Scuola siciliana e Strzyża: differenze tra le pagine

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{{S|Pomerania}}
{{F|Letteratura|agosto 2013|Pur essendo corredata da una sufficiente bibliografia, molte affermazioni meriterebbero una fonte. Qualche nota si può ricavare dalle versioni in altre lingue}}
{{Divisione amministrativa
[[File:Diemer Hofhaltunga.jpg|thumb|upright=1.4|Il ''Cancelliere Aulico'' alla corte del mecenate [[Federico II di Svevia|Federico II]], Re di Sicilia, a [[palazzo della Favara]] con letterati, artisti e studiosi siciliani.]]
|Nome = Strzyża
La '''Scuola Siciliana''' (anche denominata ''Scuola poetica siciliana'') fu una corrente [[filosofia|filosofico]]-[[letteratura|letteraria]] che si sviluppò in [[Sicilia]] dal [[1166]] (ascesa al [[regno di Sicilia|trono di Sicilia]] di [[Guglielmo II di Sicilia|Guglielmo II d'Altavilla]]) al [[1266]] (morte di [[Manfredi di Sicilia|Manfredi di Svevia]]).
|Nome ufficiale =
 
|Panorama =
Ebbe il suo fulgore nella prima metà del [[XIII secolo]], presso la corte di [[Federico II di Svevia]]. L'impianto non fu accademico, nel senso che non si trattò di una Scuola in senso istituzionale, assumendo piuttosto i contorni di un movimento culturale. La [[poesia lirica]] della scuola, in [[volgare siciliano]] aulico, ebbe anche il merito di introdurre il [[sonetto]].
|Didascalia =
 
|Bandiera =
== Storia ==
|Stemma =
La scuola siciliana si formò a causa dell'eresia dei càtari che attaccò la Francia meridionale. Il papa ordinò a Filippo Augusto di scacciare gli albigesi attraverso delle crociate. Filippo Augusto accettò immediatamente perché vedeva tale operazione come un'opportunità di impossessarsi delle terre della Francia meridionale. Molti trovatori si trasferirono nella penisola iberica, altri nell'Italia settentrionale e altri ancora nella parte meridionale italiana, come la [[Sicilia]]. Da qui nacque la Scuola Siciliana. Fin dal [[1166]] alla corte normanna di [[Guglielmo II di Sicilia]] convenivano da ogni parte i [[trovatore|trovatori]] italiani<ref>{{Cita libro |autore = [[Francesco De Sanctis|F. De Sanctis]] |titolo = [[Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]] |pagina = 6}}</ref>.
|Stato = POL
=== Federico II di Svevia ===
|Grado amministrativo = 4
{{vedi anche|Federico II di Svevia}}
|Divisione amm grado 1 = Pomerania
In Sicilia, [[Federico II di Svevia|Federico II]], imperatore del Sacro Romano impero e re di [[regno di Sicilia|Sicilia]], aveva creato uno Stato ordinato e pacifico. La sua corte a Palermo fu operosa tra il 1230 e il 1250, anni in cui si sviluppò la Scuola Siciliana.
|Divisione amm grado 2 = Danzica
I poeti siciliani presero i provenzali come modello e si ispirarono a loro per comporre poesie d'amore. Non si occuparono, invece, di temi legati alla guerra, poiché Federico II garantiva la pace e la serenità all'interno del suo regno.
|Divisione amm grado 3 = Danzica
I poeti di questa corrente poetica narravano la completa sottomissione che si rende alla donna, proprio come un vassallo verso il suo padrone.
|Divisione amm grado 4 =
 
|Capoluogo =
{{Approfondimento
|Amministratore locale = [[Aleksandra Dulkiewicz]]
|larghezza = 220px
|Partito = [[Piattaforma Civica|PO]]
|titolo = Il Minnesang
|Data elezione =
|contenuto = Il ''[[Minnesang]]'' era una lirica cortese in uso dal [[XII secolo|XII]] al [[XIV secolo]] prodotta da poeti e musici di area germanica, detti ''Minnesänger'', che trattavano d'amore (''Minne'' = "pensiero d'amore" / ''singen''= "cantare"). I ''Minnesänger'' appartenevano generalmente all'aristocrazia.
|Data istituzione =
|Latitudine gradi = 54
|Latitudine minuti = 22
|Latitudine secondi =
|Latitudine NS = N
|Longitudine gradi = 18
|Longitudine minuti = 38
|Longitudine secondi =
|Longitudine EW = E
|Altitudine =
|Superficie = 1.09
|Note superficie =
|Abitanti = 5759
|Note abitanti =
|Aggiornamento abitanti = 2011
|Sottodivisioni =
|Divisioni confinanti =
|Lingue =
|Codice postale =
|Prefisso = (+48) 58
|Codice ISO =
|Codice statistico =
|Nome abitanti =
|Immagine localizzazione =
|Mappa = Gdansk strzyza.svg
|Sito =
}}
'''Strzyża''' (in [[Lingua tedesca|tedesco]]: ''Striess, Strūss'') è una [[Frazioni della Polonia|frazione]] di [[Danzica]], situata nella parte centro-occidentale della città.
[[File:Al-Kamil Muhammad al-Malik and Frederick II Holy Roman Emperor.jpg|thumb|L'incontro di Federico II e [[al-Malik al-Kamil|al-Malik al-Kāmil]] durante la [[sesta crociata]]]]
È rimarchevole che [[Federico II di Svevia]] sia riuscito a compiere una [[Sesta crociata|crociata, la sesta]], senza combatterla, grazie a un sistema di ambasciate che scongiurarono lo scontro con il [[sultano]] [[al-Malik al-Kamil]] e che, trasformandosi in un incontro tra filosofi, condusse gli occidentali all'introduzione dello zero (per il tramite del dialogo tra gli esponenti della corte di al-Kamil e [[Leonardo Fibonacci]], matematico pisano della corte di Federico II).
 
Fu un uomo molto colto: parlava infatti, il [[Lingua tedesca|tedesco]], il [[Lingua francese|francese]] (poiché aveva [[Costanza d'Altavilla|madre]] [[Normanni|normanna]] e [[Enrico IV di Franconia|padre]] [[Svevia|svevo]]), conosceva il [[Lingua greca|greco]], il [[Lingua latina|latino]], l'[[Lingua araba|arabo]], il [[Lingua siciliana|volgare siciliano]] che egli stesso volle valorizzare, e l'[[Lingua ebraica|ebraico]]. La sua inestinguibile curiosità intellettuale gli fece guadagnare l'appellativo di "Stupor Mundi", ovvero meraviglia del mondo. Fu molto tollerante verso le altre religioni; fondò una [[Oratoria|scuola retorica]] a [[Capua]], una [[Scuola medica salernitana|medica]] a [[Salerno]] e un'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università]] a [[Napoli]].
 
Federico fu letterato egli stesso, autore di un trattato di falconeria ''[[De arte venandi cum avibus]]'', che è anche un libro simbolico e filosofico, oltre che di alcuni componimenti poetici, ritrovabili nelle raccolte della Scuola siciliana.
 
Federico II, incoronato [[Sacro Romano Imperatore|imperatore]] a [[Roma]] da [[Onorio III]] ([[1220]]), fermò la repressione dei musulmani e li trasferì nella [[Insediamento musulmano di Lucera|colonia musulmana di Lucera]], dove furono lasciati liberi, purché a lui fedeli. Nel [[1231]], promulgò una raccolta di leggi (le [[costituzioni di Melfi]]), con cui diede ordine al regno e controllò i poteri amministrativi, legislativi e giudiziari. Ne risultò una nuova forma di [[Stato]], [[laico]], accentrato, burocratico che anticipò la struttura dei futuri Stati europei.
Sulla mentalità di Federico II, un altro rilievo che può dare un'indicazione importante sul suo temperamento e la sua lungimiranza è il progetto di riforma delle proprietà terriere, che fu realizzato dal capuano [[Pier della Vigna]].
 
=== L'esperienza politica, filosofica e letteraria ===
La Scuola Siciliana si sviluppò in particolare tra il [[1230]] ed il [[1250]] presso la [[corte itinerante]] di Federico II di Svevia, [[Sacro Romano Imperatore]] e [[Re di Sicilia]]. Egli stabilì la sua corte in Sicilia, luogo di incontro e fusione di molte culture per la sua centralità nel [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]], dove creò una scuola di poeti ed intellettuali che ruotavano intorno alla sua figura, ed erano parte integrante della sua corte. I poeti Siciliani contribuirono in modo significativo al patrimonio letterario italiano. Federico II, uomo di grande cultura anche linguistica, intendeva avvalersi di ogni possibile mezzo per stabilire la sua supremazia sull'Italia, e in Europa. A questo fine attuò una politica strumentale, anche nel campo culturale. Con la Scuola Siciliana egli volle creare una nuova poesia che fosse [[Laicismo|laica]], e si potesse così contrapporre al predominio culturale che la Chiesa aveva nel periodo, non municipale, da opporsi alla produzione poetica comunale (l'imperatore era in lotta con i [[comune|comuni]]) e aristocratica, che ruotasse, cioè, intorno alla sua figura.
 
I poeti di questa corrente letteraria appartenevano all'alta borghesia, ed erano tutti funzionari di corte, o burocrati, che lavoravano presso la corte di Federico. Importante rilevare che tutti erano impegnati in attività e funzioni di organizzazione, di cancelleria, di amministrazione. La produzione poetica era riservata alla libertà dello spirito e non costituiva un lavoro o una funzione. In questo senso, la Scuola Siciliana fu un tentativo di realizzare una cultura universale e spirituale, nel rispetto delle religioni manifestate ma senza condizionamenti né, tanto meno, subordinazione. Non a caso uno dei castelli più importanti della casa di Svevia è il nome da cui deriva l'[[etimologia]] del termine "[[Ghibellini|ghibellino]]".
=== Manfredi di Svevia ===
{{Vedi anche|Manfredi di Sicilia}}
 
Pur non potendosi paragonare al padre Federico nel mecenatismo delle arti, il figlio [[Manfredi di Sicilia|Manfredi]] ha lasciato segni e documenti della sua liberale predisposizione nei confronti delle arti e della cultura. Della sua corte fece parte anche [[Percivalle Doria]].
 
La "Bibbia latina 36" custodita nella [[Biblioteca apostolica vaticana]], conosciuta come [[Bibbia di Manfredi]], è un codice miniato duecentesco<ref>{{Cita libro |url = http://www.academia.edu/4166945/Alcune_novità_sulla_Bibbia_di_Manfredi_della_Biblioteca_Apostolica_Vaticana_Ms._Vat._Lat._36_in_Arte_Medievale_n.s._07_02_VI_2007_2_pp._133-140 |autore = Alessandra Rullo |titolo = Alcune novità sulla Bibbia di Manfredi}}</ref>, scritto dall'amanuense ''Johensis'': questa preziosa Bibbia - che presenta notevoli influssi dell'arte gotica francese e inglese - fu realizzata a Napoli per lo stesso Manfredi tra il [[1250]] e il [[1258]], come attesta la dedica al ''principe''<ref>''«Princeps Mainfride regali stirpe create / accipe quod scripsit Iohensis scriptor et ipsum / digneris solita letificare manu»''.</ref>: essa fu di prototipo per altri codici, che si pensa siano usciti da una bottega miniatoria di Napoli attiva per la corte e per l'ambiente universitario. Manfredi inoltre rielaborò l'opera di Federico ''De arte venandi cum avibus'', aggiungendo integrazioni personali<ref>{{Treccani|re-di-sicilia-manfredi_(Dizionario-Biografico)|Manfredi, re di Sicilia}}</ref>.
 
Anche un altro figlio di Federico, [[Enzo di Svevia]], si dilettò a scrivere poesie secondo i canoni della scuola poetica siciliana. Di lui i codici ci hanno conservato però solo due canzoni e un sonetto.<ref>{{Treccani|enzo-di-svevia-re-di-sardegna_(Dizionario_Biografico)|Enzo di Svevia e di Sardegna}}</ref>
 
== I poeti ==
I componimenti dei poeti della scuola siciliana ci sono arrivati prevalentemente attraverso il [[manoscritto]] [[Canzoniere Vaticano latino 3793|Vaticano Latino 3793]], che è stato compilato da un copista toscano. Sebbene non ci sia motivo di ritenere che vi siano stati scarti notevoli, è da rilevare però che il copista ha adattato dal [[lingua siciliana|volgare siciliano]] al volgare toscano: così non si dispone di una perfetta testimonianza della vera lingua utilizzata dai poeti della corte di Federico II. Degli originali, si è salvato soltanto un componimento intero, ''Pir meu cori alligrari'' di [[Stefano Protonotaro]], e tre spezzoni: le ultime due stanze (versi 43-70) della canzone di [[Enzo di Sardegna|Re Enzo]] ''S'iu truvassi Pietati'', la stanza iniziale (versi 1-12) della canzone ''Gioiosamente canto'' di [[Guido delle Colonne]] e un frammento di ''Allegru cori plenu'' di [[Enzo di Sardegna|Re Enzo]]; tutto ciò grazie ad una trascrizione dell'erudito emiliano [[Giovanni Maria Barbieri]], che nel Cinquecento disse di aver trascritto questi versi da un manoscritto di cose siciliane, oggi perduto.
 
Gli esponenti della scuola siciliana furono: [[Jacopo da Lentini|Giacomo da Lentini]], considerato anche il ''caposcuola'' e largamente noto perché a lui è attribuita l'invenzione della forma metrica del sonetto, [[Cielo d'Alcamo]], [[Pier della Vigna]], [[Ruggieri d'Amici]], [[Odo delle Colonne]], [[Rinaldo d'Aquino]], [[Arrigo Testa]], [[Guido delle Colonne]], [[Stefano Protonotaro]], [[Filippo da Messina]], [[Mazzeo di Ricco]], [[Jacopo Mostacci]], Jacopo da Lentini, [[Percivalle Doria]], [[Enzo di Sardegna|Re Enzo]], lo stesso [[Federico II di Svevia|Federico II]], [[Giacomino Pugliese]], [[Ruggierone da Palermo]].
A questi vanno aggiunti [[Tommaso di Sasso]], [[Giovanni di Brienne]], [[Compagnetto da Prato]], [[Paganino da Serzana]], [[Folco di Calavra]] e [[Pietro da Eboli]], autore del "''De balneis Puteolanis''". Tra i componimenti giunti a noi da rilevare ''[[Fenhedor|Meravigliosamente]]'' di [[Jacopo da Lentini|Giacomo da Lentini]] e il [[contrasto]] ''[[Rosa fresca aulentissima]]'' di [[Cielo d'Alcamo]].
 
=== Importanza letteraria della scuola ===
 
Diversi componimenti si distaccano già dalla [[Poesia trobadorica|poesia provenzale]] nella forma e nello [[stile]], presentando già anticipazioni di esiti [[stilnovo|stilnovistici]] (Segre: [[1999]]). La terminologia cavalleresca francese è tuttavia rivisitata e non copiata pedissequamente, attraverso il conio di nuovi termini italiani mediante anche nuovi sistemi di [[suffisso|suffissazione]] in -''za'' (<fr.-''ce'') e -''ire'' (< -''ieri''), novità linguistica notevole per quest'epoca, sino a rappresentare il primo esempio di produzione italiana basata sul volgare. Un'ulteriore differenza tra poesia siciliana e provenzale avvenne con la separazione dei versi dall'accompagnamento musicale.
 
L'esperienza poetica siciliana fu certamente consapevole di un testo come il [[De amore]], ma si astrae sia dal "fino" [[amore cortese]] che dalla prospettiva cristiana, giungendo a interrogarsi sulla natura stessa dell'amore, come testimoniato dalla [[tenzone]] del [[1241]] di [[Jacopo Mostacci]] (''[https://it.wikisource.org/wiki/Poesie_(Giacomo_da_Lentini)/Sonetti/Solicitando_un_poco_meo_savere Solicitando un poco meo savere]''), replicata da Pier della Vigna (''[https://it.wikisource.org/wiki/Poesie_(Giacomo_da_Lentini)/Sonetti/Però_c%27Amore_non_si_pò_vedere Però c'Amore non si pò vedere]'') e da Giacomo da Lentini (''[https://it.wikisource.org/wiki/Poesie_(Giacomo_da_Lentini)/Sonetti/Amore_è_uno_desio Amore è uno desio]''); e dall'ulteriore tenzone tra quest'ultimo e l'[[Abate di Tivoli]]. La questione della poesia siciliana investe quindi non solo l'ambito letterario e linguistico ma anche quello filosofico, estendendosi sino ai giorni nostri.
 
Grande importanza ricopre pure il recente ritrovamento di almeno quattro poesie da parte del ricercatore [[Giuseppe Mascherpa]] nella biblioteca "Angelo Mai" di [[Bergamo]], quali: ''[[Oi lasso! non pensai]]'' di Ruggierone da Palermo, ''[[Contra lo meo volere]]'' di Paganino da Serzana, ''[[Donna, eo languisco e no so qua speranza]]'' di Giacomo da Lentini, e ''[[Amore m’ave priso]]'' di Percivalle Doria. I testi, riportati da notai sul verso di alcune sentenze contro esponenti di famiglie [[guelfi|guelfe]] che avevano violato delle norme sui tornei, vennero aggiunti agli atti al fine di riempire gli spazi vuoti e impedirne, così, modifiche illecite<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2013/giugno/13/Scuola_siciliana_Lombardia_co_0_20130613_84a25296-d3ec-11e2-8ada-521e7e602088.shtml|titolo=La scuola siciliana in Lombardia - Il nuovo amore cortese che cantavano i notai|sito=Corriere della Sera|data=13 giugno 2013|accesso=29 luglio 2018}}</ref>.
 
Le quattro poesie in questione presentano maggiore affinità all'originale volgare siciliano, evidenziando una trascrizione precedente alla compilazione dei canzonieri vaticani (presumibilmente tra il [[1270]] e il [[1290]]). Pertanto, a differenza di quanto lungamente ritenuto, la diffusione delle liriche siciliane non si limitò a dotti copisti, e riguardò altresì prima la [[Lombardia]] che la [[Toscana]]. Ciò confermerebbe, seppur indirettamente, l'esistenza del manoscritto citato dal Barbieri, se non addirittura di un vero e proprio canzoniere, e di uno strato culturale unitaristico in grado di recepirle.
 
La scoperta rafforza l'ipotesi che la [[lingua italiana]] abbia tratto impulso fondamentale dai poeti della scuola siciliana, che col carattere laico delle proprie tematiche e i tratti innovativi del loro linguaggio rappresentarono una rivolta artistica contrapposta al primato religioso, in particolare della [[lingua latina ecclesiastica]], e alla conseguente reazione restauratrice della Chiesa<ref>{{Cita libro |autore = Noemi Ghetti |titolo = L'ombra di Cavalcanti e Dante |editore = L'asino d'oro |città = Firenze |anno = 2011 |isbn = 978-88-6443-054-6}}</ref>, di cui un'emblematico esempio è la collocazione dantesco-[[Tomismo|tomistica]] di Federico II e Pier della Vigna nel [[Inferno - Canto decimo|decimo]] e [[Inferno - Canto tredicesimo|tredicesimo canto dell'Inferno]] nella [[Divina Commedia]].
 
== La lingua ==
La lingua in cui i documenti della Scuola Siciliana sono espressi è il Siciliano Illustre, una lingua nobilitata dal continuo raffronto con le lingue auliche del tempo: il latino ed il provenzale (lingua ''[[lingua d'oc|d'oc]]'', diversa dalla lingua utilizzata nel nord della Francia che si chiama invece ''[[lingua d'oïl]]'').
 
I poeti della Scuola sono riconducibili al numero di venticinque, i cui componimenti trovarono realizzazione nel ventennio compreso tra il [[1230]] ed il [[1250]], con un chiaro influsso sulla produzione culturale delle città ghibelline dell'Italia centrale (come per esempio [[Bologna]], città dove visse [[Guido Guinizzelli]], padre del [[Dolce stil novo]], influenzato dalla scuola Siciliana).
 
La Scuola Siciliana fu travolta dal sistema di congiure e di complotti che fu ordita contro il sistema di governo di Federico II, eccessivamente illuminato per il suo tempo e forse, soprattutto, per la paura che lo Stato Pontificio aveva della possibilità che Federico II riunificasse la corona di Sicilia con quella di [[Germania]], circostanza che avrebbe costretto il papato nella morsa del regno di [[Hohenstaufen]]. Della congiura di cui fu accusato Pier delle Vigne nei confronti di Federico II dà monumentale testimonianza [[Dante Alighieri]] (D.C., [[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]] XIII), peraltro asserendo l'estraneità di Pier delle Vigne alle accuse. Dopo la morte di Federico, la Scuola ebbe un rapido tramonto.
 
=== Importanza linguistica della scuola ===
Alcuni tratti linguistici del siciliano "illustre" (perché arricchito da francesismi, provenzalismi e latinismi)<ref>{{Cita web|url=https://is.muni.cz/th/64337/ff_m/Federico_II.pdf}}</ref> vennero adottati anche dagli scrittori toscani delle generazioni successive e si sono mantenuti per secoli o fino ad ora nella lingua poetica (e non) italiana: dalle forme monottongate come ''core'' e ''loco'' ai condizionali in ''-ia'' (es. ''saria'' per ''sarebbe'') ai suffissi in uso in Sicilia derivati dal provenzale come ''-anza'' (es. ''alligranza'' per ''allegria'', ''membranza, usanza, adunanza'') o ''-ura'' (es. ''freddura'', ''chiarura'', ''verdura'') ed altri ancora <ref>{{Cita web|url=https://www.docsity.com/it/storia-dell-italiano-letterario-v-coletti-1/2250297/}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/scuola-poetica-siciliana-metrica_%28Federiciana%29/}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.istitutoprimolevi.gov.it/sites/default/files/page/2015/1-_la_letteratura_italiana_prima_di_dante_0.pdf|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171228171817/http://www.istitutoprimolevi.gov.it/sites/default/files/page/2015/1-_la_letteratura_italiana_prima_di_dante_0.pdf|dataarchivio=28 dicembre 2017}}</ref> o vocaboli come il verbo ''sembrare'' per ''parere'' che per [[Dante]] era ''parola dotta'' (di origine provenzale, giunta anch' essa all'italiano attraverso la lirica siciliana)<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/parere_%28Enciclopedia-Dantesca%29/}}</ref>. La Scuola siciliana insegna una grande produttività dell’uso dei già menzionati suffissi e dei prefissi (questi ultimi per lo più ''derivanti dal latino'') come ''dis-: disfidarsi'', ''s-:spiacere'', ''mis-:'' ''miscredere'', ''misfare'' e tanti altri ancora. Erano già presenti abbreviazioni come ''dir (dire)'' o ''amor (amore)'' e altri latinismi; ad esempio la parola ''amuri (siciliano)'' si alternava con ''amore (latinismo)''.<ref>{{Cita web|url=https://is.muni.cz/th/64337/ff_m/Federico_II.pdf}}</ref>
Il contributo della scuola siciliana fu notevole:
 
{{citazione|''...Qualunque cosa gli italiani scrivano, viene chiamato siciliano...(tradotto)''|[[Dante Alighieri]], ''[[De vulgari eloquentia]]'' I, XII, 2}}
 
La poesia lirica dei "Siciliani" (come li chiamava Dante) contiene in sé un linguaggio sovrarregionale, qualitativamente e quantitativamente ricco, data anche la sua capacità di coniare parole nuove per [[neologismo]] e [[sincretismo]], assimilando rapporti dialettali italiani e francesi (è dimostrata la stretta relazione tra i siciliani e la Marca [[Treviso|Trevigiana]], con cui Federico aveva stretti contatti) alle lingue d'oltralpe. Tale ricchezza fu dovuta anche alle caratteristiche intrinseche alla "Magna Curia", che spostandosi al seguito dell'irrequieto imperatore nel corso delle sue campagne politico-militare, non poteva per forza di cose prendere a modello della nuova lingua un singolo dialetto locale. Limitandoci solo al discorso sui dialetti, vi sono già differenze (non troppo marcate) tra la parlata [[Catania|catanese]] e [[Palermo|palermitana]], e a queste dobbiamo aggiungere alcune influenze continentali, ma non esclusive, alla zona della [[Puglia]].
 
Grazie all'arrivo presso la corte siciliana di Federico II dei poeti [[Trovatore|trobadour]] provenzali, che esiliati, trovarono rifugio presso la corte del re di Svevia, i poeti siciliani iniziarono a leggere ed a frequentare questi poeti e si accinsero a scrivere nella stessa maniera. Ecco La novità di questa scuola, che grazie anche al suo modello provenzale, fu peraltro un passo per avvalorare il volgare. La nuova poesia diede l'opportunità al volgare, che fino ad allora era usato solo in qualche canto plebeo o giullaresco (come nel caso del contrasto ''[[Rosa fresca aulentissima]]'' di [[Cielo d'Alcamo]]), di diventare pregevole e di essere degna della poesia (come discuterà poi [[Dante]] nel '[[De Vulgari Eloquentia]]'). La scuola siciliana ha anche il credito di aver introdotto un sistema metrico nuovo e rivoluzionario, il [[sonetto]], che finirà per essere il sistema [[canonico]] per eccellenza per fare poesia ([[Petrarca]] infatti userà questo sistema, mettendo in rilievo la praticità e musicalità che questa forma poetica dimostra).
 
== La tradizione posteriore ==
Alla morte di [[Manfredi di Sicilia]] nel [[1266]], la scuola siciliana si scioglie. Grazie alla fama che aveva già ricevuto in tutta Italia e all'interesse dei poeti toscani, tale tradizione venne per così dire ripresa, ma con risultati minori, da [[Guittone d'Arezzo]] e i suoi discepoli, con cui fondò la cosiddetta [[scuola neo-siciliana]].
 
[[File:Konradin.jpg|thumb|[[Corradino di Svevia]], quattordicenne, dedito alla [[falconeria]], miniatura dal [[Codex Manesse]]]]
 
A quel punto, però, i poeti toscani lavoravano già su manoscritti toscani e non più su quelli siciliani: furono infatti i copisti locali a consegnare alla tradizione il corpus della Scuola Siciliana, ma per rendere i testi più "leggibili" essi apportarono modifiche destinate a pesare sulla tradizione successiva e quindi sul modo in cui venne percepita la tradizione "isolana".
 
Non solo vennero toscanizzate certe parole più aderenti al latino nel testo originale (cfr. ''gloria'' > ''ghiora'' in Jacopo da Lentini), ma per esigenze [[fonetica|fonetiche]] il vocalismo siciliano fu adattato a quello del volgare toscano. Mentre il [[lingua siciliana|siciliano]] ha cinque [[vocale|vocali]] (discendenti dal latino nordafricano: i, è, a, o, u), il toscano ne ha sette (i, é, è, a, ò, ó, u). Il copista trascrisse la u > o e la i > e, quando la corrispondente parola toscana comportava tale variazione. Alla lettura, quindi le rime risultarono imperfette (o chiusa rimava con u, e chiusa con i, mentre anche quando la traduzione permetteva la presenza delle stesse vocali, poteva accadere che una diventava aperta, l'altra chiusa). Mentre questo errore fu considerato una licenza poetica da [[Guittone d'Arezzo|Guittone]] e poi dagli [[Dolce stil novo|Stilnovisti]], alla lunga contribuì probabilmente a svalutare i pregi metrico-stilistici della scuola, soprattutto nell'insegnamento scolastico. Pochi, infatti, sono i manoscritti siciliani originali rimastici: quelli di cui disponiamo sono solo copie toscane.
 
È ormai quasi certa per tutti gli studiosi l'ascrizione della paternità del [[sonetto]] vero e proprio a [[Giacomo da Lentini]], nella forma [[metrica]] ABAB - ABAB / CDC DCD. Il sonetto avrà nei secoli una fortuna costante, mantenendo inalterata la forma classicamente composta da due [[Quartina (metrica)|quartine]] e due terzine di [[Endecasillabo|endecasillabi]] (variando invece a livello di schema rimico).
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* ''De arte venandi cum avibus'', Federico II di Svevia, Testo latino a fronte, pagg. 1295, [[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]], [[Bari]], 2007. ISBN 88-420-5976-5.
* ''Federico II'', David Abulafia, [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]], [[Torino]], 2006. ISBN 88-06-18186-6.
* ''Federico II di Svevia'', Horst Eberhard, pagg. 432, Collana: supersaggi, [[Rizzoli Editore|Rizzoli]], 1994. ISBN 88-17-11621-1.
* ''La scuola poetica siciliana del secolo XIII'' (rist. anast., Vigo Livorno, 1882), Adolfo Gaspary, pagg. 326, Forni, 1980. ISBN 88-271-2153-6.
* ''Le rime della scuola siciliana''. Vol. 1: Introduzione, testo critico e note, Bruno Panvini, pagg. 676, Casa Editrice Leo S. Olschki, [[Firenze]], 1962. ISBN 88-222-1930-9.
* ''Le rime della scuola siciliana''. Vol. 2: Glossario, Bruno Panvini, pagg. 180e, Casa Editrice Leo S. Olschki, Firenze, 1964. ISBN 88-222-1931-7.
* ''La cultura alla corte di Federico II imperatore'', [[Antonino De Stefano (storico)|Antonino De Stefano]], Palermo, 1938.
* ''Federico II e la Sicilia'', a cura di [[Carlo Ruta]], Promolibri, Palermo, 2003.
* ''Poeti alla corte di Federico II. La scuola siciliana'', a cura di [[Carlo Ruta]], Di Renzo Editore, 2003.
* ''I poeti della Scuola siciliana. Vol. 1: Giacomo da Lentini'', a cura di Roberto Antonelli, pagg. 864, collana: I Meridiani, [[Arnoldo Mondadori Editore]], [[Milano]], 2008.
* ''I poeti della Scuola siciliana. Vol. 2: Poeti della corte di Federico II'', a cura di Costanzo Di Girolamo, p.&nbsp;1328, collana: I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008.
* ''I poeti della Scuola siciliana. Vol. 3: Poeti siculo-toscani'', a cura di Rosario Coluccia, p.&nbsp;1448, collana: I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008.
* ''Racconto della letteratura siciliana'', Nunzio Zago, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 2000. ISBN 978-88-7751-155-3
* {{Cita libro |autore = [[Francesco De Sanctis]] |titolo = [[Storia della letteratura italiana (De Sanctis)|Storia della letteratura italiana]] |volume = 1 |editore = Morano |anno = 1870}}
*Federico II ''La Scuola Poetica Siciliana e il Monferrato'', Concetto Fusillo, 2012 [http://www.fusilloconcetto.it/public/cataloghi/Federico-II_interno_120dpi.pdf&#x5D;&#x5D;]
 
== Voci correlate ==
* [[Magna Curia]]
*[[Storia della Sicilia normanna]]
*[[Storia della Sicilia sveva]]
* [[Letteratura siciliana]]
* [[Questioni siciliane]]
* [[Poesia trobadorica]]
* [[Trovatore]]
* [[Scuola toscana]]
* [[Minnesang]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Strzyża (Gdańsk)}}
{{wikilibro|Scuola siciliana}}
{{Interprogetto|v=La Scuola siciliana}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita libro |autore = Corrado Calenda |url = http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Federiciana/VOL02/FEDERICIANA_VOL02_000506.xml |voce = Scuola poetica siciliana |titolo = [[Enciclopedia Federiciana]] |volume = Vol. II |editore = [[Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani]]}}
* {{Cita libro |autore = Lino Leonardi |url = http://www.treccani.it/enciclopedia/scuola-poetica-siciliana-fortuna-e-tradizione_(Federiciana)/ |voce = Scuola poetica siciliana, fortuna e tradizione |titolo = [[Enciclopedia Federiciana]] |volume = Vol. II |editore = [[Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani]]}}
* {{cita web|http://www.litterator.it/Letteratura-italiana/Le-origini/La-scuola-siciliana.html|La scuola siciliana in sintesi}}
* {{cita web|http://unuomolibero.wordpress.com/2008/09/06/federico-secondo-e-la-scuola-poetica-siciliana/|Federico secondo e la scuola poetica siciliana}}
 
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