Carlo Magno e Remigio Ceroni: differenze tra le pagine

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{{quote|A Carlo, augusto, incoronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria.|[[Papa Leone III]], ''Incoronazione Imperiale, 25 dicembre 800''}}
 
'''Remigio Ceroni''' ([[Monterubbiano]](FM) [[21]] [[Aprile]] [[1955]]), uomo politico,esponente di [[Forza Italia]], laurea in [[sociologia]], docente di scuola media superiore.
[[Immagine:Dürer karl der grosse.jpg|thumb|right|280px|Carlo Magno in un dipinto di [[Dürer]], 1511-1513]]
'''Carlo''', detto '''Magno''' ("Il grande"), o '''Carlomagno''' (in [[lingua tedesca|tedesco]]: ''Karl der Große'', in [[lingua francese|francese]] ''Charlemagne'', in [[lingua latina|Latino]]: ''Carolus Magnus''; [[2 aprile]] [[742]] o [[747]] - [[28 gennaio]] [[814]]), fu re dei [[Franchi]] e dei [[Longobardi]] e [[Imperatore del Sacro Romano Impero]].
 
Consigliere comunale a [[Rapagnano]](FM) nel 1985 e assessore dal 1988 viene eletto sindaco nel 1990.
==Biografia==
Riconfermato nel 1995 e nel 1999 si dimette nel 2000 per l'incompatibilità con l'elezione nella lista di [[Forza Italia]] alla carica di consigliere regionale. Viene nominato nel 2003 dal presidente [[Silvio Berlusconi]] coordinatore regionale di [[Forza Italia]] per le [[Marche]]. Nel 2005 viene riconfermato consigliere regionale di Forza Italia e nel 2006 lascia l'incarico perché eletto deputato alla camera per Forza Italia nel collegio XIV(MARCHE).Viene rieletto sindaco di Rapagnano(FM) nel 2006 in quanto compatibile con la carica di deputato.
[[Immagine:Charlemagne.jpg|thumb|left|Statua di Carlo Magno davanti al museo storico di Francoforte]]
Carlo nacque il [[2 aprile]] [[742]] o [[747]], primogenito di [[Pipino III|Pipino il Breve]] ([[714]] - [[768]]), primo dei re [[Carolingi]]. Alla morte di Pipino il regno fu diviso tra Carlo e suo fratello [[Carlomanno]]. Quando questi morì nel [[771]], all'età di soli 22 anni, a Carlo restò il regno unificato dei Franchi. La morte di [[Carlomanno]] suscita ancor oggi diversi interrogativi negli eventi storici. Alcuni ritengono che il giovane re Carlo, assetato di potere, abbia ucciso il fratello ed in seguito abbia fatto rinchiudere od uccidere anche i figli di [[Carlomanno]], legittimi eredi del padre, allo scopo di ascendere al trono di quest'ultimo egli stesso.
 
Carlo estese via via i suoi domini con numerose campagne belliche di conquista: nel [[774]] conquistò il regno [[Longobardi|longobardo]] in [[Italia]] e divenne re anche di questo popolo, inoltre conquistò la [[Sassonia]] (che cristianizzò forzatamente in esito ad una sorta di guerra santa) e cercò di riprendere agli [[arabi]] almeno una parte della [[Spagna]].
La campagna spagnola fu tutt'altro che trionfale, e non fu priva di momenti dolorosi e gravi sconfitte, come la morte di uno dei due figli gemelli nell'accampamento reale nei pressi di [[Saragozza]], e la [[battaglia di Roncisvalle|rotta di Roncisvalle]], dove la retroguardia franca subì una feroce imboscata da parte delle popolazioni basche, in seguito alla quale morì Rolando ([[Orlando]]), suo conte palatino e duca della Marca di Bretagna. Sono da registrare, inoltre, le campagne contro gli [[Avari]], popolazioni di stirpe [[Mongoli|mongola]], insediate nei pressi dell'attuale [[Ungheria]].
 
== Collegamenti esterni ==
Alla fine delle campagne militari di Carlo Magno, il suo regno comprendeva una vasta parte dell'Europa occidentale.
[http://www.ceroni.it// Sito personale]
 
La notte di [[Natale]] dell'[[800]] il [[papa Leone III]] lo incoronò imperatore. È quindi considerato il primo imperatore del [[Sacro Romano Impero]] anche se questa denominazione entrò in uso solo in seguito.
 
Morì il [[28 gennaio]] [[814]] e fu inumato nella "sua" [[Cappella Palatina di Aquisgrana|Cappella Palatina]] (''Kaiserkapelle''), poi inglobata nella [[Cattedrale di Aquisgrana|Cattedrale]], ad [[Aquisgrana]] (Aachen). Successore fu l'unico dei suoi figli che gli sopravvisse, [[Ludovico I il Pio]]. Dopo di questi il [[Regno (regime politico)|regno]] fu suddiviso fra i tre figli sopravvissuti, secondo la tradizione [[Franchi|franca]]. Questi tre regni sono considerati l'embrione della [[Francia]] e del [[Sacro Romano Impero]].
 
[[Categoria:Deputati italiani|Ceroni, Remigio]]
== Campagne militari ==
=== Campagna contro i Longobardi===
[[Immagine:Adelchi5.jpg|thumb|right|200px|Adelchi sconfitto da Carlo Magno, opta per l'esilio.]]
[[Immagine:P nobile sala3 05.jpg|thumb|left|Carlo Magno conferma a Papa Adriano I le donazioni del padre Pipino Il Breve.]]
 
Alla morte di [[Pipino il Breve]] nel [[768]], i suoi due figli Carlo Magno e [[Carlomanno (Pipino III)|Carlomanno]] si spartirono l'eredità. Al primo andò l'[[Austrasia]], la [[Neustria]] e l' [[Aquitania]], con capitale ad [[Aquisgrana]], mentre al secondo spettarono la [[Provenza]] e la [[Borgogna]], con la capitale posta a [[Sampussy]]. Su di essi esercitava un grosso ascendente la madre [[Berta|Bertrada]] che, insieme a [[Papa Stefano IV]], fu un'assertrice della politica di distensione tra [[Franchi]] e [[Longobardi]].
 
Nell'estate del [[771]], la regina organizzò un viaggio in [[Italia]], riuscendo a tessere importanti alleanze attraverso il matrimonio dei suoi figli con quelli del re longobardo [[Desiderio (re)|Desiderio]]. Il primogenito di quest'ultimo, [[Adelchi (principe)|Adelchi]], venne dato in sposo alla principessa franca [[Gisilda]], mentre Carlo Magno impalmò la figlia di Desiderio, Desiderata (resa celebre dall'''[[Adelchi]]'' manzoniano con il nome di "Ermengarda"). Il Papa all'inizio fu contrario al matrimonio, ma si chetò allorquando Bertrada ed il re longobardo gli fecero dono di alcune [[città]] dell'Italia Centrale. Carlo Magno, che era già stato sposato con [[Imiltrude]], ricevette ad Aquisgrana la nuova regina che ben presto, però, si rivelò sterile. L'anno seguente il re franco la ripudiò e la rispedì presso la corte longobarda.
 
Tra la fine del [[771]] e l'inizio del [[772]], quasi contemporaneamente morirono due dei principali protagonisti della politica contemporanea: Papa Stefano IV e il fratello di Carlo Magno, Carlomanno. Al soglio pontificio venne eletto [[Papa Adriano I]], un nobile romano dal carattere deciso e dalle idee decisamente anti-longobarde. L'elezione venne inutilmente contrastata dal partito filo-longobardo di [[Roma]] ma, alla fine, Desiderio inviò un'ambasceria a Roma per stringere contatto con il nuovo pontefice e sventare la minaccia di una nuova alleanza tra Franchi e Papato contro i longobardi.
 
Adriano invitò gli ambasciatori in [[Basilica di San Giovanni in Laterano|Laterano]] e poi, davanti a tutta la [[Curia Romana|curia]], accusò il loro re di tradire i patti a causa della mancata consegna dei territori promessi ai predecessori del pontefice. Desiderio passò quindi all'offensiva invadendo l'[[Esarcato d'Italia|Esarcato di Ravenna]] e la [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]]. Carlo Magno, impegnato in quel momento contro i [[Sassoni]], cercò di riappacificare la situazione donando numerosi tesori a Desiderio e sperando di riottenerne in cambio i territori strappati al papa. Il re longobardo rifiutò lo scambio e Carlo, che non poteva permettere che fosse appannato il suo prestigio come protettore del papato, mosse guerra al Longobardi e invase l'[[Italia]].
 
Il grosso dell'esercito, comandato dal sovrano stesso, superò il passo del [[Moncenisio]] e attaccò le armate di Desiderio presso la città di [[Susa]]. Il re longobardo riuscì ad arginare l'invasione, ma intanto un'altra armata franca, guidata dallo zio di Carlo, Bernardo, attraversò il [[Gran San Bernardo]] e ridiscese la [[Valle d'Aosta]], puntando contro il secondo troncone dell'esercito longobardo, affidato ad [[Adelchi (principe)|Adelchi]]. Quest'ultimo fu sbaragliato e dovette ritirarsi a marce forzate mentre [[Desiderio (re)|Desiderio]] si rinserrava nella capitale del suo regno, [[Pavia]]. I [[Franchi]] posero l'assedio alla città dall'ottobre del [[773]] sino all'inizio dell'anno successivo.
 
Carlo Magno si diresse a Roma per incontrare Adriano, giunto in [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]], venne incoronato re dei Franchi e il pontefice ne ottenne in cambio la conferma dei territori attribuiti in precedenza alla Chiesa dai re longobardi. Nel [[774]], alla capitolazione di Pavia, Desiderio fu rinchiuso in un monastero, mentre il figlio Adelchi riparò presso la corte di [[Impero bizantino|Bisanzio]]. Conquistata l'[[Italia]], il re carolingio si proclamò ''Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum'', mantenne le istituzioni, le [[Diritto longobardo|leggi longobarde]] e confermò i possedimenti ai [[Ducati longobardi|duchi]] che avevano servito il precedente re.
 
{{Box successione|immagine=Crown of Italy.svg|carica=[[Elenco di monarchi italiani|Re d'Italia]]|periodo = [[774]] - [[781]]|precedente = [[Desiderio (re)|Desiderio]]|successivo = [[Pipino d'Italia|Pipino]]}}
 
=== Campagna contro i Sassoni ===
[[Immagine:Widukind.jpg|thumb|right|280px|Carlo Magno sottomette Vitughindo]]
 
I [[sassoni]] erano una popolazione di origine germanica abitante nella zona a nord-est dell'Austrasia, oltre il [[Reno]].
Erano rimasti di credo pagano ed erano guerrieri arditi ed irrequieti; gli stessi Imperatori romani avevano cercato inutilmente di assoggettarli come [[federati]]. [[Pipino il Breve]] era riuscito a contenerne la sete di saccheggio e ad imporre loro un [[tributo]] annuo di alcune centinaia di cavalli. Nel [[772]] però rifiutarono il pagamento e ciò consentì a Carlo Magno di procedere all' [[invasione]] della Sassonia. L' [[esercito carolingio]] oltrepassò il Reno e, puntando verso nord, riuscì a sconfiggerli a più riprese e a distruggere l' "irminsul", l'idolo pagano di questo popolo.<br/>
Nel 780, una nuova ribellione scoppiò nella regione e Carlo Magno, impegnato in [[Spagna]] nell'assedio di [[Saragozza]], dovette accorrere in Sassonia per poter aver ragione dei [[rivolta|rivoltosi]]. La zona venne smembrata in contee e ducati, che precedettero l'[[evangelizzazione]] della popolazione. I sassoni, riuscirono in seguito a riunificare le varie [[tribù]] sotto la reggenza di [[Vitughindo]], che fu la vera e propria anima della [[resistenza]]. Nel [[785]] la conquista procedette sempre più repressivamente e lo stesso re promulgò uno statuto d'occupazione chiamato [[Capitolare Sassone]] riassunto nella formula: "cristianesimo o morte". Creando fedeli in [[Cristo]], Carlo Magno otteneva lo scopo di far nascere anche sudditi sottoposti al governatorato carolingio. Molti sassoni vennero giustiziati e lo stesso [[Vitughindo]] venne [[battesimo|battezzato]]. Nel [[790]] la rivolta assunse i contorni di una vera e propria [[sommossa]] popolare. Carlo Magno la soppresse sul nascere, attuando la deportazione di migliaia di contadini sassoni in Austrasia e rimpolpando la regione di sudditi franchi.<br/>
Quando l'Imperatore ordinò l'ultima deportazione nel [[804]], oramai la Sassonia costituiva uno Stato importante nell'ambito del dominio [[Franchi|franco]] e costituente della futura [[Germania]]
 
=== Campagna di Baviera ===
[[Immagine:Frankenreich 768-811.jpg|thumb|left|250px|Regno di Carlo, dopo la sconfitta degli Avari (791)]]
La [[Baviera]] era nel 780, una delle regioni più civili d'[[Europa]], sotto il regno di [[Pipino il Breve]], assunse al rango di [[ducato]]. A capo di questo dipartimento, c'era il nipote dello stesso [[re]] e cugino di Carlo Magno;
[[Tassilone III di Baviera|Tassilone]]. Nello stesso anno della spedizione franca in Spagna, per sostenere la rivolta del governatore della Marca Superiore, [[Abd al-Rahman ibn Mu'awiya|ʿAbd al-Raḥmān]], contro l'[[emiro]] di [[Cordova]], Tassilone si associò il figlio con il medesimo titolo di [[duca]]. Carlo Magno, momentaneamente impegnato, fece finta di nulla ma nel [[781]] pretese dal cugino il rinnovo del giuramento di fedeltà a [[Worms]]. Vedendosi sempre più pressato dalle ingerenze di Carlo, il duca di Baviera chiese nel [[787]] la protezione di [[Papa Adriano I]]. Costui, non solo rifiutò un accordo, ma ribadì le pretese del re.<br/>
Nel [[788]] Carlo Magno gli mosse guerra, scoprendo tra l'altro, un'alleanza stipulata tra il cugino e l'ex re longobardo [[Adelchi]] che era frattanto riparato a [[Bisanzio]]. La Baviera venne annessa all'impero carolingio.
 
=== Campagna contro gli Avari ===
 
Dopo la liquidazione di Tassilone, l'Impero Carolingio si vedeva confinante sia a nord che al confine con il [[Friuli]] con una bellicosa popolazione di origine turanica, gli [[Avari]]. Appartenenti alla grande famiglia delle popolazioni turco-mongoliche insieme agli [[Unni]]; si erano organizzati attorno ad un capo militare, il [[Khan]] e si erano stanziati nella pianura pannonica, nell'odierna [[Ungheria]]. Essi assoggettarono i vari popoli [[slavi]] che stanziavano sul territorio, insieme agli appartenenti di una etnia affine alla loro,i [[Bulgari]]. Pur riconvertendosi all'allevamento e alla pastorizia, non rinunciavano ad effettuare ripetute scorrerie ai confini del regno carolingio e dell'Impero Bizantino. La tesoreria di stato era colma di ricchezze accumulate dai [[sussidio|sussidi]] che gli imperatori bizantini versano nelle loro casse e perciò Carlo Magno cominciò a studiare a tavolino un invasione della regione.
Vennero istituiti dei comandi militari alla frontiera come l'Ostmark (costituente la futura [[Austria]]), per meglio coordinare le manovre dell'esercito. Le truppe imperiali procedettero nel 791 all'invasione, percorrendo il [[Danubio]] da entrambe le sponde. L'esercito a nord, guidato personalmente dall'Imperatore poteva effettuare collegamenti, ricevere e dare rifornimenti ed eventualmente dare assistenza ai feriti a quello stanziatosi a sud e comandato dal figlio [[Pipino d'Italia|Pipino]] che muoveva dal [[Friuli]], mediante la costruzione di un ponte di [[barca|barche]] ed al trasporto merci mediante [[chiatta|chiatte]] e barconi. Sino all'autunno dello stesso anno, i Franchi penetrarono sin nelle vicinanze della capitale avara, il "Ring" ma dovettero riparare in Sassonia a causa della stagione avanzata che causava problemi di collegamento tra i reparti, rendendo difficili le comunicazioni ed inoltre impedendo nel periodo invernale di poter mantenere le cavalcature.
Le devastazioni comunque provocarono il malcontento tra i generali avari che uno dietro l'altro abbandonarono il loro Khan convertendosi al [[cristianesimo]]. Nel 795 il regno avaro cadde come un castello di carte e lo stesso Carlo Magno, nonostante le ripetute rivolte protrattesi negli anni, non tornò personalmente nell'area, delegando il figlio Pipino a svolgere le operazioni militari.
 
== Rapporti con il Papato ==
Generalmente, i re Franchi si presentavano come naturali difensori della [[Chiesa Apostolica Romana]], avendo restituito al pontefice ai tempi di Pipino, quei territori dell'Esarcato di Ravenna e della Pentapoli che per concezione comune era creduti appartenenti al [[Patrimonio di San Pietro]]. La morte di Papa Stefano IV, diede mano libera a Carlo Magno per invadere l'Italia e liberarla dai Longobardi, appoggiando nei fatti; la politica del nuovo pontefice Adriano I. I rapporti tra l'Imperatore e il nuovo Papa, sono stati ricostruiti dalla letteratura delle [[missiva|missive]] epistolari che i due si scambiarono per oltre un ventennio. Molte volte, Adriano cercava di ottenere l'appoggio di Carlo riguardo le frequenti beghe territoriali che minavano lo [[Stato Pontificio]]. Una lettera datata [[790]], contiene le lamentele del pontefice nei riguardi dell'arcivescovo ravennate, Leone, reo di avere sottratto alcune diocesi dell'Esarcato. Durante la sua terza visita a Roma nel [[787]], Carlo Magno venne raggiunto da un'ambasceria del Duca di [[Benevento]], capeggiata dal figlio Grimoaldo. Lo stesso duca, Arichi, implorava l'Imperatore franco di non invadere il ducato minato dalle mire espansionistiche di Adriano I che intendeva così annettersi; i territori a sud del [[Lazio]]. Carlo Magno in un primo momento mosse guerra al ducato di Benevento ma in seguito alla morte dello stesso Duca e del figlio, l'Imperatore si decise a liberarne il secondogenito Romualdo e a reinsediarlo nel regno. Probabilmente Carlo, non voleva compromettere i precari equilibri nell'Italia meridionale. Papa Adriano I ne fu talmente risentito che i rapporti tra i due si raffreddarono irrimediabilmente.
Alla morte del pontefice nel [[795]], quando la notizia gli fu riferita, il sovrano scoppiò in pianto ed il suo biografo [[Eginardo]] ci assicura che il cordoglio era sincero.
 
Assunse la tiara Papa Leone III che dovette immediatamente vedersela con la famiglia del defunto Adriano, che ne contestava l'elezione. La guerra sotterranea tra i Palatini e i nipoti dell'ex-pontefice scoppiò nel [[799]].
Mentre Leone guidava una processione per le vie di Roma, i due nobili [[Pascale]] e [[Campolo]] guidarono la rivolta: assaltarono la funzione e accecarono il Papa, staccandogli anche un pezzo di lingua. Secondo il [[Libro Pontificale]] i suoi sostenitori lo salvarono e a stento ripararono sul monte [[Celio]]. La notte stessa apparve in sogno al Papa l'Apostolo Pietro che gli restituì la [[vista]] e l' [[udito]]. Carlo Magno allora lo invitò a stretto giro di posta a [[Paderborn]], sua residenza estiva in [[Westfalia]]. Secondo alcuni storici è durante questi colloqui riservati che il re franco propose al papa di coronarlo Imperatore essendo già di fatto, padrone di gran parte dell'Europa.
In cambio si prodigò per far cadere le accuse mosse al pontefice dalla nobiltà romana.
 
Immediatamente prima dell'incoronazione, nella settimana dei preparativi (nel dicembre dell'[[800]]) il re Franco costituì un'assemblea composta da nobili franchi e vescovi per far conoscere le conclusioni della [[commissione d'inchiesta]] riguardo ai due ribelli, Pascale e Campolo. Ufficialmente la sua venuta a Roma aveva lo scopo di dipanare la questione tra il Papa e gli eredi di Adriano I. Al termine della seduta, i due vennero condannati a morte - pena in seguito commutata nell'esilio - e Leone III fu riconosciuto legittimo rappresentate al soglio pontificio.
 
== Incoronazione imperiale==
[[Immagine:Karl den store krons av leo III.jpg|thumb|250px|Carlo Magno incoronato imperatore da [[Papa Leone III|Leone III]]]]
Nella messa di [[Natale]] del [[25 dicembre]] [[800]] in [[Roma]], il [[Papa]] [[Papa Leone III|Leone III]] incoronò Carlo [[imperatore]], titolo mai più usato in [[Occidente]] dalla [[abdicazione]] di [[Romolo Augusto]] nel [[476]].
 
Esistono alcune fonti che parlano di questa incoronazione. In questo caso ne citiamo due: gli ''[[Annales]]'' e la ''[[Vita Karoli]]''. La prima dice che Carlo venne incoronato imperatore seguendo il rituale degli antichi imperatori romani, gli venne revocato il titolo di [[patrizio]] ed acquisì il titolo di [[Augusto (titolo)|Augusto]]. La seconda dice che se quella sera Carlo avesse saputo delle intenzioni del papa, anche se era una festività importante, non sarebbe entrato in chiesa. Quindi, secondo questo documento, Carlo venne incoronato imperatore contro la sua volontà.
 
La "Vita Karoli" racconta di come Carlo non intendesse assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in contrasto con l'[[Impero Romano d'Oriente]], il cui sovrano deteneva dall'epoca di [[Romolo Augusto]] il legittimo titolo di Imperatore dei Romani: quando [[Odoacre]] aveva deposto l'ultimo Imperatore d'Occidente le insegne imperiali erano state rimesse a Bisanzio, sancendo in tal modo la fine dell'Impero d'Occidente. Dunque, per nessun motivo i Bizantini avrebbero riconosciuto ad un sovrano franco il titolo di Imperatore. Carlo aveva già abbastanza nemici ([[Sassoni]] e [[Arabi]], per esempio) per mettersi in urto con il potente [[Impero Bizantino]].
 
Dopo il "colpo di mano" di Leone III, Carlo riuscì ad ogni modo a mitigare le ire orientali, con l'invio di grandi ambascerie e un'estrema cordialità nelle missive. I Bizantini non riconobbero mai veramente il titolo imperiale d'Occidente, ma del resto non avevano alcuna reale possibilità d'intervento.
 
Occorre tuttavia ricordare come l'incoronazione a imperatore fosse per più d'un verso riconducibile alla volontà franca (già espressa all'epoca di Pipino) di riconoscere reale la falsa "[[Donazione di Costantino]]". In tale ottica, l'incoronazione del re franco a Imperatore sarebbe stato il corrispettivo per la legittimazione del potere temporale della Chiesa. Secondo alcuni storici, in effetti Carlo voleva il titolo imperiale, ma avrebbe preferito auto-incoronarsi, perché l'incoronazione da parte del papa rappresentava simbolicamente la subordinazione del potere imperiale a quello spirituale.
 
==Rinascimento carolingio==
Spesso si parla a torto di Rinascimento Carolingio, volendo sottolineare la fioritura che innegabilmente si ebbe durante il regno di Carlo Magno in ambito politico e culturale.
Ma il re franco, perseguì piuttosto una riforma in tutti i campi per poter "correggere" delle inclinazioni che avevano portato ad un decadimento generale in tutti e due i campi . Ma quando l'Imperatore pensava alla ristrutturazione e al governo del suo [[Monarchia|regno]], rivolgeva le sue attenzioni a quell'[[Impero Romano]] di cui si faceva persecutore sia nel nome, sia nella politica.
 
=== Rinascimento Politico ===
==== La Riforma della Chiesa ====
 
La politica dell'"Imitatio Imperi", occupò tutto il vasto programma di riforme perseguito dal sovrano franco nel corso della sua vita.Lo sforzo rinnovatore di "correzione" "miglioramento" o "rinascita" degli usi e costumi, abbracciava prettamente la sfera religiosa. E non c'è da stupirsene, visto che Carlo Magno si credeva realmente in dovere di guidare la [[chiesa cristiana]] e con essa la moltitudine dei fedeli. Rimanendo particolarmente colpito ed impressionato dalle parole di uno dei dottori della chiesa [[Sant'Isidoro di Siviglia]],il quale affermava che Dio "Avrebbe giudicato i Sovrani dal modo in cui è stata insegnata correttamente la dottrina nei loro regni"; perseguì una serie di importanti riforme per poter elevare sia a livello qualitativo sia a livello comportamentale, il personale [[ecclesia]]stico operante nel regno.Carlo Magno era ossessionato dall'idea che un insegnamento sbagliato dei testi sacri, non solo dal punto di fista teologico, ma anche da quello "grammaticale", avrebbe portato alla perdizione dell'[[anima]] poiché se nell'opera di copiatura o trascrizione di un testo sacro si fosse inserito un errore grammaticale, si sarebbe pregato in modo non consono, dispiacendo così a Dio . Venne istituito quel motore propulsore dell'insegnamento che doveva diventare la [[scuola palatina]], presso [[Aquisgrana]]. Sotto la direzione di [[Alcuino di York]], vennero redatti i testi, preparati i programmi scolastici ed impartite le lezioni per tutti i chierici. In ogni angolo dell'[[Impero]] sorsero delle scuole vicino alle [[chiesa|chiese]] ed alle abazie. L'accesso all'istruzione ecclesiastica era gratuito, in teoria anche il figlio di un servo- se aveva volontà e poteva godere della benevolenza di qualche magnate-poteva accedere agli studi. L'azione di Carlo Magno non si limitò ad un mero mecenatismo della cultura: egli pretese di fissare e standardizzare la [[liturgia]], i testi sacri, e perfino di perseguire uno stile di [[scrittura]] che riprendesse la fluidità e l'esattezza lessicale e grammaticale del [[lingua latina|latino]] classico.
Neanche la grafia venne risparmiata entrando in uso corrente la minuscola carolingia.
Addirittura il credo cattolico, quello conosciuto da tutti, venne imposto da Carlo Magno al clero occidentale.
 
==== Riforma della Giustizia ====
Anche il sistema giudiziario venne piegato e modificato secondo le esigenze di un regno che assunse sempre di più nel corso degli anni, connotazioni di tipo imperiale. Nel regno franco, sotto Carlo Magno vigeva il principio di personalità del diritto, vale a dire che ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo. Abbiamo quindi più fonti nella legislazione franca:
* le leggi personali di ciascun popolo: "lex saxorum" "lex baiwarorum" "lex longobardorum"
* i capitolari governativi: emanati dal sovrano attraverso la cancelleria palatina, che erano unificanti per tutto il regno ed integravano le prime
* il diritto romano: utilizzato perlopiù nei procedimenti ecclesiastici
 
Carlo Magno infatti, perseguendo la sua politica unificatrice, promulgò dei [[capitolare|capitolari]] che servivano ad integrare le leggi esistenti e che spesso sostituirono pezzi completamente mancanti dei vecchi [[codice (diritto)|codici]]. Queste norme avevano valore di legge per tutto l'impero ed il Re volle farle sottoscrivere da tutti i liberi durante il giuramento collettivo dell'[[806]].
Inizialmente, tutti i notabili dell'impero avevano la qualifica di "Iudex" poiché non servivano particolari requisiti per presiedere una causa e i giudici non costituivano un potere separato da quello governativo. A livello regionale, era il Conte assistito dai suoi aiutanti (vassalli, vicari, centenari, lacopositi, scudalsci e boni homines) che procedeva al dibattimento ed emanava la [[sentenza (diritto)|sentenza]].Al placito venivano convocati tutti gli abitanti della zona - a loro spese - sino alla fine delle udienze. A livello locale, il conte veniva sostituito dai suoi "Iuniores".
Cercando di corregge i costumi ed elevando la preparazione professionale degli operanti nella giustizia, Carlo Magno prima nella "Admonitio Generalis" e poi nel 809' cerco' di promulgare dei richiami che dovevano essere vincolanti per tutti: ad esempio il Conte non doveva convocare più di tre volte l'anno il [[placito]], doveva astenersi dal bere e mangiare prima del dibattimento in modo da assistervi nel pieno delle sue funzioni. Norme più restrittive in questo senso vennero promulgate nel 809. Si decise la diversa composizione delle [[giuria|giurie]] (che da ora in poi dovevano essere costituite da professionisti e non [[giudice|giudici popolari]]) e che al dibattimento non partecipassero altre persone se non il conte coadiuvato dagli avvocati,notai,scabini e quegli imputati che erano direttamente interessati alla causa.
Le procedure giudiziarie vennero standardizzate,modificate e semplificate. A differenza di altri popoli, nella legislazione franca l'uso della prova scritta era ritenuto decisivo; chiunque in una causa [[patrimonio|patrimoniale]] potesse esibire dei [[documenti]] attestanti il suo buon diritto poteva trovare accoglimento o essere assolto all'istante.
Molto spesso allora queste prove venivano bruciate o manipolate, in un'epoca dove era relativamente semplice falsificare i documenti. Ad esempio qualora una causa riguardante la possessione di beni immobili tra un libero ed uno ex schiavo "manomesso", il liberto , si basasse sul documento attestante la precedente manomissione, quest'ultimo doveva essere collezionato con altre due coppie uguali controfirmate dal cancelliere della zona. Se non si riuscivano a portare come prova dei documenti si ricercavano dei [[testimone|testimoni]] e se neanche dalle testimonianze si riusciva a indirizzare la sentenza, si procedeva al [[giuramento]] e all'[[ordalia]] "la prova di Dio". Carlo Magno non era del tutto convinto che l'esattezza del giudizio fosse dipesa da questi tipi di prova, ma si trovò costretto a mantenere queste usanze unicamente perché consuetudinarie presso il suo popolo anche se ne limitò di molto l'uso.
 
=== Rinascimento Culturale ===
 
[[Immagine:Roncisvalle.jpg|thumb|right|Carlo Magno piange la morte del Conte Rolando]]
 
La situazione culturale del regno sotto i merovingi e dei pipinidi era pressoché tragica. Carlo Magno dette impulso ad una vera e propria riforma nei vari ambiti culturali: in architettura, nelle arti filosofiche, nella letteratura, nella poesia. Il pessimo stato di erudizione del regno franco era testimoniato dal fatto che quasi tutti i maggiori letterati ed intellettuali di corte fossero di origine straniera. Alcuino era nato a York e quindi anglosassone, Paolo Diacono era longobardo, così come il grammatico Pietro da Pisa, ma anche Teodulfo d'Orleans era un goto scampato alle invasioni arabe in Spagna. Il re franco considerava la stessa presenza dei dotti alla corte di Aquisgrana come la quinta colonna del suo potere politico, non tanto per il piacere di essere dichiarato da loro "dottore in grammatica, finissimo [[retorica|retorico]] dalla [[dialettica]] insuperabile; meglio di [[Cicerone]] e [[Lucrezio]]" quanto perché, sulla loro opera, si basava l'elaborazione di quella politica imperiale che si stava sviluppando a palazzo.
 
Lo stesso sovrano era particolarmente interessato ad approfondire le sue conoscenze in ogni campo dello scibile. Allo studio approfondito delle sette arti liberali si dedicò con particolare perseveranza, soprattutto rivolse le sue attenzioni alla grammatica latina aiutato nello studio elementare da [[Piero da Pisa]] e da quello intermedio da Paolo Diacono. Approfondì retorica e dialettica, importanti per la sua azione di governo.
 
Carlo amava circondarsi anche di poeti che davano avvio a vere e proprie gare di componimenti che il sovrano si compiaceva di giudicare. Da palazzo proveniva quell'indirizzamento culturale che uniformava l'intero impero.
 
Anche a livello architettonico l'Imperatore si occupò di far restaurare i vecchi edifici e monumenti romani, ma la sua opera più ambiziosa rimane senza dubbio la cappella palatina di Aquisgrana, con tutto il complesso di costruzioni annesse. Aquisgrana e il suo palazzo dovevano costituire secondo Carlo Magno una terza Roma, o per il nuovo ruolo di popolo eletto da Dio assunto dai franchi, secondo Paolo Diacono doveva considerarsi "come una nuova [[Gerusalemme]], in terra nostra". Gli ambasciatori franchi riferirono al re, che il complesso della basilica di [[Costantinopoli]] non differiva tanto da quella di [[Basilica di San Vitale (Ravenna)|Basilica di San Vitale]] a [[Ravenna]] perciò si fecero venire ingegneri ed architetti longobardi con tutte le proporzioni e le misurazioni necessarie.
 
Carlo Magno godette di un importante seguito nella [[cultura]] [[Europa|europea]]. Uno dei grandi [[ciclo letterario medioevale|cicli letterari]] [[medioevo|medioevali]], il [[Ciclo Carolingio]], è incentrato sulle imprese di [[Rolando]] (od Orlando), storico condottiero di Carlo sul [[confine]] [[Bretagna|bretone]]. L'Imperatore fu inoltre preso a modello di cavaliere come uno dei [[Nove Eroi]].
 
Nel [[1165]] Carlo Magno venne santificato dall'[[antipapa Pasquale III]] su ordine dell'imperatore [[Federico Barbarossa]]. Ci fu imbarazzo per questa santificazione in ambito cristiano a causa della vita privata non irreprensibile dell'imperatore. Essendo stata celebrata da un antipapa, essa non si ritiene valida. Ad oggi, il culto viene celebrato nella [[diocesi di Aquisgrana]] e ne viene tollerata la celebrazione nei [[Grigioni]] <ref>''Bibliotheca Sanctorum'', Vol. III</ref>.
 
==L'organizzazione dell'Impero==
Dopo essersi garantito la sicurezza dei confini, Carlo procedette alla riorganizzazione dell'impero.
 
=== Organizzazione Locale ===
 
{{Nota
|larghezza = 35%
|titolo = Le contee e i marchesati sotto Carlo Magno
|contenuto = Al contrario di quanto affermato da molti manuali di testo, l'Imperatore non fu l'istitutore delle [[contea|contee]] e dei [[marca (circoscrizione)|marchesati]]. Queste suddivisioni amministrative, infatti, erano già in uso sin dai primi regnanti [[merovingi]], se non addirittura ascrivibili alla tarda amministrazione gallo-romana. Carlo Magno attuò solo un'opera prosecutrice nel potenziamento e nell'immissione (specialmente nelle zone di nuova conquista) di quei sistemi di governo già in uso nel regno [[franchi|franco]].}}
 
In tutta la sua estensione, l'Impero era suddiviso in circa 200 [[provincia|province]] e da un numero sensibilmente maggiore di [[diocesi|vescovati]]. La provincia, questa circoscrizione fondamentale, poteva corrispondere, specialmente in [[Francia]] e [[Italia]], al territorio di un'antica città romana o alle zone circostanti, mentre nei nuovi territori ([[Turingia]], [[Sassonia]], [[Bavaria]] e nel regno degli [[Avari]]), essa corrispose alla zona di precedente stanziamento di una popolazione germanica.
 
Ogni singola provincia era governata da un [[Conte]], vero e proprio funzionario pubblico dell'Imperatore, a cui veniva assegno l'ufficio, o ''Honorem'', di controllare il territorio. All'inizio si trattava di una concessione precaria, poiché il titolo era revocabile, o tuttalpiù vitalizio. A questa carica venivano attribuiti poteri giudiziari, fiscali e di ordine pubblico che dovevano essere esercitati per conto del [[sovrano]]. Il Conte poteva farsi aiutare, nell'esercizio quotidiano del potere, dai suoi ''Iuniores'' ([[scabino|scabini]], [[avvocato|avvocati]], [[notaio|notai]] o [[vassallo|vassalli]]) che lo coadiuvavano a livello giudiziario e nel reclutamento degli armati.
 
L'unico limite di azione alla legislazione del conte era costituito dalla presenza di beni ecclesiastici sul territorio assegnatogli. Questo stava a significare che il conte doveva collaborare essenzialmente, anche spesso in concorrenza, con il [[Vescovo]]: i funzionari pubblici non potevano entrare nei possedimenti ecclesiastici per poter arrestare malfattori, riscuotere le entrate fiscali o amministrare la giustizia. Naturalmente, Vescovi e [[Abate|Abati]] erano diretti responsabili delle loro terre e, nell'esercizio di tutte quelle prerogative assegnate ai magnati laici, dovevano farsi affiancare da personale qualificato: gli ''Advocates'', che dovevano essere nominati alla presenza del conte o dei [[missi dominici]].
 
Lo stesso Carlo Magno, parla espressamente nell'''Admonitio Generalis'' dell'avvocatura come di una carica o "esercizio dai noi concesso". L'immunità ecclesiastica traeva origine dal [[diritto d'asilo]], istituito per la Chiesa già al tempo degli ultimi imperatori romani, l'autorità pubblica non poteva entrare nei territori dell'immunità, ma poteva fare esplicita richiesta all'immunista; allo scopo di estradare la persona ricercata dalle forze dell'ordine. Un conte ad esempio inoltrava all'abate o al vescovo la supplica ed al primo rifiuto si reiterava quest'ultima aggiungendo una [[multa]]. Ad un nuovo rifiuto c'era il raddoppio della multa e la ripetizione, per la terza volta, della richiesta. Dopodiché il Conte poteva entrare a forza nell'immunità.
 
La marca invece, era la circoscrizione fondamentale ai confini dell'Impero che poteva comprendere al suo interno più comitati. I più eruditi chiamavano queste circoscrizioni con la denominazione classica di ''limes'', perciò esistevano un ''limes bavaricus'', un ''limes avaricum'' e così via. Queste aree geografiche avevano bisogno di coordinare gli sforzi militari a difesa del territorio, quindi costituirono dei comandi militari retti da un [[Marchese]]. Questa denominazione entrò in voga solamente durante il regno di [[Ludovico il Pio]], mentre all'epoca di Carlo Magno si preferiva usare la definizione di conte o di [[prefetto]], ad esempio il famoso [[Rolando]], protagonista delle [[chanson de geste]] e perito durante la [[battaglia di Roncisvalle]], era prefetto del ''limes bretone''.
 
=== Il Governo Centrale ===
[[Immagine:Image007.png|thumb|right|300px|Alcuino di York alla corte di Carlo Magno.]]
 
L'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poiché Carlo Magno era sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di [[Dio]], poteva avere diritto di vita o di morte su tutti i sudditi a lui sottoposti. Tutti erano sottoposti alla sua inappellabile volontà, fossero anche notabili di rango elevato come Conti, Vescovi, Abati e Vassalli Regi.
 
Il governo centrale era costituito dal ''palatium''. Sotto questa denominazione si designava il [[consiglio dei ministri]] alle sue dipendenze. Organo puramente consultivo, era costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici che aiutavano il sovrano nell'amministrazione centrale.
 
I componenti principali erano:
 
* '''L'Arcicappellano o ministro di culto''': era il secondo grado per ordine di importanza in tutto il regno franco, immediatamente dopo l'Imperatore. Da lui dipendevano tutti i chierici operanti nella cappella palatina di Aquisgrana ed inoltre era responsabile della scuola palatina e della [[cancelleria]] (composta dal cancelliere-delegato ed uno staff di archivisti) i quali redigevano i [[diploma|diplomi]], trascrivevano i [[capitolare|capitolari]] e tenevano la corrispondenza. Il potere dell'Arcicappellano era considerevole: disponeva delle nomine dei chierici e quando voleva assurgere qualcuno al grado di Vescovo o Abate, instradava personalmente la richiesta al [[Papa]]. Per il ministro di culto, lo stesso Carlo Magno impose al pontefice la nomina ad arcivescovo della cappella imperiale (quindi senza una connotazione geografica precisa, essendo non residente in un arcivescovato) tenendo a sottolinearne l'esclusività.
 
* '''Il Conte Palatino''': amministrava la giustizia per conto dell'Imperatore. A lui venivano sottoposti quei casi che nella legislazione carolingia, costituivano i cosiddetti appelli, giudicando i più semplici ed istradando al sovrano quelli che richiedessero una sua personale deliberazione. Ricopriva anche una carica simile a quella del [[Ministero degli Interni]].
 
* '''Il Camerario''': copriva le tre cariche di ministro degli esteri, del tesoro e dell'economia.
 
* '''Il coppiere''': Principalmente un intendente. Era il responsabile delle cantine palatine e per estensione, gerente e amministratore dei beni mobili e immobili di quelle aziende vinicole presenti su terre fiscali, facenti capo direttamente all'Imperatore.
 
* '''Il siniscalco''': Altro intendente responsabile degli approvvigionamenti alimentari nei magazzini e nelle cucine regie e per estensione; gerente e amministratore dei beni mobili ed immobili delle aziende agricole sulle terre fiscali dipendenti del sovrano.
 
* '''Il conestabile''': responsabile delle scuderie regie e per estensione comandante della cavalleria nell'esercito imperiale.
 
=== Il Demanio Pubblico ===
==== I Possedimenti Fiscali ====
 
Al tempo di Carlo Magno, per Fisco intendiamo le entrate e i possedimenti dell'Imperatore. I cosiddetti possedimenti fiscali, già facevano parte del patrimonio personale dei [[Pipinidi]] e vennero accresciuti durante le campagne militari dell'Imperatore, mediante le [[confisca|confische]] effettuate ai danni dei precedenti capi politici e militari.
 
Carlo Magno possedeva direttamente qualcosa come 2000 aziende o [[corte (storia)|ville]] organizzate con il sistema curtense. Questo sta a significare che in tutto l'impero, non meno di mezzo milione di persone lavoravano alle dirette dipendenze del sovrano, senza alcuna intermediazione.
 
L'organizzazione e la dislocazione di queste aziende aveva carattere notevolmente dispersivo. Esse erano vicine tra loro nelle aree più visitate da Carlo Magno, mentre erano più scaglionate nelle zone di [[frontiera]]. È stato calcolato che, solo in [[Neustria]], l'imperatore fosse possessore di circa 400 ville mentre le altre erano dislocate nel resto dell'impero disposte in modo che, in un ipotetico viaggio a tappe, Carlo Magno potesse dormire direttamente in ''casa propria'' (o tuttalpiù ospitato da qualche vescovo o abate) nei suoi spostamenti. Le ville però, essendo relativamente lontane una dall'altra, non avrebbero mai potuto ospitare tutte permanentemente l'Imperatore. Contrariamente a quanto si pensa Carlo aveva posto precise disposizioni su come utilizzare le eccedenze di quei possedimenti sui quali la corte regia non passava. Alcune quote, dovevano essere instradate al mantenimento della corte, qualora l'azienda venisse a trovarsi nelle vicinanze della residenza imperiale, mentre altre costituivano gli approvvigionamenti che dovevano essere inviati all'[[esercito]] durante le campagne estive e, infine, altre ancora dovevano essere vendute e il ricavato trasmesso direttamente a palazzo. Il re si era reso conto insomma di poter diversificare la produzione delle sue aziende e ne stabilì a priori la destinazione d'uso. Il tutto era dovuto anche, in una certa misura, dall'indipendenza e intraprendenza che certi [[gerente|gerenti]] manifestavano nelle ville. Non magari il [[maior]], il capoccia contadino che regolava i lavori dei dipendenti ma quanto dall'[[Ager]], intendente responsabile della contabilità di una o più ville.
 
==== I Possedimenti Ecclesiastici ====
===== I Possedimenti Ecclesiastici equiparati a quelli fiscali =====
 
Non meno imponenti erano i possedimenti ecclesiastici: l'impero era suddiviso in più di 200 vescovati e 600 [[abazia|abazie]] che erano possessori a loro volta di patrimoni immensi, per esempio l'abazia di [[Saint-Germain-des-Prés (quartiere)|Saint-Germain-des-Prés]] possedeva all'incirca 200 ville e dava lavoro a circa 15.000 contadini.
 
Sui possedimenti ecclesiastici vigeva l'immunità, perché i funzionari pubblici non potevano esercitare la legislazione laica sul territorio come avveniva al tempo di [[Pipino il Breve]] e [[Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)|Carlo Martello]]. Carlo Magno considerò i beni ecclesiastici come dei possedimenti pubblici di diversa natura: abati e vescovi, essendo uomini del Re, dovevano mettere a disposizione della [[Corona (monarchia)|corona]] le loro entrate, quando le necessità lo richiedevano. Spesso gli amministratori delle proprietà ecclesiastiche dovevano aiutare i gerenti delle aziende fiscali al mantenimento del Re quando era residente nella zona, inoltre dovevano versare annualmente dei [[contributo|contributi]] che pudicamente venivano chiamati ''dona'', ma che in realtà erano imposti direttamente dal sovrano per sostenere le campagne militari dell'esercito.
 
A livello amministrativo, i contadini liberti o coloni-affittuari che coltivavano i [[podere|mansi]] sulle terre della chiesa, oltre che a pagare un canone annuo in natura ai monaci o ai vescovi, dovevano corrispondere il [[censo]] regale per il sovrano come se si fossero trovati sulle terre fiscali. I [[liberti]] o gli schiavi, come aggiunta al censo, dovevano pagare una tassa personale come riconoscimento del loro statuto giuridico.
 
Teoricamente, non tutte le abbazie era considerate come un bene demaniale. Rientravano sotto questa categoria quelle personalmente fondate dal Re, quelle accresciute con donativi di terre fiscali e quelle che si erano accomandate. Le altre, specialmente fondate da privati, non erano tenute né ai contributi né al pagamento delle [[tassa|tasse]].
 
===== Uso dei Possedimenti Ecclesiastici come Remunerazione =====
 
Spesso i possedimenti ecclesiastici, venivano affidati a notabili laici (conti o marchesi) come elemento supplettivo per espletare e autofinanziarsi i compiti che dovevano corrispondere al sovrano. Queste donazioni venivano chiamate nel linguaggio di allora ''Precariae Verbo Regis'' dove ''Precaria'' stava a significare la richiesta o la supplica che veniva fatta dal conte per ottenere il possesso del bene e ''Verbo Regis'' la concessione da parte del sovrano.
 
Molte volte, queste alterazioni del demanio, trovavano l'aperta avversione da parte delle cariche ecclesiastiche. I possessori, infatti, avevano la tendenza a sfruttarle fino all'osso, gravando di [[dogana|dazi]] e di [[corvée]] i contadini, arrivando addirittura a vendere le suppellettili e la mobilia di chiese e monasteri per poi reinvestirne i guadagni negli affari privati. Lo stesso Carlo Magno, nel suo ''Capitolare de Villis'' dovette specificare a più riprese di non appesantire gli asserviti con interminabili giornate lavorative, di esigere i [[teloneo|telonei]] per le merci adibite al commercio e non quelle che venivano trasportate dai campi alla residenza padronale, "di non esigere il teloneo per attraversare un ponte quando il fiume può essere guadato senza difficoltà" di non "far pagare il teloneo in aperta campagna dove non ci sono né ponti né guadi". Gli stessi chierici arrivarono ad appellarsi direttamente all'Imperatore affermando: "che il Re abbia i suoi possedimenti pubblici per il demanio e che la chiesa abbia i suoi possedimenti per Cristo, che servano ad aiutare i poveri e a consolare le vedove" e ancora: "gli uomini di chiesa sono direttamente dipendenti del Signore e non devono usare di accomandarsi a qualcuno come fanno i laici". Carlo Magno pretese di conseguenza che i notabili laici, concessori di queste terre, almeno pagassero l'affitto ai monaci come era stato convenuto.
 
Un'altra destinazione d'uso dei possedimenti della chiesa, era quella di concedere questi beni ai ministri o ai [[chierico|chierici]] che servivano l'Imperatore alla corte di Aquisgrana per poter assicurarsene la fedeltà anche in futuro. Molto spesso, molti di questi ministri chiamati "abati-laici", anche se in realtà alcuni erano "chierici", non erano obbligati a prendere i voti religiosi e nemmeno avevano l'obbligo della residenza così che potessero rimanere a sbrigare il loro compito presso la corte. Ad esempio molti intellettuali di Carlo Magno erano grandi possessori di fondi ecclesiastici: [[Alcuino di York|Alcuino]] oltre che ad essere arcicappellano era anche [[abate]] del monastero di [[Tours]], [[Teodulfo]], poeta di corte e messo dominico, fu nominato anche vescovo di [[Orléans]] e [[Paolo Diacono]] storico - poeta e grammatico di Latino presso il palazzo reale venne nominato abate di [[Montecassino]]. Nella generazione immediatamente successiva, lo stesso biografo e storico di palazzo [[Eginardo]] fu nominato abate di [[Seligenstadt]].
 
Alcune mentalità più moderne e sensibili cominciarono a contestare l'uso di disporre dei fondi ecclesiastici come un secondo demanio, ma all'epoca di Carlo Magno queste consuetudini erano parte integrante dell'azione di governo.
 
==== Imposte, tasse e prestazioni d'opera ====
La società carolingia era suddivisa in classi e aveva caratteristiche fortemente [[cliente]]lari di modo che ogni uomo dipendesse da un altro, dal quale, in cambio di favori, otteneva protezione e remunerazione. Tutte queste prerogative si riproponevano a cascata sino al più basso gradino sociale che era quello degli schiavi. Possiamo suddividere allora la società in due grandi rami: quello dei liberi e quello dei servi.
 
Re-Imperatore, Conti, Marchesi, [[Vescovo|Vescovi]], Abati, Vassalli Regi e [[Valvassino|Valvassini]] costituivano la cosiddetta ''casta nobiliare''; gli altri - [[Valvassore|Valvassori]], Proprietari Terrieri, Uomini Liberi, [[Colono|Coloni]], Liberti, Schiavi Casati e Servi - costituivano il ''popolo''. Formalmente la libertà completa si fermava a livello degli uomini liberi mentre tutti gli altri venivano accomunati alla medesima condizione [[servo|servile]]. Le classe più abbienti, beneficiarie di vasti possedimenti, erano esenti dal pagare qualsiasi tipo di imposta o tassa.
 
Sui ''liberi'' che, nelle aspettative di Carlo Magno, costituivano la spina dorsale del popolo [[franchi|franco]], non pesavano delle vere e proprie "imposte" (ad esempio non pagavano alcun censo) ma erano tenuti a prestare opere di pubblica utilità sulle terre padronali, pagavano una specie di tassa per l'esercito, versavano i telonei ed erano tenuti a prestare contributi per il buon funzionamento del governo. Qualsiasi notabile o giudice nell'esercizio pieno delle sue funzioni (conte, vicario, centenario o vassallo regio) poteva requisire approvvigionamenti e [[cavallo|cavalli]] sulle terre dei liberi. L'esercito di passaggio poteva requisire foraggio ed usare i terreni per far pascolare le cavalcature; in aggiunta i proprietari non soggetti ad alcun vassallaggio dovevano rifornire l'armata provvedendo all'allestimento dei [[carro (trasporto)|carri]] con generi alimentari di prima necessità ed alla fornitura di [[Bos taurus|buoi]] e cavalli.
Tutti gli altri, siano essi liberi affittuari sia liberti o servi o casati che sono tenuti a lavorare sulle terre del padrone, erano tenuti a corrispondere un [[affitto]] in natura o denaro, le cui proporzioni erano nell'ordine del terzo del raccolto o dell'equivalente monetario oltre che al censo regale. Erano inoltre tenuti a svolgere per contratto una serie di giornate lavorative nella zona padronale, la ''pars dominica'', insieme agli schiavi. Pagavano i telonei per utilizzare le attrezzature del signore (mulini, frantoi).
 
=== Reclutamento Militare ===
[[Immagine:027.jpg|thumb|left|150px|Cavalieri armati]]
 
Il reclutamento avveniva essenzialmente alla frontiera, nella zona di immediato svolgimento delle operazioni militari. Solo nelle campagne contro i Sassoni e gli Avari si verificò una chiamata simultanea in più regioni dell'Impero.
 
I notabili più abbienti potevano permettersi [[arma|armi]] e cavalli, nonché di convocare i vassalli diretti all'esercito. Anche i vassalli regi, nominati dall'Imperatore e che usavano circondarsi di piccoli eserciti privati, potevano senza alcuno dubbio espletare al servizio militare. A tutti costoro, compresi vescovi e abati, veniva calcolata una quota minima di soldati da portare al fronte, secondo il numero di unità di mansi coltivati divisa per quattro. Gli ecclesiastici potevano affiancare gli eserciti, ma spessissime volte ne erano esentati, pagando una tassa e nominando dei [[laico|laici]] che potessero combattere al loro posto. Si poteva verificare che alcuni servi o liberti potessero avere l'onore di entrare nella clientela armata di un signorotto locale, quindi la chiamata alle armi non era strettamente connessa alla proprietà terriera. Perciò Carlo Magno emanò precise disposizioni secondo le quali "qualsiasi individuo abbia rapporti di vassallaggio, indipendentemente dalla sua condizione giuridica, sia considerato abile all'esercizio delle armi".
 
I liberi avevano parecchie difficoltà a rispondere alla chiamata. Se i più ricchi allodiali, con qualche sforzo, riuscivano ad acquistare l'equipaggiamento necessario, i piccoli proprietari dovevano compiere sforzi considerevoli. Anche qui, i [[capitolare|capitolari]] regi stabilivano minuziosamente come si doveva operare in questi casi: se un libero non riusciva a procurarsi l'armamento, altri tre dovevano provvedere al suo sostentamento. Il numero degli aiuti variava a secondo della campagna militare: durante la guerra contro gli avari, per ogni libero sei dovevano comprargli l'equipaggiamento, mentre per quella contro i Sassoni essi dovevano essere sette. Per le operazioni contro gli slavi ne bastavano solamente due.
 
Anche l'armamento era regolato secondo precisi criteri: i più abbienti dovevano accorrere alla chiamata armati di [[spada (arma)|spada]] lunga, spada corta, [[lancia (arma)|lancia]], [[arco (arma)|arco]] e [[faretra]] con [[frecce]] più un [[corazza|armatura]] costituita da una cotta di maglia e dalla cavalcatura.
I liberi proprietari indipendenti potevano permettersi (unendo i loro sforzi) l'armatura e la cavalcatura. Si scoraggiavano i [[fante|fanti]] più poveri a rispondere alla convocazione armati di solo [[bastone|bastoni]] indirizzandoli ed incoraggiandoli a costituire il loro equipaggiamento unicamente di arco con frecce.
 
==Monetazione==
[[Immagine:Denier Charlemagne1.jpg|thumb|300px|Denaro di Carlo Magno]]
Proseguendo le riforme iniziate dal padre, Carlo, una volta sconfitti i Longobardi, liquidò il [[Moneta|sistema monetario]] basato sul [[Solido (moneta)|solido d'oro]] dei romani. Egli e il re [[Offa di Mercia]] ripresero il sistema creato da Pipino e da Aethelberto II; Carlo (tra il 781 e il 794) estese nei suoi vasti domini un sistema monetario basato sul monometallismo argenteo: unica moneta coniata era il "denaro". Non essendo prevista la coniazione di multipli, l'uso portò all'affermazione di due unità di conto: la libbra ([[Sterlina inglese|pound]], unità monetaria e ponderale allo stesso tempo) che valeva 20 solidi (come fu successivamente per lo scellino) o 240 [[Denaro (moneta)|denari]] (come per il [[penny]]).
 
Durante questo periodo la libbra ed il solido furono esclusivamente [[unità di conto]], mentre solo il ''denier'' fu moneta reale, quindi coniata.
 
Carlo applicò il [[Monetazione carolingia|nuovo sistema]] nella maggior parte dell'[[Europa]] continentale e lo standard di [[Offa di Mercia|Offa]] fu volontariamente adottato, dai Regni di Mercia e Kent, in quasi tutta l'[[Inghilterra]].
 
Per oltre cento anni il denaro mantenne inalterato peso e lega. I primi slittamenti iniziarono nel X secolo. I primi Ottoni (961-973 e 973-983) misero ordine nel sistema consacrando lo slittamento del denaro in termini di peso e di fino: una "lira" (ossia 240 denari) passò da g 410 a g 330 di una [[lega (metallurgia)|lega]] argentea peggiore (da g 390 di [[argento]] fino a g 275).
 
== Rapporti con l'[[Islam]] ==
 
Con la qualifica di Imperatore, Carlo Magno intrattenne rapporti con tutti i [[sovrano|sovrani]] europei ed orientali.
 
Nonostante le sue mire espansionistiche nella [[marca (circoscrizione)|marca]] spagnola, e il conseguente appoggio ai governatori rivoltosi al giogo dell'[[emirato]] di Cordova; tessé una serie di importanti relazioni con il mondo [[Musulmani|musulmano]].
 
Corrispose amichevolmente con il [[califfo]] di [[Baghdad]] [[Harun al-Rashid|Hārūn al-Rashīd]], al quale chiese gli fosse concessa la protezione del Santo Sepolcro di Gesù a Gerusalemme e sulle carovane di pellegrini che vi si recavano. Il califfo, che vedeva in lui un possibile antagonista dei suoi nemici [[Omayyadi]] di [[al-Andalus]] e di [[Bisanzio]], rispose positivamente alla richiesta anche se - con evidente ironia - gli concesse quell'onore, ma solo sulla sua formale limitatissima superficie.
 
Non mancarono comunque missioni diplomatiche dall'una e dall'altra parte, agevolate da un intermediario ebreo che, per la sua "terzietà", ben si prestava allo scopo. I due sovrani si scambiarono così alcuni doni e, durante uno dei suoi molteplici viaggi in Italia, Carlo Magno ritirò a Pavia una [[scacchiera]] completa con [[pedone (scacchi)|pedine]] in [[avorio]] regalatagli dal [[califfo]] [[Abbasidi|abbaside]].
 
Ad [[Aquisgrana]], l'Imperatore alloggiava invece il regalo cui teneva di più: l'[[elefante]] chiamato Abū l-ʿAbbās, donatogli (forse su sua stessa richiesta<ref>Cfr. Giosuè Musca, ''Carlo Magno ed Harun al Rashid'', Bari, Dedalo, 1963, pp. 21-22.</ref>) dallo stesso sovrano orientale. Carlo lo considerava come un ospite straordinario, da trattare con tutti i riguardi: lo faceva infatti tenere pulito e gli dava personalmente da mangiare e ci parlava. Proprio questo eccesso di zelo (ma, assai più probabilmente il clima gelido in cui era costretto a vivere) fece deperire il pachiderma fino a condurlo alla morte per [[congestione]]. L'Imperatore ne pianse, e ordinò tre giorni di [[lutto]] in tutto il regno.
 
== Famiglia ==
=== Mogli ===
Carlo ebbe probabilmente sei mogli (o forse otto come sostengono alcuni storici). Tuttavia, neppure [[Eginardo]], biografo ufficiale e consigliere del sovrano, poté ricordare il nome di tutte al momento della redazione della sua opera.
 
# [[Imiltrude]]
# Desiderata conosciuta come [[Ermengarda (Carlo Magno)|Ermengarda]] (ripudiata nel [[771]])
# [[Ildegarda (Carlo Magno)|Ildegarda]] (morta nel [[783]])
# [[Fastrada]] (sposata nel [[784]] e morta nel [[794]], da cui ebbe solo figlie legittime femmine)
# [[Liutgarda]] (sposata nel [[794]] e morta nel [[799]])
 
=== Figlie ===
È difficile comprendere l'atteggiamento di Carlo verso le figlie. Nessuna di esse contrasse infatti un [[matrimonio]] regolare. Questo può essere stato un tentativo di controllare il numero delle potenziali [[alleanza|alleanze]] ma occorre ricordare anche che il suo affetto paterno era talmente possessivo che egli non se ne separava mai, portandole con sé anche nei suoi numerosi spostamenti.
 
Ad ogni modo pare che Rotruda ebbe una relazione con Rorgone, Conte del Maine, dalla quale nacque un figlio cui venne dato il nome di Ludovico e che diventerà abate di Saint Denis e [[Bertha]] (o Bertrada) ebbe una relazione ufficialmente riconosciuta, se non un matrimonio, con il poeta [[Angilberto]], membro della corte di Carlo e abate di Saint Riquier, dalla quale nacquero diversi figli, tra cui lo storico Nitardo.
 
Dopo la sua morte le figlie superstiti vennero allontanate da corte da Ludovico il Pio ed entrarono o furono costrette a entrare in [[monastero]].
 
=== Figli ===
Anche calcolando approssimativamente il numero di figli dell'Imperatore, non si otterrà un numero estremamente preciso. Si sa, per certo; che dalle sue cinque mogli ufficiali Carlo ebbe non meno di 10 maschi e 10 femmine. Occorre ancora ricordare che dopo la morte di queste il re franco ebbe molte altre concubine che gli dettero numerosa prole. Non potendo assurgere a posti di potere nella famiglia imperiale, Carlo diede loro in usufrutto dei [[beneficio|benefici]] sottratti a quelle terre organizzate a regime fiscale. Il primogenito conosciuto come [[Pipino il Gobbo]] ebbe vita più sfortunata: nato dalla relazione tra l'imperatore e [[Imiltrude]], non era riconosciuto come figlio legittimo di Carlo perché nato fuori dal matrimonio inoltre venne scoperta una congiura nel [[792]] ordita dallo stesso a cui venne comminata la pena capitale, permutata in seguito in un esilio forzato in monastero mediante [[tonsura]] e l'obbligo del silenzio.
 
Da Ermengarda non ebbe figli e perciò venne ripudiata nel [[771]].
 
Ildegarda diede a Carlo tre figli maschi: Carlo, Carlomanno (in seguito incoronato re d'Italia da [[papa Adriano I]] e rinominato da lui con l'appellativo di [[Pipino d'Italia|Pipino]]) e [[Ludovico il Pio]].
 
=== Successione ===
 
Carlo Magno, seguendo la tradizione franca, aveva previsto la spartizione del regno alcuni anni prima della morte. I confini spettanti a ciascuno dei suoi tre figli legittimi dovevano essere i seguenti:
 
*a Carlo spettavano la [[Neustria]], l' [[Austrasia]] e parti della [[Baviera]];
*a [[Ludovico il Pio|Ludovico]] l' [[Aquitania]], la [[Borgogna]] più la [[Linguadoca]].
*a [[Pipino d'Italia|Pipino]] il [[Regno d'Italia]] e la [[Provenza]].
 
Sfortunatamente, Carlo e Pipino morirono improvvisamente. L'Imperatore dovette affiancare Ludovico al governo del regno nel [[811]], nominandolo unico erede.
 
== Curiosità ==
=== Data di nascita ===
Difficile stabilire con esattezza la data di nascita del futuro Imperatore: [[Eginardo]], suo biografo di corte nel [[Vita Karoli]] ce ne propone almeno tre, nel 742,nel 743 o 744. Il mistero è spiegato probabilmente dal fatto che Carlo nacque prima del matrimonio tra [[Pipino]] e [[Bertrada]]; essendo il nubilato tollerato tra i Franchi, niente di male quindi che i sovrani avessero figli prima del matrimonio. Comunque questi ultimi si erano convertiti al cattolicesimo, ed essendo Eginardo un cortigiano fedele, lo infastidiva dire che il suo re era nato prima del matrimonio dei suoi genitori. La data più probabile infine, sembra essere quella del 742 d. C.
 
=== L'incoronazione ===
 
Il giorno della sua incoronazione, Carlo Magno si presentò in [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]] tra due ali di folla, abbigliato alla romana (abbandonando il consueto costume franco che prevedeva di norma [[braghe]] di lino, [[mantello (indumento)|mantello]] di pelliccia e [[stivali]] annodati a stringhe), con tanto di [[tunica]] bianca, e i [[calzari]] ai piedi.
 
Secondo il suo biografo Eginardo, Papa Leone III, dopo aver incoronato Carlo, si sarebbe prostrato a terra - secondo l'uso bizantino della ''[[proskynesis]]'' - quasi in segno di adorazione.
 
Per altri testimoni che si proclamarono oculari (ma sui quali sono stati avanzati parecchi dubbi), il pontefice, prima di porgli la corona sul capo, lo avrebbe denudato e unto con olio santo dalla testa ai piedi.
 
=== Le abitudini alimentari ===
 
La dieta di Carlo Magno era piuttosto vegetariana. Il sovrano era ghiotto soprattutto di cavoli, aglio e ceci. Questi piatti contadini gli venivano serviti di norma al tocco del vespro, da [[conti]] e [[marchesi]] in funzione di camerieri come segno di sottomissione. Preferiva la carne di porco a quella di manzo ed essendo prodigo nel mangiare arrosti, i medici di corte gli consigliarono un'alimentazione più equilibrata, a causa anche della sua malattia, la [[gotta (malattia)|gotta]].
Un'altra felice scoperta in campo alimentare fu quella del [[formaggio]]: un giorno un vescovo suo amico, gli offrì una forma di [[pecorino]]. Non avendolo mai visto prima, l'Imperatore ne staccò una fetta, rosicchiandone la buccia trovandola disgustosa e montando su tutte le furie. Gli astanti riuscirono a stento a ridurlo alla calma, assicurando che il buono era la polpa. Carlo se ne mostrò talmente deliziato che da allora in poi, durante tutti i suoi viaggi, non se ne faceva mancare una scorta.
 
=== Aspetto fisico ===
[[Immagine:Karl den store avbildad från samtida ryttarstatyett, Nordisk familjebok.png|thumb|200px|Profilo verosimile di Carlo Magno, ripreso dalla statuetta equestre in bronzo fatta fondere nell'[[860]]-[[870]] circa ispirandosi alla statua di [[Teodorico]] portata da [[Ravenna]] ad [[Aquisgrana]]]]
Nelle riproduzioni equestri, notiamo un'imponenza fisica notevole e lo stesso Eginardo ce lo descrive di corporatura imponente sin dalla gioventù (nonostante una tendenza alla pinguedine). Il suo volto era incorniciato da una folta [[capigliatura]] che scendeva alle sue spalle e da una superba [[barba]] contornata da poderosi [[baffi]] che gli spiovevano ai lati della bocca.
Queste descrizioni ci vengono confermate dall'ultima apertura del suo feretro, nel [[1861]]. Secondo le misurazioni infatti, l'Imperatore sarebbe stato alto 192 cm. Peraltro a questa imponenza fisica, i [[biografo|biografi]]
di corte descrivono il tono della sua voce come decisamente stridula.
 
=== Economia ===
 
La precarietà economica feudale e la mancanza di un forte potere centrale, fece assumere alla reggenza franca un modello di governo peripatetico. Lo stesso Carlo Magno, installava la sua corte nei vari [[villaggio|villaggi]] dove alloggiava durante i suoi spostamenti nel vasto impero. Tutti gli uomini, vivendo in un'economia prevalentemente di sussistenza basata sullo scambio in natura ([[baratto]]),vivevano nella necessità di dover far affidamento sulle scorte naturali che deperivano o si esaurivano in un certo lasso di tempo il che impediva la nascita di qualsiasi forma di risparmio ([[risparmio|tesaurizzazione]]). Da qui il [[nomadismo]] anche dei poteri centrali i quali; una volta esaurite le risorse dovevano spostarsi in altre zone. Carlo viaggiava come un povero [[viandante]] su di una [[carrozza]] trainata da [[Bos taurus|buoi]].
 
Dovette inoltre impiegarsi in prima persona nel [[commercio]], diventando padrone di un verziere e di un allevamento di polli<ref>Cfr. Indro Montanelli - Roberto Gervaso, ''Storia d'Italia, L'Italia dei secoli bui'', Milano, Rizzoli, 1966</ref>.
La [[rendita]] di queste attività gli permise di mantenere personalmente le sue residenze estive nel [[Brabante]] e nell'[[Heristal]].
 
=== "Padre" della futura Europa unita ===
 
{{Vedi anche|Carlo Magno precursore dell'Unione Europea}}
 
I maggiori unificatori dell'Europa - da [[Federico I del Sacro Romano Impero|Federico Barbarossa]] a [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], da [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] a [[Jean Monnet]] - ma anche moderni [[statista|statisti]] come [[Helmut Kohl]] e [[Gerhard Schröder]] hanno tutti menzionato Carlo Magno indicandolo come padre della futura [[Unificazione Europea|Europa unita]].
 
=== La spada===
[[Altachiara]] era la spada di Carlo Magno, detta pure "la Gioiosa". Tuttavia lo stesso nome figura pure nei racconti della Tavola Rotonda, attribuito alla spada di Lancillotto. L'origine del nome è ignota.
 
== Note ==
<references/>
 
==Bibliografia==
* [[Eginardo]]. ''Vita Karoli'', L. Halphen (a cura di). Parigi, Les Belles Lettres, 1938.
* Alessandro Barbero. ''Carlo Magno''. Roma-Bari, Laterza, 2000.
* Henri Pirenne. ''Mahomet et Charlemagne''. Laterza, Bari 1939 (trad. dell'originale stampato a Bruxelles, Nouvelle société d’éditions/ Parigi, F. Alcan nel 1937).
* [[Heinrich Fichtenau|Fichtenau, Heinrich, von]]. ''L'impero carolingio''. Gius. Laterza & Figli, Bari, 2000.
* Hägermann Dieter. '''Carlo Magno. Il signore dell'Occidente''. Einaudi, Milano, 2004
* Crivello F. e Segre Montel C. ''Carlo Magno e le Alpi. Viaggio al centro del Medioevo.''. Skira, Susa-Novalesa, 2006.
* Chamberlin Russell. ''Carlo Magno. Imperatore d'Europa''. Newton & Compton, Roma, 2006.
* Buongiorno Teresa. ''Il ragazzo che fu Carlo Magno''. Salani, Milano, 2003.
* Dal Monte Carlo. '' Carlo Magno. Re dei franchi e imperatore''. Edizioni della Vela, 2005
* Becher Matthias, ''Carlo Magno''. Il Mulino, Bologna, 2000.
* Cardini Franco. ''Carlomagno. Un padre della patria europea''. Bompiani, Milano, 2002.
* Delle Donne Giovanni. ''Carlo Magno e il suo tempo. Tutto il racconto della vita del più famoso sovrano medievale e della realtà quotidiana del suo impero''. Simonelli Editore, Milano, 2001.
* Musca Giosuè. ''Carlo Magno e Harun al-Rashid''. Dedalo Edizioni, Roma, 1996.
* Wies Ernst W. ''Carlo Magno. Un imperatore per l'Europa''. ECIG, Genova, 1998.
* Anonimo sassone. ''Le gesta dell'imperatore Carlo Magno''. Jaca Book, Milano, 1988.
 
==Collegamenti esterni==
*{{de}} [http://ri-regesten.adwmainz.de Onlineversion] dei [[Regesta Imperii]]
 
==Voci correlate==
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*[[Medioevo]]
*[[Sacro Romano Impero]]
*[[Imperatori del Sacro Romano Impero]]
*[[Impero Carolingio]]
*[[Sacro Romano Imperatore]]
 
==Altri progetti==
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