Vittorio Emanuele II di Savoia e Cline (disambigua): differenze tra le pagine

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{{Disambigua}}
{{Monarca
| nome=Vittorio Emanuele II
| immagine=VictorEmmanuel2.jpg
| titolo= [[Re d'Italia#Il Regno d'Italia post-risorgimentale (1861-1946)|Re d'Italia]]
| stemma=Royal Monogram of King Victor Emmanuel II of Italy.svg
| inizio regno=17 marzo [[1861]]
| fine regno=9 gennaio [[1878]]
| incoronazione=
| predecessore=''Titolo creato''
| successore=[[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
| titolo1= [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Re di Sardegna]]
| inizio regno1=24 marzo [[1849]]
| fine regno1=17 marzo [[1861]]
| predecessore1=[[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]]
| successore1= ''Titolo estinto''
| nome completo=Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso
| luogo di nascita=[[Torino]]
| data di nascita=14 marzo [[1820]]
| luogo di morte=[[Roma]]
| data di morte=9 gennaio [[1878]]
| luogo di sepoltura=[[Pantheon (Roma)]]
| casa reale=[[Casa Savoia|Savoia]]
| padre=[[Carlo Alberto di Savoia]]
| madre=[[Maria Teresa d'Asburgo-Toscana|Maria Teresa di Toscana]]
| consorte=[[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]]<br />[[Rosa Vercellana]]
| figli=[[Maria Clotilde di Savoia|Maria Clotilde]]<br />[[Umberto I di Savoia|Umberto]]<br />[[Amedeo I di Spagna|Amedeo]]<br />[[Oddone Eugenio Maria di Savoia|Oddone Eugenio Maria]]<br />[[Maria Pia di Savoia|Maria Pia]]<br />Carlo Alberto<br />Vittorio Emanuele<br />Vittoria<br />[[Emanuele Alberto Guerrieri di Mirafiori|Emanuele Alberto]]
|religione = [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]]
|firma=VittorioEmanueleII.signature.jpg
}}
{{Bio
|Nome = Vittorio Emanuele II
|Cognome = di Savoia
|ForzaOrdinamento = Vittorio Emanuele 02 di Savoia
|PreData = ''Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia''
|Sesso = M
|LuogoNascita = Torino
|GiornoMeseNascita = 14 marzo
|AnnoNascita = 1820
|LuogoMorte = Roma
|GiornoMeseMorte = 9 gennaio
|AnnoMorte = 1878
|Attività = sovrano
|Nazionalità = italiano
|Categorie = no
|FineIncipit = è stato l'ultimo [[Regno di Sardegna (1720-1861)|re di Sardegna]] (dal [[1849]] al [[1861]]) e il primo [[Regno d'Italia (1861-1946)|re d'Italia]] (dal [[1861]] al [[1878]])
}}
Dal 1849 al 1861 fu inoltre [[Duca di Savoia]], [[Principe di Piemonte]] e [[Savoia-Genova|Duca di Genova]]. Per non aver abrogato lo [[Statuto Albertino]] gli venne dato l'appellativo di ''Re galantuomo'' o ''Re gentiluomo o Re tiranno''<ref>[http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Sorgenti-esterne/VideoEmail/visualizza_asset.html_705099300.html Ministero per i Beni e le Attività culturali] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130921060521/http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Sorgenti-esterne/VideoEmail/visualizza_asset.html_705099300.html |data=21 settembre 2013 }}</ref>, appellativo con cui è ricordato tutt'oggi. Coadiuvato dal presidente del Consiglio [[Camillo Benso, conte di Cavour]], portò a compimento il [[Risorgimento|Risorgimento nazionale]] e il [[Proclamazione del Regno d'Italia|processo di unificazione italiana]]. Per questi avvenimenti viene indicato come "[[Pater Patriae|Padre della Patria]]". A lui è dedicato il monumento nazionale eponimo del [[Vittoriano]], in [[piazza Venezia]] a [[Roma]].
 
== BiografiaAstronomia ==
* '''[[22167 Lane-Cline]]''' – asteroide della fascia principale
=== Infanzia e giovinezza ===
[[File:Palazzo Carignano - Torino - Piemonte - Italia - Dino Olivieri.jpg|left|thumb|[[Palazzo Carignano]], progettato da [[Guarino Guarini]]: una targa sulla sommità della facciata ricorda che vi nacque Vittorio Emanuele II.]]
[[File:Cavalleri Painting of Queen of Piedmont with sons 1832.jpg|thumb|Vittorio Emanuele da bambino con la madre [[Maria Teresa di Toscana]] e il fratello Ferdinando.]]
 
== Persone ==
Vittorio Emanuele era il primogenito di [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], re di Sardegna, e di [[Maria Teresa d'Asburgo-Lorena|Maria Teresa di Toscana]]. Nacque a Torino nel [[Palazzo Carignano|palazzo della famiglia paterna]] e trascorse i primi anni di vita a [[Firenze]]. Il padre era uno dei pochi membri maschi di [[Casa Savoia]], seppur del ramo cadetto.<ref>Il ramo cadetto dei Savoia, i Savoia-Carignano, nacque nel [[1620]]; il suo primo rappresentante fu [[Tommaso Francesco di Savoia]], figlio di [[Carlo Emanuele I di Savoia]]</ref> Dopo la morte del re di Sardegna e di suo fratello, Carlo Alberto sarebbe divenuto il legittimo re. Tuttavia, in seguito ai [[Moti del 1820-1821|moti del 1821]], che portarono all'abdicazione di [[Vittorio Emanuele I di Savoia|Vittorio Emanuele I]], Carlo Alberto fu costretto a trasferirsi con la sua famiglia a [[Novara]], dato il suo coinvolgimento nei disordini.
* '''[[Ben Cline]]''' (1972) – politico statunitense
 
* '''[[Edward F. Cline]]''' (1891–1961) – regista, sceneggiatore e attore statunitense
Il nuovo re [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]], che non amò mai Carlo Alberto, gli fece però ben presto pervenire un ordine di trasferimento in Toscana, completamente fuori dal Regno. Avvenne così la partenza per [[Firenze]], capitale del granducato retto dal nonno materno di Vittorio, [[Ferdinando III di Toscana|Ferdinando III]]. Nel capoluogo toscano venne affidato al precettore [[Giuseppe Dabormida]], che educò i figli di Carlo Alberto a una disciplina militaresca.<br/>
* '''[[Ernest Cline]]''' (1972) – scrittore e sceneggiatore statunitense
Essendo fisicamente ben diverso dal padre,<ref>"Alto della persona, diritto e snello, biondi i capelli, spaziosa la fronte, mitemente espressivi gli occhi cerulei, il volto pallido dall'ovale alquanto allungato..." da Vittorio Cian, ''La candidatura di Ferdinando di Savoia al trono di Sicilia'', Armani & Stein, Roma, 1915. I tratti somatici di Carlo Alberto, replicati nel secondogenito [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando]], differivano alquanto da quelli di Vittorio Emanuele, basso, tracagnotto e sanguigno.</ref> circolò la voce di una sostituzione del vero primogenito, che sarebbe morto, ancora in fasce, in un incendio nella residenza del nonno a Firenze, con un bimbo d'origine popolana<ref>«Il figlioletto di Carlo Alberto mori in un incendio» in Otello Pagliai, ''Un fiorentino sul trono dei Savoia'', Editore Arnaud, Firenze, 1987</ref> il cui padre veniva indicato nell'[[XIX secolo|Ottocento]] con il macellaio toscano Tanaca, che aveva denunciato in quegli stessi giorni la scomparsa di un figlio e che in seguito sarebbe divenuto improvvisamente ricco,<ref>«E le voci del popolo si faranno più insistenti quando sarà un aristocratico torinese ad avallarle, Massimo d'Azeglio, il quale dirà che Vittorio era «figlio di un macellaio di Porta Romana a Firenze». E ne specificherà persino il nome...» (in Paolo Pinto, ''Vittorio Emanuele II'', ed. A. Mondadori, 1995)</ref> o con un macellaio di Porta Romana, tale Mazzucca.<ref>Franco Barbini, Margherita Giai, ''op. cit.'', p. 74</ref> Tale ricostruzione, nei confronti della quale la maggior parte degli storici esprime quantomeno dubbi<ref>Paolo Pinto, ''op. cit.'': «E a più d'uno apparve metaforicamente "figlio di macellaio", anche se con ogni probabilità non lo era...» p. 38</ref> confinandola nell'ambito del pettegolezzo<ref>Nicoletta Sipos, ''L'antica arte dello scandalo: storia, aneddoti, tecniche, teorie su una realtà con un grande passato e un radioso futuro'', Simonelli Editore, 2003 p. 32</ref> (e negata per oltre un secolo) è stata ripresa da alcuni storici moderni, che contestano il verbale dell'incendio redatto del caporale Galluzzo ritenendo poco credibile che l'incendio abbia ucciso la nutrice, presente nella stanza, ma lasciato illeso l'infante.<ref>Franco Barbini, Margherita Giai, ''I Savoia: mille anni di dinastia: storia, biografia e costume'', Giunti Editore, 2002, p. 74</ref>
* '''[[Nels Cline]]''' (1956) – musicista statunitense
 
* '''[[Patsy Cline]]''' (1932-1963) – cantante e compositrice statunitense
Questa "leggenda" sull'origine popolana del "Re Galantuomo" verrebbe smentita da due elementi: il primo è che la giovane età dei genitori avrebbe comunque permesso di generare un secondo erede al trono, come infatti avvenne con la nascita di [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando]], futuro [[Savoia-Genova|duca di Genova]], rendendo pertanto inutile il ricorso a un simile stratagemma estremamente rischioso per l'immagine della dinastia; il secondo elemento è dato da una lettera che Maria Teresa inviò al proprio padre il Granduca nella quale, parlando del piccolo Vittorio e della sua vivacità, diceva: "Io non so veramente di dove sia uscito codesto ragazzo. Non assomiglia a nessuno di noi, e si direbbe venuto per farci disperare tutti quanti": se il bambino non fosse stato figlio suo, si sarebbe ben guardata dallo scrivere una cosa simile<ref>{{Cita libro|autore = Indro Montanelli|titolo = L'Italia del Risorgimento|anno = 1972|editore = Rizzoli Editore, Milano|città = }}</ref>.
* '''[[T.J. Cline]]''' (1994) – cestista statunitense con cittadinanza israeliana
[[File:Adelaide of Austria, wife of Victor Emmanuel II.jpg|thumb|left|[[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]] ([[1822]]–[[1855]]) regina di Sardegna e moglie di Vittorio Emanuele II.]]
Quando, nel [[1831]], Carlo Alberto fu chiamato a Torino a succedere a [[Carlo Felice di Savoia]], Vittorio Emanuele lo seguì nella capitale, dove fu affidato al conte [[Cesare di Saluzzo]], affiancato da uno stuolo di precettori, tra cui il generale [[Ettore De Sonnaz]], il teologo [[Andrea Charvaz]], lo storico [[Lorenzo Isnardi]] e il giurista [[Giuseppe Manno]]. La disciplina pedagogica destinata ai rampolli di Casa Savoia era sempre stata quantomeno spartana: pare che le uniche tenerezze le avesse ricevute dalla madre, in quanto il padre non ne era capace con nessuno e casomai gli preferiva il fratellino Ferdinando. I precettori, rigidi formalisti scelti in base all'attaccamento al trono e all'altare, gli imponevano orari da caserma sia d'estate sia d'inverno, con una giornata tipica così strutturata: sveglia alle 5:30, tre ore di studio, un'ora di equitazione, un'ora per la colazione, poi scherma e ginnastica, poi altre tre ore di studio, mezz'ora per il pranzo e la visita di etichetta alla madre, mezz'ora di preghiere per concludere la giornata.
 
Gli sforzi dei dotti precettori ebbero, però, scarso effetto sulla refrattarietà agli studi di Vittorio Emanuele che di gran lunga preferiva dedicarsi ai cavalli, alla caccia e alla sciabola, oltre che all'[[escursionismo]] in montagna (il 27 luglio 1838 Vittorio Emanuele salì in vetta al [[Rocciamelone]]<ref>''Rivista delle Alpi degli Appennini e vulcani'', C.T. Cimino, 1866</ref>), rifuggendo la grammatica, la matematica, la storia e qualunque altra materia che richiedesse lo studio o anche la semplice lettura. I risultati erano così scarsi che un giorno — non aveva che dieci anni — il padre lo convocò davanti a un notaio facendogli prendere solenne impegno, con tanto di carta bollata, di praticare maggiormente lo studio. Non gli fece mai una carezza. Solo due volte al giorno gli dava la mano da baciare dicendo: ''C'est bon''. E per saggiarne la maturità, gli ingiungeva di rispondere per iscritto a quesiti di questo tipo: "Può un Principe prendere parti a contratti di compra-vendita di cavalli?".
 
Vittorio promise e non mantenne. Difatti i risultati non migliorarono che di poco, e lo si vede dalle lettere autografe che scrisse nel corso della sua vita e che rappresentano un vero e proprio insulto alla sintassi e alla grammatica; le uniche materie nelle quali aveva un certo profitto erano la calligrafia e il regolamento militare. Viceversa, era talmente privo di orecchio e allergico a ogni senso musicale che dovette fare degli studi apposta per imparare a dare i comandi perché stonava anche in quelli.
 
Quando a diciotto anni gli fu concesso il grado di Colonnello e il comando di un reggimento, toccò il cielo con un dito: non solo per il comando, grazie al quale poteva finalmente dare sfogo alla sua ambizione di carattere militare, ma anche perché significava la fine di quel regime oppressivo che l'aveva tormentato nell'inutile tentativo di dargli una cultura.
 
Ottenuto il grado di generale, sposò la cugina [[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]] nel [[1842]]. Ebbe inoltre un'intensa relazione con [[Laura Bon]] dalla quale ebbe una figlia, Emanuela di Roverbella (1853-1890), che fu creata dallo stesso Vittorio Emanuele [[contessa]] di [[Roverbella]].
 
=== I primi anni di regno ===
[[File:Bilderrevolution0001.jpg|upright=1.6|thumb|Giuramento di Vittorio Emanuele II prestato a [[Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja|Palazzo Madama]], [[Torino]]]]Carlo Alberto, acclamato come sovrano riformatore, concessa la [[Statuto Albertino|costituzione]] il 4 marzo [[1848]] e dichiarata guerra all'Austria, apriva intanto il lungo periodo noto come [[Risorgimento]] Italiano entrando in Lombardia con truppe piemontesi e volontari italiani. Vittorio Emanuele duca di Savoia era a capo della 7ª Divisione di riserva. Gli esiti della [[Prima guerra di indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]] furono disastrosi per il prosieguo del conflitto per il [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]] che, abbandonato dagli alleati e sconfitto il 25 luglio a [[battaglia di Custoza (1848)|Custoza]] e il 4 agosto a [[battaglia di Milano (1848)|Milano]], negoziò un primo [[armistizio di Salasco|armistizio]] il 9 agosto. Riprese le ostilità il 20 marzo [[1849]], il 23 marzo, dopo una violenta battaglia nella zona presso la [[battaglia di Novara (1849)|Bicocca]], Carlo Alberto inviò il generale [[Luigi Fecia di Cossato]] per trattare la resa con l'Austria. Le condizioni furono durissime e prevedevano la presenza di una guarnigione austriaca nelle piazzeforti di [[Alessandria]] e di [[Novara]]. Carlo Alberto, al cospetto di [[Wojciech Chrzanowski]], [[Carlo Emanuele La Marmora]], [[Alessandro La Marmora]], [[Raffaele Cadorna (1815-1897)|Raffaele Cadorna]], di Vittorio Emanuele e del figlio [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando di Savoia-Genova]], firmò la sua abdicazione e, con un falso passaporto, riparò a [[Nizza]], da dove partì per l'esilio in [[Portogallo]].
 
La notte stessa, poco prima della mezzanotte, Vittorio Emanuele II si recò presso una [[Cascina a corte|cascina]] di [[Vignale (Novara)|Vignale]], dove l'attendeva il generale [[Josef Radetzky|Radetzky]], per nuovamente trattare la resa con gli austriaci, ovvero per la sua prima azione da sovrano. Ottenuta una attenuazione delle condizioni contenute nell'[[armistizio di Vignale|armistizio]] (il Radetzky non voleva spingere il giovane sovrano nelle braccia dei democratici), Vittorio Emanuele II diede però assicurazione di voler agire con la massima determinazione contro il partito democratico, al quale il [[Carlo Alberto|padre]] aveva consentito tanta libertà e che l'aveva condotto verso la [[Prima guerra di indipendenza italiana|guerra]] contro l'Austria. Sconfessò pienamente l'operato del padre e definì i Ministri un "branco di imbecilli", pur ribadendo al generale Radetzky di disporre ancora di 50.000 uomini da gettare nella mischia, i quali però esistevano solo sulla carta. Tuttavia, Vittorio Emanuele, malgrado le pressioni dell'Austria, si sarebbe rifiutato di revocare la costituzione (Statuto), unico sovrano in tutta la Penisola a conservarla.
 
==== Il re galantuomo ====
{{Casato di Savoia}}
Dopo la sconfitta di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto, si iniziò a definire Vittorio Emanuele II il ''re galantuomo'', che animato da sentimenti patriottici e per la difesa delle libertà costituzionali si oppose fieramente alle richieste di Radetzky di abolire lo Statuto albertino.
 
{{Citazione|...ma negli archivi austriaci si scopriranno alcuni rapporti scritti allora da Radetzky, dal barone von Metzburg e dal barone d'Aspre, che forniranno un quadro assai differente da quello che Vittorio Emanuele aveva cercato di accreditare a giustificazione della propria condotta. Secondo la versione allora accolta, era stata la fermezza del nuovo re nelle trattative per l'armistizio di Vignale a salvare lo statuto piemontese che Radetzky aveva sperato di fargli abrogare. Ma questa versione si rivelava adesso una falsificazione dei fatti: gli austriaci avevano anch'essi un governo costituzionale, e Radetzky non tentò affatto di costringere i piemontesi a rinunciare allo statuto. Se questi ottennero condizioni di pace abbastanza buone, ciò fu dovuto non già a una coraggiosa resistenza del re, ma soprattutto alla necessità in cui gli austriaci si trovavano ad essere generosi per non gettare Vittorio Emanuele tra le braccia della Francia o dei rivoluzionari. Gli austriaci volevano un Piemonte amico per ottenere una pace durevole nella penisola italiana e farsene un alleato contro la Francia repubblicana. Essi avevano soprattutto bisogno di appoggiare il re contro i radicali in Parlamento.<ref>D. Mack Smith, ''Vittorio Emanuele II'', Laterza, Bari, 1973</ref>}}
Il giovane re si dichiarò infatti amico degli austriaci e rimproverando al padre la debolezza di non aver saputo opporsi ai democratici prometteva una dura politica nei loro confronti con l'abolizione dello statuto.
 
{{Citazione|La verità pertanto è che Vittorio Emanuele non salvò patriotticamente la costituzione, ma al contrario disse di voler diventare amico degli Austriaci e ristabilire a un maggior grado il potere monarchico.<ref>D. Mack Smith, ''Vittorio Emanuele II'', Laterza, Bari, 1977</ref>}}
Questa nuova versione della figura del sovrano è emersa con la scoperta e la pubblicazione di documenti diplomatici austriaci sui colloqui tenutisi a Vignale, nei quali il generale Radetzky il 26 marzo scriveva al governo di Vienna:
{{Citazione|Il re ebbe ieri l'altro un personale colloquio con me agli avamposti, nel quale dichiarò apertamente la sua ferma volontà di voler da parte sua dominare il partito democratico rivoluzionario, al quale suo padre aveva lasciato briglia sciolta, così che aveva minacciato lui stesso e il suo trono; e che per questo gli occorreva soltanto un po' più di tempo, e specialmente di non venir screditato all'inizio del suo regno [...]. Questi motivi sono tanto veri che io non potei metterli in dubbio, perciò cedetti e credo di aver fatto bene, perché senza la fiducia del nuovo re e la tutela della sua dignità nessuna situazione nel Piemonte può offrirci una garanzia qualsiasi di tranquilltà del paese per il prossimo avvenire.<ref name="D. Mack Smith, op. cit.">D. Mack Smith, ''op. cit.''</ref>}}
 
Questa rappresentazione del re come illiberale sarebbe confermata da quanto scritto in una lettera privata al [[nunziatura apostolica|nunzio apostolico]] del novembre del 1849 dove il re dichiara di:
{{Citazione|non vedere alcuna utilità nel governo costituzionale, anzi di non attendere altro che il momento opportuno per disfarsene<ref>D. Mack Smith, ''Il Risorgimento italiano'', Laterza, Bari, 1968</ref>}}
 
Charles Adrien His De Butenval, plenipotenziario francese a Torino scrisse il 16 ottobre [[1852]] a Parigi che Vittorio Emanuele è un reazionario che si serve dello Statuto per mantenere come sostenitori e alleati di sé e della sua dinastia gli inquieti emigrati italiani e i liberali rifugiatisi a Torino dopo i fatti del 1848-49 dei quali egli si atteggia a protettore perché gli verranno utili per giustificare una futura guerra regia di conquista.<ref name="D. Mack Smith, op. cit."/>
 
Opposta a questa versione dell'incontro tra il re e il generale Radetzky riportati da [[Denis Mack Smith]] vi è quella del generale [[Genova Giovanni Thaon di Revel|Thaon di Revel]] che, un mese dopo il colloquio di Vignale, ebbe modo di incontrarsi con Vittorio Emanuele II a [[Stupinigi]]. «Il Re - scrive il generale - venne a parlarmi delle moine adoperate dal Maresciallo nel convegno, per indurlo ad abrogare lo Statuto; rideva accennando all'illusione del vecchio che aveva creduto sedurlo con maniere obbliganti e con ampie promesse, fino al punto di offrirgli quarantamila baionette austriache se avesse avuto bisogno di ricondurre il buon ordine nel suo Stato.»<ref>Genova Thaon di Revel, ''Dal 1847 al 1855: La spedizione di Crimea; ricordi di un commissario militare del re'', ed. Fratelli Dumolard, 1891, pag.46</ref>
 
Una spiegazione del comportamento del re nell'armistizio di Vignale è attribuita a [[Massimo d'Azeglio]] il quale avrebbe giudicato un «liberalismo malcerto» quello del sovrano che avrebbe affermato: «Meglio essere re in casa propria, sia pure con le limitazioni costituzionali che essere un protetto di Vienna.»<ref>Marziano Brignoli, ''Massimo d'Azeglio: una biografia politica'', ed. Mursia, 1988, pag.178</ref>
 
Una branca della storiografia afferma che Vittorio Emanuele, pur di sentimenti assolutisti, abbia mantenuto le istituzioni liberali per lungimiranza politica, capendone la grande importanza nell'amministrazione dello Stato. La riprova di ciò sta anche nella lunga collaborazione fra il Re e il Presidente del Consiglio [[Camillo Benso, conte di Cavour]], divisi fortemente dalle diverse posizioni politiche (assolutismo e liberalismo):
{{Citazione|...cresciuto nell'assolutismo, Vittorio Emanuele II non prova simpatia per ciò che limita l'autorità sovrana. Nel suo approccio pragmatico alla politica, ci sono però considerazioni rilevanti che lo spingono ad appoggiarsi al liberalismo moderato conservando lo Statuto. In primo luogo, la monarchia sabauda ha dimostrato inefficienza nelle guerre 1848-49 e non ha il prestigio necessario per una politica di pura conservazione. In secondo luogo, per sconfiggere il movimento democratico, che rappresenta il pericolo maggiore, la monarchia deve allargare la base sociale del suo consenso e rinnovare la classe dirigente. In terzo luogo, nella prospettiva di riprendere la guerra contro l'Austria, occorre fare del Piemonte il riferimento delle forze più attive della penisola e ottenere l'appoggio internazionale di Paesi come l'Inghilterra o la Francia, che non appoggerebbero un governo reazionario. [...] In questa situazione, confermare la svolta costituzionale è non solo la scelta più opportuna, ma anche quella meno conflittuale, perché stabilizza i nuovi equilibri che sono venuti maturando nel Piemonte degli anni Quaranta.<ref>G. Oliva, ''I Savoia: novecento anni di una dinastia.'', Mondadori, Segrate, 1999</ref>}}
Peraltro un'altra recente ricostruzione delle trattative di Vignale sostiene che:
{{Citazione|Nel 1848, a Vignale, Radetzky gli aveva proposto [a Vittorio Emanuele] di trasformare la sconfitta in vittoria: nuove terre in cambio della soppressione dello Statuto e della rinuncia di una futura rivoluzione nazionale. Il giovane sovrano rifiutò.<ref>G. Parlato, ''Gli italiani che hanno fatto l'Italia'', Rai Eri, Roma, 2011</ref>}}
La sovracitata lungimiranza politica, che lo portò a contraddire i propri principi, sarebbe quindi l'origine del termine "Re galantuomo".
 
==== La fine della prima guerra di indipendenza ====
{{Vedi anche|Armistizio di Vignale}}
Gli incontri ufficiali tra Vittorio Emanuele e il [[feldmaresciallo]] [[Josef Radetzky]] si tennero dalla mattina al pomeriggio del 24 marzo, sempre a [[Vignale (Novara)|Vignale]], e l'accordo venne siglato il 26 marzo a [[Borgomanero]]. Vittorio Emanuele prometteva di sciogliere i corpi volontari dell'esercito e cedeva agli austriaci la fortezza di [[Alessandria]] e il controllo dei territori compresi tra il [[Po]], il [[Sesia]] e il [[Ticino (fiume)|Ticino]], oltre a rifondere i danni di guerra con l'astronomica cifra di 75 milioni di [[franco francese|franchi francesi]]. Questi gli accordi dell'armistizio che, in ossequio all'articolo 5 dello [[Statuto Albertino]], dovevano essere ratificati dalla Camera, al fine di poter siglare l'Atto di Pace.<ref>Secondo il re aveva il potere di stringere alleanze e siglare la pace, ma ciò necessitava di un'approvazione della Camera se la decisione avesse intaccato le finanze dello Stato: l'Austria aveva infatti richiesto anche 75 milioni di franchi, una cifra enorme.</ref>
 
==== Moti di Genova ====
{{Vedi anche|Moti di Genova}}
All'indomani dell'[[armistizio di Vignale]], nella città di [[Genova]] si verificò una sollevazione popolare, forse anche spinta da antichi umori repubblicani e indipendentisti, riuscendo a cacciare dalla città l'intera guarnigione regia. Alcuni soldati furono linciati dai rivoltosi.
Vittorio Emanuele II, in accordo col governo, inviò subito un corpo di [[bersaglieri]], appoggiati da numerosi pezzi d'artiglieria e guidati dal generale [[Alfonso La Marmora]]; in pochi giorni la rivolta fu sedata. Il pesante bombardamento e le successive azioni di saccheggio e stupro perpetrate da militari portarono alla sottomissione del capoluogo ligure, al prezzo di 500 morti tra la popolazione.
Compiaciuto per la repressione operata, Vittorio Emanuele scrisse una lettera d'elogio al La Marmora (aprile [[1849]]), definendo i rivoltosi "vile e infetta razza di canaglie" e invitandolo, comunque, a garantire una maggiore disciplina da parte dei soldati.
 
==== Il Proclama di Moncalieri ====
{{vedi anche|Proclama di Moncalieri}}
Il 29 marzo [[1849]] il nuovo Re si presentò davanti al Parlamento per pronunciare il giuramento di fedeltà e il giorno successivo lo sciolse, indicendo nuove elezioni.
I 30.000 elettori che si recarono alle urne il 15 luglio espressero un parlamento troppo "democratico" che si rifiutò di approvare la pace che il Re aveva già firmato con l'Austria. Vittorio Emanuele, dopo aver promulgato il [[proclama di Moncalieri]], con cui si invitava il popolo a scegliere rappresentanti consci della tragica ora dello Stato, sciolse nuovamente il Parlamento, per fare in modo che i nuovi eletti fossero di idee pragmatiche. Il nuovo Parlamento risultò composto per due terzi da moderati favorevoli al governo di [[Massimo d'Azeglio]]. Il 9 gennaio [[1850]] il trattato di pace con l'Austria venne, infine, ratificato.
 
==== Arrivo di Cavour ====
{{vedi anche|Camillo Benso conte di Cavour}}
[[File:Perrin F. - Vittorio Emanuele II - litografia - 1851.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II in un ritratto di F. Perrini del 1851.]]
Già candidatosi al Parlamento nell'aprile [[1848]], Cavour vi entrò in giugno dello stesso anno, mantenendo una linea politica indipendente, cosa che non lo escluse da critiche ma che lo mantenne in una situazione di anonimato fino alla proclamazione delle [[leggi Siccardi]], che prevedevano l'abolizione di alcuni privilegi relativi alla Chiesa, già abrogati in molti Stati europei.
 
Vittorio Emanuele fu sottoposto a pesantissime pressioni da parte delle gerarchie ecclesiastiche, affinché non promulgasse quelle leggi; queste si spinsero a mobilitare anche l'Arcivescovo Charvaz che, essendo stato precettore del Re, godeva di una certa influenza sul suo ex-pupillo, e arrivarono addirittura a insinuare che le disgrazie che avevano colpito la famiglia del Re (la morte della madre e la malattia della moglie) fossero il frutto di una punizione divina per la sua mancata opposizione a leggi considerate "sacrileghe". Il Re, che pur non essendo bigotto come il padre era molto superstizioso, dapprincipio promise che si sarebbe opposto alle leggi, scrivendo addirittura una lettera, assai sgrammaticata, al Papa nella quale rinnovava la sua devozione di cattolico e si ribadiva fiero oppositore di tali provvedimenti. Tuttavia quando il Parlamento approvò le leggi si disse dispiaciuto ma che lo Statuto non gli consentiva di opporvisi; dimostrazione che, pur essendo allergico ai principi democratici, quando era necessario per cavarsi dagli impicci diventava uno scrupoloso osservante della Costituzione.<ref name=":0" />
 
L'attiva partecipazione del Cavour alla discussione sulle leggi ne valse l'interesse pubblico, e alla morte di [[Pietro De Rossi Di Santarosa]], egli divenne nuovo ministro dell'Agricoltura, cui si aggiunse la carica, dal [[1851]], di [[Ministero dell'Economia e delle Finanze|ministro delle Finanze]] del governo d'Azeglio.
 
Promotore del cosiddetto [[connubio]], Cavour divenne il 4 novembre [[1852]] Presidente del Consiglio del Regno, nonostante l'avversione che Vittorio Emanuele II nutriva nei suoi confronti. Malgrado l'indiscusso connubio politico, fra i due mai corse grande simpatia, anzi Vittorio Emanuele più volte ne limitò le azioni, arrivando persino a mandargli in fumo svariati progetti politici, alcuni dei quali anche di notevole portata.<ref>{{cita libro|Arrigo | Petacco | Il Regno del Nord | 2009 | Mondadori | Milano}}
</ref> Probabilmente egli si ricordava di quando un ancor giovane Cavour era stato segnalato come infido e capace di tradire a seguito delle sue esternazioni repubblicane e rivoluzionarie durante il servizio militare.
 
Secondo Chiala, quando La Marmora propose a Vittorio Emanuele la nomina di Cavour a Presidente del Consiglio, il Re avrebbe risposto in piemontese: «Ca guarda, General, che côl lì a j butarà tutii con't le congie a'nt l'aria» ("Guardi Generale, che quello lì butterà tutti con le gambe all'aria"). Secondo Ferdinando Martini, che lo seppe da Minghetti, la risposta del Sovrano sarebbe stata ancora più colorita: «E va bin, coma ch'aa veulo lor. Ma ch'aa stago sicur che col lì an poch temp an lo fica an't el prònio a tuti!» ("E va bene, come vogliono loro. Ma stiamo sicuri che quello lì in poco tempo lo mette nel culo a tutti!"). Una versione che somiglia di più al personaggio e al suo vocabolario, ma che denota anche un certo fiuto degli uomini.<ref name=":0">{{Cita libro|autore = Indro Montanelli|titolo = L'Italia del Risorgimento (1831-1861)|anno = 1972|editore = Rizzoli Editore|città = Milano}}</ref>
 
=== L'Unità d'Italia ===
==== La guerra in Crimea ====
{{vedi anche|Guerra di Crimea}}
[[File:Camillo benso Conte di Cavour iii.jpg|thumb|[[Camillo Benso, conte di Cavour]], [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio dei ministri]].]]
Deciso a manifestare il problema dell'Italia agli occhi dell'Europa, Cavour vide nella guerra russo-turca scoppiata nel giugno [[1853]] un'irripetibile opportunità: contro [[Nicola I di Russia]], che aveva occupato la [[Valacchia]] e la [[Moldavia]], allora terre turche ottomane, si mossero il [[Regno Unito]] e la [[Francia]], in cui Cavour sperava di trovare degli alleati.
 
Vittorio Emanuele II sembrava favorevole a un conflitto, e così s'espresse all'ambasciatore francese: {{Citazione|Se noi fossimo battuti in Crimea, non avremmo altro da fare che ritirarci, ma se saremo vincitori, benissimo! questo varrà per i Lombardi assai meglio di tutti gli articoli che i ministri vogliono aggiungere al trattato [...] se essi non vorranno marciare, io sceglierò altri che marceranno...<ref>Franco Catalano, ''L'Italia nel Risorgimento dal 1789 al 1870'', Mondadori, 1964</ref>}}
 
Ottenuta l'approvazione di Vittorio Emanuele, Cavour cominciò le trattative con i paesi belligeranti, che andarono per le lunghe per i contrasti tra i ministri. Infine, il 7 gennaio [[1855]], i governi francese e inglese imposero un ultimatum al Piemonte: entro due giorni approvare o no l'entrata in guerra. Vittorio Emanuele, letto il messaggio, meditò di approvare il piano che aveva da tempo: sciogliere nuovamente il Parlamento e imporre un governo favorevole alla guerra. Non ne ebbe il tempo: Cavour convocò la notte stessa il Consiglio dei ministri e, alle nove di mattina del giorno dopo, dopo una nottata che comportò la dimissione del Dabormida, con soddisfazione poté affermare la partecipazione della Sardegna alla [[Guerra di Crimea]].
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|upright=1.4|left|thumb|La battaglia della Cernaia.]]
Fu [[Alfonso La Marmora]] a capitanare la spedizione che, da [[Genova]], salpò verso l'Oriente: i Piemontesi inviarono un contingente di 15.000 uomini. Costretto a rimanere relegato nelle retrovie sotto il comando britannico, La Marmora riuscì a far valere le sue ragioni capitanando egli stesso le truppe nella [[battaglia della Cernaia]], che risultò un trionfo. L'eco della vittoria riabilitò l'esercito sardo, fornendo a Vittorio Emanuele II l'opportunità di un viaggio a [[Londra]] e a [[Parigi]] per sensibilizzare i regnanti locali alla questione piemontese. In particolare, premeva al Re di parlare con [[Napoleone III]],<ref>Vittorio Emanuele II e Luigi Napoleone già si conoscevano: il primo aveva consegnato al secondo, non ancora imperatore, il primo [[collare dell'Annunziata]] del proprio regno, il 13 luglio [[1849]].</ref> che sembrava avere maggiori interessi rispetto ai britannici sulla Penisola.
 
Nell'ottobre [[1855]] cominciarono a circolare voci di pace, che la Russia sottoscrisse a [[Parigi]] ([[Congresso di Parigi]]). Il Piemonte, che aveva posto come condizione della sua partecipazione alla guerra una seduta straordinaria per trattare i temi dell'Italia, per voce di Cavour condannò il governo assolutistico di [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II di Napoli]], prevedendo gravi disordini se nessuno avesse risolto un problema ormai diffuso in quasi tutta la Penisola: l'oppressione sotto un governo straniero.
 
Ciò non piacque al governo austriaco, che si sentiva chiamato in causa, e [[Karl Buol]], ministro degli Esteri per [[Francesco Giuseppe d'Austria]], s'espresse in questi termini:
{{Citazione|L'Austria non può ammettere il diritto che il Conte di Cavour ha attribuito alla corte di Sardegna di alzare la voce a nome dell'Italia.<ref>Piersilvestro Leopardi, ''Narrazioni storiche di Piersilvestro Leopardi con molti documenti inediti calativi alla guerra dell'indipendenza d'Italia'', ed. G. Franz, Monaco, 1856, pag. 539</ref>}}
 
In ogni caso, la partecipazione della Sardegna ai trattati di Parigi suscitò ovunque grande gioia. Screzi avvennero tra Torino e Vienna in seguito ad articoli propagandistici anti-sabaudi e anti-asburgici, mentre tra Buol e Cavour si chiedevano scuse ufficiali: alla fine, il 16 marzo, Buol ordinò ai suoi diplomatici di lasciare la capitale sarda, cosa che anche Cavour replicò il 23 marzo stesso. I rapporti diplomatici erano ormai rotti.
 
==== Accordi segreti ====
{{vedi anche|Accordi di Plombières|Alleanza sardo-francese}}
In un clima internazionale così teso, l'italiano [[Felice Orsini]] attentò alla vita di [[Napoleone III]] facendo esplodere tre bombe contro la carrozza imperiale, che rimase illesa, provocando otto morti e centinaia di feriti. Nonostante le aspettative dell'Austria, che sperava nell'avvicinamento di Napoleone III alla sua politica reazionaria, l'Imperatore francese venne convinto abilmente da Cavour che la situazione italiana era giunta a un punto critico e necessitava di un intervento sabaudo.
 
Fu così che si gettarono le basi per un'[[alleanza sardo-francese]], nonostante le avversità di alcuni ministri di Parigi, specialmente di [[Alexandre Florian Joseph Colonna Walewski|Alessandro Walewski]]. Grazie anche all'intercessione di [[Virginia Oldoini|Virginia Oldoini, contessa di Castiglione]] e di [[Costantino Nigra]], entrambi istruiti adeguatamente da Cavour, i rapporti tra Napoleone e Vittorio Emanuele divennero sempre più prossimi.
 
Nel luglio del 1858, con il pretesto di una vacanza in [[Svizzera]], Cavour si diresse a [[Accordi di Plombières|Plombières]], in Francia, dove incontrò segretamente Napoleone III. Gli accordi verbali che ne seguirono e la loro ufficializzazione nell'[[alleanza sardo-francese]] del gennaio 1859, prevedevano la cessione alla Francia della [[Savoia (regione storica)|Savoia]] e di [[Nizza]] in cambio dell'aiuto militare francese, cosa che sarebbe avvenuta solo in caso di attacco austriaco. Napoleone concedeva la creazione di un Regno dell'Alta Italia, mentre voleva sotto la sua influenza l'Italia centrale e meridionale. A Plombières Cavour e Napoleone decisero anche il matrimonio tra il cugino di quest'ultimo, [[Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte]] e [[Maria Clotilde di Savoia]], figlia di Vittorio Emanuele.
 
[[File:Litografia ballagny, fine XIX sec. vittorio emanuele II.JPG|miniatura|[[Litografia]] del re con le vesti cerimoniali durante la sua [[incoronazione]].]]
 
==== Un "grido di dolore" ====
La notizia dell'incontro di Plombières trapelò nonostante tutte le precauzioni. Napoleone III non contribuì a mantenere il segreto delle sue intenzioni, se esordì con questa frase all'ambasciatore austriaco:
{{Citazione|Sono spiacente che i nostri rapporti non siano più buoni come nel passato; tuttavia, vi prego di comunicare all'Imperatore che i miei personali sentimenti nei suoi confronti non sono mutati.<ref>Piero Mattigana, ''Storia del risorgimento d'Italia dalla rotta di Novara dalla proclamazione del regno d'Italia dal 1849 al 1861 con narrazioni aneddotiche relative alla spedizione di Garibaldi nelle due Sicilie: Opera illustrata con incisioni eseguite da valenti artisti'', Volume 2,Ed. Legros e Marazzani, 1861, pag.12</ref>}}
Dieci giorni dopo, il 10 gennaio [[1859]], Vittorio Emanuele II si rivolse al parlamento sardo con la celebre frase del «grido di dolore», il cui testo originale è conservato nel castello di [[Sommariva Perno]].<ref>Il testo fu redatto da Cavour, che ne inviò una copia a Napoleone III. Questi, ritenendolo poco energico, pensò di sostituire l'ultimo periodo con quello che poi entrò nella tradizione storica.</ref>
{{Citazione|Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli d'Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi!|Vittorio Emanuele II, 10 gennaio [[1859]]}}
 
In Piemonte, immediatamente, accorsero i volontari, convinti che la guerra fosse imminente, e il Re cominciò ad ammassare le truppe sul confine lombardo, presso il Ticino. Ai primi di maggio [[1859]], Torino poteva disporre sotto le armi di 63.000 uomini. Vittorio Emanuele prese il comando dell'esercito e lasciò il controllo della [[cittadella di Torino]] al cugino [[Eugenio Emanuele di Savoia-Villafranca|Eugenio di Savoia-Carignano]]. Preoccupata dal riarmo sabaudo, l'Austria pose un ultimatum a Vittorio Emanuele II, su richiesta anche dei governi di Londra e [[Pietroburgo]], che venne immediatamente respinto. Così giudicò, sembra, Massimo d'Azeglio, la notizia dell'ultimatum asburgico:
 
{{Citazione|l'Ultimatum è uno di quei terni al lotto che accadono una volta in un secolo!<ref>Arrigo Petacco, ''Il regno del Nord: 1859, il sogno di Cavour infranto da Garibaldi'', Edizioni Mondadori, 2009, pag.109</ref>}}
 
Era la guerra. Francesco Giuseppe ordinò di varcare il Ticino e di puntare sulla capitale piemontese, prima che i francesi potessero accorrere in soccorso.
 
==== Italia e Vittorio Emanuele ====
Ritiratisi gli austriaci da [[Chivasso]], i franco-piemontesi sbaragliarono il corpo d'armata nemico presso [[Palestro]] e [[battaglia di Magenta|Magenta]], arrivando a [[Milano]] l'8 giugno [[1859]].
I [[Cacciatori delle Alpi]], capitanati da [[Giuseppe Garibaldi]], rapidamente occuparono [[Como]], [[Bergamo]], [[Varese]] e [[Brescia]]: soltanto 3.500 uomini, male armati, che ormai stavano marciando verso il [[Trentino]]. Ormai le forze asburgiche si ritiravano da tutta la [[Lombardia]].
 
Decisiva la [[battaglia di Solferino e San Martino]]: sembra che, poco prima dello scontro presso [[battaglia di San Martino|San Martino]], Vittorio Emanuele II così abbia parlato alle truppe, in [[lingua piemontese|piemontese]]:
 
{{Citazione|Ragazzi, o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi!||Fieuj, o i pioma San Martin o j'àuti an fan fé San Martin a noi!|lingua=pms}}
("[[fare San Martino]]" dal piemontese «fé San Martin» vuol dire "traslocare", "sloggiare").
 
Moti insurrezionali scoppiarono allora un po' ovunque in Italia: [[Massa (Italia)|Massa]], [[Carrara]], [[Modena]], [[Reggio nell'Emilia|Reggio]], [[Parma]], [[Piacenza]]. [[Leopoldo II di Toscana]], impaurito dalla piega che avevano preso gli avvenimenti, decise di fuggire verso il Nord Italia, nel campo dell'imperatore Francesco Giuseppe. Napoleone III, osservando una situazione che non seguiva i piani di Plombières e cominciando a dubitare che il suo alleato volesse fermarsi alla conquista dell'Alta Italia, dal 5 luglio cominciò a stipulare l'[[Armistizio di Villafranca|armistizio con l'Austria]], che Vittorio Emanuele II dovette sottoscrivere, mentre i [[plebisciti risorgimentali|plebisciti]] in Emilia, Romagna e Toscana confermavano l'annessione al Piemonte: il 1º ottobre [[papa Pio IX]] ruppe i rapporti diplomatici con Vittorio Emanuele.
 
L'edificio che si era venuto a creare si trovò in difficoltà in occasione della [[pace di Zurigo]] firmata dal Regno di Sardegna solo il 10/11 novembre 1859, che, invece rimaneva fedele all'opposto principio del ritorno dei sovrani spodestati e alla costruzione di una federazione, con a capo il [[Papa]], e che avrebbe compreso anche il [[Veneto]] austriaco, con tanto di esercito federale.
[[File:Vítor Emanuel II Itália.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II, in abito da caccia, nel Palazzo Nazionale di Ajuda, [[Lisbona]].]]
 
Ciò nonostante di lì a pochi mesi si venivano a creare le opportunità per l'unificazione intera della Penisola. Alla volontà di Garibaldi di partire con dei volontari alla volta della Sicilia, il governo pareva molto scettico, per non dire ostile. C'erano, è vero, segni di amicizia tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che si stimavano a vicenda, ma Cavour in primo luogo considerava la spedizione siciliana come un'azione avventata e dannosa per la sopravvivenza stessa dello stato sardo.
 
Sembra che Garibaldi abbia più volte ribadito, per far acconsentire alla spedizione, che:
{{Citazione|In caso si faccia l'azione, sovvenitevi che il programma è: Italia e Vittorio Emanuele.<ref>Francesco Crispi, ''Scritti e discorsi politici di Francesco Crispi (1849-1890)'', Unione cooperative editrice, 1890, pag.322</ref>}}
Nonostante l'appoggio del Re, ebbe la meglio Cavour, che privò in questo modo la campagna garibaldina dei mezzi necessari. Che il Re avesse, infine, approvato la spedizione, non si può sapere. Certo è che Garibaldi trovò a [[Talamone]], quindi ancora nel Regno di Sardegna, i rifornimenti di cartucce. Dura fu la protesta diplomatica: Cavour e il Re dovettero assicurare all'Ambasciatore prussiano di non essere al corrente delle idee di Garibaldi.
[[File:With Victor Emmanuel.jpg|upright=1.4|thumb|Vittorio Emanuele incontra Garibaldi presso Teano.]]
Giunto in Sicilia, Garibaldi assicurava l'isola, dopo aver sconfitto il malridotto esercito borbonico, a «Vittorio Emanuele Re d'Italia». Già in quelle parole si prefigurava il disegno del Nizzardo, che non si sarebbe certo fermato al solo Regno delle Due Sicilie, ma avrebbe marciato su Roma. Tale prospettiva cozzava contro i progetti piemontesi, che adesso vedevano incombere il pericolo repubblicano e rivoluzionario e, soprattutto, temevano l'intervento di Napoleone III nel Lazio. Vittorio Emanuele, alla testa delle truppe piemontesi, invase lo Stato Pontificio, sconfiggendone l'esercito nella [[Battaglia di Castelfidardo]]. Napoleone III non poteva tollerare l'invasione delle terre papali, e più volte aveva cercato di dissuadere Vittorio Emanuele II dall'invasione delle Marche, comunicandogli, il 9 settembre, che:
 
{{Citazione|Se davvero le truppe di V.M. entrano negli stati del Santo Padre, sarò costretto ad oppormi [...] Farini mi aveva spiegato ben diversamente la politica di V.M.<ref>''Problemi attuali di scienza e di cultura: quaderno, Edizioni 52-57'', Accademia nazionale dei Lincei, Accademia nazionale dei Lincei, 1947</ref>}}
 
L'[[Incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II|incontro con Garibaldi]], passato alla storia come "incontro di [[Teano]]" avvenne il 26 ottobre [[1860]]: veniva riconosciuta la sovranità di Vittorio Emanuele II su tutti i territori dell'ex Regno delle Due Sicilie. Ciò portò all'estromissione della concezione di Italia repubblicana di [[Giuseppe Mazzini]] e condurrà alla formazione di nuclei antimonarchici di stampo repubblicano, internazionalista e anarchico che si opporranno alla corona fino alla fine della sovranità sabauda.
 
==== La proclamazione a re d'Italia ====
[[File:Statuto fondamentale del regno.pdf|left|page=27|thumb|Il Re Vittorio Emanuele assume il titolo di Re d'Italia 17 marzo [[1861]].]]
[[File:Ritratto di S.M. Vittorio Emanuele II.jpg|thumb|Vittorio Emanuele II re d'Italia.]]
"Viva Verdi": questo era stato il motto delle insurrezioni anti-austriache nel nord Italia quando i patrioti non intendevano tanto esaltare la figura di [[Giuseppe Verdi|un grande musicista]], che pure aveva introdotto significati patriottici nelle sue opere, quanto propagandare il progetto unitario nazionale nella persona di Vittorio Emanuele II (Viva V.E.R.D.I. = Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia).
 
Con l'entrata di Vittorio Emanuele a Napoli, la proclamazione del Regno d'Italia divenne imminente, appena [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] avesse capitolato con la fortezza di [[Gaeta]].
 
Rinnovato il parlamento, con Cavour primo ministro, la sua prima seduta, comprendente deputati di tutte le regioni annesse (tramite plebiscito), avvenne il 18 febbraio [[1861]].
 
Il 17 marzo il parlamento proclamò la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], proponendo questa formula al Parlamento italiano:
{{Citazione|Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di re d'Italia. Gli atti del governo e ogni altro atto che debba essere intitolato in nome del Re sarà intestato con la formola seguente: (''Il nome del Re'') Per Provvidenza divina, per voto della Nazione Re d'Italia}}
La formula venne però aspramente contestata dalla sinistra parlamentare, che avrebbe preferito vincolare il titolo regio alla sola volontà popolare. Infatti, il deputato [[Angelo Brofferio]] propose di cambiare il testo dell'articolo in:
{{Citazione|Vittorio Emanuele è proclamato dal popolo re d'Italia}}
rimuovendo "la Provvidenza divina " espressione ispirata dalla formula dello Statuto Albertino ([[1848]]) che recitava ''Per Grazia di Dio e Volontà della Nazione'' legittimando in tal modo il [[Diritto divino dei re]] della dinastia sabauda.
 
Così si esprimeva per la Sinistra [[Francesco Crispi]] nel dibattito parlamentare:
{{Citazione|L'omaggio alla religione è nell'articolo 1° dello Statuto, e l'unione tra principe e popolo io la vedo meglio e più convenientemente nell'esercizio della potestà legislativa. La formola: Per la grazia di Dio, comunque voi ne rifiutaste il senso primitivo, sarà sempre la formola dei re sorti nel medio evo, abbattuti dalla rivoluzione francese, ristorati dal Congresso di Vienna.
Quei re ripetevano il proprio diritto da Dio e dalla loro spada. Con questa duplice forza si allearono la Chiesa e l'impero. L'impero metteva a disposizione della Chiesa la spada, a condizione che la Chiesa ne legittimasse le inique conquiste colla parola divina.
Fortunatamente quei tempi non sono più; laddove durassero, nella nostra Penisola non ci sarebbe un regno d'Italia, ma avremo sette principi in sette Stati governati col carnefice e benedetti dal pontefice romano.}}
 
La proposta della Sinistra non venne accolta e fu approvato il seguente {{Citazione|''Articolo unico''. Tutti gli atti che debbono essere intitolati in nome del Re lo saranno colla formola seguente: (Il nome del Re) Per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia.<ref>''Atti del parlamento italiano'', sessione del 1861, discussioni della Camera dei deputati, Volume 2, Tip. E. Botta, Torino, 1861, p.562</ref>}}
 
==== Il numerale invariato ====
Dopo la proclamazione del regno non venne cambiato il numerale "II" in favore del titolo "Vittorio Emanuele I d'Italia", similmente a [[Ivan IV]] di [[Granducato di Mosca|Moscovia]], che non cambiò numerale una volta proclamatosi [[Zar|Zar di tutte le Russie]], e ai [[Elenco di monarchi britannici|monarchi britannici]], che mantennero il numerale del [[Regno d'Inghilterra]] ([[Guglielmo IV del Regno Unito|Guglielmo IV]] ed [[Edoardo VII del Regno Unito|Edoardo VII]]), riconoscendo così di fatto la continuità istituzionale del regno. Diversamente invece aveva fatto Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia che decise di intitolarsi [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando I]] dopo la cancellazione del [[Regno di Sicilia (1734-1816)|Regno di Sicilia]] e del [[Regno di Napoli]] come entità statuali autonome e l'istituzione del [[Regno delle Due Sicilie]]<ref>"''la gloriosa monarchia siciliana veniva letteralmente cancellata nella nuova carta geografica d'Europa''" vedi pag. 5 di {{cita pubblicazione |autore= Antonio Martorana |titolo= L'autonomia siciliana nella storia della Sicilia e dell'Europa'' |rivista= Viaggio nell'autonomia, ARS - [[Assemblea regionale siciliana]] |anno= 2006 |url= http://issuu.com/iriscommunication/docs/opuscolo5 |accesso= 2 agosto 2011 |urlmorto= no |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20110710115255/http://issuu.com/iriscommunication/docs/opuscolo5 |dataarchivio= 10 luglio 2011 }}</ref>. Il mantenimento del numerale è rimarcato da alcuni storici<ref>cfr pag 18 in [[Indro Montanelli]], ''L'Italia dei notabili'', Rizzoli, 1973</ref>, e alcuni di questi osservano che questa decisione, a loro giudizio, sottolineerebbe il carattere di estensione del dominio della Casa Savoia sul resto dell'[[Italia]], piuttosto che la nascita ''ex novo'' del Regno d'Italia. A tale riguardo lo storico [[Antonio Desideri]] commenta:
{{Citazione|Il 17 marzo 1861 il Parlamento subalpino proclamò Vittorio Emanuele non già re degli Italiani ma «re d'Italia per grazia di Dio e volontà della nazione». Secondo non primo (come avrebbe dovuto dirsi) a sottolineare la continuità con il passato, vale a dire il carattere annessionistico della formazione del nuovo Stato, nient'altro che un allargamento degli antichi confini, «una conquista regia» come polemicamente si disse. Che era anche il modo di far intendere agli Italiani che l'Italia si era fatta ad opera della casa Savoia, e che essa si poneva come garante dell'ordine e della stabilità sociale.<ref>Antonio Desideri, ''Storia e storiografia'', vol.II, Casa editrice G. D'Anna, Messina-Firenze, 1979, p.754</ref>}}
 
Altri storici osservano che il mantenimento della numerazione era conforme alla tradizione della dinastia sabauda, come accadde ad esempio con [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]] che continuò a chiamarsi così anche dopo aver ottenuto il titolo regio (prima di Sicilia e poi di Sardegna).
 
=== Roma capitale e gli ultimi anni ===
[[File:Portrait of H.M. K ing Vittorio Emanuele II of Savoy.png|left|thumb|Ritratto di Vittorio Emanuele II.]]
 
All'unità d'Italia mancavano ancora importanti territori: il Veneto, il Trentino, il Friuli, il Lazio, l'Istria e Trieste. La capitale "naturale" del neonato regno avrebbe dovuto essere Roma, ma ciò era impedito dall'opposizione di Napoleone III che non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo ruolo di protettore del papa. Per dimostrare che Vittorio Emanuele II rinunciava a Roma, e quindi per attenuare la situazione di tensione con l'imperatore francese, si decise di spostare la capitale a Firenze, città vicina al centro geografico della penisola italiana. Tra il 21 e il 22 settembre [[1864]] scoppiarono sanguinosi tumulti per le vie di Torino, che ebbero come risultato una trentina di morti e oltre duecento feriti. Vittorio Emanuele avrebbe voluto preparare la cittadinanza alla notizia, al fine di evitare scontri, ma la notizia in qualche modo era trapelata. Il malcontento era generale, e così descrisse la situazione [[Olindo Guerrini]]:
 
{{Citazione|Oh, i presagi tristi per l'avvenire di Torino che si facevano al tempo del trasporto della capitale! E li facevano i Torinesi stessi, che per un momento perdettero la fiducia in sé medesimi.<ref>Olindo Guerrini, ''Brandelli'', Volume 1,
Casa Editrice A. Sommaruga E.C., 1883, pag.155</ref>}}
 
In seguito a nuovi fatti di cronaca, che comportarono il ferimento di alcuni delegati stranieri e violente sassaiole, Vittorio Emanuele II mise la città davanti al fatto compiuto facendo pubblicare sulla Gazzetta del 3 febbraio 1865 questo annuncio:
 
{{Citazione|Questa mattina, alle ore 8.00, S.M. il Re è partito da Torino per Firenze, accompagnato da S.E. il presidente del Consiglio dei Ministri}}
 
Vittorio Emanuele riceveva così gli onori dei Fiorentini, mentre oltre 30.000 funzionari di corte si trasferirono in città. La popolazione, abituata al modesto numero dei ministri granducali, si trovò spiazzata di fronte all'amministrazione del nuovo regno, che intanto aveva siglato l'alleanza con la [[Prussia]] contro l'Austria.
 
Il 21 giugno [[1866]] Vittorio Emanuele lasciava [[Palazzo Pitti]] diretto al fronte, per conquistare il Veneto. Sconfitto a [[Battaglia di Lissa (1866)|Lissa]] e a [[battaglia di Custoza (1866)|Custoza]], il Regno d'Italia ottenne comunque Venezia in seguito ai trattati di pace succeduti alla vittoria prussiana.
 
Roma rimaneva l'ultimo territorio (con l'eccezione di Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige) ancora non inglobato dal nuovo regno: Napoleone III manteneva l'impegno di difendere lo Stato Pontificio e le sue truppe erano stanziate nei territori pontifici. Vittorio Emanuele stesso non voleva prendere una decisione ufficiale: attaccare o no. [[Urbano Rattazzi]], che era divenuto primo ministro, sperava in una sollevazione degli stessi Romani, cosa che non avvenne. La sconfitta riportata nella [[Battaglia di Mentana]] aveva gettato poi numerosi dubbi sull'effettiva riuscita dell'impresa, che poté avvenire solo con la caduta, nel [[1870]], di Napoleone III.
L'8 settembre fallì l'ultimo tentativo di ottenere Roma con mezzi pacifici, e il 20 settembre il generale [[Raffaele Cadorna (1815-1897)|Cadorna]] aprì una breccia nelle mura romane. Vittorio Emanuele ebbe a dire:
 
{{Citazione|Con Roma capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l'impresa che ventitré anni or sono veniva iniziata dal mio magnanimo genitore.<ref>Pier Luigi Vercesi, ''L'Italia in prima pagina: i giornalisti che hanno fatto la storia'',
Francesco Brioschi Editore, 2008, pag.41</ref>}}
 
Quando gli eccitati ministri [[Giovanni Lanza|Lanza]] e [[Quintino Sella|Sella]] gli presentarono il risultato del plebiscito di Roma e Lazio, il Re rispose a Sella in [[lingua piemontese|piemontese]]:
: "''Ch'a staga ciuto; am resta nen àut che tireme 'n colp ëd revòlver; për lòn ch'am resta da vive a-i sarà nen da pijé." (Stia zitto; non mi resta altro che tirarmi un colpo di pistola; per il resto della mia vita non ci sarà niente più da prendere.)<ref>F. Martini,''Confessioni e Ricordi,'' pp. 152-3, citato da Antonio Gramsci ne ''Il Risorgimento'' pp. 171-2, in Edgard Holt,''The Making of Italy 1815-1870,'' Atheneum, New York (1971) p. 297.</ref>
 
==== La questione romana ====
Con Roma capitale si chiudeva la pagina del Risorgimento, anche se ancora mancavano a completamento dell'unità nazionale le cosiddette "[[Irredentismo italiano|terre irredente]]". Tra i vari problemi che il nuovo Stato dovette affrontare, dall'[[analfabetismo]] al [[brigantaggio]], dall'[[industrializzazione]] al [[diritto di voto]], vi fu oltre la nascita della famosa [[questione meridionale]], anche la "questione romana". Nonostante fossero stati riconosciuti al Pontefice speciali immunità, gli onori di Capo di Stato, una rendita annua e il controllo sul [[Vaticano]] e su [[Castel Gandolfo]], Pio IX rifiutava di riconoscere lo stato italiano per via dell'annessione di Roma al regno d'Italia avvenuta con la [[Breccia di Porta Pia]] e ribadiva, con la disposizione del [[Non expedit]] ([[1868]]), l'inopportunità per i cattolici italiani di partecipare alle elezioni politiche dello Stato italiano e, per estensione, alla vita politica. Inoltre il Pontefice inflisse la [[scomunica]] a Casa Savoia, vale a dire sia a Vittorio Emanuele II sia ai suoi successori, e insieme con loro a chiunque collaborasse al governo dello Stato; questa scomunica venne ritirata solo in punto di morte del Sovrano. Comunque Vittorio Emanuele, quando gli si accennava alla vicenda di Roma, mostrava sempre un malcelato fastidio tanto che, quando gli proposero di fare un ingresso trionfale a Roma e salire sul Campidoglio con l'elmo di Scipio rispose che per lui quell'elmo era: "Buono solo per cuocerci la pastasciutta!" <ref>[https://books.google.it/books?id=YaBfXGrurHsC&pg=PT36&dq=Buono+solo+per+cuocerci+la+pastasciutta!&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi14-elk9vJAhXKsxQKHbKODLMQ6AEIHjAA#v=onepage&q=Buono%20solo%20per%20cuocerci%20la%20pastasciutta!&f=false Carlo Fruttero, Massimo Gramellini, ''La Patria, bene o male'', Mondadori, 2011] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20151222101304/https://books.google.it/books?id=YaBfXGrurHsC&pg=PT36&dq=Buono+solo+per+cuocerci+la+pastasciutta!&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi14-elk9vJAhXKsxQKHbKODLMQ6AEIHjAA |data=22 dicembre 2015 }}</ref>. Infatti, se il padre era stato estremamente religioso, Vittorio Emanuele era uno scettico ma molto superstizioso <ref>[[Silvio Bertoldi]], ''Il re che fece l'Italia: vita di Vittorio Emanuele II di Savoia'', Rizzoli, 2002, p.97</ref> che subiva molto l'influenza del clero e l'ascendente del Pontefice.
 
==== Morte ====
[[File:La Tomba del Re Vittorio Emanuele II - DSC09277.JPG|thumb|upright=1.4|La [[Tomba]] di Vittorio Emanuele II - Padre della Patria si trova nel [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] a [[Roma]].]]
A fine dicembre dell'anno 1877 Vittorio Emanuele II, amante della caccia ma delicato di polmoni, passò una notte all'addiaccio presso il lago nella sua tenuta di caccia laziale; l'umidità di quell'ambiente gli risultò fatale.<ref>''I Savoia: mille anni di dinastia: storia, biografia e costume'', Franco Barbini, Margherita Giai, Giunti editore, 2002</ref> Secondo altri storici le febbri che portarono alla morte Vittorio Emanuele erano invece [[malaria|febbri malariche]], contratte proprio andando a caccia nelle zone paludose del Lazio.<ref>Vittorio Messori e Giovanni Cazzullo, ''Il Mistero di Torino'', Milano, Mondadori, 2005, ISBN 88-04-52070-1. p. 236</ref>
 
La sera del 5 gennaio [[1878]], dopo aver inviato un telegramma alla famiglia di [[Alfonso La Marmora]], da poco scomparso, Vittorio Emanuele II avvertì forti brividi di [[febbre]]. Il 7 gennaio venne divulgata la notizia delle gravi condizioni del Re. [[Papa Pio IX]], quando seppe della ormai imminente scomparsa del sovrano, volle inviare al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] monsignor Marinelli, incaricato forse di riceverne una ritrattazione e di accordare al Re morente i sacramenti, ma il prelato non fu ricevuto. Il Re ricevette gli ultimi sacramenti dalle mani del suo cappellano, monsignor d'Anzino, che si era rifiutato di introdurre Marinelli al suo capezzale, poiché si temeva che dietro l'azione di Pio IX si nascondessero degli scopi segreti.
 
Quando il medico gli chiese se voleva vedere il confessore, il Re ebbe un iniziale trasalimento, per poi dire «Ho capito» e autorizzare l'ingresso del cappellano, il quale rimase con Vittorio Emanuele II una ventina di minuti e andò alla parrocchia di San Vincenzo per prendere il viatico. Il parroco disse di non essere autorizzato a darglielo e per rimuovere la sua resistenza fu necessario l'intervento del vicario. Vittorio Emanuele II non perse mai conoscenza e rimase conscio fino all'ultimo, volendo morire da re: rantolante, si fece trarre sui cuscini, si buttò sulle spalle una giacca grigia da caccia e lasciò sfilare ai piedi del letto tutti i dignitari di corte salutandoli uno per uno con un cenno della testa. Infine chiese di restare solo con i principi Umberto e Margherita, ma all'ultimo fece introdurre anche [[Emanuele Alberto Guerrieri di Mirafiori|Emanuele]], il figlio avuto dalla [[Rosa Vercellana|Bela Rosin]], che per la prima volta si trovò di fronte al fratellastro Umberto, che non aveva mai voluto incontrarlo.<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|autore = Indro Montanelli|titolo = L'Italia dei notabili|anno = 1973|editore = Rizzoli Editore, Milano|città = }}</ref>
 
Il 9 gennaio, alle ore 14:30, il Re morì dopo 28 anni e 9 mesi di regno, assistito dai figli ma non dalla [[Rosa Vercellana|moglie morganatica]], cui fu impedito di recarsi al capezzale dai ministri del Regno. Poco più di due mesi dopo avrebbe compiuto 58 anni.
 
La commozione che investì il Regno fu unanime e i titoli dei giornali la espressero facendo uso della retorica tipica del periodo; Il Piccolo di Napoli titolò "È morto il più valoroso dei Maccabei, è morto il leone di Israele, è morto il Veltro dantesco, è morta la provvidenza della nostra casa. Piangete, o cento città d'Italia! piangete a singhiozzo, o cittadini!". "Chi sapeva, o gran re, di amarti tanto?" scrisse il poeta romano [[Fabio Nannarelli]]; perfino [[Felice Cavallotti]], co-fondatore dell'[[Estrema sinistra storica]] espresse il proprio cordoglio al nuovo re Umberto I. Tutta la stampa, compresa quella straniera, fu unanime nel cordoglio (ma giornali austriaci Neue Freie Presse e il Morgen Post non si unirono, com'era prevedibile, al lutto). [[L'Osservatore Romano]] scrisse: "Il re ha ricevuto i Santi Sacramenti dichiarando di domandare perdono al Papa dei torti di cui si era reso responsabile". L'[[Agenzia Stefani]] smentì immediatamente, ma la [[Curia romana|Curia]] smentì la smentita: la stampa laica insorse giungendo ad appellare Pio IX "avvoltoio" e accusandolo di "infame speculazione sul segreto confessionale"; quella che avrebbe potuto essere un'occasione di distensione si produsse, così, in un'ennesima polemica.<ref name="ReferenceA"/>
 
Vittorio Emanuele II aveva espresso il desiderio che il suo feretro fosse tumulato in Piemonte, nella [[Basilica di Superga]], ma [[Umberto I di Savoia|Umberto I]], accondiscendendo alle richieste del [[Comune di Roma]], approvò che la salma rimanesse in città, nel [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], nella seconda cappella a destra di chi entra, adiacente cioè a quella con l<nowiki>'</nowiki>''Annunciazione'' di [[Melozzo da Forlì]]. La sua tomba divenne la meta di pellegrinaggi di centinaia di migliaia di italiani, provenienti da tutte le regioni del Regno, per rendere omaggio al re che aveva unificato l'Italia. Si calcola che più di 200.000 persone abbiano preso parte ai [[funerali di Stato|funerali di Stato.]]<ref>[[Alfredo Comandini]], ''L'Italia nei cento anni del secolo XIX (1801-1900)'', 17 gennaio 1878, A. Vallardi, 1907</ref>
Stendendo il proclama alla nazione, Umberto I (che adottò il numerale I anziché IV, che avrebbe dovuto mantenere secondo la numerazione sabauda), così si espresse:
{{Citazione|Il vostro primo Re è morto; il suo successore vi proverà che le Istituzioni non muoiono!<ref>Leone Carpi, ''Il risorgimento italiano'', F. Vallardi, 1884, pag.154</ref>}}
 
[[Edmondo De Amicis]] fece così descrivere il funerale ai giovani personaggi del suo libro ''[[Cuore (romanzo)|Cuore]]'':
{{Citazione|...ottanta veli neri caddero, cento medaglie urtarono contro la cassa, e quello strepito sonoro e confuso, che rimescolò il sangue di tutti, fu come il suono di mille voci umane che dicessero tutte insieme: - Addio, buon re, prode re, leale re! Tu vivrai nel cuore del tuo popolo finché splenderà il sole sopra l'Italia.-|[[Cuore (romanzo)|Cuore]], [[Edmondo De Amicis]]}}
 
== In ricordo di Vittorio Emanuele II ==
[[File:5lirevittorioemanueleii1874front.jpg|thumb|upright=0.7|5 lire del [[1874]] raffiguranti Vittorio Emanuele II.]]
 
=== Vittoriano ===
[[File:Italien Rom Vittorio Emmanule Monument 1.JPG|left|thumb|Il Vittoriano.]]
{{vedi anche|Vittoriano}}
Per celebrare il «Padre della Patria», il Comune di Roma bandì un progetto per un'opera commemorativa, dal [[1880]], su volontà di [[Umberto I di Savoia]]. Ciò che venne costruito fu una delle più ardite opere architettoniche d'Italia nell'Ottocento: per erigerlo, venne distrutta una parte della città, ancora medioevale, e venne abbattuta anche la torre di [[papa Paolo III]]. L'edificio doveva ricordare il tempio di [[Atena Nike]], ad [[Atene]], ma le forme architettoniche ardite e complesse fecero sorgere dubbi sulle sue caratteristiche stilistiche. Oggi, al suo interno, è presente la tomba del Milite Ignoto.
 
=== Galleria Vittorio Emanuele II a Milano ===
{{vedi anche|Galleria Vittorio Emanuele II di Milano}}
Progettata da [[Giuseppe Mengoni]] (che vi morì), la Galleria Vittorio Emanuele II collega la Piazza della Scala al [[Duomo di Milano]], e venne realizzata mentre il Re era ancora in vita, a partire dal [[1865]]. Il progetto iniziale intendeva emulare le grandi opere di architettura erette in quegli anni in Europa, creando una galleria borghese nel cuore della città.
 
== La vita privata ==
Il Re non amava la vita di corte preferendo dedicarsi alla caccia e al gioco del biliardo che ai salotti mondani. Per la propria amante, e poi moglie morganatica, [[Rosa Vercellana]], acquistò i terreni ora noti come [[Parco regionale La Mandria]] e vi fece realizzare la residenza nota come [[Appartamenti Reali di Borgo Castello]]. Per i figli avuti da lei, Vittoria ed Emanuele di Mirafiori costruì all'interno della Mandria le cascine per l'allevamento dei cavalli "Vittoria" ed "Emanuella", quest'ultima ora nota come Cascina Rubbianetta.
 
Lo scrittore [[Carlo Dossi]], nel diario "Note azzurre", affermava che il re fosse virilmente "superdotato", che vivesse smodatamente le passioni sessuali e che nelle sue avventure avesse generato un numero assai rilevante di figli naturali.<ref>Carlo Dossi, Note Azzurre, numero 4595, riportata integralmente in {{cita web |url=http://archiviostorico.corriere.it/1993/gennaio/14/ecco_note_azzurre_luci_rosse_co_0_930114616.shtml |titolo=Copia archiviata |accesso=31 ottobre 2013 |urlmorto=no |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131101221758/http://archiviostorico.corriere.it/1993/gennaio/14/ecco_note_azzurre_luci_rosse_co_0_930114616.shtml |dataarchivio=1º novembre 2013 }}</ref> <ref>[http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=0000001400552 ''Nota numero 4595'']</ref>
 
== Discendenza ==
[[File:Bela Rosin.jpg|thumb|upright=0.7|La bela Rosin (1870 circa).]]
Sposò a [[Stupinigi]] il 12 aprile [[1842]] la cugina [[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]] dalla quale ebbe otto figli:
* [[Maria Clotilde di Savoia|Maria Clotilde]] (1843 - 1911),
* [[Umberto I di Savoia|Umberto]], principe del Piemonte (1844-1878) e re d'Italia (1878-1900)
* [[Amedeo I di Spagna|Amedeo]], Re di Spagna (1871-1873) e duca d'Aosta (1845-1890)
* [[Oddone Eugenio Maria di Savoia|Oddone Eugenio Maria]], duca di Monferrato ([[Torino]], 11 luglio [[1846]] - [[Genova]], 22 gennaio [[1866]])
* [[Maria Pia di Savoia|Maria Pia]] (16 ottobre [[1847]] - 17 luglio [[1911]]), [[regina del Portogallo]]
* Carlo Alberto, duca di Chiablese ([[Torino]], 2 giugno [[1851]] - [[Stupinigi]], 22 giugno [[1854]])
* Vittorio Emanuele ([[Torino]], 7 luglio [[1852]] - [[Torino]], 7 luglio [[1852]])
* Vittorio Emanuele Leopoldo, conte del Genevese ([[Torino]], 8 gennaio [[1855]] - [[Torino]], 17 maggio [[1855]])
 
Da [[Rosa Vercellana]] (soprannominata ''La bela Rosin'' in piemontese), per quasi trent'anni sua amante, Vittorio Emanuele II ebbe due figli [[Vittoria di Mirafiori|Vittoria]] ([[1848]]-[[1905]]) ed [[Emanuele Alberto Guerrieri di Mirafiori|Emanuele]].<ref>Danilo Tacchino, ''Torino. Storia e misteri di una provincia magica'', Edizioni Mediterranee, 2007, p. 152</ref>. Fu dal sovrano nominata nel [[1859]] contessa di Mirafiori e di Fontanafredda. Nel [[1864]] Rosina seguì il re a [[Firenze]], stabilendosi nella [[villa La Petraia]]. Nel [[1869]] il re si ammalò e, temendo di morire, sposò religiosamente a [[San Rossore]] Rosa Vercellana con un [[matrimonio morganatico]], ovvero senza l'attribuzione del titolo di regina. Il rito religioso si tenne il 18 ottobre di quell'anno, celebrato anche con rito civile, il 7 ottobre [[1877]], a [[Roma]].
 
Vittorio Emanuele ebbe inoltre numerose altre amanti, non solo tra le donne del popolo<ref>Una sua amante di alto rango fu « [...] Laura Bon, attrice famosa, spinta nelle braccia del re dallo stesso Cavour, che poco accettava la presenza della Vercelliana...» (In D. Tacchino, ''Op. cit. ibidem'')</ref>. Tali relazioni ebbero tutte breve durata e si conclusero talvolta con la nascita di figli a cui fu assegnato il cognome ''Guerrieri'' o ''Guerriero'' (che il re riservava appunto a questa sua discendenza) oltre che una pensione.<ref>Roberto Gervaso, ''La bella Rosina: amore e ragion di stato in Casa Savoia'', Bompiani, 1991, p. 104</ref> Uno di questi figli presunti sarebbe il generale [[Donato Etna|Donato Etna.]]<ref>« [...] nella cartella biografica dell'Archivio storico dello Stato maggiore dell'esercito, un appunto dattiloscritto dichiara l'E. figlio naturale di Vittorio Emanuele II».
(In Alessandro Brogi, ''Dizionario Biografico degli Italiani'' - Volume 43 (1993) alla voce "Donato Etna"</ref>
 
== Ascendenza ==
<div align="center">
{| class="wikitable"
|-
|-
| rowspan="16" align="center"| '''Vittorio Emanuele II di Savoia'''
| rowspan="8" align="center"| '''Padre:'''<br />[[Carlo Alberto di Savoia]]
| rowspan="4" align="center"| '''Nonno paterno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Luigi Vittorio di Savoia-Carignano]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Cristina Enrichetta d'Assia-Rotenburg]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna paterna:'''<br />[[Giuseppina Teresa di Lorena-Armagnac]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Luigi di Lorena, principe di Brionne]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />Luisa di Rohan-Rochefort
|-
| rowspan="4" align="center"| '''Nonna paterna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Curlandia]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Carlo di Sassonia]]
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />[[Augusto III di Polonia]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna paterna:'''<br />[[Maria Giuseppa d'Austria]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna paterna:'''<br />Francesca Corvin-Krasinska
| align="center"| '''Trisnonno paterno:'''<br />Stanislao Corvin-Krasinski
|-
| align="center" | '''Trisnonna paterna:'''<br />Aniela Humaniecka
|-
| rowspan="8" align="center"| '''Madre:'''<br />[[Maria Teresa d'Asburgo-Toscana]]
| rowspan="4" align="center"| '''Nonno materno:'''<br />[[Ferdinando III di Toscana]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno materno:'''<br />[[Leopoldo II d'Asburgo-Lorena]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Francesco I di Lorena]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Maria Teresa d'Austria]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna materna:'''<br />[[Maria Ludovica di Borbone-Napoli]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Carlo III di Spagna]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Maria Amalia di Sassonia]]
|-
| rowspan="4" align="center"| '''Nonna materna:'''<br />[[Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli]]
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonno materno:'''<br />[[Ferdinando I delle Due Sicilie]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Carlo III di Spagna]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Maria Amalia di Sassonia]]
|-
| rowspan="2" align="center"| '''Bisnonna materna:'''<br />[[Maria Carolina d'Austria]]
| align="center"| '''Trisnonno materno:'''<br />[[Francesco I di Lorena]]
|-
| align="center"| '''Trisnonna materna:'''<br />[[Maria Teresa d'Austria]]
|}
</div>
 
=== Ascendenza patrilineare ===
# [[Umberto I Biancamano|Umberto I]], [[conte di Savoia]], circa 980-1047
# [[Oddone di Savoia|Oddone]], conte di Savoia, 1023-1057
# [[Amedeo II di Savoia|Amedeo II]], conte di Savoia, 1046-1080
# [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II]], conte di Savoia, 1065-1103
# [[Amedeo III di Savoia|Amedeo III]], conte di Savoia, 1087-1148
# [[Umberto III di Savoia|Umberto III]], conte di Savoia, 1136-1189
# [[Tommaso I di Savoia|Tommaso I]], conte di Savoia, 1177-1233
# [[Tommaso II di Savoia|Tommaso II]], conte di Savoia, 1199-1259
# [[Amedeo V di Savoia|Amedeo V]], conte di Savoia, 1249-1323
# [[Aimone di Savoia (1291-1343)|Aimone]], conte di Savoia, 1291-1343
# [[Amedeo VI di Savoia|Amedeo VI]], conte di Savoia, 1334-1383
# [[Amedeo VII di Savoia|Amedeo VII]], conte di Savoia, 1360-1391
# [[Amedeo VIII di Savoia|Amedeo VIII]] (Antipapa Felice V), [[principe di Piemonte]], 1383-1451
# [[Ludovico di Savoia|Ludovico]], principe di Piemonte, 1413-1465
# [[Filippo II di Savoia|Filippo II]], principe di Piemonte, 1443-1497
# [[Carlo II di Savoia|Carlo II]], principe di Piemonte, 1486-1553
# [[Emanuele Filiberto di Savoia|Emanuele Filiberto]], principe di Piemonte, 1528-1580
# [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]], principe di Piemonte, 1562-1630
# [[Tommaso Francesco di Savoia|Tommaso Francesco]], [[principe di Carignano]], 1596-1656
# [[Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano|Emanuele Filiberto]], principe di Carignano, 1628-1709
# [[Vittorio Amedeo I di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo I]], principe di Carignano, 1690-1741
# [[Luigi Vittorio di Savoia-Carignano|Luigi Vittorio]], principe di Carignano, 1721-1778
# [[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo II]], principe di Carignano, 1743-1780
# [[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano|Carlo Emanuele]], principe di Carignano, 1770-1800
# [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], [[re di Sardegna]], 1798-1849
# '''Vittorio Emanuele II''', [[re d'Italia]], 1820-1878
 
== Titoli ==
[[File:Royal Monogram of King Victor Emmanuel II of Italy.svg|thumb|Il monogramma personale di re Vittorio Emanuele II.]]
=== Titoli ===
Sua Maestà Vittorio Emanuele II, per grazia di Dio e per volontà della Nazione,
{{div col}}
* [[Re d'Italia]],
* [[Re di Sardegna]],
* [[Regno di Cipro|Re di Cipro]], di [[re di Gerusalemme|Gerusalemme]] e di [[Elenco dei monarchi del regno armeno di Cilicia|Armenia]],
* duca di [[Ducato di Savoia|Savoia]],
* principe di [[Carignano (Italia)|Carignano]],
* [[principe di Piemonte]],
* principe di [[Oneglia]],
* principe di [[Poirino]],
* principe di [[Trino]],
* principe e vicario perpetuo del [[Sacro Romano Impero]],
* principe di [[Carmagnola]],
* principe di [[Montmélian]] con [[Arbin]] e [[Francin]],
* principe balì del ducato di [[Aosta]],
* principe di [[Chieri]],
* principe di [[Dronero]],
* principe di [[Crescentino]],
* principe di Riva di [[Chieri]] e [[Banna (torrente)|Banna]],
* principe di [[Busca]],
* principe di Bene, principe di [[Bra]],
* [[Savoia-Genova|duca di Genova]],
* duca di [[Monferrato]],
* duca d'[[Aosta]],
* duca del [[Chiablese]],
* duca del [[Canton Ginevra|Genevese]],
* duca di [[Brescia]],
* duca di [[Piacenza]],
* duca di [[Carignano Ivoy]],
* [[marchese di Ivrea]],
* [[marchese di Saluzzo]],
* marchese di [[Susa (Italia)|Susa]], marchese di [[Ceva]],
* marchese del [[Maro]], marchese di [[Oristano]],
* marchese di [[Cesana Torinese|Cesana]],
* marchese di [[Savona]],
* marchese di [[Tarantasia]],
* marchese di [[Borgomanero]] e [[Cureggio]],
* marchese di [[Caselle Torinese|Caselle]],
* marchese di [[Rivoli]],
* marchese di [[Pianezza]],
* marchese di [[Govone]],
* marchese di [[Salussola]],
* marchese di [[Racconigi]], con [[Tegerone]], [[Migliabruna]] e [[Motturone]],
* marchese di [[Cavallermaggiore]],
* marchese di [[Marene]],
* marchese di [[Modane]] e di [[Lanslebourg-Mont-Cenis|Lanslebourg]],
* marchese di [[Livorno Ferraris]],
* marchese di [[Santhià]],
* marchese di [[Agliè]],
* marchese di [[Barge]],
* marchese di [[Centallo]] e [[Demonte]],
* marchese di [[Desana]],
* marchese di [[Ghemme]],
* marchese di [[Vigone]],
* marchese di [[Villafranca]],
* conte di [[Moriana]],
* [[conte di Ginevra]],
* conte di [[Nizza]], conte di [[Tenda (Francia)|Tenda]],
* conte di [[Romont (Francia)|Romont]], [[Contea di Asti (età moderna)|conte di Asti]],
* conte di [[Alessandria]],
* conte del [[Goceano]],
* conte di [[Novara]],
* conte di [[Tortona]],
* conte di [[Bobbio]],
* conte di [[Soissons]],
* conte dell'[[Secondo Impero francese|Impero Francese]],
* conte di [[Sant'Antioco (Italia)|Sant'Antioco]],
* [[conte di Pollenzo]],
* conte di [[Roccabruna (Francia)|Roccabruna]],
* conte di [[Tricerro]],
* conte di [[Bairo]],
* conte di [[Ozegna]],
* conte delle [[Apertole]],
* barone di [[Vaud]] e del [[Faucigny (Alta Savoia)|Faucigny]],
* alto signore di [[Principato di Monaco|Monaco]] e di [[Mentone]],
* signore di [[Vercelli]],
* signore di [[Pinerolo]],
* signore della [[Lomellina]] e [[Valle Sesia]],
* nobil homo [[patrizio Veneto]],
* patrizio di [[Ferrara]].
{{div col end}}
 
== Onorificenze ==
=== Onorificenze italiane ===
{{Onorificenze
|immagine=Order of the Most Holy Annunciation BAR.svg
|nome_onorificenza=Gran maestro e cavaliere dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata
|collegamento_onorificenza=Ordine supremo della Santissima Annunziata
|motivazione=
|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Cavaliere di gran Croce Regno SSML BAR.svg
|nome_onorificenza=Gran maestro e cavaliere di gran croce dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|collegamento_onorificenza=Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Cavaliere_di_gran_croce_OMS_BAR.svg
|nome_onorificenza=Gran maestro e cavaliere di gran croce dell'Ordine militare di Savoia
|collegamento_onorificenza=Ordine militare di Savoia
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|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Cavaliere di Gran Croce OCI Kingdom BAR.svg
|nome_onorificenza=Gran maestro dell'ordine della Corona d'Italia
|collegamento_onorificenza=Ordine della Corona d'Italia
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Ordine Civile di Savoia BAR.svg
|nome_onorificenza=Gran maestro dell'Ordine civile di Savoia
|collegamento_onorificenza=Ordine al merito civile di Savoia
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|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Valor militare gold medal - old style BAR.svg
|nome_onorificenza=Medaglia d'oro al valor militare
|collegamento_onorificenza=Valor militare
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Valor_militare_silver_medal_BAR.svg
|nome_onorificenza=Medaglia d'argento al valor militare
|collegamento_onorificenza=Valor militare
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}}
{{Onorificenze
|immagine=CivicaRoma.png
|nome_onorificenza=Medaglia ai benemeriti della liberazione di Roma 1849-1870
|collegamento_onorificenza= Medaglia ai Benemeriti della Liberazione di Roma 1849-1870
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}}
{{Onorificenze
|immagine=CampagneGuerreIndipendenza.png
|nome_onorificenza=Medaglia commemorativa delle campagne delle guerre d'indipendenza (7 barrette)
|collegamento_onorificenza=Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
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|luogo=
}}
 
=== Onorificenze straniere ===
{{Onorificenze
|immagine=Royal Order of Kamehameha I Grand Cross.gif
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale di Kamehameha I
|collegamento_onorificenza=Ordine Reale di Kamehameha I
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Orderelefant ribbon.png
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca)
|collegamento_onorificenza=Ordine dell'Elefante
|motivazione=
|luogo=2 settembre [[1861]]
}}
{{Onorificenze
|immagine=Order of the Garter UK ribbon.png
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera (Regno Unito)
|collegamento_onorificenza=Ordine della Giarrettiera
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Order of the Golden Fleece Rib.gif
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (ramo austriaco)
|collegamento_onorificenza=Toson d'Oro
|motivazione=
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}}
{{Onorificenze
|immagine=Ord.SanGiuseppe-GC.png
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San Giuseppe (Granducato di Toscana)
|collegamento_onorificenza=Ordine di San Giuseppe
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|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Ruban de la Médaille militaire.PNG
|nome_onorificenza=Médaille militaire (Impero francese)
|collegamento_onorificenza=Médaille militaire
|motivazione=
|luogo=
}}
{{Onorificenze
|immagine=Seraphimerorden ribbon.svg
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia)
|collegamento_onorificenza=Ordine dei Serafini
|motivazione=
|luogo=30 agosto [[1861]]
}}
{{Onorificenze
|immagine=1859 Francese.png
|nome_onorificenza=Medaille Commémorative de la Campagne d'Italie de 1859 (Impero francese)
|collegamento_onorificenza=Médaille commémorative de la campagne d'Italie (1859)
|motivazione=
|luogo=
}}
 
=== Monumenti a Vittorio Emanuele ===
<gallery>
File:Ferrara - Museo del Risorgimento e della Resistenza - Monumento a Vittorio Emanuele II di Savoia.jpg|[[Ferrara]]
File:Monumento a Vittorio Emanuele II.JPG|[[Firenze]]
File:Genova-DSCF8904.JPG|[[Genova]]
File:Giulianova piazzalibertà.jpg|[[Giulianova]]
File:Vittorio Emanuele II by Augusto Rivalta Livorno.jpg|[[Livorno]]
File:IMG 3196 Monumento a Vittorio Emanuele II, Milano - Foto Giovanni Dall'Orto, 3-gen-2006.jpg|[[Milano]]
File:Palazzo Reale di Napoli - Vittorio Emanuele II.jpg|[[Napoli]]
File:Vittorio Emanuele II statua Piazza Bovio Napoli C.jpg|[[Napoli]]
File:Vittorio Em II.jpg|[[Perugia]]
File:Statue Vittorio-Emmanuele II Vittoriano.jpg| [[Roma]]
File:Giulio-Monteverdi-Vittorio-Emanuele-II-Rovigo.JPG|[[Rovigo]]
File:Sassari - Piazza d'Italia (05).JPG| [[Sassari]]
File:Monumento vittorio emanuele II Torino.JPG|[[Torino]]
File:Statua di Vittorio Emanuele II a Trapani.jpg|[[Trapani]]
Monument to Victor Emmanuel II (Venice).jpg|[[Venezia]]
File:IMG 4863 - Intra - Monumento a Vittorio Emanuele II - Foto Giovanni Dall'Orto - 3 febr 2007.jpg|[[Verbania]]
File:Vittorio Emanuele II, VR.JPG|[[Verona]]
File:Statua di re Vittorio Emanuele II a Vicenza.jpg|[[Vicenza]]
</gallery>
 
== Vittorio Emanuele nella cultura di massa ==
* ''[[Ottocento (miniserie televisiva)|Ottocento]]'', di [[Anton Giulio Majano]] [[1959]]
* ''[[Viva l'Italia!]]'', di [[Roberto Rossellini]] [[1961]]
* ''[[Vita di Cavour]]'', di [[Piero Schivazappa]] [[1967]]
* ''[[Il generale (miniserie televisiva)|Il generale]]'', di [[Luigi Magni]] (1987)
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* [[Giovanni Artieri]], ''Cronaca del Regno d'Italia'', vol. I, Milano, Mondadori, 1977.
* [[Francesco Cognasso]], ''I Savoia'', Torino, Paravia, 1971.
* [[Piero Operti]], ''Storia d'Italia'', vol. II, Gherardo Casini, Roma, 1963.
* [[Niccolò Rodolico]], ''Storia degli Italiani'', Sansoni, Firenze, 1964.
* [[Denis Mack Smith]], ''Storia d'Italia''. Roma-Bari, Editori Laterza, 2000. ISBN 88-420-6143-3
* [[Guido Vincenzoni]], ''Vittorio Emanuele II'', Milano, Casa editrice Moderna, s.i.d.
* [[Gioacchino Volpe]], ''Scritti su Casa Savoia'', Giovanni Volpe editore, Roma, 1983.
* [[Silvio Bertoldi]], ''Il re che fece l'Italia: vita di Vittorio Emanuele II di Savoia''. Milano, Rizzoli, 2002. pp.&nbsp;317.
* [[Lorenzo Del Boca]], ''Maledetti Savoia''. Casale Monferrato, Piemme, 1998. pp.&nbsp;287.
* [[Lorenzo Del Boca]], ''Indietro Savoia!: storia controcorrente del Risorgimento ''. Casale Monferrato, Piemme. 2003, pp.&nbsp;281.
* [[Pier Francesco Gasparetto]], ''Vittorio Emanuele II''. Milano, Rusconi, 1984. pp.&nbsp;241 (Le vite).
* Denis Mack Smith, ''Vittorio Emanuele II''. Milano, Mondadori, 1995. pp.&nbsp;XIII-329 (Oscar saggi; 436) (1ª ed. Bari, Laterza, 1972).
* [[Paolo Pinto]], ''Vittorio Emanuele II: il re avventuriero''. Milano, Mondadori, 1997. pp.&nbsp;513 (Oscar storia; 136).
* [[Gianni Rocca]], ''Avanti, Savoia!: miti e disfatte che fecero l'Italia, 1848-1866''. Milano, Mondadori, 1993, pp.&nbsp;334 (Le scie).
* [[Aldo A. Mola]]. ''Storia della Monarchia in Italia''. Milano, Bompiani, 2002.
* [[Angelo Manna]], ''Briganti furono loro, quegli assassini dei fratelli d'Italia'', Napoli, Sun Books, 1996, pp.&nbsp;186.
 
== Voci correlate ==
* [[W Verdi]]
* [[Casa Savoia]]
* [[Regno di Sardegna (1720-1861)]]
* [[Regno d'Italia (1861-1946)]]
* [[Risorgimento]]
* [[Camillo Benso conte di Cavour]]
* [[Giuseppe Garibaldi]]
* [[Giuseppe Mazzini]]
* [[Vittoriano]]
* [[Borgo Castello nel parco de La Mandria]]
* [[Rosa Vercellana]]
 
== Altri progetti ==
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