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==== Il Cile e la Nueva Canción Chilena ====
In [[Cile]], a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, sorse un movimento musicale noto come Nueva Canción Chilena, simile ad altri nati in America Latina nello stesso periodo. Tra i principali esponenti del movimento ricordiamo [[Violeta Parra]], gli Inti-Illimani e [[Víctor Jara]].
Un merito da riconoscere al genere fu la ripresa di melodie e di strumenti tradizionali cileni, lontani dai modelli europei già largamente diffusi nel paese. La tematica più affrontata dagli esponenti della Nueva Canción era la denuncia contro la povertà e l'ingiustizia sociale. Il movimento cominciò presto ad ispirare studenti e intellettuali. Nei testi, venivano Più recentemente, nel novembre 2019, il canto femminista cileno ''Un Violador en Tu Camino,'' eseguito per la prima volta durante le proteste di piazza dello stesso anno, è diventato virale in tutto il mondo.<ref>{{Cita news|lingua=en-GB|nome=Charis|cognome=McGowan|url=https://www.theguardian.com/world/2019/dec/06/chilean-anti-rape-anthem-becomes-international-feminist-phenomenon|titolo=Chilean anti-rape anthem becomes international feminist phenomenon|pubblicazione=The Guardian|data=2019-12-06|accesso=2020-11-16}}</ref>
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Il 2014 fu l'anno della cosiddetta [[Proteste a Hong Kong del 2014|Rivoluzione degli ombrelli]], iniziata con lo scopo di ottenere dalla [[Cina]] il suffragio universale nel paese. L'inno non ufficiale intonato dai partecipanti durante le proteste fu il brano ''Boundless Oceans, Vast Skies,'' del gruppo rock di Hong Kong [[Beyond (gruppo musicale)|Beyond]]. Inoltre, una versione in [[Lingua cantonese|cantonese]] del brano ''Do You Hear the People Sing?'', dal musical [[Les Misérables (musical)|Les Misérables]], venne utilizzata come canzone di protesta simbolo del movimento. Anche in seguito, soprattutto durante i disordini e le [[Proteste a Hong Kong del 2019-2020|proteste per la democrazia del 2019-2020]], la musica ha continuato ad avere un ruolo fondamentale. I brani del 2014, infatti, sono stati utilizzati dai manifestanti anche in questa occasione. <ref>{{Cita web|url=https://folklife.si.edu/magazine/protest-music-of-hong-kong|titolo=Do You Hear the People Sing? A Summer of Protest Music in Hong Kong|autore=September 18, 2019 {{!}} Ho Chak Law {{!}} Comments|sito=Smithsonian Center for Folklife and Cultural Heritage|lingua=en-US|accesso=2020-12-11}}</ref> Nel 2019, inoltre, il brano, ''[[Glory to Hong Kong]],'' scritto da un anonimo, ha cominciato a circolare online fino a divenire la canzone simbolo delle proteste di quell'anno. L'approvazione di una nuova [[Legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong|legge sulla sicurezza]], nel giugno del 2020, ha portato ad un'ulteriore privazione della libertà di espressione. Ad esempio, riprodurre o intonare il brano ''Glory to Hong Kong'' è stato vietato in tutte le scuole del paese.<ref>{{Cita web|url=https://u.osu.edu/mclc/2020/07/18/a-brief-history-of-hk-protest-music/|titolo=A brief history of HK protest music|sito=MCLC Resource Center|data=2020-07-18|lingua=en-US|accesso=2020-12-20}}</ref>
=== Italia ===
I [[Canti della Resistenza]] sono un'insieme di canzoni popolari legate alla [[Resistenza italiana]], insieme di movimenti opposti all'occupazione nazifascista durante la [[Seconda guerra mondiale]]. Il tema principale affrontato da questi brani è la lotta per la liberazione dell'Italia e dei suoi cittadini. Il brano ''Bella Ciao,'' sebbene abbia origini molto dibattute'','' è fra le canzoni più conosciute sul tema della Resistenza e può essere ritenuta una canzone di protesta. ''Bella Ciao'' viene ancora oggi intonata in più occasioni durante proteste per la libertà in Italia e nel resto del mondo.<ref>{{Cita web|url=https://lanostrastoria.corriere.it/2018/07/10/la-vera-storia-di-bella-ciao-che-non-venne-mai-cantata-nella-resistenza/|titolo=La vera storia di “”Bella ciao”, che non venne mai cantata nella Resistenza|sito=lanostrastoria.corriere.it|lingua=it|accesso=2021-01-04}}</ref>
Nel 1957, a Torino, si formarono i [[Cantacronache]], un complesso di poeti e musicisti che, nelle loro composizioni, denunciavano le problematiche dell'Italia del secondo dopoguerra. I Cantacronache sono considerati tra le maggiori influenze della canzone d'autore italiana degli anni Sessanta e Settanta, i cui autori pubblicarono numerosi brani di protesta durante gli anni della contestazione. Tra i cantautori italiani più influenti vi furono [[Fabrizio De André]], [[Francesco Guccini]], [[Rino Gaetano]], [[Franco Battiato]], [[Eugenio Finardi]] e altri.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/la-canzone-d-autore-in-italia_(Enciclopedia-Italiana)|titolo=La canzone d'autore in Italia in "Enciclopedia Italiana"|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2021-01-04}}</ref> Tra le canzoni di protesta del genere può essere citata [[La guerra di Piero]], un brano di De André del 1964 contro la guerra.<ref>{{Cita web|url=https://www.rockit.it/articolo/musica-protesta-politica-italia|titolo=Dov'è finita la musica di protesta in Italia?|sito=Rockit.it|lingua=it|accesso=2021-01-04}}</ref>
=== Regno Unito e Irlanda ===
==== Gran Bretagna ====
==== Irlanda ====
I brani della [[musica tradizionale irlandese]] che possono essere considerati canzoni di protesta sono numerosi. Nel corso della storia, i repubblicani irlandesi li hanno utilizzati per veicolare idee di
Nella seconda metà del ventesimo secolo, in più, molti altri artisti celebri affrontarono il tema nella loro musica,
=== Stati Uniti ===
All’interno della storia della musica degli Stati Uniti, la canzone di protesta ha sempre avuto una grande importanza, e il catalogo di canzoni del genere è molto vasto. I temi affrontati maggiormente sono: la [[povertà]], la [[guerra]] e la discriminazione razziale e sociale. Alcuni dei brani fra i più conosciuti risalgono addirittura al 1776, anno della firma della [[Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America|dichiarazione d'indipendenza]].
Le prime canzoni di protesta diffuse nel paese affrontavano la tematica della schiavitù, e circolavano fra gli stessi schiavi. Ne è un esempio il brano [[Go Down Moses La musica ha continuato ad essere un potente mezzo di protesta anche nel secolo scorso, e si è rivelata cruciale in alcuni momenti della storia americana contemporanea. Nei Nel 1905 venne fondata la [[Industrial Workers of the World|IWW]], associazione operaia attiva nelle principali città industriali americane. Gli operai iscritti alla IWW cominciarono presto a diffondere libretti contenenti testi di brani da intonare durante gli scioperi La [[Crisi del 29|crisi del 1929]] inasprì ancora di più la condizione dei lavoratori e ispirò cantautori come [[Woody Guthrie]], destinato a divenire una delle figure più importanti del folk americano. Guthrie cominciò a girare il paese, esibendosi in numerose assemblee di lavoratori. Nel 1940, raccolse e pubblicò l'album di protesta ''[[Dust Bowl Ballads]]''. <ref name=":1" />
Negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, la musica assunse un ruolo cruciale nelle proteste contro il [[Segregazione razziale negli Stati Uniti d'America|segregazionismo]] e a favore del [[Movimento per i diritti civili degli afroamericani|movimento per i diritti civili degli afroamericani.]] Pete Seeger riprese il brano ''
Gli anni Sessanta furono un periodo fondamentale per la musica di protesta. Il già citato folk subì le influenze di altri generi come il [[gospel]] e il [[Rock|rock.]] A partire dal 1963, i brani di Bob Dylan, Joan Baez e [[Phil Ochs]] ispirarono un'intera generazione. <ref name=":1" /> Con l'evolversi dei movimenti di contestazione, le canzoni di protesta divennero sempre più popolari. Tali brani sostenevano ancora la lotta per i diritti civili, esprimendosi contro
Il successo del folk, tuttavia, fu molto breve. Nel giro di pochi anni le canzoni di protesta persero l'interesse del grande pubblico. I testi divennero sempre meno importanti e non più rivolti a una specifica questione, ma al malcontento generale. Nel 1965, inoltre, lo stesso Dylan abbandonò la chitarra acustica in favore di un suono più moderno. Nacque così un nuovo genere, il [[folk rock]]. Dylan scelse di non cantare più canzoni di protesta, preferendo affrontare nella sua musica temi che non riguardassero questioni nazionali. Nella seconda metà del decennio, le canzoni di protesta non erano più passate nelle maggiori radio americane. La guerra ancora in corso, però, invogliò altri autori a comporre brani in cui esternare sentimenti pacifisti. Tra gli altri, si ricordano ''Waist Deep in the Big Muddy'' di Pete Seeger, ma anche ''We Didn't Know'' di Tom Paxton, brano del 1965 in cui la popolazione americana viene accusata di fingere di non essere consapevole delle atrocità commesse in Vietnam durante la guerra. <ref>{{Cita pubblicazione|nome=Jerome L.|cognome=Rodnitzky|data=2008-07-24|titolo=The sixties between the microgrooves: Using folk and protest music to understand American history, 1963–1973|rivista=Popular Music & Society|lingua=en|accesso=2020-12-06|doi=10.1080/03007769908591755|url=https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/03007769908591755?needAccess=true&}}</ref>
▲La [[Crisi del 29|crisi del 1929]] inasprì ancora di più la condizione dei lavoratori e ispirò cantautori come [[Woody Guthrie]], destinato a divenire una delle figure più importanti del folk americano. Guthrie cominciò a girare il paese, esibendosi in numerose assemblee di lavoratori. Nel 1940, raccolse e pubblicò l'album di protesta ''[[Dust Bowl Ballads]]''. <ref name=":1" /> L'anno seguente, alcuni studenti ed ex studenti universitari formarono a New York il primo gruppo [[folk]] di protesta statunitense, gli [[Almanac Singers]]. Tra i fondatori del complesso vi furono [[Pete Seeger]] e Lee Hays. Il gruppo effettuò numerosi concerti nei vari stati americani, eseguendo brani in supporto dei lavoratori e contro la guerra in Europa. Alcuni dei loro testi sostenevano il non-interventismo degli Stati Uniti nella [[Seconda guerra mondiale]]. Sempre nel 1941, pubblicarono l'album ''Songs For John Doe'', che conteneva sei canzoni contro la guerra, dal testo e dalla musica originale, ma che sentiva la forte influenza delle ballate tradizionali americane. Dopo soli due anni, gli Almanac Singers si sciolsero, ma l'esperienza contribuì a consolidare la fama di Guthrie e di altri cantautori come Seeger [[Josh White]], [[Cisco Houston]]. <ref>{{Cita pubblicazione|nome=R. Serge|cognome=Denisoff|data=1970|titolo="Take It Easy, but Take It": The Almanac Singers|rivista=The Journal of American Folklore|volume=83|numero=327|pp=21–32|accesso=2020-12-05|doi=10.2307/538779|url=https://www.jstor.org/stable/538779}}</ref>
Da allora, il rock rimase per diversi anni il genere principale attraverso cui dare voce a determinati problemi sociali. Verso la fine degli anni Settanta, la protesta in musica ritrovò nuovi stimoli nella rabbia del [[punk rock]], genere dalla forte connotazione politica, e, in seguito, dell'[[Hardcore punk|hardcore]]. Nel 1985, il gruppo hardcore [[Dead Kennedys]] pubblicò il brano ''
▲Negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, la musica assunse un ruolo cruciale nelle proteste contro il [[Segregazione razziale negli Stati Uniti d'America|segregazionismo]] e a favore del [[Movimento per i diritti civili degli afroamericani|movimento per i diritti civili degli afroamericani.]] Pete Seeger riprese il brano ''“I’ll Overcome Some Day”,'' modificando alcune parti del testo, e il titolo in ''"We Shall Overcome"''. Il brano originale era stato scritto nel 1901 dal pastore afroamericano Charles Albert Tindley. La versione di Seeger divenne, ed è ancora oggi, sfruttata da più movimenti di protesta, anche a causa della sua melodia facile da replicare e delle ripetizioni presenti nella struttura del brano. Il brano assunse presto una grande rilevanza, tanto che [[Martin Luther King Jr.|Martin Luther King]] ne citò alcune parole in un discorso del febbraio 1965. Nello stesso anno, anche il presidente americano [[Lyndon B. Johnson]] citò i primi versi del brano quando firmò il [[Voting Rights Act]].<ref>{{Cita web|url=https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2016/04/we-shall-overcome-lawsuit/478068/|titolo=Who Owns 'We Shall Overcome'?|autore=David A. Graham|sito=The Atlantic|data=2016-04-14|lingua=en-US|accesso=2020-12-06}}</ref>
Negli anni Novanta, inoltre, emerse il movimento [[riot grrrl]], che condivideva la stessa aggressività del punk rock. Tra i gruppi più conosciuti del genere vi erano [[Bikini Kill]] e [[Babes in Toyland (gruppo musicale)|Babes in Toyland]], i quali, nei loro testi, si esprimevano contro il sessismo e la discriminazione di genere.
▲Gli anni Sessanta furono un periodo fondamentale per la musica di protesta. Il già citato folk subì le influenze di altri generi come il [[gospel]] e il [[Rock|rock.]] A partire dal 1963, i brani di Bob Dylan, Joan Baez e [[Phil Ochs]] ispirarono un'intera generazione. <ref name=":1" /> Con l'evolversi dei movimenti di contestazione, le canzoni di protesta divennero sempre più popolari. Tali brani sostenevano ancora la lotta per i diritti civili, esprimendosi contro le discriminazioni. Successivamente, con l'inizio della Guerra in Vietnam, numerosi cantautori iniziarono a veicolare idee dichiaratamente pacifiste. Tra i brani di Bob Dylan, la figura più rilevante del genere, ricordiamo, oltre alla già citata "''Blowin' in the Wind",'' anche ''[[The Times They Are a-Changin' (singolo)|"The Times They Are a-Changin' "]],'' la ballata [[The Lonesome Death of Hattie Carroll|''"The Lonesome Death of Hattie Carroll"'']] o ''"A Hard Rain's A-Gonna Fall",'' un avvertimento contro i pericoli del nucleare. Il successo del folk, tuttavia, fu molto breve. Nel giro di pochi anni le canzoni di protesta persero l'interesse del grande pubblico, i testi divennero sempre meno importanti e non più rivolti a una specifica questione, ma al malcontento generale. Nel 1965, inoltre, Dylan abbandonò la chitarra acustica in favore di un suono più moderno. Nacque così un nuovo genere, il [[folk rock]]. Scelse di non cantare più canzoni di protesta, scegliendo di affrontare nella sua musica temi che non riguardassero questioni nazionali. Nella seconda metà del decennio, le canzoni di protesta non erano più passate nelle maggiori radio americane. La guerra ancora in corso, però, invogliò altri autori a comporre brani in cui esternare sentimenti pacifisti. Tra gli altri, si ricordano ''"Waist Deep in the Big Muddy"'' di Pete Seeger, ma anche ''"We Didn't Know"'' di Tom Paxton, brano del 1965 in cui la popolazione americana viene accusata di fingere di non essere consapevole delle atrocità commesse in Vietnam durante la guerra. <ref>{{Cita pubblicazione|nome=Jerome L.|cognome=Rodnitzky|data=2008-07-24|titolo=The sixties between the microgrooves: Using folk and protest music to understand American history, 1963–1973|rivista=Popular Music & Society|lingua=en|accesso=2020-12-06|doi=10.1080/03007769908591755|url=https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/03007769908591755?needAccess=true&}}</ref>
Negli stessi anni, anche l'[[Hip hop (genere musicale)|hip hop]] iniziò a diventare un genere sempre più popolare. Già negli anni Ottanta, il brano [[political rap|conscious rap]] di [[Grandmaster Flash]] ''
▲Da allora, il rock rimase per diversi anni il genere principale attraverso cui dare voce a determinati problemi sociali. Verso la fine degli anni Settanta, la protesta in musica ritrovò nuovi stimoli nella rabbia del [[punk rock]], genere dalla forte connotazione politica, e, in seguito, dell'[[Hardcore punk|hardcore]]. Nel 1985, il gruppo hardcore [[Dead Kennedys]] pubblicò il brano ''"Stars and Stripes of Corruption"'', fortemente critico contro il sistema americano. Nello stesso anno, i [[Ramones]] attaccarono [[Ronald Reagan|Reagan]] in [[My Brain Is Hanging Upside Down (Bonzo Goes to Bitburg)|''"My Brain Is Hanging Upside Down (Bonzo Goes to Bitburg)"'']], in seguito alla visita del presidente ad un cimitero di guerra tedesco. Nel 1991, i [[Fugazi]] pubblicarono ''"KYEO"'', scritta alla vigilia della [[Guerra del Golfo]]. Tra le altre canzoni di protesta del genere vi è anche la celebre [[Killing in the Name|''"Killing in the Name"'']], singolo della band di Los Angeles [[Rage Against the Machine]], scritto dopo le rivolte di Los Angeles del 1992 contro la [[Brutalità poliziesca|brutalità della polizia]].<ref>{{Cita web|url=https://www.popmatters.com/100-best-protest-songs-4-2579227097.html?rebelltitem=2#rebelltitem2?rebelltitem=2|titolo=The Ramones: "My Brain Is Hanging Upside Down (Bonzo Goes to Bitburg)" (1985)|sito=PopMatters|data=2018-06-21|lingua=en|accesso=2020-12-07}}</ref> Negli anni Novanta, inoltre, emerse il movimento [[riot grrrl]], che condivideva la stessa aggressività del punk rock. Tra i gruppi più conosciuti del genere vi erano [[Bikini Kill]] e [[Babes in Toyland (gruppo musicale)|Babes in Toyland]], i quali, nei loro testi, si esprimevano contro il sessismo e la discriminazione di genere.
Più recentemente, la nascita del movimento [[Black Lives Matter]] ha portato alla realizzazione di numerosi brani con tematiche antirazziste. Ne sono un esempio ''Freedom,'' brano della cantante pop [[Beyoncé]], e ''Alright'' del rapper [[Kendrick Lamar]], i cui versi sono intonati frequentemente dalla folla durante le proteste del movimento.<ref>{{Cita web|url=https://www.rollingstone.com/music/music-lists/songs-of-black-lives-matter-22-new-protest-anthems-15256/|titolo=Songs of Black Lives Matter: 22 New Protest Anthems|autore=Brittany Spanos,Sarah Grant, Brittany Spanos, Sarah Grant|sito=Rolling Stone|data=2016-07-13|lingua=en-US|accesso=2020-12-07}}</ref>
▲Negli stessi anni, anche l'[[Hip hop (genere musicale)|hip hop]] iniziò a diventare un genere sempre più popolare. Già negli anni Ottanta, il brano [[political rap]] di [[Grandmaster Flash]] ''"The Message"'' aveva messo in luce le condizioni di vita precarie degli afroamericani poveri. Pochi anni dopo, il gruppo di Compton [[N.W.A]] pubblicò [[Fuck tha Police|''"Fuck tha Police"'']], un altro brano molto popolare sulla brutalità delle forze dell'ordine contro le minoranze. Nei primi anni Novanta, all'inizio della Guerra del Golfo, i rapper [[Paris (rapper)|Paris]] e [[Ice Cube]] pubblicarono rispettivamente i brano ''"Bush Killa"'' e ''"I Wanna Kill Sam"'', entrambi critiche pungenti contro il presidente [[George H. W. Bush|Bush]]. Nel 1993, [[Tupac Shakur|Tupac]] scrisse ''"Keep Ya Head Up"'' , una canzone di protesta contro il sessismo che alcuni brani hip hop avevano dimostrato. Il testo affronta anche altre tematiche come la povertà, il razzismo e la guerra.
== Note ==
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