De Santis]]. Dopo un lungo apprendistato critico per la rivista ''Cinema'', esordisce nel 1946 con ''[[Caccia tragica]]'', che mostra già la sua preferenza per il racconto corale, la complessità della messa in scena e la tendenza epicizzante. Nell'arco di una dozzina di film, De Santis cercherà di adattare i moduli neorealisti al cinema popolare contemporaneo, nonché il realismo socialista sovietico allo spettacolo hollywoodiano. L'ambizione è meglio espressa in ''[[Riso amaro]]'' (1949), grande successo internazionale, che coniuga aspirazione sociale e cultura popolare. In ''[[Non c'è pace tra gli ulivi]]'' (1950) vengono riassunti tutti i temi a lui più cari: la centralità del personaggio femminile, l'ambientazione agricola e la precisa descrizione sociale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., pp. 601-602.</ref>. ''[[Roma ore 11]]'' (1952) abbandona l'ambientazione rurale per descrivere il processo di inurbamento e le contraddizioni della ripresa economica. I pochi film successivi tra cui: ''[[Un marito per Anna Zaccheo]]'' (1953), ''[[Giorni d'amore]]'' (1954), ''[[Uomini e lupi (film 1956)|Uomini e lupi]]'' (1956) e ''[[La strada lunga un anno]]'' (1958), saranno accolti con freddezza dalla critica, quasi a significare l'esaurimento creativo del neorealismo e la difficoltà di rappresentare una società più complessa<ref>Alberto Farassino, ''Giuseppe De Santis'', Moizzi, Milano, 1978.</ref>.
Fino alla metà degli anni cinquanta molti film riprenderanno, in forme più o meno consapevoli, temi e ambientazioni del neorealismo. Nell'immediato [[dopoguerra]], [[Aldo Vergano]] dirige su commissione dell'[[Anpi]] ''[[Il sole sorge ancora]]'' (1946), che amalgama felicemente dimensione epica e impostazione storica. In ''[[Roma città libera (La notte porta consiglio)]]'' (1948) [[Marcello Pagliero]] contamina il realismo con diverse tendenze di matrice comica, laddove [[Augusto Genina]] dirige con verosimiglianza il film ''[[Cielo sulla palude]]'' (1949). Dal canto suo, [[Mario Bonnard]] ne ''[[La città dolente]]'' (1949) racconta l'esodo istriano avvalendosi di sequenze documentarie. [[Alberto Lattuada]], influenzato dal noir americano, coniuga realismo e necessità spettacolare con ''[[Il bandito]]'' (1946) e ''[[Senza pietà (film 1948)|Senza pietà]]'' (1948); seguono l'ambizioso e personale ''[[Il mulino del Po (film)|Il mulino del Po]]'' (1949) e ''[[Il cappotto]]'' (1952), entrambi di origine letteraria.
[[File:FerroviereGermi1956WP.jpg|miniatura|destra|[[Pietro Germi]] e [[Saro Urzì]] ne ''[[Il ferroviere (film 1956)|Il ferroviere]]'' ([[1956]])]]
Il giovane [[Pietro Germi]] guarda ai moduli del cinema statunitense con ''[[Il testimone (film 1945)|Il testimone]]'' (1945) e ''[[Gioventù perduta]]'' (1947); con le opere ''[[In nome della legge]]'' (1949), ''[[Il cammino della speranza]]'' (1950) e ''[[Il ferroviere (film 1956)|Il ferroviere]]'' (1956) conferma la solidità della sua regia<ref>Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Baldini e Castoldi, Milano, 1997.</ref> Anche [[Mario Soldati]] mette la vocazione letteraria al servizio del realismo con ''[[Le miserie del signor Travet]]'' (1946), così come [[Francesco De Robertis]] nel potente e visivo ''[[Fantasmi del mare]]'' (1948). Nel frattempo, [[Citto Maselli]] esordisce nel film ''[[Gli sbandati]]'' (1955), mentre [[Luigi Zampa]] realizza le sue pellicole più note con la collaborazione di [[Vitaliano Brancati]], nella relativa trilogia ''[[Anni difficili]]'' (1948), ''[[Anni facili]]'' (1953) e ''[[L'arte di arrangiarsi]]'' (1954).
A metà del decennio la tendenza neorealista può dirsi esaurita. Tra le cause vanno citate la crescita produttiva (con la contemporanea affermazione di generi più codificati), il raffreddamento ideologico imposto dal governo in cambio del sostegno all'industria, l'evolversi dei registi maggiori e la difficoltà di rappresentare una società in continuo cambiamento. A segnare la chiusura di questa esperienza provvedono i film di Roberto Rossellini dei primi anni cinquanta, l'esaurimento della vena realista di Vittorio De Sica (con l'insuccesso produttivo e critico di ''[[Stazione Termini (film)|Stazione Termini]]'', 1953) e soprattutto il dibattito suscitato da ''[[Senso (film)|Senso]]'' (1954) di Luchino Visconti, che supera il realismo contemporaneo nella direzione dell'affresco storico risorgimentale (riletto attraverso [[Antonio Gramsci|Gramsci]]) e dell'interesse per la complessità psicologica<ref>Per una sintesi del dibattito, si vedano gli articoli raccolti in ''Antologia di Cinema nuovo, 1952-1958. Dalla critica cinematografica alla dialettica culturale'', Guaraldi, Rimini, 1975.</ref>.
=== Il neorealismo rosa e le altre commedie ===
[[File:Domenica d'agosto 2.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Marcello Mastroianni]] e Anna Medici in ''[[Domenica d'agosto]]'' (1950), di [[Luciano Emmer]]]]
Una certa attenzione sociale, ormai ridotta a puro sfondo per commedie, sopravviverà fino alla fine degli anni cinquanta in un filone bollato dalla critica come "neorealismo rosa", le cui pellicole, edulcorate e blandamente ottimiste, condurranno il pubblico fuori dalle macerie del [[Dopoguerra]]. Uno dei primi cineasti a seguire questa direzione è il ligure [[Renato Castellani]], che contribuisce a portare in auge la commedia realista con ''[[Sotto il sole di Roma]]'' (1948) ed ''[[È primavera]]'' (1949), entrambe girate in esterni e con attori non professionisti, e soprattutto con il successo di pubblico e critica di ''[[Due soldi di speranza]]'' (1952).
Nella seguente pellicola ([[Palma d'oro|Grand Prix du Festival]] a Cannes), l'occhio del regista diviene testimone di un sud rurale e bucolico, assorbito dalle più elementari preoccupazioni pratiche e sentimentali. Il suo stile, abile nel coniugare commedia popolare e motivi realisti, arriverà a influenzare registi come [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]] nelle produzioni di grido ''[[Pane, amore e fantasia]]'' (1953) e ''[[Poveri ma belli]]'' (1956); opere, ambedue, in perfetta sintonia con l'evoluzione del costume italico.<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 23-24.</ref> Il grande afflusso al botteghino avuto dalle due pellicole rimarrà pressoché invariato nei [[sequel]] ''[[Pane, amore e gelosia]]'' (1954), ''[[Pane, amore e...]]'' (1955) e ''[[Belle ma povere]]'' (1957), egualmente diretti da [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]].
Allo stesso modo, storie di vita quotidiana raccontate con garbata ironia (senza perdere di vista il tessuto sociale) si ritrovano nell'opera del milanese [[Luciano Emmer]], i cui film ''[[Domenica d'agosto]]'' (1950), ''[[Le ragazze di Piazza di Spagna]]'' (1952) e ''[[Terza liceo]]'' (1953), costituiscono gli esempi più noti.
[[File:Lollo53.jpg|miniatura|destra|[[Gina Lollobrigida]] in ''[[Pane, amore e fantasia]]'' (1953), di [[Luigi Comencini]]]]
Altre commedie di indubbia caratura (e non ricollegabili al realismo rosa) sono: ''[[L'onorevole Angelina]]'' (1947), di [[Luigi Zampa]], ''[[Come persi la guerra]]'' (1947), di [[Carlo Borghesio]] - animata da un surreale [[Erminio Macario]] - e ''[[Il vedovo allegro]]'' (1949), di [[Mario Mattoli]], dove [[Carlo Dapporto]] rivisita con affetto il mondo del ''[[tabarin (locale)|tabarin]]''. Da annotare è la popolare pellicola ''[[Guardie e ladri]]'' (1951), diretta a due mani da [[Steno]] e [[Mario Monicelli|Monicelli]] che si avvale delle caratterizzazioni a tutto tondo di [[Antonio De Curtis]] e [[Aldo Fabrizi]].
Di altrettanto valore sono: ''[[Prima comunione]]'' (1950), di [[Alessandro Blasetti]], ''[[Anselmo ha fretta]]'' (1950), di [[Gianni Franciolini]], ''[[La famiglia Passaguai]]'' (1951), di [[Aldo Fabrizi]], ''[[Il sole negli occhi]]'' (1953), di [[Antonio Pietrangeli]] e ''[[Un eroe dei nostri tempi]]'' (1955), del regista [[Mario Monicelli]]. Altri felici bozzetti dell'Italia preboom sono: ''[[Signori, in carrozza!]]'' (1951), di [[Luigi Zampa]], ''[[Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo]]'' (1956), di [[Mauro Bolognini]] e ''[[La nonna Sabella]]'' (1957), di [[Dino Risi]], tutti impreziositi dall'ilare teatralità di [[Peppino De Filippo]].
A metà degli anni cinquanta [[Vittorio De Sica]] abbandona i soggetti drammatici per realizzare il vitale e anti-folcloristico ''[[L'oro di Napoli (film)|L'oro di Napoli]]'' (1954) a cui segue la pochade di costume ''[[La spiaggia (film 1954)|La spiaggia]]'' (1954), diretta da [[Alberto Lattuada]]. Sempre nel 1954 [[Camillo Mastrocinque]] realizza in [[technicolor]] ''[[Café Chantant (film)|Café Chantant]]'', prezioso documento storico sul mondo del [[varietà (spettacolo)|varietà]], la cui eredità sarà raccolta non di rado dalla successiva [[commedia all'italiana]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 537}}</ref>
Sullo stesso registro si inseriscono alcune prove del commediografo [[Eduardo de Filippo]] come ''[[Napoli milionaria (film)|Napoli milionaria]]'' (1950), ''[[Filumena Marturano (film)|Filumena Marturano]]'' (1951) e ''[[Napoletani a Milano]]'' (1953), dove intenti realisti e connotazioni tragicomiche si interscambiano continuamente.
[[File:Don Camillo 1952.jpg|miniatura|sinistra|[[Fernandel]] e [[Gino Cervi]] nel film ''[[Don Camillo (film 1952)|Don Camillo]]'' (1952), di [[Julien Duvivier]]]]
Degli stessi anni è la produzione italo-francese ''[[Don Camillo (film 1952)|Don Camillo]]'' ([[1952]]), di [[Julien Duvivier]], rifacimento del romanzo ''Mondo piccolo (Don Camillo)'' di [[Giovanni Guareschi]], che stempera con leggerezza le due facce politiche dell'Italia di allora, per giungere a un messaggio di piena ricomposizione nazionale. La pellicola guadagna, fin da subito, un grande consenso, favorita dalla peculiare vis comica di [[Fernandel]] e [[Gino Cervi]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1000}}</ref>
Ancora da ricordare è la farsa agrodolce ''[[Policarpo, ufficiale di scrittura]]'' (1959), diretta da [[Mario Soldati]] e sorretta dalla comicità lunare e misurata di [[Renato Rascel]]. La realizzazione è ispirata ai disegni di inizio novecento dell'umorista [[Gandolin]] e ottiene al dodicesimo [[Festival di Cannes]] il premio per la miglior commedia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2574}}</ref>
Inoltre, inserita nel ventaglio della serie a episodi, si espande, alla fine del decennio, la moda dei film balneari, girati allo scopo di pubblicizzare alcune delle più importanti mete turistiche italiane. Tra i risultati migliori del genere - che vanta un ingente partecipazione di volti noti del cinema e del teatro - si evidenziano: ''[[Vacanze a Ischia]]'' (1957), di [[Mario Camerini]], ''[[Avventura a Capri]]'' (1958), di Giuseppe Lipartiti e ''[[Tipi da spiaggia]]'' (1959), di [[Mario Mattoli]].
La somma di tali contesti cinematografici aprirà la strada a una nuova schiera di attrici, che in breve incarnerà un rinnovato divismo femminile. Fra le tante si ricordano: [[Silvana Mangano]], [[Gina Lollobrigida]], [[Silvana Pampanini]], [[Giovanna Ralli]], [[Marisa Allasio]], [[Milly Vitale]], [[Anna Maria Pierangeli]], [[Lucia Bosè]], [[Eleonora Rossi Drago]], [[Gianna Maria Canale]], [[Elsa Martinelli]], [[Marisa Pavan]], [[Rossana Podestà]] ed [[Anna Maria Ferrero]]. A seguire: [[Claudia Cardinale]], [[Virna Lisi]], [[Lisa Gastoni]], [[Rosanna Schiaffino]], [[Lea Massari]], [[Antonella Lualdi]], [[Ilaria Occhini]], [[Sandra Milo]] e naturalmente [[Sophia Loren]]. Nello stesso tempo, fuori dal circuito divistico, troveranno inizio le carriere di interpreti di qualità come [[Luisa Della Noce]], [[Carla Gravina]], [[Adriana Asti]], [[Lea Padovani]] e [[Giulietta Masina]]. Gli anni cinquanta saranno, infine, il terreno fertile su cui germoglierà un'assoluta fucina di interpreti quali [[Enrico Maria Salerno]], [[Romolo Valli]], [[Gabriele Ferzetti]] e in particolar modo [[Alberto Sordi]], [[Vittorio Gassman]], [[Marcello Mastroianni]], [[Ugo Tognazzi]], [[Nino Manfredi]] e [[Gian Maria Volonté]] che grazie alla loro versatilità, diverranno, a cavallo di tre generazioni, gli attori più rappresentativi dell'intero cinema italiano.
== Il cinema d'autore (1950-1980) ==
=== Gli anni cinquanta ===
[[File:L'eclisse (1962) - 1.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Monica Vitti]] e [[Alain Delon]] nel film ''[[L'eclisse]]'' ([[1962]]), di [[Michelangelo Antonioni]]]]
A partire dalla metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] il cinema italiano si svincola dal [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] affrontando argomenti prettamente esistenziali, filmati con stili e punti di vista differenti, spesso più introspettivi che descrittivi. Si assiste così a una nuova fioritura di cineasti che contribuisce in maniera fondamentale allo sviluppo della settima arte.
[[Michelangelo Antonioni]] è il primo ad imporsi, divenendo un autore di riferimento per tutto il cinema contemporaneo.<ref name="Aldo Tassone" >Aldo Tassone, ''I film di Michelangelo Antonioni: un poeta della visione'', Gremese editore, 2002</ref> Tale carica di novità è ravvisabile fin dal principio. Infatti, la prima opera del regista, ''[[Cronaca di un amore]]'' (1950), segna un'indelebile frattura con il mondo del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] e la conseguente nascita di una moderna cinematografia.<ref name="Aldo Tassone" /> Antonioni indaga con sguardo critico il mondo della borghesia italiana, rimasto fuori dall'obiettivo cinematografico del dopoguerra. Così facendo, vedono la luce opere di ricerca psicologica come ''[[I vinti (film 1953)|I vinti]]'' (1952), ''[[La signora senza camelie]]'' (1953) e ''[[Le amiche (film)|Le amiche]]'' (1955), libero adattamento del racconto ''[[Tra donne sole]]'' di [[Cesare Pavese]]. Nel 1957 mette in scena l'inconsueto dramma proletario ''[[Il grido (film)|Il grido]]'', con cui ottiene il plauso della critica.
Negli anni tra il [[1960]] e il [[1962]], dirige la "trilogia dell'incomunicabilità", composta dai film ''[[L'avventura]]'', ''[[La notte (film 1961)|La notte]]'' e ''[[L'eclisse]]''. In tali pellicole (che vedono come protagonista una giovane [[Monica Vitti]]) Antonioni affronta in maniera diretta i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'[[alienazione]] e del [[Esistenzialismo|disagio esistenziale]], dove i rapporti interpersonali sono volutamente descritti in modo oscuro e sfuggente. Il regista riesce così a rinnovare la drammaturgia filmica e a creare un forte smarrimento tra pubblico e critica, i quali accolgono queste opere con criteri e atteggiamenti contrastanti.<ref name="Aldo Tassone" /> A metà degli anni sessanta si consacra all'attenzione internazionale con ''[[Il deserto rosso]]'' (1964) e ''[[Blow-Up]]'' (1966), vincitore l'anno successivo della [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Il film è una profonda riflessione sul rapporto arte-vita e sull'impossibilità del cinema di rappresentare la realtà, simbolicamente riassunta nell'ultima sequenza, dove alcuni saltimbanchi mimano ripetutamente una partita di tennis.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 460}}</ref> Negli anni a venire ottengono visibilità oltre i confini nazionali ''[[Zabriskie Point (film)|Zabriskie Point]]'' (1970) e ''[[Professione: reporter]]'' (1974).
[[File:Federico Fellini negli anni settanta.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Federico Fellini]]]]
[[Federico Fellini]] è l'autore che più di ogni altro ha racchiuso ogni aspetto del reale e del surreale in una dimensione poetica e favolistica. Nel 1950 esordisce al cinema con [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Luci del varietà]]'', affettuoso e sincero tributo al declinante mondo della [[teatro di rivista|rivista]]. Con ''[[I vitelloni]]'' (1953), ''[[La strada]]'' (1954) e ''[[Le notti di Cabiria]]'' (1957) si impone come uno dei massimi punti di riferimento del cinema italiano e internazionale. Il suo stile altamente immaginifico viene esaltato dal felice sodalizio con gli sceneggiatori [[Ennio Flaiano]] e [[Tullio Pinelli]] e, in particolar modo, con il compositore [[Nino Rota]]. Alcune scene dei suoi film più noti assurgeranno a simboli di un'intera epoca, come la famosa sequenza di [[Anita Ekberg]] che, ne ''[[La dolce vita]]'' (1960), entra nella [[Fontana di Trevi]] divenendo, da allora, un'icona del grande cinema. L'opera (tacciata di impurità dall' ''[[Osservatore Romano]]''<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 990}}</ref>) è un programmatico affresco di una Roma frivola e decadente, assolutamente priva di qualsiasi certezza morale. Ne consegue un composito viaggio nel sonno della ragione dove i disvalori della società borghese emergono in maniera autentica e viscerale.<ref name="Merenghetti 990">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 990}}</ref>
Nel corso degli [[anni 1960|anni sessanta]] l'artista romagnolo inizia una periodo di sperimentazione col monumentale, onirico e visionario ''[[8½]]'' ([[1963]]). Il film è un'autobiografia immaginaria dello stesso regista che, con apparente svagatezza, tocca temi centrali come l'arte, la persistenza della memoria e la morte.<ref name = "ff" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2413}}</ref> Dopo un omaggio alla capitale nel film ''[[Roma (film 1972)|Roma]]'' (1972), il seguente ''[[Amarcord]]'' (1974) descrive i propri luoghi d'infanzia con nostalgia e complicità, contrapponendo alla mediocrità del fascismo la spontanea vitalità dell'età adolescenziale.
[[File:Luchino Visconti 5.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Luchino Visconti]]]]
Terminata l'esperienza neorealista, [[Luchino Visconti]] continuerà a regalare al cinema italiano altre prestigiose creazioni. Nel 1960 esce nelle sale ''[[Rocco e i suoi fratelli]]'', che mette a confronto una storia di miseria meridionale con la civiltà industriale del Nord, raccontando l'afflusso migratorio delle popolazioni del Sud con lucida introspezione psicologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2867}}</ref> Nel 1963 giunge sugli schermi ''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'', fedele illustrazione del passaggio della Sicilia dei [[Borbone|Borboni]] a quella dei [[Sabaudi]], non tradendo lo spirito scettico e amaro dell'omonimo romanzo. La sua vasta produzione continua con le opere ''[[La caduta degli dei]]'' (1969), ''[[Morte a Venezia (film)|Morte a Venezia]]'' (1971), ''[[Ludwig (film)|Ludwig]]'' (1973), ''[[Gruppo di famiglia in un interno]]'' (1974) e ''[[L'innocente (film 1976)|L'innocente]]'' (1976).
Anche [[Roberto Rossellini]] abbandona la stagione neorealista per realizzare il dramma psicologico ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'' (1953), che anticipa i temi sull'incomunicabilità della coppia delineati dal cinema di Antonioni. Stroncato quasi ovunque, verrà unicamente elogiato dalla critica francese, divenendo un punto di riferimento per i futuri registi della ''[[Nouvelle vague]]''.<ref>[[André Bazin]], ''Difesa di Rossellini'', in "Cinema nuovo", n. 65, 25 agosto 1955, pp. 147-149.</ref> A seguito di vari film come ''[[Dov'è la libertà?]]'' (1954), ''[[India (film)|India]]'' (1959) e ''[[Il generale Della Rovere]]'' (1959) aprirà una nuova fase della sua carriera con la sperimentazione di pellicole enciclopediche per il cinema e la televisione, dal puro scopo umanistico e didattico.
All'inizio degli anni sessanta [[Vittorio De Sica]] porterà al successo planetario l'interprete [[Sophia Loren]] nel drammatico ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]'' (1960) e in egual misura nella commedia a episodi ''[[Ieri, oggi, domani (film 1963)|Ieri, oggi, domani]]'' (1963), dove l'attrice recita al fianco di [[Marcello Mastroianni]]. La pellicola varrà al regista un nuovo [[Premio Oscar|Oscar]] nella sezione miglior film straniero. La sequenza più famosa del film resta il négligé con cui la Loren si mostra nell'ultimo episodio, lasciando il segno nell'intero immaginario collettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1068}}</ref> Con il drammatico ed elegante ''[[Il giardino dei Finzi-Contini (film)|Il giardino dei Finzi-Contini]]'' (1970), l'artista si aggiudicherà nuovamente l'Oscar per il [[Oscar al miglior film straniero|Miglior film straniero]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1407}}</ref>
[[File:La ciociara, screenshot.gif|miniatura|sinistra|verticale|[[Sophia Loren]] nel film ''[[La ciociara (film)|La ciociara]]'' (1960), di [[Vittorio De Sica]].]]
Da sottolineare la peculiare carriera del palermitano [[Vittorio De Seta]] che negli anni cinquanta realizza vari [[documentari]] ambientati prevalentemente in terra siciliana e sarda. Queste opere descrivono con potente espressività gli usi e costumi del proletariato meridionale e, allo stesso tempo, mettono a nudo le dure condizioni di vita dei pescatori siciliani, dei minatori di zolfo [[Caltanissetta|nisseni]] e dei pastori della [[Barbagia]]. Nel 1955, il regista si aggiudica la [[Palma d'oro]] a Cannes per il miglior documentario grazie al film ''Isola di fuoco''.<ref name=Cannes>Scheda su [http://www.festival-cannes.fr/fr/archives/artist/id/18334.html ''Isola di Fuoco'', miglior documentario - corto metraggio] del [[Festival di Cannes]] 1955. Consultato il 15 luglio 2010</ref> Anni più tardi, dirige il film a soggetto ''[[Banditi a Orgosolo]]'' (1961). L'opera, stilisticamente asciutta, è un resoconto a sfondo realista della vita e delle abitudini di un vero pastore sardo. Negli anni settanta gira l'appassionante ''[[Diario di un maestro]]'' (1972); uno sceneggiato televisivo in quattro puntate (ridotto a 135 minuti per l'uscita nelle sale) che indaga il mondo dell'istruzione elementare con metodo antiautoritario e riformista.
In un tempo coevo si afferma il regista [[Carlo Lizzani]]. Contribuisce all'affermazione del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] nelle vesti di critico e sceneggiatore, imponendosi in seguito come autore di un cinema politicamente impegnato, teso ad affrontare momenti scottanti della storia italiana, dal fascismo alla cronaca più recente.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-lizzani/|titolo=Carlo Lizzani - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Nel 1951 dirige il suo primo lungometraggio, ''[[Achtung, banditi!]]'' - storia di un episodio di guerra partigiana - cui fa seguito ''[[L'amore che si paga]]'' (episodio di ''[[L'amore in città]]'', 1953). La sua filmografia continua con ''[[Cronache di poveri amanti (film)|Cronache di poveri amanti]]'' (1954) - resoconto della Firenze degli anni Venti tratto dal romanzo di [[Vasco Pratolini]] - ''[[Il gobbo]]'' (1960) - vivido ritratto di un bandito della periferia romana - ''[[Il processo di Verona]]'' (1963) e ''[[La vita agra (film)|La vita agra]]'' (1964).
Dopo aver diretto il realistico ''[[Quattro passi fra le nuvole]]'' (1942) ed essersi diviso tra commedie e film storici, [[Alessandro Blasetti]] mette in campo la sua innata voglia di sperimentare inaugurando, con il dittico ''[[Altri tempi (film 1952)|Altri tempi (Zibaldone n. 1)]]'' (1952) e ''[[Tempi nostri|Tempi nostri (Zibaldone n. 2)]]'' (1954), la realtà dei film a episodi, che verrà sfruttata in modo capillare da tutto il cinema a venire.
=== La generazione degli anni sessanta ===
[[File:P p pasolini.jpg|destra|miniatura|verticale|[[Pier Paolo Pasolini]]]]
Altro protagonista del cinema d'autore è [[Pier Paolo Pasolini]]. Attento osservatore della trasformazione della società italiana dal [[secondo dopoguerra]] sino alla metà degli [[anni 1970|anni settanta]], ha suscitato forti polemiche per la radicalità e vivacità del suo pensiero; vivacità che ha saputo mettere in evidenza anche in campo cinematografico e da subito riscontrabile nel suo film d'esordio ''[[Accattone]]'' (1961). Le medesime ambientazioni le si ritrova in ''[[Mamma Roma]]'' (1962), dove il regista nobilita i suoi personaggi suburbani con richiami alla pittura rinascimentale del [[Mantegna]].<ref name="Merenghetti 1968">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1968}}</ref> Nel ''[[Il Vangelo secondo Matteo|Vangelo secondo Matteo]]'' (1964), l'artista racconta la vita del [[Cristo]] rinunciando agli orpelli dell'iconografia tradizionale, avvalendosi di una forma registica che alterna camera a mano a immagini proprie della pittura quattrocentesca.<ref name="Merenghetti 1968" /> In ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966) il suo cinema vira sull'apologo fantastico descrivendo le varie trasformazioni del proletariato.
Tra le sue varie pellicole troviamo ''[[Edipo re (film)|Edipo re]]'' (1967), ''[[Teorema (film)|Teorema]]'' (1968), ''[[Porcile (film)|Porcile]]'' (1969), ''[[Medea (film 1969)|Medea]]'' (1969) e le trasposizioni cinematografiche della [[trilogia della vita]]: ''[[Il Decameron]]'' (1971), ''[[I racconti di Canterbury (film)|I racconti di Canterbury]]'' e ''[[Il fiore delle Mille e una notte]]'' (1974). In ''[[Salò o le 120 giornate di Sodoma]]'' (1975), dietro la cornice storica del [[fascismo]], l'autore sonda i meandri più remoti dell'essere umano. Tali pellicole hanno proposto chiavi di lettura differenti scatenando sovente lunghi dibattiti, talvolta con strascichi giudiziari ed episodi di [[censura]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2741}}</ref>
Un altro regista di rilievo è [[Valerio Zurlini]]: i suoi film, da ''[[Estate violenta]]'' (1959) a ''[[La ragazza con la valigia]]'' (1961), da ''[[Cronaca familiare (film)|Cronaca familiare]]'' (1962) a ''[[Il deserto dei Tartari (film)|Il deserto dei Tartari]]'' (1976), alternano suggestive rievocazioni letterarie ad analisi psicologiche raffinate e complesse, con risultati visivi alquanto notevoli.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/valerio-zurlini/|titolo=Valerio Zurlini - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Molto raffinato sul piano formale è anche il cinema di [[Mauro Bolognini]] che, pur soffrendo talora di eccessi di decadentismo e affettazione, possiede una ricchezza scenografica e letteraria di chiara derivazione viscontiana, senza dimenticare la dialettica dei conflitti sociali.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/mauro-bolognini_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Mauro Bolognini - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Tra i film più significativi: ''[[Giovani mariti]]'' (1958), ''[[La giornata balorda]]'' (1960), ''[[Il bell'Antonio (film)|Il bell'Antonio]]'' (1960), ''[[La viaccia]]'' (1961), ''[[Agostino (film)|Agostino]]'' (1962) e ''[[Metello (film)|Metello]]'' (1970).
[[File:Ermanno Olmi alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1965.JPG|miniatura|sinistra|verticale|[[Ermanno Olmi]]]]
[[Ermanno Olmi]] esordisce con il film ''[[Il tempo si è fermato (film 1958)|Il tempo si è fermato]]'' (1958), emozionante parabola sui rapporti tra uomo e natura che fa subito emergere le sue peculiari doti artistiche. La notorietà arriverà tre anni dopo con ''[[Il posto]]'' (1961), un ritratto dolce-amaro della Milano del boom economico. Nel 1963 gira l'esistenziale ''[[I fidanzati]]'' e dopo alcuni lavori interlocutori il cupo e dolente ''[[La circostanza]]'' (1974). Gli anni settanta consacrano Olmi a livello internazionale con l'uscita nelle sale de ''[[L'albero degli zoccoli]]'' (1978), commosso e partecipe omaggio a un mondo contadino in via d'estinzione, premiato, nello stesso anno, con la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Dopo una lunga malattia, Olmi ritorna alle cronache col surreale ''[[Lunga vita alla signora!]]'' (1987) e l'intenso ''[[La leggenda del santo bevitore (film)|La leggenda del santo bevitore]]'' (1988). Nel 2001 il regista realizza quello che molti critici considerano il suo miglior lavoro: ''[[Il mestiere delle armi]]'', dedicato al mito di [[Giovanni dalle Bande Nere]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2058}}</ref>
[[Marco Ferreri]] si cimenta nella regia verso la fine degli anni cinquanta presentando un cinema grottesco e provocatorio, con tratti e accenti parzialmente [[Luis Buñuel|bunueliani]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 728}}</ref> Il suo umorismo nero e sferzante è già rintracciabile nelle opere ''[[El pisito]]'' (1958) e ''[[La carrozzella]]'' (1960), filmate e ambientate in terra spagnola. Anni dopo dirige l'attore [[Ugo Tognazzi]] nei film ''[[Una storia moderna: l'ape regina]]'' (1963) e ''[[La donna scimmia]]'' (1964), dove ha modo di farsi conoscere dalla critica italiana. Nel 1969 raggiunge la piena maturità artistica con ''[[Dillinger è morto]]'', stralunato e attualissimo apologo sull'alienazione della vita moderna. Dopo il percorso [[Franz Kafka|kafkiano]] e surreale de ''[[L'udienza]]'' (1971) ottiene la massima popolarità internazionale con il sorprendente e discusso ''[[La grande abbuffata]]'' (1973). Scritto dal regista assieme a [[Rafael Azcona]], il film è un'allegoria della società del benessere condannata all'autodistruzione e, al tempo stesso, un limpido saggio sui vari intrecci tra ''eros'' e ''thanatos'', filmati con raggelante ironia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1486}}</ref>. Successivamente, rilegge il rapporto tra i sessi nel nichilista ''[[L'ultima donna]]'' (1976) e nel visionario ''[[Ciao maschio]]'' (1978). Si distinguono negli anni a venire ''[[Storie di ordinaria follia (film)|Storie di ordinaria follia]]'' (1981) e ''[[Storia di Piera (film)|Storia di Piera]]'' (1983), costruito sulla vita romanzata dell'attrice [[Piera Degli Esposti]].
Sempre negli anni sessanta si impone all'attenzione di pubblico e critica l'opera del giovane [[Marco Bellocchio]] che tramite pellicole apertamente in contrasto con la società e i valori borghesi anticipa il fermento generazionale del [[sessantotto]]. La sua pellicola d'esordio ''[[I pugni in tasca]]'' (1965), a causa dei suoi contenuti altamente drammatici, scuote l'opinione pubblica aprendo la strada a una prolifica serie di film tra i quali si ricordano: ''[[La Cina è vicina]]'' (1967), ''[[Nel nome del padre (film 1972)|Nel nome del padre]]'' (1972), ''[[Sbatti il mostro in prima pagina]]'' (1973), ''[[Marcia trionfale]]'' (1976) e il documentario ''Matti da slegare - Nessuno o tutti'' (1975) - diretto con [[Silvano Agosti]] - uno dei primi esempi di cinema militante a difesa del metodo psichiatrico di [[Franco Basaglia]], teso al reinserimento sociale del malato.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2033}}</ref>
[[File:Bernardo Bertolucci.jpg|destra|miniatura|verticale|[[Bernardo Bertolucci]]]]
[[Bernardo Bertolucci]] si avvicina al cinema grazie a [[Pier Paolo Pasolini]] di cui sarà assistente sul set di ''[[Accattone]]''.
Ben presto si stacca dal mondo pasoliniano per inseguire una personale idea di cinema, basata sullo studio antropologico dell'individuo e del suo relazionarsi ai mutamenti sociali che la storia impone.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilneorealismo.com/it/bernardo-bertolucci.php|titolo=Bernardo Bertolucci - Neorealismo|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Esordisce giovanissimo nel lungometraggio ''[[La commare secca]]'' (1962), e desta attenzione con ''[[Prima della rivoluzione]]'' (1964). Nei primi anni settanta realizza in rapida successione tre capisaldi del suo cinema: ''[[Il conformista (film)|Il conformista]]'' (1970), tratto dal romanzo di [[Alberto Moravia|Moravia]], il metafisico ''[[La strategia del ragno]]'' (1970) e il film scandalo ''[[Ultimo tango a Parigi]]'' (1972), con [[Marlon Brando]] e [[Maria Schneider (attrice)|Maria Schneider]]. Quest'ultimo, a causa dei suoi contenuti altamente erotici viene condannato al rogo dalla [[Cassazione]] nel gennaio del 1976, per poi essere riabilitato dalla stessa nel febbraio del 1987.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3537}}</ref> Consolida la fama internazionale con il [[kolossal]] ''[[Novecento (film)|Novecento]]'' (1976), potente affresco sulle lotte di classe contadine dagli albori del novecento fino alla [[seconda guerra mondiale]]. Dopo aver diretto un efficace [[Ugo Tognazzi]] nel film ''[[La tragedia di un uomo ridicolo]]'' (1981), nel 1987 gira il ciclopico e suggestivo ''[[L'ultimo imperatore]]'', che si aggiudicherà ben nove [[Premi Oscar]], tra cui quelli per miglior film e regia.
[[File:Padre padrone.png|miniatura|sinistra|Una scena di ''[[Padre padrone (film)|Padre Padrone]]'' ([[1977]]), di [[Paolo e Vittorio Taviani]]]]
I fratelli [[Paolo e Vittorio Taviani]], appassionati fin da giovanissimi al cinema, conoscono un primo discreto successo con ''[[Un uomo da bruciare (film)|Un uomo da bruciare]]'' (1962) e ''[[I sovversivi]]'' (1967), che vede come primo interprete il cantautore [[Lucio Dalla]], a cui seguono ''[[Sotto il segno dello scorpione]]'' (1969) e il film sulla restaurazione ''[[Allonsanfàn]]'' (1974). Il seguente ''[[Padre padrone (film)|Padre padrone]]'' (1977), tratto dal romanzo di [[Gavino Ledda]], racconta la lotta di un pastore sardo contro le regole feroci del proprio universo patriarcale. Il film riscuote critiche favorevoli aggiudicandosi nello stesso anno la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Ne ''[[Il prato (film)|Il prato]]'' ([[1979]]) si recuperano echi neorealisti, mentre ''[[La notte di San Lorenzo]]'' ([[1982]]) racconta, con uno stile vicino al [[realismo magico]], la deliberata fuga di un gruppo di abitanti della Toscana, nella notte in cui tedeschi e fascisti compiono una sanguinosa rappresaglia nel Duomo della città.
Come allievo di Visconti si mette in luce il regista fiorentino [[Franco Zeffirelli]], autore, per molti decenni, di una feconda produzione teatrale. Tra le sue opere cinematografiche più note vi sono le trasposizioni shakespeariane de ''[[La bisbetica domata (film 1967)|La bisbetica domata]]'' ([[1967]]) e ''[[Romeo e Giulietta (film 1968)|Romeo e Giulietta]]'' (1968). Nello stesso tempo si afferma [[Liliana Cavani]], che conosce notorietà con le opere ''[[Francesco d'Assisi (film 1966)|Francesco d'Assisi]]'' (1966) e ''[[Il portiere di notte]]'' (1974).
Tra i vari film del periodo, un significativo esempio di [[cinema sperimentale]] è rappresentato dal film di [[Alberto Grifi]] ''[[Anna (film 1975)|Anna]]'', diretto assieme all'attore [[Massimo Sarchielli]] e presentato nei maggiori festival europei nel 1975. Il lungometraggio è un'inedita esperienza di cinema-diretto, che riprende, in undici ore di girato (ridotte poi a quattro), l'aberrante quotidianità di una giovane tossicodipendente incinta e senza dimora. I due autori, privi di soggetto e sceneggiatura, abbandonano la telecamera a una sorta di [[flusso di coscienza]] in tempo reale, facendo irrompere sullo schermo ''una tranche de vie'' libera da compromessi narrativi e mediazioni estetiche.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 220}}</ref>
== La grande stagione della commedia (1958-1980) ==
{{vedi anche|Commedia all'italiana}}
[[File:Mario Monicelli camera.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Mario Monicelli]] alla [[macchina da presa]]]]
[[File:I soliti ignoti scena.jpg|destra|miniatura|verticale|Una scena di ''[[I soliti ignoti]]'' (1958)]]
Verso la fine degli [[anni 1950|anni cinquanta]] si sviluppa il genere della [[commedia all'italiana]]; una definizione che fa riferimento al titolo di un film di [[Pietro Germi]]: ''[[Divorzio all'italiana]]'' ([[1961]]), con [[Marcello Mastroianni]] e [[Stefania Sandrelli]]. Il termine, più che indicare un vero genere, riguarda una particolare stagione cinematografica, segnata da un nuovo modo di intendere gli elementi costitutivi della commedia. Tali elementi si pongono in contrasto con la commedia leggera e disimpegnata del ''Neorealismo rosa'', assai in voga per tutti gli [[anni 1950|anni cinquanta]].<ref name = "eg" >Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 43.</ref>
Tenendo a mente la lezione del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], la nuova commedia all'italiana pone le proprie attenzioni sulla realtà prodotta dal boom economico, affrontando questioni drammatiche con toni umoristici e graffianti. Pertanto, accanto alle situazioni comiche e agli intrecci tipici della farsa tradizionale, vediamo emergere una pungente satira di costume, che evidenzia con tagliente ironia le contraddizioni della società industriale. Inoltre, non del tutto infrequenti risultano le commedie nelle quali l'ambientazione scenica è traslata in diversi contesti storici, spesso con finalità critiche nei confronti dell'attualità sociale.<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 49.</ref>
A partire dalla fine degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, l'Italia vive numerose fasi che muteranno in maniera radicale la mentalità e il costume degli italiani. La congiuntura economica, le agitazioni studentesche e la ricerca di nuove emancipazioni nel mondo del lavoro e della famiglia, diverranno il luogo ideale entro il quale proiettare i personaggi della commedia, pronti a far rivivere sulla scena i mutamenti della società civile.<ref name = "eg" />
A tale stagione cinematografica si ricollegano i nomi dei principali attori italiani del tempo: da [[Alberto Sordi]] a [[Vittorio Gassman]], da [[Ugo Tognazzi]] a [[Nino Manfredi]], da [[Monica Vitti]] a [[Claudia Cardinale]], senza dimenticare [[Sophia Loren]], [[Silvana Mangano]], [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]], oltre ai già citati Mastroianni e Sandrelli. Altri interpreti riferibili a tale stagione sono: [[Tiberio Murgia]], [[Leopoldo Trieste]], [[Renato Salvatori]], [[Franco Fabrizi]], [[Vittorio Caprioli]], [[Gigi Proietti]], [[Michele Placido]] e occasionalmente attrici come [[Lea Massari]], [[Ornella Muti]] e [[Ottavia Piccolo]]. Hanno preso parte ad alcune commedie anche attori prevalentemente drammatici come [[Enrico Maria Salerno]], [[Romolo Valli]], [[Gabriele Ferzetti]], [[Paolo Stoppa]] e [[Gian Maria Volonté]].
[[File:Il sorpasso.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Vittorio Gassman]] e [[Jean-Louis Trintignant]] ne ''[[Il sorpasso]]'' ([[1962]]), di [[Dino Risi]]]]
Generalmente si ritiene sia stato il regista [[Mario Monicelli]], capostipite e fra i massimi esponenti (con [[Dino Risi]], [[Luigi Comencini]], [[Pietro Germi]] e [[Ettore Scola]]) della commedia italica, a inaugurare questa nuova fase con il lungometraggio ''[[I soliti ignoti]]'' (1958), scritto assieme a [[Suso Cecchi D'Amico]] e alla coppia di sceneggiatori [[Agenore Incrocci]] e [[Furio Scarpelli]]. L'opera coniuga spunti grotteschi a sequenze proprie del dramma sottoproletario, filmando con minuzia di dettagli una [[Roma]] periferica e degradata, ancora estranea ai processi economici del ''boom''.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3139}}</ref> Il film si rivela un successo (anche oltre confine) tanto da venir candidato all'Oscar come miglior film straniero.<ref name = "eg" />
[[File:Risi Garroni.jpg|miniatura|destra|[[Dino Risi]] e il direttore della fotografia [[Romolo Garroni]]]]
Nel 1959 esce nelle sale ''[[La grande guerra]]'', con [[Alberto Sordi]] e [[Vittorio Gassman]]. Il lungometraggio, prendendo spunto da un racconto di [[Maupassant]], contamina la tragedia storica con i moduli della commedia dissacrando un tema - gli inutili massacri della [[prima guerra mondiale]] - fino allora tabù per tutto il cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 1494">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1494}}</ref> Dopo il malinconico ''[[I compagni]]'' (1963), nel 1966 il cineasta dirige il picaresco e folcloristico ''[[L'armata Brancaleone]]''. La pellicola è un capolavoro di fantasia e avventure farsesche che si dispiegano lungo un [[Medioevo]] sbrigliato e carnevalesco, in chiara polemica con l'opposta visione dell'età mezzana proposta dal cinema hollywoodiano.<ref name="Merenghetti 1494" /> Tempo dopo, in piena contestazione, porta sugli schermi ''[[La ragazza con la pistola]]'' (1968), intuendo le brillanti qualità comiche dell'attrice [[Monica Vitti]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2749}}</ref> Tra i suoi film successivi si riportano: ''[[Vogliamo i colonnelli]]'' (1973), ''[[Romanzo popolare]]'' (1974), l'esilarante ''[[Amici miei]]'' (1975) e ''[[Un borghese piccolo piccolo (film)|Un borghese piccolo piccolo]]'' (1977); opera quest'ultima che risente esplicitamente del clima repressivo degli [[anni di piombo]] e consegna all'attore Alberto Sordi uno dei suoi personaggi più neri e sofferti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 477}}</ref>
[[File:Luigi Comencini.jpg|miniatura|sinistra|[[Luigi Comencini]]]]
Gli anni sessanta sono il periodo del ''[[Miracolo economico italiano|boom economico]]'' e di riflesso il cinema risente dei cambiamenti che modificano la società italiana. Uno dei primi artisti a documentare tali cambiamenti è il cineasta milanese [[Dino Risi]]. Nel suo lungometraggio più conosciuto - ''[[Il sorpasso]]'' (1962) - il regista mescola, con acuta sensibilità, comicità e serietà del soggetto, virando, in maniera inconsueta, in un finale drammatico e raggelante. L'istrionismo di Vittorio Gassman e la colonna sonora, con brani di [[Edoardo Vianello]] e [[Domenico Modugno]], fotografano perfettamente il quadro dell'epoca, facendo raggiungere al genere della commedia una piena maturità autoriale. Sempre per la regia di Dino Risi vanno menzionati il ''cult movie'' ''[[I mostri]]'' (1963) e ''[[Una vita difficile]]'' (1961), che porta sulle scene un intenso Alberto Sordi. Il film è un imponente documento artistico sull'Italia del [[dopoguerra]] e sulla nascente [[democrazia]], in un perfetto equilibrio tra la farsa e il dramma, tra ambizioni sociologiche e disillusione politica.<ref name="Merenghetti 3709">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3709}}</ref> Altre opere da segnalare sono: ''[[Il vedovo]]'' (1959), ''[[Il mattatore]]'' (1960), ''[[Il giovedì]]'' (1964), ''[[L'ombrellone]]'' (1965), ''[[Straziami ma di baci saziami]]'' (1968), ''[[In nome del popolo italiano]]'' (1971) e la pellicola ''[[Profumo di donna]]'' (1974), pienamente sorretta dalla verve attoriale di Vittorio Gassman.
[[File:Ettore Scola (1983).jpg|miniatura|destra|verticale|[[Ettore Scola]]]]
Va messo in evidenza come spesso gli elementi costitutivi della commedia siano stati intrecciati ad arte con generi differenti, dando vita a pellicole decisamente inclassificabili. Nell'inaugurare tale tecnica, Il cineasta [[Luigi Comencini]] è stato senza dubbio uno degli autori di maggior rilievo. Dopo aver raggiunto la popolarità negli anni cinquanta con alcune commedie rosa (tra tutte la conosciuta ''[[Pane, amore e fantasia]]'', 1953), nel 1960 regala al cinema italiano l'opera bellica ''[[Tutti a casa]]''. Il lungometraggio, costantemente in bilico tra humour e dramma, ricostruisce i giorni seguenti l'[[armistizio di Cassibile]], contribuendo a spezzare il muro di silenzio calato sulla [[Resistenza italiana|Resistenza]], argomento fino allora ignorato da gran parte del cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 3709" /> Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[A cavallo della tigre (film 1961)|A cavallo della tigre]]'' (1961), ''[[La ragazza di Bube (film)|La ragazza di Bube]]'' (1963), ''[[Lo scopone scientifico]]'' (1972), lo sceneggiato ''[[Le avventure di Pinocchio (miniserie televisiva)|Le avventure di Pinocchio]]'' (1972), ''[[Il gatto (film)|Il gatto]]'' (1978) e ''[[L'ingorgo]]'' (1979), in cui si fondono generi e stili differenti.
[[File:C'eravamo tanto amati, film.jpg|miniatura|sinistra|verticale| [[Vittorio Gassman]], [[Nino Manfredi]] e [[Stefano Satta Flores]] nel film ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'' (1974), per la regia di [[Ettore Scola]]]]
Altra figura di primo piano per lo sviluppo e l'imposizione della [[commedia all'italiana]] è il regista [[Pietro Germi]]. Dopo essersi cimentato in opere a evidente contenuto civile, in qualche modo riconducibili entro i canoni del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]], nell'ultima fase della sua carriera ha diretto pellicole inseribili entro il raggio della commedia,<ref>Un filone cinematografico che prese il nome dal film di Germi ''Divorzio all'italiana'' (In Gianfranco Cercone, ''Enciclopedia del cinema'', ed. Treccani, 2004)</ref>
dove accanto agli abituali toni umoristici sopravvivono componenti di critica sui costumi della media borghesia.<ref>I suoi primi film sono «caratterizzati dall'intransigenza morale, l'idealismo civile, l'intervento sociale che saldavano il cinema con l'orientamento politico e l'etica dominante più di quanto riuscisse a fare in media il neorealismo puro.» (In Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Dalai editore, 1997, p.55)</ref> Il già citato ''[[Divorzio all'italiana]]'' apre a Germi le porte del successo che si concretizzerà con ''[[Sedotta e abbandonata]]'' (1964) e con il limpido e caustico ''[[Signore & signori]]'' (1965). Il film (satira sull'ipocrisia borghese di una cittadina dell'alto [[Veneto]]), vince la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] ex aequo con ''[[Un uomo, una donna]]'' (1966), di [[Claude Lelouch]].
L'ultimo protagonista della grande stagione della commedia è il regista romano [[Ettore Scola]]. Per tutti gli anni cinquanta veste i panni dello sceneggiatore, per poi esordire alla regia nel [[1964]] con il film ''[[Se permettete parliamo di donne]]''. Nel [[1974]] dà alla luce il suo film più noto, ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'', che ripercorre trent'anni di storia italiana attraverso le vicende di tre amici: l'avvocato Gianni Perego ([[Vittorio Gassman]]), il portantino Antonio ([[Nino Manfredi]]) e l'intellettuale Nicola ([[Stefano Satta Flores]]. Altre importanti pellicole sono: ''[[Brutti, sporchi e cattivi]]'' (1976) - trainata da [[Nino Manfredi]] - e ''[[Una giornata particolare]]'' (1977), dove [[Sophia Loren]] e [[Marcello Mastroianni]] si producono in una delle loro interpretazioni più alte e struggenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1423}}</ref>
[[File:Alberto Sordi Il vigile.jpg|miniatura|destra|verticale| [[Alberto Sordi]] in una scena de ''[[Il vigile]]'' ([[1960]]) di [[Luigi Zampa]], manifesto dell'[[Italia]] degli anni sessanta]]
Nel 1980 il regista tira le somme della [[commedia all'italiana]] nel [[pamphlet]] generazionale de ''[[La terrazza]]'', che descrive con grande efficacia l'amaro bilancio esistenziale di un gruppo di intellettuali di sinistra. La pellicola, secondo gran parte della critica, è una delle ultime opere ancora ascrivibile alla tradizione "alta" della commedia.<ref>Enrico Giacovelli: "''La commedia all'italiana - La storia, i luoghi, gli autori, gli attori, i film''", pagg. 11-12. Gremese Editore, Roma 1990</ref>
Un posto a parte occupa [[Antonio Pietrangeli]], che in quasi tutti i suoi film si è occupato di psicologia femminile, delineando con spiccata sensibilità ritratti di donne infelici e tormentate: da ''[[Adua e le compagne]]'' (1960) a ''[[La visita (film 1963)|La visita]]'' (1963), da ''[[La parmigiana]]'' (1963) a ''[[Io la conoscevo bene]]'' (1965), considerato il suo capolavoro.
Altre opere significative sono i sempre attuali ''[[Il vigile]]'' (1960) e ''[[Il medico della mutua]]'' (1968), di [[Luigi Zampa]], ''[[Crimen (film)|Crimen]]'' (1961), di [[Mario Camerini]], ''[[Leoni al sole]]'' (1961), di [[Vittorio Caprioli]], ''[[Il diavolo (film)|Il diavolo]]'' (1963), di [[Gian Luigi Polidoro]], nonché alcune commedie di [[Vittorio De Sica]], come ''[[Il boom]]'' (1963), ''[[Ieri, oggi, domani (film 1963)|Ieri, oggi, domani]]'' (1963) e ''[[Matrimonio all'italiana]]'' (1964).
[[File:Magnifico-Tognazzi.png|miniatura|sinistra|[[Ugo Tognazzi]] nel film ''[[Il magnifico cornuto]]'' (1964), di [[Antonio Pietrangeli]]]]
Tra gli anni sessanta e settanta conosce notorietà il cinema di [[Luciano Salce]], autore di molteplici commedie dal sicuro incasso al botteghino. Oltre al ciclo comico dei film basati sulle avventure del ragionier [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], si ricordano ''[[Il federale]]'' (1961), ''[[La voglia matta]]'' (1962), ''[[Le ore dell'amore]]'' (1963) e ''[[L'anatra all'arancia]]'' (1975), tutti arricchiti dall'estro recitativo di [[Ugo Tognazzi]]. Da non dimenticare il film di [[Franco Brusati]], ''[[Pane e cioccolata]]'' (1973), che rivisita con mordace intelligenza le varie problematiche dell'immigrazione italiana, in questo aiutato dall'incisiva interpretazione di [[Nino Manfredi]].
Sempre in questo ambito, si menziona il lavoro svolto dalla regista [[Lina Wertmüller]], che assieme alla rodata coppia di attori [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]] ha dato vita, nella prima metà degli anni settanta, a pellicole di successo tra le quali si evidenziano: ''[[Mimì metallurgico ferito nell'onore]]'' (1972), ''[[Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."]]'' (1973) e ''[[Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto]]'' (1974). Due anni più tardi, con ''[[Pasqualino Settebellezze]]'' (1976) ottiene quattro nomination agli [[Premio Oscar|Oscar]], risultando la prima donna in assoluto a ricevere una candidatura come miglior regista.<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/09/21/news/wertmuller-123217477/|titolo=Lina Wertmuller: "Agli Oscar credo poco, preferisco pensare al nuovo film"|sito=La repubblica.it|accesso=21 febbraio 2017}}</ref>
Di rilievo è il prodotto artistico di [[Sergio Citti]], che sulla falsariga di certo cinema pasoliniano dirige commedie bizzarre e surreali, raggiungendo risultati convincenti in più di una pellicola tra le quali si menzionano: ''[[Ostia (film)|Ostia]]'' (1970), ''[[Casotto (film)|Casotto]]'' (1977) e ''[[Il minestrone]]'' (1981).
Vi è infine da ricordare che, nell'arco di oltre un ventennio, sono stati numerosissimi i registi che hanno partecipato e contribuito allo sviluppo della commedia. Tra questi meritano di essere citati [[Nanny Loy]] - per il film ''[[Le quattro giornate di Napoli]]'' (1962) - [[Steno]] - nella riuscita ''[[pochade]]'' ''[[Febbre da cavallo]]'' (1976) - [[Sergio Corbucci]], [[Salvatore Samperi]], [[Gianni Puccini]] e [[Marcello Fondato]]. Si riportano ancora: [[Pasquale Festa Campanile]], [[Luigi Filippo D'Amico]], [[Tonino Cervi]], [[Flavio Mogherini]], [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] e [[Luigi Magni]], che nella sua esigua ma significativa produzione ha delineato commedie ambientate nella [[Roma]] [[papa]]lina e [[Risorgimento|risorgimentale]] che hanno visto spesso come attore protagonista [[Nino Manfredi]].<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 71.</ref>
== Il cinema comico ==
[[File:Antonio De Curtis - Totò.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]]]]
Il luogo ideale dove il genere comico trova ampia affermazione è senz'altro il [[teatro]] dove, tra gli anni trenta e quaranta, si sviluppano numerose scuole di avanspettacolo che vedono tra le proprie file attori comici di prim'ordine come [[Carlo Dapporto]], [[Gilberto Govi]], [[Ettore Petrolini]], [[Erminio Macario]], [[Nino Taranto]], [[Renato Rascel]], [[Walter Chiari]], [[Carlo Campanini]] e [[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]].<ref name = "gp" /> Proprio a quest'ultimo si deve il merito di aver spostato e integrato tale prodotto artistico dal palcoscenico alla celluloide. Ideatore di un'autentica maschera nel solco della tradizione della [[commedia dell'arte]], Totò ha spaziato dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari passaggi pubblicitari). I suoi film riscuotono ancora oggi molto successo, e talune sue battute sono diventate perifrasi entrate nel linguaggio comune.<ref name="Maltin" >{{cita|Maltin, 2007|p. 2051}}.</ref>
Tra i suoi innumerevoli lungometraggi si evidenziano: ''[[Fifa e arena]]'' (1948), ''[[I pompieri di Viggiù]]'' (1949), ''[[Totò cerca casa]]'' (1949), ''[[L'imperatore di Capri]]'' (1949), ''[[Totò le Mokò]]'' (1949), ''[[Un turco napoletano]]'' (1953), ''[[Miseria e nobiltà (film 1954)|Miseria e nobiltà]]'' (1954), ''[[Signori si nasce]]'' (1960) e ''[[Totò a colori]]'' (1952), primo film italiano in Ferrania-color, dove il comico sfoggia prestazioni mimiche tra le più alte. Non sono da trascurare i fruttiferi sodalizi con [[Aldo Fabrizi]] e con il grande attore di teatro [[Peppino De Filippo]], con il quale ha ideato numerose pellicole di sicura presa sul pubblico. A tal proposito si menzionano: ''[[La banda degli onesti]]'' (1956), ''[[Arrangiatevi!]]'' (1959), ''[[Totò, Peppino e... la dolce vita]]'' (1961) e la celebre ''[[Totò, Peppino e la... malafemmina]]'' (1956), per la regia di [[Camillo Mastrocinque]].
[[File:Fantozzi 1.jpg|destra|miniatura|[[Paolo Villaggio]] nelle vesti del ragionier [[Ugo Fantozzi]]]]
Tra le altre spalle dell'artista si segnalano [[Carlo Croccolo]], [[Mario Castellani]] e attrici di notevole valore come [[Tina Pica]], [[Franca Valeri]], [[Ave Ninchi]], [[Isa Barzizza]], [[Pupella Maggio]] e [[Marisa Merlini]]. Oltre ad aver rappresentato per più di un ventennio l'attore comico per antonomasia, Totò si è cimentato in altre pellicole rientranti più esplicitamente nel filone della [[commedia all'italiana]], finanche nel [[cinema d'autore]] (in particolar modo negli anni sessanta).<ref name="Ultimo incontro" >{{Cita web|url=http://www.antoniodecurtis.org/lultimo_incontro.htm|titolo=Totò biografia - L'ultimo incontro|editore=antoniodecurtis.org|accesso=10 ottobre 2013}}</ref>
Analogo discorso avviene nei successivi anni settanta con l'emergere di una nuova personalità comica facente capo all'autore, attore e scrittore [[Paolo Villaggio]]. Dopo aver debuttato nel programma televisivo ''[[Quelli della domenica]]'' presentando personaggi dalla mimica grottesca ed inedita, fa esordire sul grande schermo la celebre maschera di [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], creata dallo stesso artista alla fine degli anni sessanta e pubblicata con notevole richiamo nell'omonimo libro, uscito per la ''[[Rizzoli]]'' nel 1971. Il capostipite ''[[Fantozzi (film)|Fantozzi]]'' (1975), diretto da [[Luciano Salce]] e campione di incassi nella stagione 1974 - 1975, ha dato vita a una saga di ampio e duraturo successo, che si è protratta con altre nove pellicole fino alla fine degli anni novanta.
Accanto all'artista hanno poi recitato svariati attori divenuti fin da subito molto popolari tra i quali si ricordano: [[Milena Vukotic]], [[Anna Mazzamauro]], [[Liù Bosisio]], [[Plinio Fernando]] e soprattutto [[Gigi Reder]], il quale ha composto con Villaggio un fortunato sodalizio riscontrabile in oltre quattordici pellicole. Allo stesso modo di [[Totò]] anche Villaggio ha effettuato incursioni nella commedia, così come nel cinema d'autore continuando in parallelo la principale attività di attore comico e scrittore satirico. Se si esclude l'[[Premio Oscar|Oscar]] a [[Roberto Benigni]] (il quale è sia interprete che regista), entrambi gli artisti sono gli unici attori comici in Italia ad aver vantato riconoscimenti di grande prestigio internazionale. Totò ha infatti ricevuto due menzioni speciali al [[Festival di Cannes]], per le prove nei film ''[[Guardie e ladri]]'' (1951) e ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966)<ref name="Ultimo incontro" />; a Villaggio sono andati rispettivamente il [[Leone d'oro alla carriera]] (1992) e il [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]] (2000).<ref>{{Cita web|url=http://www.comingsoon.it/personaggi/paolo-villaggio/107882/biografia/|titolo=Paolo Villaggio - Biografia Coming soon|accesso=10 novembre 2015}}</ref>
[[File:Un americano a Roma - maccheroni.jpg|miniatura|verticale|[[Alberto Sordi]] nel film ''[[Un americano a Roma]]'' ([[1954]]), per la regia di [[Steno]]]]
[[File:Ciccio e Franco Fine.jpg|sinistra|miniatura|verticale|Il duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]]]]
Inoltre, va evidenziato il grande consenso popolare avuto negli anni cinquanta da [[Alberto Sordi]], che prima di intraprendere la strada di attore a tutto tondo ha mostrato indiscusse doti comiche nei rispettivi film ''[[Un giorno in pretura (film)|Un giorno in pretura]]'' (1953) e ''[[Un americano a Roma]]'' (1954), entrambi diretti da [[Steno]]. Non è da tralasciare la popolarità del duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]], che per tutti gli anni sessanta ha inanellato una serie di lungometraggi a stampo parodistico (i più diretti da [[Giorgio Simonelli]]), proponendo situazioni e gag derivanti dall'avanspettacolo e dal teatro di strada. Si segnalano, ancora, le numerose partecipazioni della coppia a molti film autoriali, mettendo la propria arte al servizio di registi quali [[Pier Paolo Pasolini]], [[Vittorio De Sica]] e i [[Fratelli Taviani]]. Lo stesso Ingrassia lavorerà singolarmente per cineasti come [[Elio Petri]] e [[Federico Fellini]].<ref>Franco Cicero. ''Addio a Ciccio Ingrassia, dieci anni dopo Franco Franchi''. «Gazzetta del Sud», 29 aprile 2003, 13.</ref>.
Una ritrovata linfa nel contesto di tale forma artistica viene alla luce all'inizio degli anni ottanta con la comparsa di una nuova generazione di attori e registi che avrebbe, seppur con tematiche sociali differenti, continuato il percorso già tracciato dalla commedia all'italiana. Attori comici quali [[Roberto Benigni]], [[Carlo Verdone]], [[Massimo Troisi]], [[Francesco Nuti]] e [[Maurizio Nichetti]], hanno proposto in maniera coeva un nuovo modo di fare comicità, passando con disinvoltura dallo [[sketch]] televisivo al cinema, presentando pellicole quasi sempre dirette e interpretate da se medesimi.<ref name = "nc" >Enrico Giacovelli, ''La commedia all'italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 122.</ref>
== Il cinema sociale e politico ==
[[File:Francesco Rosi - foto di Augusto De Luca.jpg|miniatura|destra|verticale|Nell'immagine il regista [[Francesco Rosi]]]]
Il cinema d'autore degli anni sessanta continua il proprio percorso analizzando temi e problematiche distinte. Dalle vene surreali ed esistenziali di Fellini e Antonioni si emancipa una nuova visione autoriale che vede nel cinema un mezzo ideale per denunciare corruzioni e malaffare<ref>Per una prosecuzione del genere negli anni Duemila, v. https://www.radioradicale.it/scheda/507445/cinema-cinema-la-tenerezza-di-gianni-amelio, secondo cui "La tenerezza" di Amelio "rimanda all'Italia intera affetta da corruzione inveterata da frustrazioni senza scampo da livori razzisti: rimanda a quel senso di morte, di paralisi, di mancanza di prospettive ideali, che i film italiani da anni incessantemente registrano".</ref>, sia del sistema politico che del mondo industriale. Nasce così la struttura del film inchiesta che partendo dall'analisi neorealista dei fatti, aggiunge a essi un conciso giudizio critico, con il manifesto intento di scuotere le coscienze dell'opinione pubblica. Tale tipologia tocca volutamente questioni scottanti, spesso prendendo di mira il potere costituito, con l'intento di ricostruire una verità storica il più delle volte celata o negata.<ref name = "cp" >{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/politico_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=Il Cinema Politico - Treccani |accesso=10 novembre 2015}}</ref>
Vero precursore di questo modo di intendere il mestiere del regista è l'artista napoletano [[Francesco Rosi]].<ref>{{cita web|url=http://www.davinotti.com/index.php?option=com_content&task=view&id=145|titolo=Il Cinema Politico - Il Davinotti|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Nel 1962 inaugura il progetto dei film-inchiesta ripercorrendo, attraverso una serie di lunghi [[analessi|flashback]], la vita del malavitoso [[sicilia]]no ''[[Salvatore Giuliano (film)|Salvatore Giuliano]]''. L'anno successivo dirige [[Rod Steiger]] ne ''[[Le mani sulla città]]'' ([[1963]]), nel quale denuncia con coraggio le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a [[Napoli]]. La pellicola viene premiata con il [[Leone d'Oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].
[[File:Il caso Mattei Rosi.png|miniatura|sinistra|verticale|[[Gian Maria Volonté]] in ''[[Il caso Mattei]]'' (1972) di [[Francesco Rosi]]]]
Questi film sono generalmente considerati i capostipiti del [[cinema]] a carattere politico, che vedrà spesso la recitazione duttile e mimetica di [[Gian Maria Volonté]]. Uno dei punti di arrivo del cammino artistico di Francesco Rosi è ''[[Il caso Mattei]]'' ([[1972]]), un rigoroso documento in cui il regista cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa di [[Enrico Mattei]], manager del più importante gruppo statale italiano: l'[[Eni]].
La pellicola vince la [[Palma d'oro]] al [[festival di Cannes]] e diviene (assieme al serrato ''[[Cadaveri eccellenti (film)|Cadaveri eccellenti]]'', 1976) un vero modello per analoghi film di denuncia prodotti sia in Italia che all'estero.
[[File:Elio Petri.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Elio Petri]]]]
I [[Sessantotto|movimenti studenteschi, operai ed extra-parlamentari]] della fine degli [[anni 1960|anni sessanta]] e quelli del decennio seguente influenzeranno molte arti, in particolar modo il cinema, che ricalca sulle orme di Rosi un percorso socialmente e politicamente impegnato.<ref name = "cp" /> In questo contesto nuovi registi continuano e potenziano l'opera del cineasta napoletano; tra questi il più attivo è l'autore romano [[Elio Petri]], che utilizza il discorso politico in un'ottica di superamento e completamento del cinema neorealista. A questo proposito il regista romano dichiara: «Il [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] se non è inteso come vasta esigenza di ricerca e di indagine, ma come vera e propria tendenza poetica, non ci interessa più (...) Occorre fare i conti con i miti moderni, con le incoerenze, con la corruzione, con gli esempi splendidi di eroismi inutili, con i sussulti della morale: occorre sapere e potere rappresentare tutto ciò».<ref>"Città aperta", 4-5, 25 luglio 1957, in Elio Petri, ''Scritti di cinema e di vita'', p. 56, Bulzoni Editore, 2007</ref>
Nei primi anni sessanta lavora con [[Alberto Sordi]] nell'amara commedia ''[[Il maestro di Vigevano]]'' (1963), ispirata al romanzo di [[Lucio Mastronardi]]. Nel 1967 avvia un solidale progetto con l'attore e alter ego [[Gian Maria Volonté]], sviluppando produzioni dal chiaro monito civile come: ''[[A ciascuno il suo (film)|A ciascuno il suo]]'' (1967), tratto da un romanzo di [[Leonardo Sciascia]], ''[[La classe operaia va in paradiso]]'' (1971), corrosiva denuncia sulla vita in fabbrica (vincitrice della [[Palma d'oro]] a Cannes) e ''[[Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto]]'' (1970). Quest'ultimo (accompagnato dall'incisiva colonna sonora di [[Ennio Morricone]]) è un asciutto thriller psicoanalitico incentrato sulle aberrazioni del potere, analizzate in chiave sulfurea e patologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1654}}</ref> La pellicola ottiene un vasto consenso, aggiudicandosi l'anno seguente l'[[Oscar al miglior film straniero]]. Nel 1976 Petri porta al cinema un altro componimento di [[Leonardo Sciascia|Sciascia]], ''[[Todo modo (film)|Todo modo]]'', che racconta il cupo decadimento di una classe dirigente, rifugiatasi in un albergo-eremo, al finto scopo di praticare esercizi spirituali.
Argomenti affini al cinema d'impegno civile si ritrovano nell'opera di [[Damiano Damiani]], che con ''[[Il giorno della civetta (film)|Il giorno della civetta]]'' (1968), conosce un notevole successo. Altri lungometraggi da citare sono: ''[[Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica]]'' (1971), ''[[L'istruttoria è chiusa: dimentichi]]'' (1971), ''[[Perché si uccide un magistrato]]'' (1974) e ''[[Io ho paura]]'' (1977). Si menzionano, inoltre, [[Pasquale Squitieri]] per il film ''[[Il prefetto di ferro]]'' (1977) e [[Giuliano Montaldo]], che dopo alcune esperienze come attore mette in scena alcune pellicole di carattere storico e politico come ''[[Gott mit uns (Dio è con noi)|Gott mit uns]]'' (1970), ''[[Sacco e Vanzetti (film 1971)|Sacco e Vanzetti]]'' (1971) e ''[[Giordano Bruno (film)|Giordano Bruno]]'' (1973).
[[File:Gillo Pontecorvo.jpeg|miniatura|sinistra|[[Gillo Pontecorvo]]]]
Di estrema importanza risulta il duro e realistico ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' ([[1971]]), di [[Nanni Loy]], con protagonista un toccante [[Alberto Sordi]]. Il film del regista sardo è una sorta di incubo [[Franz Kafka|kafkiano]], perfettamente calato nella realtà sociale del tempo. La pellicola ha suscitato ampio scalpore, in quanto, per la prima volta, un'opera cinematografica denunciava la drammatica arretratezza del sistema giudiziario e carcerario italiano. Anni prima, lo stesso Sordi viene diretto da [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Mafioso (film)|Mafioso]]'' (1960), uno dei primi ''gangster movie'' italiani, dove lo sguardo glaciale del regista ritrae uno spaccato della malavita siciliana freddo e amorale, privo di qualsiasi finale consolatorio.
Anche se non strettamente legato alla realtà italiana si può ricordare ''[[La battaglia di Algeri]]'' (1966), dell'autore toscano [[Gillo Pontecorvo]]. L'opera è una vibrante ricostruzione degli eventi militari che portarono l'[[Algeria]] all'indipendenza dal [[Colonialismo francese]], rievocata con un rigore e uno stile prossimi a molti cinegiornali dell'epoca.<ref>Fernaldo Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema - cento grandi film'', pag 28, Edizioni Newton, 1995</ref> Acclamato da critica e pubblico, Il film ([[Leone d'oro]] a Venezia), è divenuto nel tempo una delle opere italiane più conosciute nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/la-battaglia-di-algeri_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/|titolo=La battaglia di Algeri - Treccani |accesso=1º giugno 2015}}</ref>
Nel 1969 [[Marlon Brando]] è il protagonista di un nuovo film sempre diretto da Pontecorvo: ''[[Queimada]]'', che descrive le sopraffazioni dell'[[Imperialismo]] e la rivolta dei popoli oppressi in un paese del [[Sud America]]. Nel suo ultimo lungometraggio, l'artista pisano affronta il tema della [[Euskadi Ta Askatasuna|resistenza antifranchista basca]] in ''[[Ogro]]'' (1979), raccontando la vicenda dell'attentato all'Ammiraglio [[Luis Carrero Blanco]], avvenuto nel [[1973]].
Un altro regista legato al cinema politico e d'impegno sociale è il ferrarese [[Florestano Vancini]], che in molte realizzazioni ha coniugato la robustezza della ricostruzione storica con il resoconto di crisi sentimentali e soggettive. Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[La lunga notte del '43]]'' (1960), ''[[La banda Casaroli]]'' (1962), ''[[Le stagioni del nostro amore (film)|Le stagioni del nostro amore]]'' (1966) e ''[[Il delitto Matteotti (film 1973)|Il delitto Matteotti]]'' (1973).
== Il cinema d'animazione ==
{{vedi anche|Storia dell'animazione italiana}}
[[File:Bozzetto.jpg|miniatura|destra|Sopra un fotogramma di ''[[West and soda]]'' (1965) di [[Bruno Bozzetto]]]]
Nonostante l'Italia non abbia una grande tradizione nell'ambito del cinema d'animazione, nel corso del tempo si sono rivelati diversi autori degni d'attenzione. Il pioniere del cartone animato italiano è stato Francesco Guido, meglio conosciuto come [[Gibba]]. Subito dopo la fine della guerra, produce il primo mediometraggio animato del nostro cinema dal titolo ''L'ultimo sciuscià'' (1946), che riprende tematiche proprie del [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] e nel decennio seguente i lungometraggi ''Rompicollo'' e ''I picchiatelli'', in collaborazione con Antonio Attanasi.<ref name = "az" >Tommaso Iannini, ''Tutto Cinema'', De Agostini, Novara, pp. 235</ref> Negli [[anni 1970|anni settanta]], dopo molti documentari animati, lo stesso [[Gibba]] tornerà al lungometraggio con l'erotico ''[[Il nano e la strega]]'' (1973) e
''Il racconto della giungla'' (1974). Interessanti anche i contributi del pittore e scenografo [[Emanuele Luzzati]] che dopo alcuni pregevoli cortometraggi, realizza nel 1976 uno dei capolavori dell'animazione italiana: ''Il flauto magico'', basato sull'omonima opera di Mozart.
Nel 1949 il disegnatore [[Nino Pagot]] presenta al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]] ''[[I fratelli Dinamite]]'', uno dei primi lungometraggi animati dell'epoca, uscito nelle sale in concomitanza con ''[[La rosa di Bagdad]]'' (1949), realizzato dall'animatore [[Anton Gino Domeneghini]].<ref name = "az" /> Nei primi anni cinquanta il fumettista [[Romano Scarpa]] crea il cortometraggio ''[[La piccola fiammiferaia (film 1953)|La piccola fiammiferaia]]'' (1953), che resta, come i due film precedenti, poco più che un caso isolato. Infatti, all'infuori di questi esempi, l'animazione italiana a cavallo degli anni cinquanta e sessanta non riesce a diventare una realtà di rilievo e rimane confinata nel settore televisivo, grazie alle varie committenze fornite dal contenitore [[Carosello]].<ref>
{{cita web|url= http://www.archivioluce.com/luce_storia/index.asp?documentID=688&page_num=5|titolo= Archivio LUCE, disegni d'autore|accesso= 24 ottobre 2007|urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20030816183303/http://archivioluce.com/luce_storia/index.asp?documentID=688&page_num=5|dataarchivio= 16 agosto 2003}} - {{cita web|url= http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1965/lexs_208851.html|titolo= LEGGE 4 NOVEMBRE 1965, n. 1213 (GU n. 282 del 12/11/1965)|accesso= 24 ottobre 2007|urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20061028062000/http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1965/lexs_208851.html|dataarchivio= 28 ottobre 2006}}</ref>
Ma è con [[Bruno Bozzetto]] che il cartoon italiano raggiunge una dimensione internazionale: il suo lungometraggio d'esordio ''[[West and Soda]]'' (1965), irresistibile caricatura del genere Western, accoglie consensi sia di pubblico che di critica.<ref name = "az" />
Pochi anni dopo esce la sua seconda opera dal titolo ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'', distribuita nel 1968. Dopo tanti cortometraggi satirici (incentrati sulla popolare figura del "Signor Rossi") torna al lungometraggio con quello che viene considerato il suo lavoro più ambizioso: ''[[Allegro non troppo]]'' (1977). Ispirato al noto ''[[Fantasia (film)|Fantasia]]'' della [[The Walt Disney Company|Disney]] è un film a tecnica mista, in cui gli episodi animati vengono plasmati sulle note di molti brani di musica classica. Altro disegnatore da sottolineare è l'artista [[Pino Zac]] che nel 1971 gira (sempre con tecnica mista) ''[[Il cavaliere inesistente (film)|Il cavaliere inesistente]]'', tratto dall'[[Il cavaliere inesistente|omonimo romanzo]] di [[Italo Calvino]].
[[File:Freccia azzuraù.jpg|miniatura|sinistra|Sopra il film d'animazione ''[[La freccia azzurra]]'' (1996), di [[Enzo D'Alò]]]]
Negli anni novanta l'animazione italiana entra in una nuova fase produttiva grazie allo studio torinese [[Lanterna Magica (azienda)|Lanterna Magica]] che nel 1996, con la regia di [[Enzo D'Alò]], realizza l'intrigante favola natalizia ''[[La freccia azzurra]]'', basata su un racconto di [[Gianni Rodari]].
Il film è un successo e apre la strada, negli anni a venire, ad altri lungometraggi. Infatti, nel 1998, viene distribuito ''[[La gabbianella e il gatto]]'' tratto da un romanzo di [[Luis Sepúlveda]], che attira i favori del pubblico, toccando un nuovo vertice del nostro cinema animato.<ref>{{cita web|url=http://www.movieplayer.it/film/la-gabbianella-e-il-gatto_1251/incassi/|titolo=Movieplayer.it - Pagina incassi del film|accesso=19 gennaio 2008}}</ref>
Il regista [[Enzo d'Alò]], separatosi dallo studio Lanterna Magica, produrrà negli anni seguenti altre pellicole come ''[[Momo alla conquista del tempo (film)|Momo alla conquista del tempo]]'' (2001) e ''[[Opopomoz]]'' (2003).
Lo studio torinese distribuisce per suo conto le pellicole ''[[Aida degli alberi]]'' (2001) e ''[[Totò Sapore e la magica storia della pizza]]'' (2003), accompagnati da un buon riscontro al botteghino.
Nel [[2003]] esce il primo film d'animazione in computer grafica di produzione interamente italiana dal titolo ''[[L'apetta Giulia e la signora Vita]]'', per la regia di Paolo Modugno.<ref>{{cita web |url=http://www.cgitalia.it/guida/Film/Apetta-Giulia-E-La-Signora-Vita |titolo=L'Apetta Giulia e la Signora Vita |data=22 novembre 2006 |accesso=6 settembre 2008 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110525011338/http://www.cgitalia.it/guida/Film/Apetta-Giulia-E-La-Signora-Vita |dataarchivio=25 maggio 2011 }}</ref> Da sottolineare l'opera ''La Storia di Leo'' (2007), del regista Mario Cambi, vincitore, l'anno seguente, del [[Giffoni Film Festival]].
Nel [[2010]] giunge il primo film d'animazione italiano in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], diretto da [[Igino Straffi]], dal titolo ''[[Winx Club 3D - Magica avventura]]'', tratto dall'omonima serie che ha goduto di molta fama in tutto il mondo; nel frattempo torna nelle sale [[Enzo D'Alò]], presentando il suo ''[[Pinocchio (film 2012)|Pinocchio]]'' (2012).
Nel [[2012]] ottiene credito presso il pubblico la pellicola ''[[Gladiatori di Roma]]'', anch'esso girato in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], seguita dal lungometraggio ''[[Winx Club - Il mistero degli abissi]]'' (2014), entrambi ancora di [[Igino Straffi]].
Si ricorda, infine, ''[[L'arte della felicità]]'' (2013) di [[Alessandro Rak]], pellicola realizzata a [[Napoli]] da 40 autori, tra cui soltanto 10 disegnatori e animatori dello studio Mad entertainment, vero primato assoluto per un film cinematografico d'animazione<ref>{{cita web|url=http://www.mymovies.it/film/2013/lartedellafelicita/|titolo=L'arte della felicità|editore=mymovies.it|accesso=10 ottobre 2014}}</ref>. Per mano dello stesso studio esce ''[[Gatta Cenerentola]]'' ([[2017]]), tratto dal testo ''[[Lo cunto de li cunti]]'' di [[Giambattista Basile]]. L'opera vince due David di Donatello di cui uno agli effetti speciali divenendo il primo film d'animazione a candidarsi e a vincere in tale categoria.
== Il cinema di genere italiano ==
Accanto al cinema neorealista ed esistenziale degli autori, della commedia all'italiana e del cinema di denuncia sociale, a partire dal [[secondo dopoguerra]], si sviluppa un cinema italiano più popolare che se da una parte viene snobbato e osteggiato dalla critica, dall'altra viene accolto con entusiasmo da gran parte del pubblico, nazionale e internazionale.
Dopo aver toccato il proprio culmine negli [[Anni 1960|anni sessanta]] e [[Anni 1970|settanta]] del [[XX secolo|Novecento]], il cinema di genere entra in declino a metà degli [[Anni 1980|anni ottanta]] per due motivi principali: da una parte la grave crisi che colpisce tutto il cinema italiano e dall'altra l'affermazione della [[televisione commerciale]], che in pochi anni priva le sale cinematografiche del suo pubblico abituale. Questo tipo di cinema è venuto ad affievolirsi all'inizio degli [[Anni 1990|anni novanta]], per poi scomparire del tutto a metà dello stesso decennio.<ref name="vito" >Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', Marsilio, Venezia, 2005, p. 329.</ref>
I [[generi cinematografici]] prodotti in [[Italia]] sono stati molteplici (variando a seconda dei decenni) e molte volte si sono incrociati tra loro, attraverso varie commistioni e fusioni. Qui di seguito è rappresentata una sommaria lista dei vari generi cinematografici che hanno incontrato, in periodi diversi, maggior successo.
=== Melodramma ===
[[File:Nazzari+sanson catene.jpg|miniatura|destra|[[Amedeo Nazzari]] ed [[Yvonne Sanson]] in una foto di scena del film ''[[Torna! (film 1953)|Torna!]]'' (1953), di [[Raffaello Matarazzo]]]]
Fra la metà degli [[Anni 1940|anni quaranta]] e la metà degli [[Anni 1950|anni cinquanta]] si sviluppa il genere dei melodrammi popolari, detti comunemente ''strappalacrime''.<ref name = "yv" >{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/melodramma_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo=il Melodramma - Treccani|accesso=10 novembre 2015}}</ref> Rispetto ai drammi sentimentali del periodo fascista, i melodrammi girati nel secondo dopoguerra sono caratterizzati da ambientazioni più realistiche, abitate da una piccola borghesia all'alba del boom economico. Le esili trame sono costruite attorno a giovani coppie unite dall'amore ma divise dai ceti sociali di appartenenza, con particolare insistenza sulle sofferenze, gli inganni, le vessazioni, i ricatti e le rinunce che i personaggi (soprattutto femminili) sono costretti a subire<ref>''Così piangevano - Il cinema melò nell'Italia degli anni cinquanta'' di Emiliano Morreale, [[Donzelli Editore]], Roma, 2011</ref>. I melodrammi sono poco apprezzati dalla critica, che li considera alla stregua di [[fotoromanzi]] cinematografici, ma il successo di pubblico è notevole.<ref name = "yv" />
Il regista principale del genere è [[Raffaello Matarazzo]], attivo già dai tempi del fascismo e prolifico autore di una serie di film interpretati da [[Amedeo Nazzari]] ed [[Yvonne Sanson]]. Tra i suoi film più conosciuti vi sono ''[[Catene (film 1949)|Catene]]'' ([[1949]]) e ''[[Tormento (film 1950)|Tormento]]'' ([[1950]]), che risulteranno rispettivamente il primo ed il secondo maggior incasso in [[Italia]] nella stagione cinematografica [[1949]]-[[1950|50]]. Il successo si ripete con il successivo ''[[I figli di nessuno (film 1951)|I figli di nessuno]]'' (1951), sempre interpretato dalla coppia Nazzari-Sanson. Altri suoi film da ricordare sono ''[[Chi è senza peccato...]]'' e ''[[Il tenente Giorgio]]'' (1952), ''[[Torna! (film 1953)|Torna!]]'', ''[[Vortice (film 1953)|Vortice]]'', ''[[La nave delle donne maledette]]'' e ''[[Giuseppe Verdi (film 1953)|Giuseppe Verdi]]'' (1953), ''[[La schiava del peccato]]'' e ''[[Guai ai vinti]]'' (1954), ''[[L'angelo bianco (film 1955)|L'angelo bianco]]'' (1955), ''[[L'intrusa (film 1956)|L'intrusa]]'' e ''[[La risaia]]'' (1956).
Altre pellicole da citare sono: ''[[La sepolta viva (film 1949)|La sepolta viva]]'' (1949), ''[[Il bacio di una morta (film 1949)|Il bacio di una morta]]'' (1949), ''[[Core 'ngrato (film)|Core 'ngrato]]'' (1951), ''[[Inganno (film 1952)|Inganno]]'' (1952), ''[[Bufere]]'' (1953) e ''[[Noi peccatori]]'' (1953) del regista [[Guido Brignone]]. Seguono ''[[Trieste mia!]]'' (1951), ''[[Perdonami!]]'' (1953) e ''[[Pietà per chi cade]]'' (1954) di [[Mario Costa]]; ''[[Tormento del passato]]'' (1952) ed ''[[I figli non si vendono]]'' (1952) di [[Mario Bonnard]]; ''[[Persiane chiuse]]'' (1951) e ''[[La tratta delle bianche]]'' (1952) di [[Luigi Comencini]], ed il dittico ''[[Domani è troppo tardi]]'' (1950) e ''[[Domani è un altro giorno (film 1951)|Domani è un altro giorno]]'' (1951) di [[Léonide Moguy]], che vedono come prima attrice [[Anna Maria Pierangeli]]. Degno di considerazione è il film ''[[Anna (film 1951)|Anna]]'' (1951) - prima produzione italiana a toccare il miliardo di lire d'incasso<ref>{{cita web|url=http://raimovie.blog.rai.it/2015/07/21/alberto-lattuada-dieci-anni-dopo/|titolo=Alberto Lattuada dieci anni dopo - Rai movie|accesso=10 novembre 2015}}</ref> - del poliedrico [[Alberto Lattuada]]; un appassionato racconto femminile, recitato con sensuale abilità da [[Silvana Mangano]].
Inoltre, affrontano il melodramma popolare anche [[Mario Soldati]], con le pellicole ''[[La provinciale (film 1953)|La provinciale]]'' (1953) e ''[[La donna del fiume]]'' (1954), interpretate rispettivamente da [[Gina Lollobrigida]] e [[Sophia Loren]], e persino [[Totò]] con ''[[Yvonne la Nuit]]'' (1949) di [[Giuseppe Amato]], tra i suoi rari film a carattere drammatico.
Tra i molti registi che si sono cimentati in questo genere troviamo: [[Ubaldo Maria Del Colle]], [[Duilio Coletti]], [[Luigi Capuano]], [[Leonardo De Mitri]], [[Pino Mercanti]], [[Marcello Pagliero]], [[Sergio Grieco]], [[Antonio Leonviola]], [[Carlo Borghesio]], [[Roberto Bianchi Montero]], [[Giuseppe Vari]], [[Armando Fizzarotti]], [[Mario Sequi]], [[Augusto Genina]], [[Nennella|Renato May]], [[Madunnella|Ernesto Grassi]], [[Lionello De Felice]], [[Adelchi Bianchi]], [[Aldo Vergano]] e [[Clemente Fracassi]], ed ancora [[Giorgio Pàstina]], [[Enzo Di Gianni]], [[Camillo Mastrocinque]], [[Giorgio Bianchi]], [[Giuseppe Guarino (regista)|Giuseppe Guarino]], [[Vittorio Cottafavi]], [[Giorgio Simonelli]], [[Natale Montillo]], [[Flavio Calzavara]], [[Giorgio Capitani]], [[Carlo Campogalliani]], [[Giacomo Gentilomo]], [[Domenico Gambino]], [[Enzo Liberti]], [[Mario Mattoli]], [[Armando Grottini]], [[Anton Giulio Majano]], [[Giorgio Walter Chili]] e [[Carmine Gallone]]. Anche [[Riccardo Freda]], [[Marino Girolami]], [[Pietro Francisci]], [[Renato Castellani]] e [[Sergio Corbucci]], prima di prendere strade diverse nell'ambito del cinema popolare, hanno diretto (specialmente negli anni cinquanta) questo genere di pellicole, alcune delle quali derivanti da famosi romanzi d'appendice oppure ispirate a canzoni popolari o a fatti di cronaca dell'epoca.
Nel decennio successivo il melodramma tenterà di aggiornarsi ai gusti del pubblico. I film di questo periodo hanno come argomento storie di minori con genitori distaccati o in procinto di separarsi, destinati a morire per una disgrazia o una malattia (tra gli attori del tempo, l'interprete più famoso è [[Renato Cestiè]]). Altri copioni raccontano coppie in crisi che ritrovano l'amore, prima di essere nuovamente separate da un destino avverso. Capostipiti di questo ''revival'' sono ''[[Incompreso (film 1966)|Incompreso]]'' (1966), di [[Luigi Comencini]] e ''[[Anonimo veneziano]]'' (1970), di [[Enrico Maria Salerno]], speculare per temi e propositi alla pellicola americana ''[[Love Story (film 1970)|Love Story]]'' (1970). La popolarità dei due film dà il via a una serie di imitazioni più o meno esplicite lungo tutti gli anni settanta ed ottanta.
=== Peplum ===
{{vedi anche|Peplum in Italia}}
{{Vedi anche|Filmografia del Peplum all'italiana}}
[[File:HerculesMagazine.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Fiano pubblicitario statunitense del film ''[[Le fatiche di Ercole (film)|Le fatiche di Ercole]]'' (1958) di [[Pietro Francisci]].]]
[[File:Le meravigliose avventure di Guerrin Meschino.jpg|thumb|destra|[[Gino Leurini]] e [[Leonora Ruffo]] in una scena del film ''[[Le meravigliose avventure di Guerrin Meschino]]'' (1952) di [[Pietro Francisci]].]]
Al filone del peplum appartengono numerosi film nati sulla scia del successo di [[kolossal]] hollywoodiani come ''[[Quo vadis? (film 1951)|Quo vadis?]]'' (1951) e prodottisi in Italia dalla metà degli anni cinquanta fino all'inizio del decennio successivo.<ref name = "pep" >Steve Della Casa e Marco Giusti, ''Il grande libro di Ercole, Il cinema mitologico in Italia'', Edizioni Sabinæ, 2013</ref> Il brusco sviluppo di film americani girati in costume negli stabilimenti di [[Cinecittà]] ha generato una serie ininterrotta di imitazioni, portando sullo schermo pellicole di produzione italiana. Tali opere sono ambientate perlopiù nell'[[antichità]] e hanno come argomento accadimenti riguardanti fatti [[Mitologia|mitologici]], storici o biblici.
Tra i titoli di maggiore successo troviamo: ''[[Ulisse (film 1954)|Ulisse]]'' (1954) di [[Mario Camerini]], ''[[Ercole al centro della Terra]]'' (1961) di [[Mario Bava]], ''[[La regina di Saba]]'' (1952), ''[[Attila (film 1954)|Attila]]'' (1954), ''[[Le fatiche di Ercole (film)|Le fatiche di Ercole]]'' (1958) ed ''[[Ercole e la regina di Lidia]]'' (1959) di [[Pietro Francisci]]. Queste pellicole narrano le gesta di potenti eroi mitologici come [[Ercole]], [[Golia]], [[Maciste]], [[Sansone]] o [[Ursus (peplum)|Ursus]], in lotta per liberare interi popoli da mostri o sovrani malvagi oppure con la missione di salvare [[Damigella in pericolo|fanciulle in pericolo]]. Interpretati da attori americani con esperienze da body-builder come [[Gordon Scott]], [[Steve Reeves]] e [[Brad Harris]], i forzuti entrano ben presto nell'immaginario collettivo. Le esili trame, costruite su improbabili compresenze di miti ed eroi, il [[dialogo]] fuori sincrono, la recitazione legnosa dei personaggi, uniti ai primitivi [[effetti speciali]] hanno contribuito a etichettare queste opere come mere riproposizioni dei più costosi prodotti americani.<ref name = "pep" /> Una delle poche eccezioni è rappresentata dal kolossal ''[[Fabiola (film 1949)|Fabiola]]'' (1949), di [[Alessandro Blasetti]], uno dei maggiori sforzi produttivi del dopoguerra che grazie alla sua magniloquenza viene presto visionato anche all'estero, stabilendo (dai tempi di ''[[Cabiria]]'') un nuovo primato commerciale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1182}}</ref>
Analogo al [[peplum]] è il coevo genere del [[cappa e spada]], in cui si inseriscono film storici ambientati in epoca medievale o nel [[Rinascimento]]. Questi film narrano gesta di uomini e donne realmente esistiti, oppure vedono protagonisti i personaggi della [[romanzo di avventura|narrativa avventurosa]] o dei romanzi epico-cavallereschi.
=== Film musicali e musicarelli ===
{{vedi anche | Musicarello}}
[[File:Ettoregiannini.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Ettore Giannini]], autore del film ''[[Carosello napoletano]]'' (1953), unico musical cinematografico italiano ad aver ricevuto riconoscimenti di prestigio internazionale]]
La cinematografia italiana risulta pressoché estranea al genere del [[musical]], che in maniera opposta ha avuto ampio richiamo negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Tra i pochi film italiani ascrivibili al genere si può citare ''[[Carosello napoletano]]'' (1953) di [[Ettore Giannini]], interpretato tra gli altri dal cantante [[Giacomo Rondinella]] e da un'esordiente [[Sophia Loren]].
La pellicola è una versione cinematografica dell'omonima opera teatrale, portata al successo in molti paesi d'oltreoceano.
Questo insolito film-rivista, aiutato da procedimenti stilistici piuttosto originali (con le scenografie di [[Mario Chiari]] e la fotografia di [[Giorgio Sommer]]), fonde l'eredità colta del [[vedutismo]] con l'ingenuità surreale degli ex voto, mescolando regia teatrale e cinematografica con ambizioni proprie del musical hollywoodiano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 590}}</ref>
In virtù di queste caratteristiche, il lungometraggio riceve, nella primavera dello stesso anno, il Prix International al [[Festival di Cannes]].<ref>{{cita web|url=http://www.festival-cannes.fr/en/archives/1954/allAward.html|titolo=Awards 1954|editore=festival-cannes.fr|accesso=1º giugno 2011|lingua=en}}</ref>
Dalla fine degli anni cinquanta e fino a tutti gli anni settanta, si sviluppa con notevole fortuna il sottofilone dei cosiddetti [[musicarelli]], che prevedono l'ingaggio e la partecipazione di numerosi cantanti di musica leggera, con l'unico intento di trasformare gli artisti in autentiche star del grande schermo. Queste produzioni (il più delle volte commedie a carattere sentimentale) vedono come protagonisti i cantanti italiani più in voga come Adriano Celentano, [[Mina (cantante)|Mina]], [[Little Tony]], [[Rita Pavone]], [[Gianni Morandi]], [[Caterina Caselli]], [[Iva Zanicchi]], [[Domenico Modugno]] e [[Claudio Villa]], i quali, tra una sequenza e l'altra, propongono le varie hits del momento. L'operazione si rivela un successo, consolidando la fama di molte voci italiane, soprattutto di [[Gianni Morandi]] e [[Rita Pavone]], che più di tutti incarnavano l'allegria e la spensieratezza del mondo degli [[adolescenza|adolescenti]]. Tra i titoli più rappresentativi si ricordano: ''[[I ragazzi del juke-box]]'' (1959) e ''[[Urlatori alla sbarra]]'' (1960), di [[Lucio Fulci]], ''[[In ginocchio da te]]'' (1964), di [[Ettore Maria Fizzarotti]] e ''[[Rita la zanzara]]'' (1966), per la regia di [[Lina Wertmüller]].<ref>Daniele Magni, Cuori matti - Dizionario dei musicarelli anni '60, 2002</ref>
=== Fantascienza ===
{{vedi anche|Cinema italiano di fantascienza}}
[[File:Terrore nello spazio (film 1965).JPG|sinistra|miniatura| Un'immagine del film ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965) di [[Mario Bava]]]]
Per quanto non molto ricordato, il cinema italiano ha saputo esprimere un proprio filone di [[cinema di fantascienza|fantascienza]], sebbene realizzato in maniera assai più artigianale rispetto a quello [[hollywood]]iano, di cui è rimasto prevalentemente al traino. Se si escludono pellicole del periodo del muto<ref name="Chiavini_2003_145">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=145
}}</ref> e film [[Farsa (genere teatrale)|farseschi]] come ''[[Mille chilometri al minuto!]]'' (1939), ''[[Baracca e burattini]]'' (1954) e ''[[Totò nella luna]]'' (1958), la fantascienza ''"made in Italy"'' si sviluppa a partire dagli anni cinquanta quando, venuto meno il [[Censura fascista|protezionismo del regime]], il mercato italiano viene invaso dai ''[[blockbuster (intrattenimento)|blockbuster]]'' d'oltreoceano.<ref name="Pagetti">Carlo Pagetti, {{SFEncyclopedia|Italy}}</ref> Tra i primi registi a cimentarsi nel genere si segnalano [[Paolo Heusch]] con ''[[La morte viene dallo spazio]]'' (1958) e [[Riccardo Freda]] con ''[[Caltiki, il mostro immortale]]'' (1959).
Tra gli autori emerge soprattutto il regista [[Antonio Margheriti]], che si distingue nell'ambito dell'[[space opera|avventura spaziale]]. Margheriti - quasi sempre sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson - è stato autore di numerosi film di genere dal solido impianto tecnico e realizzativo, seppur minati da pesantissimi limiti di budget.<ref name="Pagetti" /> Il suo lungometraggio dal titolo ''[[Space Men]]'' (1960) è uno dei primi esempi di "[[space opera]]" del cinema italiano, cui seguono ''[[Il pianeta degli uomini spenti]]'' (1961) e il ciclo della stazione spaziale [[Gamma Uno]] (composto da quattro film girati contemporaneamente in 12 settimane e distribuiti tra il 1965 e il 1967). Nonostante il livello degli [[effetti speciali]] sia [[film a basso costo|di basso costo]], le opere di Margheriti riescono a riscuotere una certa attenzione in Italia e all'estero, contribuendo all'espansione del filone. Su questa scia si muovono [[Ubaldo Ragona]], [[Carlo Ausino]] e [[Pietro Francisci]]. Nel corso degli anni sessanta queste produzioni crescono a dismisura, con la peculiarità di fondersi frequentemente con altri generi o sottogeneri, come quello dell'orrore e dello [[Fantaspionaggio|spionaggio]].
Un chiaro esempio è il [[fanta-horror]] ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965), del cineasta [[Mario Bava]], che mescola con creatività atmosfere proprie dell'horror e della fantascienza.<ref name="Chiavini_2003_145" />
[[File:Decimavittima.jpg|miniatura|[[Marcello Mastroianni]] in una scena de ''[[La decima vittima]]'' (1965) di [[Elio Petri]]]]
Il genere ha inoltre catturato l'attenzione di altri cineasti, alcuni dei quali propriamente ascrivibili al [[cinema d'autore]].<ref name="Chiavini_2003_161">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=161
}}</ref> [[Elio Petri]] dirige nel 1965 ''[[La decima vittima]]'' - basato su un racconto di [[Robert Sheckley]] - mentre [[Marco Ferreri]] porta sullo schermo l'apocalittico ''[[Il seme dell'uomo]]'' (1969), dove il pessimismo dell'autore si trasforma in una feroce critica verso tutta la comunità umana. Nello stesso periodo il cinema italiano di fantascienza viene a incrociarsi con quello della [[satira]] sociale, offrendo in questo ambito alcuni contributi originali.<ref name="Pagetti" /> Esempi di questo tipo sono ''[[Omicron (film)|Omicron]]'' (1963) di [[Ugo Gregoretti]], ''[[Il disco volante]]'' di [[Tinto Brass]] (1964)<ref name="Pagetti" /> e la bizzarra commedia [[fantapolitica]] ''[[Colpo di stato (film 1969)|Colpo di stato]]'' (1969), diretta dal regista [[Luciano Salce]].
Dalla fine degli anni settanta - esauritasi la [[Il Sessantotto|spinta contestatrice]] - la produzione vira verso temi più avventurosi, spensierati e infantili. Tra le opere più emblematiche del periodo viene citata ''[[Scontri stellari oltre la terza dimensione]]'' (1978), di [[Luigi Cozzi]], uscita a poca distanza dal primo episodio di ''[[Guerre stellari (film)|Guerre stellari]]'' (1977), diretto da [[George Lucas]] e promosso come risposta italiana a tale film, nonostante risultasse, per gli standard hollywoodiani, chiaramente un ''[[B movie]]''. Non va dimenticato lo sviluppo di vari sottogeneri come la [[fantascienza apocalittica]] e [[Fantascienza post apocalittica|post atomica]] che ha visto impegnare, nei primi anni ottanta, numerosi registi italiani. Il capostipite di tali ''action'' futuristici è ''[[1990 - I guerrieri del Bronx]]'' (1982), girato da [[Enzo G. Castellari]]; autore che, nel corso del tempo, ha diretto agevolmente variegate pellicole, ottenendo all'estero una certa visibilità.
Dopo una produzione commerciale relativamente ricca di film a basso costo, negli anni novanta si distingue ''[[Nirvana (film)|Nirvana]]'' (1997), di [[Gabriele Salvatores]], una pellicola ispirata al [[cyberpunk]] che costituisce la produzione cinematografica di fantascienza italiana più costosa di sempre e quella di maggiore successo commerciale.<ref name="Muccino 2003">{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/rabbiamuccino/rabbiamuccino/rabbiamuccino.html|sito=La Repubblica/spettacoli_e_cultura|titolo=Muccino: "Mi hanno punito ma non mi lascio abbattere"|accesso=9 aprile 2012}}</ref><ref name="business Nirvana">{{Cita libro|autore=Roberto Chiti|autore2=Enrico Lancia|autore3=Roberto Poppi|titolo=Dizionario del cinema italiano|url=http://books.google.com/books?id=Wi9fOUNFoDgC&pg=PA68|accesso=5 maggio 2012|anno=2002|editore=Gremese Editore|pagine=68|isbn=978-88-8440-137-3}}</ref> Salvatores torna a testare il genere nel 2014 con il [[film drammatico]]-fantascientifico ''[[Il ragazzo invisibile]]''. Nel [[2016]] ottiene risalto la pellicola ''[[Lo chiamavano Jeeg Robot]]'', dell'esordiente [[Gabriele Mainetti]].
=== Western ===
{{vedi anche|Western all'italiana}}
[[File:Sergio Leone.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Sergio Leone]] sul set di ''[[C'era una volta in America]]'']]
[[Sergio Leone]] è unanimemente considerato il precursore del cinema [[western all'italiana]]. Figlio del cineasta [[Roberto Roberti]], intraprende la professione come aiuto regista in varie produzioni hollywoodiane, debuttando alla regia con il [[peplum]] ''[[Il colosso di Rodi]]'' (1961). Tre anni più tardi, sulle orme dei grandi maestri americani, si dedica al genere western lanciando nelle sale il film ''[[Per un pugno di dollari]]'' (1964), seguito da ''[[Per qualche dollaro in più]]'' (1965) e da ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'' (1966). Queste produzioni, tutte interpretate dall'attore americano [[Clint Eastwood]], vengono comunemente denominate la [[trilogia del dollaro]].
La forza innovativa di tali pellicole risiede nel rifiuto del western americano tradizionale, non più incentrato su trame sentimentali, sul mito della frontiera o sulle guerre con gli indiani ma su eroi cinici e disincantati, avvolti in un mondo dove conta solo la violenza e la sopraffazione.<ref name = "ws" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2517}}</ref> Tutto ciò è rafforzato da uno stile registico irreale e iperbolico, perfettamente coadiuvato dalle colonne sonore di [[Ennio Morricone]]. È l'inizio di un nuovo modo di concepire il genere, tutto giocato sulla forza dei primi piani che svelano la crudele ieraticità degli attori e conquistano il pubblico con la forza di un pugno nello stomaco.<ref name = "ws" />
La qualità filmica della trilogia raggiunge il suo vertice con ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'': una sorta di aggiornamento de ''[[La grande guerra]]'' di [[Mario Monicelli]] e raccontato mescolando toni picareschi a momenti di grande lirismo.
A questo trittico seguiranno il [[kolossal]] epico ''[[C'era una volta il West]]'' ([[1968]]), girato in parte nella [[Monument Valley]], e ''[[Giù la testa]]'' ([[1971]]), che risente esplicitamente del clima della contestazione. [[Sergio Leone]], snobbato all'epoca da buona parte della critica, viene oggi celebrato come uno dei registi italiani più noti e acclamati nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-leone_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo= Sergio Leone - Treccani |accesso=1º giugno 2015}}</ref>
[[File:Django-12.jpg|miniatura|destra| [[Franco Nero]] in ''[[Django (film 1966)|Django]]'' ([[1966]]) di [[Sergio Corbucci]]]]
Il successo mondiale dei film di Leone apre la strada a una moltitudine d'imitazioni ''made in Italy'' (circa cinquecento pellicole spalmate in quindici anni), alcune delle quali hanno riscontrato un notevole seguito sia nazionale che estero. È il caso del lungometraggio ''[[Django (film 1966)|Django]]'' ([[1966]]), diretto da [[Sergio Corbucci]]. ''Django'' (primo western italiano vietato ai minori di diciotto anni) ha conosciuto una larga fortuna oltre oceano, lanciando il divo e primo attore [[Franco Nero]]. Il film ha dato vita a una miriade di imitazioni e un solo [[sequel]] originale: ''[[Django 2 - Il grande ritorno]]'' (1987), per la regia di Ted Archer. Tra i volti italici più noti del western all'italiana, oltre a [[Franco Nero]], si menzionano: [[Giuliano Gemma]], [[Fabio Testi]] e [[Gian Maria Volonté]].
[[File:Lo chiamavano Trinità.png|miniatura|sinistra|upright=1.2|[[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] in una scena di ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) di [[E.B. Clucher]]]]
Altre pellicole rientranti nella medesima categoria sono: ''[[Duello nel Texas]]'' ([[1963]]), di [[Mario Caiano]], ''[[Il grande silenzio (film 1968)|Il grande silenzio]]'' ([[1969]]) e ''[[Vamos a matar, compañeros]]'' ([[1970]]), sempre di [[Sergio Corbucci]], ''[[La resa dei conti (film 1966)|La resa dei conti]]'' ([[1966]]), ''[[Faccia a faccia (film 1967)|Faccia a faccia]]'' ([[1967]]) e ''[[Corri uomo corri]]'' ([[1968]]), di [[Sergio Sollima]], ''[[Quién sabe?]]'' ([[1966]]), di [[Damiano Damiani]], ''[[Una pistola per Ringo]]'' ([[1965]]), ''[[Il ritorno di Ringo]]'' ([[1966]]) e ''[[Viva la muerte... tua!]]'' ([[1972]]), di [[Duccio Tessari]]. Dello stesso tenore sono i lungometraggi ''[[Arizona Colt]]'' ([[1966]]), di [[Michele Lupo (regista)|Michele Lupo]], ''[[Sugar Colt]]'' ([[1966]]), di [[Franco Giraldi]], ''[[I giorni dell'ira]]'' ([[1967]]), di [[Tonino Valerii]], ''[[T'ammazzo!... Raccomandati a Dio]]'' (1968), di [[Osvaldo Civirani]] e ''[[Tepepa]]'' ([[1968]]) di [[Giulio Petroni]]. Negli anni settanta si evidenziano: ''[[Matalo!]]'' ([[1970]]), di [[Cesare Canevari]], ''[[Ehi amigo... sei morto!]]'' ([[1970]]), di [[Paolo Bianchini]], ''[[La vendetta è un piatto che si serve freddo]]'' ([[1971]]), di [[Pasquale Squitieri]], ''[[Keoma]]'' ([[1976]]), di [[Enzo G. Castellari]], ''[[I quattro dell'apocalisse]]'' ([[1975]]) e ''[[Sella d'argento]]'' ([[1978]]), di Lucio Fulci.
Al filone degli [[spaghetti-western]] si ricollegano le movimentate [[commedia|commedie]] scritte e dirette dal regista [[E.B. Clucher|Enzo Barboni]] (firmatosi sempre con lo pseudonimo di [[E.B. Clucher]]) e con protagonisti gli attori [[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] (nomi d'arte degli italiani [[Bud Spencer|Carlo Pedersoli]] e [[Terence Hill|Mario Girotti]]). I due film più importanti del duo, che coniugano con simpatia risate e scene d'azione, sono ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) e il seguito ''[[...continuavano a chiamarlo Trinità]]'' ([[1972]]), quest'ultimo è risultato [[campione d'incassi]] nella stagione cinematografica [[1971]]-[[1972]]. Entrambi gli attori, su proposta del regista [[Ermanno Olmi]], vengono insigniti, nel 2010, del [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] alla carriera.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/david-alla-carriera-a-tonino-guerra-bud-spencer-e-terence-hill/388449|titolo= David alla carriera a Tonino Guerra, Bud Spencer e Terence Hill |accesso=10 novembre 2015}}</ref> Da menzionare il crepuscolare e ibrido ''[[Il mio nome è Nessuno]]'' (1973), per la regia di [[Tonino Valerii]]. La pellicola, prodotta da [[Sergio Leone]] e interpretata da [[Terence Hill]] ed [[Henry Fonda]], unisce l'epicità di opere come ''C'era una volta il West'' con elementi tipici della farsa e della commedia.
=== Giallo, thriller e horror ===
{{vedi anche|Giallo all'italiana}}
[[File:Mario Bava.jpg|destra|miniatura|[[Mario Bava]]]]
Grande rilevanza assumono le categorie del [[Film thriller|thriller]] e dell'[[cinema dell'orrore|horror]], che proprio in Italia hanno avuto, a partire dagli anni sessanta, un notevole successo, protrattosi felicemente per almeno tre decenni. I registi italiani che si sono cimentati in queste produzioni sono stati fonte d'ispirazione per un'intera schiera di cineasti internazionali tra i quali si ricordano: [[Brian De Palma]], [[Tim Burton]] e [[Quentin Tarantino]].<ref name = "tt" >{{cita web|url=http://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-10-30/09.spm|titolo=Tarantino e i film italiani degli anni settanta|accesso=29 giugno 2015}}</ref>
[[File:DarioArgento.jpg|sinistra|miniatura|[[Dario Argento]]]]
I due autori di maggior rilievo sono stati [[Mario Bava]] e [[Dario Argento]]. Il primo, direttore della fotografia passato alla regia, ha attuato un deciso presupposto per creare un vero horror di qualità, rivelandosi, al tempo stesso, un notevole narratore di immagini, colto e raffinato. Basilare per lo sviluppo del genere è il suo film d'esordio ''[[La maschera del demonio (film 1960)|La maschera del demonio]]'' (1960), la cui trama prende spunto dal racconto ''[[Il Vij]]'' di [[Nikolaj Vasil'evič Gogol']], che tratteggia la figura del vampiro in maniera inconsueta e originale, in aperta opposizione a quella dell'iconografia tradizionale.<ref>Pezzotta, Alberto. Note interne dell'edizione italiana del film in DVD, RHV, 2004</ref> La ricercata fotografia, gli innovati effetti speciali e il fascino misterioso dell'attrice [[Barbara Steele]] contribuiscono a creare un soggetto gotico molto personale, venendo più volte elogiato da molta critica inglese e francese.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2012}}</ref>
Altri titoli fondamentali della sua filmografia sono: ''[[La frusta e il corpo]]'' ([[1962]]), ''[[I tre volti della paura]]'' ([[1965]]), ''[[Operazione paura]]'' ([[1966]]) e l'antesignano del moderno [[slasher]] ''[[Reazione a catena (film 1971)|Reazione a catena]]'' ([[1971]]).
[[Dario Argento]], ideale continuatore di certe atmosfere baviane, ha avuto il merito di trainare l'horror italiano verso il grande pubblico, riscontrando successo per tutti gli anni settanta e ottanta. La poesia macabra di Argento è resa tale da una sapiente miscela che varia dal thriller all'horror di natura [[fantastico|fantastica]], con lungometraggi che sono tuttora presi a modello sia dal punto di vista estetico che da quello narrativo.
Pur avendo attinto da pellicole come ''[[La ragazza che sapeva troppo (film 1963)|La ragazza che sapeva troppo]]'' ([[1963]]) e ''[[Sei donne per l'assassino]]'' ([[1964]]) di Mario Bava, Argento, nelle sue opere migliori, ha saputo emanciparsi dal suo maestro grazie a un uso incalzante del montaggio in combinazione a colonne sonore rimaste negli annali (fondamentale la collaborazione con il gruppo musicale dei [[Goblin (gruppo musicale)|Goblin]]). Opere come ''[[L'uccello dalle piume di cristallo]]'' (1970) e ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' (1975), hanno imposto figure e maniere (killer con impermeabile nero, soggettive dell'assassino, telefonate misteriose etc..) ampiamente riprese da tutto il thriller italiano e internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3505}}</ref>
Tra i vari titoli della sua filmografia si ricordano: ''[[Il gatto a nove code]]'' ([[1971]]), ''[[4 mosche di velluto grigio]]'' ([[1971]]), ''[[Suspiria]]'' ([[1977]]), ''[[Inferno (film 1980)|Inferno]]'' ([[1980]]), ''[[Tenebre (film 1982)|Tenebre]]'' ([[1982]]), ''[[Phenomena]]'' ([[1985]]) ed ''[[Opera (film)|Opera]]'' ([[1987]]).
[[File:Profondo rosso.jpg|miniatura|destra|[[Giuliana Calandra]] in una famosa sequenza di ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' ([[1975]]) di [[Dario Argento]]]]
Un altro pioniere è l'artista [[Riccardo Freda]], che con il gotico ''[[I vampiri (film 1957)|I vampiri]]'' (1956), diviene il primo regista italiano, dell'epoca del sonoro, a dirigere un film dal solido impianto horror.<ref>{{fantafilm|1951e/57-47|I vampiri|5 aprile 2012}}</ref> Altri suoi lungometraggi da segnalare sono ''[[L'orribile segreto del dr. Hichcock]]'' (1962) e ''[[Lo spettro]]'' (1963). Sempre negli anni sessanta si registrano la pellicole ''[[Il mulino delle donne di pietra]]'' (1960), di [[Giorgio Ferroni]] e ''[[Danza macabra (film 1964)|Danza macabra]]'' (1964), di [[Antonio Margheriti]], dove l'eleganza classica della messa in scena fonde il romanticismo macabro con temi sessuali morbosi e suggestivi.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 883}}</ref>
[[File:Lucio Fulci.jpg|miniatura|sinistra|[[Lucio Fulci]]]]
Nell'ambito di questi due generi, tuttavia, intorno agli anni settanta si sviluppa un'ondata di registi che ha reinventato diverse forme di [[cinema horror]] lasciando contributi di assoluto rilievo. Fra i tanti è possibile ricordare [[Lucio Fulci]] con le opere ''[[Una lucertola con la pelle di donna]]'' (1971), ''[[Non si sevizia un paperino]]'' (1972), ''[[Sette note in nero]]'' (1977), ''[[Zombi 2]]'' (1979), ''[[Paura nella città dei morti viventi]]'' (1980), ''[[...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà]]'' (1981) e ''[[Quella villa accanto al cimitero]]'' (1981), che gli fanno guadagnare dalla stampa francese gli appellativi di ''poeta del macabro'' e ''Godfather of gore''.<ref name="monografiaILTERRORISTADEIGENERI1">{{cita libro|Paolo Albiero &|Giacomo Cacciatore|Perché Lucio Fulci?, in op. cit.|p=15}}</ref> La critica italiana, viceversa, ha rivalutato le opere fulciane solo in tempi recenti, considerando molti suoi film veri e propri capisaldi del genere [[splatter]].<ref name="monografiaFILMARELAMORTE">{{cita libro|As Chianese &|Gordiano Lupi|Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci|2006|Edizioni Il Foglio|Piombino|isbn=88-7606-101-0|p=9}}</ref>
Non passa inosservato il regista bolognese [[Pupi Avati]] che si mette in evidenza con le pellicole ''[[La casa dalle finestre che ridono]]'' (1976) e ''[[Zeder]]'' (1983). Si segnalano ulteriormente le opere di [[Ubaldo Ragona]] con ''[[L'ultimo uomo della Terra]]'' (1963) e [[Francesco Barilli]] che dirige ''[[Il profumo della signora in nero]]'' (1974). Si possono menzionare ancora: [[Sergio Martino]] per i film ''[[Lo strano vizio della signora Wardh]]'' (1970) e ''[[I corpi presentano tracce di violenza carnale]]'' (1972), [[Ruggero Deodato]] con ''[[La casa sperduta nel parco]]'' (1980), [[Pasquale Festa Campanile]] per la pellicola ''[[Autostop rosso sangue]]'' (1977), [[Aldo Lado]] con ''[[La corta notte delle bambole di vetro]]'' (1971) e ''[[Chi l'ha vista morire?]]'' (1972) e [[Massimo Dallamano]] nei seguenti ''[[Cosa avete fatto a Solange?]]'' (1972)'' e [[Il medaglione insanguinato]]'' (1974).
Nel decennio successivo si mette in mostra [[Lamberto Bava]] (figlio di [[Mario Bava|Mario]]), presentando numerosi lungometraggi che virano decisamente verso l'[[horror]] e lo [[splatter]]. Tra i molti si riportano: ''[[La casa con la scala nel buio]]'' (1983), il dittico ''[[Dèmoni (film)|Dèmoni]]'' (1985) e ''[[Dèmoni 2... L'incubo ritorna]]'' (1986), ''[[Morirai a mezzanotte (film 1986)|Morirai a mezzanotte]]'' (1986) e il remake de ''[[La maschera del demonio (film 1989)|La maschera del demonio]]'' (1989).
Analogamente si mette in evidenza [[Michele Soavi]], autore di numerosi film prodotti dal cineasta [[Dario Argento]]. Tra le sue opere più note vi sono: ''[[Deliria]]'' (1987), ''[[La chiesa]]'' (1989), ''[[La setta]]'' (1991) e ''[[Dellamorte Dellamore (film)|Dellamorte Dellamore]]'' (1994). Lo stesso [[Federico Fellini]] si è concesso un'intrigante divagazione horror nel segmento ''Toby Dammit'', facente parte del film a episodi ''[[Tre passi nel delirio]]'' (1967), seguito, un anno dopo, da [[Elio Petri]] con l'opera ''[[un tranquillo posto di campagna]]'' (1968).
==== Il sottogenere splatter ====
{{vedi anche|Splatter}}
[[File:Zombi Holocaust.JPG|miniatura|destra|Una scena del film ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]) di [[Marino Girolami]]]]
Nel corso degli [[anni 1970|anni settanta]] il [[cinema horror]] sconfina nello ''[[splatter]]'' e nel ''[[splatter|gore]]'', dando vita a diversi sottogeneri, lontani per trame e ambientazioni ma equiparati dalla presenza di effetti grandguignoleschi dal grande impatto emotivo.<ref name="dossier">{{cita libro|Autori|vari|Bon apetit! Guida al cinema cannibalico|2003|Dossier Nocturno n.12|Milano}}</ref>
Suscita interesse internazionale il genere [[cannibalismo|cannibalistico]] (o [[cannibal movie]]), avviato da [[Umberto Lenzi]] con ''[[Il paese del sesso selvaggio]]'' ([[1972]]).
L'idea di ambientare storie horror/avventurose in scenari esotici e solari si rivela vincente, soprattutto sotto il profilo commerciale, tanto da far sviluppare negli anni successivi un vero e proprio filone.<ref name="dossier"/>
Esempi ne sono ''[[La montagna del dio cannibale]]'' ([[1978]]), di [[Sergio Martino]], e il trittico ''[[Mangiati vivi!]]'' ([[1979]]), ''[[Cannibal Ferox]]'' ([[1980]]) e ''[[Incubo sulla città contaminata]]'' ([[1980]]), ancora di [[Umberto Lenzi]] (precursore quest'ultimo, secondo il critico Filippo Rigobello, di film come ''[[28 giorni dopo]]'' e ''[[28 settimane dopo]]'')<ref>{{Cita web|url=http://www.zombiekb.com/2011/07/speciale-gli-zombie-che-corrono.html|titolo=Speciale: gli Zombie che corrono|cognome=Base|nome=ZOMBIE Knowledge|accesso=3 agosto 2016}}</ref>.
Sullo stesso raggio d'azione troviamo: ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]), di [[Marino Girolami]]'', [[Emanuelle e gli ultimi cannibali]]'' ([[1977]]) e ''[[Antropophagus]]'' ([[1980]]), di [[Joe D'Amato]], ''[[Ultimo mondo cannibale]]'' ([[1977]]) e ''[[Cannibal Holocaust]]'' (1980), di [[Ruggero Deodato]]. Quest'ultimo lungometraggio ha avuto numerosi strascichi polemici per via dell'estrema violenza impartita realmente a molti animali. Condannato e sequestrato più volte è tornato nuovamente in circolazione con appositi tagli di censura.<ref name="Merenghetti 560">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 560}}</ref> Negli stessi anni, si ritaglia una qualche attenzione il sottofilone nazi-erotico (anche conosciuto come [[nazisploitation]]), impostato sul binomio vittime-carcerieri che ha avuto nei film ''[[La svastica nel ventre]]'' (1977), di [[Mario Caiano]], ''[[La bestia in calore]]'' (1977), di [[Luigi Batzella]] e ''[[Le lunghe notti della Gestapo]]'' (1977), di Fabio De Agostini, un certo quanto effimero risalto. Tali compiacimenti nel mostrare efferatezze di ogni tipo hanno avuto un diretto antecedente nel semidocumentario ''[[Mondo cane (film)|Mondo cane]]'' (1961), diretto da [[Gualtiero Jacopetti]], [[Paolo Cavara]] e [[Franco Prosperi]], che in virtù delle curiose sequenze e delle violenze rappresentate ha riscosso un successo addirittura internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2144}}</ref>
Nel corso degli [[anni 1980|anni ottanta]], questi film d'eccezione diventano una regola. Non a caso vengono prodotte decine di pellicole thriller/horror di bassa qualità (all'epoca si preferiva usare la definizione "Serie Z", analoga al ''[[B-movie]]''), spesso [[sequel|seguiti]] [[apocrifo|apocrifi]] di famosi film statunitensi.
Gli scarsi mezzi produttivi (con regie approssimative, sceneggiature stiracchiate e cast poco più che dilettanteschi), non hanno impedito a tali film di conquistarsi, nel tempo, un'ampia schiera di estimatori.<ref name="Merenghetti 560" />
=== Poliziesco all'italiana ===
{{vedi anche|Poliziottesco}}
[[File:Fernando Di Leo.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Il regista [[Fernando Di Leo]]]]
Altro genere di successo prodotto in Italia tra la metà degli [[anni 1960|anni sessanta]] ed i primi [[anni 1980|anni ottanta]], è il cosiddetto [[poliziesco all'italiana]] (in gergo [[poliziottesco]]), in cui vengono trattate storie di poliziotti dai metodi poco ortodossi, talvolta non tanto differenti da quelli dei loro antagonisti. Codeste figure sono alle prese con delinquenti, terroristi e organizzazioni criminali e agiscono sullo sfondo delle principali città italiane come [[Roma]], [[Milano]], [[Napoli]], [[Torino]], [[Palermo]], [[Genova]] ed altre ancora. Protagonisti di questi lungometraggi possono essere, altresì, normali cittadini, sovente vittime di episodi criminosi che, di fronte all'inefficienza e alla lentezza della giustizia, agiscono in solitudine, divenendo una sorta di vendicatori in lotta contro il crimine.<ref name = "po" >Roberto Curti, "''Italia odia. Il cinema poliziesco italiano''", Lindau, 2006</ref>
I film in questione, carichi di azione e violenza, hanno evidenti richiami a fatti di cronaca nera. Non bisogna dimenticare che tali operazioni risentivano del clima angusto formatosi durante gli [[anni 1970|anni settanta]], caratterizzato dagli [[anni di piombo]] e dalla [[strategia della tensione in Italia|strategia della tensione]]. In questo contesto, la diffusione del poliziesco ha generato nel pubblico una forte ascendenza, spingendo numerosi registi a intraprendere la strada del cinema di genere. Al contrario la critica tende, fin da subito, a ridimensionare la portata del fenomeno nonché la qualità artistica di tali prodotti, denigrandone esplicitamente i contenuti; spesso bollati come qualunquisti se non addirittura eversivi.<ref name = "po" />
[[File:Il cinico, l'infame, il violento (commissario tanzi).JPG|miniatura|destra|[[Maurizio Merli]] in un segmento del film ''[[Il cinico, l'infame, il violento]]'' ([[1977]]) di [[Umberto Lenzi]]]]
Bisogna, inoltre, aggiungere come la diffusione del [[poliziesco]] sia mutuata dall'esplosione precedente del genere [[western]], di cui ne riprende, in parte, stili e contenuti. A mutare è solo il paesaggio che vira bruscamente dal mondo rurale ai bassifondi urbani dove la continua lotta tra bene e male non è altro che una moderna riproposizione dei tipici duelli in salsa western. La critica individua nei film ''[[Svegliati e uccidi]]'' (1966) e ''[[Banditi a Milano]]'' (1968), entrambi per la regia di [[Carlo Lizzani]], i diretti antesignani del relativo filone.<ref>{{cita web|url=http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2011/01/06/news/vallanzasca-cosi-milano-sparava-1.27314|titolo=Vallanzasca, così Milano sparava - L'Espresso |accesso=10 settembre 2015}}</ref> Il primo film narra le vicende del bandito [[Luciano Lutring]], mentre la seconda opera prende spunto dalle imprese criminali operate in Lombardia dall'allora [[banda Cavallero]].
Uno dei principali artefici della fortuna del poliziesco italiano è senz'altro [[Fernando Di Leo]], che in più occasioni, con film come ''[[Milano calibro 9]]'' (1972), ''[[La mala ordina]]'' (1972) ed ''[[Il boss]]'' (1973), ha saputo creare un cinema di genere maturo ed efficace. Autore di alcuni dei più interessanti [[film noir]] [[italia]]ni, è stato oggetto negli anni duemila di una autentica riscoperta critica, venendo tutt'oggi considerato un maestro del cinema di azione.<ref name="dossierNOCTURNO">{{cita libro|Autori|vari|Calibro 9. Il cinema di Fernando Di Leo|settembre 2003|Dossier Nocturno n.14|Milano}}</ref> Si ricorda, inoltre, l'atipico noir ''on the road'' ''[[Cani arrabbiati]]'' (1974), del regista [[Mario Bava]]. La pellicola, cinica, iperviolenta e beffarda, viene subito bloccata per fallimento dal produttore, per poi essere rimontata e doppiata negli anni novanta, facendone uscire sul mercato almeno sei versioni differenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 558}}</ref> Altri registi da annoverare tra i protagonisti del genere sono: [[Stefano Vanzina]], [[Umberto Lenzi]], [[Stelvio Massi]], [[Sergio Grieco]], [[Marino Girolami]], [[Mario Caiano]] ed [[Enzo G. Castellari]]. Tra gli attori hanno avuto fortuna interpreti come [[Enrico Maria Salerno]], [[Franco Nero]], [[Gastone Moschin]], [[Mario Adorf]], [[Maurizio Merli]], [[Tomas Milian]], [[Luc Merenda]], [[Antonio Sabàto]], [[Ray Lovelock]], [[Fabio Testi]] e [[Franco Gasparri]].
[[File:Squadra volante 1974.jpg|miniatura|sinistra|[[Tomas Milian]] nel film ''[[Squadra volante (film)|Squadra volante]]'' ([[1974]]) di [[Stelvio Massi]]]]
Opere come ''[[La polizia ringrazia]]'' (1972), ''[[La polizia incrimina, la legge assolve]]'' (1973), ''[[Il cittadino si ribella]]'' (1974), ''[[Milano odia: la polizia non può sparare]]'' (1974), ''[[Un uomo, una città]]'' (1974), ''[[Roma violenta]]'' (1975), ''[[Mark il poliziotto]]'' (1975), ''[[Vai gorilla]]'' (1975) ed ancora ''[[Il giustiziere sfida la città]]'' (1975), ''[[Roma a mano armata]]'' (1976), ''[[Milano violenta]]'' (1976), ''[[Napoli violenta]]'' (1976), ''[[Il grande racket]]'' (1976), ''[[Italia a mano armata]]'' (1976), ''[[Il cinico, l'infame, il violento]]'' (1977), ''[[La banda del gobbo]]'' (1977), ''[[La via della droga]]'' (1977), ''[[Napoli spara!]]'' (1977), ''[[Poliziotto sprint]]'' (1977), ''[[La belva col mitra]]'' (1977), ''[[Io ho paura]]'' (1977), ''[[Poliziotto senza paura]]'' (1977), ''[[Un poliziotto scomodo]]'' (1978), ''[[Il commissario di ferro]]'' (1978), sono state di recente oggetto di rivalutazione da parte della critica, anche grazie al regista [[Quentin Tarantino]], che in varie interviste ha pubblicamente elogiato l'artigianato di lusso di tali pellicole.<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2013/12/03/foto/da_castellari_a_martino_quando_il_poliziottesco_cult-72564805/1/#1|titolo=Da Castellari a Martino, quando il poliziottesco è cult. |accesso=28 maggio 2015}}</ref>
Così come nello spaghetti-western, anche in questo genere si è sviluppato un sottofilone comico, in particolar modo nella serie di film girati da [[Bruno Corbucci]] che hanno visto protagonista il colorito commissario [[Nico Giraldi]], interpretato da [[Tomas Milian]], che in precedenza aveva preso parte a molti poliziotteschi di carattere drammatico. Nel medesimo sottofilone rientra la saga del poliziotto napoletano [[Piedone lo sbirro|Piedone]], che vede la pubblicazione di quattro lungometraggi, tutti diretti da [[Steno]] e interpretati dall'attore [[Bud Spencer]]. Il successo del poliziesco all'italiana è stato, comunque, tanto intenso quanto breve, coprendo un arco temporale di appena quindici anni, per poi scomparire del tutto a metà degli [[anni 1980|anni ottanta]]. All'inizio degli anni duemila il poliziesco ha trovato una sua dimensione sul piccolo schermo (sotto forma di [[fiction]]), a uso e consumo di un pubblico familiare, privando il genere della carica violenta e iperrealistica che lo aveva caratterizzato al cinema.
=== Spionistico ===
{{vedi anche|Cinema italiano di spionaggio}}
[[File:Casa senza tempo.jpg|miniatura|destra|verticale|''[[La casa senza tempo]]'' (1943) di [[Andrea Forzano]], uno dei primi esempi di genere spionistico italiano]]
Il [[film di spionaggio|genere spionistico]] fa la sua comparsa nel cinema italiano tra la metà degli [[anni 1960|anni sessanta]] e la metà dei [[anni 1970|settanta]], raggiungendo il suo culmine tra il [[1965]] e il [[1967]] con l'uscita di oltre cinquanta film [[Fantaspionaggio|fanta-spionistici]], tutti di poche pretese e realizzati sull'onda del successo mondiale conseguito dalle pellicole di [[James Bond]] (all'epoca interpretato da [[Sean Connery]]).<ref>{{cita web|url=http://books.google.com/books?id=qT1FhClzMkEC|titolo=Dizionario del Cinema spionistico italiano|accesso=14 giugno 2015}}</ref>
Questa serie di film (realizzati sempre in tempi brevissimi e a basso costo), si propongono di ricreare situazioni e azioni che vedono come protagonisti agenti segreti in lotta contro [[terrorismo|organizzazioni terroristiche]] o talvolta contro scienziati con deviazioni comportamentali, che detengono per fini eversivi ordigni o armi apocalittiche. I protagonisti di turno hanno il compito di ricalcare pedissequamente la figura dell'agente James Bond, con anch'essi annessa la notoria sigla ''007'' o declinata in altri numeri come ''008'', ''009'' e molti ancora.<ref name = "eur" >Blake, Matt & Deal, David. ''The Eurospy Guide'', Luminary Press, 2004</ref> Per la scelta del cast femminile sono state ingaggiate, in alcuni casi, attrici di fama che in precedenza avevano lavorato in film spionistici americani ad alto budget e sicuro successo.
Proprio come lo spaghetti-western e il poliziottesco, anche questo genere ha partorito un sottofilone comico-parodistico, in voga specialmente negli anni sessanta come si evince nel film ''[[Le spie vengono dal semifreddo]]'' (1966), del regista [[Mario Bava]]. La realizzazione della pellicola ha coinvolto una coproduzione Italia-USA, in cui recita la coppia comica [[Franco e Ciccio]] assieme all'attore statunitense [[Vincent Price]]. Non mancano le [[parodia|parodie]] aventi come protagonista l'agente [[James Tont]] interpretate da [[Lando Buzzanca]], e la simpatica caricatura del superagente ''Flit'' impersonato dal comico televisivo [[Raimondo Vianello]].
Tra i pochi precursori del genere spionistico in Italia troviamo ''[[Lotte nell'ombra]]'' (1938) di [[Domenico Gambino]] e ''[[La casa senza tempo]]'' (1943) di [[Andrea Forzano]]: un fanta-spionistico "giallo-rosa" realizzato come [[Cinema di propaganda fascista|film di propaganda fascista]] e poi ridoppiato nel 1945 subito dopo la fine della guerra.
Tale filone si è sviluppato non solo in Italia ma anche in altri paesi come la Francia (è nota la serie dell'agente segreto Francis Coplan). Di conseguenza la critica americana dell'epoca ha etichettato questi film europei (inclusi quelli italiani) sotto il nome di [[Eurospy]].<ref name = "eur" />
=== Guerra ===
{{Vedi anche|Euro War}}
[[File:Quel maledetto treno blindato (assalto).PNG|sinistra|miniatura|upright=1.2|Una scena d'azione nel film ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' ([[1978]]) di [[Enzo G. Castellari]]]]
[[Euro War]] (o in gergo Macaroni Combat) è la dicitura americana che indica specifici film bellici sviluppatisi in Italia per tutti gli anni settanta e ottanta.<ref name = "war" >{{cita web|url=http://www.grindhousedatabase.com/index.php/Macaroni_Combat:_A_History|titolo=Macaroni Combat: A History|accesso=9 novembre 2015}}</ref>
Il genere, per mere ragioni propagandistiche, ha avuto una prima diffusione già in epoca fascista. Il cinema a tematica bellica, attivo negli [[Stati Uniti]] fin dagli anni cinquanta, conosce una certa popolarità a partire dalla fine degli anni sessanta, spesso dotandosi di mezzi produttivi esigui e con attori il più delle volte sconosciuti. Il soggetto e la sceneggiatura si ispirano in gran parte a scene di guerra realmente accadute o, in alcuni casi, semplicemente immaginate ed hanno come ambientazione luoghi desertici o esotici come l'[[America latina]], l'[[Asia]] o il [[Medio Oriente]].<ref name = "war" /> Durante gli anni ottanta si assiste a una vertiginosa produzione di opere belliche, con il palese intento di omaggiare film [[stati Uniti d'America|statunitensi]] più costosi ed eclatanti come ''[[Papillon (film 1973)|Papillon]]'' (1973), ''[[Apocalypse Now]]'' (1979) e ''[[Rambo (film)|Rambo]]'' (1982).
Tra i registi che si sono distinti in questo genere troviamo: [[Enzo G. Castellari]], [[Umberto Lenzi]], [[Joe D'Amato]], [[Claudio Fragasso]], [[Bruno Mattei]], [[Fabrizio De Angelis]], [[Camillo Teti]], [[Armando Crispino]], [[Ignazio Dolce]] e [[Antonio Margheriti]], mentre tra gli attori ricorrenti si ricorda l'attore tedesco [[Klaus Kinski]]. Il film più famoso del genere è l'antieroico ''[[Quel maledetto treno blindato]]'', di [[Enzo G. Castellari]] ([[1978]]), conosciuto con il titolo internazionale di ''Inglorious Bastards''.<ref name = "war" />
Altri titoli da citare sono: ''[[Commandos (film 1968)|Commandos]]'' (1968), ''[[5 per l'inferno]]'' (1969), ''[[La legione dei dannati]]'' (1969), ''[[I lupi attaccano in branco]]'' (1970), ''[[Il grande attacco]]'' (1978), ''[[L'ultimo cacciatore (film 1980)|L'ultimo cacciatore]]'' (1980), ''[[Fuga dall'arcipelago maledetto]]'' (1981), ''[[Tornado (film 1983)|Tornado]]'' (1983) e ''[[Arcobaleno selvaggio]]'' (1984). A seguire troviamo: ''[[Un ponte per l'inferno]]'' (1985), ''[[Squadra selvaggia]]'' (1985), ''[[Commando Leopard]]'' (1985), ''[[Tempi di guerra]]'' (1987), ''[[Il triangolo della paura]]'' (1987), ''[[Trappola diabolica]]'' (1987), ''[[Cobra Mission]]'' (1986) e ''[[Cobra Mission 2]]'' (1989). Altre realizzazioni inseribili nel filone sono: ''[[Bianco Apache]]'' (1987), ''[[Double Target (Doppio bersaglio)]]'' (1987), ''[[Bye Bye Vietnam]]'' (1988), ''[[Commander (film)|Commander]]'' (1988), ''[[Strike Commando]]'' (1988), ''[[Angel Hill - L'ultima missione]]'' (1988), ''[[I ragazzi del 42º plotone]]'' (1989), ''[[Nato per combattere]]'' (1989), ''[[L'ultimo volo all'inferno]]'' (1990) e il dittico ''[[Indio (film)|Indio]]'' (1989) e ''[[Indio 2 - La rivolta]]'' (1991).<ref name = "war" />
=== Cinema erotico ===
[[File:Malizia-1973-Antonelli01.jpg|destra|miniatura|[[Laura Antonelli]], protagonista del film ''[[Malizia]]'' (1973), per la regia di [[Salvatore Samperi]]]]
All'interno del cinema erotico italiano un caso a parte rappresenta l'attività del regista veneziano [[Tinto Brass]]. Già assistente di maestri quali [[Roberto Rossellini]] e [[Joris Ivens]], intraprende la carriera di regista con il lungometraggio ''[[In capo al mondo]]'' ([[1963]]) a cui segue l'anarcoide ''[[Chi lavora è perduto]]'' (1963).<ref>Stefano Migliore, ''La valigia diplomatica di Tinto Brass'', Metauto, 2015 [http://www.metauto.it/la-valigia-diplomatica-di-tinto-brass/]</ref>
Durante gli [[Anni 1970|anni settanta]] dirige alcune eccentriche produzioni come ''[[Salon Kitty]]'' (1976) e ''[[Io, Caligola]]'' (1979), ottenendo un buon successo con ''[[La chiave (film 1983)|La chiave]]'' (1983), dramma erotico con [[Stefania Sandrelli]] in vesti insolite e provocanti. Negli anni successivi la produzione di Brass vira decisamente verso il cinema erotico, lanciando di volta in volta un numero cospicuo di attrici emergenti. Tra i suoi film di maggior successo si ricordano: ''[[Miranda (film 1985)|Miranda]]'' (1985), ''[[Capriccio (film)|Capriccio]]'' (1987), ''[[Paprika (film 1991)|Paprika]]'' (1991) e ''[[Così fan tutte (film)|Così fan tutte]]'' (1992).
Tra le numerose pellicole [[softcore]], che tra gli anni settanta e ottanta hanno invaso il mercato italiano, ottiene attenzione il lungometraggio ''[[La seduzione]]'' (1973), di [[Fernando Di Leo]], e in maniera maggiore il film ''[[Malizia]]'' (1973), di [[Salvatore Samperi]], vero e proprio trampolino di lancio per l'attrice [[Laura Antonelli]].<ref>Marco Giusti. ''Dizionario dei film italiani stracult''. Milano, Frassinelli, 2004, p. 433.</ref> Nel corso della sua carriera l'interprete istriana ha partecipato a numerosi film dal sapore erotico e disimpegnato, non disdegnando cast e produzioni più autorevoli. Tra i suoi titoli si enumerano: ''[[Il merlo maschio]]'' (1971), di [[Pasquale Festa Campanile]], ''[[Sessomatto]]'' (1973), del regista [[Dino Risi]], ''[[Divina creatura]]'' (1975), di [[Giuseppe Patroni Griffi]] e ''[[L'innocente (film 1976)|L'innocente]]'' (1976), di [[Luchino Visconti]], dove recita al fianco dell'attore [[Giancarlo Giannini]]. Oltre Laura Antonelli, si sono prestate a diversi ruoli erotici (uniti a parti più impegnate) attrici come [[Stefania Casini]], [[Agostina Belli]], [[Dalila Di Lazzaro]] e [[Monica Guerritore]].
Sempre negli anni settanta, sull'onda del clamore suscitato da ''[[Il Decameron]]'' (1971), di [[Pier Paolo Pasolini]], si espande il sottogenere [[decamerotico]], raffigurante storie di vita medievale, dove le oculate scene di sesso perseguivano intenti e propositi assai più rozzi e commerciali. Tra i registi specializzati troviamo: [[Franco Rossetti]], [[Italo Alfaro]], [[Mino Guerrini]], [[Gian Paolo Callegari]], [[Aldo Grimaldi]], [[Bitto Albertini]], [[Brunello Rondi]], [[Enrico Bomba]], [[Carlo Infascelli]] e [[Pino Tosini]].
=== Commedia sexy e commedia trash ===
{{vedi anche|Commedia sexy all'italiana}}
[[File:Quel Gran Pezzo Della Ubalda Tutta Nuda E Tutta Calda 1972 0001.jpg|miniatura|sinistra| [[Edwige Fenech]] in un segmento del film ''[[Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda]]'' ([[1972]]), di [[Mariano Laurenti]]]]
Negli [[anni 1970|anni settanta]] l'allentarsi dei confini della censura, la degenerazione del gusto, e soprattutto la ricerca del successo commerciale mediante investimenti di modesta entità, permettono lo sviluppo, accanto alla più autoriale commedia, della [[commedia sexy all'italiana]].<ref name = "tr" >[[Giuliano Pavone]], ''Giovannona Coscialunga a Cannes. Storia e riabilitazione della commedia all'italiana anni '70'', Tarab, 1999</ref> Trame, sceneggiature e dialoghi, generalmente con poche pretese narrative, fanno da pretesto per sviluppare pellicole a sfondo più o meno erotico e dal puro disimpegno. A questo genere di film hanno legato la propria notorietà attori come [[Lando Buzzanca]], [[Lino Banfi]], [[Gianfranco D'Angelo]], [[Renzo Montagnani]], [[Carlo Giuffré]], [[Aldo Maccione]], [[Pippo Franco]], [[Alvaro Vitali]], [[Mario Carotenuto]] ed [[Enzo Cannavale]] e attrici come [[Edwige Fenech]], [[Gloria Guida]], [[Nadia Cassini]], [[Barbara Bouchet]], [[Carmen Villani]], [[Anna Maria Rizzoli]], [[Michela Miti]] e [[Lilli Carati]]. Tra gli autori, i registi che più di tutti si sono distinti nel dirigere tali pellicole sono stati [[Mariano Laurenti]], [[Nando Cicero]] e [[Michele Massimo Tarantini]].
Parimenti, a partire dagli [[Anni 1980|ottanta]], si inseriscono numerose sottoproduzioni farsesche dove le varie sceneggiature vengono infarcite di situazioni e gag volutamente grevi, al solo scopo di attirare nelle sale il maggior numero di pubblico. La critica ha sovente bollato queste operazioni come cinema trash (ovvero commedie-spazzatura), non riconoscendogli nessun crisma artistico. All'interno di tale categoria vengono annoverati i film aventi come protagonista la scherzosa maschera di [[Pierino (personaggio)|Pierino]], che riprende con toni più smaccati l'anarcoide personaggio letterario di Gian Burrasca (anch'esso portato al cinema per la regia di [[Pier Francesco Pingitore]]).<ref name = "tr" />
A incarnare nell'immaginario popolare il personaggio di [[Pierino (personaggio)|Pierino]] è stato più di tutti l'attore [[Alvaro Vitali]] (già spalla felliniana negli anni settanta), che ha visto esaurire il proprio successo con il venir meno di tale genere.
Come già ricordato, sia la commedia sexy che la commedia trash sono state categorie apertamente disprezzate dalla critica, non altrettanto dal pubblico, che ha costantemente portato le pellicole ad avere elevati incassi al botteghino. In virtù di ciò, svariati caratteristi, presenti in molti set del periodo, sono divenuti nel tempo molto popolari: basti pensare a [[Ennio Antonelli]], [[Giorgio Ariani]], [[Giacomo Rizzo]], [[Salvatore Baccaro]], Franco Lechner (in arte [[Bombolo]]), [[Nino Terzo]] e Luigi Origene Sofrano, meglio conosciuto come [[Jimmy il Fenomeno]].<ref name = "tr" />
== La crisi e gli anni ottanta ==
[[File:Onceuponamericadenirowoods.JPG|miniatura|Una scena del film ''[[C'era una volta in America]]'' (1984), diretto dal cineasta italiano [[Sergio Leone]]]]
Dalla fine degli anni settanta si avvertono i primi sintomi di una crisi che esploderà nella seconda metà degli [[anni 1980|anni ottanta]] e che si protrarrà, con alti e bassi, fino ai giorni nostri. Per dare un'idea delle proporzioni di questa crisi industriale, basti pensare che nel 1985 vengono prodotti soltanto 80 film (il minimo dal dopoguerra)<ref name="vito" /> e il numero totale di spettatori dai 525 milioni del 1970 scende a 123 milioni.<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', cit., p. 348.</ref> Si tratta di un processo fisiologico che investe nello stesso periodo altri Paesi dalla grande tradizione cinematografica come il [[cinema giapponese|Giappone]], la [[Cinema britannico|Gran Bretagna]] e la [[cinema francese|Francia]]. Tramonta l'era dei produttori: [[Carlo Ponti]] e [[Dino De Laurentiis]] lavorano all'estero, [[Goffredo Lombardo]] e [[Franco Cristaldi]] non sono più figure chiave. La crisi colpisce soprattutto il [[cinema di genere|cinema italiano di genere]], il quale, in virtù dell'affermazione della [[televisione commerciale]], viene privato della stragrande maggioranza del suo pubblico. Di conseguenza le sale si trovano a essere monopolizzate dalle più abbienti pellicole hollywoodiane, che prendono stabilmente il sopravvento. Molte sale chiudono, e altre per sopravvivere si trasformano in [[cinema pornografico|cinema a luci rosse]].
Resta un fenomeno del tutto isolato l'''exploit'' di un cineasta affermato come [[Bernardo Bertolucci]] che, con il kolossal ''[[L'ultimo imperatore]]'' (1987), ritrova una vasta risonanza. Un caso unico è l'ultimo film di [[Sergio Leone]], ''[[C'era una volta in America]]'' (1984), interamente supportato da capitali di provenienza hollywoodiana. L'opera, strutturata su un ampio ricorso alla formula dell'[[analessi]] e della [[prolessi]], narra le drammatiche vicissitudini del criminale David "Noodles" Aaronson e del suo progressivo passaggio dal ghetto ebraico all'ambiente della malavita newyorkese. Scritto da Leone assieme agli sceneggiatori [[Leo Benvenuti]] e [[Piero De Bernardi]], malgrado l'insuccesso di pubblico, resta una summa della poetica del regista e uno dei film italiani più importanti di sempre.
[[File:Nanni Moretti Giffoni.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|[[Nanni Moretti]] al [[Giffoni Film Festival]], nel 1986]]
Il [[cinema d'autore]] tende dunque a isolarsi, con una serie di film che difficilmente si inseriscono in uno sviluppo comune. Molte grandi personalità del cinema italiano scompaiono: da [[Vittorio De Sica]] a [[Pietro Germi]] (1974), da [[Pier Paolo Pasolini]] (1975) a [[Luchino Visconti]] (1976), [[Roberto Rossellini]] (1977), [[Elio Petri]] e [[Valerio Zurlini]] (1982). Altre figure consolidate ritroveranno solo occasionalmente un concreto seguito popolare, come nel caso dell'ultimo film di [[Michelangelo Antonioni]], dal titolo ''[[Identificazione di una donna]]'' (1982), mentre [[Federico Fellini]] ritroverà la sua vena migliore con la pellicola ''[[Ginger e Fred]]'' (1985). Tuttavia tali film, favoriti dalla legge 1213 del 1965 che stanzia fondi pubblici per la produzione (istituendo tra l'altro l'Italnoleggio), non colmeranno la frattura tra pubblico e cinema d'essai, sempre più relegato ai margini della distribuzione.
Inoltre, il mutare delle condizioni socio-economiche del tempo e l'inevitabile andare con l'età di un'intera generazione, portano a compimento la stagione della [[commedia all'italiana]], nonostante i propri autori restino, con alterne fortune, in piena attività. L'unico a centrare nuovamente successi di natura commerciale sarà [[Mario Monicelli]], grazie al virtuosistico ''[[Il marchese del Grillo]]'' (1981) e al corale ''[[Speriamo che sia femmina]]'' (1986); al contempo [[Ettore Scola]] raggiungerà risultati interessanti nella produzione musicale ''[[Ballando ballando]]'' (1983) e nella saga minimalista ''[[La famiglia (film 1987)|La famiglia]]'' (1987).
Per ciò che riguarda gli autori emergenti, il debutto più eclatante è quello di [[Nanni Moretti]], che nel 1976 gira in [[Super 8 millimetri|super 8]] ''[[Io sono un autarchico]]'', libera commedia sulla sinistra del dopo-[[sessantotto]], sulla piccola borghesia romana e sulle mode del ceto medio giovanile. Il film è un grande successo di pubblico e fa di Moretti il massimo esponente del "cinema giovane", in aperto contrasto con l'industria dominante. La sua cifra stilistica si consolida con ''[[Ecce bombo]]'' (1978) e ''[[Sogni d'oro (film)|Sogni d'oro]]'' (1981), a metà tra commedia satirica e sguardo critico sulla società dell'epoca. I film successivi ricorrono a una struttura narrativa più solida per mettere in scena le incertezze di personaggi incapaci di adattarsi alla società che li circonda: è il caso del giallo esistenziale ''[[Bianca (film)|Bianca]]'' (1984) e del drammatico ''[[La messa è finita]]'' (1985), che colgono perfettamente il punto di rottura degli anni ottanta, aprendo a un cinema volutamente essenziale e analitico. Il decennio di Moretti si chiude con uno dei suoi film più complessi e apprezzati, ''[[Palombella rossa]]'' (1989), riflessione critica sulla difficile trasformazione della sinistra italiana alla vigilia dello scioglimento del [[Partito Comunista Italiano|PCI]]<ref>Memmo Giovannini, Enrico Magrelli, Mario Sesti, ''Nanni Moretti'', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1986</ref><ref>Flavio De Bernardinis, ''Nanni Moretti'', Il Castoro, Milano, 1993</ref>.
L'altro importante esordio del decennio è quello di [[Gianni Amelio]], che dopo anni di cortometraggi e documentari per la RAI gira ''[[Colpire al cuore]]'' (1983), uno dei rari approfondimenti sul terrorismo, seguito da ''[[I ragazzi di via Panisperna]]'' (1988)<ref>Emanuela Martini (a cura di), ''Gianni Amelio: le regole e il gioco'', Lindau, Torino, 1999</ref>. Nei film che seguono, Amelio sviluppa tematiche legate alla realtà sociale con dolorosa partecipazione e sensibilità artistica. Con ''[[Il ladro di bambini]]'' (1992), attraverso lo sguardo muto e dolente dei suoi piccoli protagonisti, descrive lo squallore morale dell'Italia anni novanta, senza chiudersi in facili nichilismi, né aprirsi a sogni illusori.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1808}}</ref> Nel seguente ''[[Lamerica]]'' (1994), descrive la situazione politica dell'[[Albania]] post-comunista filmando il tutto con il proprio stile asciutto e oggettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1815}}</ref>. Quattro anni dopo, ''[[Così ridevano]]'' (1998), probabilmente il suo lavoro di più difficile comprensione per il pubblico, vince il [[Leone d'oro]] alla Mostra del cinema di Venezia.
=== I nuovi comici ===
[[File:Borotalco (sergio benvenuti).JPG|miniatura|destra|[[Carlo Verdone]] nel film ''[[Borotalco (film)|Borotalco]]'' ([[1982]])]]
Al nome di Moretti viene affiancato quello dei "nuovi comici", registi e attori di stili differenti ma tutti indicati come promesse di rinnovamento della moribonda commedia all'italiana.<ref name = "nc" /> Il primo artista a mettersi in evidenza è [[Roberto Benigni]] che, grazie alla sua irruenza satirica (propria del vernacolo toscano), porta al cinema una figura comica di impronta popolare, subito rinvenibile nel film ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' (1977). In seguito, senza rinunciare a farsi dirigere ai massimi livelli (da [[Marco Ferreri]] in ''[[Chiedo asilo]]'', 1979, da [[Federico Fellini]] ne ''[[La voce della luna]]'', 1990, e da [[Blake Edwards]] ne ''[[Il figlio della pantera rosa]]'', 1993), diverrà autore dei propri film spostandosi dal registro surreale di ''[[Tu mi turbi]]'' (1983) e ''[[Il piccolo diavolo]]'' (1988), alla [[commedia degli equivoci]] di ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), fino a progetti più impegnativi e di successo internazionale (''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'', 1997).
Proveniente dal [[mimo|teatro mimico]] e dal [[cinema di animazione]], [[Maurizio Nichetti]] aggiorna il registro delle comiche mute e della ''[[slapstick comedy]]'' in ''[[Ratataplan]]'' (1979) e ''[[Ho fatto splash]]'' (1980), parodizza i generi cinematografici in ''[[Ladri di saponette]]'' (1989) e fonde riprese dal vivo e cartoni animati in ''[[Volere volare (film)|Volere volare]]'' (1991). Su un versante più tradizionale, [[Carlo Verdone]] propone in ''[[Un sacco bello]]'' (1980) e ''[[Bianco rosso e Verdone]]'' (1981) una comicità strutturata in sketch autonomi e retta da un'inedita abilità nel creare personaggi tipizzati. Conferma il consenso acquisito nei successivi ''[[Borotalco (film)|Borotalco]]'' (1982) e ''[[Acqua e sapone]]'' (1983). Dal punto di vista narrativo risultano più complessi il film corale ''[[Compagni di scuola (film)|Compagni di scuola]]'' (1988), ''[[Maledetto il giorno che ti ho incontrato]]'' (1992) e ''[[Perdiamoci di vista]]'' (1994), nei quali affiora una vena malinconica fino ad allora latente.
[[File:Non ci resta che piangere2.jpg|sinistra|miniatura|[[Massimo Troisi]], [[Paolo Bonacelli]] e [[Roberto Benigni]] in ''[[Non ci resta che piangere]]'' (1984)]]
Esponente di punta della compagnia teatrale ''[[La Smorfia (cabaret)|La Smorfia]]'' (fondata con [[Lello Arena]] ed [[Enzo Decaro]]), [[Massimo Troisi]] rinnova la comicità napoletana con ''[[Ricomincio da tre]]'' (1981) e ''[[Scusate il ritardo]]'' (1983) per poi contaminarla con il sentimentalismo e la riflessione storica nel film ''[[Le vie del Signore sono finite]]'' (1987). La consacrazione arriva nel 1989 dove l'attore campano si aggiudica il premio come miglior interprete al [[Festival del cinema di Venezia]] (ex aequo con [[Marcello Mastroianni]]) per il film ''[[Che ora è?]]'' (1989), diretto da [[Ettore Scola]]. Dopo aver recitato in pellicole altrui (per lo più di [[Maurizio Ponzi]]), anche [[Francesco Nuti]] esordisce alla regia con ''[[Casablanca, Casablanca]]'' (1985), presentando film di successo come ''[[Tutta colpa del paradiso]]'' (1985), ''[[Caruso Pascoski di padre polacco]]'' (1988) e ''[[Willy Signori e vengo da lontano]]'' (1989). Durante gli anni duemila la sua vena creativa sembra esaurirsi, anche in virtù di seri problemi di salute<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., p. 1089.</ref>. Nel 1984 arriva nelle sale ''[[Non ci resta che piangere]]'', interpretato e diretto da Troisi e Benigni, le cui gag, citazioni e sequenze paradossali, l'hanno reso, nel tempo, uno dei film più celebri della nuova comicità.
Molti comici tenuti a battesimo dalla televisione e dal cabaret avranno grande popolarità nel corso del decennio, sostituendo gradualmente attori e caratteristi della [[commedia all'italiana]]. Oltre alle collaudate pellicole dell'attore [[Paolo Villaggio]] (le più dirette da [[Neri Parenti]]), ottengono richiamo le interpretazioni di [[Renato Pozzetto]] ed [[Enrico Montesano]], presenti in diverse realizzazioni del tempo, sia autorevoli che leggere. Di seguito salgono sulla scena: [[Adriano Celentano]], [[Lino Banfi]], [[Massimo Boldi]], [[Christian De Sica]], [[Jerry Calà]] e [[Diego Abatantuono]] (che in avanti si sposterà su un registro più impegnato grazie alle collaborazioni con [[Gabriele Salvatores]] e [[Pupi Avati]]). I registi di riferimento sono [[Castellano e Pipolo]], [[Enrico Oldoini]] e in particolar modo [[Carlo Vanzina]], che in un solo anno lancerà produzioni di cassetta come ''[[Sapore di mare]]'' (1983) - rivisitazione nostalgica dell'immaginario degli anni sessanta - e la farsa colletiva ''[[Vacanze di Natale]]'' (1983), prodromica al futuro sviluppo dei [[cinepanettoni]].<ref>Stefano Della Casa, "Cinema popolare italiano del dopoguerra", ''Storia del cinema mondiale'', cit., p. 820.</ref><ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., pp. 1085-1086.</ref>
=== Lontano da Roma ===
[[File:Sogno-salvatores.jpg|''[[Sogno di una notte d'estate (film 1983)|Sogno di una notte d'estate]]'' (1983), esordio cinematografico di [[Gabriele Salvatores]]|miniatura|verticale|destra]]
Nel corso degli anni ottanta le modalità e i contesti produttivi cambiano radicalmente. In tutta Italia prendono vita e si diffondono numerosi poli creativi, diversi per ambizioni e risultati, che condividono la lontananza dal centro produttivo di Roma e dai registi del cinema consolidato. Nasce una figura inedita nel cinema italiano, il ''[[filmmaker]]'', che cura personalmente tutto l'iter procedurale di un film (dalla scrittura alla fotografia, dalla regia al montaggio), spesso realizzato in [[video]] con capitali esigui. L'emergere di questa figura, frutto di una scolarizzazione di massa che ha aumentato le possibilità di accesso alle professioni intellettuali e artistiche, troverà degli interlocutori sensibili sul versante critico, soprattutto grazie alle pagine culturali del ''[[Il Manifesto|manifesto]]'' e di ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]''<ref>Per una testimonianza del dibattito critico si veda Goffredo Fofi, ''Dieci anni difficili. Capire con il cinema parte seconda'', Ponte alle Grazie, Firenze, 1985.</ref>.
Milano è il centro principale di questa tendenza grazie alle numerose cooperative e al supporto della provincia. Il gruppo di registi comprende [[Massimo Mazzucco]] (''[[Summertime (film 1982)|Summertime]]'', 1982), il video-artista [[Paolo Rosa]] (''L'osservatorio nucleare del signor Nanof'', 1985) e [[Giancarlo Soldi]] (''Polsi sottili'', 1985). Il solo a lasciare una traccia duratura è [[Silvio Soldini]], che con ''[[Giulia in ottobre]]'' (1985) e ''[[L'aria serena dell'ovest]]'' (1990) rinnova la lezione di Antonioni, divenendo un modello per tanto cinema indipendente a venire.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 259}}</ref> A Milano è attivo anche [[Gabriele Salvatores]], che porta al cinema la sua esperienza teatrale in ''[[Sogno di una notte d'estate (film 1983)|Sogno di una notte d'estate]]'' (1983) e ''[[Kamikazen - Ultima notte a Milano]]'' (1987).
A Torino il Festival del Cinema Giovani (poi [[Festival di Torino]]) afferma la pratica del cortometraggio come forma di espressione lontana dai condizionamenti industriali. In questo contesto passa al cinema [[Daniele Segre]], già fotografo militante, con documentari di argomento sociale spesso realizzati per la [[RAI]] e due film a soggetto, ''Testadura'' (1982) e ''Manila paloma blanca'' (1992). Un percorso affine è quello dell'ex critico [[Davide Ferrario (regista)|Davide Ferrario]], che alla fine del decennio esordisce con il film ''[[La fine della notte (film 1989)|La fine della notte]]'' (1989). Allo stesso modo, il [[Bellaria Film Festival|Bellaria Festival]] raccoglie una produzione indipendente e in crescita grazie alla diffusione della tecnologia video, mentre a Bassano del Grappa [[Ermanno Olmi]] e [[Mario Brenta]] organizzano la scuola [[Ipotesi Cinema]], frequentata tra gli altri dai registi [[Maurizio Zaccaro]] e [[Giacomo Campiotti]], che anni più tardi realizzeranno prodotti singolari come ''[[La valle di pietra]]'' (1992) e ''[[Come due coccodrilli]]'' (1994).
Anche il ramo italiano della [[Gaumont]] è attivo nel supporto agli esordienti, ma il fallimento precoce impedisce esiti di rilievo.<ref>{{cita web|url=http://www.milanofilmfestival.it/sezione.php?rassegna_id=3|titolo=ITALIA 80. Quando la televisione provò a mangiarsi il cinema|accesso=9 novembre 2015|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160107172242/http://www.milanofilmfestival.it/sezione.php?rassegna_id=3|dataarchivio=7 gennaio 2016}}</ref>
=== Altri autori ===
[[File:Pianetaazzurro.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Un fotogramma del film ''[[Il pianeta azzurro]]'' (1983), di [[Franco Piavoli]]]]
Contemporaneamente, altri registi debuttano in sordina ma sono destinati a lasciare segni più duraturi negli anni successivi. [[Marco Tullio Giordana]] dirige nel 1979 ''[[Maledetti vi amerò]]'', che insieme al seguente ''[[La caduta degli angeli ribelli]]'' (1981) indaga il mondo dell'estrema sinistra nel periodo del riflusso. Negli anni seguenti torna al cinema solo occasionalmente, dedicandosi a film di impianto sociale con ''[[Appuntamento a Liverpool]]'' (1988) e soprattutto ''[[Pasolini, un delitto italiano]]'' (1996).
[[Marco Risi]] dirige alcune commedie giovaniliste interpretate da [[Jerry Calà]], per poi cambiare radicalmente registro con ''[[Soldati - 365 all'alba]]'' (1987) e in maniera maggiore con i drammi carcerari ''[[Mery per sempre]]'' (1989) e ''[[Ragazzi fuori]]'' (1990), testimonianza della rinascita di un filone realista. Tra le altre rivelazioni del decennio meritano di essere ricordati: [[Luigi Faccini]], per il film storico ''[[Nella città perduta di Sarzana]]'' (1980), [[Francesca Comencini]], con ''[[Pianoforte (film 1984)|Pianoforte]]'' (1984) e [[Carlo Mazzacurati]], con ''[[Notte italiana]]'' (1987).
Tra gli autori più originali e appartati del periodo va citato [[Franco Piavoli]], che pur non essendo mai entrato nel mondo del cinema professionale ha lasciato testimonianze di grande importanza. Dopo aver realizzato alcuni documentari negli anni sessanta, esordisce nel lungometraggio con ''[[Il pianeta azzurro]]'' (1983), un'originale meditazione sui cicli della natura che piega i codici del documentario verso una forma poetica; il talento del regista è confermato da ''[[Nostos - Il ritorno]]'' (1990), inedita interpretazione del mito di [[Ulisse]] che si trasforma in un'esplorazione dell'ignoto, e da ''[[Voci nel tempo]]'' (1996), affresco visivo e sonoro sulle stagioni della vita e della natura<ref>, Alberto Morsiani, Serena Augusto (a cura di), ''Paesaggi sonori. Il cinema di Franco Piavoli'', Le Mani, 2012</ref>.
== Anni novanta ==
[[File:Giuseppe Tornatore.jpg|miniatura|destra|verticale|Il regista [[Giuseppe Tornatore]]]]
La crisi economica emersa negli [[anni 1980|anni ottanta]] comincerà ad attenuarsi nel decennio successivo. Ciononostante, le stagioni 1992-1993 e 1993-1994 segneranno il minimo storico nel numero di film realizzati, nella quota di mercato nazionale (15%), nel numero totale di spettatori (sotto i 90 milioni annui) e nel numero di sale<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", in ''Storia del cinema mondiale'', cit., pp. 1102-1103.</ref>. L'effetto di questa contrazione industriale sancisce la definitiva affermazione della televisione come mezzo di intrattenimento privilegiato, tanto da inglobare in sé tutto il [[cinema di genere]], non più idoneo a competere con i grandi [[blockbuster (intrattenimento)|blockbuster]] hollywoodiani.
In tale situazione di ristagno emergono nuove personalità cinematografiche che raggiungono in breve tempo fama e notorietà. Si afferma il regista siciliano [[Giuseppe Tornatore]] che nel 1986 porta sul grande schermo la pellicola ''[[Il camorrista]]'', realizzando, due anni dopo, ''[[Nuovo cinema Paradiso]]'' (1988), dolceamaro ''amarcord'' raccontato attraverso il punto di vista di una sala di provincia. La pellicola riscuote visibilità in tutto il mondo, vincendo il gran premio della giuria al [[Festival di Cannes]] e in seguito, nel 1990, l'[[Oscar al miglior film straniero]].
Dopo una serie di film quali ''[[L'uomo delle stelle]]'' (1995), ''[[La leggenda del pianista sull'oceano]]'' (1998) e ''[[La sconosciuta]]'' (2006), nel 2009 gira il film ''[[Baarìa]]'', la cui trama racconta una parte di vita vissuta nella sua città d'origine.
[[File:Gabriele Salvatores.jpg|sinistra|miniatura|[[Gabriele Salvatores]]]]
Altro regista a imporsi tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta è senz'altro [[Gabriele Salvatores]]. Nel 1989 si fa notare per l'opera ''[[Marrakech Express]]'', cui segue, nel 1990, ''[[Turné]]''.
Il terzo lungometraggio, dal titolo ''[[Mediterraneo (film)|Mediterraneo]]'' (1991), conclude la cosiddetta "trilogia della fuga", che verrà idealmente proseguita con il successivo ''[[Puerto Escondido (film)|Puerto Escondido]]'' (1992). Dedicando il film "a tutti quelli che fuggono" il regista napoletano tesse un elogio della ribellione usando gli anni quaranta come metafora dei sogni e delle speranze post-sessantottine.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2041}}</ref> L'opera gli vale il [[Premio Oscar]] come [[Oscar al miglior film straniero|miglior film straniero]]. Nel 2003 dirige ''[[Io non ho paura (film)|Io non ho paura]]'', il cui soggetto è tratto dall'[[Io non ho paura (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Niccolò Ammaniti]].
Opere non meno importanti uscite nella prima metà degli anni novanta sono certamente l'ultima fatica di Fellini (''[[La voce della Luna]]'' 1990), ''[[Jona che visse nella balena]]'' (1993), che mette in luce le qualità artistiche del cineasta [[Roberto Faenza]], ''[[Piccolo Buddha]]'' (1993) di [[Bernardo Bertolucci]], ''[[Al di là delle nuvole]]'' (1995) di [[Michelangelo Antonioni]] e [[Wim Wenders]] e ''[[L'amore molesto]]'' (1995) dell'artista napoletano [[Mario Martone]]. L'esordio alla [[regia cinematografica]] di Martone è del 1980 con un [[cortometraggio]] sponsorizzato dal [[Banco di Napoli]], a cui segue ''Foresta Nera'' (1982). Dopo dieci anni, si rivela al grande pubblico con il suo primo lungometraggio ''[[Morte di un matematico napoletano]]'' (1992). Nel 1998 esce nelle sale ''[[Teatro di guerra]]''. Il film, presentato nella sezione [[Un Certain Regard]] al [[Festival di Cannes 1998|51º Festival di Cannes]], è una cupa riflessione sulla consistenza del dolore, che descrive con arguzia e verità d'accenti tutte le bellezze (e contraddizioni) del capoluogo campano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3320}}</ref>
[[File:Mario Martone.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Mario Martone]]]]
Sempre in questo periodo si sviluppa un piccolo filone cinematografico di derivazione neorealista, contaminato da tematiche civili aderenti all'attualità. A tale filone (denominato ''Nuovo neorealismo'') appartengono film come ''[[Ultrà (film)|Ultrà]]'' ([[1991]]), incentrato sulla violenza delle tifoserie calcistiche, ''[[La scorta]]'' (1993) ispirato alle contemporanee [[Bombe del 1992-1993|stragi mafiose siciliane]] e ''[[Vite strozzate]]'' (1996), tutti diretti dal cineasta [[Ricky Tognazzi]]. Da citare in questo senso sono anche: ''[[Il muro di gomma]]'' (1991), di [[Marco Risi]], ''[[Teste rasate]]'' (1993) di [[Claudio Fragasso]], violento ritratto dell'ambiente [[skinhead]] e [[neonazista]], ''[[Il giudice ragazzino]]'' (1993) di [[Alessandro Di Robilant]] e ''[[Poliziotti (film 1995)|Poliziotti]]'' (1995), diretto dall'attore e regista [[Giulio Base]]. Altra pellicola ascrivibile al genere e influenzata dai convergenti avvenimenti di [[Cosa nostra]] è ''[[Giovanni Falcone (film)|Giovanni Falcone]]'' (1993) di [[Giuseppe Ferrara]], opera che ripercorre gli ultimi giorni di vita dei magistrati siciliani [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]].
Lontano da mode e correnti si sviluppa il cinema di [[Pasquale Pozzessere]], che nel film d'esordio ''[[Verso sud (film)|Verso sud]]'' (1992) esplora senza retorica lo sfacelo urbano e ambientale dell'Italia anni novanta, con inquadrature che rimandano direttamente al cinema di [[Michelangelo Antonioni]] e di [[Pier Paolo Pasolini]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3666}}</ref> Tra i lavori a venire vi sono ''[[Padre e figlio (film 1994)|Padre e figlio]]'' (1994) e il lungometraggio di impegno civile ''[[Testimone a rischio]]'' (1997). Tra gli esordienti del periodo vi è [[Mimmo Calopresti]] che dirige [[Nanni Moretti]] ne ''[[La seconda volta]]'' (1995) e conferma le proprie qualità con il successivo ''[[La parola amore esiste]]'' (1998). Ricco di idee e sensibilità è il cinema dell'italoargentino [[Marco Bechis]], che sviluppa opere riflessive e intense come ''[[Alambrado]]'' (1991) e ''[[Garage Olimpo]]'' (1999), dove il regista ripercorre la dittatura argentina di [[Videla]] seguendo la storia di una giovane maestra elementare.
[[File:Uomni anni vita.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Un'immagine di ''Uomini, anni, vita'' (1990), dei registi [[Angela Ricci Lucchi]] e Yervant Gianikian]]
A seguito di una duratura gavetta televisiva come scenografo, esordisce nel mondo del cinema il regista e pittore [[Antonio Capuano]]. Nel lungometraggio ''[[Vito e gli altri]]'' (1991), l'autore filma con sprezzante coraggio la cruda e difficile situazione delinquenziale dei minorenni napoletani. Seguono ''[[Pianese Nunzio, 14 anni a maggio]]'' (1996), ''[[Polvere di Napoli]]'' (1998) e ''[[La guerra di Mario]]'' (2005), che tratta con finezza psicologica una storia d'amore contrastato tra una madre e un figlio.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1529}}</ref>
Le medesime problematiche vengono affrontate dal regista ligure [[Luigi Faccini]] nei film ''[[Notte di stelle]]'' (1991) e ''[[Giamaica (film 1998)|Giamaica]]'' (1998), improntati sul degrado delle periferie romane. Si sottolinea, in aggiunta, la produzione dell'artista [[Paolo Benvenuti]], che dopo molti cortometraggi per la tv di Stato realizza alcune pellicole dalla forma pittorica e dal valore didattico quali: ''[[Il bacio di Giuda (film 1988)|Il bacio di Giuda]]'' (1988), ''[[Confortorio]]'' (1992) e ''[[Tiburzi]]'' (1996).
Da ultimo, si menziona l'operato dei due cineasti sperimentali [[Angela Ricci Lucchi]] e Yervant Gianikian che, in oltre trent'anni di carriera, hanno presentato documentari inerenti ai tragici fatti del primo conflitto mondiale. I due registi, nel fare ciò, hanno recuperato numerosi materiali di archivio, successivamente ingranditi e virati per dare ulteriore valore ai fotogrammi esistenti e portare lo spettatore a riflettere sulle atrocità di tutte le guerre.<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/15/registi_della_memoria_co_7_0011154759.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151117222136/http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/15/registi_della_memoria_co_7_0011154759.shtml|titolo=Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian - I registi della memoria - Corriere della Sera|accesso=16 giugno 2015|urlmorto=sì|dataarchivio=17 novembre 2015}}</ref> Pressoché sconosciuti in Italia, hanno incontrato, a partire dagli anni novanta, stima e apprezzamenti in molti festival europei; tra i loro film più noti si riportano: ''Uomini, anni, vita'' (1990) - incentrato sul massacro degli armeni - e il trittico bellico ''Prigionieri della guerra'' (1995), ''Su tutte le vette è pace'' (1998) e ''[[Oh! uomo]]'', presentato nella [[Quinzaine des réalisateurs]] del [[Festival di Cannes]] nel maggio del 2004.
=== La commedia ===
[[File:Io speriamo che me la cavo.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Paolo Villaggio]] nel film ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'', di [[Lina Wertmüller]] ([[1992]])]]
[[File:Caro diario- nanni.jpg|miniatura|destra|[[Nanni Moretti]] nel film ''[[Caro diario]]'' (1993)]]
Gradualmente riprende quota la commedia, anch'essa rivisitata con temi e stili contemporanei. Nella prima metà degli anni novanta ricevono consensi il comico toscano [[Alessandro Benvenuti]], con ''[[Benvenuti in casa Gori]]'' (1990), [[Massimo Troisi]], con ''[[Pensavo fosse amore... invece era un calesse]]'' (1991), [[Lina Wertmüller]], con ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'' (1992) e l'artista romano [[Carlo Verdone]], che torna a sperimentare l'ambito comico nel fortunato film a episodi ''[[Viaggi di nozze]]'' (1995). Infine, riscuote grande seguito l'attore e regista fiorentino [[Leonardo Pieraccioni]], specialmente con commedie giovanili come ''[[I laureati]]'' (1995), ''[[Il ciclone (film)|Il ciclone]]'' (1996) e ''[[Fuochi d'artificio (film 1997)|Fuochi d'artificio]]'' (1997).
Nel frattempo, [[Nanni Moretti]] innalza il proprio percorso d'autore con il sincero e autobiografico ''[[Caro diario]]'' (1993), seguito da ''[[Aprile (film)|Aprile]]'' (1998), dove l'artista documenta se stesso di fronte all'evolversi della situazione politica italiana.
Nel 1994 fa il suo esordio cinematografico il regista livornese [[Paolo Virzì]], subito salutato dalla critica come una vera rivelazione. Tra i suoi primi lungometraggi si evidenziano: ''[[La bella vita]]'' (1994), ''[[Ferie d'agosto]]'' (1995) e il cult ''[[Ovosodo]]'' (1997).
Si afferma agli inizi del decennio il cinema di [[Daniele Luchetti]], costantemente diviso fra la classica commedia e una matura attenzione all'impegno civile. Fra le sue opere più significative si ricordano: ''[[Il portaborse]]'' (1991), ''[[La scuola (film 1995)|La scuola]]'' (1995) e in tempi più recenti ''[[Mio fratello è figlio unico (film)|Mio fratello è figlio unico]]'' (2006) e ''[[La nostra vita (film)|La nostra vita]]'' (2010).
Verso la metà degli anni novanta dividono la critica le grottesche messe in scena degli artisti [[Ciprì e Maresco]] che mettono a frutto l'esperienza televisiva di ''[[Cinico TV]]'' nel film d'esordio ''[[Lo zio di Brooklyn]]'' (1995) e nei successivi ''[[Totò che visse due volte]]'' (1998) e ''[[Il ritorno di Cagliostro]]'' (2003).
Lo stile dissacrante dei due autori che procedono per accumulo di episodi in un universo totalmente iperbolico sconcerta, tra entusiasmi e stroncature.
Alla fine degli anni ottanta debutta dietro la macchina da presa la cineasta romana [[Francesca Archibugi]] con la commedia ''[[Mignon è partita]]'' (1988), che vede come protagonista [[Stefania Sandrelli]]. Dopo la pellicola ''[[Verso sera]]'' (1990), dirige nel 1993 ''[[Il grande cocomero (film)|Il grande cocomero]]''. In quest'opera la Archibugi affronta il difficile tema della [[neuropsichiatria infantile]], ispirandosi a un saggio dello psichiatra [[Marco Lombardo Radice]] e alle sue esperienze nel reparto di via dei Sabelli a Roma.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1490}}</ref>
[[File:Troisiof1.jpg|miniatura|destra|verticale|[[Massimo Troisi]], candidato nel 1996 ai [[premi Oscar]] come [[Oscar al miglior attore|miglior attore]] per il film ''[[Il postino]]'']]
[[File:Roberto Benigni Nicoletta Braschi.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Roberto Benigni]] con [[Nicoletta Braschi]] al [[Festival di Cannes 1998]]]]
L'italo-svizzero [[Silvio Soldini]] continua a proporre pellicole dallo stile dolce-amaro, che non rientrano facilmente in nessun genere predefinito. Nel corso degli anni novanta dirige alcuni dei suoi film più noti come ''[[Un'anima divisa in due]]'' (1993), ''[[Le acrobate]]'' (1997) e ''[[Pane e tulipani]]'' (1999).
Proprio in seno alla commedia, tra la metà degli anni ottanta e l'inizio dei novanta, si è affacciata una nuova schiera di attori che ha alternato abilmente ruoli impegnati ad altri più leggeri, fra i tanti si menzionano: [[Sergio Castellitto]], [[Silvio Orlando]], [[Sergio Rubini]], [[Fabrizio Bentivoglio]], [[Alessandro Haber]], [[Ennio Fantastichini]], [[Claudio Amendola]] e [[Carlo Delle Piane]] (già attivo come caratterista da oltre tre decenni). Sul versante femminile emergono: [[Margherita Buy]], [[Valeria Golino]], [[Laura Morante]], [[Anna Bonaiuto]], [[Valeria Bruni Tedeschi]], [[Francesca Neri]], [[Lina Sastri]], [[Isabella Ferrari]], [[Sabrina Ferilli]] e [[Monica Bellucci]].
Nel settembre del 1994 esce nelle sale ''[[Il postino]]'', diretto da [[Michael Radford]] e interpretato dall'attore [[Massimo Troisi]]. Il film, tratto dal romanzo ''[[Il postino di Neruda|Ardiente paciencia]]'' del cileno [[Antonio Skármeta]], rappresenta il testamento artistico dell'attore partenopeo che centra l'obbiettivo di rinverdire la tradizione alta della [[commedia all'italiana]] in chiave internazionale e anti-hollywoodiana.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2599}}</ref> L'opera riceve grandi consensi sia in Italia che all'estero e ottiene 5 candidature agli [[Premi Oscar 1996|Oscar 1996]]. Troisi, morto dodici ore dopo la fine delle riprese per un arresto cardiaco, verrà insignito dal [[Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani]] di un apposito [[Nastro d'argento speciale]].<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Nastro_speciale_Troisi_famiglia_rifiuta_co_0_95031815941.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151103203711/http://archiviostorico.corriere.it/1995/marzo/18/Nastro_speciale_Troisi_famiglia_rifiuta_co_0_95031815941.shtml|titolo=Un Nastro speciale a Troisi Ma la famiglia lo rifiuta|accesso=9 novembre 2015|urlmorto=sì|dataarchivio=3 novembre 2015}}</ref>
Gli ultimi anni del decennio vedono il trionfo internazionale di [[Roberto Benigni]] con l'acclamato ''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'' (1997). L'attore-regista, già premiato dal pubblico coi precedenti ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), porta sullo schermo una commedia sull'[[Italia fascista]], accentuandone la drammaturgia con lo spostamento dell'azione all'interno dei lager [[nazismo|nazisti]]. Inizialmente il progetto prevede una stesura a esclusivo impianto comico; in seguito lo script viene ad assumere volutamente le vesti di una commedia a sfondo drammatico. La pellicola ([[Oscar al miglior film straniero]] nel 1999) ottiene un vasto clamore in tutto il mondo, portando il comico toscano a ricevere, nello stesso anno, l'[[Oscar al miglior attore]] protagonista. A tutt'oggi, l'artista di Vergaio, è l'unico interprete maschile italiano ad aver ottenuto un simile riconoscimento.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3711}}</ref>
== Il nuovo millennio ==
Con l'arrivo del nuovo millennio l'industria cinematografica ritrova parzialmente stabilità e riconoscimento critico. Oltre al successo ottenuto da [[Nanni Moretti]] al [[Festival di Cannes]] per ''[[La stanza del figlio]]'' (2001), va ricordato il consenso critico di ''[[La meglio gioventù]]'' (2003), di [[Marco Tullio Giordana]]. Ritrova nuova linfa creativa l'opera di [[Marco Bellocchio]] che torna alla ribalta con due acclamati lungometraggi: ''[[L'ora di religione]]'' (2002) e ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003), nonché il cinema di [[Pupi Avati]] (''[[Il cuore altrove]]'', 2003; ''[[Il papà di Giovanna]]'', 2007).
[[File:Paolo Sorrentino 2008 cropped.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Il regista napoletano [[Paolo Sorrentino]]]]
Tuttavia, il lascito più importante del cinema italiano del nuovo millennio arriva dai registi [[Paolo Sorrentino]] e [[Matteo Garrone]].
Sorrentino realizza il suo primo lungometraggio nel 2001 con ''[[L'uomo in più]]'', che passa inosservato. Il successivo ''[[Le conseguenze dell'amore]]'' (2004) ottiene una considerazione di pubblico e critica maggiore. Nel 2008 esce nelle sale cinematografiche ''[[Il divo (film)|Il divo]]'', liberamente ispirato alla biografia dell'onorevole [[Giulio Andreotti]], che vede ancora protagonista l'interprete [[Toni Servillo]]. L'opera, accolta positivamente dalla critica, si aggiudica il [[Premio della giuria]] al [[Festival di Cannes]]. Il regista (anche sceneggiatore), nel ricostruire la vita dello statista intreccia pubblico e privato, alternando scene ipotetiche ad altre basate sui fatti con uno stile spesso frenetico.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 979}}</ref>
Garrone dopo alcuni lungometraggi e vari documentari conosce il successo critico con il film ''[[L'imbalsamatore]]'' (2002) che combina, in maniera rigorosa, gli elementi tipici del [[noir]] dentro una narrazione in bilico tra realismo e astrazione pittorica. Nel 2008 il regista romano arriva sulla croisette con il film ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'', tratto dal [[Gomorra (romanzo)|omonimo libro denuncia]] di [[Roberto Saviano]] e conquista il [[Grand Prix Speciale della Giuria]]. La pellicola lascia volutamente da parte le componenti più cronachistiche riguardanti la malavita organizzata per incentrarsi su cinque storie personali che hanno tutte il compito di svelare il sottile rapporto esistente tra mondo legale e illegale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1476}}</ref> Pur stilisticamente differenti, sia ''[[Il divo (film)|Il divo]]'' che ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'' si accomunano nel tentativo di tornare a raccontare, attraverso il cinema, aspetti critici della società italiana. L'ottimo riscontro al botteghino delle due pellicole segna un deciso rilancio del cinema italiano d'autore, capace nello stesso tempo di raggiungere un ampio richiamo di pubblico.<ref>{{cita news|url=http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/spettacoli_e_cultura/cinema/cannes/cannes-premi/cannes-premi/cannes-premi.html|titolo=La giuria di Sean Penn premia l'Italia riconoscimenti a 'Gomorra' e 'Il divo'|pubblicazione=la Repubblica|data=10 novembre 2015}}</ref>
In egual misura raggiungono il crisma dell'autorialità i lungometraggi di [[Paolo Virzì]] che fotografano con lucidità e pungente ironia le varie facce dell'Italia attuale. Film come ''[[Caterina va in città]]'' ([[2003]]), ''[[Tutta la vita davanti]]'' ([[2008]]) e ''[[La prima cosa bella (film)|La prima cosa bella]]'' ([[2010]]), lo impongono come uno degli eredi naturali della [[commedia all'italiana]].
Da ricordare il regista italo-turco [[Ferzan Özpetek]] che ottiene seguito dirigendo film imperniati sulle difficoltà di coppia, l'elaborazione del lutto e la condizione omosessuale, tutte tematiche rintracciabili in lavori come ''[[Il bagno turco]]'' ([[1997]]), ''[[Le fate ignoranti]]'' ([[2000]]), ''[[La finestra di fronte]]'' ([[2003]]), ''[[Cuore sacro]]'' ([[2005]]) e ''[[Saturno contro]]'' ([[2007]]).
[[File:Paolo Virzì.JPG|miniatura|destra|verticale|[[Paolo Virzì]]]]
Negli anni duemila si afferma una nuova generazione di interpreti, tra i quali [[Claudio Santamaria]], [[Stefano Accorsi]], [[Kim Rossi Stuart]], [[Pierfrancesco Favino]], [[Elio Germano]] e [[Riccardo Scamarcio]]. Tutti gli attori sopracitati recitano insieme nel film di successo ''[[Romanzo criminale (film)|Romanzo criminale]]'' (2005), diretto da [[Michele Placido]], basato sull'[[Romanzo criminale (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Giancarlo De Cataldo]] e incentrato sulle sanguinarie vicende della [[Banda della Magliana]] (da cui è stata tratta una [[Romanzo criminale - La serie|serie televisiva]]). In questi anni, oltre a Michele Placido, passano alla regia attori di fama come [[Sergio Rubini]] e [[Sergio Castellitto]] che conosce un buon riscontro di pubblico e critica con il film ''[[Non ti muovere (film)|Non ti muovere]]'' (2004).
Nella sfera del cinema comico, insieme alle commedie del regista [[Carlo Verdone]], ottengono grande affermazione quelle del trio [[Aldo, Giovanni & Giacomo]], autori e interpreti di film come ''[[Tre uomini e una gamba]]'' (1997), ''[[Così è la vita (film 1998)|Così è la vita]]'' (1998), ''[[Chiedimi se sono felice]]'' (2000) e ''[[Tu la conosci Claudia?]]'' (2004), tutti diretti dal regista [[Massimo Venier]]. Lo stesso [[Roberto Benigni]] torna al cinema con il controverso ''[[Pinocchio (film 2002)|Pinocchio]]'' (2002), seguito da ''[[La tigre e la neve]]'' (2005).
Sempre sul fronte del cinema comico si confermano campioni di incassi i cosiddetti ''[[cine-panettone|cine-panettoni]]'', così chiamati per l'annuale distribuzione nelle sale durante il periodo natalizio. Tale filone è costantemente interpretato dal popolare duo comico formato da [[Massimo Boldi]] e [[Christian De Sica]] (poi separatisi) e diretti da registi specialisti come [[Enrico Oldoini]], [[Neri Parenti]] e [[Carlo Vanzina]]. I cinepanettoni si presentano come film dal carattere nazionalpopolare che descrivono senza alcuna pretesa narrativa le disavventure di vari personaggi all'interno di spazi esotici, sempre adibiti a luoghi di vacanza.<ref>{{cita news|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/12/18/cinema-anno-record-120-milioni-di.html|titolo=Cinema, l'anno record. 120 milioni di biglietti come nel 1986|pubblicazione=la Repubblica|autore=Franco Montini|data=18 dicembre 2007|pagina=45}}</ref>
=== Altre leve del cinema italiano ===
[[File:Giorgio Diritti.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Il regista [[Giorgio Diritti]]]]
Il nuovo millennio porta con sé una nuova ondata di registi, che aggiorna e rilegge il cinema d'autore italiano, ponendosi spesso e volentieri in una sorta di zona franca, tra tradizione e modernità. [[Emanuele Crialese]] suscita interesse con l'opera seconda ''[[Respiro (film)|Respiro]]'' (2003) e in misura maggiore con l'affresco ''[[Nuovomondo]]'' (2006), in cui descrive la tragica realtà dell'emigrazione italiana del primo novecento. Allo stesso modo attira attenzione l'opera d'esordio di [[Saverio Costanzo]] dal titolo ''[[Private (film)|Private]]'' (2004), storia della convivenza forzata tra una famiglia [[Palestina|palestinese]] e un gruppo di militari [[Israele|israeliani]]. Di rilievo è il premiato ''[[L'uomo che verrà]]'' (2009), del regista [[Giorgio Diritti]], incentrato sugli eventi storici inerenti la [[strage di Marzabotto]].
Un caso peculiare di cinema alternativo rappresenta l'esperienza dell'artista milanese [[Michelangelo Frammartino]] che a partire dal film ''Il dono'' (2003) ricostruisce percorsi narrativi pregni di realismo poetico, dando grande rilevanza all'ambiente scenico; ciò diviene ancora più evidente nel successivo ''[[Le quattro volte]]'' (2010). Contemporaneamente conosce i favori della critica il primo lungometraggio del cineasta romano [[Francesco Munzi]], dal titolo ''[[Saimir]]'' (2004). Raccoglie nuovi consensi con ''[[Il resto della notte]]'' (2008), presentato nella [[Quinzaine des Réalisateurs]] del [[Festival di Cannes 2008|Festival di Cannes]]. Un altro esempio di cinema alternativo è da intravedersi nel singolare ''La paura'' (2009), filmato con il solo utilizzo di un [[telefono cellulare]] dal regista [[Pippo Delbono]]. In questo modo, l'autore documenta in presa diretta una galleria di immagini quotidiane per far risaltare le varie incongruenze dell'Italia attuale, ottenendo esiti di grande efficacia espressiva.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2475}}</ref> Solleva, inoltre, curiosità il film-documentario ''[[Viva Zapatero!]]'' (2005), diretto da [[Sabina Guzzanti]], che pone l'accento sui limiti del diritto di satira presenti in Italia.
Si fa conoscere anche il giovane regista [[Pietro Marcello (regista)|Pietro Marcello]]. Nel 2007 gira ''[[Il passaggio della linea]]'', un progetto che racconta la realistica storia di un anziano che decide di passare il resto della propria vita a bordo di un treno. Il film offre un magma di situazioni notturne che annullano la forma tradizionale del documentario, lasciando libero lo spettatore di farsi guidare dalla pura forza delle immagini.<ref>[http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A//www.cinematografo.it/bancadati/consultazione/schedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D49271%26completa%3Dsi Scheda del film] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140304235310/http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A%2F%2Fwww.cinematografo.it%2Fbancadati%2Fconsultazione%2Fschedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D49271%26completa%3Dsi |data=4 marzo 2014 }} su cinematografo.it.</ref>. Nel 2009, grazie alla fondazione gesuita San Marcellino di [[Genova]], realizza il documentario drammatico ''[[La bocca del lupo (film)|La bocca del lupo]]'', che si aggiudica (primo italiano) il [[Torino Film Festival]]<ref>[http://www.torinofilmfest.org/index.php?action=detail&id=8652 Scheda del film] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140305010100/http://www.torinofilmfest.org/index.php?action=detail&id=8652 |data=5 marzo 2014 }} sul sito del [[Torino Film Festival]].</ref>.
=== Gli anni 2010 ===
[[File:Gianfranco Rosi.png|miniatura|verticale|destra|[[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]]]]
Nei primi anni dieci una profonda crisi economica colpisce molti settori industriali tra cui quello cinematografico. Secondo i dati presentati dalla Direzione generale per il Cinema del Ministero e dai produttori dell'ANICA (per l'anno solare 2012), gli spettatori presenti in sala, rispetto al 2011, calano inesorabilmente del 10%, con ulteriore decremento del 5% nel primo trimestre del 2013. Sul versante produttivo i vari investimenti pubblici a sostegno del cinema divengono sempre più precari, passando dai 71 milioni del 2008 agli appena 24,4 milioni del 2012. In questo clima di ampia [[recessione]] economica, nello stesso 2012, vengono comunque prodotti 166 film di nazionalità italiana, facendo registrare, nonostante tutto, un incremento produttivo dell'1,07%.<ref>{{cita web|url=http://www.lastampa.it/2013/04/16/spettacoli/cinema-calano-gli-incassi-cresce-la-produzione-2FIIwS7m0DxQchlipOWSXK/pagina.html|titolo=Cinema, calano gli incassi cresce la produzione|accesso=3 luglio 2015}}</ref>
A fronte di tale crisi, il cinema italiano torna alla ribalta internazionale. Il [[2012]] si apre con la vittoria dei [[Fratelli Taviani]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]] che conquistano l'[[Orso d'oro]] con il film ''[[Cesare deve morire]]''. L'opera (girata con la tecnica della ''docu-fiction'') è ambientata all'interno del carcere di [[Rebibbia]] e interpretata dagli stessi detenuti che mettono in scena il ''[[Giulio Cesare]]'' di [[William Shakespeare]]. A maggio dello stesso anno, al [[Festival di Cannes]], [[Matteo Garrone]] vince per la seconda volta il ''Grand Prix della giuria'' con la pellicola ''[[Reality (film)|Reality]]''.
A settembre è la volta di [[Emanuele Crialese]], che grazie al film ''[[Terraferma (film)|Terraferma]]'' si aggiudica il gran premio della giuria al [[Festival di Venezia]].
Gli anni dieci mantengono il cinema italiano sotto i riflettori internazionali. Un'altra riprova arriva nel settembre del 2013, con il film documentario ''[[Sacro GRA]]'', diretto dal regista [[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]], che consegue il [[Leone d'oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|festival di Venezia]]. L'opera riprende, senza alcun commento esterno, scene di vita vissuta che si dispiegano a Roma lungo il [[Autostrada A90|Grande Raccordo Anulare]]. Il film, nato da un'idea del paesaggista e urbanista Nicolò Bassetti<ref>{{cita web|url=http://www.sacrogra.it/progetto.php|titolo=Il Progetto|editore=sacrogra.it|accesso=6 settembre 2014}}</ref>, è vagamente ispirato al romanzo ''[[Le città invisibili]]'' di [[Italo Calvino]].<ref name=yrh>{{cita web|lingua=en|autore=Deborah Young|titolo=Sacro GRA, Tales from Rome's Ring Road (Sacro GRA): Venice Review|url=http://www.hollywoodreporter.com/review/sacro-gra-tales-rome-s-622256|editore=hollywoodreporter.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref><ref>{{cita web|lingua=en|autore=Jay Weissberg|url=http://variety.com/2013/more/reviews/venice-film-review-sacro-gra-1200601049/|titolo=Venice Film Review: ‘Sacro GRA'|editore=variety.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref> Un'altra opera del periodo (presentata in numerosi festival del mondo) è ''[[L'ultimo pastore]]'' (2013), di [[Marco Bonfanti]], che racconta, in bilico tra documentario e astrazione, la vita dell'ultimo pastore nomade operante nel comune di [[Milano]].
[[File:Cast La Grande Bellezza Napolitano.jpg|miniatura|sinistra|Sopra il cast del film ''[[La grande bellezza]]'' ricevuto al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]]]
Sulla scia di questo favorevole momento, grande clamore internazionale suscita il film di [[Paolo Sorrentino]], ''[[La grande bellezza]]'' (2013), interpretato principalmente da [[Toni Servillo]]. L'opera è una versione moderna de ''[[La dolce vita]]'' di Fellini, dove il regista filma con opulenza artistica una Roma assolata e quasi metafisica. La pellicola ottiene numerosi riconoscimenti tanto da ricevere nel gennaio [[2014]] il [[Premio Golden Globe|Golden Globe]] come ''Miglior film straniero'', seguito, Il 16 febbraio [[2014]], dal premio [[premi BAFTA 2014|BAFTA]]. Infine, il 2 marzo [[2014]], la pellicola si aggiudica l'[[Oscar al miglior film straniero]].<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/speciali/cinema/oscar/edizione2014/2014/03/03/news/oscar_2014-80065778/|titolo=La grande bellezza" vince l'Oscar: con Sorrentino la statuetta torna in Italia|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Un anno più tardi la regista toscana [[Alice Rohrwacher]] diviene la vera rivelazione del [[Festival di Cannes]] con l'opera seconda ''[[Le meraviglie]]'', che le vale, nel maggio 2014, il gran premio della giuria. Con tale attestazione la Rohrwacher risulta essere la prima cineasta italiana ad aggiudicarsi l'ambito riconoscimento.<ref>{{cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/24/festival-di-cannes-2014-le-meraviglie-di-alice-rohrwacher-vince-il-grand-prix/998841/|titolo=Cannes 2014, i vincitori.|accesso=26 maggio 2015}}</ref> Ottengono favori dalla critica il regista e produttore [[Uberto Pasolini]] con ''[[Still Life (film 2013)|Still Life]]'' (2013),
[[Roberto Andò]] con il film ''[[Viva la libertà]]'' (2013), la regista teatrale [[Emma Dante]] per ''[[Via Castellana Bandiera]]'' (2013) e il cineasta [[Francesco Munzi]] con ''[[Anime nere (film 2014)|Anime nere]]'' (2014), basato sulle vicende di una famiglia della [['Ndrangheta]] calabrese.
Sempre nel 2015 partecipano al [[Festival di Cannes]] [[Nanni Moretti]], [[Matteo Garrone]] e [[Paolo Sorrentino]] con i rispettivi ''[[Mia madre (film)|Mia madre]]'' (2015), ''[[Il racconto dei racconti - Tale of Tales]]'' (2015) e ''[[Youth - La giovinezza]]'' (2015), vincitore di tre [[European Film Awards]] come miglior film, regia e migliore attore protagonista. Guadagna riscontro all'estero il percorso del regista e produttore Michele Diomà grazie al film ''[[Born in the U.S.E.]]'' (2015), opera dedicata ai centovent'anni anni del cinema che vede la partecipazione di [[Francesco Rosi]] per quello che può essere considerato il suo testamento cinematografico.
Nel febbraio del 2016 trova una nuova affermazione oltre confine il regista [[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]] che conquista l'[[Orso d'oro]] al [[Festival di Berlino]] grazie al documentario ''[[Fuocoammare]]'', incentrato sul dramma dei migranti. Da sottolineare è la pellicola ''[[Chiamami col tuo nome (film)|Chiamami col tuo nome]]'' (2017), di [[Luca Guadagnino]], proiettata in numerosi festival cinematografici e candidata a quattro [[Premi Oscar]], tra cui quello per il miglior film.
=== Il parziale ritorno del cinema di genere e le nuove commedie ===
Il nuovo decennio vede un parziale rilancio del [[cinema di genere]] italiano, da lungo tempo sottostimato dalle stesse [[Casa di produzione cinematografica|case di produzione]] che hanno preferito finanziare altre tipologie di cinema, scoprendo, nel tempo, diversi autori emergenti. Rispetto al passato, le difficoltà a raggiungere un vasto pubblico restano comunque evidenti (con alcune eccezioni).
All'interno del gangster movie troviamo ''[[Non essere cattivo]]'' (2015) di [[Claudio Caligari]], ''[[Suburra (film)|Suburra]]'', girato nello stesso anno da [[Stefano Sollima]] ed ''[[Il permesso - 48 ore fuori]]'' (2017) di [[Claudio Amendola]]; per il noir si segnala ''[[Dogman (film)|Dogman]]'' (2018) di [[Matteo Garrone]], selezionato in concorso al [[Festival di Cannes]]; non mancano esempi di film sportivi come ''[[Tatanka (film)|Tatanka]]'' (2011) di [[Giuseppe Gagliardi]] e ''[[Veloce come il vento]]'' (2016) di [[Matteo Rovere]] ed anche film a tema musicale come ''[[Zeta (film)|Zeta]]'' (2016), ambientato nel mondo dell'[[hip-hop]] e diretto da [[Cosimo Alemà]]. Inoltre, si evidenziano [[Film commedia d'azione|commedie d'azione]] come ''[[I peggiori]]'' (2017), di [[Vincenzo Alfieri]] e ''[[Brutti e cattivi (film)|Brutti e cattivi]]'' (2017) di [[Cosimo Gomez]], [[Commedia nera|commedie nere]] come ''[[Take five (film)|Take five]]'' (2014) di [[Guido Lombardi]] e rimandi al [[poliziesco all'italiana]] nelle pellicole ''[[Song'e Napule]]'' (2014) dei [[Manetti Bros.|Manetti Bros]] e ''[[Falchi (film)|Falchi]]'' (2017) di [[Toni D'Angelo]]. Per quanto attiene al [[cinema fantastico]] e di [[fantascienza]] si segnalano i [[film di supereroi]] ''[[Il ragazzo invisibile]]'' (2014) e ''[[Il ragazzo invisibile - Seconda generazione]]'' (2018), di [[Gabriele Salvatores]], ''[[Lo chiamavano Jeeg Robot]]'' (2016), realizzato da [[Gabriele Mainetti]] e ''[[Copperman]]'' (2019) di [[Eros Puglielli]].
Riscuotono popolarità le commedie del regista [[Luca Miniero]] (''[[Benvenuti al Sud]]'' del 2010 e il sequel ''[[Benvenuti al Nord]]'' del 2012), con [[Claudio Bisio]] e [[Alessandro Siani]], e, in maniera maggiore, quelle interpretate dal comico [[Checco Zalone]]. L'artista pugliese, dopo aver esordito in televisione, debutta sul grande schermo con due film diretti da [[Gennaro Nunziante]]: ''[[Cado dalle nubi]]'' (2009) e ''[[Che bella giornata]]'' (2011). Quest'ultimo film, con oltre 40 milioni di euro d'incassi, diventa il lungometraggio italiano di maggior successo commerciale di sempre.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/incassi-zalone-supera-i-40-milioni/399441|titolo=Incassi, Zalone supera i 40 milioni|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Il fortunato periodo del comico è confermato dalla pellicola successiva, ''[[Sole a catinelle]]'' (2013), sempre diretta da [[Gennaro Nunziante]], che in diciotto giorni di programmazione riesce a superare gli incassi del film precedente;<ref>{{cita web|url=http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/2013/notizia/checco-zalone-nuovo-record-sole-a-catinelle-il-piu-visto-di-sempre_2010216.shtml|titolo=Checco Zalone nuovo record: "Sole a catinelle" il più visto di sempre|accesso=26 maggio 2015}}</ref> i quali vengono nuovamente oltrepassati (in soli dieci giorni di proiezione) dal seguente ''[[Quo vado?]]'' (2016), diretto sempre da Nunziante.<ref>{{Cita web|url = http://www.badtaste.it/2016/01/11/box-office-italia-quo-vado-vince-weekend-vola-50-milioni-euro-soli-dieci-giorni/156847/|titolo = Box-Office Italia: Quo Vado? vince il weekend e vola sopra i 50 milioni di euro in soli dieci giorni!| autore= Andrea Francesco Berni|data = 11 gennaio 2016|accesso = 11 gennaio 2016}}</ref>
Da citare le pellicole ''[[La kryptonite nella borsa]]'' (2011), di [[Ivan Cotroneo]] e ''[[Perfetti sconosciuti]]'' (2016), di [[Paolo Genovese]], una pellicola che si pone a metà tra la commedia ed il dramma, che ottiene molti consensi sia di critica che di pubblico, aggiudicandosi, tra le altre cose, il premio della sceneggiatura al [[Tribeca Film Festival]] di [[New York]] ed oggetto in seguito di svariati remake internazionali. Inoltre, guadagna attenzione il trittico ''[[Smetto quando voglio (film)|Smetto quando voglio]]'' (2014), ''[[Smetto quando voglio - Masterclass]]'' e ''[[Smetto quando voglio - Ad honorem]]'' (entrambi del 2017), del regista [[Sydney Sibilia]]. Le tre opere, prodotte dal già citato Matteo Rovere, rappresentano un calzante connubio tra commedia contemporanea e classico cinema di genere. Altro esempio di questo tipo è ''[[Ammore e malavita]]'' (2017), realizzato dai [[Manetti Bros.|Manetti Bros]].
Il 3 novembre [[2016]] viene approvata la legge ''Disciplina del cinema e dell'audiovisivo'' conosciuta anche come ''Legge [[Dario Franceschini|Franceschini]]'', che riorganizza in modo organico l'intero cinema italiano, che tra le altre cose prevede: l'ampliamento del tax credit automatico, la scomparsa della valutazione ministeriale del criterio dell'interesse culturale e l'abolizione totale della censura (sostituita dall'introduzione dell'eventuale divieto alla visione di un film ai minori di 6 anni). Tale legge, la prima dal 1949 ad occuparsi di cinema in modo esaustivo e completo (interessando ogni singola componente come finanziamenti, produzione, passaggi televisivi, distribuzione nelle sale e nelle piattaforme on-line), era attesa da molti anni, e si auspica possa dare nuovo impulso all'industria cinematografica italiana, da diversi anni in crisi sia a livello nazionale che internazionale, eccetto poche eccezioni.
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Roma-Bari, 1991. ISBN 88-420-3851-2
* Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Storia del cinema mondiale'', Vol. III, Einaudi, Torino, 2002. ISBN 978-88-06-14528-6
* Gian Piero Brunetta, ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Einaudi, Torino, 2003. ISBN 978-88-06-16485-0
* Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5
* Fiorangelo Pucci, Valerio Angelini (a cura di), ''1896-1914. Materiali per una storia del cinema delle origini'', Studioforma Editore, Torino, 1981.
* [[Lorenzo Quaglietti]], ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.
* Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986
* C. Carabba, ''Il cinema del ventennio nero'', Vallecchi, Firenze, 1974.
* R. Chiti - E. Lancia, ''Dizionario del cinema italiano: I film'', Vol.1: Dal 1930 al 1944, e Vol 2: dal 1945 al 1992 Gremese, Roma, 1993.
* R. Chiti - E. Lancia - A. Orbicciani, R. Poppi, ''Dizionario del cinema italiano'': ''Le attrici'', Gremese, Roma, 1999.
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* {{Cita libro|titolo=Dizionario dei film 2011|autore=[[Paolo Mereghetti]]|editore= B.G Dalai editore|anno= 2011|isbn=978-88-6073-626-0|cid=Paolo Mereghetti}}
* {{Cita libro|titolo=Breve storia del cinema comico in Italia|autore=Enrico Giacovelli|editore= Lindau|anno= 2006|isbn=978-88-7180-595-5|cid=Enrico Giacovelli,Breve storia del cinema comico in Italia}}
* {{Cita libro|titolo=La commedia all'italiana|autore=Enrico Giacovelli|editore= Lindau|anno= 1995|isbn=88-7605-873-7|cid=Enrico Giacovelli,La commedia all'italiana}}
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* [[Giuliano Pavone]], ''Giovannona Coscialunga a Cannes. Storia e riabilitazione della commedia all'italiana anni '70'', Tarab, 1999.
* Roberto Curti, "''Italia odia. Il cinema poliziesco italiano''", Lindau, 2006, ISBN 88-7180-586-0
* Roberto Curti, Tommaso La Selva, ''Sex and violence percorsi nel cinema estremo'', Lindau, 2003.
* Daniele Magni, Cuori matti - Dizionario dei musicarelli anni '60, Bloodbuster Edizioni, 2012, ISBN 978-88-902087-7-5.
* {{Cita libro |autore = |curatore = Steve Della Casa |curatore2 = Marco Giusti |titolo = Il grande libro di Ercole. Il cinema mitologico in Italia |città = <!-- Cantalupo in Sabina (RI)-Roma --> |editore = Edizioni Sabinæ|anno = 2013 |isbn = 978-88-98623-05-1}}
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* Roberto Della Torre, ''Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano'', Educatt, Milano, 2014.
== Voci correlate ==
* [[Film italiani proposti per l'Oscar al miglior film straniero]]
* [[100 film italiani da salvare]]
* [[Attori italiani]]
* [[Altre figure del cinema italiano]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto|preposizione=sul}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [http://www.cinema.beniculturali.it/ Cinema nel sito ufficiale del ministero dei beni culturali];
* [https://web.archive.org/web/20060719165059/http://www.italica.rai.it/cinema/index.htm Italica RAI - Momenti del cinema italiano];
* {{lingue|it|en}} [http://www.filmitalia.org/ Filmitalia];
* [http://www.activitaly.it/immaginicinema/index.htm ActivCinema, Rivista Attiva di Archeologia Cinematografica];
* [http://www.giusepperausa.it/storia_del_cinema_italiano_onl.html Storia del cinema italiano: gli anni quaranta];
* [http://www.cinemaitaliano.info CinemaItaliano.Info - Cinema italiano dal 2000 in poi];
* {{cita web|url= http://www.celluloidportraits.com/lista_films/|titolo= Archivio di circa 3.500 titoli del cinema italiano e estero}}
{{Cinema italiano}}
{{Portale|cinema|Italia}}
[[Categoria:Cinema italiano| ]]
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