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|titolo = Classificazione
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''Utilizzando un criterio epidemiologico, che tiene conto dell’ambiente in cui viene contratta l’infezione respiratoria e delle caratteristiche dell’ospite, attualmente le principali linee guida BTS (British Thoracic Society), ATS (American Thoracic Society) e IDSA (Infectious Diseases Society of America) classificano le polmoniti infettive in tre principali gruppi: extraospedaliere o comunitarie (CAP), ospedaliere o nosocomiali (HAP) e polmoniti in soggetti immunodepressi (Thorax 2009;64(Suppl III):iii1–iii55; Lancet Inf. Dis, 2010;10:279–287). Nel 2005 le line guida ATS/IDSA hanno introdotto la nuova categoria della polmonite in istituti di cura (health-care-associated pneumonia: HCAP). La 5° edizione del Trattato di Medicina Respiratoria di Murray e Nadel (2010) considera tre categorie di polmoniti: CAP, HAP e HCAP. Questa classificazioni ha importanti implicazioni per la scelta della terapia, in quanto le infezioni ospedaliere sono spesso causate da micorganismi antibiotico-resistenti.
 
La nuova classificazione basata sul criterio epidemiologico ha sostituito la vecchia classificazione di Scadding-Reimann (1937), la quale distingueva le polmoniti infettive, secondo un criterio clinico, in tipiche e atipiche (così definite per alcuni caratteri distintivi: sintomatologia e semeiotica ed eziologia ritenuta erroneamente specifica, batterica per le forme tipiche e virale o da micoplasmi per le forme atipiche). Dagli anni ’40 agli ’80 ed oltre, la classica distinzione clinica in polmoniti tipiche (o lobari) e atipiche (o interstiziali) ha fondato la propria valenza pratica sulla convinzione che, mentre le polmoniti tipiche riconoscono sempre come agente casuale un batterio, le polmoniti atipiche fossero dovute a microrganismi non sensibili ai beta lattamici: penicilline e cefalosporine.
 
Numerosi studi degli anni ’70 e ’80 hanno però dimostrato che esiste solo una modesta correlazione tra manifestazioni clinico-radiologiche ed eziologia e che in realtà vi è una notevole sovrapposizione epidemiologica, clinica e radiologica tra le infezioni polmonari causate dai microrganismi atipici e quelle dovute agli altri germi patogeni, per cui il criterio clinico per la classificazione delle polmoniti, sebbene semplice e suggestivo, è stato abbandonato. Ci sono due principali motivi per i quali le manifestazioni cliniche sono scarsamente correlate alla eziologia: la virulenza degli agenti patogeni e le condizioni basali del paziente, con particolare riguardo allo risposta del sistema immunitario. Alcuni patogeni atipici, come Legionella e C.psittaci, possono causare sindromi polmonitiche sia tipiche che atipiche, mentre batteri patogeni sono in grado di produrre manifestazioni cliniche o radiologiche “atipiche”. Dal 1993, le linee guida sconsigliano l’uso del termine polmonite atipica, mentre può essere mantenuto quello di microrganismi atipici (Mycoplasma pneumoniae, Clamydophila pneumoniae, Clamydophila psittaci e Coxiella burnetii). Si tratta di patogeni intracellulari, caratterizzati dall’essere di difficile diagnosi precoce e dalla sensibilità ad antibiotici diversi dai beta lattamici, come macrolidi, tetracicline e fluorochinolonici (British Thoracic Society: Guidelines for the Management of Community Acquired Pneumonia in Adults, 2001).''
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|titolo = Epidemiologia
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''Per quanto riguarda le polmoniti domiciliari o comunitarie (CAP), studi prospettici di popolazione (osservazionali), condotti a Seattle in USA (1979), in UK (1987) e a Kuopio in Finlandia (1993), hanno rilevato un’incidenza annua di polmonite acquisita in comunità di 5-11/1000 abitanti, con notevoli variazioni a seconda dell’età, con massima frequenza fra i bambini >5 anni e gli anziani, con una mortalità <1%. In UK la polmonite costituisce dal 5% (Woodhead,1987) al 12% (MacFarlane, 1993) di tutti i casi di infezione delle vie respiratorie inferiori trattate dai medici di medicina generale. Nell’up-date del 2009, le linee guida del BTS (British Thoracic Society) rilevano che il ricovero ospedaliero è necessario nel 20-40% dei casi, con una mortalità del 5%-15%; dei pazienti ricoverati il 2-10% richiede il trattamento nelle unità di terapia intensiva (ICU). In una serie di studi condotti in vari paesi europei (UK, Francia, Spagna), la mortalità dei pazienti ricoverati in ICU è stata >30% e in alcuni studi inglesi ha superato il 50%.
 
Dopo l’evento acuto, il rischio di morte a 5 anni rimane del 35% più elevato, anche se le cause di questo fenomeno sono il larga parte sconosciute e non spiegabili completamente dalla co-morbilità (malattie di basale sulle quali la polmonite si sovrappone: diabete, BPCO). Si è ipotizzato un aumento del rischio cardio-vascolare legato all’infiammazione, ma non può essere esclusa la comune esposizione delle due patologie agli stessi fattori di rischio, a cominciare dal fumo (Mortensen et al. Assessment of mortality after long-term follow-up of patients with community acquired pneumonia. Clin Infect Dis 2003; 37: 1617-1624; Mechanistic links between acute respiratory tract infections and acute coronary syndromes. J Inf. 2013; 66:1-17).''
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--[[Discussioni utente:Aplasia|Aplasia]] 23:31, 2 dic 2013 (CET)
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