La '''filiera corta''' (o canale corto o vendita diretta) è una [[Filiera|filiera produttiva]] caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi produttivi, e in particolare di intermediazioni commerciali, che possono portare anche al contatto diretto fra il produttore e il consumatore.
È maggiormente diffusa in agricoltura, soprattutto per quei prodotti che non necessitano di processi di trasformazione, come il riso<ref>{{Cita|Laura Angela Ceriotti}}.</ref> o quasi tutti i prodotti ortofrutticoli freschi.
[Si tratta una strategia alternativa, che dà ai produttori un ruolo attivo nel sistema del cibo perché si concentra sulla produzione locale – sistemi alimentari territoriali e decentralizzati, che riducono al minimo gli intermediari nella catena del cibo, e le distanze che il cibo stesso percorre (food miles). Questo permette alle piccole imprese di creare filiere indipendenti dalla grande distribuzione, tagliando alcuni dei passaggi intermedi tra produttori e consumatori – quali l’ingrosso e la distribuzione.
Una filiera corta rende anche più facile l’ottenimento di un prezzo giusto, poiché i produttori possono comprendere quali sono i costi reali dell’agricoltura e della produzione del cibo. Inoltre, i guadagni dei distributori possono essere suddivisi equamente fra produttori e consumatori, permettendo ai primi di ricevere la giusta retribuzione per il loro lavoro, e ai secondi di sapere esattamente cosa pagano e di pagarlo meno.] FONTE 1<ref>{{Cita|FONTE 1}}.</ref>
[La filiera corta è stata fin dall’inizio un elemento indispensabile per rafforzare le economie locali (FONTE1)<ref>{{Cita|FONTE 1}}.</ref>, ed è tuttora rilevante come vettore di innovazione, in particolare per quello che riguarda le produzioni sostenibili (Brunori et al., 2010). Non a caso le filiere corte sono considerate i canali più appropriati per i prodotti biologici, tipici e di piccola produzione familiare (van der Ploeg et al., 2000, Kneafsey et al., 2013).] (FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
[Il termine filiera corta è usato per identificare un ampio insieme di configurazioni di produzione-distribuzione-consumo, come la vendita diretta in azienda, i negozi collettivi degli agricoltori, i farmers’ markets, le varie forme di gruppi di acquisto. Esaminando queste configurazioni ci rendiamo conto che non è facile darne una definizione univoca. Infatti, il concetto di filiera corta incorpora almeno tre dimensioni della prossimità (Galli, Brunori, 2013)::
geografica: misura la distanza fisica tra produttori e consumatori;
sociale: suggerisce un rapporto di comunicazione tra produttore e consumatore in grado di generare una condivisione di saperi e di valori;
economica. implica che la circolazione del valore avviene all’interno di una comunità o di un territorio.] (FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
[In una recente pubblicazione a cura del Laboratorio di Studi Rurali Sismondi (2012) per filiera corta si intende “quel modello di produzione e di consumo basato sulla relazione tra territorialità, prossimità dei prodotti e del consumo, pratiche di socializzazione, salvaguardia del lavoro e giusta remunerazione per chi è impegnato nel settore agroalimentare, rapporto fiduciario tra produttore e consumatore” (p. 8). In questa definizione rientrano molte delle numerose forme di filiera corta che si sono sviluppate negli ultimi anni in Italia.] (FONTE 3)<ref>{{Cita|FONTE 3}}.</ref>
== La filiera corta: un'opportunità per agricoltori e consumatori (l'importanza strategica della filiera corta) ==
===Il fattore prezzo===
[Un contenimento dei costi di produzione e l’assenza di intermediazione hanno un impatto determinante sul fattore prezzo, tanto che i prodotti veicolati tramite canale diretto sono generalmente più convenienti per i consumatori rispetto a quelli proposti dai canali tradizionali. Contemporaneamente, a questo risparmio dei consumatori corrisponde una possibilità per il produttore di ottenere una remunerazione ritenuta più adeguata dei fattori produttivi impiegati e di riappropriarsi di una parte del valore che usualmente si disperde nei vari passaggi lungo la filiera. Inoltre, si riesce a garantire una trasparenza sulla formazione del prezzo che il consumatore può valutare, cosa che diventa complicata nel caso di filiere con numerosi intermediari. L’indagine di giugno 2007 dell’Antitrust sulla filiera ortofrutticola finalizzata all’esame della corretta trasmissione dei prezzi evidenzia che il ricarico medio sul prezzo finale in 267 filiere osservate è del 200%, come media tra un ricarico del 77% nel caso di acquisto diretto e del 300% nel caso di presenza di 3-4 intermediari. Secondo una stima della Cia, acquistando direttamente dal produttore il risparmio va dal 30 al 35 per cento. Il risparmio è senza dubbio l’anello di congiunzione tra il vantaggio del produttore e quello del consumatore.] FONTE 2 <ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
===Fattori determinanti per l'imprenditore che influiscono sulla scelta di utilizzazione del canale corto===
[Vantaggi dal lato dell’agricoltore dell’utilizzo del canale corto: maggiori ricavi, stabilità della domanda, possibilità di incidere direttamente sul prezzo (Bigi 2005).
* garantisce l’opportunità di trovare uno sbocco commerciale a prodotti da parte di imprese situate in aree marginali o di piccolissimi produttori
I caratteri di stagionalità e territorialità che distinguono la vendita diretta consentono risparmi in termini di costi di produzione:
* La possibilità di rispettare il ciclo naturale delle stagioni, permette di limitare l’uso dell’energia necessaria.
* con la vendita su scala locale si evita il trasporto su lunghe distanze, risparmiando quindi in costi di conservazione, imballaggio e carburante.]FONTE 2<ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
[La filiera corta talvolta è presentata come una grande opportunità per gli agricoltori; ma, diversi fattori possono mettere in dubbio la sua convenienza economica.
Un’indagine quantitativa ha analizzato, attraverso l’applicazione di un modello statistico (probit multivariato) i fattori determinanti la scelta del canale commerciale (Corsi et al., 2009).
E’ risultato che le aziende con dimensioni economiche maggiori sono più propense ad orientarsi verso il canale tradizionale, il che parrebbe confermare la percezione comune che le filiere corta e diretta rappresentino un’opportunità per le piccole aziende. Le aziende agricole collocate in montagna e in collina utilizzano in misura significativamente maggiore canali di vendita alternativi, probabilmente per sopperire alle maggiori difficoltà legate all’attività produttiva. Le aziende condotte da soggetti più scolarizzati e con maggiore esperienza sono meno propense a scegliere canali di vendita tradizionali, optando più frequentemente per nuove prospettive di commercializzazione. Infine, risulta evidente come l’utilizzo della filiera corta sia fortemente condizionato alla tipologia di prodotto. La filiera corta si addice, prevalentemente, ai prodotti orticoli, vitivinicoli e trasformati e non alle produzioni frutticole né a tutti quei prodotti (ad es. alcuni cereali) che possono arrivare al consumatore solo dopo una trasformazione non facilmente attuabile in azienda.] (FONTE 4) <ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
===Fattori determinanti per i consumatori che influiscono sulla scelta di utilizzazione del canale corto===
[Motivazioni d'acquisto: due indagini.
Un’indagine condotta da Agri2000 durante la manifestazione Sana del settembre 2006 su un campione di 1200 visitatori ha messo in evidenza che la domanda di qualità e di freschezza dei prodotti costituisce la principale motivazione d’acquisto presso il produttore per il 70% degli intervistati; il 43% ha indicato anche la possibilità di instaurare un rapporto diretto con i produttori e il 25% la volontà di sostenere l’economia agricola locale. La convenienza è solo al quinto posto, con il 14% delle preferenze, preceduta dalla maggiore sicurezza alimentare, indicata dal 19% degli intervistati.
Da un sondaggio condotto dalla Coldiretti durante il 2007, la principale motivazione d’acquisto tramite questo canale è il risparmio (30% degli intervistati), seguito dalla possibilità di instaurare un rapporto diretto con i produttori (25%), le garanzie di freschezza, qualità e genuinità del prodotto (24%), la salvaguardia delle tradizioni e della cultura enogastronomia del territorio (12%) e infine per il 9% il minore inquinamento, il risparmio di energia e la difesa dell’ambiente legati al consumo dei prodotti locali.
Tra gli aspetti che possono attirare i consumatori verso il canale diretto, vi sono quindi anche quelli di tipo ambientale e socio-culturale:
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale della spesa alimentare:
* cibo “a chilometro zero”
* minore impatto della vendita diretta per quanto riguarda la eliminazione di scarti e residui collegati all’uso del packaging richiesto dalla distribuzione moderna.
* spesso il canale della vendita diretta diventa lo strumento ideale di diffusione dei prodotti biologici e da agricoltura integrata, ottenuti per definizione con minore uso di input chimici.
Per quanto riguarda l'aspetto socio-culturale:
Rapporto diretto con le aziende agricole che diventa una occasione per recuperare un contatto con il mondo rurale, spesso dimenticato non solo in termini di freschezza e genuinità dei prodotti, ma anche di conoscenza dei cicli stagionali e delle peculiarità colturali locali e in più in generale di riscoperta della cultura rurale.] FONTE 2 <ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
== Il Prezzo "giusto" nella filiera corta ==
[Anche se lo sviluppo delle filiere corte si inquadra in più complesse dinamiche di evoluzione del sistema agro-alimentare, in cui i processi di rilocalizzazione e di riavvicinamento tra produzione e consumo hanno cause, significati e implicazioni che vanno oltre gli aspetti puramente economici (Goodman, 2003; Renting et al., 2003; Watts et al., 2005; Rossi et al., 2008; Brunori et al., 2007 e 2009), la problematica della distribuzione del valore lungo la filiera e, in particolare, dei prezzi dei prodotti al consumo, è di fatto diventata centrale.
In effetti, tali iniziative si configurano in molti casi come un tentativo di rimuovere i diversi fattori che stanno alla base delle “ingiustizie” veicolate dagli attuali andamenti e livelli dei prezzi:
* possono ridurre i costi complessivi di produzione e distribuzione del cibo attraverso la riduzione dei chilometri percorsi dal cibo e del numero di passaggi di intermediazione;
* rappresentano un’alternativa ai canali distributivi dominanti, e quindi possono contribuire ad evitare gli squilibri di potere contrattuale lungo la filiera;
* possono consentire l’accesso al mercato a categorie di produttori e a tipologie di prodotti, che difficilmente possono accedere ai canali distributivi più moderni;
* agevolano la trasmissione delle informazioni tra produttori e consumatori circa le caratteristiche e gli effetti dei processi produttivi e dei prodotti, consentendo al prezzo che si forma sui mercati di tenere meglio in considerazione le esternalità positive e negative generate dai processi produttivi, soprattutto in termini di effetti sociali e ambientali;
* infine appaiono luoghi ideali per impostare nuove modalità di rapporto produzione-consumo improntate a valori etici e morali e alternative al mercato convenzionale, promuovendo quindi una revisione degli stessi stili di produzione e di consumo.
Con la relazione di José Bové (Parlamento europeo, 2010), si chiede una maggior trasparenza nella costruzione del prezzo dei prodotti agricoli e alimentari, migliori condizioni di concorrenza e accesso al mercato di tutti i partecipanti, la rimozione degli abusi derivanti da posizioni dominanti sul mercato da parte dell’industria e della distribuzione. Inoltre, si sottolinea l’importanza di raggiungere prezzi che coprano i costi di produzione, di prestare maggiore attenzione a sistemi alternativi di scambio, di ridurre la distanza percorsa dal cibo nel giungere al consumatore finale (food miles), di sostenere le pratiche di sostenibilità ambientale. In particolare, si sollecita la necessità di incentivare iniziative che possano portare il produttore più vicino al consumatore, attraverso l'attuazione di "misure di promozione del concetto di "cibi locali", e in particolare di azioni volte a promuovere ed informare il consumatore sulle speciali caratteristiche di tali prodotti, i loro benefici sulla salute e i vantaggi economici che presentano." (Parlamento europeo, 2010).
Ci sono approcci molto diversi da parte dei Mercati esistenti per affrontare la problematica del prezzo:
* La “non azione": mercati senza iniziative e strumenti di controllo o monitoraggio dei prezzi (a maggior parte dei Mercati si colloca in questa categoria)
* Il monitoraggio con informazione e confronto dei prezzi. Questo strumento si basa sulla scelta di monitorare i prezzi rilevabili su altri canali di distribuzione presenti sul territorio, in modo da poterne confrontare i risultati con i prezzi praticati nel mercato/spaccio. Il riferimento è spesso ai prezzi della GDO e ai prezzi al dettaglio a livello locale;
* La regolazione del livello massimo dei prezzi mediante confronto con altri canali. Lo strumento prevede la fissazione di tetti massimi di prezzo calcolati sulla base dei prezzi rilevati su altri mercati, in alcuni casi a livello nazionale (SMS consumatori), in altri a livello locale (mercato all'ingrosso locale, dettaglio, vendita diretta in azienda);
* Il calcolo dei costi di produzione. Lo strumento prevede la ricostruzione di costi di riferimento relativi a singoli prodotti e aree territoriali, con l’obiettivo di disporre di un valore “standard” che possa essere utile sia come strumento di giustificazione di prezzi superiori rispetto a quelli riscontrabili su altri canali, sia in modo da evitare che possano essere arbitrariamente fissati prezzi troppo elevati;
* Il riferimento a convenzioni “non di prezzo”. In queste situazioni l’attenzione non è rivolta in primis al prezzo, quanto piuttosto all’interazione attorno ai significati attribuiti alla produzione e al consumo. Il non ricorrere ad interventi specifici sul prezzo fa parte di una strategia rivolta a far sì che i partecipanti allo scambio si concentrino su altri valori e possano sviluppare una visione comune, che vada al di là della soddisfazione di obiettivi di tipo meramente privato, consentendo di trovare coerenza anche rispetto ad obiettivi di tipo pubblico (giustizia sociale e ambientale).
'''L’enfasi creatasi attorno al prezzo contrasta tuttavia con lo spirito delle iniziative di filiera corta, la cui finalità non è tanto di raggiungere un prezzo “basso”, quanto un prezzo “equo”, in grado di riconoscere un giusto valore ai prodotti.'''
In sintesi, possono essere evidenziati due grandi “poli di gravitazione” per quanto riguarda le scelte effettuate relativamente al tema del prezzo giusto (Marescotti et al., 2010a e 2010b):
* da un lato vi sono quei meccanismi che affrontano il tema del prezzo giusto da un punto di vista strettamente economico : il focus è diretto sui benefici economici che produttori e consumatori possono trarre dall accorciamento della filiera. Questo approccio induce a optare per la scelta di meccanismi di determinazione del prezzo improntati più al lato del mercato, con l’esposizione e il confronto dei prezzi rilevati sugli altri canali, o la previsione di tetti massimi dei prezzi;
* dall’altro lato sono all’opera quei meccanismi che considerano il prezzo giusto, tenendo maggiormente in considerazione, accanto agli aspetti economici, gli effetti e i valori sociali e ambientali, e dunque in una visione più “collettiva”. Il prezzo giusto è dunque quello che consente di tener conto dei benefici sociali e ambientali generati da un sistema “alternativo” di produzione e consumo. Questo approccio porta a dare maggiore risalto agli aspetti relativi alla comunicazione dei “valori” del prodotto (e dei relativi processi produttivi impiegati per realizzarlo) e al tema del costo (sociale) di produzione. Questo secondo approccio è rafforzato dalla considerazione che i consumatori che frequentano i Mercati dei produttori non sono così sensibili al “prezzo”. Le indagini condotte nel corso della ricerca (Rocchi et al., 2010) e gli studi effettuati sul comportamento del consumatore mostrano, infatti, che presso i Mercati dei produttori i consumatori cercano soprattutto “valore” trasparenza.
Evidentemente entrambi gli approcci sono legittimi e possono essere funzionali ai diversi obiettivi che gli organizzatori e partecipanti dei mercati dei produttori agricoli possono porsi.
Nonostante l’eterogeneità degli approcci al prezzo giusto e i limiti che essi presentano, la discussione sul criterio più opportuno da seguire per intervenire sul prezzo sembra aver generato un più generale processo di ripensamento e ri-definizione di aspetti specifici dei modelli dominanti di produzione-consumo. In questo senso, i mercati dei produttori si confermano nell’assumere un ruolo di grande importanza. Come nicchie di innovazione di sistema (Brunori et al., 2009), essi si configurano come luoghi privilegiati dove è possibile sperimentare nuovi approcci al cibo e nuove pratiche per la sua produzione e il suo consumo. ] (FONTE 9)<ref>{{Cita|FONTE 9}}.</ref>
== filiera corta VS filiera lunga ==
=== I canali distributivi ===
Possibili canali di distribuzione:
* diretti (vendita in azienda) ---> è una forma di commercializzazione in grado di mettere in contatto produttori e consumatori eliminando i passaggi intermedi della filiera: l’agricoltore può quindi riacquisire autonomia decisionale circa le proprie scelte produttive e commerciali (Cicatiello e Franco, 2008), di incrementare la remunerazione dei fattori produttivi impiegati, evitando una dispersione di valore lungo i vari passaggi della filiera, di contenere i costi di produzione, rispettando la stagionalità delle produzioni, di favorire il mantenimento e lo sviluppo delle aree rurali, creando una fitta rete di rapporti sociali, economici e culturali strettamente legata al proprio territorio (Aguglia, 2009).
* corti (vendita presso mercati locali, negozi specializzati, consegna a domicilio, ristoranti) ---> Un ulteriore circuito breve, oltre alla vendita diretta al consumatore, è quello che viene definito canale corto. In questo caso si fa riferimento alla vendita che prevede, almeno, un “passaggio”.
* tradizionali (ingrosso, supermercati) ---> tradizionale organizzazione della distribuzione, che ha, come punti di forza, i grandi quantitativi di prodotti disponibili e l’ampio assortimento dei prodotti offerti, il tutto concentrato presso un unico punto vendita (Castaldo, 2005). ] (FONTE 4)<ref>{{Cita|FONTE 4}}.</ref>
=== Contrapposizione ===
[Alla cosiddetta “filiera lunga” o con “circuiti lunghi” si contrappone la “filiera corta” o “a circuito breve”] FONTE 5 <ref>{{Cita|FONTE 5}}.</ref>
[Al momento sembra vi sia la compresenza di
* una dimensione commerciale all’interno della quale l’offerta alimentare è molto ampia, di qualità standardizzata, appiattita su marche più o meno note (centro commerciale/ipermercato)
* e della dimensione basata su rapporti personali e pochi prodotti ma di elevata qualità (mercato contadino, negozi biologici e di prodotti tipici, gruppi di acquisto solidale).] (FONTE 2)<ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
[Non sorprende, dunque, che il dibattito che ha accompagnato le filiere corte abbia visto una contrapposizione tra ‘locavori’ – consumatori che scelgono di orientare i propri consumi su prodotti di origine locale - e ‘globavori’ – che al contrario sono indifferenti all’origine del prodotto che scelgono (Desroches, Shimizu, 2012). Le filiere corte sono infatti viste da molti come perno di sistemi alimentari più etici, con una identificazione tra filiere corte e ‘good food’ e tra filiere globali e ‘bad food’ (Johnston et al., 2011; Stuckler, Nestle, 2012).] (FONTE 8) <ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
[La “filiera lunga” si realizza attraverso “circuiti lunghi”, che presuppongono un frazionamento ed una delocalizzazione delle singole attività produttive, vari intermediari commerciali, lunghi tragitti di percorrenza. Questo tipo di filiera, dapprima considerato massimamente efficiente è stato ultimamente variamento criticato da un punto di vista economico complessivo che include aspetti ambientali e sociali. Tuttavia la filiera lunga come anche quella corta risultano di volta in volta più o meno efficienti a seconda dei diversi contesti locali e situazioni di mercato in cui operano.] (FONTE 5) <ref>{{Cita|FONTE 5}}.</ref>
=== Filiera corta e lunga: non sempre alternative ===
[Non sempre filiera corta e lunga hanno un rapporto antagonistico nel medesimo contesto, ma vi sono ambiti, nei quali questi due circuiti di produzione e sbocco possono coesistere. Infatti accade che in ambito distrettuale si appiattisca il dualismo (Castellani, 2007) tra filiera corta e lunga, e le diverse tipologie di impresa che ne trovano la convenienza di volta in volta si avvantaggino delle opportunità offerte da ciascuna di esse o da entrambe.
Le imprese di medie dimensioni, in particolare, possono fruire anche contemporaneamente di queste opposte modalità di produzione e vendita, laddove si crea il “luogo economico” che ne rende opportuno l’utilizzo. Può essere cioè contemporaneamente presente una -anche parziale- delocalizzazione del circuito produttivo, tipica della filiera lunga, che viene sfruttata per ridurre i costi di produzione pure da parte di imprese di non grandi dimensioni (13), ed una vendita sia mediante filiera corta, sia mediante filiera lunga, ma con incorporati i vantaggi della reputazione del prodotto tipici della filiera corta ed avvalorati dalla contemporanea presenza di essa (14). Se riferiti alla sola vendita i due circuiti possono infatti valorizzarsi reciprocamente in presenza di un prodotto di alta qualità che coniuga all’interno ed all’esterno il marketing del prodotto con quello del territorio. ] (FONTE 5) <ref>{{Cita|FONTE 5}}.</ref>
[Non di rado, la filiera corta rappresenta un canale complementare e sinergico con la filiera lunga, come nel caso del settore del vino dove la vendita diretta svolge un ruolo crescente in aziende peraltro vocate alle esportazioni (Contò, 2015; Francioni et al., 2017).] (FONTE 6) <ref>{{Cita|FONTE 6}}.</ref>
==Tipologie==
=== Farmers' market ===
[I farmers’ market o green market fanno particolare riferimento ai prodotti agricoli delle coltivazioni e dell’allevamento. Si trattta di un fenomeno già ampiamente sperimentato in altri Paesi europei, in cui operano già dai primi anni Novanta, e soprattutto negli Usa dove hanno iniziato ad affermarsi fino dai primi anni Settanta, ma con una rilevante differenza rispetto al modello prevalente in Italia: i prodotti venduti sono principalmente alimenti di consumo quotidiano, non contraddistinti da particolari caratteristiche qualitative. ]FONTE 5 <ref>{{Cita|FONTE 5}}.</ref>
[Il modello dei farmers’ markets è stato quindi importato dagli Stati Uniti. Rispetto alle esperienze estere, nel nostro paese solo di recente si è inquadrato il fenomeno della vendita diretta e sembra emergere un’enfasi al sostegno del canale focalizzato sui prodotti tipici locali, che aiutano a conoscere il territorio circostante e a far crescere il turismo.] (FONTE 2) <ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
===GAS===
[Spesso i Gas emergono da associazioni informali di stampo ecologico-etico, o da piccoli gruppi di famiglie che vivono in uno stesso paese, accomunate dal desiderio di supportare il tessuto produttivo agricolo locale e, per estensione, lo sviluppo del proprio territorio.
L’iniziativa ha origine non dal produttore, ma dalla capacità dei consumatori di auto organizzarsi spontaneamente, secondo logiche ispirate appunto alla solidarietà nei confronti dei produttori, di altri consumatori e in particolare verso i soggetti più svantaggiati, anche in altre zone del mondo (da cui l’attenzione in generale per i prodotti del commercio Equo e Solidale). Si forma così un vero e proprio gruppo che dialoga e si struttura al suo interno in base alle caratteristiche e ai bisogni ed è in stretto contatto con il produttore ed il luogo di produzione. I consumatori, il cui profilo è variegato, sono generalmente più sensibili al tema delle foodmiles, della sostenibilità ambientale e attenti alla qualità e alla salubrità dei prodotti. La richiesta principale del consumatore è che ci sia un rapporto equo tra la qualità dei prodotti e il prezzo rispetto ai supermercati e ai mercati rionali, unitamente all’interesse verso il recupero di valori immateriali, come ad esempio le ricette antiche, le tradizioni gastronomiche, la tipicità delle produzioni locali.] (FONTE 3)<ref>{{Cita|FONTE 3}}.</ref>
===Box Scheme (‘vendita in cassetta’)===
[Molti produttori agricoli, per avvicinarsi ai consumatori finali senza intermediari, non si limitano alla semplice vendita in azienda dei propri prodotti ma hanno attivato altri canali di commercializzazione, come la consegna a domicilio di cassette con la spesa della settimana, che variano nelle dimensioni e nei contenuti secondo le preferenze dei consumatori, una volta a settimana in giorni prestabiliti, secondo le richieste pervenute. ] (FONTE 3)<ref>{{Cita|FONTE 3}}.</ref>
===Community supported agriculture (Csa)===
[I cosiddetti Community Supported Agriculture (Csa), costituiscono una forma diretta di partenariato commerciale tra uno o più agricoltori e un gruppo di sostenitori/consumatori. Questi ultimi garantiscono una parte del bilancio operativo legato all’attività agricola, attraverso l’abbonamento a una o più “quote” del raccolto della stagione sottoscritto al principio dell’annata agraria, assumendo così, assieme al coltivatore, alcuni dei costi e dei rischi dell’attività agricola stessa.] (FONTE 3)<ref>{{Cita|FONTE 3}}.</ref>
===Vendita diretta in azienda===
[Alcune tipologie di aziende hanno cominciato a sperimentare nuovi modi, più diretti e indipendenti, di proporre i propri prodotti sul mercato, con lo scopo di valorizzarne le particolarità (Raffaelli et al., 2009). Le esperienze di vendita diretta aziendale sono quindi diversificate:
* Le malghe alpine in Trentino ne sono l’esempio eclatante: ogni malga produce il proprio formaggio, che è unico e irriproducibile, in quanto emerge da un insieme di variabili geografiche (altitudine, esposizione del versante), produttive (tipo di pascolo) e tecniche, e lo vende direttamente sia in loco, ai turisti che durante l’estate si recano in vetta per escursioni e passeggiate, o in autunno, al rientro in paese, ai concittadini. L’accorciamento della filiera è quindi visto, in questi casi, come un modo di valorizzare il proprio prodotto riuscendo a proporlo sul mercato “fuori dagli standard”.
* cooperazione di realtà piccole, in poco accessibili che operano in presenza di oggettive difficoltà ambientali – climatiche, geografiche, logistiche
* Un altro esempio è la vendita dei propri prodotti di aziende dedite soprattutto all’agricoltura sociale e all’inserimento al lavoro di persone svantaggiate.
* Si registrano poi interessanti esperienze di cooperazione fra gli agricoltori con lo scopo di condividere l’attivazione di un canale di vendita diretto, soprattutto per prodotti ad alto valore aggiunto come i biologici o i trasformati.
* diversificazione dell’attività agricola con l’inserimento di iniziative didattiche, ristorazione e ricezione turistica. ] (FONTE 3)<ref>{{Cita|FONTE 3}}.</ref>
==Riferimenti normativi==
===Indicazioni a livello comunitario===
[Le recenti misure italiane a favore degli agricoltori derivano anche dalle indicazioni a livello comunitario relative alla politica di sviluppo rurale 2007-2013.](fonte 2)<ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>
[Con la nuova politica di sviluppo rurale europea il sostegno alle filiere corte diventa un importante strumento per il mantenimento della vitalità delle aree rurali. La definizione che il testo legislativo proposto dalla commissione dà di filiera corta è tuttavia di carattere molto generale: una filiera di approvvigionamento formata da un numero limitato di operatori economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo economico locale e stretti rapporti socio-territoriali tra produttori e consumatori. La definizione citata ci indica i principi che dovranno essere precisati nella regolamentazione nazionale e regionale. Il “numero limitato di operatori economici” andrà quantificato, soprattutto in relazione al numero di passaggi intermedi. L’impegno a “promuovere la cooperazione ecc.” dovrà essere verificato attraverso atti concreti.] (FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
[Nel nuovo regolamento per lo sviluppo rurale le filiere corte sono menzionate come uno degli strumenti di realizzazione di uno degli obiettivi del regolamento (articolo 5) e precisamente: “promuovere l'organizzazione della filiera agroalimentare e la gestione dei rischi nel settore agricolo, con particolare riguardo ai seguenti aspetti: (a) migliore integrazione dei produttori primari nella filiera agroalimentare attraverso i regimi di qualità, la promozione dei prodotti nei mercati locali, le filiere corte, le associazioni di produttori e le organizzazioni interprofessionali". Per realizzare questi obiettivi, “Gli Stati membri possono inserire nei programmi di sviluppo rurale dei sottoprogrammi tematici, che contribuiscano alla realizzazione delle priorità dell'Unione in materia di sviluppo rurale e rispondano a specifiche esigenze riscontrate, in particolare per quanto riguarda: .... (d) le filiere corte” (articolo 8). ] (FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
===Leggi italiane===
[Come sottolinea Adornato (2013), Il concetto di ‘filiera corta’ emerge solo a partire dal 2001 con il d.lg. n. 228/2001, noto anche come legge di Orientamento e modernizzazione del settore agricolo (Sirsi, 2008; Alabrese, 2008). Da allora le filiere corte sono state oggetto di attenzione da parte del legislatore, soprattutto per quello che riguarda tre principali tipologie: la vendita diretta in azienda, i mercati degli agricoltori, i gruppi di acquisto. (FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
Per quello che riguarda la vendita diretta, il d.leg. 228/2001 consente agli imprenditori agricoli di vendere direttamente al dettaglio, “...in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende...”. Con la legge finanziaria del 2007 (legge n. 296/2006) il legislatore ha agevolato la creazione di mercati agricoli riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli(FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref> (stabilendo che spetta ai comuni autorizzare i mercati agricoli che devono soddisfare determinati standard e promuovendo azioni di informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita (2) FONTE 2)<ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>).
====A livello regionale====
Su questa base alcune regioni hanno sviluppato specifiche politiche di intervento. [Tra le prime la regione Piemonte, nella quale la vendita diretta rappresenta il 6-7% del commercio agroalimentare, è praticata da circa 3.300 imprese agricole e ha previsto per il 2009 una dotazione finanziaria di 700 mila euro [link]. In Toscana, nel 2007, nasce il Progetto "Filiera Corta", con contributi regionali a fondo perduto dell'80%.](FONTE 2)<ref>{{Cita|FONTE 2}}.</ref>. [La legge regionale della Liguria del 2012 regola i farmers’ markets (L.R. 30/04/2012, n. 19). Il legislatore si è occupato anche dei gruppi di acquisto solidali5. La legge finanziaria del 2007 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) ne introduce una definizione, per equipararli ad attività non commerciale e pertanto ad esentarli da eventuali obblighi fiscali (Cristiani, 2008). Successivamente, alcune regioni hanno introdotto misure specifiche di sostegno a questi gruppi. In particolare, l’Umbria (L.R. 10/02/2011, n. 1), la Calabria (L.R. 18/07/2011, n. 23) e la Puglia (L.R. 13/12/2012, n. 43). A segnare l’evoluzione della materia, la legge della provincia autonoma di Trento include i gruppi di acquisto solidale definiti ai sensi della legge 2007 tra i “soggetti impegnati nell’economia solidale” (art. 2 comma 3 L.P. 17/06/2010, n. 13).](FONTE 8)<ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
==Conclusioni: il futuro(normativo e non) / critiche/ obiettivi futuri==
[Le filiere corte sono oggi viste come un fattore di innovazione e di riequilibrio dell’intero sistema, in competizione ma non necessariamente in opposizione ad altre configurazioni. In primo luogo, uscendo da un circuito ‘alternativo’ le filiere corte saranno sempre di più tenute a dimostrare l’effettivo livello di sostenibilità, anche nel confronto con le filiere lunghe (Tregear, 2011). In secondo luogo, alle filiere corte potrebbe essere richiesto di contribuire in modo sostanziale al consolidamento dei sistemi alimentari urbani. Sotto questo aspetto, molto dipenderà da come si orienterà il quadro di policy.](FONTE 6)<ref>{{Cita|FONTE 6}}.</ref>
===Filiere corte come strumento di politiche per la sostenibilità===
FILIERE CORTE COME STRUMENTO DI POLITICHE PER LA SOSTENIBILITA’
[Le iniziative di filiera corta possono contribuire ad un obiettivo:, la transizione dei sistemi alimentari verso la sostenibilità. A tal fine sembra necessario un ammodernamento nelle politiche in materia degli strumenti di analisi, ed una maggiore flessibilità dei meccanismi di supporto e dei criteri di selezione delle misure. Qui di seguito identifichiamo quattro diverse aree di politica pubblica all’interno delle quali il supporto alle filiere corte potrebbe essere previsto.
{| class="wikitable"
|+Tabella 1 - Aspetti della filiera corta strumentali alle politiche di intervento
!
!Prodotti
!Punti critici
!Valori comunicati
|-
!Green economy
!Agricoltura bio, prodotti da razze e varietà locali
!logistica, packaging, gestione degli sprechi
!ridotto impatto ambientale, consumo sostenibile
|-
|'''Sviluppo locale e regionale'''
|Prodotti da agricoltura locale
|distribuzione del valore aggiunto, occupazione, qualità della governance e livello di formalizzazione
|identità locale, legame tra prodotto e territorio
|-
|'''Politiche settoriali'''
|prodotti differenziati
|certificazione della qualità e della provenienza
|qualità del prodotto, trasparenza
|-
|'''Strategie urbane'''
|in funzione degli obiettivi strategici
|localizzazione dei punti vendita, creazione di capitale sociale
|qualità della vita, rapporto città-campagna, consumo sostenibile, salvaguardia delle aree agricole periurbane
|}
](fonte 8) <ref>{{Cita|FONTE 8}}.</ref>
===Quale futuro normativo per le filiere corte?===
==Note==
<references/>
==Bibliografia==
* {{Cita libro|titolo =Food strategy e multifunzionalità nella filiera corta del riso |autore = Laura Angela Ceriotti|editore = Interlinea |città =Novara|anno = 2015|cid =Laura Angela Ceriotti |citazione = |ISBN = 978-88-6857-041-5 }}
* {{Cita libro|titolo =Agricoltura urbana e filiere corte. Un quadro della realtà italiana |autore = Davide Marino|editore = Franco Angeli |città = Milano|anno = 2017|cid = Davide Marino |citazione = |EAN = 9788891748058 }}
* {{Cita libro|titolo = I farmers' market: la mano visibile del mercato. Aspetti economici, sociali e ambientali delle filiere corte |autore = Davide Marino, Clara Cicatiello|editore = Franco Angeli |città = Milano|anno = 2012|cid = Davide Marino, Clara Cicatiello |citazione = |EAN = 9788820404741 }}
== Collegamenti esterni ==
* {{Cita web|url= https://www.fondazioneslowfood.com/it/cosa-facciamo/mercati-della-terra-slow-food/produttori-e-co-produttori/la-filiera-corta/|titolo= La filiera corta|cid = FONTE 1|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/17/la-filiera-corta-una-opportunita-agricoltori-e-consumatori|titolo= La filiera corta: una opportunità per agricoltori e consumatori|autore = Laura Aguglia |data = 2009|cid = FONTE 2|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/32/esperienze-di-filiera-corta-contesti-urbani-alcuni-casi-studio|titolo= Esperienze di filiera corta in contesti urbani. Alcuni casi studio |autore = Davide Marino, Aurora Cavallo, Francesca Galli, Clara Cicatiello, Ilaria Borri, Patrizia Borsotto, Daniela De Gregorio, Luigi Mastronardi|data = 2013|cid = FONTE 3|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/19/la-scelta-della-filiera-corta-degli-agricoltori-biologici-piemontesi|titolo= La scelta della filiera corta degli agricoltori biologici piemontesi|autore = Ilaria Borri, Patrizia Borsotto, Alessandro Corsi |data = 2009|cid = FONTE 4|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/16/aspetti-del-dibattito-sulla-filiera-corta|titolo= Aspetti del dibattito sulla “filiera corta”|autore = Maria P. Sini|data = 2009|cid = FONTE 5|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/50/filiera-corta-e-politiche-alimentari-quali-scenari |titolo= Filiera corta e politiche alimentari: quali scenari?|autore = Gianluca Brunori, Francesca Galli |data = 2017|cid = FONTE 6|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/44/la-sostenibilita-dellagricoltura-periurbana-unanalisi-sulle-imprese-della |titolo= La sostenibilità dell’agricoltura periurbana: un’analisi sulle imprese della filiera corta|autore = Luigi Mastronardi, Agostino Giannelli |data = 2016|cid = FONTE 7|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/35/la-filiera-corta-le-opportunita-offerte-dalla-nuova-pac |titolo= La filiera corta: le opportunità offerte dalla nuova Pac|autore = Gianluca Brunori, Fabio Bartolini|data = 2013|cid = FONTE 8|accesso=}}
* {{Cita web|url= https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/23/prezzo-giusto-e-filiera-corta-una-lettura-dellesperienza-dei-mercati-dei |titolo= Prezzo giusto e filiera corta: una lettura dell’esperienza dei mercati dei produttori agricoli in Toscana|autore = Giovanni Belletti, Andrea Marescotti, Silvia Innocenti, Adanella Rossi|data = 2010|cid = FONTE 9|accesso=}}
==Voci correlate==
*[[Localizzazione (economia)]]
*[[Filiera]]
*[[Chilometro zero]]
*[[Gruppi di Acquisto Solidale]]
{{Portale|agricoltura|ecologia e ambiente|economia}}
[[Categoria:Industria agroalimentare]]
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