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{{Torna a|Opere di Giacomo Leopardi}}
{{Libro
|titolo = Operette morali
|titoloalfa = Operette morali
|immagine = Leopardi Operette Morali Napoli 1835.jpg
|didascalia = Frontespizio delle Operette morali, pubblicato a [[Napoli]] per i tipi di Saverio Starita nel 1835.
|autore = Giacomo Leopardi
|annoorig =
|lingua = it
|genere = [[Novella|Novelle]] e [[Dialogo|Dialoghi]]
|sottogenere = [[Morale]]
}}
Le '''''Operette morali''''' sono una raccolta di ventiquattro componimenti in [[prosa]], divise tra [[Dialogo|dialoghi]] e [[Novella|novelle]] dallo [[Stile#Letteratura|stile medio]] e [[ironia|ironico]], scritte tra il [[1824]] ed il [[1832]] dal [[poesia|poeta]] e letterato [[Giacomo Leopardi]].
Sono state pubblicate definitivamente a [[Napoli]] nel [[1835]],<ref name="Operette morali edizioni">Edizione censurata, ma ristampata dieci anni dopo dall'amico [[Antonio Ranieri]], per l'editore [[Le Monnier]]. Vedi anche l'[[#Edizione del '35|Edizione del '35]] e quella del [[#Edizione del '45|'45]].</ref> dopo due edizioni intermedie nel [[1827]] e nel [[1834]].
Le ''Operette'' sono l'approdo letterario di quasi tutto lo [[Zibaldone]].<ref name="Vita passata">Scrive Leopardi: {{citazione|Il frutto della mia vita finora passata [...]|Lettera ad Antonio Fortunato Stella, 12 marzo [[1826]].}}</ref>
I temi sono quelli cari al [[poeta]]: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili
Sono tematiche riproposte alla luce del cambiamento radicale avvenuto nel cuore dello [[scrittore]]:<ref name="Materialismo">In questo punto la critica colloca il passaggio di Leopardi da un ''materialismo storico-progressivo'', secondo il quale l'uomo ha perso la possibilità di essere felice quando all'immaginazione si è sostituito il raziocinio, ad un ''materialismo cosmico'', tesi radicale che crede l'uomo infelice a causa della natura indifferente.</ref> la ragione non è più un ostacolo all'infelicità, ma l'unico strumento umano per sfuggire alla disperazione.
A differenza dei [[Opere di Giacomo Leopardi#Le Canzoni: 1820-1823|''Canti'']], sono state concepite interamente nell'anno 1824. Le differenti edizioni testimoniano integrazioni di dialoghi successivi e aggiustamenti circa il messaggio finale.
Le Operette furono spesso confuse con un ''progetto parallelo'' del padre [[Monaldo Leopardi|Monaldo]], che ebbe molto successo,<ref name="Monaldo">L'opera maggiore di [[Monaldo Leopardi]] sono i ''[[s:Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831|Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831]]'', usciti nel gennaio [[1832]] con lo [[pseudonimo]] di ''1150, MCL'' in cifre romane, iniziali di ''Monaldo Conte Leopardi''. Ebbero immediatamente un grande successo, sei edizioni in pochi mesi, e sono stati tradotti in più lingue. Giacomo, da [[Roma]], ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo:
{{citazione|I Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però non so quando mi tornerà in mano.
}}
I suoi scritti esprimevano gli ideali dell'[[assolutismo politico|assolutismo]] e della [[Restaurazione|reazione]]. Tra le tesi sostenute, la necessità di restituire la città di [[Avignone]] al papato e il [[Ducato di Parma e Piacenza|Ducato di Parma]] ai [[Borbone]]; la critica a [[Luigi XVIII]] di [[Francia]] per la concessione della [[costituzione]] e la proposta della suddivisione del territorio francese fra [[Inghilterra]], [[Spagna]], [[Austria]], [[Russia]], [[Paesi Bassi]], [[Baviera]] e [[Piemonte]]; infine, la difesa dell'oppressione [[Turchia|turca]] sul popolo [[Grecia|greco]].</ref> e spesso Giacomo era citato come l'autore, procurando al poeta forte imbarazzo e frustrazione.
Gli argomenti delle Operette, in particolar modo quelli sviluppati nel ''[[#Dialogo della Moda e della Morte|Dialogo della Moda e della Morte]]'' e ''[[#Dialogo di Tristano e di un amico|Dialogo di Tristano e di un amico]]'', saranno ribaditi con decisione, come un [[corollario]] della filosofia leopardiana, da [[Carlo Michelstaedter]] ne ''[[La Persuasione e la Rettorica]]''.
== Genesi dell'opera ==
=== Le prosette satiriche ===
{{vedi anche|Appendice alle Operette morali}}
[[File:G.-LEOPARDI-002.jpg|thumb|upright=1.4|[[Recanati]], il paese natale che ha visto nascere la maggior parte del pensiero e delle opere di Giacomo Leopardi.]]
Leopardi accarezzava già dal [[1820]] l'idea di scrivere delle ''Prosette satiriche'',<ref name="Prosette satiriche">{{citazione|In questi giorni, quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della virtù, ho immaginato e abbozzato certe prosette satiriche|Lettera a [[Pietro Giordani]] del 4 settembre [[1820]], n°166}}Prima testimonianza della conclusione di un ciclo di prose iniziate presumibilmente tra il '18e il '19 in seguito al progetto letterario di dare all'Italia ''una lingua filosofica'' e moderna, ispirata sul piano della scrittura dai moralisti greci e in generale dalla [[#Modelli e fonti|satira menippea]].</ref> ma solo nel [[1824]] il progetto matura e coinvolge più argomenti ed esperienze.
Sono gli anni del trasferimento a [[Roma]], nel tentativo di lasciare [[Recanati]], la ''tomba de' vivi'', per trovare la felicità (illusione presto svanita); della crisi poetica (l'inaridimento della vena lirica della prima gioventù) e filosofica (il passaggio dal materialismo storico-progressivo a quello cosmico).
In un passo dei ''Disegni letterari'' ricostruito sulle carte autografe recanatesi, Leopardi rivela di voler scrivere dei:
{{citazione|Dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi e il ridicolo dai costumi presenti e moderni, e non tanto tra i morti [...], quanto tra personaggi che si fingano vivi, ed anche volendo, fra animali [...]; insomma piccole commedie, o Scene di Commedie [...]: le quali potrebbero servirmi per provar di dare all'Italia un saggio del suo vero linguaggio comico che tuttavia bisogna assolutamente creare [...]. E questi dialoghi supplirebbero in certo modo a tutto quello che manca nella Comica Italiana, giacché ella non è povera d'intreccio d'invenzione di condotta ec., e in tutte quelle parti ella sta bene; ma le manca affatto il particolare cioè lo stile e le bellezze parziali della satira fina e del sale e del ridicolo attico e veramente e plautino e lucianesco [...].<ref name="Disegni letterari">Leopardi inizia un traduzione del ''Caronte e Menippo'' di ''Luciano'' tra la primavera e il luglio 1818 secondo il Flora, ma secondo il Besomi nel 1819 cfr. {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=O. Besomi (edizione critica a cura di )|titolo=Operette morali|città=Milano|anno=1979}}</ref>|Giacomo Leopardi, ''Disegni letterari'', [[Recanati]], [[1819]] - in ''Scritti vari e inediti'' a cura di O. Besomi -}}
Al Besomi spetta il merito di aver ricostruito, il più fedelmente possibile, la data di composizione di questi primi abbozzi. Non estranea l'influenza della delusione dei moti rivoluzionari del '20-'21 a [[Napoli]] che, successivamente, farà sparire la coloritura politica di queste prime prove.
Il Blasucci e il Secchieri considerano i tempi delle ''prosette satiriche'', momenti distinti dalle ''Operette'' vere e proprie.
=== Il primo nucleo ===
[[File:Diavolo bonaiuto2.jpg|thumb|Il diavolo [[Farfarello]], dal ''Dialogo di Malambruno e Farfarello'']]
Sebbene di data incertissima si possono datare al 1820-'21,<ref name="Primo nucleo">Besomi risale alle probabili date in base agli autori e ai testi classici in esse citate e riportate nelle pagine dello Zibaldone: [[Velleio Patercolo]], 22 dicembre [[1820]]; [[De bellis civilibus]] di [[Appiano di Alessandria|Appiano]], 29 aprile [[1821]]; [[Floro]], 7 gennaio [[1821]]; [[Tacito]] 2 gennaio [[1821]] ecc.</ref> i seguenti esperimenti di ''prosette''. Dallo sporadico accenno del 1820, l'opera cresce fino alle dichiarazioni esplicite del 1821 al Giordani:<ref name=" dichiarazioni esplicite">''[[s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', pp. 1393-94, 27 luglio 1821; ''[...]trattato in prosa alla maniera di Luciano'', da una lettera a [[Pietro Giordani]] del 6 agosto 1821, n° 202.</ref>
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati|Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati]]''
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro|Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro]]''
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo di un cavallo e un bue|Dialogo di un cavallo e un bue]] e relative aggiunte''
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo: Galantuomo e Mondo|Dialogo: Galantuomo e Mondo]]''
* ''primo frammento di [[Appendice alle Operette morali#Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello|Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello]]''
Nei dialoghi sono presenti alcune caratteristiche tipiche delle stile lucianeo ([[conversazione]] agli [[inferno|inferi]], forme di comicità bassa, ecc.) che diventeranno proprie della [[#Analisi delle Operette|produzione maggiore]].
[[File:Porphyry.jpg|thumb|Il filosofo [[Porfirio]], dal ''Dialogo di Plotino e Porfirio'']]
Il tema principale di questo nucleo è la ''penitenza della virtù'',<ref name="Penitenza della virtù">Concetto introdotto nel ''Bruto minore'' e nella [[#Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a morte|Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a morte]] è approfondito nella [[#Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello|Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello]] e nel [[#Dialogo: Galantuomo e Mondo|Dialogo: Galantuomo e Mondo]]: vi compare la concezione della vanità della vita e della sapienza, che si traduce in un'[[apostasia]] della stessa gloria e della stessa virtù che non è una situazione propria degli antichi ma solo dei moderni. Cfr. W. Binni, ''La protesta di leopardi'' pp.136-167.</ref> ovvero la scelta di una scrittura morale che non può più insegnare ''quegli errori magnanimi'' che ''abbelliscono la nostra vita''[...]. Questi errori sono la [[virtù]] e la gloria. La nuova scrittura rinuncia alla poesia (lirica) e alla persuasione dell'entusiasmo; e consiste, molto praticamente, nell'astensione dall'impegno politico e [[filantropia|filantropico]]. Resta solo l'ironia e il gioco fine a sé stesso: a confronto sono presi [[Senofonte]] e [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], la [[Ciropedia]] e il [[Principe]].
I dialoghi e le novelle sono costantemente intrecciati e variati: è difficile se non impossibile tracciare un quadro d'insieme. Mutano continuamente situazioni, personaggi, luoghi e tempi; «''emerge un mondo bizzarro di gusto popolare e fanciullesco, pieno di grazia e di geniale vanità''».<ref name="LC">{{cita libro|autore=L. Celerino|titolo=Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana ''Le Opere'' vol. III|città= Torino|editore=UTET|anno=1995}}</ref> Ben rappresentato appare il ''piacere della variazione'', della discontinuità: il lettore è provocato e stimolato; la conclusione del libro viene lasciata alla sua responsabilità. Questo aspetto troverà la sua più compiuta attuazione nel [[#Dialogo di Plotino e di Porfirio|Dialogo di Plotino e di Porfirio]].
Gli abbozzi del '20-'21 riportano temi [[tirannia|antitirannici]] e contro l'[[antropocentrismo]]. La forte coloritura politica, che sparirà successivamente per essere ripresa solo nelle ultime operette, costituirà uno spunto di riflessione talmente profondo da far mutare l'atteggiamento psicologico, filosofico-morale e letterario dell'autore, tanto da riconsiderare la forma stessa dell'espressione: è questo il passaggio dalla poesia alla verità, ''alla prosa'':
{{citazione|[...] Non solo alla lingua francese (come osserva la [[Madame de Staël|Staël]]), ma anche a tutte le altre moderne, pare che la prosa sarebbe più confacente del verso alla poesia moderna|Giacomo Leopardi, ''[[Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', pp. 2171-2172, 26 novembre [[1821]]}}
[[File:Pietro Giordani.jpg|thumb|[[Pietro Giordani]]. Letterato d'indole [[liberalismo|liberale]], nel 1816 iniziò un rapporto epistolare con Leopardi, a cui fece visita nel 1818. Il Giordani incoraggiò e favorì la conoscenza del recanatese presso gli ambienti culturali più importanti dell'epoca. Provava per il poeta grande stima ed affetto: Giacomo lo definì ''cara e buona immagine paterna''.<ref name="Pietro Giordani">Giordani rimase molto colpito dalla morte del poeta, come esprimono alcune lettere inviate agli amici:
{{citazione|L'afflizione per Leopardi è nelle midolle; e vi durerà. Non è da dolere che abbia finito di penare; ma sì che per 40 anni abbia dovuto desiderar di morire: questo è il dolore immedicabile [...]. Io confesso di non aver pianto: ma una tristezza invincibile mi avvelena ogni piacere che qui potrei gustare.|[[Torino]], 12 luglio [[1837]]}} In seguito i suoi pensieri riguardo alla memoria dell'amico cambiarono radicalmente: {{citazione|Quando cominciò ad essere conosciuto, non mi scrisse più: quando a Firenze andavo a trovarlo, non mi parlava. Nelle sue scritture ha posto molti, di me non mai parola. Pare che il cuore non corrispondesse all'ingegno, altri ancora l'han detto ingrato. Ma questo non fa nulla.|1º ottobre [[1839]]}}{{citazione|Io credo che originalmente Giacomo avesse cuor buono ed affettuoso, ma credo che poi si fosse fatto molto egoista. Per me passò dalle smanie amorose a più che indifferenza, ed ebbe gran torto.|28 maggio [[1840]]}}</ref>]]
Tra il '22 e il '23 il poeta trascrive in una pagina dello Zibaldone, indicata come ''progetti letterari'' un indice approssimativo di 17 operette. Molti dialoghi e novelle sono già presenti ma con un titolo provvisorio:
# Salto di Leucade
# Egesia pisitànato
# Timone e Socrate
# Natura ed anima
# Principe del nuovo Cinosarge
# Seconda gioventù
# Misènore e Filènore
# Beppo
# Tiresia
# Astuzia e Forza
# Tasso e Genio
# Galantuomo e Mondo
# Asinaio ed Asino o l'Aponòsi
# I due topi
# Ippocrate e Democrito
# Il rosignuolo e la rosa
# Il sole e l'ora prima, o, Copernico
=== L'edizione definitiva ===
La versione definitiva delle ''Operette morali'' che oggi conosciamo segue questo ordine:
[[File:Ridolfo Ghirlandaio Columbus.jpg|thumb|Ritratto di [[Cristoforo Colombo]], dal ''Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Guitierrez'']]
* ''[[Analisi delle Operette morali#Storia del genere umano|Storia del genere umano]]'', 19 gennaio / 7 febbraio [[1824]]
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo d'Ercole e di Atlante|Dialogo di Ercole e di Atlante]]'', 10 / 13 febbraio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo della Moda e della Morte|Dialogo della Moda e della Morte]]'', 15 / 18 febbraio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Proposta di premi fatta all'Accademia dei Silografi|Proposta di premi fatta all'Accademia dei Sillografi]]'', 22 / 25 febbraio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo|Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo]]'', 2 / 6 marzo '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Malambruno e di Farfarello|Dialogo di Malambruno e di Farfarello]]'', 1 / 3 aprile '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo della Natura e di un'Anima|Dialogo della Natura e di un'Anima]]'', 9 / 14 aprile '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo della Terra e della Luna|Dialogo della Terra e della Luna]]'', 24 / 28 aprile '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#La scommessa di Prometeo|La scommessa di Prometeo]]'', 30 aprile / 8 maggio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di un fisico e di un metafisico|Dialogo di un fisico e di un metafisico]]'', 14 / 19 maggio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo della Natura e di un Islandese|Dialogo della Natura e di un Islandese]]'', 21 / 30 maggio '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare|Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare]]'', 1 / 10 giugno '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Timandro e di Eleandro|Dialogo di Timandro e di Eleandro]]'', 14 / 24 giugno '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Il Parini, ovvero Della Gloria|Il Parini, ovvero Della Gloria]]'', 6 luglio / 30 agosto '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie|Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie]]'', 16 / 23 agosto '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Detti memorabili di Filippo Ottonieri|Detti memorabili di Filippo Ottonieri]]'', 29 agosto / 26 settembre '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Guitierrez|Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Guitierrez]]'', 19 ottobre / 5 novembre '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Elogio degli uccelli|Elogio degli uccelli]]'' 29 ottobre / 5 novembre '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Cantico del gallo silvestre|Cantico del gallo silvestre]]'' 10 / 16 novembre '24
* ''[[Analisi delle Operette morali#Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco|Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco]]'', autunno [[1825]]
* ''[[Analisi delle Operette morali#Il Copernico|Il Copernico]]'', [[1827]]
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Plotino e Porfirio|Dialogo di Plotino e Porfirio]]'', '27
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere|Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere]]'', [[1832]]
* ''[[Analisi delle Operette morali#Dialogo di Tristano e di un amico|Dialogo di Tristano e di un amico]]'', '32.
== Storia editoriale ==
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza =
|titolo =
|contenuto =
:1. ''Storia del genere umano'' (dal 19/01-7/02/1824)
:2. ''Dialogo d'Ercole e Atlante'' (10-13/02/1824)
:3. ''Dialogo della Moda e della Morte'' (15-18/02/1824)
:4. ''Proposta di premi fatta all'Accademia del Sillografi'' (22-25/02/1824)
:5. ''Dialogo di un lettore di umanità e di [[Sallustio]]''<ref name="Dialogo Sallustio">
:6. ''Dialogo di un folletto e di uno gnomo'' (2-6/03/1824)
:7. ''Dialogo di Malambruno e di Farfarello'' (1-3/04/1824)
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:10. ''La scommessa di Prometeo'' (30/04-8/05/1824)
:11. ''Dialogo di un fisico e di un metafisico'' (14-19/05/1824)
:12. ''Dialogo della Natura e di un Islandese'' (21-27-30/05/1824)
:13. ''Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare'' (1-10/06/1824)
:14. ''Dialogo di Filénore e Misénore''<ref name="Dialogo FilMis">
:15. ''Il Parini ovvero della gloria'' (6/07-13/08/1824)
:16. ''Dialogo di [[Federico Ruysch]] e delle sue mummie'' (16-23/08/1824)
:17. ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' (29/08-26/09/1824)
:18. ''Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutìerrez'' (19-25/10/1824)
:19. ''Elogio degli uccelli'' (29/10-5/11/1824)
:20. ''Cantico del Gallo silvestre''
:21. ''Note'' (7-13/12/1824)
}}
=== Edizione del '24 ===
Nel 1888 al passaggio delle carte da Antonio Ranieri alla Biblioteca Nazionale di Napoli emerse un autografo con un indice per le venti operette fino ad allora composte, diverso dalla prima e da ogni edizione a stampa nota.<ref name="Edizione Stella">In un'altra pagina compare un indice corrispondente all'edizione [[#Edizione del '27|Stella]] del 1827.</ref><br />Questo autografo è una bella copia abilmente predisposta con ampi margini per contenere note e appunti soprattutto di carattere grammaticale e stilistico. In base ai diversi colori degli inchiostri usati è stato possibile distinguere tre fasi correttorie anteriori al maggio del 1826.<ref name="Edizione Stella 2">Periodo della copia definitiva inviata a Milano all'editore Stella nel 1827.</ref> A differenza dei ''Canti'', le ''Operette morali'' non hanno subito grandi cambiamenti.<ref name="Scaletta Operette">Quasi tutte furono composte tra il gennaio e il novembre del [[1824]] eccetto: [[#Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco|Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco]] (autunno [[1825]]); [[#Il Copernico ovvero della gloria|Il Copernico ovvero della gloria]] e [[#Dialogo di Plotino e di Porfirio|Dialogo di Plotino e di Porfirio]] ([[1827]]); [[#Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere|Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere]] e [[#Dialogo di Tristano e di un amico|Dialogo di Tristano e di un amico]] ([[1832]]).</ref>
Nella prima prova mai data alle stampe, è interessante la chiusura affidata al [[#Cantico del Gallo Silvestre|Cantico del Gallo Silvestre]], che richiama la novella iniziale, [[#Storia del genere umano|Storia del genere umano]]: Leopardi affida ad un essere soprannaturale un messaggio escatologico che integra il tema della morte, facendo prevalere nel libro l'aspetto più filosofico del suo pensiero. Questa immagine svanirà nelle successive edizioni, per poi essere recuperata nel dittico che il ''Cantico'' formerà con il [[#Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco|Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco]], introdotto da un piccola nota in calce nell'edizione del [[1835]].
=== Edizione del '27 ===
Conosciuta come la prima edizione ufficiale delle ''
=== Edizione del '34 ===
[[
La seconda edizione delle ''Operette'' fu pubblicata sei anni dopo, nel 1834 (inviata tra giugno e luglio 1833
La nuova edizione è una risposta alle opinioni ostili mosse nei suoi confronti e un'occasione per riprendere in modo più radicale le riflessioni in essa contenute. Delle operette del '25-'27 ancora nessun segno, tuttavia il contenuto del ''Frammento'' si fa sentire in una nota posta al ''Cantico'' in cui l'autore dichiara: ''Questa è conclusione poetica non filosofica''; il passo successivo sarà quello di approfondire questa conclusione in un testo più ampio e articolato.
{{
}}
Cassate per il momento anche ''Porfirio'' e il ''Copernico'', probabilmente più per indecisione dell'
=== Edizione del '35 ===
[[
La terza edizione delle ''Operette'' presso l'editore Saverio Starita di Napoli, ''corretta e accresciuta'',<ref name="Starita">Vedi [[
{{citazione|L'edizione delle mie opere è sospesa, e più probabilmente abolita, dal secondo volume in qua, il quale ancora non si è potuto vedere a Napoli pubblicamente, non avendo ottenuto il publicetur. La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il mondo, sotto un nome e sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto.|Giacomo Leopardi, lettera a ''Luigi De Sinner'' del 22 dicembre, [[1836]].}}
Nonostante la soppressione molte copie del primo volume furono vendute con uno stratagemma: il [[frontespizio]] originale fu sostituito con il seguente: ''Prose'' di ''Giacomo Leopardi'',
Edizione corretta, accresciuta e sola approvata dall'autore, Napoli, Italia 1835.
=== Edizione del '45 ===
[[File:Antonioranieri1.jpg|thumb|left|upright=0.5|[[Antonio Ranieri]]]]
Nel 1845 uscì la prima edizione postuma presso l'editore di [[Firenze]], [[Le Monnier]] curata gelosamente da Antonio Ranieri che, sebbene piena di errori, fu costruita sull'autografo dell'autore e su i suoi appunti preparatori per l'edizione Starita e per quella parigina.<ref name="editore Baudry"/> Ranieri aggiunse alcune note al testo ma non sempre in modo puntuale.<ref name="Sviste">Numerose le sviste e gli errori, corretti nelle successive edizioni critiche, a partire dai primi del '900.</ref>
Il ''Frammento'' trova posto dopo il ''Cantico''.<ref name="Inserimenti">Leopardi ne discute ancora col De Sinner per l'edizione parigina nel 1835.</ref> Il ''Copernico'' e il ''Porfirio'' sono interposti a Timandro e alle operette composte per ultime. La [[palinodia]] del ''Tristano'' si conferma a conclusione dell'opera.
Escluso il ''Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio'', «per volontà dell'autore», ma nessun documento ne spiega i motivi.
Ad avvalorare il lavoro, che testimonia sia stata attuata la volontà di Leopardi e non quella di Ranieri, un esemplare del primo volume della Starita e un'edizione della Piatti corretta dall'autore, più alcuni autografi e bozze.<ref name="Moroncini">Gli stessi testi serviranno a F. Moroncini per fissare l'edizione critica definitiva delle [[:s:Operette morali|Operette morali]] di Giacomo Leopardi.</ref>
Nella stampa era presente un'avvertenza, imposta a varie operette dal censore fiorentino, padre Amerigo Barsi, per proteggere il lettore, in nome del sistema [[cattolico]], dagli errori del poeta.
=== Edizioni postume ===
Le basi per la prima edizione critica furono gettate dal Mestica che concentrò la maggior parte del suo lavoro sulla carte napoletane. Nonostante la morte prematura del curatore, avvenuta prima del compimento dell'opera, la casa editrice Le Monnier, approntò una nuova edizione che si basava su i suoi studi nel 1906. Ad essa seguì l'edizione di [[Giovanni Gentile]], per la Zanichelli, a [[Bologna]] nel [[1918]]<ref>Vedi l'[[s:Indice:Operette morali.djvu|edizione del 1918 di Gentile su Wikisource]].</ref> che si rifaceva all'ultima edizione curata da Leopardi, più l'autografo napoletano.
A questo punto [[:s:Operette morali|l'edizione critica ufficiale]] fu portata a termine da [[Francesco Moroncini]], e ad esse si rifanno tutte le successive edizioni. Il Moroncini, come il Ranieri ma perfezionandolo, si basò su una copia del primo volume della ''Starita'' corretta da Leopardi stesso e sulla ''Piatti'' con correzioni a mano del Ranieri dettate dal poeta. Per ''Copernico'' utilizzò una bozza corretta per il terzo volume delle ''Opere'' edizione ''Starita'' che non uscì mai, mentre per ''Porfirio'' l'edizione del '45 più riscontri con autografi.
=== Anteprima in riviste e giornali ===
[[
Le ''predilette'' Operette sono state pubblicate da Leopardi anche su riviste e giornali e hanno preceduto l'edizione in volume. Queste anticipazioni autorizzate più di una volta sono state motivo di grande frustrazione. Molti gli errori e le sviste. Nella prima edizione dell'''Antologia'', contenente solo tre dialoghi<ref name="Antologia '26">''Dialogo di Timandro e di Eleandro'', ''Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez'', ''Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare'', scelti e curati da Pietro Giordani.</ref> e apparsi sul numero LXI del gennaio 1826, l'ultima operetta è stata inserita come prima, stravolgendo il significato del libro.
{{citazione|I miei Dialoghi stampati nell'Antologia, non avevano ad essere altro che un Saggio,<ref name="Operette Saggio">''Delle operette morali del conte Giacomo Leopardi / Primo Saggio'', Antologia, LXI, gennaio 1826.</ref> e però furono così pochi e brevi. La scelta fu fatta dal Giordani, che senza mia saputa mise l'ultimo per primo.|Lettera a ''Francesco Puccinotti'' del 22 giugno [[1826]], n. 454.}}
{{citazione|[...] Vi ringrazio dell'onore che avete fatto ai miei dialoghi di pubblicarli nel vostro Giornale, benché io m'avvegga di non aver saputo spiegare a Giordani il mio desiderio in questo proposito, e benché mi abbiano un poco umiliato i molti e tremendi errori che sono corsi nella stampa (tali che spesso nel leggerla non m'intendeva io stesso), e l'ortografia barbare che vi regna.|Lettera a [[Giovan Pietro Vieusseux|Giampietro Vieusseux]] del 4 marzo, [[1826]], n. 422.}}
La seconda edizione, emendata di molti errori, è apparsa sul Nuovo Ricoglitore:<ref name="Stralci di Stella">Dal nuovo Ricoglitore furono tratti nello stesso anno alcuni estratti dall'editore Stella.</ref> la prima operetta sul numero del 15 marzo 1826, le altre due sul numero del 16 aprile 1826.
Un'altra preoccupazione per Leopardi era la pubblicazione spezzata: l'esordio con ''La storia del genere umano'' e la chiusura sempre diversa da un'edizione all'altra testimoniano un disegno ben preciso e articolato.
{{citazione|L'uscir fuori a pezzi [...] nuocerà sommamente ad un'opera che vorrebb'esser giudicata nell'insieme, e dal complesso sistematico, come accade a ogni cosa filosofica, benché scritta con leggerezza apparente|Giacomo Leopardi, lettera ad Antonio Fortunato Stella del 6 dicembre, [[1826]], n. 494.}}
{{citazione|È vero che darà poi tutto il libro in una copia, ma il primo giudizio del pubblico sarà già stato formato sopra quei pezzi usciti a poco a poco, e molto lentamente: e il primo giudizio, è quello che sempre resta|Ibidem, ss.}}
Il fianco a malintesi, anche da parte degli editori, si presta principalmente ''per l'assenza nella struttura di qualsiasi elemento di sistematicità''.<ref name="LC"/>
== Modelli e fonti ==
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
|titolo = Satira Menippea
|contenuto =
Genere di satira risalente all'opera del polemista greco [[Menippo di Gadara]] (II secolo a.C.), praticato poi da [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]]; ebbe profondi influssi su [[Petronio Arbitro|Petronio]] e soprattutto su [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]] (''[[Apokolokyntosis]]'') e [[Luciano di Samosata]]. La menippea è caratterizzata da mescolanze volutamente disarmoniche tra prosa e versi: la forma letteraria da cui deriva è il [[prosimetro]].
Lo scrittore produce un'alternanza frequente, non episodica, di prosa e versi, (esempi, oltre i classici, sono la ''[[Vita Nuova]]'' di [[Dante Alighieri|Dante]], l<nowiki>'</nowiki>''[[Ameto]]'' di [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]], l'''[[Arcadia]]'' di [[Jacopo Sannazaro|Sannazaro]]); di serietà e comicità (il cosiddetto ''spoudogeloion'', lo stile ''serio-comico'' usato dal filosofo greco Menippeo e dalla menippea in generale, in cui è data formulazione scherzosa e trattamento comico ad argomenti filosofici); di realismo popolare e di raffinate citazioni o parodie letterarie.
[[File:Lucian Samosata.warj.png|right|80 px]]
'''Luciano di Samosata''', è stato un retore-narratore dalla ricca vena
umoristica vissuto nel II secolo d.C. Nella sua opera imprime nuove tendenze al dialogo, alla parodia e alla satira ''menippea''. Nel ''corpus'' di Luciano figura (non è suo, ma forse deriva da una sua opera narrativa andata perduta) quel ''Lucio o l'Asino'' che documenta un perduto modello del romanzo di [[Apuleio]].<ref name="Apuleio">Vedi anche '''Lucio di Patre''': presunto autore di un romanzo ''Metamorfosi'': le generalità concordano con il protagonista del Lucio o l'Asino attribuito a Luciano, e la notizia rinvia al complicato problema delle fonti delle ''Metamorfosi'' apuleiane.</ref>
}}
Il modello principale è l'antica [[satira menippea]]. Nelle ''Operette'' domina l'imitazione dei ''[[s:Dialoghi dei morti|Dialoghi dei morti]]'' di Luciano, che per Leopardi è un modello di stile.<ref>[[Zibaldone]] pag. 1394 (27 luglio 1821): ''le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando''.</ref> In Italia non è mai esistito niente di simile. Ne imita la comicità e le mosse umoristiche e argute, muovendosi dal sostenuto al dialogo basso e all'imitazione gratuita.<ref>L'orchestrazione di stili diversi si fa maggiormente evidente quando dai dialoghi di Leopardi prende avvio un discorso sul ''vero''.</ref>
La variazione di numerosi inserti all'interno delle stesse ''Operette'', ''enfatizzano il [[paratesto]] per svuotarlo di significato'':<ref name="LC">L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali'', Letteratura italiana ''Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref> su tutte ''Federico Ruysch'', in cui troviamo contemporaneamente, novella fantastica, teatro comico, dialogo dei morti e coro finale che ripropone un genere molto antico-, ''Il cantico'', canto ridotto in prosa, temi comici accanto a temi biblici, contrasti che nella scrittura ricordano lo stile ebraico o il moderno francese ecc.
{{citazione|Lo scriver francese tutto staccato, dove il periodare non è mai legato col precedente[...], il cui stile non si dispiega mai, [...] è una specie di Gnomologia. In questa qualità, lo scriver francese rassomiglia allo stile orientale il quale anch'esso [...] è tutto spezzato come si vede ne' libri poetici e sapienzali della scrittura.|Giacomo Leopardi, ''[[:s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', pp. 2615-16.}}
La finzione del manoscritto ha come prototipo il [[Pulci]],<ref name="Pulci">L. Pulci, ''Morgante maggiore'', XIX vv. 153-54</ref> mentre il ''Prometeo'' e l'''Islandese'' sono il miglior esempio di fusione tra narrazione e dialogo. Nel ''Parini'' è sperimentato anche il trattato alla maniera di [[Cicerone]].
''La scrittura alla maniera di Luciano'' è una scelta che mira ad innalzare la commedia e il miglior procedimento per assecondare la sua immaginazione, sicuramente non un semplice esercizio retorico, o ''[[#Bazzecole grammaticali|bazzecole grammaticali]]''.
Non si trova nella [[letteratura italiana]] un modello per le ''Operette'' ovvero un ''altro libro di argomento profondo e tutto filosofico e metafisico''.<ref name="Libro profondo">Lettera ad Antonio Fortunato Stella, del 6 dicembre [[1826]].</ref>
Per la contaminazione di generi e la varietà di registri stilistici interni Leopardi è stato preceduto dall'Alberti delle ''Intercenales''.<ref name="Alberti">Testo che il Leopardi non conosceva.</ref> L'erudizione, quindi le sterminate fonti e riferimenti culturali, dotti, sono un travestimento letterario ''responsabile del tono ludico e parodico del testo''.<ref name="LC"/>
Leopardi si rifà al genere espresso da Luciano e gli autori che ad esso si sono ispirati, come il Machiavelli della Vita di Castruccio Castracani o la Vita di Leon Battista Alberti, in chiave moderna ''Life and Opinions of [[Tristram Shandy]], Gentleman'' (vedi l'Ottonieri<ref name="Detti memorabili">La novella ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' riprende anche i ''memorabilia'' di [[Socrate]], stesi dai suoi allievi, in particolare [[Senofonte]].</ref>) di [[Laurence Sterne]].<ref name="Foscolo">Modello ripreso già da [[Ugo Foscolo]] con la ''Notizia intorno a Didimo Chierico''.</ref> Per la battuta di Malambruno (''Fammi felice per un momento di tempo'') e il gioco a palla di Ercole e Atlante è stato tirato fuori il [[Faust (Goethe)|Faust]] di [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]].<ref name="Marzot">G. Marzot, ''Storia del riso leopardiano'', Messina-Firenze 1966.</ref>
[[Socrate]] rappresenta un modello di filosofia, fondatore della morale della cultura occidentale: Leopardi riteneva proprio l'[[etica]] la parte più importante della filosofia in generale. Tuttavia in alcuni momenti dell'Ottonieri, finisce per costruire un testo di maniera, molto libresco e poco vero.
Buona parte dei dialoghi leopardiani possiede una natura filosofica di matrice scettica, caratteristica della letteratura moralistica, sia antica (Luciano) che moderna ([[Illuminismo]]). Per difendere le sue convinzioni dall'attacco del [[Niccolò Tommaseo|Tommaseo]], il poeta si rifà, per esempio, al pirronismo di [[Pierre Bayle|Bayle]]:
{{citazione|Che i miei principi sieno tutti negativi, io non me ne avveggo; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia, perché mi ricordo di quel detto di Bayle; che in metafisica e in morale, la ragione non può edificar, ma solo distruggere|Giacomo Leopardi, lettera ad Antonio Fortunato Stella del 23 agosto [[1827]], n°541.}}
Tolto Luciano, i modelli più significativi da un punto di vista di gusto meramente letterario sono principalmente [[illuminismo|illuministi]]. Di [[Bernard le Bovier de Fontenelle|Fontenelle]] apprezza la ''superficialità'' e la ''leggerezza''; il cinismo di [[Voltaire]] nel suo Candido si affaccia sullo stato d'animo dell'Islandese. La battuta di un personaggio di Christoph Martin Wieland sono all'origine della [[misantropia]] di Eleandro. Sul fronte italiano Ariosto è un autore particolarmente caro al nostro che nel Dialogo terra Luna esprime al meglio il suo ''stile comico''. Vastissima invece la mole di fonti letterarie citate più o meno direttamente dall'autore e che appartengono al suo bagaglio culturale,<ref name="BC">Spesso Leopardi riporta studi e teorie di lavori precedenti come il ''Saggio sugli errori popolari degli antichi'', ''Storia dell'Astronomia'', ''[[:s:Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani|Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani]]'', ''[[:s:Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica|Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica]]''.</ref> sono informazioni importanti funzionali alla creazione di un'atmosfera di divertita erudizione all'interno del testo, uno sfoggio di cultura ironica perché volutamente frivola.<ref name="Studio delle fonti">Non è stato ancora svolto, come nei lavori filologici per lo Zibaldone e i Canti, uno studio comparato degli autori e dei testi che hanno influenzato la stesura delle ''Operette''.</ref> Non semplice è il lavoro stesso di ricerca data l'alta frequenza di informazioni puntuali e dottrine in cui s'inseriscono, secondo il gusto tipico dell'autore, notizie curiose e bizzarre. Difficile quindi, distinguere, all'interno del testo, «l'ironia allusiva da ciò che è riuso poetico, memoria (volontaria o involontaria). Resta che la scrittura di Leopardi comporta sempre un fitto dialogo [[intertestualità|intertestuale]]».<ref name="LC">L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali'', Letteratura italiana, ''Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>
Quest'opera assume dunque un'importanza come momento necessario nell'evoluzione della spiritualità leopardiana ed i dialoghi hanno un intrinseco valore lirico e poetico.<ref>Come ben evidenziato dal critico [[Mario Fubini]], sono presenti dei ''concetti-miti'': ''Felicità'', ''Piacere'', ''Amore'', ''Speranza'', ''Natura''. [...] La ''Felicità'' appare assurda ed impossibile, ma vagheggiata e vista con affetto nelle sue effimere ed illusorie apparizioni; il ''Piacere'' è un fantasma ingannevole e vano, a noi spesso vicino; la ''Speranza'' è irragionevole e mai completamente vinta, ma suscita piacevoli immaginazioni; ''Amore'' è raro e miracoloso e ci concede l'unica vera beatitudine; la Natura è indifferente ed ostile, ma egualmente invocata e desiderata.[...]. [[Mario Fubini]], ''Introduzione a G. Leopardi'', ''Operette Morali'', Loescher, Torino, 1966, p.15 e segg.</ref>
=== Bazzecole grammaticali ===
[[File:VincenzoMonti.jpg|thumb|left|upright=0.7|Vincenzo Monti]]
Le Operette morali si presentano come una raccolta di testi apparentemente slegati, senza una cornice o espliciti collegamenti tematici. Formalmente mostrano l'impiego di un elevato registro espressivo; le tecniche paratestuali coinvolgono testi fittizi, manoscritti ritrovati o volgarizzati, apocrifi. Il lettore è spinto a seguire il ragionamento da angolazioni sempre diverse.
Questa sistematica variazione fornisce ai testi un'inconfondibile originalità filosofica, morale e poetica. Il pensiero dell'autore non appare circostritto ad un determinato testo, ma sconfina volutamente in altre parti del libro senza soluzione di continuità. La curiosità del lettore su tematiche sensibili troverà soddisfazione proprio procedendo con la lettura.
Si può considerare un'opera aperta proprio per quel ''trionfo dell'immaginazione e dell'estro che governa l'invenzione in conflitto con l'attesa di una sistematicità che il titolo promette''.<ref name="LC"/>
L'unico esempio disponibile al tempo erano delle prosette alla ''maniera di Luciano'' di [[Vincenzo Monti]].<ref name=" bazzecole grammaticali ">Definite dall'autore ''bazzecole grammaticali'' in un passo dello Zibaldone (p. 1393, e in un lettera a Pietro Giordani del 4 agosto [[1823]], n°202.</ref> Il poeta [[Emilia-Romagna|romagnolo]] aveva rispolverato il genere, evitando l'abusato dialogo dei morti, e aveva inserito alcuni componimenti nei quattro volumi della ''Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca'', editi tra il [[1817]] e il [[1824]]. Leopardi analizzò con cura nel marzo del [[1821]] gli esemplari montiani prima di cominciare a lavorare al suo progetto già concepito da tempo. Nonostante l'illustre precedente, le operette resteranno un'opera originale e senza seguito nella storia della letteratura italiana.<ref>Provocazione di AsorRosa su Calvino - Palomar e le Lezioni americane ecc.</ref>
== Tematiche e contenuti ==
{{vedi anche|Utente:Xavier121/Sandbox2}}
=== Il titolo ===
[[File:Philosopher or priest of Delphi - Archaeological Museum of Delphi.jpg|left|90px|thumb|[[Plutarco]]]]
Il titolo lega insieme i due aspetti principali dell'opera leopardiana: il carattere satirico e il fine morale.<ref name="Palumbo">[[Romano Luperini|R. Luperini]], P. Cataldi, L. Marchiani, ''La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea, ed. blu, vol. 2'', [[Palumbo (editore)|Palumbo Editore]], Palermo.</ref>
''Operette'' è un diminutivo di umiltà: si tratta di componimenti brevi, considerati piccoli in mole e in valore dall'autore.
La loro minuzia contribuisce a renderli, però, di un'efficacia filosofica e poetica lucida, programmatica e chiara. Il termine ''morali'' segna il contenuto filosofico: i ''mores'', i costumi, indicano la volontà di individuare nuovi modelli di comportamento, mettendo a confronto l'antichità e la modernità: implicito il richiamo agli ''[[Opuscula Moralia]]'' di [[Plutarco]].
L'attenuazione canonica del genere morale antico e umanistico, riporta a [[Isocrate]], di cui Leopardi volgarizza alcune ''Operette morali''<ref name="Isocrate">Tra il '24 e il '25 Leopardi s'era imbarcato in un progetto editoriale che prevedeva la traduzione di una ''Scelta di Moralisti greci'' ([[Luciano di Samosata]], [[Isocrate]], [[Plutarco]], ecc.), per l'editore Stella, che non fu mai realizzata a causa della censura milanese. Faceva parte della raccolta anche il volgarizzamento del ''Manuale di Epitteto'', l'unico completato del tutto nel dicembre del [[1825]].</ref> e [[Plutarco]], fino a [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]] e al moralismo illuministico.
Le ''Operette'' prendono il titolo anche dal messaggio pratico, non solo teoretico che danno: proponendo un umile rimedio agli effetti funesti della filosofia moderna o della verità, recuperano l'inesperienza, le passioni e l'immaginazione dell'antichità (fondate sul falso), unico rimedio per migliorare la qualità della vita umana, e, in alternativa, suggeriscono delle tattiche di narcotizzazione per alleviare il dolore.
Un impegno simile sarà profuso in un altro scritto del [[1826]], il ''[[:s:Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani|Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani]]'', in cui sono evidenti le finalità politiche, morali e storiche.
=== Fase materialista ===
Alla fine del '24 il pensiero di Leopardi è orientato verso il [[materialismo]], come attestano le letture del [[barone]] [[Paul Henri Thiry d'Holbach|d'Holbach]] annotate nello Zibaldone. L'aspetto pessimistico, usato da una parte della critica per riferirsi alla sua filosofia è da riconsiderare perché non accettata dall'autore:
{{citazione|Tutto è male. [...] ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; il fine dell'universo è il male; [...] Non v'è altro bene che il non essere: non v'ha altro di buono che quel che non è; [...] tutte le cose sono cattive. [...] L'esistenza per sua natura ed essenza propria e generale, è un'imperfezione, un'irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, [...] perché tutti i mondi che esistono, [...] non essendo però certamente infiniti, né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l'universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, [...] del non esistente, del nulla. Questo sistema, benché urti le nostre idee, [...] sarebbe forse più sostenibile di quello del Leibnitz, del Pope ecc. ''che tutto è bene''. Non ardirei però estenderlo a dire che l'universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo così all'ottimismo il pessimismo. Chi può conoscere i limiti della possibilità?|Giacomo Leopardi, ''[[:s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', p. 4174, 22 aprile [[1826]].}}
[[File:Paul Heinrich Dietrich Baron d'Holbach Roslin.jpg|thumb|upright=0.7|[[Paul Henri Thiry d'Holbach|Barone d'Holbach]]]]
Il ''[[Operette morali#Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco|Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco]]'' è il culmine filosofico del libro. Insieme con l'''Islandese'' e il ''Metafisico'' formano il gruppo di operette che definisce più compiutamente il materialismo leopardiano. Il fine della natura non è il bene ma la conservazione in vita degli esseri (''[[#Dialogo della Natura e di un Islandese|Natura e Islandese]]''). La vita è infelice: meglio un'esistenza breve ma intensa e ricca di forti illusioni, che una lunga, piena di emozioni dilatate e narcotizzanti.
''A chi piace e a chi giova questa infelicissima vita dell'universo?'' Nessun filosofo sa rispondere alla domanda. È una sconfitta del pensiero filosofico e in generale la rappresentazione dell'inadeguatezza della filosofia a spiegare la condizione del genere umano nell'universo. Il ''Cantico del gallo silvestre'', con il suo andamento lirico, snocciola monolitiche sentenze mettendo il lettore nell'attesa di una soluzione filosofica, ''Così questo arcano mirabile e spaventoso dell'esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi'', fornita nel Frammento:
{{citazione|I diversi modi di essere della materia [...] sono caduchi e passeggeri; ma nessun segno di caducità né di mortalità si scuopre nella materia universalmente, e però niun segno che ella sia cominciata, né che ad essere le bisognasse o pur le bisogni alcuna causa o forza fuori di sé. |Giacomo Leopardi, ''[[:s:Operette morali/Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco/Preambolo|Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco]]''}}
Malgrado le apparenze, resta un non finale e sarà il punto modificato più spesso dall'autore.
=== Leggerezza apparente ===
[[File:Giuseppe Parini pastel on paper.jpg|thumb|left|upright=0.7|Giuseppe Parini]]
All'interno delle operette si rincorrono e si sovrastano diversi temi, particolarmente cari al poeta. Un argomento spesso presente è la ''perfezione naturale''. Tale condizione implica uno stato di felicità che per natura agli uomini è impossibile conseguire (''Scommessa di Prometeo'', ''Dialogo di un Fisico e un Metafisico''), mentre è concessa ad altre specie, come gli uccelli (''Elogio degli uccelli''), simbolo del movimento continuo e armonico, rapido ed elegante. L'assenza della felicità nel mondo è la prova della sua imperfezione e la miserabile condizione umana verificata da Prometeo una verità inoppugnabile, simbolicamente costata una scommessa.
Impossibilitato a raggiungere una perfezione naturale, l'uomo può conseguire uno stato di eccellenza attraverso l'[[intelletto]] e la [[ragione]]: il ''[[Genio (filosofia)|genio]]''. È la tematica del ''Parini'' chiamato a rinnegare la gloria a causa della sproporzione esistente tra il progresso del sapere e la condizione infelice del genio. Situazione toccata anche nel ''Dialogo della Natura e di un'Anima'' dove la gloria è associata ad una condizione umana miserevole in cui grandezza e infelicità sono due aspetti inseparabili e i grandi ingegni mal si relazionano col resto del mondo (vedi anche l<nowiki>'</nowiki>''Ottonieri''). L'Anima pertanto chiederà d'essere ''alluogata'' nell'essere umano più imperfetto e stupido.
Altro tema che ricorre attraverso più operette è il [[suicidio]] indicata nella ''Storia del genere umano'' come ''morte preposta o preponibile alla vita''. È un desiderio proprio dell'essere umano, estraneo a tutti gli altri esseri viventi. Nel ''Fisico e Metafisico'', Leopardi spiega come ''non la vita ma la felicità è amata dall'uomo''.
L'analisi tra antichi e moderni è esplorata nel ''Timandro'', nel ''Tristano'', nel ''Dialogo d'Ercole e Atlante'', e ''Moda e Morte''. La vitalità antica si oppone all'inerzia moderna: Ercole e Atlante giocano a palla con la terra, leggera e senza vita; la Moda ha fatto sparire gli esercizi e le fatiche che fanno bene al corpo e spento nell'uomo il desiderio di gloria e d'immortalità, proprio degli antichi; nel ''Parini'' si svolge l'argomentazione della superiorità dell'azione sul pensare e lo scrivere.<ref name="Vittorio alfieri">Il ripiego dell'uomo sulle lettere e la filosofia è pensiero alfieriano che il ''Parini'' cita esplicitamente.</ref>
La teoria del piacere derivante dall'idea di ''vastità'' e ''indefinito'' è l'argomento più famoso e conosciuto dell'autore, ampiamente esplorato nelle altre opere maggiori, Zibaldone<ref name="Zibaldone piacere">[[s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]] pp. 51, 77, 105, 157-158, '''teoria del piacere 165-189''', 230, 246, 271, 384, 400-401, 532-535, 646-650, 826-829, 1025, 1044, 1382, 1456-1457, 1464-1465, 1507-1508, 1574-1575, 1580-1581, 1583, 1746, 1758-1759, 1777-1778, 1779, 1826-1827, 1916, 2017-2018, 2157-2159, 2526-2527, 2528-2529, 2549-2555, 2599-2602, 2629, 2685, 2702-2703, 2883-2884, 3315-3316, 3501-3502, 3514, 3525, 3550-3552, 3622, 3713-3715, 3745-3747, 3814, 3823-3824, 3835, 3876-3878, 3895, 3909-3910, 3921, 4043, 4061, 4074, 4087, 4095, 4126, 4127-4132, 4175, 4180-4181, 4250, 4266-4267, 4273-4274, 4283-4284, 4288, 4305, 4415, 4418, 4472.</ref> e Canti. Ad essa si ricollegano diversi temi minori: la [[noia]], che deriva dall<nowiki>'</nowiki>''assuefazione'' e da una vita priva di grandi azioni (''Tasso'', ''Porfirio''); il ''rischio'' e la ''distrazione'', che allontanano l'uomo dal tedio e per pochi attimi catturano l'essenza della vita, tanto più la si mette in gioco (''Colombo'', ''Elogio degli uccelli'', ''Storia del genere umano''); i grandi sentimenti, gli unici in grado di ''mover il core a grandi azioni''; e infine lo ''stupore'', vissuto nel sogno, attraverso la meraviglia degli antichi, nei fanciulli, nei non civilizzati e nei solitari.
[[File:Torquato Tasso.jpg|thumb|upright=0.7|Torquato Tasso]]
Per Leopardi la vita è dolore, mentre la morte è cessazione del dolore. È un tema molto ricorrente, quasi il pilastro del suo pensiero. Il poeta propone vari modi per combattere il dolore. Lo stesso sonno (''Dialogo Malambruno e Farfarello'') aiuta quando rende la realtà vaga e incerta, mai ben definita (secondo la teoria del piacere), oppure attraverso l'assunzione di sostanze narcotiche come gli alcolici (''Tasso''). La morte non è ''molto dissimile dal diletto che è cagionato agli uomini dal languore del sonno, nel tempo che si vengono addormentando'' (Ruysch).
{{citazione|Pare che l'essere delle cose abbia per suo proprio e unico obbietto il morire [...] le creature animate [...] in tutta la loro vita, ingegnandosi adoperandosi e penando sempre, non patiscono veramente per altro, e non si affaticano, se non per giungere a questo solo intento della natura, che è la morte|Giacomo Leopardi, ''[[#Cantico del gallo silvestre|Cantico del gallo silvestre]]''}}
La noia può essere combattuta con ''il sonno'' (effetto narcotizzante: ''l'oppio'') ma è il ''dolore'', il rimedio (''Tasso''). È il sentimento più potente di tutti, ''perché l'uomo mentre patisce, non si annoia per niuna maniera''. Per Leopardi è impossibile la felicità, mentre il patimento è necessario alla vita.
== Lingua e stile ==
[[File:Francesco Hayez - Ritratto di Alessandro Manzoni.jpg|thumb|upright=0.8|[[Alessandro Manzoni]]]]
La scelta della lingua va inquadrata all'interno di un ambizioso progetto letterario:
{{citazione|Chiunque vorrà far bene all'Italia, prima di tutto dovrà mostrarle una lingua filosofica, senza la quale io credo ch'ella non avrà mai letteratura moderna sua propria, e non avendo letteratura moderna propria, non sarà mai più nazione.|Lettera a Pietro Giordani del 13 luglio [[1821]], n°201.}}
Lo stile delle ''Operette'' è incisivo, ironico e serrato, caratterizzato da un linguaggio chiaro e puntuale, con l'effetto di trattare con estrema lucidità le tematiche fondamentali.
Leopardi rifiuta le due soluzioni moderne: ''puristica'' da un lato, ''francesizzante'' dall'altro. Scartato anche il modello ''[[ipotassi|ipotattico]]'', latineggiante, caro all'amico Giordani. La scelta è per il recupero nell'italiano, a tutti i suoi livelli (popolare incluso), di tutto quello che c'era di analogo al greco attico.
La ricchissima varietà della lingua italiana,<ref name="Varietà lingua italiana">Scrive Leopardi: {{citazione|[...] quella sua immensa facoltà di dare ad una stessa parola, diverse forme, costruzioni, modi [...].|[[s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]], pp. 1332-34, 17 luglio [[1821]].}}</ref> avrebbe permesso di recuperare un linguaggio antico ma funzionale, col quale l'autore avrebbe ottenuto principalmente una semplificazione sintattica: meno ricorso all'[[ipotassi]], alle figure retoriche e all'inversione dell'ordine delle parole.
Importanti sono i procedimenti che individuano l'intensificazione emozionale: moltiplicazione verbale e accumulo di proposizioni; uso di elativi e di voci perplesse e indefinite.
Molte Operette hanno la struttura del dialogo, sulla base dello stile della trattazione filosofica dell'antica [[Grecia]] o del settecento [[illuminismo|illuminista]]; le narrative mostrano l'impronta di [[Cicerone]], [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], [[Miguel de Cervantes|Cervantes]], [[Ugo Foscolo|Foscolo]], [[Goethe]], [[Laurence Sterne|Sterne]] e l'[[Vittorio Alfieri|Alfieri]].
=== Il paradosso ===
[[File:G.-LEOPARDI-047.jpg|thumb|left|upright=1.4|La Piazzetta de "Il Sabato del Villaggio", vista dalla stanza di Giacomo.]]
La tecnica usata dall'autore viaggia come anche altre soluzioni su due piani: uno strutturale: lo scrivere un libro di filosofia morale per vivere meglio, consapevole dell'impossibilità di arrecare qualche bene; l'altro microstrutturale: mettere insieme all'interno dei dialoghi sentenze antiche e motti moderni.<ref name="Paradosso">Uno di D'Alambert: {{citazione|Va figliuola mia prediletta, che tale sarai tenuta e chiamata per lungo ordine di secoli. Vivi e sii grande e infelice.|[[#Dialogo della Natura e di un'Anima|Dialogo della Natura e di un'Anima]]}} e uno di [[Pirrone]]: {{citazione|[...] (La vita) dà luogo a creder vera quella sentenza di Pirrone, che dalla vita alla morte non è divario. Il che se io credessi, ti giuro che la morte mi spaventerebbe non poco. Ma in fine, la vita debb'essere viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio.|[[#Dialogo di un fisico e di un metafisico|Dialogo di un fisico e di un metafisico]]}}</ref>
Lo strumento del paradosso è parte necessaria del pensiero filosofico e insieme con l'ironia non può essere scisso dal discorso leopardiano. Nelle ''Operette'' predomina un intento ludico studiato per far [[Riso (ridere)|sorridere]] il lettore. La presenza di una volontà di ''distruggere'' i costumi del tempo, implica un continuo ricorso ''all'azione ironica'', strumento necessario per costruire una fitta trama di relazioni che hanno come scopo ultimo il rifiuto dell'oggetto deriso e, allo stesso tempo, la proposta di un differente modello di vita:<ref name="Palumbo"/> ciò permette all'autore di giocare e scherzare con i comportamenti umani contemporanei e allo stesso tempo mantenere la finalità ''morale'' dell'opera.
Il riso ha poi una funzione medicamentosa, che allevia i dolori dell'essere umano causati dalla nuda verità. Secondo Leopardi è uno dei pochi mezzi con cui l'uomo può accrescere la propria vitalità ([[#Elogio degli uccelli|Elogio degli uccelli]]).
=== Prosopopea ===
Il continuo ricorso di Leopardi ad esseri immaginari, (gnomi, folletti, mummie, ecc.), storici ([[Torquato Tasso]], [[Cristoforo Colombo]], [[Giuseppe Parini]], ecc.), mitologici ([[Ercole]], [[Atlante (mitologia)|Atlante]], [[Giove (divinità)|Giove]]...), filosofici ([[Plotino]], [[Porfirio]], Amelio), letterari ([[Malambruno]], [[Farfarello]]...), comuni (passeggeri, islandesi, venditori ambulanti...), inanimati (la Terra, la Luna...), simbolici (la Natura, l'Anima, la Morte, la Moda...) sono una satira dell'antropocentrismo, la derisione del progresso moderno e di una società in cui prevale un odio distruttore. Tutti i protagonisti possiedono una forte rappresentatività simbolica, ottenuta attraverso la tecnica dello straniamento e della [[prosopopea]] che rende animati elementi che non lo sono.
Leopardi non ha mai voluto comparire nel testo. Nega la sua realtà di personaggio ideologico.
{{citazione|Avrei voluto fare una prefazione alle Operette morali, ma mi è paruto che quel tuono ironico che regna in esse, e tutto lo spirito delle medesime escluda assolutamente un preambolo; e forse Ella, pensandovi, converrà con me che se mai opere dovette essere senza prefazione, questa lo debba in particolar modo.|Giacomo Leopardi, lettera ad Antonio Fortunato Stella del 10 giugno, [[1826]].}}
Nessun protagonista è Giacomo, tutti sono complici, portavoci del suo pensiero e degli affetti più riposti: il ricorso alla citazione continua, all'argomentazione discorsiva da un lato, le preoccupazioni didascaliche, il paradosso e l'ironia dall'altro, provocano nel lettore un senso di straniamento e sorpresa; una condizione, fortemente cercata dall'autore, che la personificazione, a qualsiasi livello, finirebbe per annullare.
== ''Appendice'' delle Operette morali ==
[[File:G.-LEOPARDI-040.jpg|thumb|upright=0.8|Il sentiero che conduce al Colle de "L'infinito", nei pressi di casa Leopardi.]]
{{vedi anche|Appendice alle Operette morali}}
L'''Appendice'' delle Operette morali è stata messa insieme per la prima volta in un'edizione critica da Francesco Moroncini, raccogliendo testi di provenienza diversa, ma riconducibili al disegno programmatico dell'autore, in particolar modo il nucleo primordiale dell'opera, costituito da quei testi che Leopardi aveva definito, in una lettera al Giordani, ''Prosette satiriche''.<ref name="Prosette satiriche"/>
== Le ''Note'' delle Operette ==
Le ''Note'' delle ''Operette morali'', in totale sessantadue,<ref name="numero note">Dagli autografi emerge un gran numero di appunti e annotazioni marginali, lasciati successivamente cadere dall'autore.</ref> sono state scritte da Leopardi tra l'ottobre e il dicembre del [[1824]].
Nelle varie edizioni hanno subito poche modifiche: si ricordano alcune integrazioni di mano del Ranieri, espunte nell'edizione critica dal Moroncini.
Nel complesso si tratta di informazioni puntuali circa alcuni argomenti trattati o curiosità di ordine storico, filosofico, filologico, ma anche cronaca dell'epoca. Sarà lo stesso poeta a spiegarne il senso e la collocazione:
{{citazione|Avverto che le note, non dovranno esser collocate a piè di pagina, ma appiè del volume, o di ciascun volume per la sua parte. È vero che io altre volte ho insistito che le note si ponessero appiè di pagina; ma qui il caso è diverso: esse non servono né all'intelligenza né ad illustrazione del testo; sono un lusso di erudizioncella, che imbarazzerebbe il lettore se si trovasse nel corso dell'opera appiè di pagina.|Lettera ad Antonio Fortunato Stella del 19 gennaio, [[1827]].}}
== Note ==
{{references|2}}
== Bibliografia ==
=== Testo critico ===
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
=== Testo commentato ===
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|titolo=Operette morali|coautori=a cura di [[Giuseppe Chiarini]] e [[Pietro Giordani]] (introduzione)|editore=|città=Livorno|anno=1870}}
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=[[Giovanni Gentile]] (a cura di)|titolo=Operette morali|città=Bologna|anno=1918}}
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=[[Francesco Flora]] (a cura di)|titolo=Operette morali|editore=[[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]]|città= Milano|anno=1949}}
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori= Mario Oliveri (a cura di)|titolo=Operette morali|editore=[[Rizzoli]]|città= Milano|anno=1951}}
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=Ildebrando Della Giovanna (a cura di); [[Giuseppe De Robertis]] (introduzione)|titolo=Operette morali|città=Firenze|anno=1957}}
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=[[Giovanni Getto]],
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi
* {{cita libro|autore=Giacomo Leopardi|coautori=Laura Melosi (a cura di)|titolo=Operette morali|editore=[[Biblioteca Universale Rizzoli|BUR]]|città=Milano|anno=2008|isbn=978-88-17-02643-7}}
=== Critica ===
* {{cita libro|autore=[[Walter Binni]]|titolo=La nuova poetica leopardiana|editore=[[Sansoni]]|città=Firenze|anno=1947|isbn=978-88-383-1753-8}}
* {{cita libro|autore=Giulio Marzot|titolo=Storia del riso leopardiano|editore=[[Casa Editrice D'Anna|D'Anna]]|città=Messina-Firenze|anno=1966|isbn=978-88-8321-176-8}}
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* {{cita libro|autore=[[Achille Tartaro]]|titolo=Leopardi|editore=[[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|Laterza]]|città=Bari, Laterza|anno=1978|isbn=978-88-420-0946-7}}
* {{cita libro|autore=Walter Binni|titolo=Lettura delle "Operette morali"|editore=[[Lampi di stampa]]|città=Genova|anno=1987|isbn=978-88-488-0020-4}}
* {{cita libro|autore=Luigi Blasucci|titolo=I tempi della satira leopardiana|città=Napoli|anno=1989}}
* {{cita libro|autore=Angiola Ferraris|titolo=La vita imperfetta. Le "Operette morali" di Giacomo Leopardi|editore=[[Marietti]]|città=Genova|anno=1991|isbn=978-88-211-9564-8}}
* {{cita libro|autore=Alberto Frattini|titolo=Leopardi. Il problema delle fonti alla radice della sua opera|editore=Coletti|città=Roma|anno=1990|isbn=978-88-7826-702-2}}
* {{cita libro|autore=Alvaro Valentini|titolo=Leopardi. Idillio metafisico e poesia copernicana|editore=[[Bulzoni]]|città=Roma|anno=1991|isbn=978-88-7119-369-4}}
* {{cita libro|autore=Filippo Secchieri|titolo=Con leggerezza apparente. Etica e ironia nelle "Operette morali"|editore=Mucchi|città=Modena|anno=1992|isbn=978-88-7000-201-0}}
* {{cita libro|autore=Walter Binni|titolo=Lezioni leopardiane|editore=[[La Nuova Italia]]|città=Firenze|anno=1994|isbn=978-88-221-1494-5}}
* {{cita libro|autore=Liana Cellerino|titolo=Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III|editore=[[UTET]]|città=Torino|anno=1995}}
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== Voci correlate ==
* [[Niccolò Machiavelli]]
* [[Monaldo Leopardi]]
* [[Torquato Tasso]]
* [[Cristoforo Colombo]]
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* [[Antonio Ranieri]]
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== Collegamenti esterni ==
* [http://digilander.libero.it/il_leopardi/index.html I testi delle Operette Morali in ordine cronologico]
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