Storia di Siracusa in età spagnola (1500 - 1565) e Discussioni utente:WLeo~tennisW: differenze tra le pagine

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La storia di '''Siracusa durante l'età spagnola''' si riferisce a quel secolare lasso di tempo che visse la [[Siracusa|città]] [[Regno di Sicilia|siciliana]] sotto l'[[egemonia]] della [[Regno di Spagna|corona di Spagna]]: dal [[XV secolo]] al [[XVII secolo]].
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Poiché gli Spagnoli chiamarono Siracusa come la loro [[Saragozza|città aragonese]] - ovvero ad essi era nota come la «'''Çaragoça de Sicilia'''» - non risulta semplice odiernamente rintracciare e ordinare tutte le vicende storiche di rilievo che la videro protagonista, dato che negli archivi spagnoli questa [[omonimia]] non sempre è stata ben trattata (alle volte si ometteva il «de Sicilia»), con il risultato di creare smarrimento nella distinzione delle due antiche realtà geografiche.<ref>Angelo De Grande, Università degli Studi della Tuscia (Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Corso di laurea specialistica in Storia dell'arte. Anno accademico 2003/2004), ''Palazzo Lanieri (Siracusa)'', p. 6.</ref> Ciò è inoltre dovuto al fatto che gli archivi storici siracusani sono andati distrutti durante la dominazione spagnola: distrutti sia dalle forti [[Terremoto|scosse sismiche]] che investirono la città nel [[1542]] e nel [[1693]] (rispettivamente pari al [[Scala Mercalli#Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS)|X grado e IX grado della scala MCS]]<ref>Enzo Boschi, Franco Bordieri, ''Terremoti d'Italia: il rischio sismico, l'allarme degli scienziati, l'indifferenza del potere'', 1998, p. 77; [[Erasmo D'Angelis]], ''Ripariamo l'Italia: storia di terremoti e terremotati. Vittime e danni. Colpe e colpevoli. Come possiamo difenderci?'', 2018, cap. 5, ''Seicento''.</ref>), con conseguenti onde di [[maremoto]], e distrutti dagli assalti dei [[Tercio|soldati spagnoli]], che si ammutinavano e creavano quindi caos nei palazzi aretusei (Siracusa era la città più militarizzata dell'isola, per cui episodi del genere accadevano con frequenza).<ref>Serafino Privitera, ''Storia di Siracusa'', vol. II, pp. 145, 150.</ref>
 
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Dai documenti superstiti e verificati riesce ad emergere comunque un'immagine ben precisa sulla Siracusa spagnola: essa era vista come simbolo di forza del potere della monarchia di Spagna. Era la città per la quale gli spagnoli dovevano «combattere strenuamente»,<ref> Salvatore Andrea Galizia, Università degli studi di Catania, ''Territorio, economia e popolazione nella Sicilia d'età moderna (1571-1577)'', 2009-2012, p. 179.</ref> poiché le era stato dato il massimo ruolo difensivo: la «chiave del Regno» era stata soprannominata durante la guerra contro l'[[impero ottomano]].<ref>Francesca Cantù, ''I linguaggi del potere nell'età barocca: Politica e religione'', 2009, p. 171.</ref> A Siracusa si conduceva la maggior parte dell'esercito spagnolo durante i tentativi d'invasione da parte di altre nazioni; qui si ci trincerava e si aspettava che il pericolo passasse.
 
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== Contesto storico (XIII - XVI secolo) ==
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=== L'unificazione spagnola ===
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{{Vedi anche|Unificazione della Spagna|Impero spagnolo}}
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==== La Camera Reginale ====
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{{-}}
== L'egemonia spagnola sulla città (XVI - XVIII secolo) ==
{{Cassetto fine}}
=== Il testamento del re Cattolico Don Ferdinando e l'ultima regina di Siracusa (1516) ===
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La Camera Reginale di Siracusa passò nelle mani di [[Isabella di Castiglia]], detta la regina Cattolica, l'8 maggio del [[1470]], la quale la ricevette in dote dal suocero [[Giovanni II d'Aragona]] - com'era usanza che ciò si facesse con le regine della monarchia spagnola, grazie al legame che gli Aragonesi avevano instaurato secoli prima con la corona di Sicilia e quindi con la Camera di controllo siracusana. Quando poi il re Giovanni morì (nel [[1479]]), Isabella poté continuare a governare su Siracusa grazie al volere del re suo marito, [[Ferdinando II d'Aragona]] detto il Cattolico (riconosciuto re di Sicilia il 10 giugno [[1468]]), il quale intestò la Camera nuovamente a Isabella.
|titolo = Serve aiuto?
 
}}
La regina castigliana si distinse per un governo autorevole (che non ebbe timore di contraddire persino il volere del suocero Giovanni) e per la benevolenza verso i Siracusani, suoi sudditi (nella reggenza castigliana si segnalano due [[Catalogna|Catalani]] che ebbero un ruolo importante all'interno del territorio in questione: Joan Sabastida, o Çabastida, presidente della Camera, e sua moglie Caterina Llull, una delle poche donne del regno ad emergere, in quel secolo, nel contesto finanziario).<ref>Jaime Vicens Vives, ''Fernando el Católico, Príncipe de Aragón, Rey de Sicilia'', Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1952.</ref>
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<inputbox>
[[File:Desembarcament a València de Ferran el Catòlic i Germana de Foix, Josep Ribelles, Museu de Belles Arts de València.JPG|thumb|upright=1.6|Il re Ferdinando il Cattolico e la sua seconda moglie, Germana de Foix (dipinto di [[José Ribelles]], [[Museo di belle arti di Valencia]], [[XVIII secolo]])]]
type=commenttitle
 
bgcolor=white
Ma quando, nel [[1504]], Isabella morì prematuramente, la Camera tornò proprietà del marito, il quale, l'anno seguente, decise di nominare lo spagnolo Joan de Cárdenas «''portiere delle porte di Siracusa''» (carica civica), e alla fine di quello stesso anno la fece governare dal vicerè di Sicilia: [[Guglielmo Raimondo VI Moncada]]. Tuttavia, Ferdinando si risposò a breve: nel [[1505]] la sua seconda moglie divenne [[Germana de Foix]], figlia dell'[[infante]] di [[Regno di Navarra|Navara]] [[Giovanni di Foix-Étampes]] e nipote del re [[Luigi XII di Francia]], alla quale assegnò, il 1 aprile del [[1506]], la «''Cámara de la reina de la Ciudad de Zaragoza''»<ref>Francisca Hernández-León de Sánchez, ''Doña María de Castilla, esposa de Alfonso V el Magnánimo'', 1959, p. 71.</ref> (detta anche «''Camera de Sicilia''»<ref>Prudencio de Sandoval, ''Historia de la vida y hechos del Emperador Carlos V'', p. 50, 1634.</ref>).
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editintro=
Germana nominò governatore della Camera Pere Sánchez de Calatayud (ai Siciliani noto come Almerich Centelles), il quale divenne nel [[1513]] anche presidente del Regno di Sicilia, ovvero vicerè.<ref>Carmelo Trasselli, ''Da Ferdinando il Cattolico a Carlo V: l'esperienza siciliana, 1475-1525'', 1982, p. 422.</ref>
hidden=yes
 
page=Aiuto:Sportello_informazioni
Ma l'unione di Germana con Ferdinando non poté durare a lungo, poiché il re Cattolico (colui che insieme a Isabella legò il proprio nome alla [[scoperta dell'America]], in quanto finanziatore della spedizione di [[Cristoforo Colombo]]) nell'anno [[1516]] morì. Egli lasciò scritto nel suo [[testamento]] precise disposizioni riguardo al futuro e uso della Camera Reginale di Siracusa:
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(avvertenza: il re nel documento parla di sé stesso in prima persona plurale. Inoltre si trascrive di seguito solamente l'introduzione del testamento e le parti più importanti che riguardano il volere di Ferdinando su Siracusa; ergo, non è il testo riportato nella sua integrità.)
buttonlabel=Domanda allo Sportello informazioni
 
</inputbox>
{{Citazione|Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, il quale per la salute e la redenzione della natura umana [...] nel quale nella Santissima Trinità Padre, Figlio e Spirito Santo, un solo vero Dio, che vive e regna per sempre, fermamente crediamo. Sia reso noto a tutti che Noi, Don Ferdinando, per la grazia di Dio, Re d'Aragona, di Navarra, delle due Sicilie, di Gerusalemme, di Valenzia, di Mallorca, di Sardegna, di Corsica, Conte di Barcellona, Duca di Atene e di Neopratia, Conte di Ruysellon, di Cerdena, Marchese di Oristano e di Gociano. Considerando nel nostro pensiero, con buono e Cattolico animo, che la natura umana è corruttibile e sottoposta alla morte corporale [...] E anche nostro Signore Dio per sua grande grazia e misericordia, e non per nostri meriti, ha ordinato che Noi siamo nati di sangue e spirito reale, e ci ha fatto e costituito nella sua terra Re e Signori di tanti popoli, regni e Signorie [...] Item, vogliamo, disponiamo e ordiniamo, e comandiamo, che [...] per quanto a Noi ci è stato consegnato e dato: alla Serenissima Regina Doña Germana, nostra carissima e amata donna, e per le spese della sua persona e casa, le cose e quantità sottoscritte: primariamente la Città di Siracusa [Zaragoza de Sicilia], con le sue terre e giurisdizione, diritti, rendite, e pertinenze, che in un anno ha mostrato di valere dieci mila fiorini d'oro. Inoltre, i Villaggi di Tarrega, Sabadele, e Villagrasa, nel nostro Principato di Catalogna; dai quali, crediamo, non possa ricevere rendita alcuna per via dei molti oneri a loro carico [...] E vogliamo, ordiniamo e comandiamo che la Città di Siracusa [...], la suddetta Serenissima Regina Doña Germana, nostra carissima e amata donna, possegga e custodisca, riceva, faccia e goda di ciò durante la sua vedovanza [...] ma non si devono inserire persone straniere nella reggenza e nel governo delle sopracitate Città e Villaggi, in alcun modo. E nel caso in cui la suddetta Serenissima Regina renda noto di volersi sposare, vogliamo ed è nostra volontà che la suddetta Città e Villaggi tornino [in possesso] dei nostri eredi e successori [...]|Testamento del re Cattolico Don Ferdinando, Madrigalejo, 22 gennaio 1516. Trascritto in [[Juan de Mariana]], '' Historia general de España'', Toledo (1601), ed. 1796, pp.|En el nombre de nuestro Señor Jesu-Christo, verdadero Dios y verdadero hombre, el qual por la salud y redepcion de la natura humana [...] en el qual en la Santisima Trinidad Padre, Hijo y Espiritu Santo, un solo Dios verdadero que vive y reina para siempre jamas firmemente creemos. Sea todos manifestos que Nos Don Fernando por la gracia de Dios Rey de Aragon, de Navarra, de las dos Sicilias, de Jerusalen, de Valencia, de Mallorca, de Cerdena, de Corcega, Conde de Barcelona, Duque de Athenas é de Neopatria, Conde de Ruysellon, de Cerdena, Marques de Oristan é de Gociano. Considerando en nuestro pensamiento con bueno é Catolico animo, que la natura humana es corruptible é supuesta a la muerte corporal [...] Y anque nuestro Senor Dios por su grande gracia é misericordia, é no por nuestros merescimientos haya ordenado que Nos hayamos nacido de sangre y espiritu Real, y nos haya hecho e constituido en su tierra Rey e Señor de tantos pueblos, reynos é Senorios [...] Item, queremos, disponemos é ordenamos, y mandamos, que [...] por quanto por Nos ha sido consignado é dado: a la Serenisima Reyna Doña Germana nuestra muy cara é amada muger, y para los gastos de su persona é casa, las cosas é cantidades infrascritas: primeramente la Cibdad de Zaragoza de Sicilia con su tierras é jurisdicion, derechos, rentas, é pertinencias, que un año con otro se ha hallado valer diez mil florines de oro. Y mas, las villas de Tarrega y Sabadele, é Villagrasa en el nuestro Principado de Cataluna; de las quales creemos no recibe renta alguna por tener muchos cargos. [...] Y queremos, ordenamos y mandamos, que la dicha Cibdad de Zaragoza de Sicilia [...], la dicha Serenesima Reyna Doña Germana nuestra muy cara y amada muger, posea y tenga, reciba, haya é goze dello durante su viudedad [...] pues no se haya de poner en el regimiento y gobierno de las dichas Cibdades, é Villas, personas estrangeras en manera alguna. E en caso que la dicha Serenisima Reyna deliberase casar, queremos y es nuestra voluntad la dicha Cibdad y Villas tornen a nuestros herederos y subcesores [...]|lingua=spa}}
{{Cassetto fine}}
 
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==== Germana, Carlo V e la grande carestia del 1524 ====
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=== La guerra contro l'impero ottomano ===
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{{Citazione|Convenuta l'universale armata nel seno di Siracusa, si provò, come si narra, più volte a uscire dal porto, e sempre invano, respingendola indietro in tempi burrascosi e contrarii, per modo che una delle galee del Doria si perse anime e corpi; e fu danno doloroso, ma lo auspicio peggio; finalmente come piacque a Dio le galee, passato Capo Passero, di voga stanca arrivarono a Malta; con verun profitto però, che fu mestieri rimandarle indietro parte per rimorchiare le navi, che andando a vela co' venti contrari non potevano fare cammino, e parte per rifornirsi di biscotto a Siracusa.|[[Francesco Domenico Guerrazzi]], ''Vita di [[Andrea Doria]]'', vol. 2, 1864, p. 337.}}
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| style="background:#ffe0f1; border:1px solid silver; height:30px; padding-left:1em" | [[File:Accessories-text-editor.svg|18px|link=Wikipedia:Raccomandazioni e linee guida]] [[Wikipedia:Raccomandazioni e linee guida|Raccomandazioni e linee guida]]
==== Contesto storico europeo, mediorentale e africano ====
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[[File:Ottoman Empire 16-17th century-fr.svg|thumb|upright=1.1|I confini dell'impero ottomano nel secolare periodo del suo apogeo]]
| style="background:#ffe5e0; border:1px solid silver; height:30px; padding-left:1em" | [[File:Copyright-problem.svg|18px|link=Wikipedia:Copyright]] [[Wikipedia:Copyright|Copyright]]
Mentre i vari stati dell'[[Europa centrale]] e [[Europa occidentale|occidentale]] si facevano la guerra a vicenda, nel [[1453]] crollava definitivamente l'[[impero bizantino]], con la conquista da parte dei [[Turchia|Turchi]] della capitale [[Assedio di Costantinopoli (1453)|Costantinopoli]] (la quale aveva chiesto invano i soccorsi europei), che finiva così sotto il potere del sultano [[Maometto II]]: lì metterà solide radici il governo principale dell'[[impero ottomano]], universalmente noto con il nome di [[Sublime Porta]].
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| style="background:#ffefe0; border:1px solid silver; height:30px; padding-left:1em" | [[File:Crystal Clear app ksirtet.svg|18px|link=Portale:Progetti]] [[Portale:Progetti|Progetti tematici]]
Per la [[Grecia]] iniziò da quel momento una dura dominazione (che sarebbe [[Grecia ottomana|durata per secoli]]), e con essa cadevano anche i già mezzi conquistati [[Balcani]] (l'[[impero serbo]] era caduto in mano ai Turchi nel [[1389]], mentre il [[Secondo Impero bulgaro]] lo assoggettavano nel [[1396]]) e il [[regno d'Ungheria]], dopo la definitiva sconfitta del suo re, morto sul campo di battaglia nell'[[Assedio di Belgrado (1456)|assedio di Belgrado]] il [[1456]], durante la fase finale delle [[guerre ottomano-ungheresi]].
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| style="background:#fff8dc; border:1px solid silver; -moz-border-radius-bottomleft:12px; -webkit-border-bottom-left-radius:12px; border-bottom-left-radius:12px; height:30px; padding-left:1em" | [[File:Nuvola apps bookcase.svg|18px|link=Aiuto:Glossario]] [[Aiuto:Glossario|Glossario]]
Senza più la barriera ungherese, l'impero ottomano ebbe la strada libera verso la conquista dell'Europa centrale: nel [[1480]] conquistò e occupò la [[Battaglia di Otranto|città salentina di Otranto]], in [[Italia]], dopo essersi annesso anche l'[[Albania]] nel [[1471]] ed essere già entrato in conflitto con i vari possedimenti della [[repubblica di Venezia]]; lo stesso anno cercò di far capitolare una prima volta la [[Stato monastico dei Cavalieri di Rodi|base dei cavalieri ospitalieri]] (che erano divenuti un importante braccio armato della religione cristiana), l'[[isola di Rodi]], dai quali essi prendevano il nome (cavalieri di Rodi), senza tuttavia riuscirvi. Il sultano allora si spostò nel [[Vicino Oriente]], conquistandolo; abbatté inoltre il [[sultanato mamelucco (Il Cairo)|sultanato mamelucco de Il Cairo]], annettendosi quindi pure l'[[Egitto]] e la [[Siria]].
|}Naturalmente un benvenuto anche da parte mia! Se avessi bisogno di qualcosa non esitare a contattarmi. [[Utente:Rojelio|Rojelio]] <small>[[Discussioni utente:Rojelio|(dimmi tutto)]]</small> 12:02, 30 lug 2019 (CEST)
 
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Il sultano vigente, [[Solimano il Magnifico]], prima di dirigere le sue mire espansionistiche verso l'[[Africa occidentale]], assediò nuovamente l'isola di Rodi, nel [[1522]], e stavolta i cavalieri non riuscirono a respingere l'attacco. Solimano, avendoli sconfitti, permise a coloro che erano sopravvissuti di recarsi nel [[regno di Sicilia]] (che però era già sotto il diretto controllo della Spagna).
 
Nel frattempo, la [[Francia]], che era in aspra guerra contro la Spagna e si sentiva minacciata dai confini del [[Sacro Romano impero |Sacro Romano impero germanico]], decise di legarsi al potere ottomano e, nel [[1525]], il suo re [[Francesco I di Francia|Francesco I]] stipulò con la Sublime Porta il trattato che sarebbe passato alla storia con il nome di «[[Empia alleanza]]» (poiché una nazione cristiana e cattolica metteva le proprie forze a disposizione dei conquistatori musulmani, che cercavano di penetrare stabilmente in Europa).
 
A questo punto, l'imperatore di Spagna, [[Carlo V]], non poté più ignorare la crescente minaccia dei Turchi e decise quindi di partecipare attivamente - insieme agli [[Asburgo]], suoi consanguinei, che già combattevano i Turchi nel [[nord Europa]] - alla guerra contro lo strapotere ottomano nel mediterraneo.
 
===== Il coinvolgimento della Sicilia =====
È in questo contesto - [[guerre ottomano-asburgiche]] - che si sviluppa la storia siracusana del Cinquecento: Siracusa, che nella [[Conquista islamica della Sicilia|precedente conquista araba]] fu una delle ultime e più agguerrite città cristiane della Sicilia a cadere sotto il completo dominio islamico (nelle ultime ore dell'assedio si arrivò a combattere a mani nude), si trovava in un punto strategico ed esposto alla minaccia della nuova guerra; fu per questo motivo che la città stessa, le sue terre e i paesi che la circondavano, vennero ripetutamente coinvolti nel difficile conflitto.
 
La Spagna aveva dato alla Sicilia un ruolo molto importante, per la difesa del potere della sua monarchia in Europa, e ciò emerge maggiormente nella guerra intrapresa contro il sultanato turco:
 
{{Citazione|L'isola di Sicilia divenne, dalla sua incorporazione alla Corona d'Aragona, un enclave fondamentale per la stretegia difensiva del Mediterraneo [...] per la sua situazione di fronte al pericolo turco nel Mediterraneo, il regno di Sicilia è stato denominato persino con diversi termini, con i quali si è manifestata la sua importanza geostrategica, come: «fortezza», «antemurale», «frontiera della Cristianità» e «baluardo».|María del Pilar MESA CORONADO , ''El Virreinato de Sicilia en la Monarquía Hispánica: las instituciones de gobierno (1665-1675)'', Estudios Humanísticos. Historia. Nº 12, 2013, p. 163.|La isla de Sicilia se convirtió desde su incorporación a la Corona de Aragón en un enclave fundamental para la estrategia defensiva del Mediterráneo [...] por su situación frente al peligro turco en el Mediterráneo, el reino de Sicilia ha sido denominado también con distintos términos con los que se ha señalado su importancia geoestratégica, tales como: «fortaleza», «antemural», «frontera de la Cristiandad» y «baluarte».|lingua=es}}
 
[[File:Carlo v.PNG|thumb|upright=0.8|Carlo V all'epoca delle guerre ottomano-asburgiche (dipinto di [[Juan Pantoja de la Cruz]], XVI sec.)]]
 
Carlo V chiamò a raccolta un'ingente quantità di forze belliche nelle spedizioni che egli, alle volte anche di persona, compì contro gli invasori della Sublime Porta. E i siracusani furono presenti, con uomini e navi giunti dalla loro città, sia quando l'imperatore spagnolo guidò la [[Conquista di Tunisi (1535)|spedizione vittoriosa contro Tunisi]] ([[1535]]) e sia in quelle dove si perse: contro [[Spedizione di Algeri|Algeri]] ([[1551]]) e [[Battaglia di Gerba|Gerba]] - il cui obiettivo iniziale fu [[Tripoli]], governata dal pirata [[Dragut]] - ([[1560]]), durante la quale la città fu la principale base spagnola di partenza e approdo, nella quale confluivano uomini e mezzi.
 
A queste battaglie parteciparono comandanti del calibro di [[Ferrante I Gonzaga]] (che in qualità di [[vicerè di Sicilia]] si occupò in special modo delle fortificazioni aretusee; definite come le più esposte al pericolo<ref>Carlos José Hernando Sánchez, ''Las Fortificaciones de Carlos V'', 2000, p. 362; [[Fernand Braudel]], ''El Mediterráneo y el mundo mediterráneo en la época de Felipe II'', vol. 2, ed. 2015, cap. ''La guerra defensiva frente a los Balcanes''.</ref>), [[Hernán Cortés]] (il [[Conquista dell'impero azteco|conquistatore dell'impero azteca]], la cui unica discendente diretta divenne feudataria delle terre siracusane{{#tag:ref|La figura di Hernán Cortés è oggetto di numerosi aneddoti che lo legano agli antichi popoli del [[Messico]] ([[Maya]] e [[Aztechi]]), chiamato dai ''[[Conquistadores]]'' la "Nueva España"; Cortés ebbe numerosi figli, ma illegittimi, per cui tutta la sua eredità si concentrò su un'unica figura: la sua sola nipote, Stefania Cortés, marchesa delle valli messicane, che nel [[1648]] andò in sposa al siciliano Diego d'Aragona Pignatelli Tagliavia. Costui era il IV° marchese di [[Avola]] e discendeva da una nobile famiglia di Siracusa che ebbe importanti e diversi ruoli nel [[Val di Noto]] (essi si dicevano discendenti di un figlio illegittimo del re [[Federico III d'Aragona]]).<ref>Francesco Maria : Emanuele e Gaetani Villabianca, ''Della Sicilia nobile'', vol. 2, 1754, p. 20.</ref> Unitisi ad altre famiglie dell'isola, vennero in seguito infeudatati di molte terre, tra le quali anche terre palermitane; trasferitisi quindi nella Sicilia occidentale, fu qui che i messicani indipendentisti (anti-hispanos) inviarono i resti monumentali del [[mausoleo]] di Hernán Cortés, per farlo recapitare ai discendenti della sua unica erede, facendo credere inoltre nella loro terra, in Messico, di aver inviato ai Cortés siciliani anche i resti mortali del ''Conquistador'', calmando così l'ira degli anti-hispanos.<ref>John Honey, ''Lo Que Nos Quitaron'' (''Quello che ci Tolsero''), 2018, cap. ''Las Cartas de Relación''.</ref> Tra l'altro, i Cortés di Avola furono tra coloro che tentarono di aiutare la Spagna nella riconquista delle terre siracusane durante la guerra causata dal [[trattato di Utrecht]].<ref>''Archivio Storico Comunale di Avola'' e ''Archivio di Stato di Napoli'' – Sezione Pignatelli Aragona Cortès; Francesca Gringeri Pantano, ''La città esagonale. Avola: l'antico sito, lo spazio urbano ricostruito'', 2000.</ref>|group=N}}) e [[Andrea Doria]] (l'ammiraglio patriota [[Genova|genovese]] che, al servizio della Spagna, difese più volte la città di Siracusa dalla flotta ottomana<ref>Salvatore Russo, ''Siracusa nell'età moderna: dal viceregno asburgico alla monarchia borbonica'', 2004, p. 13; [[Giuseppe Agnello]], ''L'architettura sveva in Sicilia'', 1935, p. 36; Società Siracusana di Storia Patria, ''Archivio storico siracusano'', 1991, p. 43; Juan Ortega y Rubio, ''Compendio de historia universal: Edad Moderna'', 1878, p. 97.</ref>).
 
==== La città e le prime fasi della guerra: la nascita dell'ordine dei cavalieri di Malta ====
Nell'estate del [[1528]], un anno prima che facessero il loro ingresso in città i superstiti cavalieri di Rodi, Siracusa aveva subito un'irruenta incursione dei Turchi, i quali erano riusciti a sbarcare presso Stentino (nella cui area sorgono i resti dell'[[Stentinello|omonimo sito archeologico]]), giungendo alle spalle dell'abitato e devastando gli antichi quartieri che in epoca greca furono popolati: Tiche e Neapolis (qui misero a sacco e diedero fuoco a una delle più vetuste chiese siracusane: la [[chiesa di San Giovanni alle catacombe]], che custodiva un tempo le relique di [[Marciano di Siracusa]], considerato il «primo [[vescovo]] dell'Occidente»<ref>Amore, ''Marciano vescovo'', col. 693; Rizzo, ''Sicilia cristiana dal I al V secolo'', vol. 2, parte 2, 2006, p. 80.</ref>). Tuttavia non si spinsero fino al centro della città, Ortigia, dove si trovavano gli abitanti.<ref>Teresa Carpinteri, ''Siracusa, città fortificata'', 1983, p. 14.</ref>
 
[[File:Veduta di Siracusa e dell'Etna.jpg|thumb|upright=1.9|left|La città di Siracusa vista dall'interno della baia del suo [[Porto di Siracusa|porto Grande]]; sullo sfondo il [[monte Etna]]]]
 
Messi in allarme, i siracusani, la cui città in quegli anni apparteneva ancora al controllo della regina Germana, mandarono dei propri rappresentanti direttamente dall'imperatore Carlo V, a [[Madrid]], il 10 luglio 1528, per informarlo della grave situazione in cui versavano le fortificazioni aretusee.
 
Alla corte madrilena incontrarono il loro concittadino [[Claudio Mario Arezzo]], che, divenuto «''chronista et creado de Vostra Maestà Cesarea''»<ref>S. Russo, ''Siracusa medievale e moderna'', Palermo – Siracusa - Venezia 1992, p. 22.</ref> (ad egli si dovrà, nel [[1530]], la prima descrizione geografica della Spagna<ref> {{Treccani|claudio-mario-arezzo_(Dizionario-Biografico)|AREZZO, Claudio Mario}}</ref>), viveva tra le mura reali, e quindi a lui si affidarono i siracusani per perorare la causa della difesa della città davanti al sovrano spagnolo. Ciononostante, bisognerà attendere ancora diversi decenni affinché la città riceva le effettive e sufficienti difese di cui sente la necessità (le quali la porteranno a divenire, forse suo malgrado,<ref>Atti del [[Parlamento del Regno d'Italia|Parlamento italiano]], ''Discussioni della [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei Deputati]]'', 1861, p. 989; Teresa Carpinteri, ''Siracusa, città fortificata'', 1983, p. 44.</ref> l'«inespugnabile fortezza» di Sicilia<ref>''Il Risorgimento in Sicilia'', vol. 2, p. 110; Lucia Trigilia, ''Siracusa: architettura e città nel periodo vicereale, 1500-1700'', 1981, p. 17; Paolo Militello, ''L'isola delle carte: cartografia della Sicilia in età moderna'', 2004, p. 143.</ref>).
 
I [[Cavalieri ospitalieri|cavalieri dell'Ordine gerosolimitano]] approdarono con le loro navi nel porto di Siracusa il 7 ottobre del [[1529]], di giovedì,<ref>{{Cita|Salvatore Russo, 2004|p. 14}}.</ref> dopo essersi fermati per qualche tempo nella confinante [[Augusta (Italia)|Augusta]] (vi erano giunti il 15 settembre) e dopo aver peregrinato in diversi luoghi del Mediterraneo in cerca di una nuova sede sicura.{{#tag:ref|Dopo che il sultano Solimano li sconfisse a Rodi, i cavalieri si rifugiarono dapprima a [[Candia]] e poi a [[Messina]], in seguito lasciarono la città dello [[Stretto di Messina|Stretto]] e cercarono rifugio a [[Napoli]]; lasciata anche la città partenopea approdarono a [[Civitavecchia]], da qui si diressero - sempre in cerca di un luogo definitivo dove stare - a [[Viterbo]]; ancora non appagati nella loro ricerca, navigarono verso Corneto e, successivamente, verso [[Nizza]]. Infine, giunti all'anno 1529, ritornarono in Sicilia e si acquartierarono in un primo momento nel porto di Augusta e infine approdarono nella città di Siracusa.<ref>[[Alberto Elli (egittologo)|Alberto Elli]], ''Storia della Chiesa Ortodossa Tawāhedo d'Etiopia'', 1997, p. 421, n. 196; Alessandro Barbero, Andrea Merlotti, ''Cavalieri: dai Templari a Napoleone'', 2009, p. 121.</ref>|group=N}}
 
L'armata che approdò era composta da 12 [[Galea|galee]], ornate di nero in segno di lutto, a causa della sconfitta. Sulla nave ammiraglia, capitanata dal [[Gran Maestro]] [[Philippe de Villiers de L'Isle-Adam]], sventolava la bandiera con l'immagine della [[Pietà (arte)|Pietà]] ([[Maria Addolorata]] porta sulle ginocchia il [[Gesù Cristo|figlio morto]]), attorniata dal motto (in riferimento a Maria)<ref>{{Cita|Salvatore Russo, 2004|p. 14}}; ''Archivio storico per la Sicilia orientale'', vol. 30-31, 1934, p. 40; ''Rivista del sovrano militare Ordine di Malta'', 1939, p. 16.</ref>:
 
{{Citazione|Nella mia sventura, Tu sei la mia unica speranza|Il motto della bandiera templare issata sulla nave entrante al porto di Siracusa dopo la sconfitta di Rodi|Afflictis Tu Spes Unica Rebus|lingua=lat}}
 
Sul molo si radunò la popolazione e i suoi rappresentanti (politici e religiosi). I cavalieri vennero accolti benevolmente.<ref>{{Cita|Salvatore Russo, 2004|p. 15}}.</ref> Ai siracusani erano infatti note le gesta dei cavalieri di Rodi; essi inoltre erano presenti in città, con chiese e immobili di loro appartanenza, fin dal [[XIII secolo]].<ref>Angela Scandaliato, Nuccio Mulè, ''La sinagoga e il bagno rituale degli ebrei di Siracusa'', 2002, p. 50; {{Cita|Salvatore Russo, 2004|p. 14}}.</ref>
 
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==== Carlo V separa Siracusa dalla terraferma (1552) ====
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==== La spia ottomana all'interno di Siracusa (1562) ====
 
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==== La città durante l'assedio turco di Malta (1565) ====
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==== Lo sbarco dell'imponente flotta ottomana nella spiaggia aretusea (1574) ====
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=== La vita della città-fortezza ===
{{Citazione|A Siracusa affiorò, in maniera significativa, l'opposizione tra due concezioni della fortificazione; tra la ragione bellica del Gonzaga e l'aspirazione alla sicurezza di una comunità di cittadini [che si sentivano tali].|Carlos José Hernando Sánchez, ''Las Fortificaciones de Carlos V'', 2000, p. 362.|En Siracusa afloró, de manera significativa, la oposición entre dos concepciones de la fortificación, entre la ratio belli de Gonzaga y la aspiración a la seguridad de una comunidad de ciudadanos en pleno|lingua=es}}
 
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=== La guerra franco-spagnola ===
==== La rivolta di Messina e i tentativi di conquista da parte dei francesi ====
I francesi provano a conquistare Siracusa, volendola sottrarre alla Spagna (anno 1674):
 
{{Citazione|Restava intanto non poco disgustato il Duca di Vivona per vedersi dalla contrarietà dei venti guastati i suoi disegni, che erano di giungere all'improvviso sopra Siracusa, prima, che li Spagnoli lo penetrassero e potessero mandarci rinforzo di gente, come poi seguì, avendo marciato a quella volta la maggior parte dell'Esercito Spagnolo, parendo, che il cielo, non secondasse la resoluzione de Francesi|[[Saverio Di Bella]] cit. doc. d'epoca; ''Caino Barocco. Messina e la Spagna 1672-1678'', 2005, p. 315.}}
 
I francesi avevano la propria base nella piazzaforte di Augusta.
 
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=== Il terremoto e lo tsunami del 1693 ===
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=== La guerra di successione spagnola (1700) ===
==== Il trattato di Utrecht ====
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=== La Spagna contro la Quadruplice Alleanza (1718) ===
==== Savoia: il vicerè Maffei e il ruolo di piazzaforte piemontese ====
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==== Le acque controllate dagli inglesi e l'arrivo delle truppe d'Austria ====
Il 16 agosto 1718 il [[capitano di vascello]] G. Walton, dalla sua nave posta a largo di Siracusa, scrive all'ammiraglio Byng un importante e corto messaggio che diviene celebre nella storia marinara dell'Inghilterra:
 
{{Citazione|Signore [Byng] - Abbiamo preso e distrutto tutte le navi Spagnole che erano sulla costa; il numero come da margine. Io sono, &c., G. Walton. ''Canterbury [la nave] al largo di Siracusa'', 16 Agosto 1718.|[[Tobias Smollett]], ''A Complete History of England,: From the Descent of Julius Cæsar, to the Treaty of Aix la Chapelle, 1748'', 1759, p. 234.|Sir - We have taken and destroyed all the Spanish vessel which were upon the coast; the number as per margin. "I am, &c., G. Walton. ''Canterbury off Syracuse'', August 16th 1718.|lingua=en}}
 
G. Walton ha appena dato a Byng la notizia dell'annientamento delle ultime navi spagnole sopravvissute alla battaglia dell'11 agosto, svolatasi tra Siracusa e Capo Passero. La Spagna non sarà più in grado, dopo di ciò, di mandare altre navi da guerra in soccorso alle sue truppe da terra, poichè gli inglesi, da quel momento in avanti, controlleranno meticolosamente tutte le acque siciliane.
 
(segue la risposta di Byng (dalla sua Barfleur, off Syracuse) che gira il messaggio di Walton al segretario Creggs; al [[Conte di Stair|Lord Stair]] ha già scritto il 15 agosto, quando si trovava vicino Reggio)
 
(il 23 agosto è il re Giorgio d'Inghilterra a scrivere a Byng e a felicitarsi con lui per la battaglia navale in questione; suo portavoce è Creggs. Sempre il 23 agosto Byng lascia momentaneamente Siracusa e si dirige a Reggio, dove arriverà il 26 agosto per prendere accordi con il generale austriaco Wetzell).
 
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=== Il compromesso tra Spagna e Inghilterra ===
==== La nascita del Regno borbonico napoletano (1735) ====
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== Siracusa: i pirati e gli schiavi ==
Premesso che la città ebbe da rapportarsi con la pirateria fin dalle epoche storiche più antiche mediterranee, fu proprio sotto l'egemonia spagnola che i suoi contatti con il mondo dei corsari si intensificarono.
 
Siracusa fu meta di approdo dei primi e più influenti pirati occidentali, che ne solcarono le acque e ne batterono le vie durante l'epoca medievale. Fu città ben nota alla [[Repubblica di Genova|repubblica marinara di Genova]] e ai suoi pirati, che la conquistarono e ne vollero reggere il governo [[feudo|feudale]] (combattendo nel porto aretuseo, per ottenerla, contro [[Repubblica di Pisa|Pisani]] e [[Venezia|Veneziani]]); è questo il periodo in cui Siracusa viene governata direttamente da un pirata genovese, Alemanno Costa, che si dichiara suo Signore «per la grazia di Dio e della repubblica di Genova»<ref>[[Gioacchino di Marzo]], ''Dizionario Topografico Della Sicilia di [[Vito Maria Amico|Vito Amico]]'', 1859, p. 512.</ref> (sarà infine [[Federico II di Svevia]] a riportare la città sotto il potere [[Demanio|demaniale]] degli [[Hohenstaufen]]).<ref group=N>Genova attaccò Siracusa proprio a causa di una promessa fattale dal padre di Federico II, [[Federico I Hohenstaufen]] (meglio noto come Federico Barbarossa), che aveva assicurato ai Genovesi che se questi lo avessero condotto sano e salvo fino in Sicilia, lui per ricompensarli avrebbe donato loro la città di Siracusa (all'epoca contea dei Normanni): stesso genere di promessa fece suo figlio, [[Enrico VI di Svevia]] (fratello di Federico II), il quale in cambio dell'aiuto dei Genovesi per la conquista del trono di Sicilia, assicurava loro il possesso di Siracusa. Ma, una volta ottenuti i loro scopi, né Federico di Hohenstaufen né suo figlio vollero adempiere alla promessa fatta, e i Genovesi quindi si presero la città aretusea con le armi e con atti di pirateria: {{Citazione|Ma Siracusa era stata solennemente promessa a Genova tanto da Federico Barbarossa quanto da Enrico VI e la Repubblica non aveva mai rinunciato al suo diritto.|Mario Filippo Nani-Mocenigo (conte), ''Storia marittima dell'Italia'', vol. 1, 1942, pp. 357-366.}} Il loro dominio non durerà molto, per via della presa di coscienza del secondo figlio del Barbarossa, che una volta cresciuto verrà a reclamare il possesso di Siracusa per la propria corona svevo-normanna.</ref> E furono siracusani coloro che, per volere del re spagnolo [[Alfonso V d'Aragona]], mandarono le proprie navi pirata a intralciare i traffici orientali dei Veneziani, attirandosi così le ire della [[Repubblica di Venezia|Serenissima]], la quale fece giungere la sua flotta nel porto siciliano; covo di pirati, ma saldamente difeso dagli Spagnoli.{{#tag:ref|L'ostilità tra Siracusa e Venezia aveva origine in Spagna, infatti il re Alfonso e il [[doge]] veneziano si contendevano i domini nell'[[Italia settentrionale]], ed essendo Siracusa una solida piazzaforte spagnola, essa veniva coinvolta nelle lotte degli Spagnoli contro gli italiani del Nord. Il doge, per vendicarsi delle continue scorrerie piratesche di siracusani e messinesi (Alfonso era famoso per armare navi pirata sotto la sua protezione; dunque corsari), mandò contro queste due città la sua flotta, con l'intento di porre un freno alla pirateria spagnola che era diretta esattamente contro di lui. Nel porto di Siracusa - nel quale riuscì a penetrare rompendo la barriera di legno - dopo che i suoi soldati ebbero versato molto sangue in una battaglia contro con le forze armate spagnole e siracusane - nel quale i veneziani stavano avendo la peggio - venne presa la decisione di bruciare le navi reali di Alfonso: approfittando del trambusto generale, i Veneziani diedero fuoco ai legni regi con carichi di paglia; è però dibattuto il fatto se una delle due navi si fosse riuscita o meno a salvare da quell'incendio notturno.<ref>Vd. Giovanni Evangelista Di Blasi Gambacorta, ''Storia cronologica dei vicere, luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia'', 1842, pp. 72-73.</ref>|group=N}}
 
Questa città fu inoltre uno dei bersagli ambiti della pirateria della [[Sublime Porta]] e delle coste africane: tra i tentativi di conquista, si segnala lo sbarco - più volte ripetuto ma invano - dell'imponente flotta ottomana presso il lido aretuseo di [[Fontane Bianche]], all'indomani della significativa [[battaglia di Lepanto]].<ref>''Società Siciliana per la Storia Patria'', vol. 2, 1877, pp. 10-13; Università di Catania, Istituto di storia economica, ''Annali del Mezzogiorno'', vol. 19, 1979, p. 81.</ref> Appaiono, infatti, numerose le testimonianze sullo stretto legame che esisteva tra la Siracusa pre-sapgnola, e poi con quella prettamente spagnola, durante l'epoca storica dei pirati nel [[mar Mediterraneo]].
 
=== Gli assalti dei pirati ===
 
Siracusa, per via della sua posizione, costiera e strategica, ha attirato in essa un gran numero di personalità che praticavano alacremente il mestiere del pirata e, più in generale, del corsaro. Uno degli episodi di pirtateria più efferrati e noti nella storia della città si verificò già sotto i Normanni, con il coinvolgimento della [[penisola iberica]]:
 
[[File:Napoli Ruggero il Normanno statua nel Palazzo Reale.jpg|thumb|upright=0.9|left|Ruggero II di Sicilia. Dopo il sacco di Siracusa, egli riprese la città, scacciando i pirati rimasti, e armata la sua flotta l'inseguì fino alla loro destinazione<ref>Così in [[Joseph-François Michaud]], ''Storia delle crociate'', vol. 2, p. 216.</ref>]]
[[File:Jolly-roger.svg|thumb|upright=0.9|left|La classica bandiera dei pirati: la [[Jolly Roger]], che, secondo alcuni storici, deriverebbe proprio da Ruggero II di Sicilia{{#tag:ref|Sia Ruggero II (nome originale Roger II de Hauteville) che Roger de Flor (nome italianizzato in Ruggero di Fiore) furono dei [[templari]] medievali e secondo alcune ipotesi storiche contemporanee - poiché sulle origini della bandiera pirata in verità non vi è alcuna certezza - risalirebbe a uno dei due la nascita della celebre bandiera nera con il simbolo piratesco: per quanto riguarda Ruggero II di Sicilia, pare che egli, per il suo carattere generoso e allegro, fosse soprannominato «L'Allegro Ruggero»<ref>Vd. Ernesto Frers, ''Piratas y templarios'', 2005, p. 55.</ref> (o «Ruggero il Gaio»<ref>Libera associazione ricercatori templari italiani (L.A.R.T.I.), ''Ventesimo quarto Convegno di ricerche templari'', 2007, p. 134.</ref>), per cui chi avvistava la sua bandiera, riferendosi al carattere di chi le comandava, la dichiarava «bandiera di ''Jolly Roger''» (in inglese Jolly significa Gioiviale). Il teschio e le tibie incrociate sono due antichi simboli templari che indicano «pericolo»,<ref>Vd. al riguardo Mark Amaru Pinkham, ''Los guardianes del Santo Grial'' (trad. Mariano García Noval, Barcellona), 2006, p. 279; Valeria Bobbio, ''Il mistero dell'ultimo maestro gnostico'', 2015, cap. XXVI.</ref> Ruggero le avrebbe adottate poiché ebbe - e ciò è storicamente accertato - da combattere con la sua flotta una lunga e complessa guerra, poiché egli, contro il volere papale e di gran parte dell'Europa, s'incoronò, tramite l'[[antipapa]], re di Sicilia, dichiarandosi «incoronato da Cristo»,<ref>''I caratteri originari della conquista normanna: diversità e identità nel Mezzogiorno, 1030-1130 : atti delle sedicesime Giornate normanno-sveve, Bari, 5-8 ottobre 2004'', 2006, p. 398.</ref> e intraprese guerre di conquista nel Mediterraneo.<ref>Ernesto Frers, ''Piratas y templarios'', 2005, p. 55; David Hatcher Childress, ''El secreto de Cristóbal Colón: Las claves de la identidad de Colón, el tesoro perdido de los Templarios, la piratería y el origen de la masonería en América'', 2010, pp. 58-59.</ref>|group=N}}<ref group=N>A Ruggero II è inoltre attribuita la fondazione di un'importante scuola di navigazione e un trattato sulla navigazione in lingua araba chiamato «''Al Rojari''» (David Hatcher Childress, 2010, p. 59). {{Citazione|Le sue navi da saccheggio facevano ondeggiare bandiere pitturate con l'antico cranio templaree un motivo di tibie incrociate, il simbolo alchimistico dei primi cavalieri, che terminò per appellarsi ''Jolly Roger'', a partire da Ruggero II, un re templare di Sicilia. Da quel momento in avanti, il ''Jolly Roger'' si convertì nel simbolo dei pirati del mondo intero.|Mark Amaru Pinkham (trad. Mariano García Noval, Barcellona), ''Los guardianes del Santo Grial'', 2006, p. 279.|Sus navíos de saque hacían ondear banderas pintadas con el antiguo craneo templaro y un motivo de tibias cruzadas, el simbolo alquímico de los primeros caballeros que se terminó apodando ''Jolly Roger'' a partir de Rogelio II, un rey templario de Sicilia. Desde aqyel tiempo en adelante, el ''Jolly Roger'' se convertió en el simbolo de los piratss del mundo entero.|lingua=es}}</ref> o da Roger de Flor<ref group=N>Roger de Flor (madre italiana e pradre tedesco: von Blum, che significa Fiore), oltre che cavaliere vicinissimo all'Ordine dei templari (e quindi conoscitore dei simboli templari come teschio e tibie incrociate) era anche un pirata dichiarato: molto potente; secondo alcuni studiosi né il papa né il re di Francia avrebbero osato attaccare i cavalieri templari fino a quando questi fossero stati sotto la protezione del pirata Roger. Vd. Karen Ralls, ''I Templari e il Graal'', 2004, p. 41.</ref>]]
 
Nel [[1127]] [[Ruggero II di Sicilia]] - colui che ripristinerà il [[Re di Sicilia|trono siciliano]] dichiarandosi erede dei [[Siracusa (città antica)|re Siracusani]]<ref group=N>Il titolo di [[re]] a Ruggero venne stabilito nel parlamento di [[Salerno]] (nel [[1129]]), dove si dava al Normanno la facoltà di porsi il diadema sul capo, proprio in virtù degli antichi re che governarono la Sicilia. Qui però avvenne una contraddizione tutta a danno di Siracusa: nell'incontro di Salerno, infatti, si fecero pressioni affinché la capitale di questo ripristinato regno divenisse [[Palermo]], facendo passare i suoi [[Emiro|emiri arabi]], che la governarono durante l'[[Storia della Sicilia islamica|epoca islamica dell'isola]], per i più antichi re di Sicilia; occultando gravemente il fatto che essi, in realtà, provenissero tutti da Siracusa: furono difatti i [[tiranni di Siracusa|tiranni siracusani]] i primi a detenere il massimo potere su tutte le terre siciliane e fu [[Agatocle]] il vero primo re di Sicilia (il quale si pose il diadema sul capo nel [[307 a.C.]], così come fecero i [[diadochi]] di [[Alessandro Magno]]). Per questo motivo, gli storici, non sono concordi nel riconoscere a Ruggero II la piena eredità del trono siracusano, additando, piuttosto, la risoluazione di Salerno come il frutto delle tante terre che il Normanno aveva conquistato e che necessitavano quindi di essere governate da qualcuno che avesse un titolo superiore a quello di «[[duca]]» e «[[conte]]». Cfr. ''Cenno istorico politico sulla Sicilia'', Napoli, 1848, pp 26-28.</ref> - si recò in [[Africa]] con 40 navi per compiere scorrerie contro i domini dei musulmani (è questo l'anno della conquista dell'[[isola di Malta]] da parte del Normanno<ref>Cfr. la contemporaneità dei due eventi in Jean-Marie Martin, ''La vita quotidiana nell'Italia Meridionale ai tempi dei Normanni'', 2018, cap. ''Crociate e spedizioni''.</ref>); essi allora, per vendicarsi, armarono a loro volta 80 navi e le spedirono nei siti siciliani di [[Patti]] (nel messinese) e Siracusa. Narrano le fonti cristiane, come [[Guglielmo I arcivescovo di Tiro]], che il capitano dei pirati era un musulmano di Spagna, ovvero un [[Almoravidi|almorávide]], di nome Gaitus Maymonus, il quale assalì con la sua squadra i siracusani in data 17 luglio 1127. Niente fu risparmiato: dopo aver distrutto le case, appiccato gli incendi, i pirati catturarono uomini e donne e li portarono con sé.<ref>[[Guglielmo I arcivescovo di Tiro]], lib. XIII, cap. 22 (in Caruso, p. 1001).</ref> Aggiunge lo storico [[Ottavio Gaetani]], in ''Vitae Sanctorum Siculorum'', che i pirati - che egli specifica essere «pirati di Spagna»<ref>Vd. il passo del Gaetani in [[Michele Amari]]: ''Storia dei Musulmani di Sicilia'', 1872, vol. 3, pp. 378-379.</ref> - in quell'occasione a Siracusa non lasciarono intatte altro che le mura, depredando tutto il resto.<ref>[[Ottavio Gaetani]], ''Vitae Sanctorum Siculorum'', I, p. 60, XV sec.</ref>
 
L'offensiva piratesca giunta da [[Al-Andalus]] ai danni dei siracusani causò due reazioni nel regno di Sicilia: a breve termine l'alleanza di Ruggero con il conte [[Raimondo Berengario III di Barcellona]], quindi l'impegno siciliano nella ''[[Reconquista]]'' della Spagna cristiana,<ref>Giosuè Musca, Università di Bari. Centro di studi normanno-svevi, ''Il mezzogiorno normanno-svevo e le crociate: atti delle quattordicesime giornate normanno-sveve, Bari, 17-20 ottobre 2000'', 2002, p. 133.</ref> e a lungo termine la partecipazione dei siciliani alle [[crociate]] in atto; essi si unirono alla [[Seconda crociata|seconda]] di tali spedizioni, che risultò essere la più imponente.<ref>L'interesse di Ruggero, e il suo invito con le navi per questa crociata, è descritto in: [[Joseph-François Michaud]], ''Histoire des croisades''. Trad. da [[Francesco Ambrosoli]], Milano, 1831, vol. sec. p. 155.</ref>
 
[[File:RogerdeFlor.jpg|miniatura|Il pirata catalano dalle origini italiche, Roger de Flor]]
 
Ma Siracusa fu anche aiutata dai pirati; in base alle esigenze politiche del momento: quando il [[papato]], supportato dagli [[Angiò]], e i primi re aragonesi si contendevano la Sicilia, Siracusa subì un nuovo assedio, e nel [[1298]] la città rischiava il cedimento a causa della fame imposta dal blocco dei belligeranti, allora venne in suo soccorso [[Ruggero da Fiore|Roger de Flor]], famoso per essere il pirata capitano degli [[Almogàver]] (temibili soldati saraceni al servizio della [[Corona d'Aragona]]). Roger de Flor assaltò una delle navi francesi poste al servizio del principe [[Carlo di Valois]], piena di viveri (soprattutto piena di [[farina]]<ref>Rafael Manzano, ''Los grandes capitanes españoles'', 1960, p. 29</ref>), e da Catania la dirittò nel porto di Siracusa, sfamando così la popolazione assediata e permettendo alla città di rimanere in mani aragonesi. Il pirata de Flor rimase un anno nella città aretusea, organizzando da qui navi e spedizioni piratesche per i suoi equipaggi.<ref>Antonio de Bofarull, ''Crónica catalana de [[Ramon Muntaner]]'', 1860, pp. 371-374. Ricardo de Isabel Martínez, ''Almogávares: La mejor infantería del mundo'', 2000, cap. ''Roger de Flor''.</ref>
 
Altro aiuto dei pirati per Siracusa si verificò diversi secoli più avanti ([[XVII secolo]]), quando furono le navi corsare spagnole - e non quelle della regia marina spagnola - ad assaltare e a far così allontanare le navi della regia marina francese che cercavano di penetrare nella città-fortezza di [[Filippo II di Spagna|Filippo II]].
 
=== Sede di navi pirata e mercati di schiavi ===
 
I siracusani, tuttavia, non subirono solamente la guerra da corsa e la pirateria; essi stessi la praticarono pure. Nel [[1300]] aragonese Siracusa aveva la fama di essere, insieme a Messina, la principale base dei pirati siciliani, i quali facevano scorrerie dall'[[Mar Adriatico|Adriatico]] all'[[Mare Egeo|Egeo]].<ref>[[Alberto Tenenti]], ''Venezia e il senso del mare: storia di un prisma culturale dal XIII al XVIII secolo'', 1999, p. 113.</ref> E se è pur vero che in quegli anni in città si costruivano navi veloci - dette ''saettie'' - per dare la caccia ai pirati, e si faceva altresì divieto di armare le navi pirata a disposizione nel porto,<ref group=N>Poiché le pratiche piratesche dei siracusani stavano allontanando i mercanti forestieri, con grave danno per l'economia cittadina. Cfr. Società Siracusana di Storia Patria, ''Archivio storico siracusano'', vol. 9, 1963, p. 26.</ref> è vero anche che nel [[1500]] Siracusa, per via degli Spagnoli, era ormai diventata, con [[Augusta (Italia)|Augusta]], uno dei punti di riferimento europei per il commercio degli schiavi, catturati durante le missioni corsare. Ed erano Spagnoli di Siracusa, i Catalani della città, insieme agli Arabi che commerciavano con [[Trapani]], i più influenti trafficanti di schiavi nel Mediterraneo: si sostiene infatti che proprio dai mercati della Sicilia giunsero nel «[[Nuovo mondo]]» i primi schiavi africani; probabilmente sbarcati per la prima volta nella spagnola [[Haiti]] ([[Hispaniola]]).<ref>Giovanna Fiume, ''Schiavitù mediterranee. Corsari, rinnegati e santi di età moderna'', 2012, cap. 1, ''La guerra mediterranea''.</ref>
 
=== Le coste siracusane e i pirati turchi e barbareschi ===
{{Citazione|In Europa, di fronte alla semplice menzione del nome di [[Khayr al-Din Barbarossa|Barbarossa]], gli uomini proferivano giuramenti, e le donne si facevano il [[segno della croce]].|David Hatcher Childress, ''El secreto de Cristóbal Colón'', Madrid (Cit. [[Peter Lamborn Wilson]], ''Utopie Pirata''), 2010, p. 236.|En Europa, ante la simple mención del nombre de Barbarroja, los hombres proferían juramentos, y las mujeres se santiguaban.|lingua=es}}
 
Ciononostante, dal 1500 in avanti, il territorio subì, come il resto della Sicilia e di molte altre coste mediterranee, l'assalto continuo e destabilizzante della pirateria della [[Sublime Porta]]: i corsari [[Turchia|Turchi]], o semplicemente [[corsari barbareschi]] (di religione musulmana ma non appartenenti al governo della Sublime Porta), il cui scopo era quello di portare nei mercati dell'impero ottomano, e nei mercati delle principali città islamiche, gli [[Tratta barbaresca degli schiavi|schiavi cristiani europei]]. [[Algeri]], [[Tripoli]], [[Tunisi]] erano i mercati più importanti dove venivano venduti i siciliani che cadevano preda dei pirati musulmani.{{#tag:ref|Gli schiavi europei catturati via mare - per la maggior parte siciliani, italiani e spagnoli - venivano privati della loro identità sociale: per i musulmani non contava che la persona presa fosse ricca o povera; erano trattati tutti nella stessa maniera, ovvero senza alcun riguardo, la qual cosa appariva sconcertante agli occhi della nobiltà europea. Essi venivano tutti quanti denudati, esposti al mercato, fatti sfilare e infine venduti. La nudità pubblica fu un altro fattore di cocente indignazione per gli europei; l'imbarazzo per tale pratica raggiunse livelli tali che ad un certo punto, nelle cronache occidentali dell'epoca, emergeva maggiormente la preoccupazione per il pudore calpestato anziché la terrificante prospettiva di finire i propri giorni in catene (si riuscirà più avanti a proibire la denudazione dell'europeo nei mercati pubblici, ma continuerà in privato). Lo schiavo cristiano, se uomo, con molta probabilità finiva nelle file dei rematori forzati (al contrario dei [[buonavoglia]], che erano invece rematori consenzienti e pagati), mentre se era donna essa veniva destinata agli [[harem]]. I bambini invece venivano convertiti all'islam e spediti da adulti contro i nemici dell'impero (i cosiddetti [[giannizzeri]]), ovvero contro la stessa Europa. Nacquero molte associazioni cristiane per liberare gli europei, e si prese l'abitudine di catturare schiavi turchi e berberi per riscattare quelli cristiani.<ref>Cfr. ''Traffici commerciali, sicurezza marittima, guerra di corsa'' (a cura di Marco Cini) in ''I Corsari e le loro vittime'', Mediterranean Institute, University of Malta, 2011, pp. 23-48.</ref>|group=N}}
 
[[File:Barbarossa Hayreddin Pasha.jpg|miniatura|Il pirata Khayr al-Din Barbarossa (dipinto del [[XVI secolo]], [[Parigi]]). Nel [[1533]], insieme al pirata Aydin Rais (definito il "Terrore del Diavolo"<ref>Ministerio della marina, ''Rivista marittima'', 1953, p. 71.</ref>), Barbarossa si portò nelle acque di Siracusa e depredò due navi, il cui carico valeva ben 100.000 [[Ducato (moneta)|ducati]]<ref>[http://www.archiviostoricoeoliano.it/sites/www.archiviostoricoeoliano.it/files/vita%20di%20Ariadeno%20Barbarossa.pdf ''La vita di Kheir-ed-Din, Hayreddin, Haradin, Ariadeno Barbarossa'' in Archivio storico eoliano].</ref>]]
 
A causa della feroce espansione di questa attività, molte località costiere vennero abbandonate. Nel siracusano ci furono gravi e ripetute incursioni, soprattutto contro la vicina Augusta (importante base militare)<ref>Simon Mercieca, Mediterranean Institute, University of Malta, ''Traffici commerciali, sicurezza marittima, guerra di corsa: Il Mediterraneo e l'Ordine di Santo Stefano'' (a cura di Marco Cini), 2011, pp. 24-25.</ref> e i villaggi a sud del territorio (tra [[Ognina (Siracusa)|Ognina]] e [[Capo Passero]]), mentre era diventato molto difficile arrivare a toccare Siracusa, poiché, proprio a causa del crescente e pericoloso potere ottomano, era stata meglio fortificata e difesa con maggiori forze dagli Spagnoli.
 
E dato che le acque aretusee erano trafficate, spesso era nei dintorni di questo capoluogo che si potevano incrociare navi corsare barbaresche e ottomane, e gli equipaggi delle navi mercantili, provenienti da più parti del Mediterraneo, finivano in schiavitù. Ciò era inoltre dovuto al fatto che Siracusa era parecchio vicina all'isola di Malta, divenuta dal [[1530]] sede dei [[Cavalieri gerosolimitani|cavalieri cristiani gerosolimitani]], che erano nemici giurati dell'impero ottomano e dei suoi stati vassalli, per cui tutta la zona del siracusano si trovò particolarmente esposta al pericolo degli invasori durante le lunghe [[guerre ottomano-asburgiche]] (non va tra l'altro dimenticato che i cavalieri, dopo aver perso Rodi e prima di approdare a Malta, avevano chiesto a Carlo V che fosse loro concessa come sede dell'Ordine la città di Siracusa e il suo porto; richiesta infine rifiutata dal sovrano di Spagna<ref>Vd. ''Storia dei Gran Maestri e cavalieri di Malta con note e documenti giustificativi dall'epoca della fondazione dell'ordine a' tempi attuali: Epoca terza dalla cacciata dell'ordine da Rodi, suo stabilimento in Malta fino l'ultimo Gran Maestro, Volumen 3'', 1853.</ref>).
 
Alla vista delle navi pirata, gli abitanti della città avevano preso l'abitudine di suonare le campane, per rovinare l'effetto sorpresa al nemico, che era prerogativa degli attacchi di questi pirati (fu così che si salvarono dall'attacco di [[Sinan Pascià]] nel [[1594]]).<ref>Vd. Pippo Lo Cascio, ''Comunicazioni e trasmissioni: la lunga storia della comunicazione umana dai fani al telegrafo'', 2001, pp. 43-44.</ref> I nomi dei più grandi e crudeli di loro, che segnarono quei decenni travagliati, come [[Barbarossa]] (Khayr al-Dīn),<ref>Sulle scorrerie dei pirati di Barbarossa a Siracusa vd. ''Cuadernos hispanoamericanos, Números 103-108'' (Ediciones Cultura Hispánica), 1958, p. 357.</ref> il suo erede [[Dragut]] (Torgut Reis), il [[giannizzero]] Sinan Pascià (Scipione Cicala), [[Piyale Paşa|Pialì Pascià]], erano con frequenza ripetuti nel siracusano, e tutti essi diedero il tormento alla popolazione, senza tuttavia riuscire a penetrare nelle mura del centro aretuseo (riuscirono però a lambirne i confini terrestri, invadendo il [[Tiche (Siracusa)|quartiere Tiche]] nel [[1528]]<ref>Serafino Privitera, ''Storia di Siracusa antica e moderna'', vol. 3, 1878, p. 148.</ref>) e creare devastazione, come successe invece ai tempi del dominio musulmano e post-musulmano sulla Sicilia, quando i cittadini siracusani furono, tutti o in gran parte, schiavizzati ([[tratta araba degli schiavi]]).
 
Ad ogni modo, nonostante gli sforzi comuni dell'Europa, e in particolar modo della Spagna per quanto riguarda la Sicilia, bisognerà attendere l'inizio del [[XIX secolo]] e le [[guerre barbaresche]] (combattute soprattutto dai neonati [[Stati Uniti d'America]]) per stroncare definitivamente la pirateria e la schiavizzazione dei cristiani nel Mediterraneo.
 
== Gli Spagnoli e la cucina siracusana ==
=== Pomodori e cioccolato ===
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== Navi dell'epoca spagnola rinvenute nei fondali siracusani ==
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== Contatti precedenti tra le due culture ==
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[[File:Merico espanol e espanoles en Caragoca de Sicilia.jpg|thumb|upright=1.6|Il nome spagnolo di Siracusa: ''Çaragoça de Sicilia'' in una delle pagine del libro edito nel [[1553]] e scritto da Florián de Ocampo, cronista dell'imperatore [[Carlo V d'Asburgo]].<ref group=N>Nella pagina in questione è trattata la vicenda e il ruolo dello spagnolo Merico (colui che aprì le porte di Siracusa ai Romani) e, più in generale, il ruolo degli antichi Iberici (nel libro chiamati già Spagnoli) all'interno della [[Siracusa (città antica)|polis di Siracusa]] (epoca greca).</ref>]]
 
Appunti:
 
 
Il nome di Siracusa con gli spagnoli: '''Çaragoça de Sicilia (Zaragosa)'''; "de Sicilia" per distinguerla da [[:es:Zaragoza|Zaragoza]] della Spagna ([[Saragozza]]).
 
Per la ricerca di altri doc. in lingua: varianti del nome sotto influenza spagnola: '''Caragoça''' (con la C iniziale e non la Ç); '''Saragosa'''; '''Zaragoza''' (con la Z finale invece della S); '''Saragossa''' (più raro e edito quasi esclusivamente in doc. italiani).
 
Nel cinquecento si conosceva, e quindi era già in uso, il nome dialettale odierno della città: '''Sarausa''' (con ogni probabilità modellato dai locali proprio sulla fonetica adoperata dagli Spagnoli, dai quali si sentivano chiamare sempre come gli abitanti della città aragonese: '''caragocanos''' e '''zaragozanos'''; dall'originale nome di Zaragoza: ovvero '''Caesar Augusta''', poi '''Caesaraugusta''', quindi '''Saraqusta'''; da lì in poi le due città hanno mescolato la propria etimologia, influenzandosi a vicenda).
 
 
Citazione sul culmine del potere spagnolo:
 
{{Citazione|L'ambizione degli spagnoli, che li ha fatto accumulare tante terre e mari, li fa pensare che nulla sia per loro inaccessibile|Carlos Carnicer Díez, Javier Marcos, ''La aventura de la Historia'', 2006, p. 69|La ambición de los españoles, que les ha hecho acumular tantas tierras y mares, les hace pensar que nada les es inaccesible.|lingua=spa}}
 
 
nota: ricordarsi di approfondire la vicenda sui "siculos españoles" (o Españoles Siculos) dell'epoca greca (vicenda che probabilmente ha a che vedere con il mito cinquecentesco del [[Siculo (mitologia)#Il falso storico di Annio e la genealogia spagnola|Siculo originario di Spagna]])
 
 
 
Appunto importante:
 
Gli Spagnoli a Siracusa per riconquistare i territori perduti nel [[1713]] (per fare ciò disubbidiscono al [[trattato di Utrecht]]). Tempo dell'azione: agosto [[1718]]. Tempo della cronaca: [[1725]] (molto vicino alla data della battaglia):
 
{{Citazione|Gli Inglesi, per riprendersi dai danni subiti, stettero quattro giorni in mare, distanti cinquanta miglia[dalla costa]; dopo, furiosi, entrarono a [[Siracusa]] con a seguito le navi (spagnole), ormai arrese, nei giorni 16 e 17 di agosto. Questa è la sconfitta dell'[[Armada Española]], volontariamente flagellata nel Golfo di Araich,<ref group=N>In diverse cronache spagnole del tempo, non compare il nome di Capo Passero e delle acque siracusane e maltesi, ma compare invece il nome del golfo di Araich, specificando che esso si trovasse nel Canale di Malta.</ref> [nel] [[Canale di Malta]], dove soffrì un combattimento senza linea, né assetto militare. Gl Inglesi poterono attaccare le navi spagnole a loro piacimento, poiché esse erano divise. Non fu una battaglia, bensì un combattimento disordinato, che fa risaltare in maggior maniera la criticabile condotta degli Spagnoli, anche se questi dimostrarono un indubbio valore, più degli Inglesi, i quali mai vollero abbordare; nonostante le occasioni offerte dagli Spagnoli.|Vicente Bacallar y Sanna San Felipe, ''Comentarios de la guerra de España e historia de su rey Phelipe V el Animoso'', 1725, pp. 253-254, n. 287.|Para repararse los Ingleses de los danos padecidos, se entretuvieron quatro dias cinquenta millas á la Mar; despues entraron furiosos con los Navios rendidos en Siracusa, los dias 16 y 17 de Agosto. Esta es la derrota de la Armada Española, voluntariamente padecida en el Golfo de Araich, Canal de Malta, donde sufrió un combate sin linea, ni disposicion Militar, atacando los Ingleses a las Naves Españolas á su arbitrio, porque estaban divididas. No fue Batalla, sino un desarreglado combate, que redunda en mayor desdoro de la conducta de los Españoles, anque mostraron imponderabre valor, mas que los Ingleses, que nunca quiesieron abordar; por mas que lo procuaron los Españoles.|lingua=spa}}
 
(aggiungere in seguito i nomi delle navi spagnole che rimasero al porto siracusano sotto il controllo inglese)
 
Altra testimonianza sull'arrivo di [[:es:John Byng|Bing]] e [[:es:José Antonio de Gaztañeta e Iturribalzaga|Antonio de Gastaneta]] (rispettivamente ammiraglio della flotta inglese e comandante dell'armata spagnola) al porto aretuseo:
 
{{Citazione|[...] e il vincitore, appena riuscì a riparare i propri danni [alle navi], andò ad ostentare nel porto di Siracusa le [navi spagnole] prese, frutto vergognoso della sua perfidia.|José Ferrer de Couto, ''Historia de la marina real Española desde el descubrimiento de las Americas hasta la batalla de Trafalgar'', 1854, p. 628.|[...] y el vencedor tan pronto como pudo reparar su averías, fué á obstentar en el puerto de Siracusa las preses, vergonzoso fruto de su perfidia.|lingua=spa}}
 
Nota: generale, ufficiali e marinai dell'Aramata Spagnola vengono fatti prigionieri dagli Inglesi e trasferiti ad [[Augusta (Italia)|Augusta]].
 
'''Conseguenza''' (capitolo finale):
 
A seguito di questa battaglia, si forma la '''[[Guerra della Quadruplice Alleanza|Quadruplice alleanza]]''': [[Inghilterra]], [[Francia]], [[Austria]] e [[Paesi Bassi]] dichiarano guerra alla Spagna. Questa, per rimprendersi la Sicilia, deve rimanere in armi dall'Europa all'America, fino alle Indie Orientali: cede nel [[1720]], con la firma del [[Trattato dell'Aia (1720)|trattato dell'Aia]], nel quale dichiara di rinunicare definitivamente all'isola:
 
{{Citazione|Quanto alla Spagna, il mondo (scrive il buon Muratori<ref>''Annali d'Italia'': anno [[1719]], tom. XXVI, p. 339 (pubb. a Venezia, 1804).</ref>) vide nuovo spattacolo: le principali Potenze collegate contro di lei, ed ella sola far fronte a tutte. Il Trattato erasi notificato al re Cattolico di Madrid colla dichiarazione che, se non fosse per accettarlo, le Potenze segnatarie ve lo avrebbero astretto: ciò che, in fondo, si chiedeva alla Spagna era la rinuncia alla Sardegna e alla Sicilia, l'una non più posseduta al momento della pace di Utrecht, l'altra dovuta già abbandonare.|Isidoro La Lumia, ''La Sicilia sotto Vittorio Amedeo di Savoia'', 1877, p. 245.}}
 
Nota: nel mese di luglio 1718 (prima della sconfitta spagnola), a Siracusa viene fucilato, previo processo militare, il capitano piemontese Carlo Marelli (arrivò in città su una nave degli Inglesi), colpevole di essersi arreso, con la sua guarnigione, il 12 luglio nella Sicilia occidentale, consegnandosi agli Spagnoli.
 
Nota2: '''1720''': Quando dalle navi inglesi, ormeggiate nel porto aretuseo, arriva la notizia che la Spagna ha rinunciato alla Sicilia, che passa così di fatto agli Alemanni (Tedeschi-Austriaci), si sparge il malumore a Siracusa (piazzaforte piemontese e austriaca, ma che continua a rimanere filo-spagnola).
 
'''Ultima azione degli Spagnoli a Siracusa:'''
 
'''[[1734]]-[[1735]]''':
 
Dopo decenni di apparente calma (dopo il 1720 il re spagnolo non ha tentato altri approcci in Sicilia), la Spagna ritorna a far parlare di sé attaccando nuovamente gli Austriaci nelle città siciliane. Siracusa è teatro di battaglia tra Spagnoli e Alemmani per ben due volte: il 15 ottobre 1734 (con vittoria spagnola) e poi assedio del maggio 1735: gli Austriaci evacuano la popolazione della città con le navi (abitanti esiliati presso la penisola della Maddalena e nei paesi vicini). Le cannonate con gli Spagnoli danneggiano l'assetto urbano. Gli Austriaci si arrendono il 1 giugno 1735. Gli Spagnoli scortano i Siracusani all'interno della loro città, che passa ai Borbone.
 
(ma dopo tale azione l'influenza spagnola diminuisce, fino quasi a sparire del tutto, lasciando spazio al potere territoriale degli Italiani continentali: inizio del governo napoletano sulla Sicilia).
 
 
'''Altri appunti:'''
 
A fine voce ricordarsi di approfondire il seguente tema: relazioni dirette tra le due culture prima dell'egemonia spagnola:
 
* Ritrovamento di [[Monetazione di Siracusa|monete antiche siracusane]] nei siti archeologici di antiche città spagnole.
* Ingenti quantità di soldati [[Penisola iberica|Iberici]] al servizio dei [[tiranni di Siracusa]].
* L'impatto decisivo di Merico spagnolo durante l'assedio romano della polis.
 
 
'''Fine appunti'''
 
== Note ==
;Note esplicative
<references group=N/>
 
;Riferimenti
{{Note strette}}