Grattacieli più alti della Bosnia ed Erzegovina e Umberto I di Savoia: differenze tra le pagine

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{{nota disambigua||Umberto I (disambigua)|Umberto I}}
<!-- [[File:Sarajevo_Twist_Tower.jpg|miniatura|[[Avaz Twist Tower]], the current holder of the title of the tallest building in Bosnia and Herzegovina ]]
{{Monarca
-->[[File:Bosmal_City_Centar.jpg|miniatura|Bosmal City Center, the tallest residential skyscraper in Bosnia]]
| nome=Umberto I
[[File:UNITIC.jpg|miniatura|United Investment and Trading Company]]
| immagine= Umberto I of Italy.jpg
| legenda= Umberto I d'Italia.<ref>ritratto di Pietro Tremolada conservato presso ''Quadreria dei benefattori'', [[Ospedale Umberto I (Monza)|Ospedale San Gerardo "vecchio", già Umberto I]], [[Monza]] http://www.lombardiabeniculturali.it/blog/percorsi/la-quadreria-dei-benefattori-il-patrimonio-culturale-dellospedale-s-gerardo-di-monza/pietro-tremolada-ritratto-di-re-umberto-i/</ref>
| titolo= [[Re d'Italia#Savoia (1861-1946)|Re d'Italia]]
| stemma=[[File:Great coat of arms of the king of italy (1890-1946).svg|100px]] [[File:Royal Monogram of King Umberto I of Italy.svg|centre|50px]]
| regno=9 gennaio [[1878]] -<br /> 29 luglio [[1900]]
| incoronazione=
| predecessore=[[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]
| successore=[[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]]
| nome completo=Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio
| altrititoli=[[Duca di Savoia]]<br />[[Principe di Piemonte]]<br />Reggente della [[Colonia d'Eritrea]]<br />Reggente della [[Somalia italiana|Colonia di Somalia]]<br />Comandante generale delle Forze Armate <br />Custode della [[Sindone di Torino|Sacra Sindone]]<br>[[Umberto I di Savoia#Titoli|Altri]]
| luogo di nascita=[[Torino]]
| data di nascita=14 marzo [[1844]]
| luogo di morte=[[Monza]]
| data di morte=29 luglio [[1900]]
| luogo di sepoltura=[[Pantheon (Roma)]]
| casa reale=[[Casa Savoia|Savoia]] {{simbolo| Lesser coat of arms of the Kingdom of Italy (1890).svg}}
| padre=[[Vittorio Emanuele II d'Italia]]
| madre=[[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]]
| consorte=[[Margherita di Savoia|Margherita Maria di Savoia]]
| figli=[[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele]]
| religione = [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]]
| firma=Umberto I signature.svg
|}}
{{Bio
|Nome = Umberto I
|Cognome =
|ForzaOrdinamento = Umberto 01 di Savoia
|PreData = ''Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio di Savoia''
|Sesso = M
|LuogoNascita = Torino
|GiornoMeseNascita = 14 marzo
|AnnoNascita = 1844
|LuogoMorte = Monza
|GiornoMeseMorte = 29 luglio
|AnnoMorte = 1900
|Attività = sovrano
|Nazionalità = italiana
|Categorie = no
|FineIncipit = è stato [[Re d'Italia#Savoia (1861-1946)|Re d'Italia]] dal [[1878]] al [[1900]]
}}
Figlio di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], primo re d'Italia, e di [[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]], regina del [[Regno di Sardegna]], morta nel [[1855]], il suo regno fu contrassegnato da diversi eventi, che produssero opinioni e sentimenti opposti.
 
Il monarca viene ricordato positivamente da alcuni per il suo atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure come l'epidemia di colera a [[Napoli]] del [[1884]], prodigandosi personalmente nei soccorsi (perciò fu soprannominato "Re Buono"), e per la promulgazione del cosiddetto [[Codice penale italiano del 1889|codice Zanardelli]] che apportò alcune innovazioni nel codice penale, come l'abolizione della pena di morte.
Questa è una lista dei grattacieli più alti della Bosnia-Erzegovina con altezza minima di 61 m (120 piedi).
 
Da altri fu aspramente avversato per il suo duro [[conservatorismo]], il suo indiretto coinvolgimento nello [[scandalo della Banca Romana]],<ref name=romano>[[Sergio Romano]], ''La storia sul comodino: personaggi, viaggi, memorie'', Greco & Greco Editori, Milano, p. 87.</ref> l'avallo alle repressioni dei [[moti popolari del 1898]] e l'onorificenza concessa al generale [[Fiorenzo Bava Beccaris]] per la [[Strage|sanguinosa azione]] di soffocamento delle manifestazioni del maggio dello stesso anno a [[Moti di Milano|Milano]], azioni e condotte politiche che gli costarono almeno tre attentati nell'arco di 22 anni,<ref>[[Benedetto Croce]], ''Storia D'Italia dal 1871 al 1915, Bibliopolis, Napoli, 2004.''</ref> fino a quello che a [[Monza]], il 29 luglio [[1900]], per mano dell'[[Anarchia|anarchico]] [[Gaetano Bresci]], gli sarà fatale.
== Elenco ==
 
Proprio dagli anarchici, Umberto I ricevette il soprannome di "Re Mitraglia".<ref>[[Napoleone Colajanni (1847)|Napoleone Colajanni]], ''L'Italia nel 1898'', Galzerano, 1998, p. 7</ref> Fu anche il destinatario di uno dei [[biglietti della follia]] di [[Friedrich Nietzsche]]. Da Umberto I prende il nome l'[[Stile umbertino|omonimo stile artistico e architettonico]].
{| class="wikitable sortable"
 
! Pos.
== Biografia ==
! Nome
=== Infanzia e giovinezza ===
! Città
[[File:Drawing of Adelaide of Austria with her son the future Umberto I of Italy.jpg|thumb|left|Umberto, da bambino, con la madre [[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]], morta nel [[1855]].]]
! Altezza
Umberto nasce il 14 marzo [[1844]] a [[Torino]], a Palazzo Moncalieri, da [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], allora duca di Savoia ed erede al trono sabaudo (il quale, quello stesso giorno, compiva 24 anni), e da [[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena|Maria Adelaide d'Austria]]. Fu battezzato con i nomi di Umberto Rainerio Carlo Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio: il primo in onore del fondatore della dinastia sabauda, [[Umberto I Biancamano]], l'ultimo a ricordo del più illustre esponente del ramo cadetto dei [[Savoia-Carignano]], cui anch'egli apparteneva.
piedi / metri
 
! Piani
Suoi padrini di battesimo furono i nonni paterni, il [[re di Sardegna]] [[Carlo Alberto]] e sua moglie Maria Teresa d'Asburgo-Lorena, facendo le veci dei loro consuoceri, ovvero [[Ranieri d'Asburgo]], viceré del [[Lombardo-Veneto]] ed Elisabetta di Savoia-Carignano, sorella di Carlo Alberto. Umberto ricevette subito il titolo di [[principe di Piemonte]], da sempre attribuito ai primogeniti della casa regnante. La sua nascita fu molto festeggiata dal popolo piemontese, nonché dalla famiglia reale, che così poté vedere assicurata la discendenza maschile. Egli trascorse tutta la sua infanzia, insieme con il fratello minore [[Amedeo I di Spagna|Amedeo]], nel castello di [[Moncalieri]], dove ricevette una formazione essenzialmente militare, avendo come istitutore il generale [[Giuseppe Rossi (1797-1880)|Giuseppe Rossi]] e fra gli insegnanti alcuni altri militari; fu questa dura disciplina che ne formò il carattere, trasformandolo tuttavia in età adulta in una persona arida e dalle idee limitate, ma altri lo ritennero "leale, aperto, gentile" e cordiale<ref>Si veda a questo proposito quanto riferisce Carlo Casalegno, "La regina Margherita", Einaudi, Torino, 1956, pag. 27. "Nessuno avrebbe detto che Umberto sarebbe diventato la figura più cara, più cordiale e più amata , durante ventidue anni, nell'intero Regno": Giovanni Artieri, "Cronaca del Regno d'Italia", vol. I, Mondadori, Milano, 1977, pag. 145 e "passim". Sulla cordialità, la simpatia e popolarità di Umberto I si veda per tutti Edmondo De Amicis, "Cuore", La Sorgente, Milano, 1974, pag. 197 ss.</ref>. Molto legato alla madre, Umberto subì un profondo trauma quando questa morì prematuramente, il 20 gennaio 1855.
! Anno
<div style = align: right>
! Notes
{{Casato di Savoia}}
</div>
 
Intrapresa la carriera militare nel marzo del [[1858]], cominciò col rango di capitano. Successivamente prese parte alla [[seconda guerra d'indipendenza]], distinguendosi nella [[battaglia di Solferino e San Martino]] del [[1859]]. Divenuto erede al trono dopo la nascita del [[Regno d'Italia]] il 17 marzo [[1861]], Umberto divenne maggiore generale nel [[1863]] e tenente generale nel [[1864]]; non mancò di completare la sua formazione con numerosi viaggi all'estero, come quando nel [[1863]] aveva accompagnato a [[Lisbona]] la sorella [[Maria Pia di Savoia]], andante in sposa al [[re del Portogallo]] [[Luigi del Portogallo|Luigi I]], mentre l'anno successivo visitò alcune corti europee amiche dell'[[Italia]] e nel [[1865]] era in visita a [[Londra]], proprio mentre a [[Torino]] scoppiavano i tumulti per protesta contro il trasferimento della capitale a [[Firenze]].
 
Nel [[1866]] fu inoltre a [[Parigi]], mandato lì da suo padre per un colloquio privato con l'imperatore [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] circa l'imminente conflitto che stava per scoppiare con l'[[Austria]]. Infatti nel [[1866]] scoppiò la [[Terza guerra d'indipendenza italiana|Terza guerra d'indipendenza]], a cui anch'egli prese parte insieme con il fratello Amedeo; si racconta che, mentre aspettava a [[Napoli]] di partire per il fronte, a una vecchina che piangeva per i due figli in guerra, abbia detto: ''Anche noi siamo due e non abbiamo più la mamma.''
 
Raggiunto il fronte delle operazioni in [[Veneto]], Umberto assunse il comando della XVI divisione di fanteria e partecipò con valore allo scontro di [[Villafranca di Verona|Villafranca]] del 24 giugno [[1866]], che seguì la disfatta di [[Battaglia di Custoza (1866)|Custoza]]. Fu uno dei comandanti militari italiani, tra quelli entrati in azione, il cui reparto non fu costretto a ripiegare dagli [[austriaci]], riuscendo piuttosto a respingere numerosi e violenti attacchi degli [[ulani]] austriaci e guadagnandosi, per questo, la [[medaglia d'oro al valor militare]].
 
===Matrimonio ===
[[File:Nozze di Umberto e Margherita.jpg|thumb|left|upright=1.5|Matrimonio di Umberto I con la cugina [[Margherita di Savoia]]<br>[[Duomo di Torino]], 22 aprile [[1868]] - Da ''L'Illustration de Paris''.]]
Come il padre, Umberto era attratto dalle belle donne e si lasciava andare a numerose avventure sentimentali; la più duratura fu con la [[Eugenia Attendolo Bolognini Litta|duchessa Eugenia Attendolo Bolognini Litta]], conosciuta durante le feste per il Carnevale del 1867 e il cui legame, rafforzato poi dalla nascita del figlio Alfonso, morto in tenera età, durerà per tutta la vita. Umberto sapeva però che si sarebbe dovuto piegare a un matrimonio di convenienza, voluto dal padre per ragion di Stato. Infatti, subito dopo la fine della guerra, che aveva portato all'unificazione del [[Veneto]] al [[Regno d'Italia]], [[Vittorio Emanuele II]] pensò di riappacificarsi con la casata asburgica con un matrimonio politico, dopo la temporanea alleanza con la [[Prussia]] di [[Otto von Bismarck|Bismarck]].
 
La candidata fu l'arciduchessa [[Matilde d'Asburgo-Teschen]], che però morì tragicamente, ustionata dall'incendio del suo abito (ella stessa stava cercando di nascondere una sigaretta alla governante). Quindi, svanita questa possibilità, il [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio]] di allora, [[Luigi Federico Menabrea]], propose come sposa la cugina di Umberto, la principessa [[Margherita di Savoia]], figlia di [[Ferdinando di Savoia-Genova (1822-1855)|Ferdinando di Savoia-Genova]], fratello del re, e di [[Elisabetta di Sassonia]], di 17 anni. Dapprima riluttante, il re d'Italia alla fine acconsentì. Quando il principe ereditario fece la sua proposta a Margherita, questa rispose: ''Sai quanto sono orgogliosa di appartenere a Casa Savoia, e lo sarei doppiamente come tua moglie!''.
 
Umberto e Margherita si sposarono a [[Torino]], il 22 aprile [[1868]]; furono le "nozze del secolo" di allora, e per quell'occasione re Vittorio Emanuele II creò il corpo dei [[Corazzieri]] reali, che dovevano fungere da scorta al corteo regale, e l'[[Ordine della Corona d'Italia]], con cui venivano premiati tutti coloro che si erano distinti al servizio della Nazione. La meta del viaggio di nozze furono alcune città italiane, per meglio far conoscere i futuri monarchi italiani alla popolazione; quindi, dopo un soggiorno nella Villa reale di [[Monza]], i neosposi partirono per un viaggio ufficiale a [[Monaco di Baviera]] e a [[Bruxelles]], dove vennero accolti calorosamente.
 
Rientrata in [[Italia]], la coppia reale si stabilì a [[Napoli]], poiché la principessa era incinta e si era deciso di farvi nascere l'erede al trono. La scelta della città partenopea non era casuale, ma ben progettata a fini propagandistici, per far meglio notare i [[Casa Savoia|Savoia]] alle popolazioni meridionali, ancora in parte nostalgiche dei [[Borbone]]. Il lieto evento avvenne l'11 novembre [[1869]]: il neonato, chiamato [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]], come il nonno, fu nominato principe di Napoli.
 
[[File:Umberto and Margherita.jpg|thumb|[[Margherita di Savoia|Margherita]] e Umberto durante il soggiorno napoletano]]
Tuttavia il matrimonio tra Umberto e Margherita, pur con l'arrivo del figlio, non si rafforzò, quando la principessa avrebbe trovato il marito nel suo appartamento a conversare con la sua amante, la duchessa Litta. Pare che Margherita minacciasse di tornare da sua madre, ma poi, convinta dal suocero (che avrebbe detto: "Solo per questo vuoi andartene?") e facendo appello alla sua forza di volontà, decise di rimanere accanto a Umberto, sebbene avesse dichiarato di non considerarlo più suo marito per ritenerlo soltanto il suo sovrano. Del resto Margherita doveva sapere da tempo della relazione che risaliva a prima del matrimonio.
 
Quando i due si incontrarono la prima volta la duchessa aveva 25 anni e Umberto 18.<ref>Su tutto l'episodio si veda: Carlo Casalegno, La Regina Margherita, cit.", p. 87.</ref>. Il fallimento del matrimonio, noto solo in ristretti circoli di corte, fu mascherato con una parvenza di felicità usata convenientemente anche a fini politici. Infatti dopo la [[Presa di Roma|presa di Porta Pia]], il 20 settembre [[1870]], e la frettolosa visita di Vittorio Emanuele a Roma in dicembre dopo l'inondazione del [[Tevere]], furono Umberto e Margherita a rappresentare la famiglia reale nella futura capitale d'Italia.
 
Si deve soprattutto a Margherita il merito di aver posto le basi di una riconciliazione tra le due fazioni dell'aristocrazia romana: quella "nera", che, in fedele devozione al [[papa Pio IX]], rifiutava di avere qualsiasi contatto con i sabaudi "usurpatori", e quella "bianca", di idee più liberali, che invece aveva caldeggiato l'unione della città con l'[[Italia]]. Il paravento del felice matrimonio sarebbe durato ancora a lungo e avrebbe raggiunto il culmine il 22 aprile [[1893]], quando furono celebrate con sfarzo le nozze d'argento. La mattina dei festeggiamenti a Roma furono sparati 101 colpi di cannone. Per tale occasione era prevista l'emissione di un [[francobollo]] speciale detto appunto [[Nozze d'argento di Umberto I]] che però non fu emesso
 
=== Re d'Italia ===
[[File:Giuramento di S.M. Re Umberto I.jpg|thumb|left|Giuramento di Umberto I prestato a [[Palazzo Montecitorio]].]]
[[File:Ritratto di S.M. Re Umberto I.png|thumb|''Ritratto di [[maestà|S.M.]] Re Umberto I'' di [[Pasquale Di Criscito]], 1878.]]
 
Alla morte del padre [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], il 9 gennaio [[1878]], Umberto gli succedette col nome di Umberto I sul trono italiano e di Umberto IV su quello sabaudo, dal momento che suo padre aveva stabilito, malgrado l'unità nazionale, il prosieguo della tradizione nominale sul trono sabaudo. Nello stesso giorno egli emanò un proclama alla Nazione in cui affermava: ''Il vostro primo re è morto; il successore vi proverà che le istituzioni non muoiono!'' Il 17 gennaio [[1878]], giorno dei funerali del padre, Umberto I, accogliendo la petizione del Municipio di Roma, predispose l'inumazione della salma nel [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] di [[Roma]], che fece diventare simbolicamente il mausoleo della famiglia reale che ancora oggi accoglie le spoglie dei primi due sovrani d'Italia.
 
[[Roma]] fu luogo simbolico dal momento che la sua presa aveva rappresentato il completamento dell'agognata unità nazionale. Infine, il 19 gennaio, avvenne il solenne giuramento sullo [[Statuto albertino]], nell'aula di [[Montecitorio]], alla presenza di senatori e deputati. Molti erano i problemi da affrontare per il secondo sovrano d'Italia: l'ostilità del [[Vaticano]], che, dopo la morte di [[papa Pio IX]] il 7 febbraio dello stesso anno e l'elezione al soglio di [[Leone XIII]], continuava a disconoscere il [[Regno d'Italia]]; il tentativo di bloccare sia i fermenti [[Irredentismo italiano|irredentistici]] e [[repubblicani]] che attraversavano il Paese sia i propositi anti-unitari di certi circoli politici occulti, nazionali ed esteri; l'assoluta necessità di creare un ampio fronte di riforme sociali di cui potessero godere le classi meno abbienti; il rilancio dell'economia nazionale, già da troppo tempo stagnante; e soprattutto l'urgentissimo problema di porre fine all'isolamento internazionale dell'Italia e di aumentare il suo prestigio in politica estera.
 
Più rispettoso del padre della prassi costituzionale, Umberto I fu il primo monarca sabaudo a regnare non "per grazia di Dio"; giurò di agire, già nel suo primo discorso della Corona, "nel rispetto delle leggi". Uno dei primi provvedimenti che Umberto I dovette affrontare da re furono le dimissioni, il 9 marzo, del gabinetto di [[Agostino Depretis]], leader della [[Sinistra storica]]; il re, non ritenendo conveniente riaffidargli l'incarico, scelse [[Benedetto Cairoli]], capo della sinistra moderata e politico da lui molto stimato, come nuovo presidente del Consiglio.
 
Il problema più spinoso che il suo governo dovette affrontare fu la crisi nei [[Balcani]], nata dalla recente guerra tra [[Impero russo|Russia]] e [[Impero ottomano|Turchia]], fatto per cui fu convocato dal cancelliere tedesco [[Otto von Bismarck|Bismarck]] il [[Congresso di Berlino]]. L'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]], nel timore di prendere impegni troppo gravosi, non vi ottenne nulla.
 
=== Primo tentativo di assassinio ===
[[File:Attent-passanante.gif|left|thumb|upright=1.5|L'attentato di [[Giovanni Passannante]] a Napoli su un giornale dell'epoca]]
[[File:Fratelli D'Alessandri - Umberto I (1844-1900).jpg|thumb|upright=0.8|Umberto I in fotografia<ref>[[Fratelli D'Alessandri]]</ref>]]
Appena salito al trono, Umberto I predispose subito un tour nelle maggiori città del Regno al fine di mostrarsi al popolo e guadagnare almeno una parte della notorietà di cui aveva goduto il padre durante il [[Risorgimento]]. Venne accompagnato dalla moglie [[Margherita di Savoia|Margherita]], dal figlio [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]] e dal presidente del Consiglio [[Benedetto Cairoli]].
 
Partito da [[Roma]] il 6 luglio 1878, il 10 luglio fu a [[La Spezia]], dall'11 al 30 luglio soggiornò a [[Torino]], il 30 fu a [[Milano]], poi a [[Brescia]] e il 16 settembre si recò a [[Monza]], dove assistette all'inaugurazione del primo monumento dedicato al padre Vittorio Emanuele II. Il 4 novembre i reali arrivarono a [[Bologna]]: il 7 incontrarono il poeta [[Giosuè Carducci]], di idee repubblicane, il quale, rimasto incantato dalla grazia e dalla bellezza della regina Margherita, scrisse per lei pagine di grande ammirazione e le dedicò la celebre [[ode]] ''Alla regina d'Italia''.
 
Tre giorni dopo Umberto e Margherita erano a [[Firenze]], il 9 novembre a [[Pisa]] e a [[Livorno]], il 12 novembre si recarono ad [[Ancona]], l'indomani a [[Chieti]] e poi a [[Bari]]. Il 16 novembre, alla stazione di [[Foggia]], un certo Alberigo Altieri tentò di lanciarsi verso il sovrano. Venne fermato in tempo, tanto che quasi nessuno si avvide del fatto e nemmeno la stampa ne fece parola. Tuttavia un'indagine della polizia portò a scoprire come il giovane non avesse agito da solo, ma nell'ambito di «un complotto per l'assassinio dell'Augusto sovrano» che aveva «il proposito di farne eseguire il tentativo nelle diverse città visitate».<ref>Lettera del prefetto di Foggia al ministro dell'Interno Giuseppe Zanardelli, 23 novembre 1878, in Archivio della Società Nazionale di Mutuo Soccorso Ferrovieri Milano. L'operazione portò all'arresto di due presunti complici di Altieri. Si noti come la data della missiva sia posteriore all'attentato di Napoli.</ref> Era l'avvisaglia di quanto sarebbe accaduto il giorno dopo.
 
Giunto a [[Napoli]] il 17 novembre 1878 Umberto subì un tentativo di assassinio che fece molto più scalpore: si trovava, insieme alla moglie, il figlio e Cairoli, su una carrozza scoperta che si stava facendo largo tra due ali di folla, quando improvvisamente venne attaccato, con un coltello, dall'anarchico [[Basilicata|lucano]] [[Giovanni Passannante]], il quale non riuscì nel proprio intento. Nel tentativo di uccidere il monarca, Passannante urlò: «Viva [[Felice Orsini|Orsini]], viva la repubblica universale».<ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Galzerano Editore, Casalvelino Scalo, 2004, p. 396.</ref>
Il re riuscì a difendersi e un ufficiale dei Corazzieri del seguito si scagliò contro l'attentatore ferendolo alla testa con la sciabola (il Re subì un leggero taglio a un braccio), mentre Cairoli, nel tentativo di bloccare l'aggressore, veniva ferito a una coscia. Il tentato assassinio generò numerosi cortei di protesta, sia contro sia a favore dell'attentatore, e non mancarono scontri tra forze dell'ordine e anarchici. A seguito del tentato regicidio, l'allora Capo della Polizia [[Luigi Berti]] fu costretto a rassegnare le dimissioni un mese dopo.
 
Il poeta [[Giovanni Pascoli]], durante una riunione di socialisti a [[Bologna]], cominciò la pubblica lettura di un componimento, consegnatogli da una persona presente alla riunione, inneggiante a Passannante. Accortosi del contenuto gettò via la carta ed espresse parole di sdegno.<ref>Maria Pascoli, "Lungo la vita di Giovanni Pascoli", Mondadori, Milano, 1961, cap. IV</ref> Pascoli verrà arrestato, in seguito, per aver protestato contro la condanna di alcuni anarchici che avevano manifestato in favore dell'attentatore.<ref>Giuseppe Galzerano, ''Giovanni Passannante'', Galzerano Editore, Casalvelino Scalo, 2004, p. 270.</ref> L'anarchico venne condannato a morte, ma Umberto I commutò la sentenza in carcere a vita, dato che la pena capitale era solo prevista in caso di [[regicidio]]. Le pessime condizioni di Passannante in carcere suscitarono, comunque, polemiche da parte di alcuni esponenti politici.<ref>Paolo Pinto, ''Il Savoia che non voleva essere re'', Piemme, Milano, 2002, p.108.</ref>
 
Dopo l'attentato il re, riconoscente, assegnò al Presidente del Consiglio la medaglia d'oro al valor militare, ma il [[Parlamento]], pur ammirandone il coraggio e la devozione, rimproverò il governo circa la cattiva gestione della politica interna, in particolare riguardo alla sicurezza del re e dello Stato; fu quindi presentata un'interrogazione parlamentare che si concluse l'11 dicembre di quell'anno, con le dimissioni del ministero, il quale fu nuovamente affidato a Depretis.
 
[[File:Italy 1891-R 100 Lira.jpg|left|upright 1.5|thumb|Moneta da 100 lire d'oro raffigurante Umberto I]]
[[File:Ritratto di Umberto I.jpg|thumb|Re Umberto I d'Italia ritratto da [[Luigi Da Rios]] nel 1878]]
Depretis, tuttavia, fu battuto alla [[Camera dei deputati]] il 3 luglio [[1879]] e dovette dare di nuovo le dimissioni: il governo passò nuovamente a Cairoli, il quale però, non avendo la maggioranza parlamentare necessaria, dovette coinvolgere parte della Sinistra moderata guidata da Depretis, che fu nominato ministro dell'Interno. Uno dei problemi più urgenti che il governo dovette affrontare fu l'abolizione della [[tassa sul macinato]], che aveva sì permesso il raggiungimento del [[pareggio di bilancio]] nel [[1876]], ma aveva causato l'ostilità della popolazione per l'aggravio sui beni di prima necessità, ovvero i cereali.
 
Lo stesso Umberto, il 26 maggio [[1880]], all'apertura della [[XIV legislatura del Regno d'Italia|XIV legislatura]] parlamentare, pronunciò un discorso in cui si augurava che il Parlamento desse seguito all'abolizione della tassa sul macinato, del [[corso forzoso]] e alla riforma elettorale. Così, dopo una serrata discussione parlamentare, il 30 giugno [[1880]] la Camera votò la riduzione progressiva della tassa sul macinato (che sarebbe stata abolita definitivamente quattro anni dopo), mentre il 23 febbraio [[1881]] fu abolito il corso forzoso, in vigore dal [[1866]].
 
Nello stesso periodo i reali visitarono ufficialmente la [[Sicilia]] e la [[Calabria]]; quando giunse a [[Reggio Calabria]], il sovrano si lasciò andare a un bagno di folla, dicendo alle forze di sicurezza, preoccupate della sua incolumità: ''Fate largo, sono in mezzo al mio popolo!''
 
=== Triplice alleanza e politica coloniale ===
[[File:Triple alliance Umberto I Guglielmo II Francesco Giuseppe.JPG|thumb|[[Stampa]] che celebra la [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]] ([[1882]]) con le immagini dei [[re d'Italia|sovrani di Italia]] (Umberto I), [[Kaiser|Germania]] ([[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]]) e [[Imperatore d'Austria|Austria]] ([[Francesco Giuseppe d'Austria|Francesco Giuseppe]]).]]
[[File:Umberto I Francesco Giuseppe teatro Vienna 1881.jpg|upright=1.5|left|thumb|L'[[imperatore d'Austria]] [[Francesco Giuseppe d'Austria|Francesco Giuseppe]] (seduto secondo da sinistra) e il [[re d'Italia]] Umberto I (seduto secondo da destra) al [[Opera di Vienna|Teatro dell'Opera]] di [[Vienna]] nel [[1881]].]]
[[File:The Kaiser Wilhelm II visits Rome.jpg|upright=1.5|left|thumb|Foto scattata in occasione della visita del neo imperatore di Germania [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]] nel 1888 a Roma. Si riconoscono Umberto I al centro in piedi, l'Imperatore seduto sulla sedia fra due personaggi. Quello di destra è l'erede al trono d'Italia [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]].]]
 
Nell'ottica della visibilità e del peso internazionale, Umberto I fu un acceso sostenitore della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]], soprattutto dopo l'occupazione francese della [[Tunisia]] nel [[1881]] e la successiva [[Alleanza dei Tre imperatori]] tra l'[[Austria]], la [[Germania]] e la [[Russia]]. Proprio in questo periodo, inoltre, il governo di [[Agostino Depretis]] venne a conoscenza che [[papa Leone XIII]] stava interpellando i ministri degli esteri stranieri a proposito di un loro possibile intervento per ripristinare il dominio dello [[Stato Pontificio]].
 
L'appoggio dell'Austria, la nazione cattolica più prestigiosa, sarebbe stato di grande utilità per l'Italia al fine di stornare un'azione europea in aiuto del Papato.<ref>May, ''La monarchia asburgica''. Bologna, 1991, p. 392.</ref> Per l'Italia, la conclusione di un'alleanza con due potenze conservatrici sarebbe valsa sia ad assicurare la monarchia sabauda di fronte ai movimenti repubblicani di ispirazione francese, sia ad assicurarla dall'intervento di potenze straniere che avessero voluto ristabilire il potere temporale del papa.<ref name="Taylor, 1961, p. 397">Taylor, ''L'Europa delle grandi potenze'', Bari, 1961, p. 397.</ref>
 
In appoggio alle iniziative diplomatiche, fra il 21 e il 31 ottobre [[1881]] Umberto I e la moglie Margherita fecero visita a [[Vienna]] all'Imperatore [[Francesco Giuseppe I d'Austria|Francesco Giuseppe]] ed [[Elisabetta di Baviera]]. I monarchi italiani fecero un'ottima impressione alla corte viennese, specie Margherita, che a buon diritto, per grazia ed eleganza, venne paragonata all'imperatrice Sissi. Lo stesso Umberto, rigido, severo e austero, fece una così buona impressione che il cugino e antico avversario, Francesco Giuseppe, gli concesse la nomina a [[colonnello]] onorario del 28º Reggimento fanteria. Il gesto non mancò di suscitare polemiche in Italia presso l'opinione pubblica, visto che il reggimento austriaco di cui il re era stato fatto colonnello era lo stesso che aveva partecipato alla [[Battaglia di Novara (1849)|battaglia di Novara del 1849]] e all'occupazione di [[Brescia]], partecipando attivamente alla spietata repressione che causò la morte di migliaia di uomini, donne e bambini bresciani.
 
Di fronte alle insistenze della Germania il ministro degli Esteri austriaco [[Gustav Kálnoky]] cedette all'idea di un'intesa con l'Italia e il 20 maggio [[1882]] fu firmato il primo trattato della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]].
Umberto inoltre appoggiò lo [[Colonialismo italiano#Il primo tentativo: il Corno d'Africa|slancio coloniale in Africa]], con l'[[occupazione dell'Eritrea]] ([[1885]]-[[1896]]) e della [[Somalia]] ([[1889]]-[[1905]]). Il governo italiano aveva già acquistato, il 10 marzo [[1882]], la baia di [[Assab]] dall'armatore [[Rubattino]], il quale a sua volta l'aveva comperata dal sultano locale come scalo per le proprie navi. Quindi si pattuì con il governo inglese la successiva occupazione della città portuale di [[Massaua]], avvenuta il 5 febbraio [[1885]], nell'ottica di una profonda penetrazione in [[Sudan]], da concordare con gli inglesi, impegnati nel sedare la rivolta mahdista.
 
Ma [[Londra]] respinse l'offerta d'aiuto italiana, non più necessaria, e così l'Italia si trovò così ''"incatenata ad una roccia del [[Mar Rosso]]"'', senza concrete prospettive espansionistiche. Gli italiani cercarono allora di compensare il loro magro bottino coloniale occupando l'entroterra di Massaua, in direzione di [[Asmara]], ma stavolta l'ostacolo fu rappresentato dai guerrieri etiopi del [[Negus]] (imperatore) [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]], che il 27 gennaio [[1887]] [[Battaglia di Dogali|tendevano un agguato ad una colonna italiana]] di 500 uomini comandata dal colonnello De Cristoforis presso [[Dogali]], annientandola completamente.
 
Solo pochi scamparono, e vennero ricevuti con tutti gli onori al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] da Umberto e dalla moglie Margherita: un onore che non era toccato nemmeno ai reduci del [[Risorgimento]]. Malgrado ciò, la notizia dell'[[battaglia di Dogali|eccidio di Dogali]] ebbe l'effetto di una doccia gelata su Roma, dove spense gli ardori colonialisti e compattò l'opinione pubblica a chiedere la fine dell'avventura africana. Tutto infatti lo lasciava presagire: dimessosi il De Robilant, Depretis, che era stato messo in minoranza e che aveva malvisto l'impresa abissina, riottenne dal re l'incarico di formare il governo, grazie anche all'appoggio di [[Francesco Crispi]] e [[Giuseppe Zanardelli]], a capo della cosiddetta Pentarchia, la più forte formazione politica di sinistra. Tuttavia nell'agosto dello stesso anno, il presidente del Consiglio morì, e al suo posto andò proprio Crispi, il quale, al contrario del predecessore, era un convinto assertore della politica africana. Lo dimostrò inviando in Eritrea un contingente di 20.000 uomini al comando del generale [[Antonio Baldissera]] e chiedendo all'ambasciatore italiano ad [[Addis Abeba]], conte [[Pietro Antonelli]], di adoperarsi affinché l'Italia potesse trarre partito dalle lotte intestine che dilaniavano l'[[Etiopia]].
 
Ciò è testimoniato anche da due lettere inviate a Umberto, rispettivamente dal Negus Giovanni IV e dal suo acerrimo nemico, il re dello [[Scioa]] Menelik: nella prima, l'imperatore etiope cercava un accordo con il re italiano contro Menelik, che, a sua volta, accusava Giovanni di averlo sobillato contro gli italiani. Le cose subirono una svolta quando, il 10 marzo [[1889]], Giovanni IV morì in battaglia contro i [[dervisci]] del Sudan; subito Menelik ne prese il posto come imperatore con il nome di [[Menelik II]], ignorando i diritti di ras Mangascià, figlio naturale del defunto negus. Per meglio puntellare il suo potere, Menelik decise di patteggiare con l'Italia, accondiscendendo a firmare, il 2 maggio [[1889]], il [[trattato di Uccialli]]: in esso vennero infatti riconosciuti all'[[Italia]] i territori occupati in [[Eritrea]] e - a causa di un malinteso sulla traduzione dell'articolo 17 dello stesso trattato (che prevedeva, nel testo italiano, per il negus l'obbligo di farsi rappresentare da Roma per trattare con le altre potenze europee, mentre in quello etiope ciò era solo facoltativo) anche il protettorato sull'[[Etiopia]], in cambio di quattro milioni di [[lire]].
 
L'accordo fu poi siglato con l'invio nella capitale italiana di una delegazione etiope guidata da ras [[Makonnen]], cugino dell'imperatore, che aveva il compito di portare il trattato e pattuire il prestito. I membri della delegazione furono prima ricevuti al Quirinale dai sovrani, poi vennero mandati in giro per le principali città italiane per visitare arsenali, caserme, industrie belliche, al fine di impressionarli e mostrare la potenza militare del Paese. La missione ripartì il 2 dicembre dello stesso anno, riportando in patria il prestito e svariati doni, tra cui un quadro che raffigurava l'Ascensione di [[Gesù]] al cielo con il re, la regina e Crispi in preghiera, mentre, da parte loro, gli etiopi avevano portato in dono un elefante. Inoltre, nel [[1890]] anche alcuni sultanati della [[Somalia]] accettarono il protettorato italiano, mentre quello stesso anno fu fondata ufficialmente la [[Colonia eritrea]]. Ma il malinteso diplomatico (noto come "beffa di Uccialli"), avrebbe non molto tempo dopo gettato le premesse della prima [[campagna d'Africa Orientale]]. Tutto ebbe inizio nel dicembre [[1893]], quando Menelik non si servì del governo di Roma per trattare alcune questioni commerciali con la [[Francia]], denunciando il trattato firmato pochi anni prima.
 
Alle richieste di spiegazione da parte di Roma, il Negus aizzò i dervisci contro gli italiani, invitandoli ad attaccare i loro possedimenti: ma gli invasori furono sconfitti dalla colonna di 2.000 [[àscari]] e 400 italiani al comando del colonnello [[Giuseppe Arimondi]] ad [[Agordat]]. Sull'onda di questo successo, Crispi ritenne giunto il momento di far pagare a Menelik di aver tradito l'Italia dopo averla usata per arrivare al trono; ordinò pertanto al successore di Baldissera, generale [[Oreste Baratieri]], di avanzare sull'altopiano etiope, impegnandosi in un'operazione militare che durò tre mesi e si concluse nell'aprile [[1895]], con la conquista della regione del [[Regione dei Tigrè|Tigrè]] e delle città di [[Macallè]], [[Adigrat]] e [[Adua]]. Ma Baratieri sottovalutò la capacità di reazione degli etiopi, e allo scoppio ufficiale delle ostilità (7 dicembre [[1895]]), Menelik II contrattaccò, strappando agli italiani gli avamposti di [[Amba Alagi]] e Macallè, con il conseguente massacro dei rispettivi contingenti.
 
A causa di questi insuccessi, il presidente del consiglio pensò di sostituire nuovamente Baratieri con Baldissera, ma proprio il timore di essere destituito convinse il generale italiano ad azzardare la sua mossa tattica, che prevedeva la marcia dei suoi 16.000 soldati verso [[Adua]], dove stazionava il grosso dell'esercito abissino (circa 70.000 uomini). Il 1º marzo [[1896]] avvenne dunque la decisiva [[battaglia di Adua]], catastrofica per le armi italiani, che costò la vita a ben 6.000 uomini (tra cui due dei cinque generali che erano al comando dell'armata italiana) e spezzò il prestigio derivato dalla conquista africana. Caddero nelle mani degli etiopi 3.000 prigionieri, tra cui moltissimi ascari, a cui fu praticata la pena riservata ai traditori: taglio del piede sinistro e della mano destra.
 
In Italia i contraccolpi furono gravissimi: Crispi fu costretto a dimettersi e scomparve dalla scena politica; al suo posto andò [[Antonio di Rudinì]], che dovette firmare la successiva [[pace di Addis Abeba del 1896|pace di Addis Abeba]] del 26 ottobre [[1896]], che prevedeva l'annullamento del trattato di Uccialli e la piena sovranità dell'Etiopia, mentre concedeva agli italiani di tenere tutti i territori precedentemente conquistati. Codesta disfatta provocò la fine temporanea dell'avventura coloniale italiana, che si arrestò fino al [[1911]], con la conquista della [[Libia]].
 
=== Politica interna ===
[[File:Portrait of King Umberto I.jpg|thumb|Re Umberto I ritratto nel [[1880]]]]
 
Per quanto riguarda la politica nazionale, Umberto I affiancò l'operato del governo di [[Francesco Crispi]] nel suo progetto di rafforzamento interno dello stato. È durante il suo regno che si definisce la figura del [[Presidente del Consiglio dei ministri|Presidente del Consiglio]] (1890): infatti non presiedeva al consiglio dei ministri, ma si limitava a ricevere il presidente dopo le riunioni di gabinetto e, sentita la sua relazione, a firmare i provvedimenti del ministero, assumendosi, con il tempo, anche responsabilità che, anche se condivise da lui personalmente, erano collettive e parlamentari. La sua attività politica fu anche contrassegnata da un atteggiamento autoritario, dovuto forse alla grave "[[Grande depressione (1873-1895)|crisi di fine secolo]]", dove insurrezioni e moti, come quelli dei Fasci dei Lavoratori in Sicilia e l'insurrezione della Lunigiana (1894) lo portarono a firmare provvedimenti come lo stato d'assedio. A seguito di questi e di altri gravi avvenimenti si procedette allo scioglimento, da parte del governo Crispi, del Partito Socialista, delle Camere del Lavoro e delle Leghe Operaie.
 
Appoggiò quindi i governi ultra conservatori di [[Antonio di Rudinì]] (1896-1898) e di [[Luigi Pelloux]] (1898-1900) che rafforzarono le tensioni sociali in tutta l'Italia. Sotto Umberto I avvenne l'introduzione del [[codice penale Zanardelli]] ([[1889]]), un corpo normativo liberale che portò alcune riforme, come l'abolizione della [[pena di morte]] e una certa libertà di sciopero. Il progetto venne approvato con il consenso pressoché unanime di ambedue le [[Parlamento del Regno d'Italia|Camere]].
 
Durante il suo regno, il sovrano portò solidarietà alle popolazioni colpite da calamità naturali, intervenendo in prima persona con aiuti materiali e opere risanatrici. Già nel [[1872]], quando era ancora principe, si recò in [[Campania]] tra gli sciagurati dell'eruzione del [[Vesuvio]]. Appena salito al trono, nel [[1879]], assistette i siciliani colpiti dall'[[Etna]]; nel [[1882]] andò in [[Veneto]], deturpato da piogge torrenziali e nel [[1884]] giunse a [[Napoli]], afflitta dal colera.
 
Il [[1888]] vide un gesto politicamente importante e personalmente coraggioso: Umberto I visitò la [[Romagna]], una terra considerata ostile alla monarchia e molto pericolosa, per la prevalenza di repubblicani, di socialisti e di anarchici. In preparazione, vennero svolte apposite manovre militari, a scopo dissuasivo. In realtà, la visita si svolse senza incidenti perfino a [[Forlì]], patria di [[Aurelio Saffi]], uomo di riferimento dei repubblicani. Ad accogliere il re intervenne anche l'ex Presidente del Consiglio [[Alessandro Fortis]].
 
Nel [[1893]], Umberto I fu implicato nello [[scandalo della Banca Romana]], ove il re fu accusato di aver contratto elevati debiti e l'allora presidente del consiglio [[Giovanni Giolitti]] gli avrebbe garantito la copertura, per la lealtà che giurò alla monarchia e per l'appoggio che egli aveva avuto da [[casa Savoia]] negli anni precedenti.<ref name=romano/>
 
=== Secondo attentato ===
[[File:Acciarito- atentado.jpg|left|thumb|upright=1.5|Illustrazione che ricostruisce l'attentato dell'anarchico [[Pietro Acciarito]] al re Umberto I d'Italia.]]
Il 22 aprile [[1897]], il sovrano subì un secondo attentato da parte di [[Pietro Acciarito]]. L'anarchico si mescolò tra la folla che salutava l'arrivo di Umberto I presso l'ippodromo delle Capannelle a [[Roma]], e si buttò verso la sua carrozza armato di coltello. Il re notò tempestivamente l'attacco e riuscì a schivarlo rimanendo illeso. Acciarito venne arrestato e condannato all'ergastolo. Analogamente a Passannante, la sua pena fu molto rigida ed ebbe gravi conseguenze sulla sua salute mentale.
 
Come il precedente tentato regicidio, si ipotizzò una cospirazione anti-monarchica (sebbene Acciarito avesse smentito tutto, dichiarando di aver agito da solo)<ref>Franco Andreucci, Tommaso Detti, ''Il Movimento operaio italiano: dizionario biografico, 1853-1943, Volume 1'', Editori riuniti, Roma, 1975, p.6.</ref> e vennero arrestati diversi esponenti socialisti, anarchici e repubblicani che furono sospettati di aver avuto collusioni con l'estremista. Tra questi venne incarcerato un altro anarchico di nome [[Romeo Frezzi]], un amico di Acciarito, perché in possesso di una foto dell'attentatore.<ref>Ferdinando Cordova, ''Alle radici del malpaese: una storia italiana'', Bulzoni Editore, Roma, 1994, p.8.</ref>
 
Frezzi morì al terzo giorno d'interrogatorio. Sorsero alcune illazioni sul suo decesso (suicidio e aneurisma) ma l'autopsia confermò che la morte avvenne per sevizie subite dagli agenti di pubblica sicurezza, nel tentativo di estorcere una confessione di connivenza con Acciarito.<ref>[[Giorgio Candeloro]], ''Storia dell'Italia moderna'', Feltrinelli, Milano, 1986, p.40.</ref> La vicenda suscitò sommosse popolari contro la monarchia.
 
=== Moti di Milano ===
[[File:Fiorenzo Bava Beccaris.jpg|thumb|upright=0.8|[[Fiorenzo Bava Beccaris]]]]
Il re fu criticato dall'opposizione anarchico-socialista e repubblicana italiana per aver insignito con la Gran Croce dell'[[Ordine militare di Savoia]] il generale [[Fiorenzo Bava Beccaris]] che il 7 maggio [[1898]] ordinò l'uso dei cannoni contro la folla a [[Milano]] per disperdere i partecipanti alle manifestazioni di protesta popolare (la cosiddetta ''[[Moti di Milano|protesta dello stomaco]]'') causata dal forte aumento del costo del grano in seguito alla [[tassa sul macinato]] (1868-1884) compiendo un massacro. La repressione costò più di cento morti e oltre cinquecento feriti secondo le stime della polizia dell'epoca, sebbene alcuni storici ritengano tali stime fossero approssimate per difetto.<ref>Paolo Valera, ''I cannoni di Bava Beccaris'', Milano 1966</ref>
 
Dopo i fatti di Milano, il governo del generale Pelloux intraprese una svolta autoritaria, accingendosi a sciogliere le organizzazioni socialiste, cattoliche e radicali e a limitare la libertà di stampa e di riunione. Esponenti politici come [[Filippo Turati]] e [[Andrea Costa]], accusati di aver promosso la rivolta, furono arrestati e, in breve tempo, scarcerati. Lo storico [[Ettore Ciccotti]] simpatizzò apertamente per gli insorti milanesi e, con l'accusa di propaganda sovversiva, fu rimosso dall'incarico di docente presso l'[[accademia scientifico-letteraria di Milano]] e costretto a fuggire in [[Svizzera]] per scongiurare l'arresto.<ref>Vilfredo Pareto, Maffeo Pantaleoni, Gabriele De Rosa, ''Lettere a Maffeo Pantaleoni, 1890-1923'', Ed. di Storia e Letteratura, 1962, p. 197</ref>
 
Tale atteggiamento venne però bloccato alla Camera, dove, ricorrendo all'ostruzionismo, i socialisti costrinsero Pelloux a sciogliere le Camere e ad andare a nuove elezioni, che videro una decisa avanzata della sinistra. Pelloux si dimise e Umberto I, in rispetto delle libertà garantite dallo Statuto, accettò di assegnare la carica di [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio]] a [[Giuseppe Saracco]], che diede il via a una politica di riconciliazione nazionale. La premiazione del generale Bava Beccaris fu la causa dell'ultimo e letale attentato al monarca, per opera di [[Gaetano Bresci]].<ref>[[Arrigo Petacco]], ''L'anarchico che venne dall'America'', Mondadori, Milano, 1974, p.91.</ref>
 
=== Assassinio ===
{{vedi anche|Regicidio di Umberto I}}
[[File:Roi et la reine d’Italie.jpg|thumb|upright=1.5|left|Il re Umberto I di Savoia e la regina [[Margherita di Savoia]], mentre scendono la scalinata d'ingresso della [[Villa Reale di Monza|Villa Reale]] a [[Monza]]]]
[[File:Bresci killing.jpg|thumb|upright=1.5|La copertina della [[La Domenica del Corriere|Domenica del Corriere]] di [[Achille Beltrame]] con l'[[Regicidio di Umberto I|uccisione]] di Umberto I a [[Monza]] il 29 luglio 1900.]]
[[File:Vagone funebre di Umberto I, esterno, agosto 1900.jpg|thumb|upright=1.5|left|Il vagone funebre che trasportò la salma del Re da Monza a Roma]]
 
Il 29 luglio 1900, Umberto I fu invitato a [[Monza]] per onorare con la sua presenza la cerimonia di chiusura del concorso ginnico organizzato dalla società sportiva ''[[Forti e Liberi]]''; egli non era tenuto a presenziare, ma fu convinto dalla circostanza per cui al saggio sarebbero state presenti le squadre di [[Trento]] e [[Trieste]], atleti ai quali - infatti - stringendo le mani, disse: "Sono lieto di trovarmi tra italiani" (frase che non passò inosservata, e che scatenò un uragano di applausi).
Sebbene fosse solito indossare una cotta di maglia protettiva sotto la camicia, a causa del gran caldo, e contrariamente ai consigli degli attendenti alla sicurezza, quel giorno fatidico Umberto non la indossò. Tra la folla si trovava anche l'attentatore, [[Gaetano Bresci]], un [[anarchico]] toscano emigrato negli [[Stati Uniti]], con in tasca una rivoltella a cinque colpi.
 
Il sovrano s'intrattenne per circa un'ora, era di ottimo umore: «Fra questi giovanotti in gamba mi sento ringiovanire».<ref>[[Ugoberto Alfassio Grimaldi]], ''Il re buono'', Feltrinelli, Milano, 1970, p.446.</ref> Decise di andarsene verso le 22.30 e si recò verso la carrozza, mentre la folla applaudiva e la banda intonava la [[Marcia Reale]].
 
Approfittando della confusione, Bresci fece un balzo in avanti con la pistola in pugno e sparò alcuni colpi in rapida successione. Non si è mai appurato con precisione quanti, ma la maggior parte dei testimoni disse di aver sentito l'eco di almeno tre. Umberto difatti venne raggiunto a una spalla, al polmone e al cuore. Egli ebbe appena il tempo di mormorare: «Avanti, credo di essere ferito»,<ref>[[Gianni Oliva]], ''I Savoia: novecento anni di una dinastia'', Mondadori, Milano, 1998, p.434.</ref> prima di cadere riverso sulle ginocchia del generale Ponzio Vaglia, che gli sedeva di fronte in carrozza.
 
Subito dopo, i [[carabinieri]] comandati dal maresciallo Locatelli cercarono, riuscendovi, di sottrarre il Bresci al linciaggio della folla, traendolo in arresto. Intanto la carrozza col sovrano ormai cadavere era giunta alla [[Villa Reale di Monza|reggia di Monza]]; la regina, avvisata, si precipitò all'ingresso gridando: «Fate qualcosa, salvate il re!».<ref>Ugoberto Alfassio Grimaldi, ''Il re buono'', Feltrinelli, Milano, 1970, p.447.</ref> Ma non c'era ormai più nulla da fare; Umberto era già spirato.
 
[[File:Tomb Umberto I Pantheon 2006.jpg|thumb|upright=0.8|La tomba di Umberto I nel [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], Roma]]
 
L'[[omicidio]] suscitò in Italia un'ondata di deplorazione<ref>Inge Botteri, ''Rielaborare il lutto, costruire la memoria. Il regicidio di Umberto I a scuola e sui giornali'', Brescia : [poi] Roma : Centro di Ricerca F. Odorici ; Bulzoni, Cheiron : materiali e strumenti di aggiornamento storiografico. A.18, 2001.</ref> e di paura, tanto da indurre gli stessi ambienti anarchici e socialisti a prenderne le distanze; [[Filippo Turati]] ad esempio rifiutò di difendere il regicida in tribunale. Molti di coloro che l'avevano criticato in vita, tra cui il liberale Papafava, ebbero parole di cordoglio per il defunto («gli volevamo più bene di quanto credessimo») e il repubblicano Bovio disse che l'indignazione suscitata dall'attentato aveva allungato la vita alla monarchia di parecchi decenni. Il poeta [[Giovanni Pascoli]] scrisse di getto l'inno ''[[al Re Umberto]]'', dedicato al sovrano scomparso.
 
Il 9 agosto venne celebrato il funerale religioso a [[Roma]]: nonostante fosse un giovedì torrido, due gremite ali di folla seguivano il feretro. Tuttavia si era instaurato un tale clima di psicosi che bastò un mulo imbizzarrito di una rappresentanza del corpo degli Alpini per scatenare un fuggi-fuggi generale al grido "Gli Anarchici!". Tale fu il terrore che questo coinvolse anche il gruppo dei Principi, tanto che Nicola del Montenegro balzò davanti al genero Vittorio per fargli da scudo contro un eventuale attentato.<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|titolo=L'Italia di Giolitti (1900-1920)|collana=Storia d'Italia|anno=1974|editore=Rizzoli}}</ref>
 
Ristabilita la calma, la salma del defunto Re venne tumulata nel [[Pantheon (Roma)|Pantheon]] accanto a quella del padre; il 13 agosto diventò giorno di lutto nazionale.
 
Molte furono le voci che si alzarono - contro o a favore - il gesto di Bresci, immediatamente messe a tacere dall'introduzione del nuovo [[reato]] di "apologia di regicidio", per il quale vennero tratti in arresto due religiosi: don [[Arturo Capone]], [[parroco]] a [[Salerno]], e fra Giuseppe Volponi, un [[francescano]] di Roma.<ref>Giuseppe Galzerano, ''Gaetano Bresci: la vita, l'attentato, il processo e la morte del regicida anarchico'', Galzerano editore, Casalvelino Scalo, 1988, pag.40</ref> Quest'ultimo, fu condannato a 8 mesi di galera e a mille lire di multa (28 agosto).
 
Bresci venne processato il 29 agosto e condannato il giorno stesso all'ergastolo, in quanto la pena di morte era in vigore solo per alcuni reati militari, puniti dal [[Codice penale militare di guerra]].<ref>[http://www.liceoberchet.it/ricerche/i-iid/diritti/diritti3d.htm ''La pena di morte in Italia]</ref> Bresci morì suicida il 22 maggio [[1901]] in circostanze molto dubbie (impiccato nella propria cella), sebbene si dicesse che fosse rimasto vittima di un pestaggio da parte delle guardie.<ref name=ortalli>[https://liberidallergastolo.wordpress.com/2013/02/11/estratto-da-massimo-ortalli-gaetano-bresci-tessitore-anarchico-e-uccisore-di-re-nova-delphi-2011-pp-85-86/ Estratto da: Massimo Ortalli, Gaetano Bresci, tessitore anarchico e uccisore di re]</ref>
 
Il luogo dell'attentato, a [[Monza]], è segnato da una [[cappella espiatoria di Monza|Cappella]] in memoria del re ucciso, costruita nel [[1910]] su disegno dell'architetto [[Giuseppe Sacconi]], per volontà del figlio del re, [[Vittorio Emanuele III]].
 
== Ascendenza ==
<div align="center">
{| class="wikitable" style="text-align:center"
|-
|1
| [[Avaz Twist Tower]]
| [[Sarajevo]]
| 577 / 176
| 38
| 2008
| The tallest office building in Bosnia and Herzegovina and former Yugoslavia.
|-
| rowspan="16" | '''Umberto I di Savoia'''
|2
| rowspan="8" | '''Padre:'''<br />[[Vittorio Emanuele II di Savoia]]
| [[Bosmal City Center]]
| rowspan="4" | '''Nonno paterno:'''<br />[[Carlo Alberto di Savoia]]
| Sarajevo
| rowspan="2" | '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
| 387 / 118
| '''Trisavolo paterno:'''<br />[[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano]]
| 35
| 2007
| Tallest residential building in Bosnia and Herzegovina and former Yugoslavia.
|-
| '''Trisavola paterna:'''<br />[[Giuseppina Teresa di Lorena-Armagnac]]
|3
| [[Mellain Center]]
| [[Tuzla]]
| 360 / 110
| 23
|2014
| Tallest building in Bosnia and Herzegovina outside of Sarajevo.
|-
| rowspan="2" | '''Bisnonna paterna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]]
|4
| '''Trisavolo paterno:'''<br />[[Carlo di Sassonia]]
| Lamela
| [[Zenica]]
| 332 / 102
| 27
|1976
|-
| '''Trisavola paterna:'''<br />[[Francesca von Corvin-Krasinski]]
|-
| rowspan="4" | '''Nonna paterna:'''<br />[[Maria Teresa d'Asburgo-Toscana]]
|5
| rowspan="2" | '''Bisnonno paterno:'''<br />[[Ferdinando III di Toscana]]
| [[United Investment and Trading Company]]
| '''Trisavolo paterno:'''<br />[[Leopoldo II d'Asburgo-Lorena]]
| Sarajevo
| 315 / 97
| 25
|1981
|-
| '''Trisavola paterna:'''<br />[[Maria Ludovica di Borbone-Napoli]]
|6
| Mostarka
| Mostar
| 311 / 95
| 22
|
| The tallest building in Herzegovina
|-
| rowspan="2" | '''Bisnonna paterna:'''<br />[[Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli]]
|7
| '''Trisavolo paterno:'''<br />[[Ferdinando I di Borbone]]
| [[Greece – Bosnia and Herzegovina Friendship Building]]
| Sarajevo
| 300 / 90
| 21
|1982
| reconstructed during 2005 - 2007
|-
| '''Trisavola paterna:'''<br />[[Maria Carolina d'Asburgo-Lorena]]
|8
|Blok S2 Novo Sarajevo
|Sarajevo
|270 / 82
|19
|2015
|tallest building being 82m, the other two 70m and 58m, right next to Hotel Bristol
|-
| rowspan="8" | '''Madre:'''<br />[[Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena]]
|9
| rowspan="4" | '''Nonno materno:'''<br />[[Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena]]
|Sarajevo City Center
| rowspan="2" | '''Bisnonno materno:'''<br />[[Leopoldo II d'Asburgo-Lorena]]
|Sarajevo
| '''Trisavolo materno:'''<br />[[Francesco I di Lorena]]
|242 / 74
|18
|2014
|
|-
| '''Trisavola materna:'''<br />[[Maria Teresa d'Asburgo]]
|10
| Republika Srpska Government Tower
| [[Banja Luka]]
| 230 / 70
| 17
|2007
|
|-
| rowspan="2" | '''Bisnonna materna:'''<br />[[Maria Ludovica di Borbone-Napoli]]
| '''Trisavolo materno:'''<br />[[Carlo III di Spagna]]
|-
| '''Trisavola materna:'''<br />[[Maria Amalia di Sassonia]]
|11
| Kumrovec/Otoka Business Center
| Sarajevo
| 216 / 66
| 16
|2010
|
|-
| rowspan="4" | '''Nonna materna:'''<br />[[Maria Elisabetta di Savoia-Carignano]]
| rowspan="2" | '''Bisnonno materno:'''<br />[[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano]]
| '''Trisavolo materno:'''<br />[[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano]]
|-
| '''Trisavola materna:'''<br />[[Giuseppina Teresa di Lorena-Armagnac]]
|12
| Hotel Bristol
| Sarajevo
| 216 / 66
| 16
|2010
|
|-
| rowspan="2" | '''Bisnonna materna:'''<br />[[Maria Cristina di Sassonia|Maria Cristina di Sassonia-Curlandia]]
| '''Trisavolo materno:'''<br />[[Carlo di Sassonia]]
|-
| '''Trisavola materna:'''<br />[[Francesca von Corvin-Krasinski]]
|13
|}
| Integral Building
</div>
| Banja Luka
 
| 216 / 66
===Ascendenza patrilineare===
|
{|class="wikitable" style="float:right"
|2010
|+ Monumenti a Umberto I
|
|-
|[[File:Stresa - DSC03006.JPG|70px]] || [[Stresa]]
|-
| [[File:Giardini pubblici e statua di Re V.Emanuele II - Asti.jpg|70 px]] || [[Asti]]
|-
| [[File:VillaBorghese Umberto I (8).JPG|70 px]] || [[Roma]]
|-
| [[File:Umberto I Achille d'Orsi Naples.jpg|70 px]] || [[Napoli]]
|-
| [[File:Re Umberto I statua Verona.JPG|70 px]] || [[Verona]]
|-
|[[File:Michele Tripisciano - Monumento ad Umberto I a Caltanissetta 1922 12.JPG|70px]] || [[Caltanissetta]]
|}
 
# [[Umberto I Biancamano|Umberto I]], [[conte di Savoia]], circa 980-1047
# [[Oddone di Savoia|Oddone]], conte di Savoia, 1023-1057
# [[Amedeo II di Savoia|Amedeo II]], conte di Savoia, 1046-1080
# [[Umberto II di Savoia (conte)|Umberto II]], conte di Savoia, 1065-1103
# [[Amedeo III di Savoia|Amedeo III]], conte di Savoia, 1087-1148
# [[Umberto III di Savoia|Umberto III]], conte di Savoia, 1136-1189
# [[Tommaso I di Savoia|Tommaso I]], conte di Savoia, 1177-1233
# [[Tommaso II di Savoia|Tommaso II]], conte di Savoia, 1199-1259
# [[Amedeo V di Savoia|Amedeo V]], conte di Savoia, 1249-1323
# [[Aimone di Savoia (1291-1343)|Aimone]], conte di Savoia, 1291-1343
# [[Amedeo VI di Savoia|Amedeo VI]], conte di Savoia, 1334-1383
# [[Amedeo VII di Savoia|Amedeo VII]], conte di Savoia, 1360-1391
# [[Amedeo VIII di Savoia|Amedeo VIII]] (Antipapa Felice V), [[principe di Piemonte]], 1383-1451
# [[Ludovico di Savoia|Ludovico]], principe di Piemonte, 1413-1465
# [[Filippo II di Savoia|Filippo II]], principe di Piemonte, 1443-1497
# [[Carlo II di Savoia|Carlo II]], principe di Piemonte, 1486-1553
# [[Emanuele Filiberto di Savoia|Emanuele Filiberto]], principe di Piemonte, 1528-1580
# [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]], principe di Piemonte, 1562-1630
# [[Tommaso Francesco di Savoia|Tommaso Francesco]], [[principe di Carignano]], 1596-1656
# [[Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano|Emanuele Filiberto]], principe di Carignano, 1628-1709
# [[Vittorio Amedeo I di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo I]], principe di Carignano, 1690-1741
# [[Luigi Vittorio di Savoia-Carignano|Luigi Vittorio]], principe di Carignano, 1721-1778
# [[Vittorio Amedeo II di Savoia-Carignano|Vittorio Amedeo II]], principe di Carignano, 1743-1780
# [[Carlo Emanuele di Savoia-Carignano|Carlo Emanuele]], principe di Carignano, 1770-1800
# [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], [[re di Sardegna]], 1798-1849
# [[Vittorio Emanuele II]], [[re d'Italia]], 1820-1878
# '''Umberto I''', re d'Italia, 1844-1900
 
== Titoli ==
[[File:Coat of arms of the Kingdom of Italy (1890).svg|thumb|Grande stemma del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], versione completa istituita con regio decreto nº 7282 del 27 novembre [[1890]].]]
Sua Maestà Umberto I, per grazia di Dio e per volontà della Nazione,
{{div col}}
* [[Re d'Italia]],
* [[Re di Sardegna]],
* [[Regno di Cipro|Re di Cipro]], di [[re di Gerusalemme|Gerusalemme]] e di [[Elenco dei monarchi del regno armeno di Cilicia|Armenia]],
* [[duca di Savoia]],
* [[principe di Carignano]],
* [[principe di Piemonte]],
* principe di [[Oneglia]],
* principe di [[Poirino]],
* principe di [[Trino]],
* principe e vicario perpetuo del [[Sacro Romano Impero]],
* principe di [[Carmagnola]],
* principe di [[Montmélian]] con [[Arbin]] e [[Francin]],
* principe balì del ducato di [[Aosta]],
* principe di [[Chieri]],
* principe di [[Dronero]],
* principe di [[Crescentino]],
* principe di Riva di [[Chieri]] e Banna,
* principe di [[Busca]],
* principe di Bene, principe di [[Bra]],
* [[Savoia-Genova|duca di Genova]],
* duca di [[Monferrato]],
* duca d'[[Aosta]],
* duca del [[Chiablese]],
* duca del [[Canton Ginevra|Genevese]],
* duca di [[Brescia]],
* duca di [[Piacenza]],
* duca di Carignano Ivoy,
* [[marchese di Ivrea]],
* [[marchese di Saluzzo]],
* marchese di [[Susa (Italia)|Susa]], marchese di [[Ceva]],
* marchese del Maro, marchese di [[Oristano]],
* marchese di [[Cesana Torinese|Cesana]],
* marchese di [[Savona]],
* marchese di [[Tarantasia]],
* marchese di [[Borgomanero]] e [[Cureggio]],
* marchese di [[Caselle Torinese|Caselle]],
* marchese di [[Rivoli]],
* marchese di [[Pianezza]],
* marchese di [[Govone]],
* marchese di [[Salussola]],
* marchese di [[Racconigi]], con Tegerone, [[Migliabruna]] e Motturone,
* marchese di [[Cavallermaggiore]],
* marchese di [[Marene]],
* marchese di [[Modane]] e di [[Lanslebourg-Mont-Cenis|Lanslebourg]],
* marchese di [[Livorno Ferraris]],
* marchese di [[Santhià]],
* marchese di [[Agliè]],
* marchese di [[Barge]],
* marchese di [[Centallo]] e [[Demonte]],
* marchese di [[Desana]],
* marchese di [[Ghemme]],
* marchese di [[Vigone]],
* marchese di Villafranca,
* conte di [[Moriana]],
* [[conte di Ginevra]],
* conte di [[Nizza]], conte di [[Tenda (Francia)|Tenda]],
* conte di [[Romont (Francia)|Romont]], [[Contea di Asti (età moderna)|conte di Asti]],
* conte di [[Alessandria]],
* conte del [[Goceano]],
* conte di [[Novara]],
* conte di [[Tortona]],
* conte di [[Bobbio]],
* conte di [[Soissons]],
* conte dell'[[Secondo Impero francese|Impero Francese]],
* conte di [[Sant'Antioco (Italia)|Sant'Antioco]],
* [[conte di Pollenzo]],
* conte di [[Roccabruna (Francia)|Roccabruna]],
* conte di [[Tricerro]],
* conte di [[Bairo]],
* conte di [[Ozegna]],
* conte delle Apertole,
* barone di [[Vaud]] e del [[Faucigny (Alta Savoia)|Faucigny]],
* alto signore di [[Principato di Monaco|Monaco]] e di [[Mentone]],
* signore di [[Vercelli]],
* signore di [[Pinerolo]],
* signore della [[Lomellina]] e Valle Sesia,
* nobil homo patrizio Veneto,
* patrizio di [[Ferrara]].
{{div col end}}
 
== Onorificenze ==
[[File:König Umberto I von Italien im Ornat des Hosenbandordens.png|thumb|''[[Maestà|S.M.]] Re Umberto I con le vesti dell'[[Ordine della Giarrettiera]]''<ref> Ritratto di [[Pedro Américo]], 1878.</ref>]]
=== Onorificenze italiane ===
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Most Holy Annunciation BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata
|collegamento_onorificenza = Ordine supremo della Santissima Annunziata
|motivazione =
|luogo = 9 gennaio 1878 (già Cavaliere, 30 gennaio 1859)
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere_di_gran_croce_OMS_BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine militare di Savoia
|collegamento_onorificenza = Ordine militare di Savoia
|motivazione =
|data = 9 gennaio 1878
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere di gran Croce Regno SSML BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|motivazione =
|luogo = 9 gennaio 1878 (già Cavaliere di gran croce decorato del gran cordone, 30 gennaio 1859)
}}
{{Onorificenze
|immagine = Cavaliere di Gran Croce OCI Kingdom BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine della Corona d'Italia
|collegamento_onorificenza = Ordine della Corona d'Italia
|motivazione =
|data = 9 gennaio 1878
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ordine Civile di Savoia BAR.svg
|nome_onorificenza = Gran maestro dell'Ordine al merito civile di Savoia
|collegamento_onorificenza = Ordine al merito civile di Savoia
|motivazione =
|data = 9 gennaio 1878
}}
{{Onorificenze
|immagine = Valor militare gold medal - old style BAR.svg
|nome_onorificenza = Medaglia d'oro al valor militare
|collegamento_onorificenza = Valor militare
|motivazione = Per brillantissimo coraggio dimostrato nel condurre la sua divisione al fuoco e per le savie disposizioni date pel suo piazzamento nel fatto d'armi di Villafranca il 24 giugno
|luogo = 6 dicembre 1866<ref>https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/12319</ref>
}}
{{Onorificenze
|immagine = CampagneGuerreIndipendenza.png
|nome_onorificenza = Medaglia commemorativa delle campagne delle guerre d'indipendenza
|collegamento_onorificenza = Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
|motivazione = con barretta "1866"
|data = 6 dicembre 1866
}}
{{Onorificenze
|immagine = Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia BAR.svg
|nome_onorificenza = Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia
|collegamento_onorificenza = Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia
|motivazione =
|data = 26 aprile 1883
}}
 
=== Onorificenze straniere ===
{{Onorificenze
|immagine = Order of the Golden Fleece Rib.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro (Impero austro-ungarico)
|collegamento_onorificenza = Toson d'oro
|motivazione =
}}{{Onorificenze
|immagine = Legion Honneur GC ribbon.svg
|nome_onorificenza = Gran cordone dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)
|collegamento_onorificenza = Legion d'Onore
|motivazione =
|luogo = gennaio 1859<ref name="augusto.agid.gov.it">http://augusto.agid.gov.it/gazzette/index/download/id/1900176_PM</ref>
}}{{Onorificenze
|immagine = Seraphimerorden ribbon.svg
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine Reale dei Serafini (Svezia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dei Serafini
|motivazione =
|luogo = 14 marzo [[1862]]<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Order of the Medjidie lenta.png
|nome_onorificenza = Ordine di Medjidié [classe non nota](Impero ottomano)
|collegamento_onorificenza = Ordine di Medjidié
|motivazione =
|luogo = agosto 1862<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = PRT Three Orders BAR.png
|nome_onorificenza = Fascia dei Tre Ordini (Regno di Portogallo)
|collegamento_onorificenza = Fascia dei Tre Ordini
|motivazione =
|luogo = settembre 1862<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = PRT Military Order of the Tower and of the Sword - Grand Cross BAR.png
|nome_onorificenza = Gran cordone dell'Ordine militare della Torre e della Spada del valore, lealtà e merito (Regno di Portogallo)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Torre e della Spada
|motivazione =
|luogo = settembre 1862<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Ordre du Nichan Iftikhar Chevalier ribbon (Tunisia).svg
|nome_onorificenza = Ordine Nichan Iftikar [classe non nota](Tunisia)
|collegamento_onorificenza = Ordine di Nichan Iftikar
|motivazione =
|luogo = novembre 1862<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Orderelefant ribbon.png
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'Elefante
|motivazione =
|luogo = 19 agosto [[1865]]<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Lion.of.Zahringen.Order.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere di gran croce dell'Ordine del Leone di Zähringen (Granducato di Baden)
|collegamento_onorificenza = Ordine del Leone di Zähringen
|motivazione =
|luogo = novembre 1865<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Imperial Order of the Mexican Eagle - ribbon bar.gif
|nome_onorificenza = Gran cordone dell'Ordine imperiale dell'Aquila Messicana
|collegamento_onorificenza = Ordine Imperiale dell'Aquila Messicana
|motivazione =
|luogo = ottobre 1866<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Order of the Garter UK ribbon.png
|nome_onorificenza = Cavaliere straniero del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera (K.G., Regno Unito)
|collegamento_onorificenza = Ordine della Giarrettiera
|motivazione =
|data = 1878
}}
{{Onorificenze
|immagine = Royal Order of Kamehameha I Grand Cross.gif
|nome_onorificenza = Cavaliere di gran croce dell'Ordine reale di Kamehameha I (Regno delle Hawaii)
|collegamento_onorificenza = Ordine reale di Kamehameha I
|motivazione =
|data = 1878
}}
{{Onorificenze
|immagine = Ord.Aquilanera.png
|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine supremo dell'Aquila nera (Regno di Prussia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'Aquila nera
|motivazione =
|luogo = 29 marzo 1897<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}{{Onorificenze
|immagine = Ord.Aquilarossa-GC.png
|nome_onorificenza = Cavaliere di I classe dell'Ordine dell'Aquila rossa (Regno di Prussia)
|collegamento_onorificenza = Ordine dell'Aquila rossa
|motivazione =
|luogo = 29 marzo 1897<ref name="augusto.agid.gov.it" />
}}
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
*D. Pieri, ''Grandi manovre. La visita di Umberto I nella Romagna repubblicana'', La Mandragora Editrice, Imola 1994.
 
== Voci correlate ==
* [[ArchitetturaGaetano JugoslavaBresci]]
* [[Giovanni Passannante]]
* [[Pietro Acciarito]]
* [[Fiorenzo Bava Beccaris]]
* [[Cappella Espiatoria]]
* [[Re d'Italia#Savoia (1861-1946)|Re d'Italia]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Box successione
{{Grattacieli}}
|tipologia = regnante
{{Portale|architettura|Bosnia-Erzegovina}}
|carica = [[Elenco di monarchi italiani|Re d'Italia]]
|periodo = 9 gennaio [[1878]] - 29 luglio [[1900]]
|precedente = [[Vittorio Emanuele II d'Italia|Vittorio Emanuele II]]
|successivo = [[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele III]]
|immagine = Royal Standard of Italy (1880-1946).svg
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Colonia Eritrea|Reggente della Colonia d'Eritrea]]
|periodo = [[1890]] - 29 luglio [[1900]]
|precedente = Titolo inesistente
|successivo = [[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele III]]
|immagine = Eritrea COA.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Somalia italiana|Reggente della Colonia di Somalia]]
|periodo = [[1890]] - 29 luglio [[1900]]
|precedente = Titolo inesistente
|successivo = [[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele III]]
|immagine = Italian Somaliland COA.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = precedenza titoli nobiliari
|carica = [[Principe di Piemonte|Erede al trono di Sardegna]]
|periodo = ''Principe ereditario''<br />[[1849]]-[[1861]]
|precedente = [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele, principe di Piemonte]]<br />Poi monarca col nome di Vittorio Emanuele II
|successivo = ''Titolo mantenuto solo nominalmente, confluito nel Regno d'Italia''
|immagine = CoA of the prince of Piedmont.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = precedenza titoli nobiliari
|carica = [[Linea di successione al trono d'Italia|Erede al trono italiano]]
|periodo = ''Principe ereditario''<br />[[1861]]-[[1878]]
|precedente = Titolo inesistente
|successivo = [[Vittorio Emanuele III d'Italia|Vittorio Emanuele, principe di Napoli]]<br />Poi monarca col nome di Vittorio Emanuele III
|immagine = CoA of the prince of Piedmont.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = titolo nobiliare
|carica = [[Principe di Piemonte]]
|periodo = [[1861]] - [[1878]]<br />''2ª creazione''
|precedente = Nuova Creazione
|successivo = Titolo confluito nella Corona
|immagine = CoA of the prince of Piedmont.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = militare
|carica = [[Comando truppe alpine|Comandante generale delle truppe alpine]]
|periodo = [[1870]] - [[1873]]
|precedente = [[Raffaele Cadorna (1815-1897)|Raffaele Cadorna]]
|successivo = [[Luigi Mezzacapo]]
|immagine = CoA mil ITA cdo Comalp.jpg
}}
{{box successione
|tipologia=titolo onorifico
|precedente=[[Vittorio Emanuele II d'Italia]]
|successivo=[[Vittorio Emanuele III d'Italia]]
|carica=[[Storia della Sindone|Custode della Sacra Sindone]]
|periodo=9 gennaio [[1878]] - 29 luglio [[1900]]
|immagine=Turiner Grabtuch Gesicht negativ klein.jpg
}}
{{Re d'Italia}}{{Colonialismo italiano}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|Casa Savoia|storia d'Italia}}
 
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[[Categoria:GrattacieliRe dellad'Italia Bosnia(1861-Erzegovina1946)]]
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[[Categoria:Medaglie d'oro al valor militare|di Savoia, Umberto I]]
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[[Categoria:Cavalieri dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata]]
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[[Categoria:Storia delle relazioni tra Santa Sede e Stato italiano]]
[[Categoria:Persone legate al colonialismo italiano]]
[[Categoria:Decorati con l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro]]
[[Categoria:Assassinati con arma da fuoco]]
[[Categoria:Casa Savoia|Umberto I d'Italia]]