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[[File:Diavolo bonaiuto2.jpg|thumb|Il diavolo [[Farfarello]], dal ''Dialogo di Malambruno e Farfarello'']]
Sebbene di data incertissima si possono datare al 1820-'21,<ref name="Primo nucleo">Besomi risale alle probabili date in base agli autori e ai testi classici in esse citate e riportate nelle pagine dello Zibaldone: [[Velleio Patercolo]], 22 dicembre [[1820]]; [[De bellis civilibus]] di [[Appiano di Alessandria|Appiano]], 29 aprile [[1821]]; [[Floro]], 7 gennaio [[1821]]; [[Tacito]] 2 gennaio [[1821]] ecc.</ref> i seguenti esperimenti di ''prosette''. Dallo sporadico accenno del 1820, l'opera cresce fino alle dichiarazioni esplicite del 1821 al Giordani:<ref name=" dichiarazioni esplicite">''[[s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', pp. 1393-94, 27 luglio 1821; ''[...]trattato in prosa alla maniera di Luciano'', da una lettera a [[Pietro Giordani]] del 6 agosto 1821, n° 202.</ref>
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati|Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati]]''
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro|Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro]]''
* ''[[Appendice alle Operette morali#Dialogo di un cavallo e un bue|Dialogo di un cavallo e un bue]] e relative aggiunte''
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== Storia editoriale ==
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 330px
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:14. ''Dialogo di Filénore e Misénore''<ref name="Dialogo FilMis">Già corretto sull'autografo in ''Dialogo di Timandro e di Eleandro''.</ref> (14-24/1824)
:15. ''Il Parini ovvero della gloria'' (6/07-13/08/1824)
:16. ''Dialogo di [[Federico Ruysch]] e delle sue mummie'' (16-23/08/1824)
:17. ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' (29/08-26/09/1824)
:18. ''Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutìerrez'' (19-25/10/1824)
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=== Edizione del '27 ===
Conosciuta come la prima edizione ufficiale delle ''Operette morali'', è stata pubblicata a Milano da [[Antonio Fortunato Stella]], intelligente editore che seppe mediare con i rigidi censori dell'epoca.<ref>Scansione disponibile su [http://books.google.it/books?id=PDxGAAAAYAAJ Google Books]</ref> Lo Stella è da annoverare, insieme con [[Pietro Giordani|Giordani]] e il ''Montani'', tra quei personaggi che seppero comprendere lo spirito dell'opera, anche se l'Italia non era abituata a quel genere di letture. Tra il 1825 e il 1827<ref name="Edizione Stella 3">Impossibile precisare meglio la data; l'unico appunto consiste in una mezza pagina dello ''Zibaldone'', datata 8 gennaio 1827, in cui l'autore riporta alcuni ragionamenti, compiutamente poi esposti nel ''Dialogo di Plotino e di Porfirio''. Altre tracce non si trovano.</ref> Leopardi scrive tre nuove prose<ref name="Scaletta Operette">Quasi tutte furono composte tra il gennaio e il novembre del 1824, eccetto: ''Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco'' (autunno 1825); ''Il Copernico ovvero della gloria'' e ''Dialogo di Plotino e di Porfirio'' (1827); Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere'' e ''Dialogo di Tristano e di un amico'' (1832).</ref> ma qui non ve n'è traccia.<ref name="Censura">La paura della censura indusse Leopardi ad attendere tempi migliori per la pubblicazione di quei testi.</ref> Dalla fitta corrispondenza del periodo, testimone delle correzioni, revisioni e commenti dell'autore, emerge ''l'unitarietà del registro retorico delle Operette''<ref name="LC">Liana Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref> che giustifica l'assenza di un'introduzione che spieghi il suo disegno programmatico. Nello spostamento del ''Timandro'' a chiusura del libro, la critica ha letto una sorta di ''apologia'' dell'opera contro i filosofi moderni:<ref name="Critica Moroncini">Vedi
=== Edizione del '34 ===
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Da segnalare ancora una volta problemi legati alla censura. Nella ''Storia del genere umano'' compare una nota posta dal censore fiorentino ''Mauro Bernardini'':
{{citazione|L'autore protesta [...] che non ha fatta alcuna allusione [...] a veruna delle tradizioni e dottrine del [[Cristianesimo]]
}}
Cassate per il momento anche ''Porfirio'' e il ''Copernico'', probabilmente più per indecisione dell'autore che per paura della censura.<ref name="De Sinner">Leopardi le aveva promesse a Luigi De Sinner nell'estate del 1832: ''Non vi mando le due prose, perché avendole rivedute, ne sono stato pochissimo contento, e credo che le sopprimerò tutte e due o almeno l'una di esse''. Lettera a [[Luigi De Sinner]] del 31 luglio, 1832.</ref>
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== Modelli e fonti ==
{{Approfondimento
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
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}}
Il modello principale è l'antica [[satira menippea]]. Nelle ''Operette'' domina l'imitazione dei ''[[s:Dialoghi dei morti|Dialoghi dei morti]]'' di Luciano, che per Leopardi è un modello di stile.<ref>[[Zibaldone]] pag. 1394 (27 luglio 1821): ''le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando''.</ref> In Italia non è mai esistito niente di simile. Ne imita la comicità e le mosse umoristiche e argute, muovendosi dal sostenuto al dialogo basso e all'imitazione gratuita.<ref>L'orchestrazione di stili diversi si fa maggiormente evidente quando dai dialoghi di Leopardi prende avvio un discorso sul ''vero''.</ref>
La variazione di numerosi inserti all'interno delle stesse ''Operette'', ''enfatizzano il [[paratesto]] per svuotarlo di significato'':<ref name="LC">L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali'', Letteratura italiana ''Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref> su tutte ''Federico Ruysch'', in cui troviamo contemporaneamente, novella fantastica, teatro comico, dialogo dei morti e coro finale che ripropone un genere molto antico-, ''Il cantico'', canto ridotto in prosa, temi comici accanto a temi biblici, contrasti che nella scrittura ricordano lo stile ebraico o il moderno francese ecc.
{{citazione|Lo scriver francese tutto staccato, dove il periodare non è mai legato col precedente[...], il cui stile non si dispiega mai, [...] è una specie di Gnomologia. In questa qualità, lo scriver francese rassomiglia allo stile orientale il quale anch'esso [...] è tutto spezzato come si vede ne' libri poetici e sapienzali della scrittura.|Giacomo Leopardi, ''[[:s:Zibaldone|Zibaldone di pensieri]]'', pp. 2615-16.}}
La finzione del manoscritto ha come prototipo il [[Pulci]],<ref name="Pulci">L. Pulci, ''Morgante maggiore'', XIX vv. 153-54</ref> mentre il ''Prometeo'' e l'''Islandese'' sono il miglior esempio di fusione tra narrazione e dialogo. Nel ''Parini'' è sperimentato anche il trattato alla maniera di [[Cicerone]].
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Per la contaminazione di generi e la varietà di registri stilistici interni Leopardi è stato preceduto dall'Alberti delle ''Intercenales''.<ref name="Alberti">Testo che il Leopardi non conosceva.</ref> L'erudizione, quindi le sterminate fonti e riferimenti culturali, dotti, sono un travestimento letterario ''responsabile del tono ludico e parodico del testo''.<ref name="LC"/>
Leopardi si rifà al genere espresso da Luciano e gli autori che ad esso si sono ispirati, come il Machiavelli della Vita di Castruccio Castracani o la Vita di Leon Battista Alberti, in chiave moderna ''Life and Opinions of [[Tristram Shandy]], Gentleman'' (vedi l'Ottonieri<ref name="Detti memorabili">La novella ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' riprende anche i ''memorabilia'' di [[Socrate]], stesi dai suoi allievi, in particolare [[Senofonte]].</ref>) di [[Laurence Sterne]].<ref name="Foscolo">Modello ripreso già da [[Ugo Foscolo]] con la ''Notizia intorno a Didimo Chierico''.</ref> Per la battuta di Malambruno (''Fammi felice per un momento di tempo'') e il gioco a palla di Ercole e Atlante è stato tirato fuori il [[Faust (Goethe)|Faust]] di [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]].<ref name="Marzot">G. Marzot, ''Storia del riso leopardiano'', Messina-Firenze 1966.</ref>
[[Socrate]] rappresenta un modello di filosofia, fondatore della morale della cultura occidentale: Leopardi riteneva proprio l'[[etica]] la parte più importante della filosofia in generale. Tuttavia in alcuni momenti dell'Ottonieri, finisce per costruire un testo di maniera, molto libresco e poco vero.
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{{citazione|Che i miei principi sieno tutti negativi, io non me ne avveggo; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia, perché mi ricordo di quel detto di Bayle; che in metafisica e in morale, la ragione non può edificar, ma solo distruggere|Giacomo Leopardi, lettera ad Antonio Fortunato Stella del 23 agosto [[1827]], n°541.}}
Tolto Luciano, i modelli più significativi da un punto di vista di gusto meramente letterario sono principalmente [[illuminismo|illuministi]]. Di [[Bernard le Bovier de Fontenelle|Fontenelle]] apprezza la ''superficialità'' e la ''leggerezza''; il cinismo di [[Voltaire]] nel suo Candido si affaccia sullo stato d'animo dell'Islandese. La battuta di un personaggio di Christoph Martin Wieland sono all'origine della [[misantropia]] di Eleandro. Sul fronte italiano Ariosto è un autore particolarmente caro al nostro che nel Dialogo terra Luna esprime al meglio il suo ''stile comico''. Vastissima invece la mole di fonti letterarie citate più o meno direttamente dall'autore e che appartengono al suo bagaglio culturale,<ref name="BC">Spesso Leopardi riporta studi e teorie di lavori precedenti come il ''Saggio sugli errori popolari degli antichi'', ''Storia dell'Astronomia'', ''[[:s:Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani|Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani]]'', ''[[:s:Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica|Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica]]''.</ref> sono informazioni importanti funzionali alla creazione di un'atmosfera di divertita erudizione all'interno del testo, uno sfoggio di cultura ironica perché volutamente frivola.<ref name="Studio delle fonti">Non è stato ancora svolto, come nei lavori filologici per lo Zibaldone e i Canti, uno studio comparato degli autori e dei testi che hanno influenzato la stesura delle ''Operette''.</ref> Non semplice è il lavoro stesso di ricerca data l'alta frequenza di informazioni puntuali e dottrine in cui s'inseriscono, secondo il gusto tipico dell'autore, notizie curiose e bizzarre. Difficile quindi, distinguere, all'interno del testo, «l'ironia allusiva da ciò che è riuso poetico, memoria (volontaria o involontaria). Resta che la scrittura di Leopardi comporta sempre un fitto dialogo [[intertestualità|intertestuale]]».<ref name="LC">L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali'', Letteratura italiana, ''Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>
Quest'opera assume dunque un'importanza come momento necessario nell'evoluzione della spiritualità leopardiana ed i dialoghi hanno un intrinseco valore lirico e poetico.<ref>Come ben evidenziato dal critico [[Mario Fubini]], sono presenti dei ''concetti-miti'': ''Felicità'', ''Piacere'', ''Amore'', ''Speranza'', ''Natura''. [...] La ''Felicità'' appare assurda ed impossibile, ma vagheggiata e vista con affetto nelle sue effimere ed illusorie apparizioni; il ''Piacere'' è un fantasma ingannevole e vano, a noi spesso vicino; la ''Speranza'' è irragionevole e mai completamente vinta, ma suscita piacevoli immaginazioni; ''Amore'' è raro e miracoloso e ci concede l'unica vera beatitudine; la Natura è indifferente ed ostile, ma egualmente invocata e desiderata.[...]. [[Mario Fubini]], ''Introduzione a G. Leopardi'', ''Operette Morali'', Loescher, Torino, 1966, p.15 e segg.</ref>
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== Tematiche e contenuti ==
{{vedi anche|Utente:Xavier121/Sandbox2
=== Il titolo ===
[[File:
Il titolo lega insieme i due aspetti principali dell'opera leopardiana: il carattere satirico e il fine morale.<ref name="Palumbo">[[Romano Luperini|R. Luperini]], P. Cataldi, L. Marchiani, ''La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea, ed. blu, vol. 2'', [[Palumbo (editore)|Palumbo Editore]], Palermo.</ref>
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== Lingua e stile ==
[[File:Francesco Hayez
La scelta della lingua va inquadrata all'interno di un ambizioso progetto letterario:
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=== Il paradosso ===
[[File:G.-LEOPARDI-047.jpg|thumb|left|upright=1.4|La Piazzetta de "Il Sabato del Villaggio", vista dalla stanza di Giacomo.]]
La tecnica usata dall'autore viaggia come anche altre soluzioni su due piani: uno strutturale: lo scrivere un libro di filosofia morale per vivere meglio, consapevole dell'impossibilità di arrecare qualche bene; l'altro microstrutturale: mettere insieme all'interno dei dialoghi sentenze antiche e motti moderni.<ref name="Paradosso">Uno di D'Alambert: {{citazione|Va figliuola mia prediletta, che tale sarai tenuta e chiamata per lungo ordine di secoli. Vivi e sii grande e infelice.|[[#Dialogo della Natura e di un'Anima|Dialogo della Natura e di un'Anima]]}} e uno di [[Pirrone]]: {{citazione|[...] (La vita) dà luogo a creder vera quella sentenza di Pirrone, che dalla vita alla morte non è divario. Il che se io credessi, ti giuro che la morte mi spaventerebbe non poco. Ma in fine, la vita debb'essere viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio
Lo strumento del paradosso è parte necessaria del pensiero filosofico e insieme con l'ironia non può essere scisso dal discorso leopardiano. Nelle ''Operette'' predomina un intento ludico studiato per far [[Riso (ridere)|sorridere]] il lettore. La presenza di una volontà di ''distruggere'' i costumi del tempo, implica un continuo ricorso ''all'azione ironica'', strumento necessario per costruire una fitta trama di relazioni che hanno come scopo ultimo il rifiuto dell'oggetto deriso e, allo stesso tempo, la proposta di un differente modello di vita:<ref name="Palumbo"/> ciò permette all'autore di giocare e scherzare con i comportamenti umani contemporanei e allo stesso tempo mantenere la finalità ''morale'' dell'opera.
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