Storia dell'Alto Adige e Stadio Alvear e Tagle: differenze tra le pagine

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{{Impianto sportivo
[[File:Alto_Adige_-_Mappa.svg|thumb|L'Alto Adige nei suoi confini fissati nel [[1948]].]]
|nomestadio = Estadio Alvear y Tagle
[[File:Musikkapelle-StGeorgen.jpg|thumb|Una ''[[Musikkapelle]]'' in costumi tradizionali tirolesi]]
|soprannome =
La '''storia dell<nowiki>'</nowiki>Alto Adige''' comprende le vicende storiche inerenti al territorio della [[province d'Italia|provincia]] [[provincia autonoma di Bolzano|di Bolzano]], in [[Italia]]. Le vicende storiche dell'Alto Adige vengono anche definite ''storia del [[Südtirol|Sudtirolo]]'',<ref>[[Sebastiano Vassalli]], ''Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia'', Milano, Rizzolli, 2015.</ref> anche se storicamente con questo termine si indicava anche il [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] o il [[Trentino-Alto Adige]].
|immagine = Estadio Alvear y Tagle.jpg
|ubicazione = [[Buenos Aires]]
|nazione = ARG
|uso = Calcio
|usoLink = Calcio (sport)
|annofondazione = [[1921]]
|annoapertura = [[1923]]
|annochiusura= [[1937]]
|annodemolizione= [[1938]]
|ristrutturazione=
|usufruttuario = {{Calcio River Plate}}
|disciplina usufruttuario = [[calcio (sport)|Calcio]]
|materiale superficie = Erba
|dimensioni terreno = {{Val|102|x|85|ul=m}}<ref>{{Cita|AFA 1927|p. 98}}.</ref>
|costo =
|progetto = Bernardo Messina, Juan Vaggo<ref name=estadios>{{Cita web|lingua=es|url=http://www.sitioriverplatense.com.ar/estadios-ant.htm|titolo=El cuarto estadio|editore=sitioriverplatense.com.ar|accesso=6 dicembre 2011}}</ref>
|struttura = rettangolare
|copertura = Nessuna
|proprietario= Ferrocarril Pacífico
}}
L<nowiki>'</nowiki>'''Estadio Alvear y Tagle''' è stadio uno [[stadio]] calcistico di [[Buenos Aires]], in [[Argentina]]; aveva una capacità massima di 40.000 persone.<ref name=cs29>{{Cita web|lingua=en|url=http://www.rsssf.com/tables/29safull.html|titolo=Southamerican Championship 1929|editore=[[RSSSF]]|accesso=6 dicembre 2011}}</ref>
 
==Storia==
L'Alto Adige, in antichità abitato da popolazioni di origine [[reti]]ca, fu conquistato nel 15 a.C. dai [[Civiltà romana|romani]], che imposero la loro cultura. Dopo il crollo dell'[[Impero romano d'Occidente]] nel 476, la zona passò al [[Regno d'Italia]] di [[Odoacre]], poi agli [[ostrogoti]], ai [[impero bizantino|bizantini]], ai [[longobardi]] e infine ai [[franchi]], entrando a far parte del [[Sacro Romano Impero]]. In seguito, il territorio subì un lungo processo di [[germanizzazione]], soprattutto ad opera dei [[bavari|baiuvari]]. Nell'XI secolo, il suo territorio fu spartito dalla [[dinastia salica]] fra i [[principe vescovo|principi vescovi]] di [[Trento]], [[Bressanone]] e [[Diocesi di Coira|Coira]]. Il loro potere fu poi gradualmente eroso dalla [[contea del Tirolo]], nata sotto i conti Albertini a partire dagli inizi del [[XIII secolo]] e poi passata dal 1363 alla casata degli [[Casa d'Asburgo|Asburgo]], seguendone le sorti. Tra il 1810 e il 1814 la parte meridionale e quella orientale della provincia appartennero al [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia napoleonico]] come parte del [[Dipartimento dell'Alto Adige]] e [[Dipartimento della Piave]]. Nel 1814 l'Alto Adige, in quanto parte del [[Tirolo]], passò assieme al Trentino all'[[impero austriaco]] e nel 1867 all'[[Impero austro-ungarico|Austria-Ungheria]]. Alla fine della [[prima guerra mondiale]], a seguito della sconfitta dell'impero austro-ungarico, il territorio venne annesso al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
Il terreno fu affittato al River dalla Ferrocarril Pacífico nel [[1922]], inizialmente con un contratto quinquennale da 500 [[peso argentino|pesos]] al mese.<ref name=estadios /> Lo stadio fu edificato a [[La Recoleta]] dal [[1921]] al [[1923]], anno della sua apertura al pubblico: l'inaugurazione si tenne il 20 maggio 1923.<ref name=estadios /> In precedenza, il River giocava i suoi incontri a La Boca, che fu il suo stadio di casa tra il [[1915]] e il [[1923]];<ref>{{Cita web|lingua=en|url=http://www.rsssf.com/tablesr/riverplate.html|titolo=Club Atlético River Plate|autore=Osvaldo Gorgazzi|editore=[[RSSSF]]|accesso=6 dicembre 2011}}</ref> all'epoca l'Alvear y Tagle era considerato uno stadio tra i più prestigiosi del Paese.<ref>{{Cita web|lingua=es|url=http://www.buenosaires.gov.ar/areas/deportes/clubes/detalle.php?id=41|titolo=Institución: Club Atlético River Plate|editore=buenosaires.gov.ar|accesso=6 dicembre 2011|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120203020903/http://www.buenosaires.gov.ar/areas/deportes/clubes/detalle.php?id=41|dataarchivio=3 febbraio 2012}}</ref> Nel [[1928]] al complesso fu aggiunta una piscina, e vi si tennero anche incontri di [[pugilato]].<ref name=estadios /> Nel [[1929]] lo stadio fu teatro del [[Campeonato Sudamericano de Football]], e ospitò la gara d'apertura del torneo tra {{NazNB|CA|PRY}} e {{NazNB|CA|URY}}.<ref name=cs29 /> Insieme all'[[Estadio Gasómetro]], casa del [[Club Atlético San Lorenzo de Almagro|San Lorenzo]], e allo stadio dell'Independiente, fu tra le sedi degli incontri: l'unica altra gara disputata all'Alvear y Tagle fu Uruguay-{{NazNB|CA|PER}} dell'11 novembre.<ref name=cs29 /> Lo stadio fu demolito in seguito all'inaugurazione del [[Stadio monumentale Antonio Vespucio Liberti|Monumental]].<ref name=estadios />
 
==Note==
Dopo la [[seconda guerra mondiale]], il territorio in base all'[[Accordo De Gasperi-Gruber|Accordo di Parigi]] del 1946 siglato fra l'Italia e l'[[Austria]], rimase sotto la giurisdizione dello stato italiano, che riconobbe nella [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione]] [[italia|repubblicana]] del 1948 i diritti specifici di tutela della minoranza germanofona, concedendo, allo scopo, lo status di [[regione italiana a statuto speciale|regione autonoma]] al [[Trentino-Alto Adige]] (analogamente a quanto fatto in altre quattro regioni). Nel 1972 l'accordo, dopo l'internazionalizzazione della questione sudtirolese dinnanzi l'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]], venne aggiornato ed ampliato con l'istituzione della [[Regioni d'Italia|provincia autonoma]] di Bolzano, con ampie competenze e ambiti di autogoverno.
<references />
 
==Bibliografia==
Sul territorio altoatesino, che fu segnato da una forte politica di [[italianizzazione (fascismo)|italianizzazione]] durante l'[[fascismo|epoca fascista]] e da episodi di terrorismo secessionista da parte del ''[[Befreiungsausschuss Südtirol]]'' (BAS) nel secondo dopoguerra, coesistono in modo pacifico, seppur non esente da tensioni, popolazioni di [[lingua tedesca]], [[lingua italiana|italiana]] e [[lingua ladina|ladina]].
*{{Cita libro|url=http://biblioteca.afa.org.ar/libros/libro_30/|titolo=Planillas de afiliación 1927|città=Buenos Aires|anno=1928|autore=[[Asociación del Fútbol Argentino]]|editore=|cid=AFA 1927|lingua=es}}
 
== Preistoria ==
 
I rinvenimenti [[archeologia|archeologici]] dimostrano la presenza dell'uomo nelle valli dell'odierno Alto Adige dopo la fine dell'ultima [[glaciazione]], intorno al 12&nbsp;000 a.C. Reperti provenienti dall'[[Alpe di Siusi]] sono databili al [[paleolitico]] inferiore.<ref>Reimo Lunz, ''Steinzeit-Funde von der Seiser Alm'' (Archäologisch-historische Forschungen in Tirol, 3), Calliano, Manfrini, 1982.</ref> Accampamenti di cacciatori [[mesolitico|mesolitici]] risalenti all'VIII millennio a.C. sono stati scoperti nei fondi valle presso [[Bolzano]], [[Bressanone]], [[Valle Aurina]]<ref>Markus Mahlknecht, ''Mesolithische Funde aus dem Ursprungtal (Rein)'', in «[[Der Schlern]]», 81 (2007), pp. 17-19.</ref> e [[Salorno]].<ref>Marta Bazzanella, Ursula Wierer, ''Die mesolithische Fundstelle am Galgenbühel in Salurn, Südtirol: eine Sauveterrienstation im Etschtal'', in «[[Der Schlern]]», 75 (2001), pp. 116-128.</ref>
La celebre [[mummia del Similaun]], nota anche come ''Ötzi'', avrebbe un'età di circa 5&nbsp;300 anni. Questo la pone nell'età del rame, momento di transizione tra il [[neolitico]] e l'età del bronzo. Sepolcri in pietra del 2000 a.C. sono stati localizzati ad [[Appiano sulla Strada del Vino|Appiano]]. Il [[clima]] era ancora più mite di oggi, come dimostrano i reperti localizzati in grotte della [[Val Pusteria]].
 
Per l'[[età del bronzo]] (1800-1300 a.C.) sono attestati insediamenti sia nelle valli principali che in quelle secondarie, localizzati su terrazzi alluvionali e su siti d'altura. Intorno al 1500 a.C., l'uomo si spinse più in alto, lasciando le vallate di mezzamontagna, per estrarre il rame in [[Valle Aurina]] e [[Valle Isarco|d'Isarco]]. Durante l'età del bronzo e del [[età del ferro|ferro]] nella regione sono attestate culture locali autoctone che occupavano approssimativamente l'area del [[Tirolo|Tirolo storico]].
 
Appartiene alla tarda età del bronzo e alla prima età del ferro la [[cultura di Luco-Meluno]], che prende il nome da due importanti siti archeologici presso Bressanone.<ref>Cfr. a proposito Walter Leitner, ''Eppan - St. Pauls, eine Siedlung der späten Bronzezeit: ein Beitrag zur inneralpinen Laugen/Melaun-Kultur'', 2 voll., Innsbruck, Università di Innsbruck, 1987.</ref> Essa ebbe origine nel XIV secolo a.C. nella [[valle dell'Adige]] tra [[Trento]] e Bolzano, da dove si diffuse fino ad occupare all'incirca l'area del Trentino a nord di [[Rovereto]], dell'Alto Adige, del [[Distretto di Lienz|Tirolo Orientale]] e della Bassa [[Engadina]].<ref>Gleirscher 1992.</ref> La cultura di Luco-Meluno è caratterizzata da un particolare stile di ceramica riccamente decorata, mentre la produzione metallurgica è influenzata dalle culture circostanti. Gli appartenenti a questa cultura cremavano i loro morti e raccoglievano i resti in urne che poi venivano sepolte in modo simile alla [[cultura dei campi di urne]], attestatasi in questo stesso periodo nelle valli del [[Tirolo Settentrionale]]. I santuari nei quali venivano adorate le divinità si trovavano su colline sovrastanti le vallate e vicino a corsi d'acqua e laghi, spesso anche in aree remote. I ricchi corredi funebri rinvenuti dagli archeologi dimostrano che la cultura di Luco-Meluno raggiunse il suo apice tra il XIII e l'XI secolo a.C., soprattutto grazie all'estrazione del [[rame]], materiale necessario per la produzione del [[bronzo]].
 
Intorno al 500 a.C. si sviluppò la [[cultura di Fritzens-Sanzeno]], conosciuta anche come la cultura dei [[Reti]], che prese il posto della cultura di Luco-Meluno a sud dello spartiacque alpino e della cultura dei campi d'urne a nord dello stesso.<ref name="Gleirscher 1991">Gleirscher 1991.</ref> Il nome di "Reti" per queste popolazioni viene tramandato dagli scrittori [[Storia romana|romani]]; la sua origine è incerta ([[Gaio Plinio Secondo|Plinio]] lo attribuiva a un loro antico capo, ''Raetus''<ref>''[[Naturalis historia|Nat. Hist.]]'' III.133: ''Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto'' ("Si ritiene che i Reti siano una stirpe etrusca scacciata dai Galli [e postasi] sotto il comando di Reto").</ref>), mentre sia [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]]<ref>Gaio Plinio Secondo,''Naturalis Historia'', III, 133</ref> sia lo storico romano [[Tito Livio]]<ref>Tito Livio,''Storie'', V, 33, 11</ref> affermano che i [[Reti]] sarebbero della stessa etnia degli [[Etruschi]]. Per altri il nome sembra connesso con la principale divinità di questi popoli, la dea [[Rezia|Raetia]].<ref name="Gleirscher 1991"/> Come nella precedente cultura di Luco-Meluno, è la ceramica riccamente decorata che contraddistingue Fritzens-Sanzeno, mentre la lavorazione degli oggetti di metallo è influenzata dalle civiltà degli [[Etruschi]] e dei [[Celti]]. Tipici della [[cultura di Fritzens-Sanzeno]] sono i luoghi di culto, peraltro già frequentati dalla cultura di Luco-Meluno, certi tipi di [[fibula (spilla)|fibula]], particolari armature in bronzo e un alfabeto di derivazione [[Etruschi|etrusca]].
 
== Epoca romana ==
{{vedi anche|Conquista di Rezia ed arco alpino sotto Augusto}}
[[File:Drusus the elder bust.jpg|thumb|[[Druso maggiore|Druso Maggiore]]]]
[[File:Droysens Hist Handatlas S17 Germanien.jpg|thumb|left|Le provincie della Rezia e del Norico]]
[[File:Shepherd Map of Ancient Italy, Northern Part.jpg|thumb|L'[[Italia (epoca romana)#L.27Italia augustea .2830 a. C. - 14 d. C..29|Italia augustea]], con la Regio X "Venetia et Histria"]]
Nel [[16 a.C.]] e [[15 a.C.]], i [[Civiltà romana|Romani]] sotto [[Druso maggiore|Druso]] e [[Tiberio]] occuparono il territorio [[alpi]]no, spingendosi fino alle rive del [[Danubio]]. La parte settentrionale dell'odierno Alto Adige venne divisa fra le due [[Provincia romana|province]] [[Rezia]] (''Raetia prima'' e ''Raetia secunda'') e [[Norico]] (''Noricum''), mentre quella meridionale che includeva la Val d'Adige fino all'altezza di Merano venne inclusa nella [[Regio X Venetia et Histria]]. L'insediamento di maggiori dimensioni finora noto è Sebatum/[[San Lorenzo di Sebato]], un importante snodo stradale.<ref>[http://www.mansio-sebatum.it/ Museo Mansio Sebatum]</ref>
 
Il [[Impero romano|periodo romano]] si protrasse per cinque secoli e lasciò profonde tracce nella regione che fu fortemente [[lingue romanze|latinizzata]]. Le popolazioni autoctone, quali [[Isarci]], [[Breuni]], [[Venosti]], svilupparono una parlata neolatina nella quale si fuse il sostrato retico-[[celti]]co, il cosiddetto [[lingue retoromanze|retoromanzo]].<ref>{{de}} Günter Holtus, Michael Metzeltin, Christian Schmitt (a cura di), ''Lexikon der Romanistischen Linguistik'', vol. III: ''Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete von der Renaissance bis zur Gegenwart. Rumänisch, Dalmatisch / Istroromanisch, Friaulisch, Ladinisch, Bündnerromanisch'', Niemeyer, Tübingen, 1989.</ref> Fanno parte di questo [[gruppo linguistico]] le odierne varianti del [[lingua ladina|ladino]], oltre al [[lingua romancia|romancio]] e al [[lingua friulana|friulano]].
 
Secondo la controversa [[teoria della continuità|teoria etnolinguistica della continuità]], invece, le popolazioni alpine parlavano un idioma romanzo già prima della conquista romana. Secondo questa teoria, il ladino sarebbe una lingua italide modificata da influssi slavi attribuibili a cercatori di rame provenienti dall'area balcanica durante l'età del bronzo.<ref>Alinei 2000, p. 747-750</ref> Questa teoria si scontra però col fatto che la presenza di [[Slavi]] nei Balcani è accertata solo a partire dai tempi delle invasioni di [[Attila]], intorno al 440 d.C.<ref>W.B. Lockwood, ''A Panorama of Indo-European Languages'', p. 56.</ref><ref>{{en}} Walter Pohl, ''Conceptions of Ethnicity in Early Medieval Studies'', in ''Debating the Middle Ages: Issues and Readings'', a cura di Lester K. Little e Barbara H. Rosenwein, London, Blackwell, 1998, pp. 13-24.</ref>
 
Dopo l'anno 400 d.C., nella tarda romanità, si diffuse il [[cristianesimo]], influenzando in misura crescente la vita pubblica e privata. La sede vescovile di [[Monastero di Sabiona|Sabiona]], presso l'odierna [[Chiusa (Italia)|Chiusa]], ebbe un ruolo importante nella cristianizzazione del territorio.<ref>{{de}} Josef Riedmann, ''Das Bistum Säben. Von Aquileia nach Salzburg'', in ''Brüche und Brücken. Kulturtransfer im Alpenraum von der Steinzeit bis zur Gegenwart'', a cura di Johann Holzner et al., Vienna-Bolzano, Folio, 2005, pp. 223-235.</ref>
 
== Alto Medioevo ==
[[File:Karte Herzogtum Bayern im 10. Jahrhundert.png|thumb|left|Massima espansione territoriale del ducato di Baviera (952-976)]]
[[File:Oswald von Wolkenstein 2.jpg|thumb|upright=0.7|Oswald von Wolkenstein, 1377-1445]]
[[File:DO-Ballei Bozen.png|thumb|upright=0.7|Il Baliato medievale dell'[[Ordine teutonico|Ordine Teutonico]]]]
Con la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] nel 476 d.C., la regione fu inclusa nel Regno di [[Odoacre]] e successivamente nel [[Regno ostrogoto|Regno degli Ostrogoti]] (493-553). Dopo la caduta del regno ostrogoto, nel 558-559 fu la volta dei [[Longobardi]], che annetterono al loro [[Regno longobardo|regno]] la regione. Bolzano e parte delle valli d'Adige e d'Isarco (da Maia-Merano a Sabiona) entrarono a far parte del [[ducato di Trento]]. I [[Bavari|Baiuvari]] e i [[Franchi]] a più riprese penetrarono in Val Venosta e Val Pusteria, questi ultimi favoriti dagli alleati Longobardi, che continuarono a controllare il Ducato di Trento.
 
All'inizio dell'[[VII secolo]] anche la conca meranese era stata occupata dai Baiuvari e nel [[679]], come attesta [[Paolo Diacono]], un ''comes'' baiuvaro reggeva Bolzano,<ref>[[Historia Langobardorum]] V, 36: "''comes Baiuvariorum, quem illi gravionem dicunt, qui regebat Bauzanum et reliqua castella''"</ref> facendone il lembo più meridionale del [[Storia della Baviera#Il Ducato di Baviera|Ducato di Baviera]].
Nel 774 d.C. [[Carlo Magno]] sconfisse i Longobardi a [[Pavia]] e conquistò il regno longobardo d'Italia. Pochi anni più tardi, nel 788, riuscì a sconfiggere anche i Baiuvari, capeggiati dal duca [[Tassilone III di Baviera|Tassilone III]] (il fondatore del [[Collegiata di San Candido|convento di San Candido]] nel 769). Il territorio della provincia passò dunque sotto l'[[Impero carolingio|Impero Carolingio]]. Fu decisivo in questo contesto l'inglobamento della [[Sede titolare di Sabiona|diocesi di Sabiona]], dal [[798]] in poi, nella [[Provincia ecclesiastica|metropolia]] di [[Arcidiocesi di Salisburgo|Salisburgo]], abbandonando così l'orientamento precedente verso [[Patriarcato di Aquileia|Aquileia]].<ref>{{de}} Josef Riedmann, ''Säben-Brixen als bairisches Bistum'', in «Jahresberichte der Stiftung Aventinum», 5, 1990, pp. 5ss.</ref> Ciò favorì ulteriormente la colonizzazione delle valli della Rienza, dell'Isarco e dell'Adige da parte di popolazioni nordalpine. L'Alto Adige seguì le vicende dell'impero carolingio, dalla [[Trattato di Prüm (855)|ripartizione di Prüm]] nell'855 alla fondazione del [[Sacro Romano Impero]] nel 962 (dal 1512 Sacro Romano Impero della Nazione Germanica).
 
== I principati vescovili (Trento e Bressanone) ==
[[File:Principato vescovile trento.png|thumb|Il Principato Vescovile di Trento alla sua fondazione]]
L'imperatore del Sacro Romano Impero [[Corrado II il Salico|Corrado II]], nel 1027 concesse ai [[principato vescovile di Trento|vescovi di Trento]] e [[principato vescovile di Bressanone|Bressanone]] il [[potere temporale]] sulle rispettive [[diocesi]], secondo una consuetudine tipica dell'impero (vedi [[principe vescovo]]), che aveva lo scopo di limitare il potere delle famiglie nobiliari. Il territorio dell'odierno Alto Adige fu di conseguenza assegnato ai principi-vescovi.
 
Al vescovo di Trento Udalrico II l'imperatore donò il comitato di Trento, che corrispondeva all'antico ducato longobardo, il comitato di Venosta, e il comitato di Bolzano. Nei comitati di Trento e Bolzano il vescovo di Trento esercitava sia la giurisdizione ecclesiastica che quella temporale, mentre nel comitato di [[Val Venosta|Venosta]] la giurisdizione ecclesiastica rimase al [[diocesi di Coira|vescovo di Coira]].
 
Anche il vescovo di [[Bressanone]] venne investito di poteri politici. A lui spettava il dominio sulla valle inferiore dell'Inn, il [[Wipptal]] e la [[valle Isarco|valle dell'Isarco]], inclusa la val di Fassa e Livinallongo. Nel 1091 l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] aggiunse al dominio di Bressanone il comitato di Pusteria.<ref>Bellabarba 1994, p. 21.</ref> Queste donazioni si pongono all'interno di un progetto di egemonia sulla chiesa perseguito dalla dinastia degli [[Ottoni (famiglia)|Ottoni]]. I vescovi venivano scelti nell'ambito delle famiglie fedeli all'imperatore, e garantivano all'imperatore sostegno morale e politico, senza che mai potessero sorgere problemi dinastici. Le chiese vescovili così divennero uno strumento efficace per contrastare l'ascesa delle grandi casate dei duchi di [[Ducato di Baviera|Baviera]], [[Ducato di Svevia|Svevia]] e [[Ducato di Lorena|Lorena]], e per mantenere il controllo sulle importanti vie di comunicazione verso sud che passavano per la rotta del [[Brennero]].<ref>Bellabarba 1994, pp. 24-25.</ref>
 
Circa 80 furono le spedizioni in Italia compiute dai re germanici tra il X e il XIII secolo che per attraversare i valichi alpini fecero concessioni e donazioni ai vescovi di Trento e [[Monastero di Sabiona|Sabiona]]. Antica documentazione è l<nowiki>'</nowiki>''Immunitas'' al vescovo di Sabiona Lanfrido (845-848) da parte dell'imperatore Ludovico il Germanico.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 18}}</ref> La consacrazione dell'imperatore del [[Sacro Romano Impero|Sacro romano impero di nazionalità tedesca]] prevedeva infatti un viaggio a Roma per l'incoronazione da parte del papa, in seguito all'elezione da parte dei [[principe elettore|principi elettori]]. L'ultimo imperatore incoronato a Roma dal papa fu [[Federico III d'Asburgo]] (1452).
I principi-vescovi mantennero il potere, via via più formale che effettivo, fino alla [[secolarizzazione]] napoleonica del 1803.
 
Dal [[XIII secolo]] fino alla [[secolarizzazione]] il territorio dell'Alto Adige fece anche parte del [[Baliato dell'Ordine Teutonico all'Adige e nei Monti|baliato all'Adige e nei Monti]], una ripartizione dell'[[Ordine teutonico|Ordine Teutonico]], con sede principale a [[Chiesa dell'Ordine Teutonico|Bolzano]].
 
== Germanizzazione ==
[[File:Austrian Circle-2005-10-14-en.png|thumb|upright=1.4|Mappa delle Province Imperiali all'inizio del XVI secolo La [[Provincia Austriaca]] con le zone tirolesi e trentine è in arancio]]
[[File:Rätoromanisches Sprachgebiet im Frühmittelalter.PNG|thumb|left|Il Romancio durante l'alto Medioevo:<br />
{{Legend|#FF8000|area persa a favore di tedesco e italiano, 700–1100}}<br />
{{Legend|#FFFF80|area a parlata romancia, ''c''. 1100}}]]
Nell'alto Medioevo cominciò il processo di [[germanizzazione]] dei territori alpini centrali, non densamente popolati, a spese dell'originaria popolazione [[Lingue retoromanze|retoromanza]] da parte di [[Longobardi]], [[Franchi]] e soprattutto [[Bavari|Baiuvari]].<ref>{{de}} Volker Bierbrauer, ''Langobarden, Bajuwaren und Romanen im mittleren Alpengebiet im 6. und 7. Jahrhundert - Siedlungsarchäologische Studien zu zwei Überschichtungsprozessen in einer Grenzregion und zu den Folgen für die Alpenromania'', in ''Grenzen und Grenzregionen'', a cura di Wolfgang Haubrich, Saarbrücken, 1994, pp. 147-178.</ref> Il territorio dell'odierno Alto Adige alla [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] era infatti incluso nella regione di parlata retoromanza, che si estendeva dagli attuali [[Cantone dei Grigioni|Grigioni]] al [[Friuli]].<ref>Belardi 2003, pp. 9-10.</ref> Nei secoli seguenti le popolazioni alpine, frammentate e prive di strutture politiche e sociali comuni, rimasero soggette a forti pressioni demografiche, culturali e linguistiche da parte delle popolazioni circumalpine.<ref>Billigmeier 1983, pp. 35-36.</ref>
 
Sin dal [[VII secolo]] le lingue germaniche penetrarono nella regione, a partire dalla [[val Pusteria]] e dalla zona a nord di [[Merano]] verso le altre vallate. Nei secoli XII-XIII la penetrazione divenne generale, come testimoniano i documenti storici<ref>{{de}} ''[[Tiroler Urkundenbuch]]. Die Urkunden zur Geschichte des deutschen Etschlandes, des Inn-, Eisack- und Pustertals'', a cura di Franz Huter, Martin Bitschnau e [[Hannes Obermair]], 5 voll., Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1929-2012.</ref> e la micro[[toponomastica]] ad oggi esistente.<ref>{{de}} Karl Finsterwalder, Hermann M. Ölberg, Nikolaus Grass, ''Tiroler Ortsnamenkunde. Gesammelte Aufsätze und Arbeiten'', 3 voll., Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1990. ISBN 3-7030-0222-0</ref> Strati neoromanzi erano presenti in [[val Venosta]] ancora nel [[XVI secolo]], e lo sono tutt'oggi nelle valli ladine ([[Val Gardena]], [[Marebbe]] e [[Val Badia]]).<ref>Riedmann 1990, pp. 250ss.</ref>
 
La germanizzazione dell'attuale Alto Adige, come di tutta la regione storica del [[Tirolo]], fu dunque un processo lento, continuo e intenso<ref>A proposito Riedmann 1990, pp. 250ss.</ref> e vide sia il progressivo arretramento delle popolazioni di cultura retoromanza (gli antenati degli attuali [[lingua ladina|ladini]]) sia la conquista di nuovi spazi in precedenza disabitati come le valli laterali. Anche le epidemie cicliche, come la [[peste]] trecentesca e seicentesca, portarono a ingenti sostituzioni di popolazioni.<ref>Cfr. la sintesi offerta da Michaela Fahlenbock, ''Der Schwarze Tod in Tirol: Seuchenzüge - Krankheitsbilder - Auswirkungen'', Innsbruck-Vienna-Bolzano, Studienverlag, 2009. ISBN 978-3-7065-4535-8</ref> La nobiltà e il clero d'Oltralpe furono i principali attori della germanizzazione capillare, possedendo ingenti latifondi nelle zone di Bolzano e Merano (a produzione prevalentemente vinicola).<ref>{{de}} Andreas Otto Weber, ''Studien zum Weinbau der altbayerischen Klöster im Mittelalter. Altbayern - österreichischer Donauraum - Südtirol'' (Vierteljahrschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte, Beiheft 141), Stoccarda, Steiner, 1999.</ref> Tra i maggiori proprietari terrieri figuravano i vescovi di [[Augusta (Germania)|Augusta]] e [[Frisinga]], i conventi di [[Schäftlarn]], [[Convento di Herrenchiemsee|Herrenchiemsee]] e [[Weingarten]] nonché le casate degli [[Ariboni]] e degli [[Andechs]].<ref>{{de}} Adolf Sandberger, ''Das Hochstift Augsburg an der Brennerstraße'', in «Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte», 36 (1973), pp. 586-599.</ref> L'immigrazione germanica seguì due direttrici: i contadini [[germani]]ci si stabilirono nelle vallate più settentrionali e remote, portando la lingua tedesca negli ambienti rurali delle valli; i commercianti tedeschi dalle zone [[austria]]che e della [[Germania]] meridionale, soprattutto della [[Baviera]] e della [[Svevia]], si stabilirono invece nei centri urbani come [[Bolzano]], [[Merano]], [[Vipiteno]] e [[Brunico]].<ref>{{de}} Franz Huter, ''Beiträge zur Bevölkerungsgeschichte Bozens im 16.–18. Jahrhundert'', Bolzano, Athesia, 1948 (con ampie statistiche sulla prevalenza dell'immigrazione germanica rispetto a quella italiana, durante tutto l'[[ancien Régime|antico regime]]).</ref>
 
Lo sviluppo della lingua tedesca non escluse continui contatti e presenze di persone e gruppi di lingue italiche, anche grazie alle pratiche economiche e alla diffusione del [[notaio|sistema notarile]], recepito soprattutto dal Trentino.<ref>{{cita testo|lingua=|autore=Hannes Obermair|curatore=Andrea Giorgi et al.|titolo=Il notariato nello sviluppo della città e del suburbio di Bolzano nei secoli XII–XVI|opera=Il notariato nell'arco alpino. Produzione e conservazione delle carte notarili tra medioevo e età moderna|serie=Studi storici sul notariato italiano|numero=XVI|editore=Giuffrè|città=Milano|anno=2014|ISBN=978-88-14203794|pagine=293-322}}</ref> Commercianti italiani provenienti dal [[Principato vescovile di Trento|Principato Vescovile di Trento]] e dalla [[Repubblica di Venezia]] nonché banchieri esuli da [[Firenze]], tra cui i ''Botsch'', si trasferirono a Bolzano e generalmente si germanizzarono nel corso di una sola generazione.<ref>{{de}} Josef Riedmann, ''Die ältesten Aufzeichnungen in italienischer Sprache in Südtirol'', in «[[Der Schlern]]», 52, 1978, pp. 15-27.</ref><ref>Gustav Pfeifer, ''"Neuer" Adel im Bozen des 14. Jahrhunderts: Botsch von Florenz und Niklaus Vintler'', in «Pro Civitate Austriae», Ser. NF, vol. 6, 2001, pp. 3-23.</ref> Contatti commerciali mantennero sempre vivi i rapporti con [[Venezia]], verso la quale furono esportati pregiati legni utilizzati per la fabbricazione navale.<ref>Robert C. Davis, ''Costruttori di navi a Venezia'', Vicenza 1997.</ref><ref>Ennio Concina, ''L'Arsenale della Repubblica di Venezia'', Venezia, 1984.</ref>, come con le due metropoli commerciali della Germania meridionale, [[Norimberga]] e Augusta.<ref>{{de}} Franz Bastian, ''Oberdeutsche Kaufleute in den älteren Tiroler Raitbüchern 1288-1370: Rechnungen und Rechnungsauszüge samt Einleitung und Kaufmannsregister'', Monaco di Baviera, 1931.</ref>
 
A Merano nacque [[Arbeo di Frisinga]], autore di un vocabolario tedesco latino, che è la più antica testimonianza scritta in lingua tedesca.
È solo un'ipotesi, viceversa, che il poeta [[Walther von der Vogelweide]] (1170 circa&nbsp;– 1230 circa) sia nato in Alto Adige, mentre appare probabile che [[Oswald von Wolkenstein]] (1377-1445) sia nato in Val Pusteria. Entrambi questi poeti sono considerati tra i padri del tedesco letterario.
 
== La perdita di potere dei principi vescovi e la nascita della Contea del Tirolo ==
[[File:Tirol Schloss 01.jpg|thumb|upright=1.4|[[Castel Tirolo]]]]
[[File:Meyers b15 s0720a.jpg|thumb|upright=1.4|Mappa del [[Tirolo]] storico]]
Nel corso del [[XII secolo]] iniziò l'ascesa delle casate nobiliari, a scapito del potere dei due principi vescovi, attraverso l'istituzione della ''advocatia''. Con questo termine viene descritta una protezione concessa dai conti alle chiese, che con il passare del tempo divenne dominio effettivo sul territorio. Fu grazie a questo processo che iniziò l'ascesa dei [[conti del Tirolo|conti di Tirolo]], una casata che prese il nome dall'[[Castel Tirolo|omonimo castello]] presso Merano. I Tirolo sono noti circa dal [[1140]] come ''advocati'' dei vescovi di Trento, Bressanone e Coira. Grazie anche all'estinzione o eliminazione di casati avversari come i conti di Appiano, i conti di Morit-Greifenstein, i conti di [[Andechs]] e i signori di Vanga essi diventano la più potente autorità dell'alta val d'Adige. Il conte [[Alberto III di Tirolo|Alberto III]] nella prima metà del [[XIII secolo]] controllava un territorio che spaziava dalla valle dell'[[Engadina]] fino a Bolzano, ed includeva la val d'Isarco nei pressi di Bressanone e la valle dell'[[Inn]]. Si venne così a creare un dominio che univa territori a nord ed a sud dello spartiacque alpino.<ref>Riedmann 1994, p. 53.</ref>
 
La figlia di Alberto, Adelaide, sposò il conte [[Mainardo I di Tirolo-Gorizia|Mainardo I di Gorizia]] ([[1194]]-[[1258]]), che con la morte di Alberto III ereditò la contea del Tirolo. Dopo la morte di Mainardo I le due contee furono di nuovo divise fra i figli. A [[Mainardo II di Tirolo-Gorizia|Mainardo II]] ([[1238]]-[[1295]]) spettò la contea di Tirolo e il titolo di conte di Tirolo-Gorizia, ad [[Alberto I di Gorizia-Tirolo|Alberto]] andò la contea di Gorizia con il titolo di Conte di Gorizia-Tirolo.
 
== Mainardo II ==
Fu [[Mainardo II di Tirolo-Gorizia|Mainardo II]] a dare alla regione del Tirolo i confini che poi, con minimi ampliamenti, restarono immutati dal tempo dell'[[Massimiliano I d'Asburgo|imperatore Massimiliano I]] fino al 1918.<ref>Riedmann 1994, p. 54; Catalogo ''Il sogno di un principe: Mainardo II - la nascita del Tirolo''. Castel Tirolo, Stift Stams, 1995.</ref> Mainardo II continuò gli sforzi dei suoi predecessori, limitando i diritti e i poteri dei vescovi, e per far ciò non rinunciò all'azioni di forza. Nel [[1276]] conquistò Bolzano, distruggendone castello e palazzo vescovile, e ordinò l'abbattimento delle mura, con i cui resti venne colmato il fossato che circondava la città. Questi sviluppi trovano paralleli nelle regioni vicine: anche i vescovi di [[Verona]], [[Vicenza]], [[Feltre]] e [[Padova]] dovettero cedere diritti e poteri ai comuni ed ai nuovi signori. Forse furono anche questi esempi ad ispirare la radicale politica di Mainardo contro il potere temporale dei vescovi. Ma le sue azioni contro i vescovi di Trento e Bressanone non furono l'unico motivo per il suo successo. I suoi sforzi nell'amministrazione e nell'economia contribuirono in modo fondamentale al consolidamento interno ed esterno della contea. Mainardo ampliò le miniere di sale presso [[Hall in Tirol|Hall]], nell'odierno Tirolo austriaco, e la [[zecca (moneta)|zecca]] di Merano, assicurandosi lauti guadagni. Vennero stipulati contratti con Verona e [[Venezia]] sulla scorta di commercianti che attraversavano il Tirolo, incoraggiando il commercio e il traffico, ed aumentando di molto la rendita dei dazi imposti sulle strade del Tirolo.
Il riconoscimento da parte dell'impero di questo dominio territoriale fu raggiunto nella prima metà del [[XIV secolo]].<ref>Riedmann 1994, pp. 54-55.</ref>
 
Alla morte dell'ultimo discendente maschio dei Tirolo, il potere passò nel [[1335]] alla nipote del conte Mainardo II, [[Margherita di Tirolo-Gorizia]], nota come Margherita Boccalarga o Boccagrande (''Maultasch'').<ref>Cfr. al riguardo Julia Hörmann-Thurn und Taxis (a cura di), {{de}} ''Margarete „Maultasch“ − zur Lebenswelt einer Landesfürstin und anderer Tiroler Frauen des Mittelalters'', Wagner, Innsbruck, 2007. ISBN 978-3-7030-0438-4</ref>
 
Il 28 gennaio 1342, cosiddetti "[[Stato (medioevo)|Landstände]]" (stati), tipici del Sacro Romano Impero, furono istituiti dal conte Mainardo II che promulgò la "Carta delle Libertà" ("''Große Freiheitsbrief''"), talvolta improrpiamente chiamata "costituzione tirolese". Si istituiva di conseguenza una [[dieta]] dove erano rappresentati i 4 stati (''stande)'': l'alto clero, i nobili, i cittadini, e il contado. I primi due stati si trovavano ad avere, come altrove, una posizione privilegiata. La dieta esercitava una funzione di controllo sul principe della regione e sul suo governo, aveva [[potere legislativo]], approvava tasse e inoltre deteneva il [[potere politico]].<ref>{{Cita web|url=https://www.tirol.gv.at/it/parlamento/legislazione-regionale/|titolo=Storia dell’evoluzione della legislazione regionale|autore=Amt der Tiroler Landesregierung|sito=Land Tirol|lingua=de-DE|accesso=2017-11-25}}</ref>
 
== Il primo periodo asburgico (1363-1805) ==
Nel [[1363]] Margherita fu costretta in seguito a pressioni politiche a cedere la contea del Tirolo al [[sovrani d'Austria|duca d'Austria]] Rodolfo IV d'[[Casa d'Asburgo|Asburgo]]: Merano rimase formalmente capitale tirolese fino al [[1848]], ma di fatto sin dal [[1420]] il duca [[Federico IV d'Asburgo|Federico IV]] "dalle tasche vuote", trasferì la propria corte a [[Innsbruck]].
 
Il Tirolo rimase poi possedimento degli Asburgo quasi ininterrottamente fino al [[1918]]. Intorno al 1500 vennero annessi al Tirolo i tribunali di [[Rattenberg (Austria)|Rattenberg]], di [[Kitzbühel]] e di [[Kufstein]], la [[Val Pusteria]], la conca di [[Lienz]], [[Valle d'Ampezzo|Ampezzo]], [[Primiero]].
Nel [[1665]] il Tirolo (e quindi anche il territorio dell'attuale Alto Adige, che ne era la sua parte centrale), fino ad allora ampiamente autonomo, passò sotto l'amministrazione diretta di [[Vienna]].
 
La [[Riforma protestante]] e le [[Guerra dei contadini|rivolte contadine]] sconvolsero il Tirolo. [[Michael Gaismair]] ([[1490]]-[[1532]]) propose nei suoi "articoli meranesi" la costituzione di una repubblica contadina. Il progetto ebbe un esito fallimentare, vi furono violente sommosse e la popolazione insorse contro i nobili ed il clero, incendiando chiese e castelli, subendo poi la repressione del governo asburgico.<ref>{{de}} Walter Klaassen, ''Michael Gaismair: Revolutionary and Reformer'', Leiden, 1978.</ref>
 
Il [[XVIII secolo]] fu segnato da numerosi conflitti: nella guerra di successione spagnola del [[1703]] gli ''[[Tiroler Schützen|Schützen]]'' si opposero vittoriosamente all'esercito bavarese.
 
{{Vedi anche|Spedizione del Tirolo (1797)}}
 
All'inizio del [[1797]] volgeva al termine la [[Prima coalizione|guerra della prima coalizione.]] [[Napoleone Bonaparte]] era ormai padrone dell'Italia settentrionale, dalla quale aveva estromesso gli Asburgo. Deciso a portare a termine la guerra, il giovane Napoleone decise di attaccare il cuore dell'impero, invadendo l'Austria. Per farlo divise il suo esercito in due gruppi: il principale, al suo comando, avrebbe raggiunto l'Austria attraverso il Friuli e il passo di Tarvisio. Un gruppo minore, al comando del generale [[Barthélemy Catherine Joubert]] ebbe il compito di [[Spedizione del Tirolo (1797)|attraversare il Tirolo]], per poi ricongiungersi col grosso delle forze nella valle della [[Drava]]. Ai primi di marzo la divisione di Joubert mosse all'attacco, invano contrastata dalle forze imperiali e dalla ''[[Landsturm]]'' tirolese. Sconfitti ripetutamente gli imperiali, Joubert si ricongiunse con il grosse delle forze napoleoniche a Leoben il 17 aprile dove venne calorosamente accolto da Napoleone, nonostante il suo sforzo fosse stato inutile, visto che gli Asburgo avevano già chiesto la pace.
 
La retorica nazionalista ottocentesca, presentò gli avvenimenti del 1797 come una vittoria asburgica, con i Francesi sconfitti dai bersaglieri tirolesi nella [[Battaglia di Spinga|"battaglia" di Spinga]], che sarebbero quindi "fuggiti" verso la Stiria. Il Tirolo sarebbe quindi stato "liberato" dall'"invasione" francese.
 
== Periodo baverese (1805-1814) ==
{{vedi anche|Andreas Hofer|Dipartimento dell'Alto Adige|Regno d'Italia (1805-1814)}}
[[File:Dep-fr-it.jpg|thumb|L'Italia durante l'egemonia napoleonica. Nella carta compare la denominazione ''Haut-Adige'']]
Nel [[1805]] la [[Primo Impero francese|Francia napoleonica]] sconfigge le forze della [[terza coalizione]]; il Sacro Romano Impero Germanico fu costretto a firmare il [[Pace di Presburgo|Trattato di Presburgo]].
 
Come conseguenza della sconfitta 16 stati lasciarono il [[Sacro Romano Impero|Sacro Romano Impero Germanico]] andando a costituire la [[Confederazione del Reno]]. Il 6 agosto, obbedendo ad un ultimatum di Napoleone, [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco II]] rinunciò al titolo d'imperatore e sciolse il Sacro Romano Impero. Dall'anno successivo, 23 altri stati tedeschi si unirono alla Confederazione: soltanto l'[[Austria]], l'[[Holstein]] e la [[Pomerania]] ne rimasero fuori. La Contea del Tirolo e i principati vescovili (Trento e Bressanone) furono annessi al neocostituito [[Regno di Baviera]], membro della Confederazione.
 
Le riforme di carattere [[Illuminismo|illuminista]] adottate dalla Baviera suscitarono malcontento nel territorio, unitamente alla persistente crisi economica (dovuto al [[Blocco Continentale|blocco continentale]]). Malcontento suscitarono inoltre le misure di limitazione del potere del clero, di limitazione delle forme di religiosità popolare e la soppressione di svariate feste religiose. Forte opposizione suscitarono in particolare l'[[Servizio militare#Et.C3.A0 moderna e contemporanea|introduzione della leva]] obbligatoria e l'[[Storia della vaccinazione|obbligo di vaccinazione]] contro il vaiolo. Si trattava si riforme che all'epoca furono adottate in tutta Europa napoleonica, e che sarebbero state adottate dagli stessi Asburgo nel corso dell'800, ma che in un territorio conservatore e profondamente religioso (per non dire socialmente arretrato) com'era il Tirolo dell'epoca, non furono accettate. A ciò si aggiunse la propaganda degli agenti asburgici.
 
Nel 1809, in seguito alla [[Quinta coalizione|dichiarazione di guerra dell'Austria alla Francia]], i tirolesi (assieme ad alcune valli del Trentino) si sollevarono contro i bavaresi. [[Andreas Hofer]], un locandiere di [[San Leonardo in Passiria]], assunse assieme a [[Peter Mayr]] e al fanatico padre [[Joachim Haspinger]], il comando delle operazioni, che si concretizzarono nelle quattro [[battaglie del Monte Isel]]. Le sorte della guerra furono decise altrove, essendo quello del Tirolo un fronte assolutamente secondario. Sconfitto pesantemente a [[Battaglia di Wagram|Wagram]] l'impero fu costretto a [[Pace di Presburgo|chiedere la pace]]. Gli insorti non presero atto della sconfitta e proseguirono l'insurrezione, continuando a sperare in un aiuto dell'imperatore che ovviamente non poteva più esserci. Definitivamente sconfitto, Hofer fu catturato e quindi fucilato a [[Mantova]]. La sua figura fu successivamente rielaborata e mitizzata, assurgendo al ruolo di [[eroe nazionale]] tirolese; fra le altre cose, l'[[Das Andreas-Hofer-Lied|inno del Tirolo]] (''Das Andreas-Hofer-Lied'') ricorda le sue vicende.
 
Con la [[trattato di Schönbrunn|pace di Schönbrunn]] del 14 ottobre 1809 fu confermata la sovranità bavarese sul Tirolo. Tuttavia, già con il [[Trattato di Parigi (1810)|Trattato di Parigi]] del 28 febbraio 1810, avvenne la sua tripartizione<ref>{{de}} Rudolf Harb, Sebastian Hölzl e Peter Stöger, ''Tirols Landesgeschichte'', pag. 203, ISBN 3-85423-006-0</ref>: alla Baviera toccò il Tirolo settentrionale fino a [[Merano]] e quello centrale fino a [[Chiusa (Italia)|Chiusa]]; la [[Val Pusteria]], da [[San Candido]] alle [[Province illiriche|Province Illiriche]], passò all'Austria; la città di [[Bolzano]], l'[[Oltradige-Bassa Atesina]], una parte rilevante del [[Salto-Sciliar]] e una piccola parte del [[Burgraviato]] (in particolare l'[[Alta Val di Non]] tedesca)<ref>Provincia autonoma di Trento, trentinocultura, [http://www.trentinocultura.net/doc/catalogo/cat_fondi_arch/divulgazione/IV-napoleonico.pdf IL TIROLO NEL PERIODO NAPOLEONICO] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131101183448/http://www.trentinocultura.net/doc/catalogo/cat_fondi_arch/divulgazione/IV-napoleonico.pdf |data=1º novembre 2013 }}</ref><ref>{{de}} Erich Egg, Meinrad Pizzinini, Beiträge zur Geschichte Tirols: Festgabe des Landes Tirol zum 11. Österr. Historikertag in Innsbruck vom 5. bis 8. Okt. 1971, Land Tirol, Kulturabt. im Amt d. Tiroler Landesregierung, 1971, pag. 148: ''Lana, Sarnthein und Waidbruck waren schon bayerisch, dagegen Buchenstein, Ampezzo und Toblach beim Königreich Italien.'' = Lana, Sarentino e Ponte Gardena erano già bavaresi, invece Livinallongo, Ampezzo e Dobbiaco presso il Regno d'Italia.</ref> furono incorporati nel [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno d'Italia]] di Napoleone: il termine "Alto Adige" (''Haut-Adige'') nasce in questo periodo, per designare il nuovo dipartimento italiano<!-- in precedenza, nel 1979, l'"Alto Adige" era un distretto della Repubblica Cisalpina a Sud di Verona --> che comprendeva la parte meridionale dell'odierna provincia di Bolzano e gran parte di quella di [[Provincia autonoma di Trento|Trento]].<ref>[http://books.google.it/books?id=OScAAn0Wu5QC&pg=PA35&dq=dipartimento+dell%27Alto+adige&hl=de&ei=y1KITpjcBc7QsgblvbjgAQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDEQ6AEwAg#v=onepage&q=dipartimento%20dell%27Alto%20adige&f=false Bice Rizzi, l'ispettorato alla stampa e libreria del Dipartimento dell'Alto Adige], in ''Miscellanea in onore di Roberto Cessi''.</ref> [[Ettore Tolomei]] lo avrebbe ripreso per creare il toponimo italiano della provincia di Bolzano, spostandone così il significato geopolitico verso il settentrione. Le valli dolomitiche intorno a [[Dobbiaco]] divennero anch'esse parte del Regno d'Italia e furono riunite nel [[Dipartimento della Piave]].<ref>[http://www.consiglio.provincia.tn.it/consiglio/autonomia_trentina/bat_d_6.htm Consiglio della Provincia autonoma di Trento] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130315063805/http://www.consiglio.provincia.tn.it/consiglio/autonomia_trentina/bat_d_6.htm |data=15 marzo 2013 }}: Cartina del Trentino-Alto Adige in epoca napoleonica.</ref>
 
Nei mesi di settembre e ottobre 1813 le truppe del neo-proclamato [[Impero austriaco|Impero Austriaco]], presero infine possesso di tutto il Tirolo cisalpino<ref>''...im Spätsommer 1813 wurde der Süden Tirols während eines kurzen Feldzuges im September und Oktober von österreichischen Truppen und Schützeneinheiten befreit'' (tradotto: ''nella tarda estate del 1813 il Tirolo meridionale fu liberato dalle truppe austriache e da unità di "Schützen" durante una breve spedizione in settembre ed ottobre.'') dal libro ''Bayern, Tirol: Die Geschichte einer freud-leidvollen Nachbarschaft'' di Michael Forcher, pag. 173, ISBN 3-210-24643-2</ref> e successivamente con il Trattato di Parigi del 3 giugno 1814<ref>[http://books.google.com/books?id=WwMwAAAAYAAJ&lpg=PR35&ots=DdkBwWDdBe&dq=Tyrol&pg=PR35#v=onepage&q&f=false trattato di Parigi] 3 giugno 1814, pag. XXXV</ref> la regione passò formalmente alla [[monarchia asburgica]].
 
I confini del Tirolo si spostarono a sud, includendo il Trentino, per via dell'eliminazione del [[Principato Vescovile di Trento]] (che perse così la sua secolare autonomia).
 
== Età dei nazionalismi (1815-1918) ==
[[File:Südtirol nella storia IT.png|miniatura|Suddivisione amministrativa del Tirolo meridionale in epoca asburgica (dal 1861). In verde chiaro il ''Mitteltirol'', in verde scuro i ''Welsche Bezirke'' (distretti italiani)]]
Dopo l'[[età napoleonica|epoca napoleonica]] il nuovo concetto di [[nazione]] si impose come ragione fondante degli stati, che precedentemente (nell'''[[ancien Régime|ancien régime]]'') erano esclusivamente espressione delle monarchie al potere. Il nazionalismo si impose di conseguenza come l'ideologia dominante in Europa. Numerose regioni mistilingue furono di conseguenza sottoposte a processi di [[assimilazione forzata]], sia linguistica che culturale. La presenza di minoranze etniche, che si distinguevano principalmente per la loro lingua, era infatti vista come una minaccia all'integrità territoriale dei singoli stati. Questo accadde anche nel Tirolo, storicamente abitato da popolazioni di lingua germanica e romanza (italiane e ladine). Le [[Impero austriaco|autorità asburgiche]] si trovarono a dover affrontare la nascita e la crescita dei sentimenti nazionali, nelle multiformi regioni del suo vasto territorio. Gli Asburgo reagirono da un lato con una politica di concessioni verso specifiche nazionalità, in particolare ungheresi e slave, dall'altro varando politiche di repressione e assimilazione forzata. Ne fecero le spese le popolazioni latine del Tirolo cisalpino, che furono in diversa misura colpite da politiche di germanizzazione.
 
Nel mentre anche in Italia si diffondeva l'ideale di indipendenza e di unità nazionale (vedi [[Risorgimento]]), ma l'Impero Austriaco, che era la potenza egemone in Italia, fu un potente avversario dell'unificazione. L'Impero represse vigorosamente i sentimenti patriottici italiani, specie durante i [[primavera dei popoli|moti del 1848]] e negli anni successivi. L'impero asburgico, nonostante gli sforzi profusi, non riuscì a impedire la nascita del [[Regno d'Italia]], che fu proclamato nel [[1861]].
 
Nel neonato stato italiano il processo di unificazione non fu considerato completo, poiché molti territori abitati da comunità italiane restavano sotto controllo austriaco. Nacque di conseguenza l'[[irredentismo]], che fu un movimento d'opinione molto importante nella vita politica italiana dell'epoca. Gran parte della pubblica opinione italiana rimase perplessa, quando, nel 1882 il Regno d'Italia stipulò un'alleanza difensiva con l'Austria Ungheria e la Germania (vedi [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]]).
 
=== Le politiche di germanizzazione forzata (1861-1918) ===
In seguito alla sconfitta austriaca nella [[seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda]] e nella [[terza guerra d'indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] e alla conseguente perdita del [[Regno Lombardo-Veneto]], l'imperatore [[Francesco Giuseppe I d'Austria|Francesco Giuseppe]] rafforzò la sua politica anti-italiana, ordinando al consiglio dei ministri austriaco del 12 novembre 1866 di "''opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer, e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione - a seconda delle circostanze - delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati, politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in Tirolo meridionale, [[Regno di Dalmazia|Dalmazia]] e [[Litorale austriaco|Litorale Adriatico]]"''.<ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L. Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref>
 
Tale politica si concretizzò {{cn|nel Tirolo Cisalpino}} ed in Venezia Giulia fu caratterizzata da misure ed iniziative che colpirono principalmente la scuola: furono favoriti gli istituti in lingua tedesca/slava e non furono più aperte, oppure furono chiuse, le scuole in lingua italiana.<ref>[http://www.nuovomonitorenapoletano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1339%3Al-agonia-della-dalmazia-italiana-sotto-francesco-giuseppe&catid=85%3Astoria-del-risorgimento&Itemid=28 L'agonia della Dalmazia italiana sotto Francesco Giuseppe]</ref>
 
Il forte sentimento [[pangermanismo|pangermanista]] presente in Tirolo, trovò espressione nel ''[[Volksbund]]'', organizzazione fondata nel 1905 che contava tra i suoi esponenti anche il borgomastro di Bolzano, [[Julius Perathoner]], e l'estremista [[Wilhelm Rohmeder]]. Quest'ultimo sostenne che i trentini non erano di "razza" italiana, bensì tedesca, e ne propose la germanizzazione, estesa a personaggi storici, come Dante tradotto in Durant Aliger.<ref>Federico Scarano, Tra Mussolini e Hitler, ''Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista'', Franco Angeli editore, ISBN 978-88-204-0918-0, pag. 28 s.</ref>
[[File:Waltherdenkmal Bozen.jpg|thumb|left|La statua del poeta [[Walther von der Vogelweide]], nell'omonima piazza, fa parte dei monumenti voluti dal [[sindaco#Paesi di area germanica|borgomastro]] di Bolzano [[Julius Perathoner]], per esaltare il carattere tedesco della città]]
Perathoner volle anche esaltare il carattere tedesco della città mediante la costruzione di monumenti celebrativi, quale la statua dedicata a [[Walther von der Vogelweide]] (che, solo ipoteticamente, è nato nelle vicinanze di Bolzano), la fontana di Re Laurino e il monumento in onore dei ''[[Kaiserjäger]]''.
 
Esemplificativo del clima dell'epoca fu il [[Fatti di Innsbruck|pogrom antiitaliano]] scatenato a Innsbruck da studenti pangermanisti del 1904, per protesta contro l'apertura di una facoltà in lingua italiana presso la [[Università di Innsbruck|locale università]], che fu distrutta e successivamente chiusa<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 57}}</ref>, che vide coinvolti gli allora studenti [[Cesare Battisti]] e [[Alcide De Gasperi]].<ref>''Università e nazionalismi Innsbruck 1904 e l'assalto alla Facoltà di giurisprudenza italiana'' a cura di Günther Pallaver e Michael Gehler, Quaderni di archivio trentino, n. 25, Fondazione Museo Storico del Trentino, 2010</ref>
 
=== La germanizzazione dei ladini ===
[[File:Bozen Laurin.jpg|thumb|La cosiddetta [[Re Laurino#La fontana di re Laurino|Fontana di Re Laurino]] (1907). La statua raffigura il re ostrogoto [[Teodorico il Grande|Teodorico]] (Dietrich von Bern) mentre soggioga [[re Laurino]]. Fin dalla sua inaugurazione, nella statua fu visto un intento celebrativo dell'inizio della [[Germanizzazione]] dell'Alto Adige e della sottomissione delle popolazioni ladine, con polemiche che sono perdurate fino al giorno d'oggi<ref>Mozione al Presidente del Consiglio della Provincia di Bolzano: {{collegamento interrotto|1=[http://www.landtag-bz.org/de/285.asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=355195 La fontana di Re Laurino costituisce l'unico Monumento al sopruso e alla prevaricazione etnica. Perché il potere provinciale la ha voluta davanti al suo Palazzo?] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>]]
Anche i ladini, che dall'Austria furono sempre considerati di etnia italiana,<ref>Nelle valli ladine la lingua ufficiale - nell'amministrazione, nell'istruzione e nella toponomastica - era quella italiana</ref> furono colpiti dalle politiche di germanizzazione forzata, che talvolta furono anche brutali.<ref>Hans Karl Peterlini, ''Capire l'altro. Piccoli racconti per fare memoria sociale'', pag. 149</ref><ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.linguistica.unifi.it/upload/sub/articoli/AAA_lingue_e_dialetti.pdf Lingue e dialetti] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }} di Carlo Battisti</ref>
 
Nel loro caso le politiche di assimilazione erano cominciate fin del Settecento (fatto minimizzato, se non taciuto dalla storiografia tirolese di lingua tedesca<ref>{{cita web|http://www.vejin.com/venosta.html|Germanizzazione forzata - Dal sito Vejin.com|18-01-2013}}</ref>). Come risultato di questa politica l'alta [[Val Venosta]], un tempo di lingua ladina, è oggi una terra di lingua tedesca, mentre oltre il confine svizzero (in [[val Monastero]]) la popolazione ancora parla dialetti retoromanzi. Anche a [[Stelvio]] all'inizio del XIX secolo si parlava ancora ladino, mentre a [[Tubre]] si assistette alla sua scomparsa già nel 1750. La lingua ladina era stata proibita, il personale di lingua ladina allontanato dagli uffici pubblici, vennero vietati pure i matrimoni misti. Il promotore principale della politica contro la popolazione ladina ("selvaggio romancio") fu un abate tirolese di lingua tedesca, Mathias Lang. Già ai tempi dell'imperatrice [[Maria Teresa d'Austria|Maria Teresa]] molti cognomi ladini erano stati germanizzati sistematicamente.
 
Nel XIX secolo fu la volta della [[Val Badia]] e della [[Val Gardena]], dove vi furono massicci tentativi di germanizzare i ladini, che non furono però coronati da successo.
 
Un sostenitore della germanizzazione dei ladini fu il [[sindaco#Paesi di area germanica|borgomastro]] di Bolzano [[Julius Perathoner]], che propose di scorporare la [[Val di Fassa]], [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]] e l'[[Cortina d'Ampezzo|Ampezzano]] dai distretti italiani, unendoli a quelli [[lingua tedesca|germanofoni]], come già avvenuto per la [[Val Gardena]] e la [[Val Badia]], già in avanzata fase di germanizzazione. Tuttavia questa idea non ebbe seguito.
;La "scoperta" del ladino
[[File:Dialetti parlati in Italia.png|thumb|Mappa delle lingue e dei dialetti d'Italia.|200px|left]]
Alla del XIX secolo, grazie agli studi del linguista italiano [[Graziadio Isaia Ascoli|Graziadio Ascoli]], i diversi dialetti ladini furono identificati come un gruppo linguistico a sé stante, distinto (da un punto di vista [[Famiglia linguistica|filogenetico]]) sia dai [[Italiano regionale|dialetti italiani]], che da quelli [[lingue gallo-italiche|gallo-italici]], e facente parte della famiglia [[Lingue retoromanze|retoromanza]].
 
Di conseguenza vi furono anche i primi tentativi a sostegno dell'esistenza di un'etnia ladina.<ref>[http://www.gfbv.it/ladin/dossier/ladin/ladinia-it.html Mateo Taibon, Associazione per i popoli minacciati, Ladinia Informazioni sulla realtà ladina]</ref> Non vi furono tuttavia tentativi di creare una [[Lingua ladina#Standardizzazione|lingua ladina standardizzata]], che è tuttora distinta nei suoi diversi dialetti. Già nel 1833 il badioto Micurà de Rü (anche noto come Nikolaus Bacher), iniziò un tentativo di scrittura della grammatica ladina, seguito dal lavoro del curato di Ortisei Ujep Antone Vian nel 1864 che stampò un libro sulla grammatica gardenese. Di la in poi si ebbero anche i libretti ad uso liturgico, giornali e calendari.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 58}}</ref>
 
Le peculiarità sintattiche del ladino rispetto alla lingua italiana (peraltro niente affatto insolite, nell'ambito dei [[Italiano regionale|dialetti italiani]]) furono anni dopo utilizzate a supporto dell'esistenza di un'etnia ladina, fatto che nel secondo dopoguerra ebbe importanti risvolti politici, in quanto l'apertura della [[Südtiroler Volkspartei]] nei confronti dei ladini andò a diminuire la consistenza numerica degli italiani.<ref>“''Dal punto di vista politico sono chiari i termini del contendere: considerare i ladini come un gruppo differenziato di origine reto-romana equivaleva a diminuire la consistenza numerica della minoranza italiana nel Tirolo e nel Friuli orientale; considerarli assimilabili tout court agli Italiani per origine e parlata equivaleva ad aumentare l'incidenza quantitativa della minoranza italiana. Nei censimenti austriaci essi venivano registrati sotto la voce ‘italiani e ladini' senza ulteriori distinzioni.''; U. Corsini, Gli italiani nella monarchia asburgica dal 1848 al 1918, in Problemi di un territorio di confine, p. 19; C. Battisti, Premesse storiche e geografiche, in C. Battisti, Vacante, Cajoli, Alto Adige. Realtà e problemi (con numerose cartine e tabelle), Bologna, Cappelli 1961. Ma su questa minoranza si v. anche R. Cajoli, Origini storiche del problema altoatesino, in L'AA in un quadro europeo. Atti del convegno di studio. Sondrio 9-10 ottobre 1965, Sondrio, Evoluzione europea 1966, pp. 25-39.</ref>
 
== Prima guerra mondiale ==
{{vedi anche|interventismo}}
[[File:Bozen LS Kaserne.jpg|thumb|La caserma dei ''[[Landesschützen]]'' a Bolzano, appartenente al corpo delle truppe di montagna]]
Nel [[1914]], all'inizio della guerra mondiale, l'Austria-Ungheria e l'Italia aderivano entrambe alla [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]], che era di natura difensiva e non contemplava l'intervento italiano al fianco degli austro-tedeschi (che erano le potenze aggredenti). Inoltre il governo di Vienna aveva omesso di consultatore quello di Roma in vista dell'aggressione alla Serbia, violando così il [[Trattati della Triplice alleanza (1882-1912)|Trattato della Triplice Alleanza]].<ref>{{Cita libro|nome=Mark|cognome=Thompson|titolo=La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919|url=https://books.google.it/books?id=ZkOo0SUuGusC&pg=PA35&lpg=PA35&dq=austria+ungheria+violazione+trattato+triplice+alleanza&source=bl&ots=FZIOHaBLVr&sig=9lvxfVbrOEfjsIXevT2hTJHfaY0&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjQh53_rdLXAhXC2qQKHfMjA-84ChDoAQg-MAQ#v=onepage&q=austria%20ungheria%20violazione%20trattato%20triplice%20alleanza&f=false|accesso=2017-11-22|data=2010-07-14|editore=Il Saggiatore|lingua=it|ISBN=9788865760086}}</ref>
 
L'Italia pertanto mantenne, com'era suo diritto, la propria neutralità presumendo che gli austro-tedeschi, in caso di vittoria, non avrebbero offerto importanti contropartite territoriali (previste dall'alleanza in caso di espansione austriaca nei Balcani). com'era d'altronde [[Crisi bosniaca#La crisi bosniaca nei rapporti fra Austria e Italia|già successo]] nel 1908. Difatti, alla vigilia dell'entrata in guerra, l'Austria formalizzò un'offerta che riguardava solo una parte del [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] e del [[Friuli]], con l'esclusione di [[Gorizia]] e [[Trieste]]).
In Italia erano inoltre forti i sentimenti [[irredentismo|irredentisti]] nei confronti dei territori irredenti in [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]], [[Venezia Giulia]] e [[Dalmazia]].
Si sviluppò un [[irredentismo|forte movimento d'opinione]] volto a far entrare l'Italia in guerra, a fianco dell'[[triplice intesa|intesa]].
A questo si aggiungevano diffusi sentimenti di simpatia per la [[Triplice intesa]] ed un patto segreto con la [[Francia]], che di fatto invalidava gli accordi con gli [[Imperi centrali]].
 
In base ai termini del [[patto di Londra|trattato segreto di Londra]], stipulato nell'aprile 1915, l'Italia accettò di dichiarare guerra agli Imperi Centrali, in cambio (tra altre cose) di concessioni nei territori allora austro-ungarici del [[Tirolo]] (dal Trentino fino al Brennero), della [[Venezia Giulia]], di alcune isole del [[Quarnaro]] e della parte nord della [[Dalmazia]], ove vivevano consistenti popolazioni e comunità italiane.
A nord il futuro confine fu segnato sullo spartiacque alpino, permettendo all'Italia di ottenere la sua [[frontiera naturale]], ma oltrepassando i confini etnici.<ref>{{de}} Hans Karl Peterlini, ''100 Jahre Südtxirol. Geschichte eines jungen Landes'', Haymon, Innsbruck, 2012, pp. 15ss. ISBN 978-3-7099-7031-7</ref>
 
=== Entrata in guerra dell'Italia ===
{{vedi anche|Guerra Bianca}}
[[File:MG-Nest.jpg|thumb|Le [[imperial regio Esercito|truppe austro-ungariche]] sul fronte alpino]]
[[File:ArtiglieriaStelvio.jpg|thumb|Alpini presso il [[passo dello Stelvio]] ]]
La guerra contro l'Impero austro-ungarico fu dichiarata il 23 maggio 1915. Malgrado la vicinanza al fronte, l'odierno Alto Adige fu solo sfiorato dagli eventi bellici (nella zona dello [[Stelvio]] e di [[Tre Cime di Lavaredo|Lavaredo]]), che coinvolsero appieno il vicino Trentino.
 
Nell'ottobre 1917, con l'aiuto tedesco, gli austro-ungarici sconfissero l'esercito italiano nella [[battaglia di Caporetto]]. La vittoria si tramutò in una rotta per gli italiani che, caoticamente, si ritirarono fino al [[Piave]], dove posero una [[Prima battaglia del Piave|nuova linea di difesa]] che riuscì a fermare l'avanzata.
 
Nell'aprile del 1918 la ''[[Volksbund]]'' riunitasi a [[Vipiteno]], rivendicò nei confronti dell'Italia dei "confini naturali" che comprendevano ''"antichi territori tedeschi come i [[Feltrino (territorio)|Tredici comuni]] (Feltre), i [[Altopiano dei Sette Comuni|Sette Comuni]] (Asiago), [[Sappada|Bladen]] (Sappada), [[Sauris|Zahre]] (Sauris), [[Tolmezzo|Schönfeld]] (Tolmezzo), [[Timau|Tischelwang]] (Timau). Inoltre una rettifica dei confini con cessione all'Austria della valle superiore dell'[[Adda]] e dell'[[Oglio]], fino alla sponda meridionale del [[lago di Garda]] e al margine meridionale delle [[Alpi]] Veneto-friulane"'', oltre a rivendicare ''"unità e indivisibilità del Tirolo da [[Kufstein]] fino alla Chiusa di [[Verona]], decisissimo rifiuto di ogni autonomia della parte meridionale del territorio, cioè al cosiddetto 'Tirolo Italiano'"''. Inoltre imponeva ''"l'insediamento d'un vescovo tedesco e preparazione dei futuri sacerdoti trentini in modo che siano buoni tirolesi amici dei tedeschi"''.<ref name=claus>{{cita libro | nome=Claus | cognome= Gatterer| titolo= Italiani maledetti, maledetti austriaci| anno= 2009| editore= Praxis3| città= Bolzano}}</ref> Un punto della mozione della "Dieta Popolare tedesca" conteneva il nuovo programma educativo: ''"Completa trasformazione del sistema scolastico nel Tirolo italiano con l'introduzione dell'insegnamento obbligatorio della lingua tedesca ed educazione a sentimenti patriottici tirolesi e filo-tedeschi fra la gioventù e fra i docenti"''<ref>Il testo completo della mozione - votata l'11 maggio 1918 all'unanimità e pubblicata il giorno successivo sul ''Bozner Nachtrichten'' - è in [[Mario Toscano]], ''Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige'', Laterza, Bari 1968, pp. 17-18.</ref>. Quest'assemblea rispecchiava l'euforia della momentanea vittoria tedesca di Caporetto.<ref name=claus/>
 
Nel giugno 1918, grazie alle [[Trattato di Brest-Litovsk|risorse liberate dalla resa dei russi]], gli austro-ungarici sferrarono una [[Battaglia del solstizio|grande offensiva]] contro la linea del Piave, contando di sfondare e concludere la guerra. La pronta reazione italiana, tuttavia, tramutò l'attacco in una disfatta, che esaurì le potenzialità militari dell'impero, rendendo inevitabile la sua sconfitta.
 
Il 24 ottobre 1918, l'Italia, dopo molte esitazioni, lanciò un'offensiva contro l'esercito austro-ungarico, che di conseguenza crollò (vedi [[battaglia di Vittorio Veneto]]). L'Impero austro-ungarico, ormai allo sfascio, chiese l'[[armistizio di Villa Giusti|armistizio]], che fu stipulato il 3 novembre e divenne operativo alle 15.00 del 4 novembre. Nei giorni successivi l'esercito italiano completò l'occupazione di tutto il Tirolo, inclusa [[Innsbruck]], secondo i termini dell'armistizio.
 
Nell'occasione le valli dell'Adige e dell'Isarco furono attraversate dalle truppe imperiali in fuga che, ormai allo sbando, si abbandonarono a saccheggi e violenze.
 
== Annessione all'Italia ==
{{vedi anche|Conferenza di pace di Parigi (1919)}}
[[File:GermanAustriaMap.png|thumb|Carta dei territori germanofoni dell'ex Impero rivendicati dalla [[Repubblica dell'Austria tedesca]], confrontati con il confine effettivamente ottenuto. L'Alto Adige è la sola regione in cui sia poi sopravvissuta la popolazione tedesca.]]
Al termine della guerra l'autoproclamata [[Repubblica dell'Austria tedesca]], sorta delle ceneri del dissolto Impero austro-ungarico, tentò invano di reclamare la sovranità su svariati territori germanofoni, incluso il futuro Alto Adige: essendo tuttavia riconosciuta quale erede di un paese sconfitto, non poté far valere le proprie pretese.
 
Alla [[conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di pace di Parigi]] l'Italia, sedendo fra le potenze vincitrici, chiese l'applicazione del [[Patto di Londra]], onde realizzare l'obiettivo, apertamente dichiarato da [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] il 24 maggio 1915, «di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra»<ref>Dal proclama del Re in occasione della dichiarazione di guerra.</ref>.
 
L'istanza ebbe però solo parziale soddisfazione, in quanto al regno sabaudo venne negata la [[Dalmazia]] (donde nacque poi il mito della [[vittoria mutilata]]); la richiesta di fissare la frontiera nord-orientale in esatta corrispondenza dello spartiacque alpino sia nella Venezia Tridentina<ref>Cfr. il testo del {{collegamento interrotto|1=[http://www.prassi.cnr.it/prassi/attiInternazionali.html?id=508 Trattato di pace con l'Austria, Saint-Germain, 10 settembre 1919] |date=maggio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}: "''... le Trentin, le Tyrol cisalpin avec sa frontière géographique et naturelle (la frontière du Brenner) ...''" (Trattati e Convenzioni, v. XXIII, p. 285)</ref> che nella [[Venezia Giulia]] venne invece accolta.
 
Le delibere della conferenza furono fatte ratificare alla neo-costituita [[Prima repubblica austriaca|repubblica austriaca]] col [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|trattato di pace di Saint-Germain-en-Laye]], firmato il 10 settembre [[1919]]: esso (alla pari dei trattati sottoposti a Germania, Ungheria e Turchia) non prevedeva che si celebrasse alcun [[plebiscito]] in nessuno dei territori già rivendicati dagli austro-tedeschi, fatta eccezione [[plebiscito della Carinzia|per la Carinzia]].
 
Il 10 ottobre [[1920]] l'Italia formalizzò le acquisizioni territoriali, ritrovandosi con un confine settentrionale del tutto nuovo: anche verso est esso arrivava infatti a coincidere appieno con lo [[spartiacque]] delle [[Alpi]], anche superandolo in alcuni punti (nella conca di [[San Candido]] e a [[Tarvisio]]). Così facendo erano finite sotto giurisdizione italiana consistenti comunità di lingua e cultura germanica<ref>{{de}} Michael Gehler, ''Tirol im 20. Jahrhundert. Vom Ende der Monarchie bis zur Europaregion'', Innsbruck, Tyrolia, 2008, pp. 24ss. ISBN 978-3-7022-2881-1</ref> e slava.
 
=== Le ragioni dell'annessione ===
[[File:Austria Hungary ethnic it.svg|thumb|Mappa delle "lingue d'uso" dell'Austria-Ungheria, basata sul censimento del 1910 (Nota: le valli oggi considerate ladine sono incluse nelle zone a parlata italiana); tutte le popolazioni tedesche, al di fuori dell'Austria e dell'Alto Adige, sono oggi scomparse<ref>La mappa non riporta correttamente la distribuzione di alcune enclave linguistiche italiane lungo la costa dalmata</ref>]]
Le ragioni dell'annessione dell'Alto Adige sono connaturate al contesto storico dei primi decenni del [[XX secolo]]: all'epoca le rivendicazioni territoriali degli stati non avvenivano su base puramente etnica e lo stesso conflitto mondiale era scoppiato come conseguenza della cultura [[imperialismo|imperialistica]] di stampo ottocentesco (di cui l'Austria era il massimo rappresentante), che non aveva tenuto conto delle aspirazioni nazionali dei popoli, basandosi invece in via prevalente sui rapporti di forza fra gli stati.
 
All'atto della pace gli [[Stati Uniti d'America]] tentarono di correggere tale prassi imponendo di ridisegnare la mappa d'Europa su criteri anzitutto di omogeneità etnica, nella velleitaria speranza di evitare futuri conflitti. In un discorso dell'8 gennaio 1918 il presidente [[Woodrow Wilson]] enunciò allo scopo una "carta d'intenti" articolata in [[quattordici punti]]<ref>{{en}} Sterling J. Kernek, ''Woodrow Wilson and National Self-Determination along Italy's Frontier: A Study of the Manipulation of Principles in the Pursuit of Political Interests'', in "Proceedings of the American Philosophical Society", vol. 126, Nr. 4 (Aug. 1982), pp. 243-300.</ref><ref>{{de}} Rolf Steininger, ''Südtirol. Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart''. StudienVerlag, Innsbruck – Vienna – Bolzano 2003, ISBN 3-7065-1348-X, pp. 9–11.<br />
"A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality."</ref>. In sede di conferenza tali punti furono però [[Conferenza di pace di Parigi (1919)#Il contesto storico|ampiamente disattesi]] in favore di un trattamento punitivo delle nazioni sconfitte. Milioni di persone di lingua ed etnia tedesca, [[magiari|ungherese]], [[Turchi|turca]] e [[slavi|slava]] si trovarono così incluse in uno Stato non identificato con la propria nazione, circostanza che creò le premesse per la successiva distruzione di gran parte di esse.
 
In questo contesto l'annessione all'Italia di parte del Tirolo fu tutt'altro che un caso eccezionale, giacché analoga sorte toccò alle ben più numerose minoranze tedesche dei [[Tedeschi dei Sudeti|Sudeti]] o dell'[[Alsazia-Lorena]], nonché a varie altre comunità minoritarie di etnia ungherese o turca.
 
Il territorio del futuro Alto Adige, in base al censimento austriaco del [[1910]] (effettuato "secondo la lingua d'uso"), risultava popolato per il 90% da popolazione germanofona, a fronte di un 7% di lingua [[lingua italiana|italiana]] (gruppo nel quale veniva ricompresa anche la comunità ladina, che arrivava al 3/4% del totale). {{cn|La comunità italofona era inoltre stata decimata}} nel corso dell'[[XIX secolo|Ottocento]] dalla pressione assimilatrice della maggioranza etnica: nel censimento si notava infatti come molte famiglie dai cognomi marcatamente italiani o ladini avessero indicato il tedesco come propria lingua madre.
 
L'intento di portare il confine nazionale al [[passo del Brennero]] non godeva però, in patria, di consensi unanimi: prima e dopo l'entrata in guerra dell'Italia alcuni esponenti politici di primo piano quali [[Antonio Stefenelli]], [[Leonida Bissolati]], [[Filippo Turati]], [[Gaetano Salvemini]] ed [[Ernesta Bittanti Battisti|Ernesta Battisti]] avevano sostenuto l'opportunità di fissare la frontiera settentrionale della Venezia Tridentina presso la [[Chiusa di Salorno]], riconosciuta quale punto di confine tra le aree linguistiche germanica e italiana. I "salornisti" (come vennero definiti) erano inoltre perplessi sull'opportunità di annettere una regione fortemente cattolica, arretrata socialmente e con un'economia quasi unicamente agricola, che ai loro occhi appariva del tutto simile alla [[Vandea]]<ref>"Filippo Turati: “Ricordiamoci che l'Alto Adige più ancora del Trentino, è paese clericale, una specie di Vandea austro-germanica”, [[Filippo Turati]], 1921"</ref>. Lo stesso [[Irredentismo italiano|irredentista]] trentino [[Cesare Battisti]] nutriva riserve sullo spostamento del confine al Brennero, che avrebbe cozzato col principio di nazionalità, ma ne riconosceva la "formidabile" strategicità militare.<ref>Antonio Scottà, ''La Conferenza di pace di Parigi fra ieri e domani (1919-1920)'', visto su [http://books.google.it/books?id=ZIZQNT1k7QMC&pg=PA147&lpg=PA147&dq=battisti+salorno+confine&source=bl&ots=GBF_46e5_w&sig=TzJE-Kgg-QTLaGOXq38kgCpmiFw&hl=it&ei=Sr8-TbL_MoidOoKexOsF&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CBIQ6AEwAA#v=onepage&q=battisti%20salorno%20confine&f=false Google libri] il 25 gennaio 2011</ref> Le posizioni sopra descritte rimasero comunque minoritarie.
 
L'annessione fu attuata in base al principio (all'epoca assai in auge) della ''[[frontiera naturale]]'', per il quale i confini statali dovevano coincidere il più possibile con ben identificabili frontiere geografiche, anche a costo di far venir meno l'omogeneità etnica. Come già accennato, nel caso dell'Italia questo principio appariva sensato anche e soprattutto dal punto di vista militare: una frontiera coincidente con lo spartiacque alpino sarebbe infatti stata più facilmente difendibile e controllabile. Adducendo a motivo le continue ingerenze e invasioni dall'area tedesca verso l'Italia verificatesi nei secoli dopo la caduta dell'Impero romano (prassi di cui l'Austria, divenuta potenza egemone e avversaria per eccellenza dell'unità nazionale, era l'ultima continuatrice), gli italiani avevano buon gioco nell'invocare l'erezione di frontiere più sicure che proteggessero il nascente regno unificato dalle invasioni straniere. Per contro, se lasciato all'Austria, il territorio tra il Brennero e Salorno avrebbe costituito un "cuneo" serrato tra Lombardia e Venezia Giulia, difficile da pattugliare e potenzialmente utilizzabile come [[testa di ponte]] per lanciare azioni offensive da nord a danno del regno italiano<ref>Non fu una motivazione isolata: il [[Tedeschi dei Sudeti|territorio dei Sudeti]], a massiccia maggioranza tedesca (circa quattro milioni di individui), fu ceduto alla neonata [[Cecoslovacchia]] anche per garantirle una frontiera facilmente difendibile in funzione antitedesca.</ref>
 
Lo stesso presidente U.S.A. [[Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]], che pure nei suoi quattordici punti aveva posto la questione etnica come primo discrimine per la tracciatura dei confini statali, finì per appoggiare le richieste italiane sul Trentino, puntualizzando però la necessità di prevedere una forma di larga autonomia per il territorio regionale abitato dai tedeschi<ref>Papers Relating to the Foreign Relations of the United State, 1918: "Supplements I", Documents State Department, Washington 1933, vol. 1, pag. 410</ref>.
 
=== Le istanze locali ===
La storiografia autoctona cita spesso l'effettuazione di due tentativi ai fini di tutelare l'unità politico-amministrativa della regione storica del [[Tirolo]].
 
Nel maggio 1919 la [[Dieta (storia)|dieta]] tirolese (priva dei rappresentanti del [[Trentino]]) si riunì ad [[Innsbruck]], {{chiarire|proponendo|A chi?}} {{cn|la creazione di uno stato indipendente esteso da [[Kufstein]] a [[Salorno]].}}
 
La proposta dovette rimanere lettera morta, sicché a metà dello stesso anno alcuni esponenti dei principali partiti della dieta di [[Innsbruck]] chiesero al [[vittorio Emanuele III di Savoia|re d'Italia]] di annettersi tutto il Tirolo, onde tutelarne l'integrità e i benefici di autonomia fiscale e amministrativa; l'offerta venne però declinata.<ref>Mario Toscano, ''op. cit.'', pp. 41-49.</ref>
 
{{Cn|Dal canto loro alcune associazioni di area ladina manifestarono la propria fedeltà all'Austria.|La fonte indicata è POV ed autoreferenziale}}<ref>[http://www.vejin.com/history.html#primaguerra Vejin.com - La storia dei ladini] ''I ladini chiedono unitamente di rimanere con l'Austria'' e ''siamo un popolo proprio e libero, il più antico dei popoli del Tirolo''</ref>
 
Tale episodi furono in ogni caso insignificanti nel contesto delle trattative di pace, i cui esiti furono stabiliti unilateralmente dalle potenze vincitrici: i paesi sconfitti dovettero limitarsi a prenderne atto.
 
== Primo dopoguerra ==
[[File:Julius Perathoner.jpg|thumb|Bronzetto in memoria di [[Julius Perathoner]] all'ingresso del municipio di [[Bolzano]] – Emil Gurschner (1886-1938)]]
A guerra conclusa il territorio tra Brennero e Salorno fu quindi occupato dalle forze armate italiane e incluso nel commissariato generale civile della [[Trentino-Alto Adige|Venezia Tridentina]], in attesa che il trattato di pace ne sancisse l'annessione al regno sabaudo.
 
Fu in questo frangente che per designare il territorio in oggetto venne introdotto il toponimo Alto Adige, cui fece riscontro (in ambito tedesco) la diffusione dell'appellativo ''Süd Tirol'' (che precedentemente era stato utilizzato per designare il Trentino). La toponomastica venne tradotta e adattata alla lingua statale attenendosi alle prescrizioni del ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]'' di [[Ettore Tolomei]].
 
Il re [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]], nel discorso alla corona del 1º dicembre [[1919]], dichiarò l'intento di voler rispettare in pieno le autonomie e le tradizioni locali, con il supporto delle istituzioni politiche e militari. Le scuole, le istituzioni e le associazioni tedesche esistenti furono mantenute in esercizio; furono inoltre avviate trattative per creare strutture amministrative autonome, in grado di garantire un'integrazione efficace delle preesistenti istituzioni locali nel nuovo sistema statale. In un primo momento i governi [[liberalismo|liberali]] perseguirono dunque una politica abbastanza tollerante verso le minoranze tedesche: il ''Commissario Generale Civile per la Venezia Tridentina'' [[Luigi Credaro]], subentrato al governatore militare [[Guglielmo Pecori Giraldi]]<ref>Regio Decreto 24 luglio 1919, n°1251. Disposizioni preliminari tramite decreto legislativo 4 luglio 1919, n°1081.</ref>, preservò l'ordinamento amministrativo decentrato della regione.
 
== Il biennio rosso e l'avvento del fascismo ==
[[File:Siegesdenkmal Bozen Ostseite.JPG|thumb|Il [[monumento alla Vittoria (Bolzano)|monumento alla Vittoria]] di [[Bolzano]]]]
[[File:Plaque Fascist Assault on Bozen 1922 2012.jpg|thumb|Targa apposta nel Municipio dalla Giunta comunale di Bolzano nel 2012, a ricordo dell'[[Marcia su Bolzano|assalto fascista]] del 1922]]
Nell'immediato dopoguerra e negli anni successivi in svariati territori europei soggetti ad opposte rivendicazioni scoppiarono violenze, rivolte e conflitti a carattere nazionalista ed etnico, talora sfociati in guerre per definire il possesso di singoli territori. Non di rado, laddove risiedeva una popolazione multietnica, l'etnia dominante varò politiche di assimilazione atte ad omogeneizzare culturalmente i territori di competenza.
 
A queste violenze si sommarono [[Biennio rosso in Europa|rivolte di carattere sociale]] ispirate dalla [[Rivoluzione russa|Rivoluzione Russa]]. Neppure l'Italia fu risparmiata dal ''[[Biennio rosso in Italia|Biennio rosso]]'', ove alle rivolte sociali ed operaie fece riscontro la violenza dei nascenti [[Fasci italiani di combattimento]], i cui [[squadrismo|squadristi]] ben presto presero anche a rivolgersi all'Alto Adige, contrapponendosi alle istanze autonomistiche e rivendicando con veemenza l'italianità del nuovo territorio.
[[File:Kaiserin-Elisabeth-Schule Bozen.JPG|thumb|left|La ex ''Kaiserin Elisabeth Schule'', poi scuola elementare "Dante Alighieri". Il rifiuto del sindaco Julius Perathoner di concedere l'edificio per aprirvi una scuola elementare italiana costituì il pretesto per la [[Marcia su Bolzano]].]]
Le [[Elezioni politiche italiane del 1921|elezioni parlamentari del 1921]] furono le prime nelle quali furono chiamati al voto anche i cittadini delle "terre redente". In Alto Adige (il cui territorio era stato ricompreso nella Venezia Tridentina) vennero presentate tre liste: la ''[[Tiroler Volkspartei]]'' ("Partito popolare tirolese"), la ''[[Deutschfreiheitliche Partei]]'' ("Partito libertario tedesco") e la ''[[Partito Socialdemocratico di Germania|Sozialdemokratische Partei]]'' ("Partito socialdemocratico"). I primi due partiti si presentarono federati nella [[coalizione politica|coalizione]] ''[[Deutscher Verband]]'' ("Alleanza tedesca") e ottennero circa il 90% dei voti, esprimendo quattro rappresentanti alla [[Camera dei deputati]] ([[Eduard Reut-Nicolussi]], [[Karl Tinzl]], [[Friedrich von Toggenburg]] e [[Wilhelm von Walther]]). I socialdemocratici, presentatisi in apparentamento col [[Partito Socialista Italiano]], racimolarono il restante 10% dei voti validi, insufficienti per inviare deputati a Roma.
 
I quattro rappresentanti eletti portarono in parlamento le istanze autonomistiche del loro territorio, ma nel mentre il clima si era fatto incandescente: il 24 aprile [[1921]] alcune squadre fasciste vennero informate che, in concomitanza con la celebrazione in quel di [[Innsbruck]] di un referendum sull'opportunità di unire il Tirolo alla Baviera, alcuni cittadini di lingua tedesca avrebbero approfittato della [[Fiera di Bolzano]] per tenere clandestinamente un'analoga consultazione per la secessione dell'Alto Adige dall'Italia<ref name=Starace>Roberto Festorazzi ''Starace, il mastino della rivoluzione fascista'', Milano, [[Ugo Mursia Editore|Mursia]], 2002, p. 35 </ref> Il futuro segretario del [[Partito Nazionale Fascista|P.N.F.]] [[Achille Starace]], all'epoca [[Achille Starace#Il dopoguerra - gli scontri in Alto Adige|capo del Fascio di Trento]], colse l'occasione per inviare a Bolzano una [[squadrismo|squadra]], incaricandola di reprimere eventuali manifestazioni di stampo anti-italiano. Giunti in città, gli squadristi s'imbatterono in un corteo folcloristico e lo assalirono con armi da fuoco e bombe a mano<ref>{{de}} Stefan Lechner, ''Die Eroberung der Fremdstämmigen: Provinzfaschismus in Südtirol 1921-1926'', Bolzano, Athesia, 2003, pp. 67ss.</ref>: lo scontro lasciò sul campo quarantacinque feriti (alcuni gravemente) e un morto (il maestro di [[Marlengo]] Franz Innerhofer, ucciso a colpi di pistola mentre tentava di ripararsi dietro a un portone assieme a uno scolaro). Il fatto verrà quindi ricordato con l'appellativo di [[Domenica di sangue (1921)|Domenica di sangue]] (''Blutsonntag'').
 
Starace nel mentre aveva avuto modo in più occasioni di scontrarsi col borgomastro di Bolzano [[Julius Perathoner]], convinto nazionalista e pangermanista, il quale rifiutava pervicacemente di esporre il [[tricolore]] italiano sugli edifici pubblici e faceva stampare clandestinamente [[cartamoneta]] con il valore espresso in Corone, in modo da richiamare la [[Corona austro-ungarica]] e contrastare l'entrata in circolazione della [[lira italiana]]<ref name=Starace />. Il 4 ottobre [[1922]] il gerarca decise di farla finita e, cogliendo a pretesto la mancata concessione da parte del municipio di un edificio per l'apertura di una scuola elementare italiana, organizzò la [[marcia su Bolzano]]. Nel giro di 24 ore le squadre fasciste occuparono gli edifici pubblici, esautorando [[de facto]] il borgomastro Perathoner e il consiglio comunale. L'indomani anche il Commissario Generale Civile della [[Trentino-Alto Adige|Venezia Tridentina]] [[Luigi Credaro]], "reo" di una politica troppo conciliante verso la minoranza tedesca e favorevole alle istanze per un ordinamento amministrativo decentrato della regione, si dimise sotto la pressione dei paramilitari.
 
Da [[Roma]] il [[Governo Facta II|governo italiano]], ormai imbelle di fronte alla dilagante violenza fascista (che nemmeno un mese dopo, con la [[marcia su Roma]], porterà Mussolini a prendere il potere), non fece nulla per contrastare le squadre di Starace. Alla guida di Bolzano venne nominato il funzionario moderato [[Augusto Guerriero]], che per i suoi due anni di mandato riuscì a mantenere complessivamente pacifica la situazione in città.
 
== Gli anni del regime e la politica di italianizzazione ==
{{vedi anche|Italianizzazione (fascismo)|Italianizzazione dell'Alto Adige|Programma di Tolomei}}
[[File:Parata Camice Nere in Corso Libertà a Bolzano.jpg|thumb|Parata delle Camicie Nere in Corso Libertà a Bolzano]]
Giunto incontrastato al potere, il fascismo promosse in tutta Italia una politica nazionalista atta a reprimere e assimilare le minoranze dialettali e linguistiche. Per quanto concerne l'Alto Adige, facendo proprie le teorie del nazionalista trentino [[Ettore Tolomei]] (per il quale tale regione era stata forzatamente germanizzata dalla sua "originaria" condizione italiana, alla quale urgeva dunque [[italianizzazione (fascismo)|ricondurla]]), l'italianizzazione di nomi e toponimi venne resa sistematica: un [[regio decreto-legge|decreto]] del 1923 ratificò come obbligatorio l'uso dei soli nomi locali italiani (sempre secondo i dettami del già citato ''[[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige|Prontuario]]'') proibendo l'uso di quelli tedeschi, con particolare riguardo per le espressioni ''Tirol'' e ''Südtirol''.
 
Nell'ambito dell'istruzione la [[riforma Gentile]], promulgata il 24 ottobre 1923, intimò la graduale soppressione delle scuole in lingua non italiana. L'insegnamento del tedesco poté proseguire solo grazie a iniziative clandestine (quali le ''[[Katakombenschule]]n'', fondate dal prelato [[Michael Gamper]]) o stratagemmi (per intercessione di [[papa Pio XI]], dal [[1928]] le scuole parrocchiali ebbero licenza di insegnare la religione cattolica nell'idioma territoriale)<ref name=SG/>.
 
La stampa germanofona venne depotenziata: a causa delle restrizioni sull'uso dei toponimi tirolesi la ''Tyrolia'', maggior casa editrice del territorio, dovette cambiare nome dapprima in ''Verlagsanstalt Vogelweider'', quindi dopo pochi mesi in [[Athesia]] (dal nome latino della [[valle dell'Adige]]).
 
Vennero quindi sciolte le sezioni locali del ''[[Deutscher und Österreichischer Alpenverein]]'' (club alpino austro-tedesco) e circa 20 [[Rifugio alpino|rifugi montani]] furono espropriati e avocati allo stato senza indennizzare i precedenti proprietari.<ref name=SG>{{de}} Karl Wieninger, ''Südtiroler Gestalten'', Bolzano, Athesia 1977.</ref>
 
Il 21 gennaio 1923 il commissariato della Venezia Tridentina, pur mantenendo il controllo militare e di polizia, passò la giurisdizione amministrativa sull'Alto Adige alla neocostituita [[provincia autonoma di Trento|provincia]] con capoluogo a [[Trento]]<ref>Regio decreto-legge 21 gennaio 1923, n. 93</ref>. Tale scelta andava a ricomprendere l'elemento etnico tedesco in un territorio a netta maggioranza italiana, onde accentuarne la natura minoritaria e facilitare vieppiù la pressione assimilatrice su di esso.
 
Nello stesso anno, nell'ambito di una generale riorganizzazione delle amministrazioni locali che investì tutta Italia, i comuni ladinofoni di [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]], [[Colle Santa Lucia|Colle]] e [[Cortina d'Ampezzo|Cortina]] vennero riassegnati alla [[provincia di Belluno]]. Tale distacco, pur se motivato da ragioni di carattere prettamente pratico, apparve agli occhi dei movimenti pantirolesi come un'ulteriore scelta politica volta rompere l'unità territoriale della cosiddetta [[Ladinia]], le cui comunità, una volta "spalmate" su province diverse, avrebbero avuto ancor meno forza per resistere alla pressione assimilatrice. L'unità ladina era tuttavia già stata infranta attorno al [[1868]] dalla riforma dei distretti giudiziari operata in seno all'Impero austro-ungarico, la quale aveva imposto il tedesco come lingua ufficiale in Val Gardena e Val Badia e l'italiano nelle zone di Livinallongo, Ampezzo e Fassa<ref>{{de}} Eduard Widmoser, Südtirol A-Z: Kr-N, Südtirol-Verlag, 1988 pag. 74. Cit. ''1868 wurden in der österreichisch-ungarischen Monarchie neue Gerichtsbezirke geschaffen. [...] Die Amtssprache war also in Gröden und im Gadertal deutsch, in Buchenstein, Ampezzo und Fassa italienisch.'' In [[Lingua italiana|italiano]]: "Nel 1868 nella monarchia austro-ungarica vennero creati nuovi distretti giudiziari. [...] La lingua ufficiale in Val Gardena e Val Badia divenne allora il tedesco, a Livinallongo, Ampezzo e Fassa l'italiano.</ref>
 
La pressione giurisdizionale del fascismo aumentò nel [[1925]], allorché le [[leggi fascistissime]] sancirono anche formalmente l'avvio della [[dittatura]]: partiti e sindacati non fascisti vennero sciolti d'ufficio, la stampa periodica fu sottoposta a [[censura]] e tutte le pubblicazioni in lingua tedesca vennero bandite (sostituite dal solo [[giornale quotidiano|quotidiano]] ''Alpenzeitung'', semplice traduzione del giornale italiano ''La Provincia di Bolzano''<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 85}}</ref>. Anche in questo caso la Chiesa fu parzialmente risparmiata: ai sensi dei [[Patti Lateranensi]] i periodici parrocchiali, ancorché germanofoni, poterono continuare a circolare<ref>Sul ruolo della stampa cattolica [http://www.provinz.bz.it/news/it/news.asp?news_action=4&news_article_id=444243 La stampa cattolica fra nazismo e fascismo]</ref>.
 
L'influenza di Tolomei si fece sentire nuovamente nel 1926, allorché un regio decreto impose il "ritorno alla forma italiana" dei "cognomi d'origine italiana o ladina" che fossero stati "tradotti o trasformati con grafia straniera". Nonostante le pressioni del senatore irredentista (che richiese la totale italianizzazione dei cognomi familiari non riconducibili ai fonemi della lingua italiana) tale obiettivo venne raggiunto solo parzialmente<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 83}}</ref>.
 
Frattanto ci si rese conto che, ai fini di un maggior controllo su un territorio tanto delicato, era opportuno dedicarvi una ripartizione amministrativa autonoma. Fu così che il Regio decreto nr. 1 del 2 gennaio [[1927]] scisse i circondari [[Circondario di Bolzano|di Bolzano]], [[Circondario di Bressanone|di Bressanone]] e [[Circondario di Merano|di Merano]] dalla [[provincia autonoma di Trento|provincia di Trento]] e costituiti essi stessi in [[Provincia autonoma di Bolzano|provincia]], il cui capoluogo divenne proprio [[Bolzano]], che dal 16 dicembre [[1926]] era diventata sede prefettizia sotto la gerenza di [[Umberto Ricci]]<ref>[[s:R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 - Riordinamento delle circoscrizioni provinciali|Regio Decreto Legge 2 gennaio 1927, n. 1, art. 1]]</ref>. Il confine tra le due aree della Venezia Tridentina fu tracciato nei pressi di [[Laives (Italia)|Laives]], poco più a sud di Bolzano: i comuni della [[Bassa Atesina]] fino alla [[chiusa di Salorno]], la cui popolazione aveva caratteristiche marcatamente mistilingui (l'elemento italofono vi era infatti già considerevole prima dell'annessione all'Italia), furono lasciati a Trento onde favorirne l'omogeneizzazione culturale italiana<ref>Bonoldi-Obermair 2006, pp. 37ss.</ref>.
 
Nel 1934 l'[[Austria]] fu vittima di un tentativo di colpo di Stato di stampo nazista, nel corso del quale perse la vita il cancelliere [[Engelbert Dollfuss]]. Presentendo la minaccia di un invasione da parte del [[Terzo Reich]], Mussolini decise di proporsi quale protettore della piccola repubblica: quattro divisioni dell'esercito italiano vennero pertanto schierate alla frontiera.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 90}}</ref> Parallelamente il confine italo-austriaco fu coinvolto nel progetto del [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino Littorio]], il sistema di fortificazioni che, estendendosi da [[Ventimiglia]] a [[Fiume (Croazia)|Fiume]], avrebbe coperto tutta la frontiera settentrionale d'Italia. In Alto Adige vennero così impiantate diverse opere difensive.
 
=== Le assimilazioni ed espulsioni forzate delle minoranze nel periodo interbellico ===
La politica dell'Italia fascista nei confronti dell'Alto Adige non fu un ''unicum'': le minoranze slavofone (slovene e croate) della [[Venezia Giulia]] vennero egualmente fatte oggetto di pressione assimilatrice, mentre le altre minoranze etnico-linguistiche - da più tempo ricomprese nel territorio del Regno - si videro negare ulteriormente il riconoscimento delle proprie peculiarità culturali. La prassi di ridurre i toponimi a fonemi italianeggianti venne inoltre applicata sistematicamente anche in Sardegna, Piemonte, Valle d'Aosta, Sicilia e varie altre regioni.
 
Nondimeno anche in varie altre regioni europee ed extraeuropee il [[periodo interbellico]] vide molte comunità etnico/linguistiche "trapiantate" all'interno di stati aventi un retroterra nazionale differente dal loro. Ciò non era soltanto dovuto al disconoscimento delle già citate dottrine [[Thomas Woodrow Wilson|wilsoniane]], ma anche al più semplice fatto che, in molti casi, i confini fra le diverse etnie e lingue non erano netti (in diverse regioni - soprattutto nell'Europa dell'est - comunità etnico-linguistiche ed etnie differenti si erano mescolate e convivevano tra loro in modo mediamente pacifico). Il definitivo trionfo degli stati nazionali, scaturito dalla conferenza di Parigi, andò sovente a scardinare questi equilibri, giacché le politiche di assimilazione forzata delle minoranze presero impulso e vigore.
 
L'Italia non fu in tal senso né l'unica, né la più zelante interprete di tale linea operativa: i casi più noti ed eclatanti furono le persecuzioni contro [[Genocidio armeno|armeni]] e [[Genocidio assiro|assiri]] perpetrate dagli [[Impero ottomano|Ottomani]], così come il gigantesco [[Scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia|scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia]]. Analogamente il Regno di Jugoslavia andò ad assimilare le minoranze tedesche ed ungheresi, mentre in Polonia accadde lo stesso a danno della comunità ucraina. La stessa Austria, madrepatria degli altoatesini tedescofoni, ebbe un ruolo in tale politica rifiutando di riconoscere diritti e tutele ai cittadini sloveni della [[Carinzia]]. Da ultimo si menziona il caso degli oltre 200.000 tedeschi espulsi dall'[[Alsazia-Lorena]] a seguito della sua riannessione alla Francia (la metà di essi poté però in seguito farvi ritorno)<ref>Federico Scarano, ''Tra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista'', Franco Angeli editore, ISBN 978-88-204-0918-0, pag. 34</ref>.
 
=== I monumenti, i grandi lavori, l'immigrazione ===
Nella valenza italianizzatrice rientrò anche il vasto programma di opere pubbliche promosso dal regime sul territorio altoatesino.
 
[[Bolzano]], come molte altre città elevate al rango di capoluogo di provincia nel corso del ventennio fascista, fu oggetto di un grande programma urbanistico atto a sostituire l'immagine di cittadina mitteleuropea con quella di grande centro urbano dalle architetture monumentali e razionali, rendendo (come disse [[Galeazzo Ciano]] nel novembre 1938) "mediterraneo" ciò che prima era "nordico"<ref>Citazione da Paolo Nicoloso, ''Mussolini architetto. Propaganda e paesaggio urbano nell'Italia fascista'', Torino, Einaudi, 2011, p. 249.</ref> Molti quartieri vennero parzialmente demoliti e ricostruiti, altri vennero eretti ex novo con molti edifici residenziali ad alta frequentazione, onde accogliere gli immigrati da altre parti d'Italia, che (sotto impulso diretto del regime) affluivano sempre più copiosi nelle conche di Bolzano, [[Merano]] e [[Bressanone]].
 
Nel 1934 vene avviata la costruzione di una nuova zona industriale nel capoluogo, ove vari grandi gruppi industriali italiani di vari settori (acciaierie Falck, Lancia, Magnesio, Feltrinelli, Iveco...) aprirono un loro sito produttivo<ref name="ReferenceB">{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 84}}</ref>: ciò accelerò ulteriormente l'afflusso di immigrati, tanto che in pochi anni la popolazione di Bolzano divenne a soverchiante maggioranza italiana.
 
Particolare attenzione fu posta nell'edificazione di monumenti: quelli considerati celebrativi della "germanicità" (in particolare le opere realizzate sotto l'amministrazione Perathoner, quali la statua di [[Walther von der Vogelweide]] o la [[Re Laurino#La fontana di re Laurino|fontana di re Laurino]]) vennero rimossi e sostituiti da altri inneggianti alla gloria dell'Italia fascista. A Bolzano sorsero così il [[Monumento alla Vittoria (Bolzano)|Monumento alla Vittoria]] (costruito sui ruderi dell'incompiuto monumento ai ''[[Kaiserjäger]]'', precedentemente abbattuto nel 1926), la Casa del Fascio (ornata sulla facciata da un ampio bassorilievo in cui spicca la figura di Mussolini a cavallo), il tribunale e la Casa della Gioventù Italiana del Littorio femminile.<ref name="ReferenceB"/>
 
Nel corso degli anni Trenta vennero inoltre eretti alcuni [[Sacrari militari della prima guerra mondiale in Italia|sacrari militari]] per soldati a [[Sacrario militare di San Candido|San Candido]], [[sacrario militare di Colle Isarco|Colle Isarco]] e [[Sacrario militare di Passo Resia|Passo Resia]], ove vennero inumate salme di provenienza raccogliticcia (in larga parte italiane, ma anche austro-ungariche). Anche in questo caso lo scopo era la "sacralizzazione italiana" dei confini acquisiti col primo conflitto mondiale. Degne di nota furono infine l'erezione a [[Brunico]] del gigantesco [[monumento all'Alpino]] e quella del [[Ponte_Gardena#Monumento_equestre|monumento al genio del Fascismo]] a [[Ponte Gardena]]. Varie di queste vestigia sono poi sopravvissute alla caduta del regime, ponendo successivamente diverse problematiche in merito alla loro gestione e cura, divenuta oggetto sistematico di polemiche e atti vandalici/delittuosi.
 
L'italianizzazione intesa come ricostruzione edilizia e fenomeno migratorio fu invece assai minore nelle vallate e nei centri montani minori, che riuscirono a mantenere un'impronta decisamente tedesca sia culturalmente che architettonicamente.
 
[[File:Opera 10.2bComelico.jpg|thumb|L'[[bunker|opera di difesa]] dello [[sbarramento passo monte Croce Comelico|sbarramento Passo Monte Croce Comelico]], appartenente al [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino in Alto Adige]] ]]
 
=== Le opzioni di cittadinanza ===
[[File:Bundesarchiv Bild 137-055690, Innsbruck, Umsiedler aus Südtirol.jpg|thumb|''Optanten'' in arrivo alla stazione di Innsbruck (1940)]]
{{vedi anche|Opzioni in Alto Adige}}
{{Citazione|È mia incrollabile volontà ed è anche mio testamento politico al Popolo tedesco, ch’esso consideri intangibile per sempre la frontiera delle Alpi, eretta fra noi dalla natura.|Adolf Hitler, 19 marzo 1938}}
 
La tensione tra [[Adolf Hitler|Hitler]] e [[Benito Mussolini|Mussolini]] ebbe però vita breve: il loro avvicinamento verso il [[1938]] lasciò infatti mano libera al [[Germania nazista|Terzo Reich]] per [[Anschluss|annettersi l'Austria]]. Molti altoatesini di lingua tedesca, che già guardavano con vivo interesse alla linea pangermanista del nazismo, cominciarono apertamente a sperare che il Führer proseguisse nella propria campagna anche oltre le Alpi, onde annettere alla Germania anche il territorio della provincia di Bolzano.
 
Le speranze furono presto disattese: il 23 giugno [[1939]] a [[Berlino]] il governo tedesco e quello italiano siglarono un accordo (alla presenza anche del prefetto di Bolzano [[Giuseppe Mastromattei]]) per dare una soluzione alla "questione altoatesina". Da un lato infatti l'Italia era indisponibile a privarsi di una parte del proprio territorio, per giunta tanto strategica dal punto di vista commerciale e difensivo, dall'altra il regime nazista non poteva permettersi di venir meno alla volontà di riunire i popoli germanofoni sotto un unica bandiera
 
Il compromesso tra le parti, formalizzato il successivo 21 ottobre, si tradusse nella pratica delle ''[[Opzioni in Alto Adige|Opzioni]]'': riconosciuta l'intangibilità del confine italo-austriaco esistente, alle genti ''[[Volksdeutsche]]n'' ("di etnia tedesca")<ref name="ReferenceC">{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 93}}</ref> della provincia fu proposto di [[Opzione (diritto diplomatico)|optare]] per la cittadinanza tedesca, con susseguente obbligo di trasferirsi nel territorio della [[Germania nazista]]. Chi avesse rifiutato, decidendo di rimanere nella terra natia, avrebbe dovuto implicitamente accettarne l'italianizzazione, ché l'accordo non prevedeva alcuna forma di tutela linguistico-culturale in carico al regime fascista. Nel giro di un anno la possibilità di optare venne estesa anche agli abitanti delle enclavi tedescofone del Trentino, del Veneto e del Friuli<ref name="ReferenceC"/>, poi anche alle popolazioni di madrelingua ladina esclusione dalla [[val di Fassa]]<ref>[http://issuu.com/museo.storico.trentino/docs/opzioni_guerra_e_resistenza_nelle_valli_ladine__il Opzioni: guerra e resistenza nelle valli ladine] su Museo Storico di Trento</ref>. Gli accordi prevedevano infine il rimpatrio immediato di circa 10.000 soggetti residenti in Alto Adige già provvisti di passaporto tedesco (''[[Reichsdeutsche]]''), fissando infine il lasso di tempo concesso per scegliere da che parte stare.
 
Il patto ebbe un effetto lacerante sulla società altoatesina, che si spaccò tra coloro che scelsero di passare sotto il Reich (i cosiddetti ''Optanten'') e coloro che rimasero "fedeli" alla loro terra a costo di rinunciarne alla cultura (''[[Dableiber]]''): questi ultimi furono additati dai partenti e da varie parti della comunità tedescofona come traditori, dovendo successivamente far fronte a discriminazioni e persecuzioni.
 
Il governo di Roma ebbe un atteggiamento incerto nei confronti delle ''Opzioni'': da un lato una prevalenza di ''[[Dableiber]]'' avrebbe dimostrato che la politica di italianizzazione era stata metabolizzata dalla popolazione; dall'altro l'allontanamento in massa dei germanofoni avrebbe vieppiù lasciato campo libero all'afflusso di emigrati da altre regioni d'Italia, finanche nelle valli e nei centri montani, dando al territorio la sperata connotazione di una qualsiasi regione italiana.
 
Chiaramente a favore dell'emigrazione nel Reich fu invece la martellante [[propaganda]] del ''[[Völkischer Kampfring Südtirols]]'' ("Circolo combattente popolare del Tirolo meridionale"), longeva organizzazione paramilitare che invocava il passaggio dell'intero Tirolo sotto la giurisdizione nazista: gli attivisti non esitarono a compiere atti violenti e persecutori contro la popolazione civile, onde convincerla a optare. A loro si debbe anche la diffusione della cosiddetta "leggenda siciliana", una [[fake news|falsa notizia]] secondo la quale coloro che non avessero optato per la Germania sarebbero stati forzatamente deportati in [[Sicilia]]<ref name="ReferenceC"/>.
 
Dal punto di vista numerico la stragrande maggioranza degli altoatesini germanofoni (166.488 individui, pari all'85-90% della popolazione) optò per il [[Germania nazista|Terzo Reich]]. Alla dichiarazione d'intenti non coincise però una loro univoca messa in atto: ''de facto'' gli emigranti furono circa 75.000 (soprattutto semplici lavoratori e contadini, che vendettero le loro proprietà all'[[Ente Nazionale per le Tre Venezie]] o ai ''Dableiber'') e molti ''Optanten'' erano ancora domiciliati nel territorio altoatesino allorché esso fu invaso dai tedeschi nel [[1943]]. Inoltre circa un terzo degli emigrati (25.000 persone) fece rientro nella regione a guerra finita<ref>{{de}} Helmut Alexander et al., ''Heimatlos: die Umsiedlung der Südtiroler'', Vienna, Deuticke, 1993.</ref>. Per quanto riguarda i ladini, le Opzioni ebbero una significativa incidenza nella sola [[val Gardena]], restando marginali nelle altre vallate retoromanze<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.provincia.bz.it/intendenza-ladina/temi/news-iniziative.asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=403548 Sviluppo storico della scuola ladina di Roland Verra] |date=maggio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}.</ref>.
 
Non furono pochi gli ''Optanten'' che durante la permanenza in [[Germania]] finirono per abbracciare appieno l'ideologia [[nazionalsocialismo|nazista]], prestando inoltre servizio attivo nella [[Wehrmacht]]: alcuni di loro, una volta rientrati in Alto Adige, ebbero un ruolo attivo sia nelle azioni dei [[Befreiungsausschuss Südtirol|gruppi terroristici indipendentisti]], sia nella politica dei partiti "istituzionali" postbellici (finanche i più moderati, come la stessa [[Südtiroler Volkspartei]]).
 
== L'armistizio e l'occupazione tedesca ==
{{vedi anche|Armistizio di Cassibile|Operazione Alarico}}
[[File:Franz Hofer.jpg|thumb|upright=0.8|Il ''Gauleiter'' Franz Hofer]]
[[File:Truppe germaniche accolte dai sudtirolesi a Bolzano (9 settembre 1943).jpg|thumb|left|Truppe germaniche accolte dai sudtirolesi a Bolzano (9 settembre 1943)]]
Dopo la destituzione e l'arresto di [[Benito Mussolini|Mussolini]] a seguito degli eventi del [[Ordine del giorno Grandi|25 luglio 1943]], Hitler ordinò l'inizio delle operazioni militari volte ad occupare i passi alpini e liberare il duce. I piani di azione erano già stati elaborati dal comando tedesco nel maggio ed erano pronti a scattare con la parola d'ordine: ''Alarich und Konstantin'' ([[operazione Alarico]]).
 
Il 27 luglio iniziò la discesa dal Brennero delle truppe tedesche, comandate dal generale Valentin Feuerstein, acquartierato a [[Innsbruck]], utilizzando venti autobus postali dati in dotazione da Franz Hofer, ''[[Gauleiter]]'' del Tirolo e [[Vorarlberg]]; altri soldati erano pronti a dar loro manforte.
L'arrivo contemporaneo in Alto Adige di truppe [[alpini|alpine]] italiane incrementò la tensione tra i comandi militari italiani e quelli tedeschi e Franz Hofer dal canto suo chiese ufficialmente la riunificazione del Tirolo.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 88}}</ref>
 
Il 30 luglio alle 20.10 la 26ª divisione corazzata tedesca attraversò il confine e in pochi giorni, senza che le fosse opposta una grande resistenza.
 
Dopo [[Armistizio di Cassibile|l'8 settembre 1943]] l'esercito italiano, lasciato senza ordini, si sfasciò. L'Alto Adige fu occupato dal Terzo Reich nell'ambito dell'[[operazione Alarico]]. Parte della popolazione accolse le truppe tedesche come forze di liberazione.<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://altoadige.gelocal.it/politica/2010/04/23/news/bolzano-il-vicesindaco-svp-diserta-il-25-aprile-la-nostra-festa-e-l-8-settembre-1956081 Bolzano, il vicesindaco SVP diserta il 25 aprile: "La nostra festa è l'8 settembre", Alto Adige, 23 aprile 2010] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref> Altre però temevano la vendetta dei nazisti dato che si erano dichiarati ''Dableiber''.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 95}}</ref>
 
Uno dei primi obiettivi degli invasori fu l'occupazione delle caserme in località Terme di Brennero (''Brennerbad'') per poter disarmare le truppe italiane.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 92}}</ref> Alle 22 i tedeschi scendendo lungo l'Alta Valle d'Isarco iniziarono ad attaccare [[Colle Isarco]]. Alle 23.30 le truppe italiane di Vipiteno e Colle Isarco abbandonarono le armi; in seguito vennero occupate le cittadine di [[Bressanone]] e [[Chiusa (Italia)|Chiusa]], ponti, ferrovie e centrali elettriche furono presidiate dalle truppe tedesche fronteggianti quelle italiane. Stessa sorte subirono la Val Pusteria e la Val Venosta. Alle 2 del mattino del 9 settembre le truppe arrivano a Bolzano ed iniziò l'occupazione della città. Il generale di divisione Fantoni, informato dal giornalista Vischi che i tedeschi erano alle porte, decise di aspettare i tedeschi all'alba; l'aeroporto di Bolzano, dotato di 24 aerei, chiese il supporto di un reparto di alpini per aiutare gli avieri armati di due sole mitragliatrici, ma nessun aiuto arrivò. Con un unico tentativo di penetrare nel palazzo del corpo d'armata, i tedeschi riuscirono a guadagnare l'ingresso nonostante una reazione da parte dei carabinieri. Sei carri armati arrivarono alla caserma Mignone: in tale occasione un ufficiale e un artigliere italiani morirono. Le truppe si posizionarono ben presto attorno a diversi punti sensibili come il comando del Corpo d'Armata e alle antenne dell'[[Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche|EIAR]] presso [[Lago di Monticolo|Monticolo]].<ref name =bolzano_scomparsa/> Alle 3 del mattino i tedeschi sparano con artiglieria e tre carri, ma il comando resiste: restano sul campo 4 tedeschi e 3 carabinieri. Nel frattempo diversi sudtirolesi si ritrovano presso l'hotel Grifone dove vennero loro distribuite delle armi assieme a dei bracciali con la scritta SOD, ''[[Südtiroler Ordnungsdienst]]''. L'avanzata tedesca nella città continua; carri armati giungono anche alla caserma Cadorna, dove vi fu qualche morto e numerosi feriti. Altri tentarono la fuga risalendo le pendici del Guncina, ma vennero fatti ritornare indietro da sassi fatti rotolare appositamente dai contadini. Il generale Gloria, che attendeva ordini da Roma, decise assieme ai suoi ufficiali di esporre bandiera bianca e di abbandonare le armi, anche perché verso le 3 un [[Panzer VI Tiger I|panzer Tiger]] sparò un colpo alla facciata del comando generale. Pochi furono i combattimenti in città; qualche breve resistenza vi fu solamente presso il campo d'aviazione, ma ben presto tutte le truppe italiane furono radunate presso il greto del Talvera e dopo alcuni giorni vennero spostate in altri luoghi.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943|pag. 94}}</ref> Bolzano, senza alcun mezzo corazzato, fu ben presto sottomessa: il 9 settembre morirono 26 militari italiani e 9 tedeschi; se si calcolano i deceduti anche dei giorni seguenti in seguito alle ferite riportate le cifre sono aggiornate a 35 italiani e 12 tedeschi.<ref name="bolzano_scomparsa" />
 
La mobilitazione imposta dal Terzo Reich avvenne sia in ambito militare che civile. Trentini, sudtirolesi e tirolesi non ancora mobilitati sono arruolati in vari corpi armati locali: in Trentino nel Corpo di sicurezza trentino e in Alto Adige nel ''Südtiroler Ordnungsdienst''. Nel 1944, ragazzi e anziani vengono richiamati nel ''Volksturm'' ("milizia popolare"), denominati in Nordtirolo e Sudtirolo Militante Standschützen. L'andamento negativo della guerra spinse i nazisti mobilitare uomini e donne nell'industria, nell'agricoltura e più in generale nello sforzo bellico tedesco.
 
=== L'''Operationszone Alpenvorland'' ===
{{vedi anche|Zona d'operazioni delle Prealpi}}
{{Citazione|La autorità naziste operarono uno sforzo sistematico per de-italianizzare gli abitanti e sopprimere ogni segno della cultura italiana||Nazi authorities [...] made a systematic effort to de-Italianize the inhabitants and to suppress every vestige of Italian culture.<ref>[[Central Intelligence Agency|CIA]], [[Central Intelligence Agency|The Office of Strategic Services: Research and Analysis Branch]], GERMAN MILITARY GOVERNMENT OVER EUROPE: ITALY, [http://library2.lawschool.cornell.edu/donovan/pdf/Batch_14/Vol_CVI_12.pdf]</ref>||lingua=en}}
[[File:Italian social republic map ITA.png|thumb|left|L'''Alpenvorland'' e la ''[[Zona d'operazioni del Litorale adriatico|Adriatisches Küstenland]]'', facevano nominalmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana|R.S.I.]], ma erano sotto amministrazione tedesca, in vista della successiva annessione al ''[[Germania nazista|Grossdeutsches Reich]]'']]
[[File:Denkmal für die von Meran deportierten Juden.jpg|thumb|Targa a ricordo dei deportati ebrei di Merano (15 settembre 1943), presso l'ex sede dell'[[Opera nazionale balilla|Opera Nazionale Balilla]], arrestati con l'aiuto dei collaborazionisti della ''Südtirol Ordnungsdienst'' (S.O.D.). La S.O.D. giunse a contare 17.000 effettivi.]]
 
Con l'occupazione tedesca, la provincia di Bolzano, insieme a quelle di Trento e Belluno, fu incorporata nella [[Zona d'operazioni delle Prealpi|Zona d'Operazione delle Prealpi]], nominalmente parte della [[Repubblica Sociale Italiana]], ma ''de facto'' amministrata dal [[Germania nazista|Terzo Reich]], e posta sotto il comando del ''Gauleiter'' del Tirolo [[Franz Hofer]]. Durante i "[[Repubblica Sociale Italiana|600 giorni]]", il gruppo linguistico italiano subì gravi contraccolpi: gran parte delle autorità amministrative italiane, sinora fedeli al regime, furono sostituite da elementi tedeschi, fedeli al Reich; il giornale fascista ''La Provincia di Bolzano'' venne soppresso e sostituito con quello nazista ''Bozner Tagblatt''; l'unica emittente radiofonica italiana venne sostituita con un'emittente tedesca. Alla provincia di Bolzano furono riaggregati i comuni della [[Bassa Atesina]] e quelli ladini di [[Cortina d'Ampezzo]], [[Livinallongo del Col di Lana|Livinallongo]] e [[Colle Santa Lucia]]. A capo dell'amministrazione locale vennero collocati soprattutto elementi dell'[[Opzioni in Alto Adige|associazione altoatesina per le Opzioni in Alto Adige]] (''Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland'') e fu nominato prefetto Peter Hofer.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 96}}</ref>
 
I militari di lingua tedesca confluirono nella ''[[Wehrmacht]]'', nelle [[SS]] e nella ''[[Gestapo]]''. Nel 1943, dopo il reclutamento di circa 2000 soldati per i quali il servizio militare era d'obbligo (classi 1900-1912), in maggioranza optanti, la ''Wehrmacht'' ebbe difficoltà nel 1944 a trovare volontari per costituire il reggimento e dovette procedere all'arruolamento prevalentemente di ''Dableiber''. Le alte qualifiche furono ricoperte esclusivamente da persone del Reich tedesco.
;Il collaborazionismo con le autorità naziste
Il ''[[Polizeiregiment "Bozen"|SS Polizei-Regiment "Bozen"]]'' collaborò alle persecuzioni contro gli [[ebrei]] (fu decimata la comunità di Merano) e alla caccia ai soldati italiani sbandati dopo l'8 settembre.
I militari tedeschi vittime dell'[[Attentato di via Rasella]] a Roma, che scatenò la rappresaglia delle [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]], appartenevano all'11ª compagnia del 3º battaglione del reggimento ''[[Attentato di via Rasella|SS-Polizeiregiment Bozen]]''. Il medesimo reggimento ''Bozen'', formato quasi esclusivamente da altoatesini di lingua tedesca, si macchiò di gravi crimini contro la popolazione civile italiana, tra cui la [[Valle del Biois|strage della Valle del Biois]], in cui vennero massacrate circa 44 persone.<ref>{{de}} Gasperi, La strage della valle del Biois, in: Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943, Michael Wedekind, 2003, pag. 330</ref>
Numerose furono le persecuzioni contro i ''Dableiber'', tacciati di tradimento: molti di loro (soprattutto gli esponenti) furono picchiati, arrestati e deportati.
Le violenze si protrassero anche oltre la fine della guerra: l'11 novembre 1946 veniva assassinato a randellate l'ex sindaco di [[Caldaro sulla Strada del Vino|Caldaro]], Attilio Petri, secondo alcuni poiché avrebbe esposto il tricolore italiano il giorno del 4 novembre, anniversario della vittoria italiana nella prima guerra mondiale.
 
A Bolzano sorse un [[Campo di transito di Bolzano|campo "di transito"]] (''Polizeiliches Durchgangslager'') attraverso il quale passarono migliaia di vittime destinate ai campi di sterminio Oltrebrennero. Anche 23 italiani furono catturati e internati nel campo di Bolzano, per poi essere trucidati nell'[[eccidio della caserma Mignone]] il 12 settembre [[1944]]. Altri 9 italiani vennero massacrati nella [[strage di Lasa]].
 
In base al "[[Aktion T4|programma di eutanasia - T4]]", voluto da Hitler, molti infermi psichici e disabili vennero deportati presso la clinica psichiatrica di [[Innsbruck]] e di qui a [[Hall in Tirol|Hall]] e al [[Castello di Hartheim]] a [[Linz]]. Dei 569 malati che furono deportati, 239 morirono di fame e privazioni o furono eliminati.<ref>A proposito [[Leopold Steurer]], ''Ein vergessenes Kapitel Südtiroler Geschichte - die Umsiedlung und Vernichtung der Südtiroler Geisteskranken im Rahmen des nationalsozialistischen Euthanasieprogrammes'', Bolzano, Sturzflüge, 1982.</ref>
;Resistenza
Non mancarono tuttavia casi positivi: come ricordato dal [[presidente della repubblica|presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]], durante la sua detenzione al [[carcere di Regina Coeli]] a [[Roma]] nel corso dell'[[Resistenza romana|occupazione tedesca della capitale]], le guardie di origine altoatesina si distinsero per una maggiore indulgenza verso i detenuti ed ebbero un ruolo molto importante nel facilitare l'evasione di Pertini stesso e di alcuni suoi compagni dalla prigione il 25 gennaio [[1944]].<ref>[[Gianni Bisiach]], ''Pertini Racconta: gli anni 1915-1945'', Milano, [[Arnoldo Mondadori Editore]], 1983. ISBN 978-88-04-21260-7</ref>
 
La [[Resistenza italiana|resistenza]] contro i tedeschi era rappresentata dalla sezione provinciale del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CNL]] (guidato fino alla sua esecuzione mediante strangolamento da [[Manlio Longon]]).<ref name=autogenerato4>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 100}}</ref>
Anche i ''Dableiber'', perseguitati come traditori dai nazisti, si organizzarono nella ''Andreas-Hofer-Bund''. Si ricordano i nomi di [[Hans Egarter]], [[Franz Thaler]] e [[Friedl Volgger]], questi ultimi internati nel [[campo di concentramento di Dachau]]. Volgger riuscì a sopravvivere e nel dopoguerra divenne senatore della [[Südtiroler Volkspartei]]. [[Josef Mayr-Nusser]], capo della gioventù cattolica diocesana, non volle prestare giuramento alle SS per incompatibilità con la propria fede religiosa: morì durante il viaggio verso il [[Campo di concentramento di Dachau]]. Anche [[Erich Ammon]], esponente di spicco dei ''Dableiber'' e poi tra i fondatori della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), fece parte della resistenza.<ref name=autogenerato4 />
 
Il primo bombardamento alleato della città di Bolzano avvenne il 2 settembre 1943 (contemporaneamente a Trento, duramente colpita dalle bombe alleate che provocarono la [[strage della Portela]], con poco meno di 200 vittime).<ref name =bolzano_scomparsa>[http://www.bolzano-scomparsa.it Bolzano scomparsa<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>
 
Il 25 aprile del [[1945]] l'Alto Adige venne liberato dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]. La seconda guerra mondiale finiva con 8.000 altoatesini dispersi o morti in guerra.
 
== Secondo dopoguerra ==
[[File:Accordo De Gasperi - Gruber.jpg|thumb|upright=1.4|La firma dell'[[accordo De Gasperi-Gruber]]]]
{{Citazione|Si deve riconoscere che oggidì non vi è in Europa una minoranza di lingua tedesca che abbia una posizione così favorevole come l'hanno gli altoatesini.|Karl Gruber, Ministro degli Esteri austriaco<ref>Gianni Bianco, La guerra dei tralicci, Manfrini, Rovereto 1963, p. 21.</ref>}}
Nell'immediato dopoguerra ([[1945]]-[[1946]]) la [[storia dell'Austria#Seconda Repubblica Austriaca|ricostituita Austria]] tentò di accreditarsi agli occhi degli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] come "prima vittima del nazismo", adducendo a motivo l'[[Anschluss]] del 1938. La speranza era quella di poter ottenere indennizzi e riparazioni, anche sottoforma di acquisizioni territoriali.
 
L'ottenimento della giurisdizione sull'Alto Adige era per Vienna un obiettivo di prima importanza, potendo inoltre contare su un discreto sostegno popolare: la neonata [[Südtiroler Volkspartei]] aveva infatti lanciato una raccolta firme atta a perorare tale soluzione, che aveva raccolto in poche settimane circa 155.000 sottoscrittori.
 
Ma le richieste in tal senso si rivelarono presto intempestive e difficili da sostenere: l'Austria era infatti sotto [[Occupazione alleata dell'Austria|sotto occupazione alleata]] ed era a tutti gli effetti un paese vinto (larga parte della popolazione aveva apertamente supportato il nazismo e non pochi austriaci avevano partecipato alle operazioni di [[Olocausto|sterminio degli ebrei]]). Nondimeno un buon numero di altoatesini di lingua tedesca vantava a sua volta pesanti compromissioni nazionalsocialiste.
 
A ciò si aggiunse il fatto che i vincitori, dopo aver già sottoposto l'Italia e forti amputazioni territoriali (con la perdita definitiva delle [[colonie italiane|colonie]] e soprattutto della [[Venezia Giulia]] orientale, donde era scaturito l'[[esodo giuliano dalmata|esodo]] di centinaia di migliaia di persone), non intendevano infierire ulteriormente sulla nazione sconfitta. In ciò giocò un ruolo anche la posizione dell'[[Unione Sovietica]], che dopo aver [[espulsione dei tedeschi dall'Europa orientale|espulso verso la Germania circa 15 milioni di cittadini est-europei germanofoni]] (causando peraltro la morte tre milioni di civili), {{Senza fonte|si oppose fermamente all'eccessivo accorpamento dei territori di lingua tedesca, onde prevenire rigurgiti pangermanisti}}.
[[File:Col dei Bovi Cupola.jpg|thumb|left|Una [[cupola]] difensiva del [[Caposaldo Col dei Bovi]]]]
La [[Conferenza di Potsdam]] pertanto confermò la sovranità italiana su tutto l'Alto Adige, individuandolo altresì come zona militarmente strategica alla luce delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica, destinate di lì a poco a sfociare nella [[Guerra fredda]]<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 103}}</ref>. A conferma di ciò, nel giro di pochi anni la linea fortificata del [[Vallo alpino in Alto Adige|Vallo Alpino in Alto Adige]], temporaneamente abbandonata nei mesi della liberazione, venne rafforzata e ristrutturata<ref>{{cita libro|cognome=Bernasconi |nome=Alessandro |coautori=Giovanni Muran |titolo= Le fortificazioni del Vallo Alpino Littorio in Alto Adige|annooriginale=1999 |meseoriginale= maggio |editore=editore Temi |città= Trento|pagine= 328 pagine|cid=Bernasconi 1999 |isbn=88-85114-18-0}}</ref>.
 
La decisione alleata ebbe risvolti principalmente positivi per l'integrità della popolazione tedesca, che non fu oggetto di quelle politiche di eradicazione de-germanizzatrice che in altre parti d'Europa (ad esempio in [[Alsazia-Lorena]], sottoposta a una pervasiva francesizzazione) si stavano rivelando particolarmente pressanti.
 
{{Doppia immagine|left|German1910.png|210|Verbreitungsgebiet der deutschen Sprache.PNG|210|<small>Area storica di diffusione della lingua tedesca (1910)</small>|<small>Area di diffusione della lingua tedesca nel 1950: l'Alto Adige rimane praticamente l'unico territorio tedescofono non sottoposto a uno Stato nazionale.</small>}}
 
=== Il riconoscimento della minoranza tedesca e la nascita della regione autonoma ===
{{Citazione|La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche|[[Costituzione della Repubblica Italiana]], art. 7}}
Come parziale compensazione per la mancata riannessione dell'Alto Adige l'Austria ottenne che lo status della popolazione tedesca sotto giurisdizione italiana fosse regolato mediante un trattato bilaterale, che ne sancisse lo status di minoranza e i relativi termini di tutela.
[[File:VillnößStMagd60er.jpg|thumb|upright=1.4|[[Funes (Italia)|Funes]] nel dopoguerra, un tipico esempio di comune rurale prima della modernizzazione dagli anni settanta in poi]]
Il primo ministro italiano [[Alcide De Gasperi]] e il ministro degli esteri austriaco [[Karl Gruber]] raggiunsero quindi un accordo, che fu ratificato il 5 settembre 1946 e pubblicato sulla [[Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana|Gazzetta Ufficiale]] il 24 dicembre del [[1947]]. L'[[accordo De Gasperi-Gruber]] (come venne poi chiamato) riconosceva i diritti specifii degli abitanti di lingua tedesca delle province di Trento e di Bolzano (l'art. 1 recitava: ''"Gli abitanti di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento godranno di completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca"'') e concedeva loro (caso unico in Europa verso una popolazione collaborazionista, ben differente dalla sorte capitata - a titolo d'esempio - ai [[Sudeti]]) di riacquistare la cittadinanza italiana senza mai subire alcuna ritorsione, nemmeno nei confronti degli optanti che avessero fatto ritorno nelle terre natie. Da parte sua l'Austria rinunciava formalmente e in modo definitivo a qualsiasi rivendicazione sull'Alto Adige.
 
Il primo gennaio del 1948 entrò quindi in vigore la [[Costituzione della Repubblica Italiana|nuova costituzione italiana]], che al suo articolo 6 prevedeva la tutela delle minoranze linguistiche e all'articolo 116 la concessione del primo [[regione italiana a statuto speciale|statuto speciale]] di autonomia per la [[Trentino-Alto Adige|Trentino-Alto Adige/Tiroler Etschland]], cui venivano devoluti ampi poteri legislativi, amministrativi e finanziari, sancendo altresì il bilinguismo italiano/tedesco, la possibilità di istituire scuole in lingua tedesca e di adottare una [[toponomastica]] bilingue.
 
L'unità amministrativa che si veniva così a creare manteneva comunque una popolazione a netta prevalenza italofona, dando soddisfazione alle istanze autonomiste trentine, supportate in prima persona dallo stesso De Gasperi.
 
La regione mantenne l'articolazione nelle provincie di Trento e Bolzano; a quest'ultima già nel [[1948]] vennero ri-annessi i comuni a maggioranza (o forte presenza) tedesca che a suo tempo erano passati sotto Trento ([[Anterivo]], [[Bronzolo]], [[Cortaccia sulla Strada del Vino|Cortaccia]], [[Egna]], [[Lauregno]], [[Magrè sulla Strada del Vino|Magrè]] - dal quale fu successivamente scorporato il comune di [[Cortina sulla Strada del Vino|Cortina sulla strada del vino]] -, [[Montagna (Italia)|Montagna]], [[Ora (Italia)|Ora]], [[Proves]], [[Salorno]], [[Senale-San Felice]] e [[Trodena nel parco naturale|Trodena]]<ref>Gemeinde Kurtinig (a cura di), ''Kurtinig – Ein Dorf an der Sprachgrenze in Vergangenheit und Gegenwart'', Bolzano, Athesia Verlag 1998.</ref>). Lo stesso non si poté fare per alcune isole linguistiche tedesche sul territorio trentino, troppo isolate dall'Alto Adige.
 
Questa serie di provvedimenti, anche se ispirata dalle grandi potenze, poté realizzarsi grazie alla notevole disponibilità da parte del governo italiano, che peraltro soprassedette al permanere in Alto Adige di larghe simpatie verso il nazismo<ref>[http://www.corriere.it/editoriali/09_maggio_08/editoriale_alto_adige_ernesto_galli_della_loggia_fb5d76a4-3b8e-11de-a872-00144f02aabc.shtml Antiitaliani con strane alleanze: I separati dell'Alto Adige, Corriere della Sera, 8 maggio 2009]</ref><ref>Gerald Steinacher, ''Nazisti in fuga. Come criminali di guerra potevano fuggire via l'Italia'', 2008 {{collegamento interrotto|1=[http://www.steinacher.it/index.php?id=74&L=5] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>.
 
Dal 1946 al 1967 l'[[Ufficio per le Zone di Confine]] istituito presso la Presidenza del Consiglio si occupò di tutti gli affari relativi alle complesse questioni delle aree di confine, come anche della questione altoatesina, adoperandosi anche economicamente per il "sostegno all'italianità".<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/03/05/news/quando-roma-finanziava-chiese-e-oratori-3609131 Marco Rizza: Quando Roma finanziava chiese e oratori] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref> L'edilizia popolare fu uno dei campi in cui vi furono maggiori tensioni in Alto Adige.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 105}}</ref>
 
=== La ''ratline'' altoatesina ===
{{vedi anche|Ratline|ODESSA}}
 
L'Alto Adige nei primi anni del dopoguerra era ''de facto'' "terra di nessuno": la cittadinanza della popolazione era incerta, specialmente quella fascia di persone che a suo tempo avevano optato per la Germania (considerati "tedeschi senza cittadinanza"). In aggiunta il ritiro delle truppe alleate dall'Italia settentrionale, nel dicembre 1945, l'aveva reso unico territorio di lingua tedesca non occupato militarmente.
 
Tale incertezza amministrativa aveva fatto sì che la provincia non venisse sottoposta ad alcuna opera di [[denazificazione]] o [[Commissione di epurazione|defascistizzazione]]: le élite locali, pur se compromesse coi regimi totalitari, non vennero "purgate" e poterono continuare ad esercitare le loro funzioni<ref>Cfr. per es. Veronika Mittermair, ''Bruchlose Karrieren? Zum Werdegang der Südtiroler Politikerschicht bis zur <nowiki>Stunde Null</nowiki>'', in: Hans Heiss et al. (a cura di), ''Südtirol- Stunde Null? Kriegsende 1945-1946'' (Veröffentlichungen des Südtiroler Landesarchivs - Pubblicazioni dell'Archivio Provinciale di Bolzano, vol. 10), Studienverlag, Innsbruck-Vienna-Monaco, 2000, pp. 169-202.</ref>. Nemmeno il governo dell'Italia libera si spese granché in tal senso, temendo di sovraesporre agli occhi dell'opinione pubblica i non rari episodi di [[armadio della Vergogna|collaborazione fra fascisti e nazisti]].
 
Molti ricercati del fu Terzo Reich decisero pertanto di ripararvi in via temporanea, prima di fuggire verso località più lontane: a loro venne dato aiuto e rifugio soprattutto da ecclesiastici di vario grado e livello (sovente le gerarchie vaticane diedero loro modo di continuare il loro viaggio verso ulteriori vie d'espatrio) e da varie amministrazioni comunali (che non esitarono a rilasciare loro documenti falsi<ref>Steinacher 2008, pp. 47-49</ref>).
 
Questa ''[[ratline]]'' (termine inglese per "via di fuga") fu così sfruttata nel solo anno [[1946]] da centinaia di criminali di guerra nazisti (tra i quali [[Adolf Eichmann]], [[Josef Mengele]], [[Klaus Barbie]] e [[Erich Priebke]]), che entrarono in Italia dal Brennero, ottennero ospitalità in Alto Adige e (una volta muniti di credenziali fasulle) poterono raggiungere il porto di Genova e imbarcarsi per destinazioni transoceaniche.
 
== Anni cinquanta e sessanta: le rivendicazioni autonomiste e il terrorismo ==
{{Vedi anche|Gruppo Stieler|Befreiungsausschuss Südtirol}}
[[File:Feuer Nacht giugno 1961.jpg|thumb|Uno dei 37 tralicci che furono fatti saltare nel giugno 1961]]
Ottemperando all'[[accordo De Gasperi-Gruber]], lo statuto d'autonomia della regione Trentino-Alto Adige aveva ripristinato l'insegnamento scolastico in lingua tedesca e ristabilito la toponomastica originaria, che venne parificata a quella italiana.
 
Fino alla metà degli anni cinquanta la [[Democrazia Cristiana]] e la [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), partito di riferimento della popolazione di lingua tedesca guidato originariamente dagli ex ''[[Dableiber]]'' (oppositori del nazismo) collaborarono costruttivamente alla gestione dell'ente regionale. Lo sviluppo economico fu rapido: già nel 1952 il reddito medio annuo per abitante in provincia di Bolzano era di 211.012 lire, pari al 130,4% della media nazionale.<ref>Regione Autonoma Trentino Alto Adige, Consiglio Regionale, Seduta 176 - 19.7.1960 - pag. 9 [http://www.regione.taa.it/archivi/dbase/consiglio_regionale/verbali/upload/03%20-%20III%5ELegislatura%201956-1960/03-III%5Elegislatura-Seduta%20n.176-19.07.1960.pdf]</ref>
 
Anche le giurisdizioni religiose, tanto importanti in un territorio fortemente cattolico, vennero ridefinite: nel 1964 i confini diocesani trentini e altoatesini vennero portati a corrispondere con quelli delle province italiane. Primo artefice della scelta fu il vescovo di Bressanone (e amministratore pro tempore della cattedra di Trento) [[Joseph Gargitter]], che a seguito di ciò divenne il primo ordinario della nuova [[diocesi di Bolzano-Bressanone]], con sede cattedrale nel capoluogo altoatesino<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 109}}</ref>.
 
Ben presto tuttavia vari politici di lingua tedesca iniziarono a loro volta ad accusare il governo di Roma di portare avanti una "politica del 51%", atta a inverare la sostituzione etnica dell'Alto Adige<ref>{{de}} Rolf Steininger, ''Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart'', Innsbruck, StudienVerlag, 2003, p. 76. ISBN 3-7065-1348-X: "Wie neue italienische Dokumente belegen, betrieb Rom für Südtirol die "51%"-Politik, d.h. Unterwanderung." Traduzione: ''Come affermano nuovi documenti italiani, Roma praticava la "politica del 51%" in Alto Adige, cioè l'infiltrazione.''</ref><ref>[http://www.rolfsteininger.at/bilder/ladige.pdf Sudtirolo, prima vittima della guerra fredda], L'Adige, 5 settembre 2006, Intervista con Rolf Steininger.</ref><ref>{{de}} Rolf Steininger, ''Südtirol - Vom Ersten Weltkrieg bis zur Gegenwart'', Innsbruck, StudienVerlag, 2003, p. 76. ISBN 3-7065-1348-X: "Um so mehr wurde die Wohnbaupolitik der italienischen Regierung kritisiert. Genauso [...] wollte Italien durch den massiven Bau von Volkswohnungen und die anhaltende Zuwanderung die Entnationalisierungspolitik des Faschismus fortsetzen." Traduzione: ''Tanto più veniva criticata la politica edificatoria del governo italiano. Proprio così [...] l'Italia voleva proseguire la politica della snazionalizzazione del fascismo tramite la massiccia costruzione di case popolari e l'immigrazione persistente.''</ref> mediante lo stimolo dell'emigrazione di manodopera dal resto d'Italia. Particolarmente influente fu la voce del prete [[Michael Gamper]], paladino della resistenza all'italianizzazione, il quale pubblicò un articolo pubblicato sul quotidiano ''[[Dolomiten]]'' (organo di riferimento della stampa tedesca, rifondato il 19 maggio [[1945]]) nel quale accusava le autorità italiane di persistere nell'opprimere la popolazione sudtirolese, la cui condizione veniva paragonata a una [[marce della morte|marcia della morte]] (''Todesmarsch'')<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 110}}</ref>: secondo il canonico tra il 1947 e il 1953 circa 50.000 cittadini di altre regioni italiane s'erano stabiliti in provincia di Bolzano, andando ad erodere il primato di popolamento germanico.
 
Il governo italiano negò tali accuse mediante uno studio dell'Istituto Centrale di Statistica, che quantificava l'aumento della popolazione italofona nel periodo contestato in circa 8000 unità, ascrivibili soprattutto all'invio di funzionari pubblici incaricati di riattivare gli uffici statali e militari nel territorio altoatesino.<ref>{{cita web |url=http://www.emscuola.org/labdocstoria/storiae/Rivista/Rivista01/download/art05.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=7 novembre 2011 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131016083703/http://www.emscuola.org/labdocstoria/storiae/Rivista/Rivista01/download/art05.pdf |dataarchivio=16 ottobre 2013 }}, pag. 18</ref>
 
La situazione peggiorò ulteriormente a partire dal 1955, allorché il [[Trattato di Stato austriaco|trattato di stato]] liberò definitivamente l'Austria dall'occupazione alleata, ricostituendone la sovranità sottoforma di repubblica. A stretto giro il nuovo governo viennese impugnò l'accordo De Gasperi-Gruber, mettendo apertamente in dubbio la sovranità italiana sull'Alto Adige: venne così creato un "sottosegretariato agli Esteri per gli affari sudtirolesi", finalizzato a ingerirsi direttamente nelle vicende della provincia di Bolzano, allo scopo precipuo di fomentare le spinte secessioniste. Non a caso il dicastero fu affidato a Franz Gschnitzer, membro della federazione irredentista [[Bergisel-Bund|Lega del Monte Isel]] (''Bergisel-Bund'').
 
Fu proprio l'Austria, con il nullaosta delle potenze alleate, a facilitare il rientro sistematico degli altoatesini che avevano optato per il Reich: costoro andarono in gran parte a rafforzare la massa critica che contestava lo ''status quo'', asserendo che le misure prese erano ben lungi dall'essere sufficienti per la tutela della comunità germanofona nel territorio italiano<ref>Il Ponte, Rivista di politica economica e cultura fondata da [[Piero Calamandrei]], 1960, p. 1384.</ref>.
 
=== L'affermarsi dell'estremismo etnico ===
{{Citazione|Un legame troppo stretto con gli italiani ha effetti mortali per il nostro popolo|[[Silvius Magnago]], [[Südtiroler Volkspartei|SVP]]<ref>Fabio Giacomoni, Renzo Tommasi, ''Dall'ASAR al Los von Trient: la regione si chiama Odorizzi: gli anni dell'egemonia democristiana: 1948-1960'', Temi Ed., 2002, pag. 319</ref>}}
 
Sul finire degli anni cinquanta le ale più radicali della SVP ottennero l'egemonia sul partito: nel [[1957]] entrarono a far parte del direttivo [[Karl Tinzl]] (già prefetto di Bolzano sotto l'occupazione nazista), [[Alfons Benedikter]] (che nel 1940 aveva disertato dall'esercito italiano per passare alla [[Wehrmacht]]), [[Friedl Volgger]] (sospettato di vicinanza ai gruppi armati secessionisti) e Hans Dietl (egualmente indicato come vicino alle aree ideologiche anti-italiane)<ref>La Stampa, 28.05.1957, numero 126, pag. 8: Elette le nuove cariche della Südtiroler Volkspartei</ref>. In generale le liste degli iscritti si popolarono di ex ''[[Opzioni in Alto Adige|Optanten]]'' rinaturalizzati italiani, con più o meno verificati [[nazionalsocialismo|trascorsi nazisti]]: tra i nomi destinati a carriere di prestigio spiccavano quelli di [[Alois Pupp]] (già iscritto al [[Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi|NSDAP]]), Josef v. Aufschnaiter (già membro delle [[SS]]) e Norbert Mumelter (ex leader del [[Völkischer Kampfring Südtirols]])<ref>Anton Holzer, ''Die Südtiroler Volkspartei''. Kulturverlag, Thaur/Tirol 1991, ISBN 3-85395-157-0</ref>.
 
Il partito prese così a promuovere una politica intransigente nei confronti della popolazione e delle istituzioni italiane in provincia di Bolzano: in tutti i municipi ove il consiglio comunale era a maggioranza SVP (facevano eccezione solo Bolzano, Bronzolo, Egna, Fortezza, Merano, Laives, Salorno e Vadena) venne sospeso il rilascio di nuove residenze a cittadini italofoni, venne attuata la separazione etnica nelle scuole e negli edifici, fu ostacolata la costruzione di alloggi popolari (visti come "calamite" per l'immigrazione italiana) e venne chiesto addirittura lo smantellamento della zona industriale di Bolzano<ref>Gianni Bianco, ''La guerra dei tralicci'', Manfrini, Rovereto 1963, p. 42-43</ref>. Vennero inoltre scoraggiati i matrimoni inter-etnici.
 
La SVP prese quindi a contestare la presenza maggioritaria di italiani nelle divisioni della pubblica amministrazione provinciale, nonché il centralismo delle istituzioni di Trento: il presidente della giunta regionale [[Tullio Odorizzi]] rispose difendendo il primo statuto di autonomia deliberato dall'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|assemblea costituente repubblicana]] e rimenttendo il caso alla [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte Costituzionale]], che gli diede ragione bocciando i tentativi della SVP di depotenziare le istituzioni regionali.
 
L'operato della giunta Odorizzi e della classe dirigente regionale di allora venne tuttavia messo in discussione nel marzo 1957 anche dal [[questore (ordinamento italiano)|questore]] di Bolzano Renato Mazzoni, che in una lettera al [[ministri dell'interno della Repubblica Italiana|ministro dell'interno]] [[Fernando Tambroni]] criticò apertamente le politiche fino ad allora tenute dalle istituzioni italiane verso la minoranza germanofona (tacciate di miopia e furberia), chiedendo maggior comprensione verso le istanze sudtirolesi<ref>[http://www.carloromeo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=140&Itemid=54 Sito dello storico Carlo Romeo: "La lettera del questore Mazzoni del 1957"] Sito visitato il 6 gennaio 2013</ref>. La presa di posizione tuttavia gli costò l'allontanamento dall'incarico nel dicembre successivo; già un anno prima il governo italiano aveva infatti preso posizione per bocca dello stesso Tambroni, che aveva negato categoricamente l'esistenza di un "problema" o di "una questione del Sudtirolo".<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 121}}</ref>
 
=== Il ''Los von Trient'' ===
Nel paesaggio politico altoatesino si era intanto consolidata la figura di [[Silvius Magnago]], dal [[1948]] presidente del consiglio provinciale di Bolzano, che nella primavera del [[1957]] ottenne la nomina a capo (''Obmann'') della [[Südtiroler Volkspartei]].
 
Egli non tardò a imporre la propria influenza nel corso degli eventi: nello stesso anno il ministro dei lavori pubblici [[Giuseppe Togni]] aveva infatti annunciato lo stanziamento di due miliardi e mezzo di lire<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/04/13/AT9PO_AT901.html Los von Trient, per non dimenticare]</ref> per la costruzione di nuovi alloggi popolari in territorio altoatesino. Venuto a conoscenza di tale iniziativa, Magnago la definì pretestuosa e finalizzata a rinforzare il flusso migratorio di cittadini di lingua italiana nella provincia di Bolzano<ref name=autogenerato6>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 113}}</ref>: a stretto giro la SVP convocò una manifestazione di protesta per il 17 novembre in piazza Walther a Bolzano, vedendosela però proibire dal commissario del governo Sandrelli, ufficialmente per motivi di tutela dell'ordine pubblico. Magnago però non demorse e propose al commissario di spostare l'evento a [[Castel Firmiano]], dove già il 5 maggio 1946 20.000 persone avevano protestato per l'autodeterminazione dell'Alto Adige<ref name=autogenerato5>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 116}}</ref>; Sandrelli rimase perplesso, ma si fece infine convincere dall<nowiki>'</nowiki>''Obmann'', che gli promise l'assoluta pacificità dell'occasione:
 
{{q|da tedesco le do la mia parola che non c'è nulla da temere<ref name=autogenerato5 />}}
 
A rimarcare la peculiarità della manifestazione, gli organizzatori coniarono per essa un nuovo slogan, ''Los von Trient'' ("via da [[Trento]]"), che riprendeva il vecchio motto separatista ''Los von Rom'' ("via da [[Roma]]") mutandone però la prospettiva: l'obiettivo non doveva infatti essere più la secessione dall'Italia, ma il superamento dell'autonomia regionale in favore di una devoluzione di competenze a livello provinciale, indicata quale unica via praticabile per il conseguimento di una vera tutela della minoranza linguistica tedesca, la quale nella regione a guida trentina si sentiva "schiacciata" dalla presenza maggioritaria della popolazione italiana ed estromessa dalle possibilità effettive di autogoverno locale.
 
Fin dalle prime ore del mattino del giorno fissato una grande folla (stimata in un totale di oltre 35.000 persone) ascese ordinatamente al castello, le cui vie d'accesso erano presidiate in forze dagli agenti della polizia. I timori delle autorità italiane non erano effettivamente peregrini, ché a dispetto della protestata pacificità dell'occasione, tra alcuni dei manifestanti circolava un volantino recante tale testo:
 
{{q|Vogliamo restare tedeschi, non schiavi di un popolo, che col tradimento e con l'imbroglio ha occupato la nostra terra e vi attua da quarant'anni un lavoro sistematico di depredamento e di colonizzazione peggiore dei metodi coloniali usati nell'Africa centrale."<ref>[[La Civiltà Cattolica]], 1958, pagina 100</ref>}}
 
A indirizzare gli animi intervenne comunque il lungo e incisivo discorso di Magnago, che dal palchetto ligneo eretto a tribuna parlò per diversi minuti: attaccò i piani edilizi italiani e l'immigrazione (rei a suo dire di aver soffocato «all'interno della [...] patria» i sudtirolesi, costringendoli «a sopravvivere in grotte e baracche») e invitò i politici austriaci a «non [...] farsi abbindolare dallo charme dei politici italiani» (cioè a proseguire nella pressione diplomatica per tutelare la minoranza linguistica). Al contempo però, in accordo con lo slogan ufficiale della manifestazione, riconobbe l'impossibilità di ridefinire il confine di stato dell'Italia (complice l'inasprirsi della [[guerra fredda]], nel cui scenario il governo di Roma era divenuto un importante alleato degli [[Stati Uniti]], oltre a giocare un ruolo strategico a livello continentale in quanto cofondatore della [[Comunità Europea]]) ed esortò gli astanti ad «alzare la voce [...] per farsi capire da chi non [...] vuole ascoltare», abbandonando al contempo le ostilità anti-italiane al termine della manifestazione<ref>[http://www.provinz.bz.it/sigmundskron1957/downloads/1957_AufbruchAutonomie_I.pdf Verso l’autonomia]</ref>:
 
{{q|Io, in qualità di responsabile [...] ho dato la mia parola che dopo la manifestazione tutto sarà finito [...] che non ci sarà una marcia e non ci sarà nessun’altra manifestazione particolare [...] Io ho dato la mia parola di tedesco [...] perché per noi, la parola di un tedesco ha ancora valore}}
 
L'appello ebbe esito: la manifestazione risultò pacifica sia nello svolgimento che negli esiti diretti.
 
=== La stagione degli attentati ===
Gli sviluppi di questa politica rivendicativa non furono però pacifici ''[[in toto]]''; ben presto anzi per l'Alto Adige iniziò la stagione degli attentati.
 
I primi attacchi esplosivi vennero attuati tra il 1956 e il 1957 dal [[gruppo Stieler]] (dal nome del capobanda, un tipografo del quotidiano ''[[Dolomiten]]'') e l'escalation fu rapida: i sabotaggi contro tralicci elettrici e ferroviari, cantieri edili e monumenti divennero sempre più frequenti, complicando i negoziati tra Italia e Austria<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 106}}</ref>.
 
Punto di riferimento dell'attività terroristica divenne presto il ''[[Befreiungsausschuss Südtirol]]'' (abbreviato ''BAS'', letteralmente "Comitato per la liberazione del Sudtirolo"), un'organizzazione di lotta armata clandestina mirante alla riunificazione del Tirolo sotto la giurisdizione dell'Austria.
 
Negli [[anni 1960|anni sessanta]] si verificarono numerosi attentati dinamitardi, inizialmente contro cose (tralicci, caserme, ma anche luoghi di ritrovo come bar e oratori); ma i terroristi non esitarono a usare la violenza contro le forze dell'ordine, ricorrendo addirittura a mine antiuomo e causando diverse vittime. L'azione più nota fu quella della "[[Notte dei fuochi]]" organizzata dal BAS il 12 giugno 1961, quando in occasione della festa del Sacro Cuore vennero accesi dei fuochi sulle montagne e furono collocate cariche esplosive presso una sessantina di tralicci sull'intero territorio della provincia; solo una quarantina esplosero, ma bastarono comunque a gettare il panico tra la popolazione italiana e a uccidere Giovanni Postal, dilaniato da una bomba che stava cercando di rimuovere.<ref name=autogenerato2>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 107}}</ref> L'azione più cruenta del BAS fu la [[strage di Cima Vallona]], il 25 giugno del 1967: a seguito dell'esplosione di un traliccio a Cima Vallona (nel Bellunese), fu dilaniato da una mina uno degli alpini che sorvegliavano l'area. A bonificare la zone e ad indagare sull'attentato fu inviata dall'aeroporto di Bolzano la [[Compagnia speciale antiterrorismo|Compagnia Speciale Antiterrorismo]]. Una seconda mina dilaniò la pattuglia arrivata in loco, causando la morte di altri tre militari.
 
Le forze di polizia ed in particolare i [[Carabiniere|Carabinieri]] risposero duramente. Ci furono denunce secondo le quali due persone sarebbero morte in seguito a [[tortura|torture]] subite in carcere. La Corte d'Assise di Milano a proposito delle presunte sevizie rilevò che "dalle perizie necroscopiche eseguite da collegi di periti fosse risultato che entrambi i detenuti erano morti per cause naturali".<ref>Sentenza della Corte d'Assise di Milano n. 64 del 16 luglio 1964, pag. 96.</ref> I membri del BAS che parteciparono alla "notte" furono processati nel 1964, il che contribuì a diffondere la questione sudtirolese nell'opinione pubblica nazionale.<ref name=autogenerato2 />
 
Ipotesi secondo cui i servizi segreti dei paesi interessati avrebbero manovrato gli attentati in Alto Adige per alzare il livello di tensione non furono confermate in sede giudiziaria, ma furono accolte in una relazione di maggioranza della [[Commissione Stragi]] del [[Parlamento della Repubblica Italiana]] nel 1992.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 108}}</ref> Le azioni dei terroristi altoatesini provocarono anche la reazione dei movimenti di estrema destra italiani. Una bomba collocata ad [[Ebensee]], in [[Alta Austria]], provocò la morte di un gendarme austriaco.<ref>Gianni Flamini, ''Brennero connection. Alle radici del terrorismo italiano'', Editori Riuniti, 2003, pag. 89</ref>
 
Nel contempo si cercava una soluzione politica: il trattato del [[1946]] fu la base della [[risoluzione 1497 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite]] del [[1960]], sollecitata dal cancelliere austriaco [[Bruno Kreisky]], che invitava "urgentemente" i due paesi a riprendere "i negoziati con l'obiettivo di trovare una soluzione di tutte le controversie concernenti l'attuazione dell'accordo di Parigi del 5 settembre [[1946]]".
 
Contemporaneamente vennero celebrati anche i processi contro i cosiddetti ragazzi di Fundres (''Pfunderer Burschen''), accusati di aver ucciso un membro della Guardia di Finanza, condannati a diversi anni di carcere.<ref name=autogenerato6 />
 
== Dalla nascita della provincia autonoma (1972) al terzo millenio ==
{{Vedi anche|Pacchetto per l'Alto Adige}}
[[File:Umfahrung scristina.jpg|thumb|Esempio di cartello stradale bi- e trilingue nel comune di [[Santa Cristina Valgardena]]]]
Dopo dodici anni di discussione nei consessi nazionali e internazionali, nel [[1972]] l'Alto Adige ottenne dallo Stato italiano un'ampia autonomia separata dal Trentino. Con l'entrata in vigore del secondo statuto speciale del Trentino-Alto Adige (in tedesco ''Trentino-Südtirol'') le maggiori competenze e risorse sono state infatti trasferite alle singole [[Provincia autonoma di Trento|province autonome di Trento]] e [[Provincia autonoma di Bolzano|di Bolzano]].
 
Ciononostante, gli attentati terroristici ripresero con forza nella seconda metà degli [[anni 1970|anni settanta]], per finire solamente alla fine degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Accanto a gruppi estremistici di lingua tedesca, in particolare ''[[Ein Tirol]]'', ancora favorevoli al distacco dall'Italia, comparvero anche organizzazioni estremistiche italiane, come l'[[Associazione protezione italiani|Associazione Protezione Italiani]] e il [[Movimento Italiano Alto Adige]], contrarie ai provvedimenti contenuti nel [[Pacchetto per l'Alto Adige|secondo statuto di autonomia]]. Pur senza provocare vittime umane, la nuova ondata di attentati fu legata ad un nuovo peggioramento dei rapporti etnici. Il sindaco di Bolzano, [[Giancarlo Bolognini]], descrisse il fenomeno così: ''Non mi sento di dare risposte, l'uso della violenza è ormai un fatto così diffuso che non è semplice attribuire paternità. Un fatto appare comunque certo: il riapparire del terrorismo è riconducibile alle tensioni esistenti tra i due gruppi di lingua tedesca e italiana.''<ref>Nuova improvvisa ondata di attentati in Alto Adige Bolzano: l'80 non porterà la pace tra i gruppi etnici Aumenta la tensione tra le comunità italiana e tedesca, La Stampa, domenica 30 dicembre 1979, pag. 6</ref>
 
Bilancio complessivo del terrorismo in Alto Adige: trentadue anni di [[guerriglia]], dal 20 settembre del [[1956]] al 30 ottobre del [[1988]]. 361 attentati con esplosivi, raffiche di mitra, mine. 21 morti, di cui 15 membri delle forze dell'ordine, due cittadini comuni e quattro terroristi, dilaniati dagli ordigni che stavano predisponendo. 57 feriti: 24 fra le forze dell'ordine, 33 privati cittadini.
 
Nel 1976 fu emanata la norma sulla ripartizione proporzionale degli impieghi pubblici in base alla consistenza numerica dei gruppi linguistici tedeschi, italiani e ladini. Tali dati vengono decennalmente aggiornati dal 1981 grazie alla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico (dal 2011 la dichiarazione, inizialmente nominativa, è divenuta anonima). Questo sistema cosiddetto "proporzionale" incarna un principio "statico" e etnocentrico dell'autonomia, in contrasto con il requisito di bi- o trilinguismo obbligatorio dal 1976 per l'accesso al pubblico impiego.<ref>{{cita|Tirolo Alto Adige Trentino| pag. 111}}</ref>
 
La distensione del periodo degli attentati cominciò solo sul finire degli [[anni 1980|anni ottanta]]. Nel [[1992]], approvate le norme di attuazione dello statuto del Trentino-Alto Adige, confluite nel cosiddetto [[Pacchetto per l'Alto Adige]] (l'insieme delle misure a favore della popolazione di lingua tedesca), l'Austria rilasciò all'Italia la cosiddetta "quietanza liberatoria" (''Streitbeilegungserklärung'') che chiudeva il contenzioso tra i due stati pendente innanzi l'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]].<ref>{{de}} Siglinde Clementi; Jens Woelk (a cura di), ''1992: Ende eines Streits. Zehn Jahre Streitbeilegung im Südtirolkonflikt zwischen Italien und Österreich'', Nomos, 2003. ISBN 978-3-8329-0071-7</ref> In cambio l'Italia ritirò il proprio veto contro l'entrata dell'Austria nell'[[Unione europea]], avvenuta tre anni dopo.
 
L'Alto Adige è oggi un esempio di pacifica convivenza fra gruppi etnici, tanto da essere talora additato a modello per la soluzione di conflitti etnici, così nel caso del [[Tibet]]<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://altoadige.gelocal.it/cultura/2008/01/12/news/il-dalai-lama-abbraccia-durnwalder-in-india-1413716] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }} "Abbiamo molto in comune: viviamo tra le montagne, la nostra economia si basa sulle piccole imprese, abbiamo una forte tradizione", {{cita web |url=http://convention.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4915&objetype=IT |titolo=Copia archiviata |accesso=11 gennaio 2012 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131204004227/http://convention.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4915&objetype=IT |dataarchivio=4 dicembre 2013 }} "Dalai Lama ha ringraziato Dellai e Durnwalder: speriamo nell'autonomia" e {{cita web |url=http://tis.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4897&objetype=IT |titolo=Copia archiviata |accesso=11 gennaio 2012 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131204002534/http://tis.eurac.edu/websites/eurac/viewblob.asp?newsID=4897&objetype=IT |dataarchivio=4 dicembre 2013 }} "Durni appoggia il Dalai Lama: «Siamo un modello di autonomia»"</ref> o della minoranza serba in [[Kosovo]]<ref>[http://www.regioni.it/it/show-il_presidente_durnwalder_in_kosovo_spiega_il_modello_autonomistico/news.php?id=189426] "Il presidente Durnwalder in Kosovo spiega il modello autonomistico"</ref>. Il governo kosovaro ha però escluso l'applicazione del modello altoatesino in quanto porterebbe alla creazione di una specie di repubblica serbo-bosniaca all'interno di uno Stato a maggioranza albanese, con conseguente rischio di fomentare le rivalità etniche.<ref>{{de}} ''{{collegamento interrotto|1=[http://www.stol.it/index.php/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Politik/Thaci-schliesst-Suedtirol-als-Modell-fuer-Serben-im-Nordkosovo-aus Thaci schließt Südtirol als Modell für Serben im Nordkosovo aus] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}'', stol.it, 13 agosto 2009</ref>
 
Tuttavia anche in Alto Adige le tensioni non sono state definitivamente sopite e si sono di nuovo accentuate negli ultimi anni.<ref name=autogenerato1>[http://www.corriere.it/politica/09_maggio_07/bolzano_campagna_anti_italiana_svp_solo_candidati_tedeschi_741d8fe2-3ac8-11de-b512-00144f02aabc.shtml Bolzano, riparte la campagna anti-italiani] Corriere della Sera, 7 maggio 2009: Il presidente della Provincia Luis Durnwalder ammette: Sono preoccupato. È in corso un gioco al massacro. La contrapposizione tra le due etnie è sempre più radicale.</ref>
 
=== Sviluppo economico ===
Rispetto alla media delle province italiane, l'Alto Adige eccelleva economicamente già negli anni '50. Nel 1958 il reddito medio della provincia di Bolzano ammontava a 305.065 lire (del 24,8% superiore a quello medio nazionale, facendo dell'Alto Adige la dodicesima provincia più ricca d'Italia), mentre l'indice della disoccupazione era dell'1,25%.<ref>[[Gaetano Martino]], ''Verso l'Avvenire'', 1963, F. le Monnier, pag. 296</ref> La realtà economica era fortemente settorializzata per etnie: il gruppo linguistico italiano controllava l'industria e il pubblico impiego, l'agricoltura, l'artigianato e il turismo erano nelle mani del gruppo linguistico tedesco.<ref>{{cita pubblicazione| titolo = Intervento al VI Convegno amici e collaboratori del Mulino. Una politica per l’AA | città = Bologna ! editore = il Mulino | anno = 1962}}</ref><ref>{{cita web|http://archive.is/HT5g|Tirolesi, italiani, trentini: tre diversi approcci ad un unico territorio |14 dicembre 2013}}</ref>
 
Le cose cambiarono con l'introduzione del [[Pacchetto per l'Alto Adige]], che, con l'introduzione della [[proporzionale etnica]], aprì le porte del pubblico impiego anche ai germanofoni; inoltre, lo sviluppo del turismo di massa dalla e la crisi dell'industria pesante agevolarono le attività economiche tradizionalmente in mano ai germanofoni e ridussero quelle in cui erano impiegati gli italofoni. Le imprese altoatesine furono fortemente rinnovate, puntano sulla [[Economia verde|Green economy]] e fanno da cerniera con il mondo germanico ed europeo.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-12-05/margine-protetto-cerniera-leuropa-151219.shtml?uuid=AbNoVO9G ''Rapporto Alto Adige'' 5 dic. 2012 del Sole24ore: Da margine protetto a cerniera con l'Europa]</ref>
 
Nel 2010 l'Alto Adige si è attestato al secondo posto nella classifica delle province italiane, con un PIL pro capite di 35.249,88 euro (superato dalla sola provincia di Milano<ref>Unioncamere, TAV. 13.1 – PRODOTTO INTERNO LORDO PRO-CAPITE A PREZZI CORRENTI: GRADUATORIA PROVINCIALE, 2010 (euro) http://www.go.camcom.gov.it/allegati/pdf/statistica/valore-aggiunto.pdf</ref>). Anche la condizione occupazionale in provincia fino alla [[Crisi del debito sovrano europeo|crisi dell'Eurozona]] era eccellente e con un tasso di disoccupazione che si attesta al 2,7% si poteva parlare tecnicamente di piena occupazione.<ref>[http://www.provinz.bz.it/astat/it/554.asp?News_action=4&News_article_id=363175 Astat: occupati e disoccupati - 2006-2010]</ref> Nel frattempo la disoccupazione è salita al 4,1%.<ref>[[Il Gazzettino]], Martedì 29 ottobre 2013: [http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PRIMOPIANO/trentino_alto_adige_e_veneto_hanno_il_pi_ugrave_basso_numero_di_disoccupati/notizie/346889.shtml Trentino Alto Adige e Veneto hanno il più basso numero di disoccupati]</ref> Il notevole benessere è anche riconducibile alla oculata gestione delle risorse da parte dell'amministrazione provinciale: nel maggio del 2006 il Presidente [[Luis Durnwalder]] ha ricevuto lo "''European Taxpayers' Award''" per l'efficienza dell'amministrazione pubblica in Alto Adige.<ref>[http://www.provincia.bz.it/lpa/news/news_i.asp?art=140475&HLM=1 dal sito della Provincia, in tedesco]</ref>
 
=== L'intervento pubblico nell'economia ===
L'Alto Adige dispone del 90% delle imposte pagate in provincia, corrispondenti a 9.000 euro di risorse all'anno per ognuno dei suoi abitanti, superati dai 12.000 della [[Valle d'Aosta]], contro i 2.000 della [[Lombardia]].<ref>[http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/politica/inchiesta-citta/potere-aosta/potere-aosta.html La ricca Aosta, piccola Cuba del Granturismo], La Repubblica, 12 marzo 2007</ref> La Lombardia però gestisce meno competenze e ha meno risorse proprie, con funzioni e servizi a carico dello Stato centrale che l'Alto Adige invece autogestisce ed autofinanzia, tra le quali il sistema dell'istruzione dalla scuola materna all'università, il settore sanitario e quello sociale, la gestione dell'intera rete delle strade statali e provinciali. Complessivamente il bilancio dell'Alto Adige si aggira sui 5 miliardi di euro all'anno.<ref>Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige | Servizio comunicazione, Sistema di finanziamento http://www.provinz.bz.it/729212/it/autonomia/finanziamento.asp</ref> L'economia dell'Alto Adige<ref>Il presente paragrafo, nella sua versione originale, è basato su: [[Gian Antonio Stella]], "Schèi - Viaggio nel Nord - Est dei miracoli", 1996, Ed. Baldini e Castoldi, pag. 156</ref> si contraddistingue dunque per l'elevato ruolo giocato dalla provincia e dai relativi incentivi erogati.
 
Il ruolo svolto dal pubblico impiego è rilevante e spesso gli impiegati, a parità di ruolo e funzioni, godono di benefici economici superiori a quelli del resto d'Italia. L'industria è tuttora basata sulle imprese piccole, fortemente condizionate dai contributi pubblici. Lo sviluppo della grande industria (in mano italiana) venne in passato ostacolato dalla politica locale, memore anche del fatto che, nel ventennio fascista, fu la testa d'ariete che permise l'italianizzazione della provincia.
 
Il settore agricolo,<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/12/13/dai-monti-al-fondovalle-domina-la-vita.html Dai monti al fondovalle domina la vita contadina], Archivio de "[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]</ref> quasi integralmente in mano tedesca, beneficia del 47,4% degli interi aiuti pubblici altoatesini: considerando gli altri comparti gestiti dalla comunità tedesca (commercio e turismo su tutti){{Citazione necessaria}}, si ha che oltre l'80% delle risorse pubbliche vadano al gruppo tedesco, che rappresenta attualmente il 68% della popolazione.<ref>[http://www.golpeinaltoadige.com/golpeinaltoadigeopportunita%27.htm#Autonomia Mauro Minnti, Golpe (bianco) in Alto Adige] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110113185357/http://www.golpeinaltoadige.com/golpeinaltoadigeopportunita'.htm |data=13 gennaio 2011 }}</ref>
 
=== La politica di separazione etnica ===
[[File:Bolzano 1988.jpg|thumb|Bolzano 1988: "Marcia della fratellanza degli italiani", in segno di protesta contro la discriminazione etnica]]
Lo statuto di autonomia sancisce la parità delle due lingue italiano e tedesco, l'obbligo del [[bilinguismo]] per tutti i dipendenti pubblici e la cosiddetta [[proporzionale etnica]]: le assunzioni pubbliche sono distribuite in proporzione alla consistenza dei tre gruppi linguistici (italiano, tedesco e ladino) rilevata in occasione del [[censimento]] nazionale. La normativa deroga all'articolo 3 della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione italiana]], che proclama l'uguaglianza "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua", giustificandosi in base all'art. 6: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche" nonché in base alle varie leggi costituzionali promulgate in materia.
 
A parte rare eccezioni ([[Libera Università di Bolzano]], la scuola ladina e alcune scuole private) tutte le scuole sono separate per gruppi linguistici, anche se con la provincializzazione del sistema scolastico la compenetrazione dei diversi comparti, per esempio tramite scambi interscolastici e la creazione di testi unici in entrambe le lingue, tende ad aumentare. Anche altri aspetti della vita sociale sono regolati dal principio della separazione: accanto al [[Club Alpino Italiano]] esiste l'[[Alpenverein Südtirol]] e anche la [[Caritas Italiana|Caritas]] intrattiene sezioni separate per gruppo etnico. In questo contesto c'è chi parla esplicitamente di [[apartheid]] (termine [[lingua afrikaans|afrikaans]] che significa letteralmente separazione).<ref>Sergio Romano, [http://archiviostorico.corriere.it/2005/giugno/01/Italiani_tedeschi_Alto_Adige_separati_co_9_050601041.shtml Italiani e tedeschi in Alto Adige: separati o insieme?], sul Corriere della Sera, 1º giugno 2005</ref>
 
L'Alto Adige sarebbe anzi una roccaforte dell'[[apartheid]], retta da una politica mirante alla [[segregazione etnica|separazione etnica]]. Basti pensare che ancora negli anni ottanta del Novecento il presidente della provincia di Bolzano, Silvius Magnago, si opponeva ai matrimoni tra persone di lingua italiana e tedesca, dichiarando che i matrimoni misti fossero una "piaga".<ref>{{de}} ''"Mischehen", warnt er, "sind eine Plage."'', [[Der Spiegel]], 31 ottobre 1988, numero 44/1988, [http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-13532081.html ''Die Deutschen haben doch wirklich alles''] = I tedeschi hanno proprio tutto</ref> Sul piano culturale, la segregazione venne invece riassunta nella formula ''Mischkultur ist Mistkultur'' ("la mescolanza di culture è una porcheria". ''Mist'', alla lettera, significa "[[letame]]").<ref>{{de}} Kommunikationsverlust im Informationszeitalter, Rudolf De Cillia, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 2001, pag. 149</ref>
 
Indagini recenti descrivono l'Alto Adige come realtà che comprende due mondi, italiano e tedesco, che viaggiano su binari paralleli, in una situazione caratterizzata dalla mancanza di contatto e confronto e dunque da una scarsa conoscenza dell'altro mondo. La responsabilità delle cosiddette "mura invisibili" viene ricondotta principalmente alla divisione dei due gruppi a livello scolastico e istituzionale.<ref name=autogenerato3>D. Forer, M. P. Paladino, C. Vettori, A. Abel, "Il bilinguismo in Alto Adige; percezioni, osservazioni e opinioni su una questione quanto mai aperta" in IL CRISTALLO, v. vol. 50, (2008), p. 49-62, http://www.altoadigecultura.org/pdf/r01_05.html IL CRISTALLO, 2008 L 1</ref>
 
Il dibattito intorno alla separazione etnica, soprattutto a livello scolastico, continua dunque negli anni Duemila, con risvolti che raggiungono anche la scena nazionale. Il piano di erigere un muro per separare fisicamente bambini di lingua italiana e tedesca in una scuola materna di Bressanone nel 2007 è stato abbandonato, anche se l'insegnamento permane diviso.<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2007/07/31/AX1AZ_AX101.html Asilo, niente muro tra italiani e tedeschi], Alto Adige, 31 luglio 2007</ref> A Bolzano, per frenare l'afflusso di bambini di lingua italiana negli asili di lingua tedesca, i fautori della separazione etnica della [[Südtiroler Volkspartei]] hanno prospettato test obbligatori per tutti e schedature etniche in base agli elenchi dei cognomi.<ref>[http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/scuola_e_universita/servizi/bolzano-asili-tedesco/bolzano-asili-tedesco/bolzano-asili-tedesco.html Querelle sulle materne "non italiane", per le quali la Svp chiede il test d'ammissione "È l'unico luogo dove possiamo salvaguardare uno dei pilastri della nostra identità" La battaglia del tedesco negli asili di Bolzano], La Repubblica, 3 giugno 2008</ref>
 
Divergenti sono le analisi della questione etnica altoatesina: mentre alcuni osservatori non descrivono né un clima di ostilità, né di accusa reciproca tra i gruppi linguistici,<ref name=autogenerato3 /> altri ravvisano al contrario una contrapposizione che si sarebbe anzi radicalizzata.<ref name=autogenerato1 />
 
;Il patentino di bilinguismo e la proporzionale etnica
{{vedi anche|Proporzionale etnica}}
Con il secondo statuto di autonomia venne introdotto l'obbligo di bilinguismo nella pubblica amministrazione, il cosiddetto "patentino di bilinguismo" rilasciato a chi ne fa richiesta solamente dopo aver superato un esame che attesti la capacità di leggere, scrivere e conversare in italiano e tedesco (nelle aree ladine si aggiunge in ladino e pertanto si parla di "patentino di trilinguismo"). Tale documento ufficiale risulta fondamentale per poter accedere ai concorsi pubblici.<ref>{{cita|L'otto settembre dell'anno 1943| pag. 136}}</ref>
 
L'applicazione intransigente dell'obbligo di bilinguismo negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore del pacchetto per l'Alto Adige portò a gravi disservizi, anche in ambito sanitario, determinando situazioni di grave pericolo per la vita degli stessi cittadini,<ref>II bilinguismo in Alto Adige ha creato gravissimi problemi L'obbligo del «patentino» per tutti i dipendenti degli enti pubblici solleva vivaci polemiche e causa una parziale paralisi dei servizi, La Stampa 17 aprile 1979 - numero 84 pagina 10</ref> come nel caso dell'ospedale di Bolzano, dove per anni rimase scoperto un posto in anestesia e rianimazione. Solo in seguito all'intervento della magistratura, che diffidò il presidente della provincia, Silvius Magnago, a sopperire alle carenze di organico, potendosi configurare i reati di omicidio e lesioni colposi, venne assunto, con un contratto speciale, un anestesista italiano.<ref>Le indagini del magistrato Vincenzo Anania vengono riportate anche in [[Der Spiegel]], 24 settembre 1979, numero 39/1979, ''Teutonische Härte'' = Durezza teutonica</ref>
 
A partire dal censimento del 1981 è stato inoltre introdotto l'obbligo di dichiarare l'appartenenza ad uno dei tre gruppi etnici riconosciuti al fine di determinare la ripartizione degli impieghi nella pubblica amministrazione (la cosiddetta [[proporzionale etnica]]). Tale obbligo non tiene conto di quei cittadini, ad esempio figli di coppie miste, che non sentono di appartenere in esclusiva all'uno o all'altro gruppo. Né tiene conto di alcun'altra eccezione (come immigrati naturalizzati).
 
Tale sistema fu aspramente combattuto dal politico tedescofono [[Alexander Langer]], che invitò all'"obiezione etnica". L'eventuale mancata dichiarazione preclude l'accesso ad importanti diritti, come l'accesso ai concorsi pubblici e l'elettorato passivo (come accadde a Langer).<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/06/06/in-alto-adige-704-obiettori-etnici.html In Alto Adige 704 obiettori etnici], La Repubblica, 6 giugno 1984</ref>
 
=== Il declino del gruppo etnico italiano ===
Dall'entrata in vigore del [[Pacchetto per l'Alto Adige]] si osserva un declino del gruppo linguistico italiano (che è risultato sempre meno consistente nel corso dei censimenti generali del 1981, 1991, 2001 e 2011), i cui esponenti restano spesso lontani dalle posizioni di maggior rilievo politico, sociale ed economico.<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/10/07/AZ4PO_AZ402.html?ref=search «Presidenze: più spazio agli italiani»], Alto Adige, 7 ottobre 2009</ref> Ciò si deve anche al fatto che il potere politico è in maggioranza nelle mani della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP), partito storicamente rappresentante degli interessi dei cittadini tedeschi e ladini (questi ultimi con la sezione denominata ''SVP Ladina''). Rilevanti sono anche le difficoltà di comunicazione: mentre gli italofoni apprendono e adoperano il tedesco standard, la popolazione germanofona si esprime di regola in [[dialetto sudtirolese]], idioma molto diverso rispetto al tedesco standard (''Hochdeutsch'', che viene poco usato in quanto percepito come "lingua colta" e distante dalla cultura endemica e della vita di tutti i giorni) e in larga misura sconosciuto ai non appartenenti al gruppo tedesco. L'immigrazione in provincia di cittadini italiani di altre regioni viene ostacolata da una normativa rigida, che consente di votare per le elezioni provinciali e di godere dei sussidi pubblici, indispensabili in un territorio dove il costo della vita è ben al di sopra della media nazionale, soltanto dopo 4 anni di residenza. Ma anche fra gli italofoni già residenti è diffuso il disagio, legato alla percezione di maggiori privilegi e di un trattamento di favore riservato alla comunità tedescofona.<ref>[http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=179157 Vive in Alto Adige, ha minori in affido], Il Giornale, 20 maggio 2007</ref><ref>[http://www.ilgiornale.it/news/maria-straniera-nel-suo-paese-insultata-perch-italiana.html Maria, straniera nel suo Paese insultata perché è italiana], Il Giornale, 23 giugno 2007</ref> Si assiste dunque al fenomeno per cui, in occasione del censimento o di simili rilevazioni demografiche, molti italiani, se coniugati o conviventi con un/a cittadino/a di madrelingua tedesca, trovano più vantaggioso dichiarare i propri figli come di etnia tedesca, in quanto ciò dovrebbe consentire loro di aver maggiori possibilità occupazionali.
 
L'ingresso dell'Austria nell'[[Unione europea]] e la sua adesione al [[Accordi di Schengen|trattato di Schengen]] hanno permesso la riunificazione di fatto delle popolazioni tirolesi (c'è ormai la stessa moneta, si passa liberamente il confine senza più controlli né barriera doganale, si stanno creando attività comuni di sviluppo). In seguito all'apertura delle frontiere si è anche verificato il trasferimento di un consistente numero di militari dell'esercito e della Guardia di Finanza (che avevano la residenza in Alto Adige) dal confine altoatesino verso altre regioni d'Italia. Il gruppo linguistico italiano si ritrova così ad essere minoranza in Alto Adige. Attualmente l'etnia italiana prevale solamente nei comuni di [[Bolzano]] (73%), [[Laives (Italia)|Laives]] (71%), [[Bronzolo]] (62%), [[Salorno]] (62%) e [[Vadena]] (61%). Una consistente minoranza italiana si registra nei comuni di [[Merano]] (49%), [[Fortezza]] (38%), [[Egna]] (37%), [[Cortina sulla Strada del Vino|Cortina sulla strada del vino]] (31%), [[Ora (Italia)|Ora]] (30%). Di fatto negli ultimi trent'anni la consistenza del gruppo linguistico italiano è calata da 137.759 a 118.120 residenti, mentre il gruppo tedescofono è aumentato di 50.000 unità. Il timore di una ''Todesmarsch'' o [[Marcia della morte]] - intesa negli anni cinquanta come scomparsa progressiva del gruppo linguistico tedesco - è stato ripreso dal sociologo [[Sabino Acquaviva]] a proposito dell'etnia italiana<ref>[[Comunità (rivista)|Comunità]], Numero 184, Anno 1982, pag. 169</ref> e fatto proprio in particolare dalla destra italiana, specificatamente [[Alleanza Nazionale]].<ref>{{de}} [http://www.provinz.bz.it/kulturabteilung/download/Universitaet_Passau_Dauerhafte_aktuelle_Problemkomplexe.pdf Thomas Strobel, Università di Passavia, ''Dauerhafte und aktuelle Problemkomplexe in Südtirol/Alto Adige'', pag. 22]</ref>
 
Per quanto riguarda la rappresentanza politica, i voti italiani si dividono fra innumerevoli partiti. A causa della dispersione del voto e della tendenza di tali partiti a candidare anche soggetti di lingua differente, alle elezioni comunali del 2010 il gruppo italiano riuscì a far eleggere appena 162 consiglieri su 2.030, ovvero meno dell'8%, nonostante fosse oltre il 25% della popolazione.<ref>[http://altoadigenews.blog-service.de/?p=6 Editoriale: sorpresa nel Proporzistan Di Norbert Dall'O – direttore del settimanale in lingua tedesca FF (20 maggio 2010)]</ref>
 
=== Il disagio della minoranza italiana ===
A partire dagli anni settanta del XX secolo, la situazione dell'Alto Adige è stata affrontata sociologicamente, economicamente, giornalisticamente e storicamente a partire da una diversa angolazione: nel 1978 la sociologa Flavia Pristinger - che già aveva analizzato nove anni prima nella sua tesi di laurea la particolare forma di dominio politico esercitato dalla SVP<ref>Flavia Pristinger, ''Cambiamento sociale e partito dominante: il caso della Südtiroler Volkspartei'', Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Padova, 1969</ref> - pubblicò "La minoranza dominante",<ref>Flavia Pristinger, ''La minoranza dominante nel Sudtirolo. Divisione etnica del lavoro e processi di modernizzazione dall'annessione agli anni settanta'', Paron, Bologna 1978</ref> che individuò all'interno del dualismo italiani/tedeschi nell'Alto Adige una particolare forma di discriminazione sociale ed economica da parte dei secondi nei confronti dei primi. Due anni dopo, il sociologo italiano [[Sabino Acquaviva]] e il tedesco Gottfried Eisermann, pubblicarono il saggio [[Alto Adige. Spartizione subito?]],<ref>Editrice Paron, Bologna 1980</ref> che arrivò a teorizzare una suddivisione del territorio fra Austria e Italia pur di porre fine ad una situazione di apartheid a danno degli italiani, sostanzialmente asserviti alla maggioranza tedesca. Sulla stessa falsariga fu anche il testo di taglio giornalistico di [[Sebastiano Vassalli]] "Sangue e suolo",<ref>Einaudi, Torino 1985</ref> che diede voce ancora una volta al diffuso sentimento di perenne minorità della componente italiana dell'Alto Adige. Tre anni prima era apparso il primo testo in lingua tedesca sul tema: "Apartheid in Mitteleuropa? Sprache und Sprachpolitik in Südtirol",<ref>J & W, Wien 1982</ref> opera di Peter Bettelheim e Rudi Benedikter,<ref>Figlio di uno dei maggiori politici della storia della SVP: quell'[[Alfons Benedikter]] che negli ultimi lustri della sua vita virò via via verso posizioni più oltranziste, abbandonando polemicamente il partito dopo averlo accusato di acquiescenza verso il governo italiano.</ref> che fin dal titolo pose la questione dei rapporti delle componenti etniche altoatesine in termini dialoganti con i precedenti studi di lingua italiana. Alla fine degli anni novanta un libro-intervista del politico locale Romano Viola ([[Partito del Socialismo Democratico|PDS]])<ref>Hartmann Gallmetzer, ''Il disagio di un autonomista. Intervista a Romano Viola'', Athesia, Bolzano: Athesia 1999</ref> cercò di modificare l'angolo di visuale, esortando gli italiani a superare il perenne sentimento di frustrazione e di minorità. L'inchiesta giornalistica di Lucio Giudiceandrea "Spaesati. Italiani in Südtirol"<ref>Raetia, Bolzano 2006</ref> a sette anni di distanza rilevò peraltro ancora la stessa problematica interna al gruppo minoritario provinciale italiano: a questo testo Giudiceandrea fece seguire (in collaborazione con Aldo Mazza) "Stare insieme è un'arte. Vivere in Alto Adige/Südtirol",<ref>Edizioni Alphabeta, Merano 2012</ref> che cercò di mettere in luce più le luci che le ombre del processo di convivenza delle etnie in provincia di Bolzano. Le osservazioni rispetto al "laboratorio sudtirolese" nella pubblicistica restano peraltro diversificate, giungendo anche a conclusioni del tutto opposte, purtuttavia campeggia sempre il tema del "disagio degli italiani" (declinato anche in tedesco: "Das Unbehagen der Italienerinnen"), oggetto financo di un numero monografico della rivista locale di politica e sociologia "Politika",<ref>''Politika'', Edition Raetia, Bolzano 2013</ref> all'interno del quale si può leggere che "Il primo statuto d'autonomia (1948), nella sostanza, era stato elaborato in maniera autonoma dallo Stato escludendo i cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige. Questo comportò il disagio di coloro che erano stati esclusi. Il secondo statuto d'autonomia (1972) è stato sostanzialmente elaborato ed approvato da parte dei cittadini di lingua tedesca dell'Alto Adige escludendo gli italiani dell'Alto Adige. Questo ha avuto come conseguenza il disagio degli esclusi".<ref>''Ivi'', prefazione di Günther Pallaver - Presidente della Società di Scienza Politica dell'Alto Adige.</ref>
 
=== La controversia toponomastica ===
{{vedi anche|Toponomastica dell%27Alto Adige}}
 
Fin dagli anni novanta si assiste, a vari livelli, al tentativo di eliminare la toponomastica italiana dal territorio dell'Alto Adige, in palese violazione a quanto stabilito dallo [[Pacchetto per l'Alto Adige|Statuto di autonomia]].<ref>Il DPR 31.08.1972, n. 670 al Capo III - Funzioni delle Province - art. 8 punto 2) recita testualmente: „toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano“. L'accordo Degasperi - Gruber al punto 1 prevede che "in conformità dei provvedimenti legislativi già emanati o emanandi, ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso... b) l'uso, su una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue".</ref>
 
Molto nota è la questione della cartellonistica di montagna, costantemente all'attenzione della stampa, sia locale che nazionale. Diverse sezioni dell'[[Alpenverein Südtirol]], l'associazione alpinistica di lingua tedesca, hanno infatti sostituito i cartelli bilingui, eliminando la traduzione in italiano e lasciando le indicazioni nella sola lingua tedesca; spesso neanche i nomi generici di "malga", "cima", "rifugio" sono tradotti.<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/01/18/news/toponomastica-bilingue-illegali-tre-cartelli-su-quattro-1831817 Toponomastica bilingue, illegali tre cartelli su quattro] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722033833/http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/01/18/news/toponomastica-bilingue-illegali-tre-cartelli-su-quattro-1831817 |data=22 luglio 2011 }}, Alto Adige, 18 gennaio 2010</ref><ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.libero-news.it/news/457773/Alto-Adige-da-abolire-36mila-cartelli-scritti-solo-in-lingua-tedesca.html Articolo su Libero.it] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
In piena contraddizione alla pretesa volontà di ripristinare i "toponimi originari", l'epurazione dell'AVS ha coinvolto anche la toponomastica ladina.<ref>[http://www.gfbv.it/2c-stampa/2009/090827it.html AVS: la strada sbagliata. La questione della toponomastica va risolta con l'apporto di tutti e tre i gruppi etnici e non con l'egemonia di un gruppo sull'altro], 27.8.2009</ref><ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2009/08/30/AZEAZ_AZE01.html Alpenverein, un progetto di germanizzazione] di Mateo Taibon, [[Alto Adige (quotidiano)|Alto Adige]], 30 agosto 2009</ref>
 
A giustificazione viene osservato che nelle vallate ladine, specialmente in Val Badia, anche il [[Club Alpino Italiano|CAI]], ha a sua volta installato cartelli che recano i soli nomi italiani, omettendo sia i nomi ladini che quelli tedeschi,<ref>[http://www.noeles.info/index.php?option=com_content&view=article&id=93:l-cai-ne-la-tol-nia-avisa&catid=1:politica&Itemid=59 "L CAI ne la tol nia avisa"] dal sito ladino Noeles.info, dove si fa notare che il CAI in Val Badia ha installato 1300 cartelli omettendo quasi dappertutto i nomi ladini e indicando solo quelli italiani</ref> ma il problema della segnaletica monolingue italiana è più limitato, avendo l'AVS assai più soci del CAI e potendo dunque installare proporzionalmente molti più cartelli.<ref>Numero soci AVS nel 2009: 54.429 [http://www.alpenverein.it/de/alpenverein/eckdaten-des-avs-150.html sito ufficiale AVS] e CAI nel 2010: 6.459 [http://www.caialtoadige.it/joomla/ sito ufficiale CAI] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160815075150/http://www.caialtoadige.it/joomla/ |data=15 agosto 2016 }}</ref>
La Provincia di Bolzano ha sempre evitato di prendere posizione, talvolta (per bocca di alcuni suoi esponenti) si è apertamente rifiutata di porvi rimedio.
 
Financo l'uso del toponimo "''Alto Adige''" (denominazione ufficiale in italiano) è stato bandito dall'amministrazione di alcuni comuni a maggioranza tedescofona.<ref>[http://www.corriere.it/politica/09_maggio_07/bolzano_campagna_anti_italiana_svp_solo_candidati_tedeschi_741d8fe2-3ac8-11de-b512-00144f02aabc.shtml Bolzano, riparte la campagna anti-italiani], su Corriere della Sera, 7 maggio 2009: "E anche nelle valli, in paesi come [[Montagna (Italia)|Montagna]] e [[Termeno sulla Strada del Vino|Termeno]], i voti del [[Südtiroler Volkspartei]], il partito di maggioranza, vengono usati per cancellare la denominazione Alto Adige da documenti, timbri e cartelli comunali, accontentando la [[Eva Klotz|Klotz]] e le altre formazioni di estrema destra."</ref><ref>[http://www.vb33.it/politica/auch-tramin-verbannt-alto-adige.html Anche Termeno mette al bando l'Alto Adige], Video Bolzano 33, 5 maggio 2009</ref>
 
Nel campo dell'[[odonomastica]], le strade e le piazze hanno più volte cambiato nome. In particolare, nel secondo dopoguerra sono state rimosse quasi tutte le denominazioni reputate inneggianti all'italianizzazione, riproponendo i nomi più antichi o creandone di nuovi, tutti rigorosamente in tedesco. In base all'obbligo di bilinguismo, sono state nominate commissioni (spesso composte da cittadini di lingua esclusivamente tedesca) per tradurre tali nomi in italiano. Tale incarico è stato espletato sovente in maniera grossolana, con risultati finanche grotteschi: "Dolomitenstrasse" tradotta in "via Dolomiten" anziché in "via Dolomiti", "Kreuzweg" tradotto in "via Kreuzweg" che starebbe a significare letteralmente "via ''via del Crocifisso''" anziché la sola dizione "via del Crocifisso" ([[Siusi]]), oppure "Messnerweg" (via del sagrestano) resa in "via Messner" ([[Aldino]]), anche quando non si tratta di un nome proprio.<ref name="ReferenceA">Quando la traduzione non si fa, oppure è lacunosa, Alto Adige, 26 agosto 2009</ref>
 
Già nel 1998 il commissario del governo Carla Scoz richiamava l'attenzione sulla "tedeschizzazione" di toponomastica e odonomastica,<ref name="ReferenceA"/> mentre riguardo alla cartellonistica di montagna il procuratore della Repubblica di Bolzano Guido Rispoli ha ravvisato "una sorta di pulizia etnica della micro toponomastica italiana".<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/07/28/news/cartelli-solo-in-tedesco-chiesta-l-archiviazione-1.5469211 Cartelli solo in tedesco Chiesta l'archiviazione, Rispoli: c'è stata una sorta di “pulizia etnica” della micro toponomastica italiana Ma la Procura non può provare l'abuso d'ufficio degli otto funzionari indagati], Alto Adige, 28 luglio 2012</ref>
 
A seguito di un accordo dell'agosto 2013, ratificato dal [[Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie|Ministro per gli Affari Regionali e delle Autonomie]] [[Graziano Delrio]] e dal governatore Durnwalder, 135 toponimi italiani saranno eliminati dalla cartellonistica di montagna<ref>[http://viaggi.repubblica.it/articolo/la-montagna-parler-tedesco/228044?ref=HREC2-5 La montagna parlerà tedesco] di Pierluigi Depentori, [[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]], 26 agosto 2013</ref>.
 
=== Il passato fascista e nazista ===
La questione dei monumenti eretti durante il Ventennio, presentate da parte delle classe politica tedesca come "simbolo dell'oppressione fascista", non manca di causare polemiche.
 
Sopra ogni altra, quella che riguarda il [[Monumento alla Vittoria (Bolzano)|Monumento alla Vittoria]] di Bolzano, che è da tempo sotto tiro da parte di alcuni politici germanofoni.
 
Dopo che la piazza dove si erge il monumento era stata ribattezzata dalla Giunta comunale di Bolzano di centrosinistra in "Piazza della Pace", i partiti di centrodestra italiani promossero un referendum, svoltosi il 6 ottobre [[2002]], in cui prevalse nettamente (62% contro 38%) la decisione di ripristinare il nome "Piazza della Vittoria". La comunità italiana ha così reagito a quello che era apparso come un tentativo di annacquare l'identità italiana della città, venendo accusata di nostalgie fasciste.<ref>[http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2010/09/19/AZCPO_AZC04.html?ref=search Italiani fascisti, lo stereotipo], Alto Adige, 19 settembre 2010</ref>
Dopo anni di abbandono a causa delle difficoltà politiche nel mettere mano al monumento, con interventi parziali disposti dal Ministero dei Beni Culturali nel 1990 e nel 2009, nel gennaio 2012 venne approvata la creazione di un Museo del Monumento alla Vittoria che metta in luce l'epoca delle dittature fascista e nazista.<ref>[http://www.comune.bolzano.it/stampa_context.jsp?ID_LINK=426&area=295&id_context=19232&COL0008=36&COL0008=48 Intesa Stato, Provincia, Comune per il museo destinato a documentare storia del Monumento e vicende cittadine dal 1918 al 1945]</ref>
 
Si riscontrano, da parte di alcuni ambienti germanofoni, prese di posizione su tematiche, peraltro di importanza marginale, che risultano offensive, se non prevaricatorie, nei confronti della comunità italofona, se non addirittura verso lo Stato italiano. Ne sono esempio il mancato rispetto della toponomastica italiana, o l'esaltazione del terrorismo degli anni settanta.
 
Pure nella comunità di lingua tedesca vi è la tendenza a nascondere<ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/12/12/news/steurer-sul-nazismo-c-e-l-oblio-2955676 Steurer: sul nazismo c'è l'oblio] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120106185039/http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/12/12/news/steurer-sul-nazismo-c-e-l-oblio-2955676 |data=6 gennaio 2012 }}, Alto Adige, 12 dicembre 2010</ref> o a minimizzare le evidenti simpatie naziste di molti altoatesini germanofoni negli [[anni 1930|anni trenta]] e [[anni 1940|quaranta]] (come già accennato, molti criminali di guerra nazisti riuscirono a fuggire dall'Europa grazie a documenti falsi rilasciati dai comuni altoatesini), ma anche al giorno d'oggi, come hanno dimostrato le indagini della magistratura.<ref>[http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/12_Dicembre/28/bolzano.html «L'Italia ci occupa, la nostra guida è Hitler»], Corriere della Sera, 28 dicembre 2005</ref>
 
=== L'esaltazione del terrorismo ===
[[File:Sepp Kerschbaumer Strasse 2.JPG|thumb|La titolazione di una via di [[Appiano sulla Strada del Vino]] al terrorista [[Sepp Kerschbaumer]]. Si noti inoltre l'assenza del nome "via" in italiano.]]
Per quanto riguarda poi la valutazione dei trascorsi terroristici, la popolazione di lingua tedesca non nasconde la propria approvazione per quelli che vengono comunemente definiti "combattenti per la libertà" (''Freiheitskämpfer'').
 
In questo senso gli ''[[Schützen (associazioni)|Schützen]]'' hanno lanciato nel [[2004]] una campagna di affissioni per "ringraziare" i terroristi, che a loro dire sono i veri fautori dei benefici dell'autonomia provinciale. Il manifesto utilizzato mostra sullo sfondo un traliccio divelto dalla dinamite, un ritratto del terrorista [[Sepp Kerschbaumer]], cofondatore del [[Befreiungsausschuss Südtirol|BAS]], e in sovrimpressione le parole: ''Südtirol sagt Danke für: Deutsche Schule! Starke Wirtschaft! Wohlstand und vieles mehr!'' ("Il Sudtirolo ringrazia per la scuola tedesca, la forte economia, il benessere e molto altro!")<ref>{{de}} [http://www.etika.com/deutsch5/5st0-Dateien/image002.jpg Südtirol sagt Danke]</ref> Ad Appiano sulla Strada del Vino una via è stata dedicata a Kerschbaumer. La [[rai Südtirol|sede RAI di Bolzano]] ha prodotto un documentario intitolato "''Die Frauen der Helden''" ("''Le donne degli eroi''", riferito ai terroristi degli anni sessanta).<ref>{{de}} ''Die Frauen der Helden'', Rai, 45 min, Kamera Günther Neumair (2001)</ref>
 
=== L'indipendentismo altoatesino ===
[[File:Suedtirol ist nicht Italien - Brennero.JPG|thumb|La frontiera italo-austriaca del [[Brennero]], segnalata dal cippo di confine e da un cartello, posto ai limiti del territorio austriaco, recante la scritta ''Süd-Tirol ist nicht Italien'', ovvero: "Il "Sud-Tirolo" non è Italia"]]
 
Il partito "''[[Süd-Tiroler Freiheit]]''" (guidato da [[Eva Klotz]], figlia del terrorista [[Georg Klotz]]) ha fatto della secessione dall'Italia e della "libertà del Sud-Tirolo" la sua linea politica preponderante, lanciando una campagna politica per rimarcare che "il Sud-Tirolo non è Italia". In tal senso, il partito ha attuato massicce campagne di affissione di volantini e manifesti inneggianti all'indipendenza e organizzato vari raduni per lo stesso motivo.
 
Altri partiti apertamente favorevoli alla celebrazione di un referendum per l'autodeterminazione per il ricongiungimento con l'Austria o la creazione di uno "Stato Libero del Sudtirolo" sono la ''[[Bürger Union für Südtirol]]'' e il partito dei ''[[Die Freiheitlichen]]'' (questi ultimi su posizioni meno radicali). Tali partiti hanno raccolto insieme oltre il 27% dei voti alle elezioni provinciali del 2013, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto al 2008.
 
Anche l'ex presidente della Provincia autonoma, [[Luis Durnwalder]], si è detto convinto che se oggi gli altoatesini fossero chiamati al referendum, si pronuncerebbero in maggioranza per il ritorno all'Austria.<ref>[http://www.silvanobassetti.it/?p=152 Citazione da STOL - Südtirol Online ]</ref> Nello statuto SVP si può leggere tuttora che "come conseguenza della prima guerra mondiale l'Alto Adige, per secoli parte dell'Austria, fu separato dalle madrepatria e tale ingiustizia storica viene tuttora sentita come tale dalla popolazione".<ref>{{de}} [http://www.svpartei.org/de/politik/programm/ Programma della SVP in tedesco]</ref>
 
=== I rapporti con l'Austria ===
L'attuazione del [[Pacchetto per l'Alto Adige]] permise all'Italia ed all'Austria di accordarsi sul rilascio da parte di quest'ultima di una "quietanza liberatoria" che riconosceva l'adempimento da parte dello Stato italiano degli obblighi di tutela delle comunità tirolese e ladina. Ciò avrebbe dovuto risolvere definitivamente la vertenza altoatesina, ma il testo della "quietanza liberatoria", sottoscritta dai ministri degli Esteri [[Gianni De Michelis]] ed [[Alois Mock]], non è chiaro in proposito. Da parte italiana si ritiene che il documento De Michelis-Mock abbia chiuso la lunga querelle diplomatica intercorsa fra i due paesi sull'Alto Adige, con la rinuncia austriaca a eventuali rivendicazioni. L'Austria non ha invero mai desistito a svolgere una funzione di controllo sulle modalità con cui si esercita la sovranità italiana nella provincia di Bolzano.
 
Sul piano internazionale la questione altoatesina è tornata così sotto i riflettori nel gennaio [[2006]], quando il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] [[Carlo Azeglio Ciampi]] cancellò la visita ufficiale a [[Vienna]] a seguito di iniziative volte a inserire in una prospettata riforma della Costituzione austriaca, norme che dichiarassero esplicitamente "la funzione di tutela dell'Alto Adige da parte dello Stato austriaco e il diritto all'autodeterminazione". Tali modifiche infatti, comportavano un'ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano.
 
In questa occasione 113 sindaci altoatesini su 116 firmarono una petizione in favore delle proposte di modifica della costituzione austriaca.<ref>[http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/01_Gennaio/24/altoadige.shtml Articolo dal Corriere della Sera]</ref> L'azione dei sindaci fu molto criticata sia dall'allora Governo Berlusconi,<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2006/gennaio/25/sindaci_dell_Alto_Adige_Austria_co_9_060125041.shtml I sindaci dell'Alto Adige: l'Austria ci tuteli], su A-lto Adige</ref> sia dall'Unione di centrosinistra{{citazione necessaria}}. Dall'altro lato il parlamento [[austria]]co ha nel settembre 2006 votato un ordine del giorno per inserire definitivamente nella nuova Costituzione la funzione di tutela della popolazione altoatesina di lingua tedesca.
 
=== I festeggiamenti per il 150º dell'unità italiana ===
In occasione delle celebrazioni per il 150º anniversario dell'Unità d'Italia si verificarono tensioni tra la Provincia e il Governo italiano, a causa delle dichiarazioni del governatore dell'Alto Adige, [[Luis Durnwalder]], il quale ha dichiarato l'intenzione della provincia di non partecipare a nessun festeggiamento per l'anniversario ritenendo che l'unione della regione all'Italia sia avvenuta nel 1919 contro la volontà della popolazione locale e lasciando liberi gli assessori provinciali di lingua italiana di festeggiare la ricorrenza, ma non in rappresentanza della provincia autonoma.<ref>"''Il gruppo linguistico tedesco non ha nulla da festeggiare. Nel 1919 non ci è stato chiesto se volevamo fare parte dello Stato italiano e per questo non parteciperò ai festeggiamenti.''"''I sudtirolesi hanno sofferto molto tra gli anni venti e gli anni cinquanta, non vedo veramente giustificazioni per festeggiare questa ricorrenza. Nel 1861 l'Alto Adige non faceva parte dell'Italia e nel 1919 non è stato chiesto alla popolazione se voleva passare dall'Austria all'Italia», ecc.</ref> Da queste dichiarazioni è scaturita una dura polemica con il presidente della Repubblica [[Giorgio Napolitano]].<ref>[http://www.corriere.it/unita-italia-150/11_febbraio_11/napolitano-durnwalder-scontro_c11e670a-35e2-11e0-8fcc-00144f486ba6.shtml Unità d'Italia, scontro aperto tra Napolitano e Durnwalder Il presidente: devi partecipare alle celebrazioni, tu rappresenti tutti. La replica: nulla da festeggiare], Corriere della Sera, 11 febbraio 2011</ref>
 
Le tensioni sono rientrate in occasione dei festeggiamenti per il 40º anniversario del secondo Statuto d'autonomia, nel settembre [[2012]] a [[Merano]], ove sia il presidente italiano, Giorgio Napolitano, sia quello austriaco, [[Heinz Fischer]], vennero insigniti del Grand'Ordine di merito della Provincia autonoma di Bolzano, dichiarando entrambi la congiunta volontà di pienamente rispettare le prerogative autonomistiche dell'Alto Adige.<ref>{{de}} [http://www.stol.it/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Lokal/Meran-Grosser-Verdienstorden-fuer-Napolitano-und-Fischer-Fotos-Video I festeggiamenti di Merano e la consegna del Verdienstorden] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120907233934/http://www.stol.it/Artikel/Politik-im-Ueberblick/Lokal/Meran-Grosser-Verdienstorden-fuer-Napolitano-und-Fischer-Fotos-Video |data=7 settembre 2012 }}</ref><ref>[http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/09/05/news/la-visita-del-presidente-napolitano-a-merano-segui-la-diretta-1.5645295 "L'autonomia non sarà svuotata"]</ref>
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
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* Euregio, ''Tirolo Alto Adige Trentino - Uno sguardo storico'', Trento 2013, ISBN 978-88-907860-2-0
 
== Voci correlate ==
''Storia antica:''
* [[Rezia]]
* [[Norico]]
''Storia medievale:''
* [[Baliato dell'Ordine Teutonico all'Adige e nei Monti]]
* [[Principato vescovile di Bressanone]]
* [[Principato vescovile di Trento]]
* [[Storia del Tirolo]]
''Storia moderna e contemporanea:''
* [[Andreas Hofer]]
* [[Dipartimento dell'Alto Adige]]
''Primo dopoguerra:''
* [[Dableiber]]
* [[Domenica di sangue (1921)]]
* [[Italianizzazione dell'Alto Adige]]
* [[Opzioni in Alto Adige]]
* [[Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige]]
* [[Toponomastica dell'Alto Adige]]
''Secondo dopoguerra:''
* [[Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino]]
* [[Pacchetto per l'Alto Adige]]
* [[Presidenti della Provincia autonoma di Bolzano]]
* [[Proporzionale etnica]]
* [[Provincia autonoma di Bolzano]]
* [[Trentino-Alto Adige]]
''Terrorismo:''
* [[Befreiungsausschuss Südtirol]]
* [[Ein Tirol]]
* [[Gruppo Stieler]]
* [[Notte dei fuochi]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.european-journalists.eu/The%20South%20Tyrol%20Autonomy.pdf|Anthony Alcock, The South Tyrol Autonomy, County Londonderry/Bozen-Bolzano, May 2001|lingua=en}}
* {{cita web|http://www.provincia.bz.it/astat/it/service/845.asp|Rete Civica: Alto Adige in cifre|lingua=ita, de}}
* {{cita web|http://www.bbc.co.uk/news/magazine-20633126|BBC: Bethany Bell, South Tyrol's identity crisis: Italian, German, Austrian...?|lingua=en}}
* {{cita web|http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/stirol.html|Rolf Steininger, Die Südtirolfrage|lingua=de}}
* {{cita web|http://zis.uibk.ac.at/stirol_doku/|Università di Innsbruck: ZIS - Centro di documentazione per la storia sudtirolese|lingua=de}}
* {{cita web|http://www.provincia.bz.it/giornata-autonomia/|Giornata dell'Autonomia|lingua=ita, de, lld}}
 
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